Intervista di Raffaele d’Argenzio.
Amadeus si racconta, tra i viaggi che ama fare e quelli che ha in lista, dagli esordi a Blu Radio Start di Verona al palco dell’Ariston, dalla” poesia” nascosta nelle persone che incontra in giro per il mondo a quella della sua famiglia, da sua moglie Giovanna ai suoi figli, a cui insegna a essere liberi
Io, lo conoscevo già di persona, anche per un’intervista già fatta, ma la maggior parte lo ha conosciuto per i trionfi di Sanremo, dei festival frizzanti con cui Amedeo Sebastiani, in arte Amadeus, ha saputo regalarci serate di puro intrattenimento e divertimento. L’ho incontrato per parlare a ruota libera di famiglia, passioni, della sua carriera, iniziata a sedici anni come dj, ma anche di weekend e viaggi che diventano poesia.
Ciao, so che per un po’ non vuoi parlare di Sanremo, io invece comincio proprio da Sanremo: hai voglia di tornarci per un weekend, per gustarla senza il festival?
Sì, è un posto molto bello, ma io l’ho vissuto sempre lavorando, quindi, mi prometto di ritornarci da visitatore, per godermi le sue bellezze”.
Qual è il weekend che vorresti fare dopo la fatica di Sanremo?
Sai, io ho un figlio di 15 anni che gioca nelle giovanili dell’Inter e mi piace molto seguirlo. Io e mia moglie siamo andati a vederlo giocare a Lubiana, in Slovenia, un posto bellissimo. I miei weekend sono dedicati a lui, abbino il viaggio al calcio.
Una parentesi, è proprio per il tuo amore per l’Inter che hai chiamato tuo figlio José?
Sì, esatto. Ammiravo e ammiro molto Josè Mourinho.
Non hai paura di inimicarti quelli che seguono il Milan?
Nella vita bisogna sempre inimicarsi qualcuno. Quando si fanno delle scelte, ci si fanno molti amici, ma anche molti nemici. Pensa che mio fratello è milanista, quindi il “nemico” ce lo abbiamo in casa.
I tuoi genitori sono siciliani, tu sei alto… forse hai origine nordica?
Mia madre è bionda, quindi, evidentemente, discendo dai Normanni.
Senti il richiamo della Sicilia? Di un suo borgo, di un posto?
Oggettivamente purtroppo non ci vado spesso. Però, della Sicilia ho tanti ricordi. Pur non essendoci nato, ci sono andato tante volte e ci sono località bellissime che ricordo molto bene. I suoi profumi, i sapori, mi ricordano la mia infanzia. E specialmente il borgo di Sferracavallo, vicino Palermo, dove ci sono stato tante volte da piccolo, negli anni settanta. Ecco, quello è il mio angolo di Sicilia.
Ma mi dici un posto d’Italia dove ti ricordi un bel weekend che vorresti ripetere?
Sono tanti, in tutt’Italia, ma Napoli ha una sua magia assolutamente unica. Ci sono stato tante volte con Giovanna, che è napoletana, e Josè. Il Grand Hotel Santa Lucia, davanti a Castel dell’Ovo, è come se fosse casa mia.
Oltre l’Italia, c’è un luogo particolare di cui senti nostalgia?
Devo dire che per me la vera vacanza è andare all’estero. Ho nostalgia della Spagna e di Madrid, una città che amo molto. Poi, ho nostalgia di Londra e non vedo l’ora di tornarci. Amo molto l’Italia, ovviamente, ma all’estero posso muovermi più liberamente. Essere su una spiaggia o in una strada spagnola o americana, per esempio, mi permette di fare cose che in Italia per me sono più difficili, perché sono un personaggio pubblico e sono al centro dell’attenzione. Il che mi fa sicuramente piacere, però, ogni tanto, quei quindici giorni all’anno mi piace essere una persona anonima e giocare in spiaggia con mio figlio.
Un claim di Weekend Premium è “Ogni viaggio può diventare poesia”, tu sei d’accordo?
Questo è assolutamente vero. Io amo viaggiare, non potrei non farlo. E mi piace mescolarmi alla gente del luogo e passeggiare nelle città, chiedere qual è il ristorante o la trattoria tipica, in qui vanno gli abitanti di quel luogo. E lì trovo la felicità, guardandomi intorno. Ecco, in questi momenti riesco a regalarmi del tempo per osservare gli altri, mentre quando resto in Italia sono gli altri che osservano me. Essere un semplice osservatore, senza sentirmi osservato mi dà un senso di poesia, di tranquillità. Questo vale sia nei confronti delle persone che delle città e dei paesaggi. E in questo, a mio avviso, c’è poesia.
Ci sono luoghi particolari in cui hai sentito questi istanti magici?
Sono stato anni fa a Miami, una città che, a mio avviso, ha tutto. C’è la parte del divertimento della movida, ma è anche un luogo per famiglie. Ho avuto questa sensazione anche a Madrid, a Parigi, a Berlino e a Londra, una città in cui ogni quartiere, ogni zona, è ricca di stimoli. Sono poi stato al Circolo Polare Artico, dove ho visto l’Aurora Boreale… quelle luci sono qualcosa di veramente magico. Sono stato anche in Svezia, così come mi è capitato di andare, tanti anni fa, in Corea. Ogni luogo ha una sua magia, e di ogni luogo bisogna assaporare e catturare immagini particolari, non solo con il cellulare o la macchina fotografica, ma con la mente, per trasformarle in ricordi.
Di questi luoghi che hai citato, c’è qualcosa che ricordi in particolare?
Del Circolo Polare Artico ho un ricordo bellissimo, è davvero un luogo magico, poetico, diverso da tutto quello che siamo abituati a vedere nella quotidianità. Di Madrid, splendida città con tante cose importanti da vedere, mi è piaciuto molto anche vedere lo stadio Bernabeu, dove gioca il Real Madrid, insieme a mio figlio Josè, un paio di anni fa. Se hai un figlio che gioca a calcio, vederlo insieme a lui è stato ancora più bello. Se vuoi, sono immagini semplici, ma che danno felicità. Così come gli stadi e le piazze di Londra. Se vado a Piccadilly Circus, mi guardo intorno e vedo persone diversissime per nazionalità, abbigliamento, religione. Ecco, quello è un luogo che rappresenta il presente e rimango affascinato dalla grande quantità di gente diversa che sta nello stesso posto. E ognuno non guarda l’altro con morbosità o con occhio critico, ma convivono tutti nella stessa città. Una sensazione simile me la dà anche la meravigliosa Parigi. Questo è un aspetto che mi affascina molto quando viaggio.
Qual è il prossimo viaggio che vorresti fare?
In realtà, viaggio meno di quanto vorrei. Sono molto impegnato con il lavoro e poi ci sono gli impegni sportivi di mio figlio. Quindi, da qui a questa estate, i viaggi che farò saranno legati al ai tornei di calcio che lui farà e che io seguirò. Quasi tutti saranno in Italia, anche se qualcuno potrebbe anche essere all’estero.
Quali sono le auto che ti piacciono o che usi quando ti capita di fare weekend?
Per i weekend vicini uso la Suzuki S-CROSS Hybrid. In genere amo i suv, mi piace una guida ‘morbida’. Non amo correre, amo ammirare la natura e i paesaggi
Tuo padre era amante dei cavalli. Ti ha trasmesso questa passione?
L’ha trasmessa di più a mio figlio e a mio fratello, che è rimasto nel mondo dell’equitazione.
Come hai cominciato la tua carriera radiofonica e televisiva?
Ho questa passione fin da piccolo. Guardavo i grandi presentatori, come Pippo Baudo, Mike Bongiorno, Corrado e trasmissioni come Canzonissima con Raffaella Carrà…Poi è arrivata la mia primissima trasmissione in radio, a Blu Radio Star, una piccolissima radio di Verona che si sentiva solo in un quartiere. Ho cominciato lì, alla metà degli anni Settanta, avevo sedici anni. Poi, negli anni Ottanta, sono arrivato a Milano a Radio Dj. Lì ho conosciuto Fiorello, Jovanotti, Nicola Savino e tutti gli altri, con cui ho mantenuto un rapporto di amicizia che dura tuttora. Sono stati dieci anni indimenticabili.
Qual è stato il momento più bello della tua carriera?
Fortunatamente tanti. I momenti più belli sono stati i Festival di Sanremo, anche se molto impegnativi. Ricordo che, nell’estate del 2019, quando la Rai mi chiamò per condurre il festival, mi trovavo a Madrid in vacanza con la famiglia. Sono affezionato a quella città perché mi porta fortuna e ci vorrei tornare presto. Ricordo anche i cinque anni del Festivalbar, insieme al grande Vittorio Salvetti. Ma anche quando mi chiamarono a Blu Radio Star per farmi condurre un programma radiofonico, il primo della mia vita. Anche quello è un momento che non dimenticherò mai. Di ogni tappa della mia carriera conservo un ricordo molto bello.
Qual è stato il più brutto, invece?
Quando conducevo l’Eredità, un programma argentino che avevo portato in Italia. Era il 2002, addirittura, e l’ho condotto per quattro anni. Poi, decisi di andare via dalla Rai e commisi un errore. Seguirono altri quattro anni molto duri, che però mi sono serviti per capire quali erano i miei punti di forza. Dico sempre che chi fa il nostro lavoro, chi fa televisione, ma anche una professione artistica, come l’attore, lo scrittore, il pittore, vive momenti belli e brutti. Quindi deve sapere godere dei primi e gestire quelli più difficili.
Hai qualche rito scaramantico o qualche oggetto porta fortuna?
Sì, avendo una moglie napoletana sono amante dei cornetti rossi. Ne ho uno grande, che mi è stato regalato da Mara Venier come buon augurio prima del penultimo Sanremo. Ma ne ho anche tanti piccoli sparsi per casa e una sciarpa con i “cornicelli”.
Ognuno di noi ha i propri pregi e difetti, qual è il tuo maggior pregio?
Forse quello di sapere ascoltare, di osservare attentamente quello che mi circonda. Poi, mi ritengo una persona onesta. Faccio le cose con grande onestà, cercando di farle al meglio. Ho una concezione sportiva della competizione. La società di oggi ci mette nella condizione di essere sempre in competizione gli uni con gli altri. Io la vivo in maniera serena, cercando di fare bene ciò che sono chiamato a fare. Cerco poi di avere sempre rispetto di tutti e di fare bene il mio lavoro, con serenità. Non mi sono mai montato la testa, questo è il lavoro che amo e che volevo fare fin da ragazzino, ma quando si spengono le telecamere mi piace tornare a essere una persona comune, anonima.
Non svicolare: il peggior difetto?
Confesso, è la testardaggine. Quando mi metto in testa di fare una cosa la faccio. Può essere un difetto, ma anche un pregio. Inoltre, sono uno che fa fatica a perdonare. Siccome sono molto corretto con gli altri, se qualcuno non lo è con me, poi è difficile che io lo perdoni.
Qual è la persona a cui senti di dovere qualcosa?
Innanzi tutto a mia moglie Giovanna, che mi è sempre stata vicino in questi vent’anni. Poi ai miei genitori, che mi hanno sempre lasciato libero di fare quello che desideravo. Quando avevo 16 anni ho cominciato a fare radio e non era nemmeno considerato un mestiere. Le persone dicevano a mio padre “Ah, fa la radio, ma poi nella vita di serio che cosa fa?”. Sai, se hai dei genitori che fin da ragazzo ti mettono in difficoltà o ti vietano di fare qualcosa, è molto difficile. Io ho conosciuto tanti amici che oggi mi dicono “Se avessi potuto, avrei fatto altro, ma i miei me lo hanno vietato. Mi hanno detto vai a lavorare”. E vivono con un rimpianto per tutta la vita, senza sapere dove sarebbero ora se avessero seguito i propri sogni.
E dal punto di vista professionale a chi senti di dover qualcosa?
Anche professionalmente, ci sono tante persone a cui sono grato. Al primo direttore della radio di Verona che mi ha preso, a Vittorio Salvetti che mi ha voluto al Festivalbar per cinque anni, allo stesso Claudio Cecchetto che mi ha voluto a Radio Dj. Poi c’è sempre stato un dirigente o un direttore che mi ha dato l’opportunità di fare qualcosa e che io ho ripagato con l’impegno, con la professionalità e mi auguro anche con i risultati.
C’è invece una persona a cui devi dei momenti bui o che ti ha ostacolato
Sì, ce ne sono sempre. Come tutti, ho trovato nel mio percorso chi mi ha ostacolato, ma queste persone non meritano nemmeno di essere citate. Mi piace ricordare solo le cose positive, nella vita. Quelle negative le ricordo, le memorizzo, ma le metto in fondo ai pensieri. Penso sempre positivo, come dice Jovanotti.
Un complimento che già ti feci tempo fa: tu che sei star fai diventare star chi è sul palco accanto a te. Gli dai spazio e tu ti tiri indietro.
Grazie, è un complimento molto bello. E il fatto che tu lo abbia notato mi fa molto piacere.
Il giorno più felice?
Dal punto di vista professionale, il giorno in cui sono sceso per la prima volta dalle scale dell’Ariston, a febbraio 2020, poco prima del Covid. Ma dal punto di vista personale, quando sono nati i miei figli, Alice e José, sono stati i giorni più felici. Il matrimonio con Giovanna è un altro giorno felice della mia vita.
Pensi di essere un buon padre, trasmettendo le cose giuste ai tuoi figli?
Io spero di sì, ci metto tutto il mio impegno. Ai miei figli insegno a essere liberi: di idee e di pensieri, dico loro di fare, provare, sbagliare. La libertà per me è una cosa importante, se uno si fa ingabbiare, inscatolare, non sarà mai libero nella vita. A Josè, che è il più piccolo, insegno a essere educato, a rispettare il prossimo, ma nello stesso tempo a provare a realizzare i suoi sogni. Piuttosto che non vivere, meglio un rimorso che un rimpianto. Provare a realizzare i propri sogni è la cosa più importante, a tutte le età, ma ancor più per un ragazzo.
L’ultima domanda: il tuo prossimo weekend
Non lo so. Di certo non sarà a Sanremo, ma sarà un weekend…premium.