Vanni Oddera è campione di motocross freestyle. Ma è anche campione di altruismo. Perché questo ragazzo con la passione delle due ruote si è inventato un modo tutto particolare per aiutare gli altri: la mototerapia. Vanni fa salire in sella bambini e ragazzi disabili, autistici o con gravi patologie. E riesce a farli sorridere, mettendo loro le ali ai piedi.
Vanni Oddera ha il cuore grande. Grande il doppio del normale, e una patologia molto rara, la Sindrome di Kartagener. “Significa che ho il cuore a destra anziché a sinistra, e tutti gli organi invertiti: il fegato al posto della milza, i reni spostati, così come i lobi del cervello, e il sangue circola in maniera contraria”, spiega.
L’ha scoperto per caso, a 12 anni, dopo essersi sottoposto a un elettrocardiogramma per iscriversi a un corso di pattinaggio artistico, un’idea di sua madre per tentare di distrarlo dalla passione che aveva fin da bambino: le moto. Una passione che né il situs viscerum inversus, né le preoccupazioni della mamma hanno fermato, perché Vanni ha fatto di quello che poteva essere un punto debole il suo punto di forza.

Una “vita spericolata” la sua, che l’ha portato a volteggiare in sella a una moto da cross a 30 metri di altezza, a saltare, a esibirsi in giri della morte, e a diventare campione di motocross freestyle a livello nazionale e internazionale. Fino alla svolta che, come racconta nel suo libro “Il grande salto. Come ho capito che l’amore per gli altri rende felici” (Ponte delle Grazie), lo porta a realizzare il progetto di Mototerapia, dedicato a bambini e ragazzi disabili, autistici o con gravi patologie. Vanni Oddera fa salire questi ragazzi in moto, li fa volare, li fa sorridere, mette loro le ali quando sembra le la malattia gliele abbia tranciate.

E, se i ragazzi non possono andare da lui, va lui da loro in ospedale, naturalmente in moto (elettrica), portando il suo progetto Freestyle Hospital. Nel marzo 2020, grazie a uno studio dell’Ospedale Regina Margherita di Torino, vengono ufficialmente riconosciuti i benefici della Mototerapia sui pazienti oncologici.

Vanni Oddera è stato uno dei primi sostenitori della mia idea di voler aiutare questi ragazzi dalle ali fragili che oggi è diventato Weekend Dreamers. L’ho conosciuto a un convegno, mi ha dato il suo numero. E quando nessuno sembrava volermi “aiutare ad aiutare” realizzando i sogni di viaggio dei ragazzi più fragili, l’ho chiamato e lui mi ha risposto. Non solo, mi ha fatto conoscere Davide, Jacopo, Francesco, Eleonora, Veronica, Chiara, Ilaria, i nostri Weekend Dreamers e mi ha permesso di catturare i loro sogni e di aiutarli a realizzarli.

Perché, secondo te, quando cercavo collaborazione per realizzare il progetto Weekend Dreamers ho trovato così poco aiuto?
“Credo perché, come per ogni cosa nuova che nasce, le persone all’inizio non ci credono, non danno valore alle idee. Ancor più se si esce fuori dagli schemi, come portare i disabili e i malati in moto. Poi, l’Italia è il paese della burocrazia e delle conoscenze e questo non aiuta. Però non bisogna mai arrendersi, ma credere in quello che si fa e andare avanti”.
Perché invece tu hai appoggiato Il mio progetto di aiutare questi ragazzi a conoscere questo mondo che loro amano tanto anche se per loro è un mondo difficile?
“Ti ho aiutato perché ho subito capito che sei una persona buona, un po’ speciale, un sognatore, e che la tua idea del viaggio weekend era strepitosa per i ragazzi. Consentire loro di realizzare un sogno, di viaggiare, di vivere un’esperienza nuova non solo li solleva dalle difficoltà quotidiane, ma dà loro la forza di capire che la malattia, la disabilità non deve essere un limite. Certo, si fa più fatica, ma niente è impossibile se lo si vuole”.

Tu hai aiutato me, e quindi WEEKEND DREAMERS a cominciare, ma tu come hai cominciato?
“Era il 2008, ero a Mosca e avevo appena partecipato a una gara importante. Stavo andando a una festa, mi ero vestito bene e mi ero messo in tasca una manciata di banconote. Ho chiamato un taxi e quando sono salito c’era una puzza terribile. Mi sono accorto che l’autista era senza gambe e che era incontinente, ma lui non chiedeva la pietà di nessuno. Per me è stato come ricevere uno schiaffo. Gli ho dato tutti i soldi che avevo e sono tornato in albergo. Sono scoppiato a piangere, poi, appena tornato a casa, ho chiamato un amico che lavora in un centro per disabili e mi sono proposto di aiutare. È nata così l’idea della Mototerapia, che ho portato avanti credendoci con tutto me stesso”.

Qual è la spinta che ti fa andare avanti che ti dà tanta energia che poi sai trasmettere a questi ragazzi?
Il sorriso negli occhi che questi piccoli guerrieri hanno durante le giornate con me. Sono saliti in moto ragazzi tetraplegici, altri con la sindrome di down o malati oncologici, senza distinzioni. Ho fatto Mototerapia con i bambini di ematologia e oncologia dell’Ospedale Gaslini di Genova e del Regina Margherita di Torino. Bambini talmente fragili che non li fanno nemmeno uscire in giardino, invece davanti a una moto urlavano di felicità, facevano le giravolte…”

Perchè ti vogliono tanto bene?
“Perché credo di essere genuino, vero, e loro lo sentono. Ma, soprattutto, perché li tratto come tratto tutti non come diversi o malati. Quando mi vedono in tuta, poi, mi percepiscono come un supereroe “che vola” e si fidano ciecamente”. Poi salgono sulla moto e provano emozioni mai provate prima, come se volassero”.

Tra i nostri Weekend Dreamers avrebbe dovuto esserci anche Veronica Franco, che sognava di andare a Disneyland Paris. Veronica ci ha lasciato, ma un suo grande sogno è riuscita a realizzarlo, grazie a te: aveva una voce straordinaria e l’hai portata a “”Tu sì que vales”. L’emozione di quel giorno?
“Veronica quel giorno ha esaudito il suo più grande desiderio, quello di fare sentire la sua meravigliosa voce nella sua indimenticabile interpretazione di “Halleluja”. La giuria era commossa e anche io piangevo come un bambino”

Tu riesci a scuoterli, a dare loro tanta energia, a fargli fare delle cose pazze. Qual è stata la cosa più pazza che hai fatto con loro?
“Farli saltare in moto con me”

Quale quella che farai?
“I miei progetti futuri sono top secret, ma per ora te li sussurro nell’orecchio senza che ci sentano, anzi potremmo realizzarli insieme…Chissà che oltre alla Mototerapia non nasca anche la Viaggioterapia”