WINE WEEKEND

Il Carso, dove la roccia ha un’anima, la vigna è eroica e i vini sono ribelli

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Di Raffaele d’Argenzio

Il Carso a luglio è stato aggredito dalle fiamme, ma le preziose vigne della Vitovska sono state salvate. Siamo abituati a sentire di boschi andati a fuoco e  sempre ci si stringe il cuore, ma in questa  drammatica estate, eccezionalmente calda, ci hanno aggredito le fiamme che hanno devastano il Carso, terra che abbiamo nel cuore, dove dalle rocce sgorgano vini preziosi come la Vitovska, del vitigno autoctono, che da sempre vive di roccia, di vento e del mare in cui si specchia.


Una terra diversa, rude e forte, come lo sono gli uomini che la coltivano, vignaioli rudi e forti che amano la loro terra,  dove le viti crescono sopra la roccia, ma anche dentro la roccia per trovarne la vera ricchezza:  quei sapori sapidi e  quel colore d’ambra che rendono unico il vino Vitovska. Il Carso, una terra da visitare, per capire e sentire questa forza che insegna a raggiungere i sogni.

Il Carso, profumi di terra e di mare

di Vittorina Fellin

Il Carso é la terra rossa, le pietre, il sale del mare, il sole e il vento che spazza ogni angolo. Un territorio estremo dove l’agricoltura diventa eroica e i protagonisti ribelli. Una terra di confine, che conserva in ogni pietra il ricordo di eventi spesso tragici, ma che saluta l’ospite con strette di mano genuine e di carattere. Il fascino di questa terra probabilmente risiede nel titolo che la scrittrice gallese Jan Morris ha voluto per il suo libro più noto, “Trieste and the meaning of nowhere”, che suggerisce come l’identità delle genti residenti sia qui sfuggente, un non luogo insomma che possiede però un’identità ben definita.

Un territorio unico 

Spazzato e rinvigorito dalle frustate del vento di Bora, il Carso, un microcosmo di appena 500 chilometri quadrati fra Venezia Giulia (provincia di Gorizia e Trieste), Slovenia e Croazia, è una landa meravigliosa fatta di pietraie e grotte che si insinuano fino alle viscere della terra. Ma quella che è una delle aree più scarse in Europa per fertilità del suolo, dove una geologia da leggenda vuole che l’acqua possa scorrere solo in canyon sotterranei (in Carso non ci sono torrenti, fiumi o laghi in superficie), è in realtà un territorio che da secoli offre ai suoi abitanti prodotti unici ed introvabili altrove.

L’agricoltura che si pratica nel Carso, degnamente chiamata eroica per il generoso atto di coraggio compiuto dall’uomo nel coltivarla, nonché per le condizioni ambientali estreme in cui viene praticata, regala prodotti di pregevole qualità. Come il miele di marasca (Presidio Slow Food) che deriva dal nettare dei fiori di ciliegio canino, il formaggio jamar affinato in grotta, i salumi da suini allo stato semibrado, l’olio extravergine di bianchera (o istarska bjelica, Presidio Slow Food) e soprattutto i vini Vitovska, Malvasia, Terrano e Refosco.


Vitovska, il vitigno autoctono più celebre è un’identità da preservare

Se il vino da queste parti è un’istituzione, la Vitovska, è la regina indiscussa delle tavole. Un vino dal colore giallo paglierino, dall’odore fine, delicato e fruttato si direbbe in una degustazione guidata, generoso e invitante per chi ne cerca le origini nelle terre rosse del Carso. La Vìtovska è l’emblema del territorio, un vitigno locale nato da un incrocio spontaneo tra la malvasia e la glera, gli altri due unici vitigni autoctoni a bacca bianca.


Da anni lʼAssociazione dei Viticoltori del Carso – Kras e i loro soci è impegnata nella tutela, valorizzazione e cura degli interessi della viticoltura e dei viticoltori della Provincia di Trieste e di alcune zone limitrofe e in particolare della Vitovska e della sua straordinaria identità.

I ribelli del carso e i vini di pietra

Chi produce vino sul Carso non corre il pericolo di offrire prodotti mediocri per far fronte all’aumentata richiesta degli ultimi anni. Gli appezzamenti di terra sono limitati, la terra è difficile da domare e i contrasti climatici non lasciano spazio all’improvvisazione. Chi lavora da queste parti è motivato e ispirato dalla conoscenza della propria terra e dal rispetto per quanto fatto prima di loro.


Sicuri e visionari i vignaioli del Carso perseguono una qualità del prodotto che li lega a doppio filo al territorio e non solo alle leggi del profitto globalizzato. Da anni investono ingenti mezzi finanziari in studi e innovazione, nella costruzione di cantine e in nuove tecniche di macerazione delle uve. Ognuno di questi ha una storia da raccontare, fatta di scarponi piantati nella terra rossa, di mani che raccolgono pietre per far posto ai germogli di vite, di mercati da conquistare con prodotti sconosciuti.

Ma oggi il Carso non è più quella terra nostalgica dalla quale sono partiti migliaia di emigranti alla volta del Nuovo Mondo. Quell’immagine seppiata dal tempo ha ben poco da spartire con la contemporaneità. Il Carso oggi è un luogo di modernità, visione e conoscenza, di mercati aperti nei luoghi più esclusivi. Oggi i vini del Carso partono alla volta del Giappone, degli Stati Uniti, dove sono apprezzati per la loro unicità.

Le Cantine del Carso, luoghi di straordinaria unicità

Nella profondità della pietra carsica vengono scavate le cantine che conserveranno i preziosi vini. Spazi rubati alle viscere della terra, come la cantina di Bjmin Zidarich (visite guidate su appuntamento) in località Prepotto nel comune di Duino Aurisina, che si incunea nel terreno scendendo decine di metri.

Un mondo sotterraneo dove, tra cunicoli e gallerie, prendono posto bottiglie importanti e vasche in pietra nelle quali si tengono a macerate le uve. Piccoli caveau che contengono gioielli preziosi siglati dall’anno di produzione e dal vitigno di appartenenza.


Poco sotto la proprietà di Zidarich, si trova quella di Skerk, l’altro visionario del gruppo. Nella sua cantina, ancora in divenire, si stanno plasmando gli spazi dedicati alla macerazione dei vini e si raccolgono le pietre che residuano per essere triturate e rimesse in circolo nel vigneto. Un’economia circolare perfetta che trova collocazione anche al prodotto di scarto.


Ma la Vitoska è anche legata al mare, oltre che alla pietra dei terreni difficili. A Muggia, località sul confine con la Slovenia, c’è un piccolo paradiso chiamato la Vigna sul Mar, dove Eugenio Urizich e la sua famiglia coltivano la loro Vitovska assieme ad altri vitigni autoctoni. Una piccola enclave di produttori, quelli del Carso, che ha saputo costruire una nuova idea di viticoltura, celebrata ogni anno dalla manifestazione Mare e Vitovska, giunta quest’anno alla 16° edizione.


Al Castello di Duino, l’Associazione dei viticoltori del Carso, presieduta da Matej Skerlj, ha chiamato a raccolta 29 produttori che qui hanno presentato il loro prodotto più rappresentativo.


La tradizione delle osterie osmiza nel Carso

Se appena fuori città, salendo la strada verso il Carso, vi capita di imbattervi in una frasca verde, ovvero un ramo d’albero non ancora secco appeso ad un incrocio o all’imbocco di una via, seguitela senza indugio perché vi condurrà ad un’osmiza, un locale tipico dove è possibile consumare e acquistare i prodotti del contadino che ve li serve. Ma attenzione, siate svelti perché rimangono aperte solo otto giorni, tanti quanti la frasca appesa impiega normalmente a seccare.


Questi locali a conduzione familiare, si devono alla dominazione austriaca, quando nel 1784 il governo concedeva ai contadini la possibilità di vendere direttamente al pubblico i propri prodotti, per un periodo di appena otto giorni consecutivi. Il nome osmiza sembra infatti derivare dallo sloveno osem, cioè otto.


L’ambiente è solitamente spartano ma genuino, poche panche e tavoli di legno, dove è possibile consumare ottimi taglieri di salumi, formaggi, uova, sottaceti. Tutto fatto in casa e accompagnato dall’immancabile vino domacio, cioè del contadino, anche se oggi il vino offerto è sempre un ottimo Terrano e Refosco e i bianchi Vitovska e Malvasia istriana.


Non è raro che i tavoli siano disposti nei cortili delle abitazioni dei contadini, in mezzo ai prati tra viti e ulivi o sotto ad un pergolato in una terrazza con vista mare. Alla poesia della frasca verde oggi si è affiancato anche la tecnologia di internet dove è possibile consultare il periodo di apertura delle circa 50 osmize disseminate nel Carso triestino (www.osmize.com).

Ma il nostro viaggio non finisce qui. Nella prossima puntata vi parleremo di Trieste, la capitale del Carso, dove ci portano i mille sentieri sotterranei e misteriosi.