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Odessa, la città ucraina che parla anche italiano

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Mentre l’esercito russo ha aumentato il numero delle sue navi nel Mar Nero, di fronte alla città di Odessa, vi raccontiamo qualche curiosità di questa splendida città, che più delle altre città ucraine “parla italiano”, al punto da essere conosciuta come “La Napoli del Mar Nero“. Non solo, Odessa è la quarta città più popolosa dell’Ucraina dopo Kiev, Charkiv e Dnipro ed è un importantissimo snodo portuale e commerciale.

Panorama di Odessa oggi

Proprio per questa sua posizione cruciale, ancora oggi è un crocevia di culture e ci vivono rappresentanze greche, armene, turche, georgiane, moldave, bulgare, romene e italiane. Anche le religioni presenti sono diverse, tra ortodossi, cattolici, ebrei e musulmani. Tuttavia, Odessa vanta un forte legame con l’Italia. Scopriamo insieme perché attraverso queste curiosità.

È stata fondata da un napoletano

Ebbene sì, Odessa è nata grazie a un napoletano di origine spagnola, José de Ribas, nato a Napoli nel 1749. A sedici anni entra nell’esercito napoletano e diventa in seguito ammiraglio al servizio della Spagna.

Josè De Ribas, fondatore di Odessa

Nel 1772 arriva in Russia con il grado di capitano e, nel 1783 entra al servizio del favorito dell’imperatrice Caterina, Grigorij Aleksandrovič Potëmkin. Promosso al grado di colonnello, partecipa alla conquista della Crimea per potervi costruire una nuova base per la flotta del Mar Nero.

Il generale Potëmkin, favorito di Caterina la Grande, zarina di Russia

Con lo scoppio della guerra russo-turca, tra il 1787 e il 1792, diventa ufficiale di collegamento tra il generale Potëmkin e l’ammiraglio statunitense John Paul Jones. È alla fine del 1789 che i granatieri al servizio di De Ribas si impossessano di Khadi Bay, un piccolo villaggio ottomano, dove sorgerà la città di Odessa.

Le truppe russe alla conquista del Mar Nero nel 1790

Al termine della guerra, infatti, De Ribas chiede alla zarina Caterina di farne di questo piccolo centro un porto e centro commerciale. L’imperatrice glielo concesse e firmò un editto, il 27 maggio 1794, in cui concedeva a De Ribas il permesso per fondare la città. Non solo, lo nominò anche “amministratore capo”. Il primo sindaco di Odessa fu quindi, un napoletano.

Caterina di Russia

La comunità italiana

De Ribas aveva chiamato la città da lui fondata Odesso, in omaggio alla vecchia colonia greca che si estendeva sulla costa. Fu la zarina Caterina, invece, a volgere il nome al femminile. La posizione strategica, tra il mare e la foce di grandi fiumi, tra cui in Danubio, fecero ben presto della città un luogo di incontra tra civiltà occidentale e orientale. Anche l’economia fu protagonista di un vero e proprio boom. Ben presto, a Odessa si costituì una colonia italiana che, nel 1850, contava circa tremila abitanti, tutti di origine meridionale. E il contributo di questa comunità allo sviluppo e all’economia non solo della città, ma anche dell’impero russo, fu determinante.

Diedero vita, infatti, a moltissime attività commerciali, tra sartorie, industrie alimentari, produzioni artigianali e, in particolare, di strumenti musicali. I napoletani, poi, detenevano il monopolio di ristoranti, pasticcerie e panetterie. Verso la fine dell’Ottocento, poi, Odessa adottò l’italiano come seconda lingua: i documenti, la segnaletica, i prezzi, i passaporti e molto altro erano scritti anche in italiano. Il peso della comunità italiana, tuttavia, diminuì progressivamente dalla seconda metà dell’Ottocento. Nel censimento del 1900, gli italiani rimanevano solo 286. Tuttavia, l’impronta che l’Italia ha dato alla città è evidente ancora oggi.

“O Sole mio” è nata a Odessa

Una delle più celebri canzoni italiane, conosciuta in tutto il mondo, “O Sole mio” è stata composta a Odessa, nel 1898, firmata da Eduardo di Capua e Giovanni Capurro. Di Capua, studente del Conservatorio di Napoli, si trovava infatti a Odessa, per seguire in tourneé suo padre Giacobbe, musicista dell’Orchestra napoletana. In un momento di nostalgia per la sua Napoli, si fece ispirare da una bellissima alba sul Mar Nero, che gli ricordava il Mediterraneo, così come il golfo della città ucraina quello di Napoli per comporre questa musica immortale.

Lo spartito di “O Sole mio”

Le parole, invece, furono scritte da Giovanni Capurro, giornalista e redattore del quotidiano “Roma” di Napoli. Il brano, inoltre, era anche un omaggio alla nobildonna Anna Maria Vignati Mazza, detta Nina, sposa del senatore Giorgio Arcoleo e vincitrice del primo concorso di bellezza di Napoli. “O Sole mio” viene poi presentato a un concorso musicale alla Festa di Piedigrotta, arrivando secondo e vincendo un premio di 200 lire.

Eduardo di Capua, autore della musica di “O Sole mio”

Da qui iniziò la sua fortuna. Il brano si diffuse infatti in tutto il mondo, soprattutto come inno tra gli emigrati campani, diventando patrimonio della musica mondiale. Tra i suoi interpreti più celebri ci sono Enrico Caruso, Elvis Presley, Luciano Pavarotti con i Tre Tenori.

Luciano Pavarotti, tra i celebri esecutori di “O Sole mio”

Architetture italiane

Armand du Plessis, duca di Richelieu e Governatore di Odessa, nel 1804 nominò architetto ufficiale della città il napoletano Francesco Frappolli, che diede un’impronta mediterranea alla città e realizzò, tra gli altri, i progetti della monumentale Opera di Odessa, alla cui crescita contribuirono artisti del calibro di Eleonora Duse, Tommaso Salvini ed Ernesto Rossi, e la splendida Chiesa della Trinità.

Il Teatro dell’Opera di Odessa

A Frappolli e al fondatore De Ribas sono poi dedicate due statue, una in via Deribasovskaya, opera dello scultore ucraino Alexander Knyaz, inaugurata per il bicentenario dalla città, e un busto nella zona del porto. Un’altra impronta italiana alla città è stata lasciata, poi, dall’architetto sardo Francesco Boffo, nato a Orosei nel 1796, a cui si deve il progetto dell’attuale sede del Museo d’Arte e dell’Hotel Londonsjaja, in stile rinascimentale.

Monumento al fondatore Jose De Ribas

Ma, soprattutto, Boffo partecipò, insieme al collega Avraam Mel’nikov, alla realizzazione di uno dei simboli di Odessa: la famosissima Scalinata Potëmkin. Progettata nel 1815, è stata poi realizzata tra il 1837 a il 1841. Costruita in lastre di marmo di colore grigio-verde fatte arrivare da Trieste, in origine doveva chiamarsi Boulevard a gradini, poi Grande Scalinata, poi Gradinata Richelieu. Anche le lastre, nel 1933, sono state sostituite con altre di granito rossa a causa dell’erosione. Attualmente, la Scalinata conta 192 gradini, di lunghezza variabile dai 21,7 della base ai 12,5 della cima.

La Scalinata Potemkin

La scalinata, poi, è l’immagine emblematica del capolavoro del cinema muto “La corazzata Potëmkin” di Sergej Michajlovič Ėjzenštejn del 1925, che racconta della rivolta di Odessa durante la Rivoluzione Russa del 1905. Qui viene ambientata la celebre scena dell’attacco dei cosacchi dello zar ai civili inermi e la famosissima sequenza della carrozzina che scivola già per la scalinata. In realtà, la strage di civili si verificò di notte nelle strette vie della città, ma girarla sulla celebre scalinata fu molto più suggestivo.

Molti di noi, tuttavia, hanno conosciuto “La corazzata Potëmkin”, grazie all’altrettanto celebre citazione di Paolo Villaggio nel libro e nel film “Il secondo tragico Fantozzi”, il primo del 1974 e il secondo del 1976.

Paolo Villaggio nella scena del “Secondo tragico Fantozzi” in cui cita la Corazzata Potemkin