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UNESCO con GUSTO. Villa d’Este a Tivoli, il giardino delle meraviglie

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È uno dei giardini più visitati d’Italia, capolavoro dell’architetto paesaggista Pirro Ligorio, su commissione del cardinale Ippolito d’Este: stiamo parlando di Villa d’Este a Tivoli, alle porte di Roma, inserito dall’UNESCO tra i siti Patrimonio Mondiale dell’Umanità nel 2001 con questa motivazione.

“Il giardino di Villa d’Este rappresenta uno dei migliori esempi della cultura del Rinascimento al suo apogeo. Il suo progetto innovato e i suoi elementi architettonici lo rendono un esempio unico di giardini all’italiana del XVI secolo che ha influenzato lo sviluppo e la progettazione dei giardini di tutta Europa”.

Basti pensare che Pirro Ligorio, per realizzare la villa e il suo fiabesco giardino, scavò sotto la città di Tivoli una galleria lunga 600 metri che dal bacino del fiume Aniene convogliava le acque della sorgente Rivelese alle cisterne della villa e, basandosi sul principio dei vasi comunicanti, riuscì a calcolare quanta acqua sarebbe stata necessaria per il suo meraviglioso progetto.

I numeri, a ben guardare, sono davvero impressionanti. L’area si estende infatti su 35 mila metri quadrati di giardini e comprende 250 zampilli d’acqua, 60 polle, 255 cascate, 100 vasche, 50 fontane, 20 esedre e terrazze, 300 paratoie, 30 mila piante ornamentali a rotazione stagionale, 150 piante secolari ad alto fusto, 15 mila piante e alberi ornamentali perenni e 9mila metri quadri di viali, vialetti e rampe.

La storia di Villa d’Este, il sogno di Ippollito

La Villa è stata fortemente voluta e progettata per stupire, dal cardinale Ippolito II d’Este, figlio della celebre Lucrezia Borgia e del duca di Ferrara Alfonso I. Ippolito venne nominato governatore di Tivoli da papa Giulio III del Monte, per ringraziarlo del suo contributo per l’elezione al soglio pontificio. Quando Ippolito arrivò a Tivoli, tuttavia, si rese conto che la residenza del governatore era un vecchio convento benedettino gestito allora dai frati francescani.

Amante del bello, Ippolito, accarezzò subito il progetto di fare costruire una villa con giardino magnifica, capace di incantare cardinali e ufficiali, ma anche artisti e uomini di Stato. Solo per il progetto ci vollero dieci anni, ma nel 1560 partirono i lavori, affidati all’architetto paesaggista, ma anche archeologo e pittore Pirro Ligorio in collaborazione con Alberto Galvani, architetto di corte.

Splendide anche le sale del palazzo, che vennero decorate da grandi nomi del tardo manierismo, tra cui Livio Agresti, Federico Zuccari, Durante Aliberti, Girolamo Muziano, Cesare Nebbia e Antonio Tempesta, anche se il vero capolavoro rimane il giardino che ha ispirato, tra gli altri giardini d’Europa, anche quello della Reggia di Caserta.

Ippollito, tuttavia, ebbe poco tempo per godersi Villa d’Este: morì, infatti, nel 1572, pochi mesi dall’inaugurazione, avvenuta alla presenza del Papa. Degni di nota gli interventi dell’erede, il cardinale Alessandro d’Este, nel 1605, a i lavori eseguiti dal 1660 al 1670, che videro il coinvolgimento del grande Gianlorenzo Bernini.

Visitiamo il giardino di Villa d’Este

Il percorso di visita del giardino parte dalla facciata posteriore della villa e si articola lungo un asse longitudinale centrale e cinque assi trasversali principali, secondo lo schema architettonico delle città romane. Nella mente del cardinale Ippolito, infatti, Villa d’Este doveva competere per bellezza all’altrettanto famosa Villa Adriana.

Scendete la doppia scala e incamminatevi lungo il piano rialzato detto Il Vialone, il più grande di tutto il giardino che si estende per circa 200 metri ed è delimitato da una parte dalla Fontana Europa e dall’altra dalla Gran Loggia, dove il cardinale amava soggiornare nelle giornate più calde insieme ai suoi illustri ospiti. Scendendo a sinistra si trova invece la suggestiva Grotta di Diana, decorata con stucchi, mosaici e bassorilievi sulle pareti e con pregiate maioliche sul pavimento. Le statue neoclassiche, ora al Museo Capitolino, raffiguravano invece Diana Cacciatrice, Minerva e due Amazzoni, mentre le scene alle pareti sono tutte tratte da miti classici.

Nella parte più bassa del giardino si trova invece la Rotonda dei Cipressi, un piazzale a forma di esedra circolare circondata da cipressi secolari, annoverati tra i più antichi esemplari esistenti, ricordati anche dal D’Annunzio nel suo “Notturno”.

Le Fontane di Villa d’Este

Sono la vera attrazione del giardino, sia per forma che per quantità. Tra le più famose c’è il Bicchierone o “fontana del giglio”, che si trova sotto la Loggia di Pandora. Commissionata dal cardinale Rinaldo d’Este a Gian Lorenzo Bernini, nel 1661, raffigura un calice dentato sovrapposto a un altro assai simile, entrambi sorretti da una conchiglia.

Sul Vialone si trova invece la Fontana di Europa, a dorma di arco di trionfo sormontato da due colonne in stile dorico e corinzio. La nicchia conteneva un tempo un gruppo scultoreo con Europa che abbraccia il Toro, ora a Villa Albani a Roma.  Splendida anche la Fontana di Pegaso, formata da una vasca circolare al centro della quale si trova una roccia sulla quale si trova la statua del mitico cavallo alato, che sembra spiccare il volo.

Fa rimanere senza fiato, soprattutto di notte, quando le luci si riflettono nei giochi d’acqua, il Viale delle Cento Fontane, lungo cento metri, che collega la fontana dell’Ovato alla Fontana della Rometta.

Secondo l’allegoria, i tre corsi d’acqua che si formano ad altezze diverse, e alimentano gli zampilli, rappresentano i fiumi Aniene, Alburneo ed Ercolaneo, affluenti del Tevere (rappresentato dalla Fontana della Rometta). La fontana dell’Ovato, invece, rappresenta i Monti Tiburtini, da dove nascono i tre fiumi.

I cento zampilli, invece, fuoriescono da due file sovrapposte di mascheroni dalle forme antropomorfe, alternati a sculture di navicelle, aquile, gigli e obelischi, simboli cari alla famiglia d’Este. Il viale è talmente bello da essere scelto per alcune scene di film, tra cui quella del banchetto in Ben Hur, con Charlton Heston.

Sotto alla fontana si trova un ninfeo, circondato da dieci nicchie che custodiscono le statue di altrettante ninfe raffigurate nell’atto di versare acqua dai vasi nella vasca.  Sul lato sud del Piazzale, invece, si trova un edificio che contiene al suo interno la Grotta di Venere, realizzata tra il 1565 e il 1568, oggi sede del Museo del Libro (www.museodellibroantico.com ).

Notevole anche la Fontana dei Draghi, che si trova nel cuore del parco. Si dice che venne fatta costruire in una sola notte, nel settembre 1572, per omaggiare papa Gregorio XIII Boncompagni, che aveva nel blasone di famiglia, appunto, dei draghi e in quei giorni era ospite della villa.

Al termine Viale delle Cento Fontane si trova poi la Fontana La Rometta, simbolo della città di Roma, raffigurata in trono al centro della grande vasca. Alla terrazza retrostante si accede attraversando un ponticello che scavalca un canale, simbolo del Tevere, al centro del quale è posta un’antica nave romana, simbolo dell’Isola Tiberina. In origine la fontana era adornata da gruppi scultorei che raffiguravano i principali monumenti della “città eterna”.

Splendide anche la Fontana di Proserpina e la vicina Fontana della Civetta, mentre la Fontana dell’Organo deve il suo nome a rumore che l’acqua produceva al suo interno, simile ai suoni dello strumento musicale, effetto dovuto a un geniale meccanismo opera degli ingegneri francesi Luc Leclerc e Claude Venand.

La fontana più recente, invece, è quella del Nettuno, la più imponente e scenografica per la potenza degli zampilli proiettati verso il cielo. Realizzata nel 1927 da Attilio Rossi, ha sostituito la precedente opera del Bernini, danneggiata da secoli di degrado e abbandono. Sotto alla fontana si trova un ninfeo con il busto di Nettuno del XVI secolo. Un gioco di cascate termina nelle Peschiere, tre grandi bacini rettangolari che raccolgono le acque della fontana, animate da un gioco di zampilli di varia intensità.

Raggiungete infine la terrazza panoramica per ammirare la splendida campagna romana, dove si trova la Fontana di Arianna. Sul viale che costeggia la terrazza trovate poi le due Fontane delle Mete, poste al centro di due aiuole, caratterizzate da massi circolari posti gli uni sugli altri in ordine decrescente e ricoperti da muschio.

Accompagnano il visitatore alla fine della visita la Fontana dell’Abbondanza, o di Madre Natura, a ridosso del muro di cinta e nei pressi del vecchio ingresso alla villa. Si torna poi alla Rotonda dei Cipressi.

….scoprite i piatti della tradizione tiburtina e romana nella seconda pagina…