Top Ten Weekend Premium

10 weekend da fare nel 2024 consigliati da Beba Marsano

image_pdfimage_print

Da sempre attento al turismo locale, slow e green, ma anche alle esperienze che uniscono arte, storia, natura e gusto, Weekend Premium ha chiesto alle sue firme di suggerire ai nostri lettori 10 weekend da fare nel 2024, 7 in Italia e 3 all’estero. Cominciamo con le mete consigliate da Beba Marsano, scrittrice, giornalista e critica d’arte. Eccoli di seguito.

Di Beba Marsano*

Ci sono grandi città, borghi-presepe, siti archeologici, laghi e arcipelaghi. Dal Mediterraneo fino al circolo polare artico. Dieci destinazioni, protagoniste in varia misura dei prossimi dodici mesi in virtù di anniversari storico-artistici, di attese riaperture, di investiture a capitali della cultura. C’entrano gli Egizi, Marco Polo, il giocondo Rossini. Pretesti per dieci occasioni di viaggio, dove coniugare gli incanti d’arte e natura ai piaceri del palato. In nome del bello e del buono.

ITALIA

TORINO

Compie duecento anni il Museo Egizio di Torino, nella top 10 delle attrazioni turistiche più amate d’Italia. Per il bicentenario si presenta con un nuovo look, che riempie d’orgoglio questa superba città d’arte, che brulica di musei d’eccezione meno mediatici e tutti da scoprire. Esempi? La Galleria Sabauda, pinacoteca con collezioni da capogiro. Il Museo Civico in Palazzo Madama, 70mila opere dall’Alto Medioevo al Barocco, tra cui quel Ritratto d’uomo di Antonello da Messina, vertice della ritrattistica rinascimentale. La Biblioteca Reale, custode di un corpus inestimabile: ben tredici fogli autografi di Leonardo da Vinci, tra i quali il celeberrimo Autoritratto, e un manoscritto, il Codice sul volo degli uccelli.

Da gustare. Qui non c’è che l’imbarazzo della scelta. La tradizione gastronomica è ricca, ricchissima, frutto dell’incontro tra origini contadine e raffinatezze sabaude. Si parte con agnolotti all’arrosto e tajarin al tartufo bianco d’Alba; si prosegue con brasato al Barolo, fritto misto alla piemontese e quella gustosa finanziera, fatta di parti di scarto di carni bianche e bovine, di cui era ghiottissimo il conte di Cavour. Senza dimenticare un assaggio di vitello tonnato e di bagna càuda, salsa a base d’aglio e acciughe diliscate, dove si intingono verdure di stagione. In pasticceria trionfa il bunet, irresistibile dolce al cucchiaio a base di cacao, amaretti, caramello e un pizzico di rum.

tajarin al tartufo bianco d’Alba

LAGO DI GARDA

L’apertura di nuovi templi del lusso ha riportato in auge il lago di Garda, terra dalla dolcezza mediterranea ai piedi delle Alpi, immenso giardino d’agrumi e ulivi, che conquistò – tra i tanti – Gabriele d’Annunzio. Il Vate mise in scena la propria “vita inimitabile” nella dimora del Vittoriale, cittadella in 10 ettari di parco, ora capofila di quel network di eccellenze associate che è GardaMusei. Una collezione di luoghi unici, che abbraccia raccolte private come il museo del Divino Infante a Gardone Riviera e il MuSa di Salò, che espone opere d’arte, strumenti musicali (quelli di Gasparo da Salò, inventore del violino) e curiosità. Come i preparati anatomici ottocenteschi di Giovan Battista Rini, medico e imbalsamatore, noto per quella tecnica di pietrificazione chimica detta “imbalsamazione lapidea”.

Il Vittoriale degli Italiani a Gardone

Da gustare. Mattatore della tavola è, ovviamente, il pesce d’acqua dolce: il cavedano dalle carni bianche e magrissime, la tinca, il luccio, il coregone. Ma anche e soprattutto la rara e pregiata trota lacustre e il carpione del Garda. Si servono più al naturale possibile: al forno, al vapore, alla brace, profumati con gli odori dell’orto e insaporiti da un filo d’olio extravergine d’oliva, ottenuto dalla coltura di ulivi alla latitudine più settentrionale del pianeta. Cosa che stupì anche Goethe nel corso del suo famoso viaggio in Italia (1786). Fiore all’occhiello di queste terre, il Garda DOP – gusto persistente e leggermente fruttato – è vigilato da un disciplinare di produzione tra i più restrittivi a livello nazionale.

Trota in carpione

VENEZIA

“Venezia è come mangiare un’intera scatola di cioccolata al liquore in una sola volta. Ti stordisce”. Parola dello scrittore americano Truman Capote, che stigmatizza a perfezione la magia della città, dove nel 2024 si celebrano i 700 anni della morte dell’esploratore più famoso della storia, Marco Polo. In calendario una grande mostra a Palazzo Ducale e un ciclo di eventi che coinvolgono anche Ca’ Foscari, il palazzo gotico sul Canal Grande, sede storica dell’Università, aperto al pubblico ogni sabato mattina grazie al progetto Ca’ Foscari Tour. Visite gratuite ne mostrano i tesori, dall’aula Baratto ristrutturata da Carlo Scarpa con affreschi di Mario Sironi all’aula Magna, salone settecentesco riccamente affrescato, dove respirare il clima del tempo in cui Venezia era la Serenissima.

Da gustare. Immancabili sulle tavole della Serenissima due piatti diventati patrimonio della cucina popolare veneta: le sarde in saor, sardine fritte insaporite da cipolle in agrodolce, pinoli, uvetta, e il fegato alla veneziana, a base di fegato di vitello e cipolla, spesso accompagnato da polenta bianca. Nei bacari, le tipiche osterie lagunari, insieme all’“ombra de vin” si servono, invece, i cicchetti, sfiziosi bocconcini simili alle tapas spagnole, con pesciolini, salumi o formaggi. Dulcis in fundo, una delizia da salotto: i baicoli. Sottilissimi biscotti secchi nati all’epoca di Carlo Goldoni, da “mogiar nela cìcara o nel goto” (intingere nella tazza o nel bicchiere) con un trionfo di zabaione o crema di mascarpone.

Sarde in saor

CINQUE TERRE

Dopo oltre dieci anni di chiusura, riapre a luglio la passeggiata più famosa e romantica del pianeta, la Via dell’amore, un chilometro a picco sul mare tra i borghi di Riomaggiore e Manarola. È il sentiero simbolo delle Cinque Terre, territorio bellissimo e fragile, patrimonio dell’umanità Unesco, che soffre di una piaga recente: il sovraffollamento turistico. Per sfuggire ai grandi numeri e assaporare la natura più autentica e segreta dei luoghi, basta volgere le spalle al mare. E scoprire le suggestioni dell’entroterra attraverso una rete escursionistica di ben 120 chilometri ad altissima tensione paesaggistica. Si cammina lungo antichi tracciati sul ciglio di falesie, tra vigneti terrazzati, vecchi centri abitati e i profumi persistenti della macchia per una collezione di scorci che non si dimenticano.

La Via dell’Amore tra Manarola e Riomaggiore

Da gustare. In questo lembo di Liguria, u pan du mâ, “il pane del mare”, sono le acciughe. Le famose acciughe di Monterosso, pescate con la tradizionale rete a cianciolo a luce di lampara, lavorate a mano e conservate sotto sale. Altri protagonisti della tavola? Orate, branzini, totani, seppie, polpi e calamari, insaporiti con erbe aromatiche, olio di oliva e innaffiati dai superbi bianchi della zona: il Cinque Terre, secco, delicato, e il celeberrimo Sciacchetrà, passito dolce e liquoroso, di grande struttura e aroma, prodotto in quantità limitatissima, molto amato da Eugenio Montale. Che scrisse: “bevuto sul posto, autentico, al cento per cento, supera di gran lunga quel farmaceutico vino di Porto”.

Acciughe di Monterosso

PESARO

Pesaro, patria di Gioacchino Rossini, Città creativa per la musica Unesco, è Capitale italiana della cultura, teatro per tutto il 2024 di un cartellone di circa mille eventi. Due su tutti? Il Rossini Opera Festival in una super edizione e la mostra evento su Federico Barocci ai Musei Civici, scrigno della Pala di Pesaro di Giovanni Bellini. Un capolavoro del Rinascimento maturo, che incanta per le misure monumentali, il minuzioso lavoro di carpenteria, l’impalcatura prospettica, la luce di una pittura capace di trasformare in smalto i colori. Da vedere, ancora, il Museo nazionale Rossini, che racconta il grande compositore in chiave multimediale, e Villa Imperiale, progettata da Gerolamo Genga e decorata, tra gli altri, da Bronzino e Dosso Dossi per gli svaghi estivi di Francesco Maria I della Rovere, duca di Urbino.

Da gustare. La cucina pesarese è da sempre legata al suo Adriatico, in particolare al pesce azzurro. Piatto simbolo della città, i passatelli al pesce (in brodo o al sugo di mare poco importa), prima ricetta a portare il marchio De.Co., Denominazione Comunale. Rinomati anche il brodetto alla pesarese e i quadrucci ceci e vongole. Un posto a parte occupano le ricette in onore del grande compositore di casa, noto buongustaio; tra queste, i cannelloni alla Rossini, pasta fatta a mano dal ripieno di fegatini di pollo, vitello e funghi porcini, e la pizza Rossini, farcita con uova e maionese, un’invenzione recente a cui è dedicato addirittura un festival. I calici si levano con i vini della DOC Colli Pesaresi, nelle varianti bianco, rosso, rosato e spumante.

Passatelli al pesce

POMPEI

È nata la Grande Pompei. Un parco diffuso, che ingloba le aree archeologiche di Boscoreale, Oplontis, Stabia e tutto il territorio circostante. Un paesaggio archeologico-culturale che non ha eguali al mondo, fruibile con un biglietto unico valido tre giorni, percorsi di visita integrati, navette gratuite che collegano i siti. E visite speciali nei cantieri degli scavi. Una grande opportunità per (ri)scoprire la suggestione di luoghi straordinari: la Villa dei Misteri e quella di Poppea, le dimore di delizia di Stabia, il museo Libero d’Orsi all’interno della reggia di Quisisana a Castellammare di Stabia e l’Antiquarium di Boscoreale, con un rinnovato allestimento che mette in valore il carro cerimoniale rinvenuto nel 2021.

Da gustare. In zona ci si abbandona alle infinite tentazioni della cucina campana, tutta prelibatezze e prodotti DOP e IGP. Dove cominciare? Pizza o pasta di Gragnano? Mozzarella e ricotta di bufala o Provolone del Monaco? Spadellata di carciofi di Paestum o zucchine alla scapece? La Campania – territorio chiave della dieta mediterranea – vanta una delle tradizioni culinarie più antiche e sontuose d’Italia. Impossibile una sintesi, anche parziale, di eccellenze e piatti tipici, dolci compresi. Che tra le punte di diamante vantano i babà al rum, le sfogliatelle nella doppia variante riccia e frolla, la pastiera, la delizia al limone sorrentina, la torta caprese… E non si dimentichino i vini. Qualche nome? Taurasi, Greco di Tufo, Fiano di Avellino. Salute!

Sfogliatelle ricce

ISOLE EGADI

Favignana è la più grande, Levanzo la più piccola, Marettimo la più lontana. Ecco le isole Egadi, sparpagliate al largo di Trapani, riserva marina dal 1989. Gli amanti del mito le associano al canto di Omero e gli appassionati di storia alla battaglia navale, che mise fine alla I guerra punica con la clamorosa vittoria di Roma su Cartagine. Belle e selvagge, hanno baie da cartolina, spiaggette isolate, grotte che conservano tracce dell’uomo preistorico. A Favignana si visita l’ex tonnara, monumento di archeologia industriale che, con le sue ciminiere di tufo, si annuncia all’ingresso del porto come una cattedrale. Oggi, con installazioni, filmati, fotografie, reperti archeologici, racconta di un’epoca perduta, quella della pesca al tonno, e di una dinastia industriale, i Florio, che per ricchezza e stile di vita fece favoleggiare a lungo le cronache del tempo.

Da gustare. Il pesce, sempre freschissimo, è onnipresente sulle tavole isolane. Da solo in quanto principe del pasto, quale condimento di primi piatti – dagli spaghetti ai ricci di mare a quelli alla bottarga – oppure come saporito ingrediente di pietanze, per esempio le polpette di tonno rosso o l’amato couscous. Tra i piatti identitari delle Egadi anche le frascatole, fatte con semola di grano duro cucinata in brodo di verdure. Piatto povero, oggi ricercatissimo, disponibile nei ristoranti quasi solo su prenotazione. Facile, invece, trovare il cabbucio, una ghiottoneria preparata con lo stesso impasto della pizza, cotto in forno a legna e poi farcito con acciughe, formaggio, olio d’oliva e un pizzico di pepe.

Cous cous alla trapanese

ESTERO

BODØ (Norvegia)

Insieme a Tartu (Estonia) e Bad Ischl (Austria), Bodø è Capitale europea della cultura 2024. Una grande vetrina per la piccola metropoli norvegese al di là del circolo polare artico, che in estate offre lo spettacolo del sole di mezzanotte e in ogni stagione le attrattive di una natura estrema e potente. Da qui si parte per il ghiacciaio Svartisen, il secondo per estensione del Paese, e per Saltstraumen, il gorgo marino con una delle correnti più violente al mondo. In programma un migliaio di eventi, tra cui un’opera dedicata a Pietro Querini, mercante veneziano del XV secolo, che in seguito a un naufragio visse per quattro mesi in queste terre, da cui portò in patria lo stoccafisso, che divenne poi piatto tradizionale della cucina veneta.

Da gustare. Dal pesce freschissimo alla selvaggina eccellente, la cucina artica è una vera sorpresa. Abbonda di specie come merluzzo, halibut, scorfano, rana pescatrice, che qui crescono fino a diventare insolitamente grandi. Re di pietanze ottime e poco costose è lo skrei, il merluzzo artico migratore, che arriva a queste latitudini per riprodursi. “Le acque fredde e limpide contribuiscono alla sua alta qualità e il lungo viaggio che compie dal mare di Barents fa sì che abbia una polpa più muscolosa e soda rispetto al normale merluzzo”, dicono gli chef della regione. Che utilizzano lo skrei anche per lo stoccafisso, piatto simbolo della tradizione locale.

Stoccafisso messo a essiccare

BAD ISCHL (Austria)

Ai tempi di Sissi, Bad Ischl – una delle tre capitali europee della cultura 2024 – era stazione termale alla moda, frequentata da teste coronate, aristocratici e artisti; uno per tutti, il compositore Johannes Brahms. A metà Ottocento gli Asburgo la scelsero come residenza estiva (la villa imperiale è visitabile) per la vivacità culturale e lo splendore dello scenario naturale. Quell’area del Salzkammergut famosa per le miniere di sale e punteggiata di laghi, che l’Unesco ha dichiarato patrimonio dell’umanità. Un paesaggio da cartolina, che Francesco Giuseppe definì un “paradiso in terra” e ispirò la famosa operetta Al Cavallino Bianco. Sull’Attersee, il lago più grande della zona, passava le vacanze estive Gustav Klimt, che lo immortalò in numerosi capolavori.

Da gustare. Si ordini, per prima cosa, un grande classico quale il Tafelspitz, bollito di vitello o manzo in brodo, servito con mele tritate e rafano, di cui era estimatore il Kaiser Francesco Giuseppe. A seguire, si assaggi il Kaesekrainer, salsiccia preparata con carne di maiale, vino bianco, spezie e uvetta, farcita con formaggio, accompagnata da una salsa di senape e crauti. E, per terminare, ci si conceda il Kaiserschmarrn (letteralmente “frittata dell’imperatore”), dolce popolarissimo in tutta l’area dell’ex impero austro-ungarico. Si tratta, in sostanza, di una sorta di crêpe cosparsa di zucchero a velo e affiancata da composta di mele oppure da confettura di ribes, prugne o mirtilli. Una delizia.

Kaiserschmarrnm la frittata dolce

POLA (Croazia)

Per il suo mix perfetto tra storia e relax, Pola è – secondo il motore di ricerca internazionale di voli Skyscanner – in testa alla classifica delle destinazioni emergenti per il 2024. Sulla punta dell’Istria croata, affianca splendide spiagge a testimonianze archeologiche di prima grandezza; la sua arena è tra gli anfiteatri di età romana più grandi e meglio conservati del pianeta. Altro fiore all’occhiello, l’acquario principale della Croazia allestito nella fortezza austro-ungarica di Verudella; dal tetto della fortificazione lo sguardo abbraccia un panorama incantevole, che spazia dalla città all’arcipelago di Brioni (buen retiro del presidente jugoslavo Tito): 14 isole la cui bellezza è protetta da un parco nazionale.

Da gustare. D’obbligo le specialità a base di pesce rospo, le buzare con gli scampi del Quarnaro e la marinata di sardine, piatto freddo condito con una salsa di cipolle, aceto e spezie. Ottimi anche i brodetti e i risotti al nero di seppie, senza dimenticare il celebrato prosciutto istriano, stagionato dalla bora, e i tartufi, vertice della gastronomia istriana. Nella carta dei vini primeggiano la Malvasia, un bianco secco, e il Terano, un rosso quasi violaceo con il quale si prepara la famosa supa. Gustoso piatto povero a base di pane tostato, zucchero, olio d’oliva, sale e pepe, che si mangia con il cucchiaio e alla fine si beve il vino che rimane sul fondo della scodella, la tipica bocaleta.

Il Buzare

BEBA MARSANO

Genovese di nascita, milanese d’adozione, cosmopolita per vocazione, Beba Marsano è giornalista, critica e storica dell’arte, esperta di turismo culturale. Scrive e ha scritto per le maggiori testate nazionali: Corriere della Sera, Panorama, Oggi, Capital e Weekend Premium. Ha curato mostre, eventi e monografie di numerosi artisti contemporanei. Come autrice ha collaborato con Rai Uno e pubblicato con Electa Mondadori e Moshe Tabibnia.