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Dopo la pizza, anche l’Aceto Balsamico Tradizionale potrebbe diventare “Patrimonio dell’Umanità” UNESCO

Lo chiamano “Oro Nero” ed è uno dei prodotti più invidiati e imitati. È l’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena, insignito della DOP (Denominazione Origine Protetta) nel 2000 e dell’IGP (Identificazione Geografica Protetta) nel 2009.

Dopo la pizza, o, meglio l’Arte dei Pizzaioli Napoletani, diventato Patrimonio Immateriale dell’Umanità nel 2017, anche l’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena potrebbe entrare a fare parte della prestigiosa lista dell’UNESCO.

La proposta è stata lanciata dal Gran Maestro della Consorteria del Balsamico Tradizionale Maurizio Fini in occasione del discorso inaugurale del 53° Palio del Balsamico di Spilamberto (MO). Un appello lanciato ai sindaci dei Comuni che ospitano le acetaie comunali, invitati a unirsi in un “territorio balsamico”, alle istituzioni e alle realtà industriali che ruotano attorno alla produzione del prezioso “oro nero” per intraprendere insieme il percorso per riconoscerlo “Patrimonio Culturale Immateriale” dell’UNESCO.

L’Italia può proporre a Parigi, sede dell’UNESCO, una sola candidatura all’anno. Da quando ha ratificato la Convenzione, nel 2007, sono diventati Patrimonio Culturale Immateriale dell’Umanità: l’arte dei muretti a secco (2018), l’arte dei Pizzaioli Napoletani (2017), la falconeria (2016), la pratica agricola tradizionale della coltivazione della vite “ad alberello” di Pantelleria (2014), la celebrazione delle grandi strutture processionali a spalla (2013), la dieta mediterranea (2013), la liuteria tradizionale cremonese (2012), il canto a tenore sardo (2008) e l’arte dei pupi siciliani (2007).