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Top Ten Weekend con Gusto: Roccamorice e Isola di Capri

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di Beba Marsano

È arrivato l’autunno, che per la sua esplosione di colori Henri de Toulouse-Lautrec chiamava “la primavera dell’inverno”. Con il foliage che accende i boschi, la natura sembra trasformarsi in quadro impressionista, invogliando ad andare per sentieri, borghi e trattorie, dove – al fuoco allegro di un camino – assaporare le delizie di stagione: tartufi, funghi, castagne. Succede in campagna, dalle Langhe ai Colli Euganei passando per il Parco Oglio Sud e la Val Taro, e in scenari più grandiosi, come quelli della Majella o della Sila. Ma i primi, tiepidi giorni autunnali invitano ancora al mare, finalmente senza folla, per assaporare territori sotto costante assedio turistico – Capri, per esempio – nella loro dimensione più silenziosa, più autentica. Ed è anche la stagione giusta per viaggiare nell’Italia segreta. Tra potenti luoghi dello spirito (gli eremi celestiniani d’Abruzzo) e siti archeologici minori, custodi di rovine incastonate quasi sempre in contesti d’eccezione (Nora, in Sardegna). Ma ogni viaggio è anche un’esperienza del gusto. La scoperta di tipicità capaci di essere una continua sorpresa per il palato.

 

ROCCAMORICE, EREMO DI SAN BARTOLOMEO IN LEGIO

La Majella è luogo di Pietro da Morrone, poi Celestino V, il papa dantesco del “gran rifiuto”, che dopo tre mesi e mezzo di pontificato abdicò per nostalgia dei silenzi di queste vette selvagge, già allora deputate all’ascesi, alla solitaria ricerca di Dio. Consumato da una sete d’assoluto, tra il 1274 e il 1277 si isolò a San Bartolomeo in Legio, mistico e remoto rifugio dello spirito, scavato in un frontone di roccia viva a strapiombo su un orrido, che ancora oggi si raggiunge solo a piedi.

Da gustare. Imperdibili a Roccamorice i calzoni fritti e ripieni di òrapi, piatto della tradizione pastorale, che propone in modo semplice e ghiotto questo spinacio selvatico, raccolto sulle montagne al disciogliersi delle nevi. Un’erba versatile, utilizzata anche per numerose zuppe caserecce, tra cui quel pancotto pastorale in cui gli òrapi vengono mischiati al pane secco, al siero e alla ricotta. Immancabili poi le pallotte cacio e ova: polpette di formaggio, uova e pane raffermo fritte e ripassate nel sugo di pomodoro, vero must della cucina abruzzese.

 

ISOLA DI CAPRI, VILLA SAN MICHELE

Villa San Michele ad Anacapri fu il buen retiro del medico e scrittore svedese Axel Munthe, che su una delle dodici ville dell’imperatore Tiberio costruì una dimora con poche stanze e un’infinità di logge, gallerie, pergole, terrazze perché – diceva – “lo spirito ha bisogno di più spazio del corpo”. Acquistò poi l’intera montagna per realizzare lo stupendo giardino romantico-simbolista, ricco di citazioni pittoriche, antichità medioevali e reperti archeologici, che conquistò pure Bruce Chatwin.

Da gustare. L’isola dei Faraglioni e della Grotta azzurra è patria di un monumento della pasticceria partenopea: la torta caprese. Un dolce dal cuore morbidissimo, preparato con mandorle e cacao fondente – oltre naturalmente a uova, burro, zucchero – senza aggiunta di farina e guarnito da una spolverata di zucchero a velo. È un must, irrinunciabile, come lo sono i deliziosi ravioli capresi, bottoni di pasta fresca farciti con caciotta, ricotta, parmigiano e conditi con sugo di pomodoro.