Weekend Italy

Colli Euganei: strade del fuoco, dell’acqua e del vino

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Strani ed affascinanti, i Colli Euganei sbocciano nella pianura padana, appena sotto Padova, e sono attraversati dalle strade di fuoco dei vulcani che li hanno creati, dalle strade d’acqua dei canali e da quelle del vino che ne ricamano i pendii con i loro vigneti. Ricordando il Petrarca e le giuggiole, castelli e collezioni d’armi, terme e geotermia, ma anche ricette locali e vini…vulcanici.
Usciamo al casello Padova Ovest, della lunga striscia grigia dell’A4, e poi puntiamo su Abano Terme. Il navigatore non ha esitazioni e ci porta a Via Monte Ricco 1, è qui che ci accoglie l’Hotel Abano Ritz, con i suoi 50 anni di successi, e il sorriso luminoso ma deciso di Madame Ida, che lo dirige e custodisce, discendente dalla famiglia che lo ha costruito proprio 50 anni fa. Bisognerebbe dire che tanti anni non li dimostra, invece sì ed è il suo bello, ricordando i Grand Hotel di una volta, i cui arredi erano opere d’arte e i loro clienti erano  come ospiti in una casa amica.
Invece spesso oggi sentiamo urgente il desiderio del calore delle nostre case, per sfuggire al freddo di alcuni alberghi di tendenza che in onore del design sacrificano il calore dell’ospitalità.
Grandi saloni, personale gentile, clienti di classe, terme e piscine calde all’interno ed esterna, sembra tutto costoso, invece se si sanno scegliere i pacchetti e i tempi giusti è un lusso sostenibile.
Un bagno in piscina, un massaggio, una visita alle vasche con il miracoloso fango generato da quelle strade di fuoco sotterranee che sfiorano il cuore della Terra e sgorgano proprio qui fra questi colli, portandoci  in dono sostanze benefiche. D’altronde non  si dice che è proprio dal fango che nascono i fiori più belli?
Ma ora è tempo di uscire, di conoscere il territorio, con questi strani colli sorti nella monotonia della pianura padana, ma senza violenza (infatti non sono mai esplosi), come a dare i benefici della roccia vulcanica ma senza dare  alcun disturbo, con classe e generosità.
E mentre cala la sera, ci troviamo al Taparo, trattoria elegante, che ci fa assaggiare risotto con le erbette selvatiche di campo e un percorso di vari tipi di baccalà, tra cui il buonissimo mantecato. Non ricordo altro, se non la promessa di Nicola di inviarci la ricetta del “piccione torresano”, quello che nidificava fra i merli delle torri di Torreglia, paese in cui si trova la trattoria.

PRIMO GIORNO

ARQUÀ PETRARCA, POESIA E GIUGGIOLE. Nell’anno dei borghi, non potevamo non fiondarci a visitare uno dei borghi più belli, quello di Arquà Petrarca, fu qui che il poeta Francesco capitò perché i Cassaresi, signori di Padova, gli diedero una casa per trascorrervi qualche tempo per rilassarsi (1369), ma vi si trovò talmente bene che si occupò della sua ristrutturazione e vi abitò fino alla morte, nel 1374, insieme alla sua famiglia. Oggi vi si può vedere ancora la sua sedia e la sua libreria e naturalmente il panorama che all’incirca è rimasto lo stesso. Alle pareti, scene che rappresentano le sue opere.

Ma oltre alla poesia del Petrarca, in questo borgo c’è anche un’altra protagonista, la giuggiola, che proprio qui ha trovato il miglior palcoscenico per il suo rilancio. Questo frutto di piccoli alberi arbustivi ci incuriosisci anche per il detto andare in “brodo di giuggiole”, e questo brodo anticamente derivava dalla fermentazione dei frutti, cui veniva aggiunto dello zucchero, che forse diventava alcol, divenendo così un liquore che dava ebbrezza anche ai poveri contadini di quei tempi, mandandoli appunto in brodo di giuggiole. Oggi è un liquore, cui si aggiungono marmellate e giuggiole sotto spirito. Non si resiste alla tentazione di portale a casa.

VALSANZIBIO, VILLA BARGARIGO. Da visitare è senz’altro il complesso monumentale di Valsanzibio, cui nel 1600 vi si arrivava con le barche attraverso la Valle da pesca di Santo Eusebio (da cui il nome Valsanzibio), e qui si trova un giardino monumentale molto bello e interessante. Fu voluto dal nobile veneziano Bargarigo, di cui il figlio Gregorio divenne prima vescovo e poi santo. E fu proprio Gregorio Barbarigo che volle in questo giardino un percorso allegorico che porta l’uomo dall’errore alla verità. Da vedere è il labirinto di  piante di bosso, l’isola dei conigli e poi le parti di bosso alte fino a 5 metri, e vari alberi  che fecero arrivare da tutto il mondo. Importante è il giardino, la villa molto meno. Importante è ancora seguire i percorsi con attenzione per scoprine i significati.

VILLA BEATRICE D’ESTE, MONTE GEMOLA. Un’altra tappa suggestiva è quella sulla cima di monte Gemola, dove si trova la villa-convento in cui si ritirò la giovane principessa Beatrice d’Este, dei signori d’Este, diventando monaca benedettina e fondando una comunità di clausura. Oggi il convento ospita il museo naturalistico del territorio, ma conviene telefonare per accertarsi che sia aperto. Ma comunque la visita è ugualmente interessante per il panorama, per le pietre vulcaniche e per i filari di viti che sono state piantate quassù proprio per produrre uno di quei vini vulcanici che traggono proprio da queste rocce sapori, sostanze e profumi derivanti da quelle Strade di fuoco dei vulcani che qui diventano Strade del Vino.

MONSELICE: IL CASTELLO, LA VILLA E  LE SETTE CHIESE. Dobbiamo ammetterlo, questo borgo non lo conoscevamo e non ce lo aspettavamo. Lambito dal canale Bisatto, una delle strade di acqua che mettono in comunicazione i Colli con Padova e Venezia, Monselice possiede varie ville, il Castello Cini e villa Duodo con il Santuario giubilare delle sette chiese. Forse l’unico esempio di santuario che poteva accordare ai pellegrine le indulgenze visitando le sette cappelle, come potevano averle visitando le sette basiliche maggiori di Roma. Fu la famiglia Duodo ad ottenere questo privilegio nel 1605, forse minacciando Papa Paolo V di far passare tutto il territorio della Serenissima, allora molto vasto, dalla parte di Lutero. Villa Duodo è importante anche perchè fu realizzata da Vincenzo Scamozzi (erede del Palladio), ma quello che ci stupisce di più è il castello, conosciuto come Castello Cini, dal nome dell’ultimo proprietario che lo fece restaurare ed arredare con mobili d’epoca e lo arricchì con la collezione d’armi più fornita d’Italia.

FINE DEL PRIMO  GIORNO. Il primo giorno del nostro weekend è finito, ma a breve vi racconteremo il secondo con altre scoperte sulle strade del fuoco, dell’acqua e del vino dei Colli Euganei.