di NICOLA D. BONETTI
Un sogno inseguito da tempo in diverse parte del mondo, che diventa realtà in un luogo magico, incredibile, dove il rapporto con la natura si fa improvvisamente difficile. Un’avventura che continuerò comunque a consigliare, anche ai miei figli
Giramondo di fatto e girovago di testa, sono da sempre avvezzo ad assecondare la curiosità geografica, purché in luoghi poco (o per nulla frequentati). Ho esperienze di viaggio di vari generi in diversi continenti, spesso guidando mezzi fuoristrada: come tutti i soggetti analoghi, sono sempre convinto che il luogo più coinvolgente sia la meta, magari non ancora decisa, del prossimo viaggio.
Però, a questo punto c’è sempre un però: quando mi chiedono quale sia il luogo imperdibile che consiglierei di getto, anche se in pochi istanti mi scorrono davanti agli occhi immagini di paesaggi meravigliosi, scartando a fatica il Sudafrica, vari deserti e le Ande, la risposta è: l’Islanda.
Motivazioni semplici e occulte
Risposta che ripeto da qualche tempo: ci sono stato diverse volte, la sua geodiversità è la prima ragione, sostenuta anche dalla scarsità di popolazione, ma la motivazione profonda è nella particolarità dei paesaggi che variano in continuazione. Saranno stati gli studi universitari di geologia, in quell’isola si nota “il mondo giovane”, nato da poco e ancora in crescita, specchio di riflessioni che coinvolgono un concetto quasi filosofico di futuro.
Questo fino a quando mi è capitata una “missione invernale” che per logica sarebbe stata da rifiutare. Se non avesse rappresentato per me valore aggiunto inestimabile: la concreta possibilità di vedere l’aurora boreale, quelle “Northern lights” ricercate spingendomi dagli estremi della Lapponia al Nord del Canada, ma fino ad allora solo fugacemente intraviste sorvolando la Groenlandia e mai potute apprezzare da vicino. Dopo quest’ultimo viaggio islandese la risposta è più dettagliata: non solo l’isola, ma un particolare albergo, nell’interno.
Una nuova Land Rover
Già dal nome che, consolidato dal 1948 ma che ha forse perso in termini di comunicazione il significato letterale di “colui che vagabonda sulla terra”, è l’auto adatta. Nel caso specifico si tratta di una Discovery Sport, debitamente attrezzata con pneumatici invernali e chiodati, perché non si scherza con gli elementi.
La meta non è particolarmente turistica: stavolta non ci saranno avventure tra vulcani e ghiacci, laghi e geyser, baie delle balene, cascate e guadi. Dall’aeroporto di Keflavík, lambiamo la capitale Reykjavík seguendo al costa occidentale dell’isola, per dirigerci verso l’interno vicino alla centrale geotermica di Nesjavellir.
Luoghi dove la sensazione è di essere su qualche pianeta, come erano immaginati nei film di fantascienza degli anni ’70: il vapore si mescola alla sospensione della neve polverizzata dal vento, caduta abbondantissima la notte precedente. La neve scricchiola sotto i copertoni ma appare battuta, e al volante di una Land ci sentiamo sicuri.
Luci nel buio
In inverno la sera scende presto, scorgiamo appena qualche paesaggio mentre tutto diventa bianco attorno a noi ma anche sopra. Il vento si fa intenso e solleva la neve. L’ultima visione pochi istanti prima dell’arrivo è la costruzione che appare a sbalzo sul nulla, con le luci che la fanno sembrare un’altra stazione spaziale. La struttura avveniristica dell’ION Adventure Hotel (www.ioniceland.is ) sorprende, non meno dell’accoglienza, calorosa e cordiale.
Una piccola piscina scoperta è proprio sotto il corpo principale, che ci sconsigliano non essendo ancora del tutto riscaldata. Ma non resistiamo anche se il vento è terribile: appena tolte le ciabatte queste partono come proiettili sparendo nel nulla.
Un paio di vasche, non di più: è davvero fredda ma sempre meno dell’aria attorno. A pochi passi c’è la sauna che sembra scottare più del solito. Un po’ di relax in camera, arredata con gusto tra design ricercato e gusto nordico, prima di scendere a cena.
Desiderio esaudito
L’hotel ION è un luogo particolare: ricercato per matrimoni esclusivi, è una base per escursioni nella buona stagione, ma la sua posizione – è stato edificato su lava e rocce ricoperte da un spesso strato di muschio – sembra essere tra le più indicate per ammirare l’aurora boreale.
Ci informiamo dalla proprietaria (l’hotel è una sua creazione), e sembra che ci siano buone possibilità di vedere le “luci verdi danzanti” nel corso della serata. Dopo la cena infatti, grida all’improvviso: “Northern lights!” ma non allude al nome del bar dell’hotel: sono proprio loro. La signora balza su un tavolo per ammirarle meglio e far capire a tutti. Dopo un primo sguardo decido di rischiare, salgo di corsa in camera, afferro giubbotto e guanti ed esco all’aperto.
Il remoto desiderio si materializza: l’aurora boreale scatena una danza verde davanti agli occhi estasiati, mostrando a lungo l’incredibile creatività della natura. L’emozione è fortissima, resto ad ammirare le luci incurante del freddo e del vento fino a quando non si affievoliscono. Senza nemmeno pensare di fotografarle o filmarle: è un’esperienza da vivere e nulla renderebbe mai merito allo spettacolo.
Il risveglio
La notte è trascorsa tra l’emozione e il vento che sembra smuovere la solida costruzione: occorre alzarsi con il buio per esplorare i dintorni sfruttando le poche ore di luce.
Ma la natura, graziosamente concessasi ai nostri sguardi poche ore prima, ha pensato che non meritassimo altre agevolazioni. Il vento è esageratamente forte, la neve polverizzata inibisce la visibilità, la Land Rover è ricoperta di ghiaccio come se fosse stata sotto una cascata magica.
Le informazioni – sempre indispensabili in Islanda – avvisano che le strade interne sono state chiuse perché la tempesta non calerà per tutto il giorno e peggiorerà in serata.
Inferno bianco
Si cambia programma, partendo direttamente per la capitale, ma la situazione si fa presto drammatica. Il motore, raffreddato dal vento, non va in temperatura, quindi non esce aria calda dal climatizzatore. La visibilità è minima, anche sotto i due metri e il vento sposta l’auto anche mentre vorrei stare fermo. Con altri mezzi improvvisiamo un piccolo convoglio, assistiti da una rude Land Rover Defender attrezzata a spazzaneve.
Dopo sei ore con gravi rischi, tra infinite soste al gelo e minimi avanzamenti abbiamo percorso poco più di una quindicina di chilometri. Negli ultimi tratti, con meno neve sollevata dal vento, scorgiamo varie vetture, comprese grosse fuoristrada anche ben preparate con pneumatici da big-foot, finite fuori dalla traccia: adagiate lungo le scarpate o nei campi sottostanti e lì abbandonate. I mezzi di soccorso sono cingolati oppure massicce scavatrici gommate e con catene.
Torno bambino
Tutte le strade in uscita dalla Capitale sono sbarrate. Mi rendo conto che è andata davvero bene, sentendomi al sicuro al raggiungimento della costa, dove il vento solleva l’acqua del mare ma finalmente non più la neve.
L’ultimo tratto verso Reykjavík ci permette di riconciliarci se non con il clima dell’isola, comunque ben più mite che all’interno, almeno con quello dell’auto: e il riscaldamento funziona. Trovando un luogo adatto, mi metto a “giocare” con la vettura, buttandola di traverso e correggendo le sbandate come si usa nella guida nordica. In realtà esercizi che pratico fin da ragazzo tutte le volte che posso: piacere prima precluso per l’assenza di visibilità. Infine in città si costeggia la massiccia costruzione Harpa: la concert hall presto diventata un simbolo architettonico della capitale.
Quattro passi
Essendo partiti di fatto ancora di notte, arriviamo nella capitale con ancora un minimo di luce. Lasciata l’auto e i bagagli in albergo, all’Hotel 101 che esternamente sembra una vecchia centrale di polizia di qualche Paese dell’Est ma all’interno è confortevole. E soprattutto è in posizione strategica: si esce a piedi per camminare in centro. La temperatura, essendo protetti dal vento, è assolutamente accettabile: poche gocce di pioggia non danno fastidio e mi sento addirittura troppo coperto.
Passeggio anche lungo Laugavegur, la via dei negozi allestite per le feste natalizie, e mi spingo davanti alla chiesa principale Hallgrímskirkja, unico edificio alto della città. La cui architettura ricorda le colate laviche “a colonne” ma è cordialmente brutta: almeno in quel momento proiettano sulla facciata le immagini di un vulcano in eruzione.
Ma non saranno queste a rimanere nella mia mente: il sogno di vedere l’aurora boreale si è materializzato, restando impresso in modo indelebile nella memoria. Con la soddisfazione integrativa dello spettacolo della natura che il giorno seguente ha celato l’Islanda ai miei occhi. Radicando la convinzione che fosse il prezzo da pagare per aver visto troppo nella magia di quell’incredibile notte nordica, per pochi privilegiati.
INFO
LA “COMPAGNA” DI VIAGGIO
L’auto ci è piaciuta: elegante e guidabile, è spaziosa e compatta, pratica e dinamica. Incarna il ruolo dovuto al doppio nome Discovery Sport e si conferma all’altezza del doppio cognome Land Rover.
Tecnologicamente avanzata, dall’infotainment alla sicurezza, con diversi sistemi di assistenza: Wade sensing che misura la profondità del guado, Hill descent control che mantiene la velocità predeterminata in discesa, Gradient release control che rilascia i freni progressivamente nelle partenze in salita, Roll stability control per limitare il rischio di ribaltamento, Dynamic stability control che corregge sovra e sottosterzo con azione sulla coppia motrice e sulle singole ruote, Electronic traction control che limita lo slittamento, Engine drag torque control che impedisce il bloccaggio delle ruote in caso di eccessivo freno motore con scarsa aderenza mediante l’aumento della coppia alle ruote.
E uno specialistico per la mobilità su qualsiasi fondo, chiamato Terrain Respose: utilissimo nella nostra missione. Con motori a gasolio o a benzina entrambi mild hybrid, e a benzina plug-in hybrid, con prezzi da 39 mila a 67.350 euro.
SCHEDA TECNICA
Dimensioni: 460/207/173 cm
Potenza: 180 CV a 4.000 giri
Coppia: 430 Nm da 1.500 giri
Velocità massima: 220 km/h
0-100 km/h: 7,7 secondi
Consumo medio: 7,6 l/100 km (13,1 km/l)
Emissioni di CO2: 199 g/km
(Versione D180: 2.0 Diesel)