Top Chef con Ricetta

TANO SIMONATO: stelle, ricordi, olii sopraffini e un weekend gourmet da sogno

image_pdfimage_print

Milano. Oggi incontro Tano Simonato, stella Michelin e il celebre ristorante “Tano passami l’olio”.   Il suo slogan? “Ci sono due modi di mangiare: uno per nutrirsi, l’altro per divertirsi. La cosa bella è che il secondo non elimina il primo”.

Olio superstar

La cucina di Simonato è sinonimo di ricerca a pari passo all’evoluzione dei tempi e alla metamorfosi delle cucine contemporanee. Inutile dirlo, per Simonato l’attenzione è particolarmente focalizzata sul condimento per eccelleza: l’olio extra vergine, sia in cottura che a freddo, garanzia di fragranza e dell’ incontaminazione dei prodotti, sua prerogativa da oltre 30 anni.

I piatti che ho assaggiato:

Gli amouse-bouche dello Chef:
Un delicatissimo salmone marinato e mantecato, vellutata piselli, mayonese allo zafferano , tutto accoppiato a olio siciliano
Quaglia scottata al miele e spumante, caffè, croccantino di verza disidratata con peperoncino e un curioso uovo di zucca. Di certo le uova di quaglia sono un ingrediente caro allo Chef che da molti anni le propone caramellate abbinandole a varie lavorazioni del tonno: in mousse, bottarga e crudo, marinato al limone e menta.

Tra i primi , un ricco spaghetto, uovo di gallina con disidratazione dei tuorli per cinque giorni, servito su vellutata di burrata e grana padano con pomodoro candito e bottarga di tonno di 18 mesi, Una mediterraneità piacevole , dai sapori estivi.

Un must nella cucina di Simonato: il filetto di maialino patanegra nato e allevato a terra, una delle prerogative della sua cucina sono appunto le carni, tutte di cattività, senza l’ uso di alcun tipo di antibiotico. Lo chef lo serve in crosta di nocciole con zucca affumicata nocciola sabbiata e verza. Tenerissimo e saporitissimo.

Come dessert, Simonato mi propone una sfera che racchiude una spuma chantilly alla vaniglia, guarnita con pistacchi sabbiati e caviale di lampone. Per finire con un gelato di lampone e mora, servito su una meringa di patata senza albume e una foglia di pelle di patata alla vaniglia.

L’intervista: Tano si racconta.

Il tuo primo ricordo in cucina ?
Avevo15 anni, mio padre era venuto a mancare, mia mamma Giuditta lavorava e io dovevo per forza occuparmi della cucina e per lei e per i miei fratelli, terrorizzato dal fare qualche disastro, anche perché mamma era una grande esperta della tradizione milanese: la cassœula, i nervetti …


Una mamma influente dunque?
Si, di origini friulane, testarda e cocciuta più di qualunque altra donna della penisola italiana, imbattibile ai fornelli… Non dimenticherò mai il riso e latte che mi aveva insegnato: era chiaro, bianco, senza quel tono grigiolino tipico del riso bollito.

Il primo ricordo professionale?

Il primo ingaggio, durato 20 anni… non come cuoco, ma come barman. Ho girato mezza Europa verso la fine degli anni 80 sono approdato a Milano con l’idea in testa di aprire un ristorante. Forse il primo ricordo veniva proprio dalla cucina: quel profumo magico della pasta al pomodoro, un piatto classico che però richiede esperienza, capacità e personalità. Per la salsa, per esempio, io non uso il soffritto, ma solo pomodoro tassativamente fresco e (sussurra) in inverno non disdegno un pizzico di verdurine Mutti, tanto per dargli quella corposità che il pomodoro invernale potrebbe non avere… Occhio all’olio, naturalmente…

I tuoi viaggi preferiti e quelli che sogni?

Ho girato tanto in Oriente: Cina, Tailandia. Sono stato otto volte a Hong Kong, Shanghai, Pechino. Vorrei scoprire l’Everest e Katmandu anche se il mio corpo mi chiede di fare molta attenzione alle altezze.

Dai viaggi lontani porti qualcosa nel tuo menu?

Certo, per esempio ho conosciuto Madame Wong, una signora di Osaka che faceva una soya come se fosse un aceto balsamico, travasandola per tre anni in vasche di cemento, dove si disidratava e prendeva corpo come se fosse una normale riduzione. Una preziosità. figurati che normalmente una bottiglietta sui cinque euro e questa ne costa 40, ma è un prodotto talmente buono che l’ho inserito in molti dei miei piatti.

Ho importato, anche se a modo mio, il lungo processo di frollatura dell’anatra alla pechinese: tre giorni in tini pieni di grasso dove vengono immerse le anatre che rilasciano il proprio grasso, poi altri passaggi di varie cotture a bassa temperatura per essere finalmente infornata ed ottenere la croccantezza desiderata. Anche se in spazi più ridotti , ho seguito le tecniche di Madame Wong ed ecco la mia anatra croccantissima ( e non grassa) cotta a temperatura bassa per 13 ore a 58° nel suo fondo d’anatra, miele, crema di melograno e carciofo farcito con mousse di fegato d’anatra.

Cucini a casa?
Sì per me e per chi me lo chiede. Mi diverto a improvvisare.
Nel tuo frigo di casa: sempre e mai….
Sempre champagne, grana e, te lo dico sottovoce, una busta di ottimo prosciutto crudo…
si lo so… dovrei tagliarlo a mano…


Che auto guidi ?
Dopo 35 anni di Volvo, sono passato alla Lexus perché ho voluto una macchina ibrida, un sedile supercomfort, visto che viaggio e un baule generoso capace di ospitare almeno tre box di linea già preparata.

Un weekend che vuoi fare?

Pescare salmoni in Scozia, rigorosamente pesca ‘a mosca’, un’attività ‘elegante’ nata in Inghilterra. Lo sogno da quarant’anni, ma …succederà.

Un weekend speciale?

Il mio! A Montone, un incantevole borgo in Umbria. Sarà un weekend straordinario: l’ho chiamato ‘Tano Experience’ e prevede le mie lezioni di cucina, classi di lavoro, visite e degustazioni di olio, cene tradizionali e ‘stellate’. Voglio tramandare quello che so fare e quello che conosco. un passaggio di consegna a quei ragazzi meravigliosi che vogliono imparare e riuscire.

La tua ricetta?

Un uovo ‘regale’. Potrebbe piacere a Queen Elisabeth…

Per scoprire la ricetta di Tano Simonato, gira la pagina
Clicca Next>