Lazio, dove la cucina fa di necessità virtù.
(in Italian and English) —
I piatti tipici tipici del Lazio nascono da una cucina povera, creata da ciò che la gente aveva a disposizione. E’ fatta da ingredienti popolari e facili da reperire, si ispira a ricette storiche di origine contadina, come la pignattaccia, piatto tipico dei mandriani che, tra fine Ottocento e inizio Novecento, prima di condurre gli animali al pascolo, gettavano in grossi calderoni i tagli meno pregiati delle carni di maiale come coda, muscolo, lingua, trippa, bagnati con vino bianco e aromatizzate con erbe selvatiche.
Scoprirete ricette storiche come gli gnocchi col ferro il cui nome deriva dall’uso di un ferro da calza durante la preparazione. Chiudevano il pranzo i tipici dolci casalinghi, come i ceciaroli di Corchiano, le castagnole alla sambuca e i biscotti tozzetti con le nocciole dei Monti Cimini, spesso accompagnati da un calice di Cannellino di Frascati.
Pronti per il nostro tour gourmet?
Partiamo da Frosinone e la Ciociaria, zona storica contadina dove si sono sviluppate ricette che includono paste succulente, tra cui i rigatoni con la pajata, tipico piatto domenicale, i cecapreti e i fini-fini, tutti conditi da saporiti sughi nei quali è tradizione fare la “scarpetta” con la ciriola, un pane locale che, da raffermo, è usato anche per la tradizionale zuppa col pane sotto con fagioli, olio e verdure di stagione.

Nella Ciociaria scoprirete un piatto veramente storico: è Il timballo di tagliatelle al ragu avvolte nel prosciutto crudo, che pare fosse il preferito di Papa Bonifacio VIII. Papali o no, tutti questi piatti vengono generosamente innaffiati dal più laziale dei formaggi: il pecorino.

Da generazioni le aziende ciociare producono formaggi di pecora e di capra, animali al pascolo, caglio animale aziendale. Tra i più prelibati il Caciofiore, il Pecorino di Picinisco, il Conciato di San Vittore, il presidio slow food Marzolina. Per accompagnare un piatto “pecorinoso” niente di meglio che un calice del vigoroso cabernet prodotto da Masseria Barone, nel cuore della Ciociaria, sia il oro Atina “Ricucc” sia il riserva “Marcon”, dall’etichetta dipinta a mano, sono perfetti compagni di viaggio dell’eccellenza casearia laziale.

Il Cabernet Sauvignon viene coltivato, sin dal lontano 1860, sulle colline assolate che fanno da cornice al centro storico di Atina. Dopo un’attenta raccolta e selezione manuale delle migliori uve, segue un’accurata vinificazione da cui si ottiene questo elegante e potente vino. Un paziente affinamento in barrique di rovere francese permette lo sviluppo di un aroma complesso ed intenso. Rosso brillante con intensi riflessi granato. Al gusto si presenta con dolci note tanniche in equilibrio con un corpo strutturato e persistente.
Tra le carni spiccano il garofolato, un castrato insaporito con erbe aromatiche e sugo di pomodoro, l’involtino abbuoto di interiora di agnello, la coratella, gli arrosticini di pecora, le coppiette ciociare, le saporite listarelle di carne stagionata, Nella zona di Guarcino, troviamo l’amaretto mentre nei Castelli Romani si gustano le ciambelle e i tozzetti alle mandorle, tradizionalmente inzuppatI nel vin santo.
Le Stelle Michelin nel cielo del Lazio
La Trota, Rivodutri
Danilo Ciavattini Viterbo
La Parolina Trevinano
Casa Iozzìa Vitorchiano

Colline Ciociare, Acuto
Acqua Pazza, Ponza
Essenza Terracina
Antonello Colonna, Labico
Aminta Resort Genazzano

L’acqua cotta diventa stellare,,,
La storica acqua cotta, anticamente nata come semplice brodo con pane raffermo e verdure miste, tra cui borragine, maggiorana, cicoria, mentuccia, rinnovato dallo chef stellato Danilo Ciavattini che la propone con acqua di pane bruciato e con un uovo cotto al vapore. “Ho scelto di raccontare con la cucina, il mondo contadino e la campagna”

Siamo arrivati nella provincia di Rieti, dove scopriamo le ‘ricette di una volta’ come le fregnacce alla reatina, pasta casareccia ruvida e callosa servita con un gustosi sughi di carne e verdure e gli storici pencarelli, spaghetti corti all’uovo nati nei monasteri medioevali delle clarisse di San Giovanni Evangelista, a Leonessa. Orvinio è famosa per il suo pesto a base di aglio, sale grosso e peperoncino, tritati nel mortaio e ammorbiditi con un po’ di olio della Sabina. Tra le carni i sardamirelli, budelle di maiale essiccate, speziate e poi grigliate, la coda alla vaccinara, coda del bue o del vitello, con aggiunta di guanciale, pomodoro, carote, sedano, cipolla, vino bianco, cioccolato amaro e olio. I laghi offrono trote e gamberi, mentre tra i dolci troviamo i terzetti e la copeta con noci, miele e foglie di lauro.

Girovagando tra osterie, locande e trattorie…
Nu’ Trattoria italiana dal 1960, Acuto
Lo stuzzichino, Campodimele
Trattoria del cimino, Caprarola
La piazzetta del sole, Farnese
L’oste della Bon’Ora, Grottaferrata
Fattoria Patrizi, Bellegra
La Locanda del Poeta, Collato Sabino

La Locanda del Poeta, Collato Sabino
Sora Maria e Arcangelo, Olevano Romano.
La puledrara, Paliano
Osteria del vicolo fatato, Piglio
Il casaletto, Viterbo.
La Caciosteria di Casa Lawrence, Picinisco

Trionfo “green”

La provincia laziale offre un’infinita di ortaggi: cicoria, fave, fagioli, piselli, zucchine e fiori di zucca, carciofi, ottimi preparati alla giudea, broccoli, ritenuti sacri da greci e romani, per via delle loro proprietà curative, puntarelle insaporite dalle acciughe, la vignarola, tradizionale stufato di verdure primaverili insaporite con del guanciale. Ingredienti naturali e gustosi come le lenticchie e le carote di Viterbo, servite in agrodolce, seguendo un’antica ricetta etrusca.
Tante verdure nel piatto, grazie al paradiso green che circonda queste località, pensate che Fondi, in provincia di Latina, è il secondo centro europeo più importante nella distribuzione agroalimentare all’ingrosso in Europa e movimenta circa 1,20 milioni di tonnellate di prodotti ortofrutticoli all’anno.

Non a caso l ‘Associazione I love Fruit and Veg from Europe, ha scelto proprio la Capitale del Lazio per dare il via alla campagna internazionale che promuovere il consumo delle tante eccellenze ortofrutticole italiane come il marrone di Roccadaspide, la rucola della Piana del Sele, il carciofo di Paestum, i fichi d’india dell’Etna, la pesca di Leonforte, l’arancia rossa di Sicilia e tante altre.


Queste eccellenze ortofrutticole possono essere proposte in mille modi: nei cocktail, finger food, primi, secondi e dessert. Ne è stato un esempio il menu creato per l’occasione dagli chef Marco Scarallo e Alessandro Frassica e servito nella splendida Terrazza Monti del The Glam Hotel a Roma, che si distingue per classe, servizio e eleganza.

Latina: alici che passione!
Nel latinense impera la tiella di Gaeta, una pasta sfoglia spesso intramezzata da polpo, scarola, cipolle, le famose olive locali e la cicerchia di Campodimele, ma anche abbinata a prodotti di mare come baccalà sarde o le popolarissime alici che trionfano nelle ricette del Sud pontino: fritte, impolpettate o nel “pesce alla recanata”, un delizioso tortino di alici e pan grattato.

Zuppe a volontà: a Sperlonga si cucina la zuppa di sarde, a Sezze, nei i Monti Lepini, larrivano in tavola ricche zuppe contadine, come la sezzese con pagnotta casareccia e fagioli cannellini, quella con castagne e ceci e la bazzoffia, soprannominata ‘ zuppa dell’amore’ perchè secondo una credenza popolare avrebbe poteri afrodisiaci… E’ un piatto povero dove il pane raffermo viene inzuppato con diverse verdure come carciofi, fave, piselli, bieta, lattuga e cipolla fresca,Ed infine i dolci tipici, tra cu le ciambelline al vino, le buonissime crostate di ricotta e quella alle visciole.

Le delizie della Tuscia
Eccoci a Viterbo, gioiello della Tuscia dove troviamo una tradizionale cucina povera che sapeva nutrire famiglie, contadini e pastori, con piatti a base di pane raffermo, carni, legumi, formaggi e verdure autoctone come la mentuccia e la cicoria di campo, le nocciole e le castagne dei Monti Cimini.

Sono piatti semplici che A cominciare dallo chef stellato Danilo Ciavattini, che ama reinterpretare ricette della tradizione, come la sua versione dell’agnello alla Tuscia, o la sua pignattaccia, diventata un brodo aromatizzato con scorza di liquirizia e tè verde affumicato, limone e timo.
A Corchiano troviamo le bertolacce, un piatto di crêpes al pecorino che cambia nome a seconda del paese in cui viene preparato.
A Tuscania diventano “stracci”, a Montefiascone “fricciolose”, a Civita Castellana “frittelloni” a Bomarzo “cappellacce” A Vitorchiano troviamo i lombrichelli, mentre a Canepina si serve il fieno, ricetta medioevale di finissime tagliatelle condite con ragù di cinghiale e, naturalmente, una spolverata di pecorino locale. A fine pasto ci attendono le ciambelle con l’anice, il pan giallo e il pane del Vescovo.

Praticamente con tutta Roma ai miei piedi, nella fantastica terrazza del The Glam Hotel incontro lo Chef Marco Scarallo, al timone del Ristorante Terrazza Monti


I fiori di zucca, il raviolo di gamberi, il tiramisù.

Sarei diventato un medico, già da ragazzo ho seguito corsi di infermeria per assistere nonna. Trovo bellissimo prendersi cura degli altri, sia nella cucina che nella vita privata.

Ho pensato a una ricetta semplice semplice in tema con il tuo pezzo sulla cucina laziale: la panzanella nella mia versione con le triglie.
Buon Appetito!

Ingredienti x 1 porzione
50 gr di pane casereccio raffermo
50 gr di pomodorini pachino
2 foglie di basilico
20 gr passata di pomodoro
8 gr cipolla rossa tropea
50 gr di triglie sfilettate
5 ml aceto bianco
10 ml olio evo sale e pepe qb
Procedimento
Tagliare a quadretti il pane e tostare a forno per 5 min dopo condire con olio aceto sale pepe passata di pomodoro cotta e cipolla di tropea tagliata finemente
Una volta equilibrato tutti i sapori scottare a parte i filetti di triglie e adagiarli sopra alla panzanella precedentemente impiattata con un coppapasta cilindrico ed in fine aggiungere le gocce di estratto di basilico
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