Nuovi locali e specialità per i Ristoranti del Buon Ricordo: perché non provarli tutti?
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Ristoranti del Buon Ricordo – abbiamo avuto la fortuna di provare tutte le nuove specialità del consorzio dei Ristoranti del buon ricordo. Quest’Unione, quasi di fratellanza e di rispetto reciproco tra ristoratori, ci ha riempito il cuore… e lo stomaco.
Ma non solo: riuscire ad assaporare i sapori intensi, raffinati, complicati di diverse regioni di Italia, ed il fatto che il tutto sia riconosciuto, conclamato, ufficializzato, ci ha dato un’idea.
Perché non fare un tour di tutti i ristoranti del Buon Ricordo, weekend per weekend, scoprendo piatti che sono massima espressione della territorialità, ma uniti dallo stesso modo di fare ristorazione? Sarebbe un modo per percepire il filo rosso che unisce i sapori e la cultura del nostro paese, fiero delle sue diversità, non più in competizione con se stesso.
Diventano 108 i locali dell’Unione Ristoranti Buon Ricordo, che dal 1964 si fa bandiera della cucina regionale italiana: 7 new entry, 4 nuove specialità, 12 nuovi partner.
Questi sono i nuovi locali che entrano nell’Unione dei Ristoranti del Buon Ricordo.
La Locanda Capolago di Colico (Lecco)
Torcolo (Verona),
La Fratta di Verucchio (Rimini),
Romanè e Trattoria Santa Pupa (Roma),
Al Pescatore di Gallipoli (Lecce).
Stefano Callegari, Chef Romano, aggiunge una nuova specialità alla mappa dei ristoranti del buon ricordo
Da Nord a Sud sono questi i nuovi ristoranti che entrano a far parte della prima associazione di ristoratori nata in Italia.
Mangiare queste specialità è un’esperienza, un viaggio nella tradizione, o meglio: un viaggio nel modo contemporaneo di ricordare la tradizione.
“Si riscoprono antichi sapori dimenticati, ma se ne gustano anche di nuovi sapientemente composti” – conferma Cesare Carbone– presidente dell’Unione. “Unione che – continua- non è solo tutela della tradizione gastronomica del Bel Paese, ma anche e soprattutto valorizzazione in chiave contemporanea di queste radici. Guardiamo avanti, e ciascuno di noi contribuisce a traghettare nel futuro la gastronomia della sua terra.”
“Hostaria Baccofurore 1930”, Furore (Salerno), con una delle nuove specialità: “Ferrazzuoli alla Nannarella”. Tipica pasta di Gragnano condita con pesce spada affumicato e pomodorini del piennolo. Il profumo è quasi quello della provola affumicata, ma il sapore è un’esplosione di dolcezza, con la consistenza della pasta al dente che si unisce alla carnosità e al sapore del pesce affumicato. Un connubio meraviglioso.
Il gruppo fu fondato nel 1964 da uno storico comunicatore italiano, per salvaguardare e valorizzare lo straordinario mosaico delle tradizioni gastronomiche del nostro paese, che fossero “sconosciute o neglette” o a rischio di estinzione. Ciò che poi ufficializza l’unione sono gli splendidi piatti dipinti a mano che riportano il nome della specialità e del ristorante dove gustarla.
Per ulteriori informazioni visitate il sito buonricordo.com. Ci sono tutte le informazioni per ritrovare in maniera precisa i ristoranti e le specialità e perché no, organizzare i vostri weekend per provarli tutti.
Ristorante “La Fratta”. Passatelli con ragù di coniglio, fonduta di formaggio di fossa e erbette di stagione.
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Editoriale
Ma chi sono io??
21 aprile 2025, Papa Francesco ci ha lasciati
Ma chi sono io per parlarne? Per parlare di un Papa non me la sento, ma di Bergoglio come uomo posso tentare, e infatti quando mi hanno avvertito che ci aveva lasciati, il primo aggettivo che mi è nato dal cuore è stato umano, infatti l’ho sempre sentito vicino, come un padre o un fratello.
Ma chi sono io per ricordarlo?
In verità un ricordo mio ce l’ho. Il 12 marzo del 2013, nel baretto di via Ferrucci, a Milano, dove ogni mattina Giuseppe mi aspettava con un caffé lungo ed una brioche scaldata per 10 secondi. Come ogni mattina lì leggevo il Corriere e scambiavo pareri e notizie con l’arguta salumiera e il pretenzioso ingegnere, mentre Giuseppe ai caffé aggiungeva saggezza e cultura che non t’aspettavi. Quella mattina si parlava del futuro Papa che avrebbero eletto l’indomani. “Ci vorrebbe un Francesco, più vicino alla gente e più lontano dal Vaticano…” Non so se le mie parole furono esattamente queste, ma il senso fu preciso: alla Chiesa occorreva un Francesco.
Quando l’indomani Bergoglio annunciò di volversi chiamare Francesco, al baretto mi guardarono con sospetto, da chi potevo averlo saputo ben un giorno prima? Forse qualcuno se lo chiede ancora adesso, ma quella mattina Giuseppe mi preparò un caffé sublime.
Ma chi sono io per continuare a parlarne?
Una cosa, però, voglio ancora dirla, non dimenticheremo questo Papa che ha saputo scendere fra la gente, come ha saputo scendere nelle baraccopoli di Buenos Aires, e nel suo gregge ha saputo accogliere gay e divorziati. E che quando ha sentito che stava per lasciare questo mondo terreno ha voluto spogliarsi di tiara e ingombranti vestimenti papali, per dirigersi verso il mondo dell’anima sulla sua sedia a rotelle con un poncho e normali pantaloni: come un uomo, come Francesco. Indicandoci una strada.
Ma chi sono io?
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