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Le 10 destinazioni del gusto per l’estate 2022

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Di Beba Marsano

 Come un Grand Tour estivo nell’Italia del bello e del buono. Quell’Italia che – per vocazione spontanea – coniuga l’incanto di tesori d’arte o di natura con le gratificazioni papillari della buona tavola. Un itinerario ideale in dieci tappe, dalle Alpi alle isole maggiori, per altrettanti fine settimana da trascorrere alla scoperta di luoghi memorabili – castelli, sentieri letterari, città ideali, giardini romantici, grotte marine, capolavori dell’impressionismo e della Transavanguardia – e delle tradizioni enogastronomiche del nostro Paese.

1. MANTOVA, APPARTAMENTO DI ISABELLA D’ESTE

In Corte Vecchia, il nucleo più antico di Palazzo Ducale, si visitano le stanze private della donna più influente del Rinascimento, Isabella d’Este. Stanze dove si ritirò dopo la morte del marito, Francesco II Gonzaga, che erano specchio della sua raffinata cultura, della sua squisita eleganza, della sua passione per la bellezza. Dalla Camera Granda o Scalcheria, con i mirabili affreschi di Lorenzo Leonbruno, alla Grotta, ambiente intimo e misterioso, fino al Giardino Segreto, oasi di piante odorose cinta da un colonnato corinzio.

Da gustare

Isabella era golosa, soprattutto di dolci. Pretesto per gustare, nelle antiche pasticcerie mantovane, delizie come la famosa Sbrisolona o la singolare Torta di tagliatelle, strati di pasta alternati a mandorle, zucchero e burro; il dolce Elvezia, farcito di zabaione, o – a Natale – l’Anello di Monaco, ciambella a base di frutta secca, farcita con crema e ornata di glassa.

La sbrisolona mantovana

2. VELTURNO, CASTEL VELTURNO

Già residenza estiva dei principi-vescovi di Bressanone, è il più sfarzoso e meno noto dei manieri d’Alto Adige. L’esterno massiccio dissimula la ricchezza degli interni, trionfo di rivestimenti in legno, stufe in porcellana, caminetti in marmo, soffitti a cassettoni, pitture parietali in ogni sala. La più splendida? La Stanza del Principe, con intarsi lignei tra i più raffinati del Sudtirolo. La credenza popolare favoleggia di sette falegnami impegnati per sette anni, sette mesi e sette giorni a lavorare sette tipi di legno.

Da gustare

Tutti i piatti simbolo della tradizione contadina d’Alto Adige: speck e salsicce fatte in casa, canederli di fegato di bue in brodo (anche nelle versioni alle erbette, formaggio e rape rosse), Schlutzkrapfen, mezzelune di patate e ortiche, capriolo in salsina ai mirtilli, strudel di mele, puré di castagne con gelato alla vaniglia.

Schlutzkrapfen

3. DUINO-AURISINA, SENTIERO RILKE

Quasi due chilometri di paralizzante bellezza sul golfo di Trieste, tra profumi di macchia, scogliere a strapiombo sul mare, terrazze spalancate nel vuoto da dove nei giorni tersi lo sguardo spazia senza confini dalla costa istriana alla foce dell’Isonzo e oltre, fino alla laguna di Grado. È il tracciato lungo il ciglione delle candide falesie di Duino, che ricalca le passeggiate quotidiane del più grande poeta boemo, il praghese Rainer Maria Rilke, tra il Castello dei Thurn und Taxis e Sistiana. Quelle che ispirarono il suo capolavoro, le Elegie duinesi (1912-22).

Da gustare

La cucina del Carso triestino è ricca e varia, influenzata da tradizioni austriache, slovene, ungheresi. Da non perdere, il rinomato prosciutto affumicato, il brodetto preparato con pesci di piccola dimensione e l’aggiunta di molluschi e crostacei, il gulash (re dei piatti di carne), l’agnello al rafano e i cevapcici, polpette speziate di origine balcanica.

4. BAGNO VIGNONI, PIAZZA DELLE SORGENTI

Bagno Vignoni? Scenografia rinascimentale in miniatura, nel cuore della Val D’Orcia. Un borgo così piccolo da esaurirsi intorno al recinto termale in cui si bagnarono Caterina da Siena e Lorenzo il Magnifico. Una piazza-vasca unica al mondo, serrata da una cortina di antiche case in pietra, amatissima da sognatori, poeti, artisti e registi, che ne hanno fatto il set di numerose pellicole. Come il film cult Nostalghia di Andrej Tarkovskij.

Da gustare

Nei ristorantini del borgo si gustano paste fatte a mano come gli immancabili pici, le insalate di farro, i piatti di carne secondo stagione (cinghiale in umido, faraona al vinsanto, coniglio alla vernaccia) e, last but not least, il celeberrimo pecorino di Pienza.

Pecorino di Pienza

5. MONTEGABBIONE, LA SCARZUOLA

A metà Novecento Tomaso Buzzi, estroso, celebrato architetto, acquista un sito francescano in abbandono nell‘Umbria più solitaria. E in vent’anni dà forma alla sua città ideale: un’incantata scenografia teatrale, che affastella fantasie architettoniche ispirate a edifici reali e immaginari, dal Partenone e il Colosseo alla torre di Babele e la scala di Giobbe. Un mondo fantastico sovraccarico di memorie personali e di una complessa simbologia, al servizio di un percorso iniziatico.

Da gustare

Imperdibili gli strangozzi al ragù, emblema della cucina umbra, semplice e saporita, capace di esaltare in modo deciso il carattere delle materie prime. E poi le pappardelle al sugo di cinghiale, le salsicce di Norcia con lenticchie di Castelluccio e, dulcis in fundo, i mostaccioli, preparati in periodo di vendemmia con mosto e anice.

Strangozzi al ragù

6. CISTERNA DI LATINA, GIARDINO DI NINFA

Per il New York Times è il giardino più romantico al mondo. Un parco all’inglese innestato sulle rovine della “Pompei del Medioevo”, la città fantasma di Ninfa, luogo magico, spettrale, meta irrinunciabile dei viaggiatori dell’Ottocento per il fascino dei ruderi ricoperti di edera, caprifoglio, roseti spontanei. In questo antico luogo sacro dedicato alle Ninfe Gelasio Caetani, discendente di papa Bonifacio VIII, nel 1921 volle impiantare un giardino. Che nel tempo ha affatturati artisti e scrittori, da Karen Blixen ad Alberto Moravia e Giorgio Bassani, che si ispirò per il più famoso dei giardini letterari, quello dei Finzi Contini.

Da gustare

In zona si assaporano ricette della civiltà agro-pastorale dei Monti Lepini; piatti poveri e gustosissimi come zuppe ai funghi porcini, polenta ai formaggi di Carpineto Romano, pizza al forno, prosciutto cotto di Cori, grigliate di salsicce e pancetta.

Polenta ai formaggi

7. SEPINO, SAEPINUM

“La città sul tratturo” Un mondo a parte, fuori dal tempo, dove riti e ritmi di vita agropastorale scorrono indisturbati sullo sfondo di rovine d’età imperiali. Ecco Saepinum, piccolo municipium romano nel cuore del Sannio alle pendici del Massiccio del Matese, privilegiato luogo di sosta lungo le storiche vie della transumanza, innestato sull’incrocio del regio tratturo Pescasseroli-Candela (211 chilometri dall’Abruzzo alla Puglia) con il tratturello trasversale Matese-Cortile. “Le più romantiche rovine del nostro paese”, diceva Guido Piovene di questa Roma in miniatura. Che per Vittorio Sgarbi puro “luogo dello spirito, tra i più belli del mondo”. In questa singolare città archeologica ancora abitata.

Da gustare

La cucina molisana è soprattutto agricola e pastorale, ricca di prodotti autoctoni che insaporiscono piatti corposi. Qualche esempio? Il castrato in umido alla baraccara con peperoni, le testine di agnello o capretto (cuccette) cotte in teglia con mollica di pane, u’zeppettone a base di trippe e fegatini in tegame. Sul mare si mangia pesce, come il baccalà ammullecate, gratinato con abbondante mollica di pane raffermo.   

Castrato in umido alla baraccara

8. BENEVENTO, HORTUS CONCLUSUS

Mimmo Paladino, campione della Transavanguardia, ha trasformato l‘orto monastico del complesso medioevale di San Domenico in un’installazione misteriosa e solenne. Un luogo dal forte potere emotivo e simbolico che, nel raccontare la storia della sua città, Benevento, rivendica il diritto alla magia della memoria. E nelle silenziose penombre della sera acquista tutta la sacralità di una chiesa.

Da gustare

Principi della cucina sannita, lo scarpariello (spaghetti alla chitarra con mozzarella, pomodoro, basilico e peperoncino), i paccheri con carciofi di Pietrelcina, gli arrosti d’agnello di Laticauda e la padellaccia (salsiccette di maiale, peperoni rossi sottaceto, patate, alloro), da accompagnare a un rosso corposo quale l’Aglianico.

La padellaccia

9. BARLETTA, PINACOTECA DE NITTIS

Pochi lo sanno, ma la collezione più completa di opere di Giuseppe De Nittis – il maggiore impressionista italiano, che conquistò la Parigi della Belle Époque – si trova a Barletta, sua città natale, che l’artista lasciò presto per la ville lumière, dove nel 1874 espose alla prima mostra dei maestri dell’attimo fuggente. Alla sua morte la vedova Léontine destinò a Barletta 172 pezzi tra tele, tavole e lavori su carta, esposti dal 2006 nel barocco Palazzo della Marra.

Da gustare

Qui la cucina è soprattutto di mare, con quell’autentica specialità che sono le alicette panate, ma anche di terra, con le immancabili orecchiette e le altre paste fatte in casa, oltre ai piatti di carne a base di agnello e maiale. Tutto annaffiato da vini locali, come i rossi potenti che portano il nome di Barletta e Canosa.

Alicette impanate

10. ALGHERO, GROTTA DI NETTUNO

Meraviglia geologica, tra le più fiabesche espressioni del mondo sotterraneo, la grotta dedicata al dio del mare trafora con concrezioni di oltre due milioni di anni il cuore del promontorio di Capo Caccia. Una successione di cavità intorno a un lago salato, incrostate da stalattiti e stalagmiti dalle forme più bizzarre, in cui la fantasia ha voluto vedere trine, merletti, cupole, acquasantiere, organi dalle canne colossali (fino a 49 metri!), anche un albero di Natale. Un mondo a filo d’acqua, raggiungibile fino al 1959 soltanto via mare, in cui la natura ha dato spettacolo e offerto una scenografia esemplare a fortunate produzioni di fantascienza.

Da gustare

Qui trionfa la cucina di mare: pasta coi ricci, cozze alla catalana, tufellas ai gamberi, cassola de peix (zuppa di pesci vari, sempre freschissimi) e quell’autentico monumento gastronomico che è la paella algherese, a base di agnello, carciofo di Ittiri, rana pescatrice, cozze e gamberoni rossi.

Paella algherese