Top Chef con Ricetta

Stefano Righetti, il giovane chef della cucina alpina

image_pdfimage_print

Di Vittorina Fellin

Se mai esistesse un’accezione nobile del verbo coccolare, è stata coniata qui allo Chalet del Sogno di Madonna di Campiglio e Stefano Righetti e Alberto Schiavon ne sono i sorridenti interpreti. Il primo, un plurimedagliato atleta della nazionale italiana di snowboard cross e patron del luxury boutique hotel 5 stelle, il secondo l’executive chef che ogni sera intrattiene clienti ed appassionati al ristorante gourmet Due Pini dell’hotel.

I trascorsi del giovane chef parlano di maestri prestigiosi come Leandro Luppi, ma è la qualità della sua cucina che merita la nostra attenzione. Orientata soprattutto alle materie prime del territorio, la sua personale interpretazione della cucina trova la sua espressione con piatti ben presentati e creativi, basati su dettagli curati votati alla massima soddisfazione del gusto.

Che si tratti di pesce (la trota iridea salmonata marinata con acqua di gazpacho di melone, sabbia di nocciole salate e cioccolato bianco), carni (il toro bio delle Dolomiti nel vaso ne è un esempio) o piatti vegetariani, Righetti sa dare il giusto significato ad ogni materia prima. Orto, fattoria, bosco, fiumi e laghi, pascoli, così sono classificati i diversi menu del ristorante e ovunque si decida di approdare, l’executive chef dei Due Pini sa realizzare un itinerario elegante e misurato.

Certo la ricchezza gastronomica del territorio contribuisce molto a realizzare quel connubio di perfezione e di stile di chi il talento lo possiede per davvero. L’area che va dal Garda alle Dolomiti di Brenta è un luogo perfetto per realizzare prodotti con un mix di sapori influenzati dal lago e dalle montagne.

Prodotti unici come la carne salada De.Co. (Denominazione di origine comunale) dell’Alto Garda; il pesce di lago Igp, le susine Dop di Dro, i broccoli di Torbole (presidio Slow Food). Non mancano il tartufo e lo zafferano del Monte Baldo, il delicato Olio Extravergine d’Oliva Dop del Garda Trentino. E poi i vini dal Nosiola al nobile Vino Santo Trentino (presidio Slow Food).

Che cosa ti ha condotto alla cucina?

Diciamo che era nel mio patrimonio genetico. Vengo da una famiglia che ha una forte tradizione nel mondo della gastronomia fin dal 1901. Pur appartenendo a quel mondo però, in giovane età ho avuto una piccola deviazione di percorso frequentando un istituto per geometri. Ma terminata la deriva giovanile, ho iniziato a frequentare l’istituto alberghiero di Brescia, mia città d’origine, e a 16 anni ho cominciato a muovere i primi passi nelle cucine. Prima in Trentino, poi a Sirmione e infine al ristorante stellato la Vecchia Malcesine dove ho incontrato il mio mentore, Leandro Luppi, e dove mi sono fermato per ben sei anni. Ho continuato all’Antica Osteria del Teatro di Filippo Chiappini e al Combal.Zero di Davide Scabin, dopo sono stato un anno e mezzo. Esperienze piene, basilari, di crescita umana e professionale,

Quindi se ti chiedessi chi ha influito di più sulla tua formazione cosa mi risponderesti?

Che Leandro Luppi è stato il mio “padre putativo”, lui ha dato forma alla mia passione e ha ispirato la mia cucina.

Sei stato anche in altri paesi fuori dall’Italia?

Per chi come me vuole fare questo mestiere e alzare il livello qualitativo professionale, la permanenza all’estero è necessaria. Concluse le esperienze in Italia, sono partito per Abu Dhabi dove sono approdato al Cipriani Yas Island e successivamente al Locals Only di Ibiza. Alberto Schiavon mi ha trovato lì e mi ha portato a Madonna di Campiglio.

Quindi ti ha strappato al mondo scintillante di Ibiza per portati nel glamour dell’internazionale Madonna di Campiglio. Come ti ha convinto a tornare?

Ero ormai stanco dell’esperienza isolana e sentivo il desiderio di lanciarmi in una nuova avventura professionale. Fin da subito ho trovato una certa sintonia con la proprietà dell’Hotel Chalet del Sogno gestito dalla famiglia Schiavon. Alberto in particolare, voleva dare un’identità più marcata al ristorante, in linea con gli alti standard offerti dall’hotel. A me sarebbe stata concessa l’opportunità di interpretare la mia idea di cucina alpina attingendo ad un patrimonio di materie prime senza eguali.

Mentre ti trovavi in questi iconici luoghi all’estero, riuscivi a dedicare del tempo alla visita e alla scoperta delle bellezze naturali e artistiche?

Purtroppo meno di quanto avrei voluto. Le cucine, in particolare quelle che si possono fregiare di qualche stella, ti assorbono completamente. Risulta difficile fare altro, stabilire confini e creare rapporti che non siano solo quelli di lavoro.

Oggi che sei tornato a casa e ti sei riappropriato della tua vita, come impegni il tuo tempo libero?

Sono uno sportivo, amo la bicicletta, fare delle passeggiate e qui posso trovare tutto quello che posso desiderare.

Dove vorresti passare in tuo weekend ideale?

Non ho mai visitato la Grecia, vorrei tanto vedere il Partenone, assaporare la cucina greca, incontrare persone autentiche.

E in Italia cosa vorresti visitare che non hai già visto?

La Sicilia prima di tutto. Poco tempo fa ho incontrato un agricoltore che ci fornisce delle materie prime eccezionali e mi ha invitato a visitare le sue tenute. Sono affascinato da questo territorio così ricco di prodotti e di sapori.

E all’estero dove vorresti andare?

In Islanda con un Volkswagen California così posso caricarmi tutto compresa la bicicletta e assaporare quella libertà che spesso mi manca. Un viaggio in un posto così estremo è la mia idea di libertà.

Come vedi il tuo futuro professionale e cosa ti aspetti ancora?

La crescita è sempre necessaria e se arrivasse una stella a completamento di un percorso ne sarei felice. Un riconoscimento tanto prestigioso fa sempre bene sia allo chef che al ristorante perché premia gli sforzi e l’impegno di tutto il team. Ma non ci voglio perdere il sonno. Lo scopo è sempre di dare il meglio delle nostre possibilità.

Tartar di coregone, carpaccio di rapa rossa all’arancio e chutney di pompelmo

Ingredienti per 4 persone

  • 1 kg coregone già pulito
  • 1 rapa rossa
  • 1 rapa di Chioggia
  • 3 Pompelmi
  • 2 scalogni
  • 30 g sale
  • 120 g zucchero
  • 50 g aceto bianco
  • Pepe q.b
  • Salsa di soia q.b
  • Olio evo q.b
  • Buccia e succo d’arancia, zenzero, aneto

Per preparare la tartar di coregone

Mettere a marinare il coregone pulito e spinato con sale, zucchero e gli aromi per almeno 18 ore. Toglierlo dalla marinatura, sciacquarlo e tagliarlo a tartar. Mettere in frigo in attesa di preparare il resto degli ingredienti e comporre il piatto.

Per il carpaccio di rapa rossa all’arancio

  • 1 rapa rossa
  • 1 rapa Chioggia

Lavare e pelare le rape con un pela patate. Tagliarle sottili con un’affettatrice e metterle a marinare in un dressing di soia, succo d’arancia e pepe. Il composto deve macerare nel dressing per almeno 20 minuti.

 Per il chutney di pompelmo

  • 2 scalogni
  • 3 pompelmi
  • 50 g di aceto bianco
  • 100 g di zucchero
  • Olio evo q.b.

Far dorare lo scalogno con dell’olio evo in una padella. Nel frattempo sbucciare i pompelmi curando di togliere tutta la buccia bianca amara, tenere tutto il succo che si produce durante la lavorazione, tagliare gli spicchi a pezzetti e aggiungerli in padella con lo zucchero. Sfumare con l’aceto bianco. Cuocere per 5-7 minuti, aggiungendo del brodo se necessario per completare la cottura.

Composizione

Procedere alla composizione del piatto aiutandosi con un coppapasta per la tartar, aggiungendo sopra le fettine di carpaccio di rapa rossa all’arancio e il chutney di pompelmo.

Tempo di preparazione 50 minuti

Il consiglio di Weekend Premium

Questo è un super piatto per la grande quantità di elementi nutritivi presenti, come il pesce e le rape rosse preservati, nella loro qualità, dall’assenza di cottura. Un piatto leggero e colorato da proporre nelle prossime feste.

INFO

Hotel Chalet del Sogno

Via Spinale, 37b, Madonna di Campiglio TN

www.chaletdelsogno.com

www.ristoranteduepini.com