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Sant’Agata dei Goti, una nave di tufo in un mare di gusto e falanghina

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Di Raffaele d’Argenzio.

Veduta aerea del centro storico di Sant’Agata

Per raggiungere Sant’Agata si costeggia la Reggia di Caserta, si attraversano i vanvitelliani Ponti della Valle e si approda su quella che appare come una nave di tufo che solca la valle, su cui svetta l’ampia vela del monte Taburno. Benvenuti alla porta del Sannio, che Sant’Agata dei Goti un tempo chiudeva e  difendeva  con la sua  fortezza, ma che oggi apre e accoglie con la forza del gusto e del vino falanghina.

Il percorso più comodo è quello che comincia uscendo dalla A1, al casello di Caserta Nord. La Reggia del Vanvitelli è a un passo, ma stavolta il nostro obiettivo è un altro: Sant’Agata dei Goti. Il suo nome ce la fa immaginare fra monti arcigni e gole, nelle terre dei Sanniti, quel popolo che fece penare i Romani tanto da umiliarli con le forche caudine.

Ma questa è storia lontana: oggi invece noi passiamo, nei pressi di Maddaloni, sotto le gigantesche arcate dei ponti Vanvitelliani dell’acquedotto Carolino, che dalle pendici del Taburno portava e porta l’acqua alla Reggia di Caserta. Una costruzione ardita, della seconda metà del ‘700, che ricordava i magnifici acquedotti romani, e che conquistò il primato come ponte più lungo d’Europa, con l’arcata più alta anche carrozzabile (ora chiusa).

Attraversato il ponte si sale verso le pendici del Taburno: siamo alle porte del Sannio. La strada ci porta ad un viale di platani che prosegue con un ponte che arremba quella che sembra una nave di tufo che solca la valle. La visione della parete che sorge da quello che una volta era l’alveo del fiume Martorano, ed oggi è solo un rigagnolo, è indimenticabile. Questo sperone tufaceo fu castrum romano, roccaforte dei Longobardi, che le diedero il nome di Sant’Agata, e poi dei Normanni della famiglia Drengot, tramutato poi in “dei Goti”. Per renderla più difendibile ed alta, si costruirono le case tutte legate alle altre, con piccole aperture come finestre. Oggi su questa splendida parete di tufo, che il tramonto colora di rosa, alcune improvvide verande o grezzi balconi sembrano picconate bestemmiatrici su un sacro affresco dipinto dalla  natura, che l’uomo aveva ingrandito con pennellate ispirate dalla Storia.

E quanta Storia si legge in Sant’Agata! In chiese e conventi, in labirinti tufacei e in scavi archeologici! Nelle vicinanze è infatti stato trovato il famoso vaso-cratere di Assteas, famoso artista-vasaio di Paestum, riproducente il mito di Europa. Vicinissima c’è l’antica Saticula, di cui ancora molto si deve scavare.

L’auto si lascia nel parcheggio chiamato “la fossa”, perchè scavata per trarne i blocchi di tufo per costruire il severo castello normanno, e poi si può visitare questo splendido borgo, bandiera arancione del Touring. A difesa dal castello c’era la porta di questa fortezza inespugnabile: oggi la porta è sempre aperta, anzi non c’è più, e la forza del borgo è l’accoglienza, con tanti ristoranti e qualche enoteca dove gustare il vino falanghina.

Entriamo nel centro. Le pietre bianche del selciato di via Roma brillano di pulizia: se i turisti e i santagatesi non sporcano è facile tener pulito.

Soffitto del Duomo

 

Palazzo San Francesco con Bandiera arancione del Touring Club

Dopo aver visitato le chiese, vale la pena prenotare una visita alla cantina Mustilli, situata in un antico palazzo del centro storico. Vi aiuterà anche a capire come sono fatti gli antichi palazzi, che hanno tutti cantine e gallerie scavate da cui sono state tratte le pietre usate per edificarli. La cantina Mustilli è certo la più importante di San’Agata ed è orgogliosa di aver rilanciato la falanghina del Sannio.

CANTINA MUSTILLI, centro storico, www.mustilli.com, 0823.718142

Tutto qui è abbastanza curato, anche i ristoranti gli agriturismi e i B&B.

B&B Agriturismo “LE ROCCE”. A tre km dal centro, ma in auto è un soffio. Ha camere belle e curate. Ottima posizione e una grande piscina. Colazione soddisfacente e grande simpatia dei proprietari, che producono anche marmellate biologiche.

Via Parco 82019. www.lerocce.it, tel.328.1698641

 

Ristorante  “ANTICO BORGO”. Si mangia anche nelle suggestive grotte scavate nel tufo. Cucina tradizionale.

Piazza Trieste 9, tel. 0823.717389

Agriturismo “BURO”. Con 50 ettari di terreno con coltivazione mista, produce molto di quello che offre ai propri clienti.

Via Pennino,15. www.agriturismoburo.it Tel. 0823.717006

Ecco la ricetta tipica della Lonza di maiale coi peperoni e patate 

Ingredienti: 400 grammi di lonza, 3 peperoni piccoli, patate di montagna, olio extravergine, sale e pepe. 

Preparazione: per prima cosa prendete i peperoni sotto aceto e sciacquateli con acqua fredda per eliminare l’aceto. Tagliateli ora a pezzi e fateli asciugare in padella. Aggiungete poi la carne di maiale tagliata a pezzettini ed una foglia di alloro. Coprite il tutto e fate cuocere per venti minuti.

Aggiungete infine le patate crude tagliate a fettine e procedete con la cottura a coperchio chiuso e a fuoco basso per circa un’oretta. Potete accompagnare questa pietanza con una fetta di pane casereccio e del buon vino rosso.

 

Agriturismo “L’APE REGINA”. E’ un’azienda agricola biologica, a 4 km dal centro, che produce olio ed altro, ma principalmente miele. Nel suo parco si trovano anche animali da cortile, un cavallo, un pony… I piatti sono preparati con prodotti bio, e la cucina è tradizionale dai sapori autentici.

Contrada Palmentata, www.agriturismoaperegina.it tel. 0823.956698.