Le Galapagos: sulla linea dell’equatore ma con i pinguini (seconda parte)

Riprendiamo da dove eravamo rimasti il meraviglioso viaggio alle Galapagos, se ti sei perso la prima parte, puoi leggerla qui.

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Sì, ci ero stato già due volte, ma ci sono tornato e la terza volta ho deciso di alloggiare sulle isole abitate, per scoprire le condizioni di vita di quelle migliaia di coloni che le popolano, spesso additati come pericolosi intrusi nel paradiso naturalistico. Già perché le Galapagos sono abitate dalla metà dell’Ottocento, quando qui vennero deportati ergastolani, ladri e assassini, in quella che fu una delle colonie penali più crudeli dell’America Latina, chiusa solo nel 1959.

Puerto Villamil: il borgo dei pescatori

Il luogo che mi è piaciuto di più è Puerto Villamil, piccolo borgo di pescatori nei pressi della ex colonia penale, con i ruderi delle baracche oramai popolati solo da pigre iguane terrestri, raggiungibili in bicicletta percorrendo la mulattiera che si incunea tra la lunga spiaggia sabbiosa e l’ampia laguna, popolata dai rosei flamingo ed altri uccelli acquatici. Dal porticciolo partono le barche dei pescatori con i rari turisti che sfuggono dai tour “all inclusive” degli yacht da crociera  e scelgono di alloggiare nei semplici alberghi locali.

Attraversano la baia tra giocosi leoni marini e imponenti tartarughe marine, sfiorano una tranquilla colonia di pinguini che abita oramai stabilmente l’isola per poi raggiungere lo stretto canale d’acqua dove riposano tranquilli e pacifici i piccoli pescecani dell’arcipelago. I più coraggiosi si tuffano nelle acque trasparenti e nuotano accanto agli squali, cercando di evitare gli scherzi e le pinnate dei dispettosi giovani leoni marini.Sulla grande isola si possono anche affittare dei cavalli per raggiungere, se non sta eruttando, la cima del vulcano Selva Negra.

L’isola di San Cristobal e Puerto Baquerizo Moreno

L’altro luogo dove ho piacevolmente alloggiato è Puerto Baquerizo Moreno, il capoluogo amministrativo dell’arcipelago, sull’isola di San Cristobal. Anche qui gli alberghi sono semplici, i ristoranti piacevoli e per qualche decina di dollari si può affittare un taxi per un paio d’ore: giusto il tempo di visitare una bella laguna vulcanica ma soprattutto i ruderi dell’Hacienda El Progreso, dove nel 1904, durante una rivolta, venne assassinato l’ avventuriero Manuel Cobos, padrone di piantagioni di caffè e zucchero dove lavoravano in condizioni disumane gli ergastolani.

Certo soggiornando sulle due isole dove mi sono fermato non si ha una visione completa delle bellezze dell’arcipelago, ma ci si sente un po’ meno turisti e un po’ più viaggiatori, specie al tramonto quando si sorseggia una cerveza (birra) gelata in compagnia dei pescatori locali, ascoltando improbabili storie di mare e marinai.

L’Isola di San Cristobal, Diego Delso, delso.photo, License CC-BY-SA

 

Come Andare alle Galapagos

Tucano Viaggi
Il Tucano ha iniziato ad esplorare queste isole straordinarie nel 1977 con il rispetto di chi sa che la salvaguardia delle specie in via d’estinzione è alla base di un turismo responsabile. I viaggiatori del Tucano possono scoprire l’ “Arcipelago Incantato” con numerose soluzioni che comprendono varie crociere a bordo di lussuosi velieri, yacht o motonavi di diversa categoria. E, per chi preferisce il soggiorno in albergo, la possibilità di visitare le isole con escursioni giornaliere dal Royal Palm Hotel o dal Finch Bay Eco Hotel e l’assistenza di guide naturalistiche. La durata degli itinerari del Tucano varia tra i 10 e i 15 giorni, partenze a date libere o in condivisione a date fisse.

Tel. 011 5617061

mail: info@tucanoviaggi.com

tucanoviaggi.com

 

Il viaggio/racconto di Giuseppe Ortolano è finito, ma noi gli abbiamo chiesto di darci altri nove posti indimenticabili per completare la sua Top Ten. E lo chiederemo anche a Manuela Fiorini, anche lei giornalista/scrittrice, che martedi prossimo ci svelerà il suo posto dove andare ALMENO UNA VOLTA.

 


LA MIA TOP TEN DEI LUOGHI DA VISITARE ALMENO UNA VOLTA NELLA VITA  


1 Isole Galapágos in Ecuador 

Le isole vulcaniche incontaminate che suggerirono a Darwin la teoria dell’evoluzione


2 Angkor Wat in Cambogia

Vastissima area archeologica di struggente bellezza, alla quale dedicare almeno tre giorni interi


3 Copan in Honduras

La località meno frequentata della trilogia Maya dell’America Centrale, con le sue famose e misteriose steli.


4 Inari in Finlandia

L’ultimo e affascinante avamposto abitato stabilmente dall’uomo, prima del grande nulla ghiacciato, dove è possibile alloggiare in uno dei primi alberghi costruiti in Lapponia nel 1937.


5 Berenice in Egitto

A poco meno di un centinaio di chilometri dal confine con il Sudan, è la località più incontaminata e selvaggia del Mar Rosso egiziano.


6 Uyuni in Bolivia

È la porta d’ingresso per lo spettacolare Salar: un bianchissimo e accecante deserto di sale dove si possono ammirare enormi cactus, un inquietante cimitero di treni, paesaggi unici al mondo e un hotel di mattoni di sale.


7 Gerusalemme in Palestina/Israele

Con la Città Vecchia, che conserva al suo interno i luoghi più significativi delle tre grandi religioni monoteiste del mondo.


8 Monte Wuyi in Cina

La versione zen del celebre e affollatissimo Machu Picchu, si trova nella Cina del sud  nella regione dello Fujian.


9 Codera in Lombardia

Un borgo che si raggiunge solo a piedi, con una camminata di circa due ore. Per scoprire come si viveva una volta sulle montagne italiane.


10 Corn Island in Nicaragua

Piccola isola dei Caraibi nicaraguensi, dove il tempo sembra essersi fermato, tra mare cristallino e mangiate di aragoste.


 




Almeno una volta? Alle Galapagos

In questi giorni in cui l’importanza di stare a casa è fondamentale, cerchiamo di rendere più interessante la permanenza facendo viaggiare la mente in luoghi esotici. Per questa ragione, abbiamo deciso di farci raccontare, da alcune delle firme più autorevoli di Weekend Premium, i loro viaggi speciali in giro per il mondo, per scoprire quelle che secondo loro sono le mete da visitare almeno una volta nella vita.

 

Il direttore mi chiede, secondo me che ho girato il mondo, dove bisogna andare “almeno una volta nella vita”. Non ho dubbi, rispondo subito «alle Galapàgos». Non c’è luogo sul pianeta terra che mi abbia incantato come queste “ colline nere che sorgono dal mare e dalla nebbia” dove “sulle rocce si muovono, a ritmo di siesta, tartarughe grandi come mucche e in mezzo a giravolte scivolano

Giuseppe Ortolano

gli iguana, dragoni senza ali”, come ebbe a descriverle il capitano del Beagle, sul quale viaggiava Charles Darwin. E proprio come il celebre naturalista britannico in quella manciata di isole incantate perse nell’Oceano Pacifico sono passato “ da stupore a stupore”. Mi sono commosso ogni volta che sono sbarcato su un’isola disabitata, dove mi ritrovavo a muovermi in punta di piedi per non disturbare gli animali che la popolavano.

Mi sono emozionato ogni volta che ho nuotato tra leoni marini giocherelloni che facevano finta di venirmi addosso, per poi evitarmi all’ultimo momento. O quando mi danzavano attorno decine di piccoli e riservati pinguini. Mi sono sentito piccolo di fronte alla maestosità di una natura dove le immense colate di lava incontrano antiche foreste pietrificate e un mare cristallino. Poi ci sono state le ore passate ad ammirare il volo di fregate, sule e albatros, il dolce addormentarsi cullati dalle onde del mare, i racconti dei pescatori, le danze dei delfini, lo spettacolo delle balene. Un turbine di emozioni da vivere “almeno una volta nella vita” e rapidamente prima che i nostri comportamenti scellerati, la pesca di rapina, il surriscaldamento dei mari o altri moderni pirati, interessati alle risorse naturali dei mari e ai loro titoli in borsa, danneggino irrimediabilmente queste splendide e uniche isole incantate.

Leoni marini alle Galapagos

Chiediamo permesso ai veri padroni delle isole

Si lo so, il biglietto aereo è caro, l’ingresso al Parco costa molto e, a causa del numero chiuso, è necessario organizzare la vacanza con molto anticipo. Ma non esiste al mondo luogo che mi abbia affascinato e incantato come l’arcipelago della Galapàgos, appartenenti all’Ecuador.

Qui sono ancora gli animali i veri padroni delle isole, in gran parte disabitate. Ogni volta che sono sceso a terra mi è sembrato di essere un ospite, che doveva muoversi con attenzione, per non disturbare la fauna locale, che sembrava guardarmi con sguardo di sfida, come a ricordarmi che qui comandano loro e che il mio passaggio è tollerato, solo per poche ore al giorno.

Per una volta moderatevi nell’uso della macchina fotografica o del telefonino. Certo è affascinante portare a casa le foto delle enormi tartarughe che danno il nome all’arcipelago o delle iguana marine, tanto care alla teoria evoluzionistica di Darwin. Ma osservare estasiati il lento decollo dei pesanti albatros o il volo regale della fregata, giocare in acqua con i leoni marini, nuotare tra i pinguini e sorridere ai flamingo rosa senza dover obbligatoriamente trasformare l’emozione in fotografia non ha prezzo. Almeno per me.

Una volta sola non è bastata

Ho visitato le Galapàgos tre volte, ma ci tornerei anche domani. Un paio di volte sono atterrato all’aeroporto di Baltra, il principale dell’arcipelago, per poi imbarcarmi su piccole navi che, navigando prevalentemente di notte, portano i turisti, accompagnati da guide naturalistiche, sulle isole più interessanti.

È il tour che consiglio per iniziare a scoprire questo mondo incantato. Meglio quello che dura una settimana e che offre l’opportunità di toccare Santa Cruz (dove si trova il principale centro turistico: Puerto Ayora), Bartolomè, San Salvador, Genovesa, Isabela (la più grande dell’arcipelago con i suoi sei vulcani, dei quali cinque in attività), Fernandina, Floreana, Española e San Cristobal (il capoluogo amministrativo e sede dell’altro aeroporto). Si dorme in barca, in comode cabine con servizi, e di solito si scende a terra un paio di volte al giorno, nelle ore stabilite dal Parco per visitare le diverse isole senza arrecare particolare disturbo alla fauna. Ma la terza volta ho deciso di alloggiare sulle isole.

Pinnacle Rock

Domani Giuseppe Ortolano ci racconterà la seconda parte del suo viaggio, e ci aiuterà a conoscere ancora di più le Galapagos.




Isola del Corvo, la più selvaggia delle Azzorre

C’è una parte d’Europa sparso nell’Oceano Atlantico. Sono le isole Azzorre, nove “sorelle” (São Miguel, Pico, Terceira, São Jorge, Faial, Flores, Santa Maria, Graciosa e Corvo) che costituiscono una regione autonoma, ma che politicamente e culturalmente appartengono al Portogallo. Dalla madrepatria, tuttavia, distano ben 1500 km, mentre altri 4000 le separano dalla Nuova Scozia, in Nord America. Le Azzorre, insomma, sono un mondo a sé, creato dall’isolamento, dalla distanza tra le isole stesse e da una cultura che, nei secoli, si è sviluppata in maniera autonoma, dopo essere stata “importata” dalla vecchia Europa.

Ognuna delle isole, poi, ha sviluppato peculiarità e caratteristiche proprie, alcune aprendosi al turismo, altre preservando gelosamente il proprio ambiente naturale e basandosi su un’economia di sussistenza in cui pesca, agricoltura e allevamento danno cibo e lavoro ai pochissimi abitanti. La più selvaggia, e meta scelta da Weekend Premium tra i luoghi del mondo da vedere “per una volta”, è l’Isola del Corvo, Riserva Mondiale della Biosfera UNESCO e la più piccola dell’arcipelago.

Storia e leggende dell’”Isola nera”

L’isola del Corvo è stata scoperta attorno al 1452 dal navigatore portoghese Diogo de Teive, insieme all’isola di Flores, che dista appena 24 km. La chiamò Insula Corvi, per il colore prevalente delle sue spiagge e della sua terra, il nero, simile alle piume del corvo, dovuto alle sue origini vulcaniche. In realtà, si pensa che già i Cartaginesi fossero giunti qui, come dimostrano i ritrovamenti archeologici si una statua raffigurante un cavallo, recante un’iscrizione con un alfabeto simile a quello fenicio e di alcune monete databili attorno al 300 a.C.

Alle Azzorre e a Corvo, poi, è strettamente legata anche la leggenda di Atlantide. Già i greci parlavano di alcune terre presenti al di là delle Colonne d’Ercole, che gli antichi avevano fissato presso lo Stretto di Gibilterra e rappresentavano, allora, il confine del mondo allora conosciuto. Secondo la leggenda, le Azzorre sarebbero quel che rimane dell’enorme continente scomparso.

Il fascino discreto del Corvo

Il paesaggio dell’isola del Corvo si distingue da quello delle altre isole per i muri di pietra scura che dividono le singole proprietà. Qua e là, si trovano diversi palheiros, i pagliai dalle pareti di basalto, che vengono utilizzati per la conservazione del foraggio e degli utensili agricoli e che, insieme alle terre scure delle spiagge e del terreno vulcanico, sul quale crescono cedri e ginepri, alternati al verde scuro dei pascoli e alle sfumature bionde dei campi di cereali, hanno contribuito a fare attribuire a Corvo l’appellativo di “isola nera”.

Che si arrivi a Corvo via aria o via mare, il primo approccio con l’isola è la cittadina di Vila Nova do Corvo, l’unico centro abitato dell’isola e il più piccolo delle Azzorre. Le case sembrano accatastarsi a grappolo le une sulle altre, circondate da un labirinto di vicoli e stradine (canadas) di ciottoli, dove le auto passano a malapena e, in verità, i veicoli a motore si contano sulle dita di una mano.

Le abitazioni di quello che ha tutto l’aspetto di un antico borgo medievale, sono un vero e proprio museo all’aperto, in cui gli abitanti conservano e tramandano le tradizioni e la cultura locale. A sud della città, nella baia di “Nostra Madonna del Rosario”, si trovano tre moli, dove attraccano le barche dei pescatori e le lance dei turisti: il Porto Nuovo, il Porto e il Porto detto “Bocca della casa”. Nelle vicinanze dell’aeroporto, a ovest, si trova, invece, l’unica spiaggia dell’isola, dalle inconfondibili sabbie nere, chiamata Portinho, dove convergono turisti e locali per nuotare nelle acque dell’oceano e prendere il sole.

La cittadina non può che essere visitata a piedi, assaporandone l’atmosfera antica, gli scorci, gli anfratti e la storia. Merita sicuramente una visita la bella Chiesa di Nostra Signora dei Miracoli la cui costruzione, su un edificio preesistente, risale al 1795. All’interno, si possono vedere alcune opere di rara bellezza, come la statua del Santo patrono, un dipinto della scuola fiamminga di Malines del XVI secolo e un’immagine dell’Immacolata Concezione, scolpita nel legno.

A pochi passi dalla chiesa, in Largo Outeiro, di trova la Casa dello Spirito Santo, una delle tipiche case simmetriche delle Azzorre, risalente al 1871. In prossimità dell’aeroporto, vicino a Porta Negra, si possono, invece, avvistare alcuni mulini a vento in stile arabo, caratteristici dell’Isola di Corvo.

Dei sette presenti, ne funzionano solo tre. Le figure coniche svettano sulla riva del mare e sembrano quasi punteggiare di bianco l’orizzonte azzurro. Le cupole di legno si muovono attraverso un meccanismo, che impone loro un moto rotatorio che, a sua volta, fa girare le vele triangolari di stoffa.

Trekking sul vulcano

Il cuore e l’anima dell’isola del Corvo è il Monte Gordo, un vulcano estinto il cui perimetro, di circa 3,7 km, che determina la zona detta del Caldeirão, è una delle più belle di tutte le Azzorre. Sulla sua superficie, infatti, si aprono due splendidi laghi d’altura dalle acque cristalline e alcune paludi, mentre le pareti rocciose sono ricoperte da muschio verde brillante. Qui, le mucche pascolano tranquille, mentre le dorsali sono suddivise in piccoli appezzamenti di terreno, circondati dalle splendide e variopinte ortensie, i fiori simbolo delle Azzorre.

La salita al Caldeirão si presta a camminate e trekking per gli amanti delle passeggiate. I sentieri, infatti, sono ben segnalati, alcuni percorsi, poi, sono molto brevi e consentono di effettuare la salita anche autonomamente. Il percorso più breve, di circa 1 o 2 ore a seconda del passo, segue il sentiero di 3,5 Km denominato Cara do Indio, poiché, ad un certo punto, si incontra una roccia che assomiglia al profilo di un indiano. L’itinerario ad anello inizia a Cova Vermelha, a est di Vila do Corvo, e termina nel capoluogo. Si cammina in direzione della costa, su antiche viuzze fiancheggiate da argini di pietra. Il paesaggio, qui, dà il meglio di sé.

In questa zona, infatti, si trovano la Farm ed il Fojo, due aree pianeggianti, forse le uniche dell’isola, dove si possono coltivare alberi da frutto, tra cui i dolcissimi ananas delle Azzorre, per cui le isole sono famose e le variopinte ortensie, pennellate di colore che spiccano tra il verde della vegetazione e il cupo colore scuro del terreno vulcanico.

Proseguendo, il sentiero arriva fino alla scogliera. Da qui, si può fare una piccola deviazione sulla destra, per vedere la roccia che “ritrae” il profilo di un indiano. Tornando sui propri passi, si torna a lambire la scogliera fino a che, seguendo le indicazioni, si imbocca la discesa per ritornare, dalla parte opposta a Vila do Corvo.

Questa parte del sentiero è particolarmente suggestiva: si possono, infatti, incontrare vecchi bivacchi dei pastori, bizzarre formazioni geologiche, rigogliosi cespugli di ginepro ed estese macchie di licheni. Il sentiero, infatti, attraversa due aree protette, dichiarate Sito di Interesse Comunitario e Zona di Protezione Speciale UNESCO.

….continua nella 2° pagina….

A tu per tu con delfini e balene

Le Azzorre sono uno dei più grandi “santuari dei cetacei” del mondo. Grazie alla posizione delle isole, alle correnti, alla temperatura costante delle acque, infatti, possono annoverare sia cetacei e delfini stanziali, cioè che vivono nei pressi delle isole in pianta stabile, sia migranti, che passano da qui per una sosta durante le loro rotte oceaniche.

Il risultato è un allegro affollamento di balene, capodogli, balenottere boreali ed altri cetacei rari (ben 20 diverse specie), delfini e altri tursiopi, che si possono avvistare tutto l’anno. Con questi ultimi, animali socievoli e ormai avvezzi alla presenza dell’uomo, poi, si può anche nuotare, vivendo una delle esperienze più emozionanti della propria vita. In estate, poi, è più facile avvistare delfini maculati, capodogli e balenottere boreali e barbute. Le balene blu, invece, si possono incontrare più facilmente in inverno.

Sull’isola di Corvo, è presente il tour operator, Nauticorvo (Rua da Matriz, 9980 Vila Nova do Corvo, tel. 00351 292 596287 o 00351 9917 763065; nauticorvo@sapo.pt) che organizza uscite per avvistamento di balene e delfini, nuotate con i delfini, ma anche gite in barca, immersioni e snorkeling.

Le immersioni da non perdere

Le Azzorre, sono un vero paradiso per gli amanti delle immersioni, ma anche per chi, senza “vestirsi” di bombole e muta, desidera solo “dare una sbirciatina” a pelo d’acqua, con l’ausilio di maschera, pinne e boccaglio. Sempre con Nauticorvo, è possibile programmare una serie di immersioni o uscite di snorkeling.

Tra i punti di immersione più belli dell’isola di Corvo, figura la Baixa do Burraco, una facile secca sabbiosa, con una profondità massima di 25 metri, consentendo di avvistare cernie brune, pesci balestra, barracuda e murene.

Il Caneiro dos Meros, invece, è il regno della cernia bruna, che trova il suo habitat ideale in questi fondali rocciosi, alternati a zone sabbiose, dalla profondità variabile dai 18 ai 25 metri. A portata di mano, e di macchina fotografica, anche saraghi, cernie pettine, murene, barracuda e pesci pappagallo.

Il Gamella, invece, è un fondale formato da un flusso di lava sottomarino, che crea un dislivello che va dagli 8 ai 20 metri di profondità, immerso in un paesaggio fiabesco di rocce laviche di grandi dimensioni, alternate a piane sabbiose. Una nicchia nascosta è la dimora della cernia bruna, ma anche di pesci balestra, murene e pesci pappagallo.

L’emozione di nuotare all’interno di un cono vulcanico sottomarino spento si può provare presso il Moldinho, conosciuto anche con il nome di Pedra do Atlas, uno dei siti di immersioni più belli dell’isola. La base del vulcano si trova a 45 metri sotto al livello del mare, mentre la parte superiore ad appena 4 metri. La zona migliore per l’avvistamento della fauna marina, tra cui anemoni, cernie, branchi di pesce azzurro, saraghi e pesci pappagallo, tuttavia è tra i 15 ed i 30 metri. Si consiglia di prestare particolare attenzione alle correnti marine.

Adatto ai principianti, infine, la Ponta do Topo, un fondale misto di sabbia e rocce, che raggiunge una profondità massima di 18 metri. Ricchissima la fauna che si può avvistare in questo sito, incluse specie di grandi dimensioni. Tra gli “inquilini” più interessanti, il pesce palla della Guinea, il coloratissimo pesce cardinale e le buffe triglie.

 Il “Corvo” in tavola

Nelle Azzorre sono molto apprezzate le minestre e le zuppe. Tra le prime, troviamo ingredienti quali cavoli, patate e pane abbrustolito, sempre accompagnate da un pezzetto di chouriço, la tipica salsiccia piccante delle isole. Tra le zuppe, immancabile la Sopa do Espirito Santo, preparata con brodo di carne, pane raffermo, la carne lessata nel brodo e qualche foglia di menta fresca.

Abbondante e freschissimo, il pesce viene preparato in tutti i modi. Il preferito dagli abitanti delle isole è il bacalhau (baccalà), che costituisce anche il piatto nazionale portoghese per eccellenza.La ricetta de caldeirada, lo prevede in umido con un mix di verdure, mentre il bacalhau á biscainha, consiste nel passarlo nella farina, saltarlo in padella e condirlo con pomodoro, aglio, cipolla e olio, per terminare la cottura in forno. La versione á alentejana, prevede, invece, la cottura al forno con pomodori, peperoni, olive nere e patate.

Un altro piatto molto amato è il polvo guisado, il polpo lessato, fatto cuocere lentamente nel vino e condito con pomodoro, oppure sedano e patate. Ottima anche l’espetada, uno spiedino di cernia servita con i gamberi ed il singolare boca negra, un grosso pesce rosso velenoso, che viene sapientemente tagliato e grigliato. Abbondanti anche i frutti di mare, tra cui le lapas, molluschi simili alle cozze, che vengono mangiate crude, oppure fritte o grigliate.

Gli allevamenti offrono una grande quantità di ottima carne. Diffusa la caratteristica bifana, una fettina di maiale speziata e fritta. Ottimi i bife, le classiche costate di manzo, tagliate sottili e servite ben cotte. Un piatto tipico di Terciera, ma diffuso anche nelle altre isole è l’alcatra, carne di manzo speziata, tagliata a pezzi e stufata lentamente nel vino.

La frutta locale, saporita ed abbondante, in particolare ananas e avocado, viene utilizzata per preparare macedonie, gelati e frullati. Tra i dolci tipici, sulle tavole isolane non manca mai la torta al cioccolato o la torta al limone. Ottime anche le laranjinhas, dolcetti fatti con zucchero e bucce di arancio macerate.

COME ARRIVARE

Dall’Italia non ci sono voli diretti per le Azzorre e occorre raggiungere prima Lisbona e poi prendere un volo per le isole con Azores Airlines (www.azoresairlines.pt) oppure con TAP (www.flytap.com ) anche da Milano o Roma con cambio a Lisbona.

DOVE MANGIARE

*O Caldeirao, Caminho dos Moinhos, Corvo, tel 00351 292 596018. Piccolo ristorante dall’atmosfera caratteristica che sorge nelle vicinanze dell’aeroporto. Offre piatti della cucina tradizionale, con ingredienti sempre freschi. Ottimo il pesce alla griglia, i frutti di mare e le zuppe.

*Irmaos Metralha, Rua Antonio Pedro Coelho, Corvo, tel 00351 292 569141
Piccolo snack bar dove fermarsi per uno spuntino semplice e veloce. Nel menù panini, sandwiches, piatti freddi e insalate.

DOVE DORMIRE

*Casa do Hospeides Comodoro*** (Camino do Areeiro, Vila do Corvo, tel 00351 292 596 128, www.guesthousecomodoro.bravehost.com ). Guest house a gestione familiare, con 7 camere semplici e pulite, con bagno privato e TV e connessione internet. È l’unico hotel dell’isola.

*Joe & Vera’s Vintage Place, Rua da Matriz, Corvo, tel +351 914 112 097. Guesthouse in posizione centrale a Vila do Corvo. Le camere dispongono di scrivani, TV, bagno privato, armadio e patio. Terrazza e connessione Wifi gratuita. Navetta gratuita da e per l’aeroporto.

INFO

www.visitazores.com/it/

www.visitportugal.com/it




Isole Salomone, tutto quello che c’è da sapere sulle isole che stanno scomparendo

L’arcipelago delle Isole Salomone si trova nell’Oceano Pacifico Meridionale, a nord est dell’Australia. Conta un totale di 992 isole, ma solo 347 sono abitate. Con una popolazione totale di circa 640 mila abitanti sono tra le regioni meno popolate del pianeta.

Isole Salomone dall'alto

Nonostante ciò, tuttavia, gli abitanti delle isole più a rischio faticano a stabilirsi su altre isole, poiché la maggior parte del territorio è controllata da famiglie appartenenti allo stesso gruppo e si rischia un conflitto etnico.

A minacciare gli abitanti sono anche le inondazioni, anch’esse più frequenti a causa dei cambiamenti climatici, che si presentano sempre più violente e con effetti devastanti. A farne le spese non solo gli abitanti, che oltre alla devastazione portata dalle acque devono combattere anche contro le conseguenti epidemie, ma anche la delicata biodiversità.

Le acque del Pacifico, infatti, ogni volta che si scatenano portano con sé piante e animali presenti solo qui. Le Salomone, infatti, vantano la seconda barriera corallina più bella del mondo dopo quella delle Maldive. Ecco, perché, allora, vi proponiamo di visitare le Isole Salomone “per una volta”, prima che il mare ne inghiotta un’altra parte e rimangano solo un ricordo.

Isole Salomone: belle da NON morire

Le Isole Salomone, benché ancora lontane dal turismo di massa, sono ben note agli appassionati di immersioni, snorkeling e surf. L’origine vulcanica dell’arcipelago, infatti, regala un paesaggio marino unico, fatto di barriere coralline spettacolari, acque cristalline ed una straordinaria topografica oceanica, composta da pareti rocciose e vulcani sottomarini, alcuni dei quali ancora attivi.

Qui vivono indisturbati coloratissimi pesci tropicali, mante, tartarughe, balene e squali, considerati dai nativi sacri, poiché reincarnazione dei defunti. Le acque delle isole poi sono ricchissime di relitti risalenti alla Seconda Guerra Mondiale.

Anche la terraferma offre infinite occasioni di svago e scoperta, a partire dalle spiagge incontaminate, dai vulcani e dalle spettacolari lagune. Senza dimenticare i villaggi tribali, ricchi di storia e tradizioni, dove si può assistere a danze rituali e alla lavorazione di sculture e manufatti.

Visitiamo Honiara, la capitale

L’unico aeroporto internazionale delle Salomone si trova a circa 10 km dalla capitale, Honiara, sull’isola di Guadalcanal. La prima tappa dell’itinerario tra le isole è proprio la capitale, dove vale la pena fermarsi qualche giorno.

Una passeggiata consente di visitare le principali attrattive del centro storico. Tra queste c’è il National Museum & Cultural Center, piccolo, ma ben curato, che conserva alcuni manufatti e testimonianze della storia dell’isola, dai reperti archeologici alle armi, ma anche ornamenti rituali, sculture, dipinti e residui della Seconda Guerra Mondiale.

Proseguendo la passeggiata, davanti al Mendana Hotel, si possono incontrare gli intagliatori di legno che, sotto una tettoia di foglie, realizzano all’istante e vendono manufatti e statuette di pregiata fattura.

Poco distante, si arriva al mercato centrale, sulle cui bancarelle si può trovare dalla frutta fresca alle collane di conchiglie, ma anche oggetti realizzati secondo la tecnica bukaware, tra cui borse, tovagliette e stuoie, e “souvenir” della seconda Guerra Mondiale.

Nei siti storici della Seconda Guerra Mondiale

Honiara è ricca di siti storici risalenti al secondo conflitto mondiale. I dintorni della città e le acque antistanti l’isola di Guadalcanal, infatti, sono stati teatro di sanguinosi scontri tra le forze americane e quelle giapponesi.

Con una passeggiata di circa 20 minuti da Mendana Avenue, si arriva allo US War Memorial, che domina la cima dello Skyline Ridge, da dove si gode una splendida vista della città e dell’intera isola. Il memoriale conserva alcune targhe di marmo con le indicazioni per riconoscere i luoghi delle battaglie e la storia del conflitto.

Percorrendo, invece, Mendana Avenue in direzione ovest, fino a Bonegi Beach, si arriva in circa 25 minuti a piedi al Vulu War Museum, un museo all’aperto situato in uno splendido giardino, che conserva resti dell’artiglieria giapponese e parti della flotta aerea americana.

Infine, merita una visita anche il Solomon’s Peace Memorial, il monumento alla pace dedicato ai caduti giapponesi, realizzato in pietra e circondato da un giardino di ibiscus. Lo si raggiunge a piedi, dal centro di Honiara, proseguendo verso est, si incontra la Chiesa di Melanesia e, successivamente, lo stadio. Salendo sulla collina adiacente si prosegue per Kola Ridge fino all’incrocio con Borderline Police Post; qui si volta a destra e si prosegue per 10 minuti fino ad incontrare il monumento.

Presso il Centro Visitatori, si può organizzare invece un’escursione guidata alle splendide Mataniko Falls, spettacolari cascate, a 2 ore di cammino da Honiara, che si gettano dall’alto di un precipizio ad una grotta, utilizzata, durante la guerra, come rifugio dai Giapponesi.

Infine, per ricordare a chi arriva e a chi parte le vicende che, in passato, hanno turbato questo angolo di paradiso, presso l’Henderson International Airport è stato posto un monumento commemorativo alle forze statunitensi ed ai loro alleati. La torre di controllo che si trova a 100 metri dal terminal risale anch’essa alla Seconda Guerra Mondiale.

Tra spiagge cristalline e relitti sommersi

Le spiagge più belle si trovano quasi tutte sulla costa a ovest di Honiara e sono tutte raggiungibili in dieci minuti dal centro città in con i mezzi pubblici. Percorrendo Mondana Avenue in direzione ovest, per esempio, a poca distanza da White River, si incontra la splendida Kakabona Beach, una lunga striscia di sabbia bianca che si affaccia su acque calme e cristalline, adatte allo snorkeling e al relax. A poca distanza, si trova anche Lili Beach.

Situata a circa 3,9 km dal centro, appena superato il ponte, Turtle Beach, ha sabbie candide circondate da una rigogliosa vegetazione tropicale, che si allunga quasi fino al mare e regala ombra e privacy, mentre ci si lascia coccolare dalle acque smeraldine. Tangisaliu Beach, invece, è una deliziosa spiaggia di ciottoli che dista circa 6,3 km dal centro città.

A circa 12 km da Honiara, invece, si trovano le splendide spiagge di Bonege I e Bonege II, famose per le alte palme che regalano piacevole riparo dal sole, per le acque trasparenti e per l’eccezionale reef. Nei fondali si trovano anche due relitti di altrettante navi da trasporto giapponesi, affondate durante la Seconda Guerra Mondiale.

Di fronte alle acque della spiaggia di Bonege I riposa la Hirokawu Miru, affondata nel novembre nel 1942. L’accesso al relitto è facile e sicuro, adatto anche ai sub meno esperti. Ad appena 5 metri, si trovano le sezioni della nave più superficiali, la cui principale attrazione sono le formazioni di corallo e il tranquillo via vai di pesci tropicali. Le parti più intatte del relitto, invece, sono situate a circa 57 metri. I sub più esperti possono esplorare le stive, adagiate sul fondo sabbioso.

Emerge, invece, nei pressi della spiaggia di Bonege II il relitto della Kinugawa Maru, un mercantile incagliatosi nella barriera corallina e sprofondato, a poco a poco, nel corso degli anni. La prua emerge ancora dalle acque prossime alla spiaggia, mentre la poppa si trova a circa 30 metri, circondata da pesci, anemoni e coralli. Una bella avventura subacquea anche per sub alle prime armi.

Alla scoperta della Provincia Occidentale

Il gioiello turistico delle Isole Salomone è costituito dalla Provincia Occidentale, una meraviglia naturale di isolotti tropicali, lagune incontaminate, acque cristalline lambite da lingue di sabbia candida e da una vegetazione lussureggiante.

La prima tappa è l’isola di Ghizo, che si può raggiungere da Honiara in aereo. Qui si trova Gizo, la seconda città più grande delle Salomone, dopo la capitale. Il nome suggerisce il passaggio dei Giapponese, che la utilizzarono come base militari per gli idrovolanti. Negli anni, poi, si è sviluppata come cittadina a vocazione turistica.

Sulla costa meridionale, a 6 km dalla città, nei pressi del villaggio di Pailongge, si trova uno dei punti con le onde più spettacolari delle Salomone e molto amato dai surfisti.

A circa 7 km da Gizo, in direzione sud est, si trova Kennedy Island, che deve il suo nome all’avventura che vide protagonista, nell’ agosto del 1943, il futuro presidente americano JFK e dieci suoi commilitoni. Dopo l’affondamento della nave su cui viaggiavano da parte del cacciatorpediniere giapponese Amagiri, i soldati si salvarono nuotando fino all’isola più vicina.

New Georgia Island, tra natura e cultura

Il secondo gioiello naturale della Provincia Occidentale è rappresentato da New Georgia Island e dalle sue isole satellite. Proprio dove si congiungono le lagune di Vonavona e di Roviana, sorge la città di Munda, il più grande cento abitato dell’isola, anche se, in realtà, di tratta di una serie di villaggi che si estendono per 6 km.

Tra i siti da non perdere, ci sono le Holupuro Falls, cascate di 10 metri che si trovano appena fuori Munda, appena superato il ponte sul Mourape River. Le cascate formano una piscina di acqua chiara, dove è possibile fare il bagno.

Da non perdere poi l’escursione al sito archeologico di Nusa Roviana considerata la roccaforte dei cacciatori di teste e sede, fino al 1892, di una fortezza dalle pareti di corallo. Qui sono ancora visibili i resti della Stone Dog, la statua totemica dedicata al cane Tiola, adorato dalla tribù come divinità protettrice.

Delimitata dagli isolotti di Nusaghle e Blackett Strait, la Vonavona Lagoon si estende per 28 km e comprende diverse isole di rara bellezza che vale la pena visitare. Gli appassionati di surf e della tintarella, non possono mancare almeno una giornata a Lola, un lembo di terra di 40 ettari a 20 minuti di barca da Munda. Le onde migliori si trovano all’estremità meridionale.

Gli amanti delle avventure non possono poi mancare una visita alla sinistra Skull Island, un luogo quasi fiabesco che conserva i teschi dei guerrieri sconfitti dai cacciatori di teste e un sacrario, dove sono custodite le spoglie mortali dei capi tribù.

Fiore all’occhiello dell’ecoturismo è, invece Tetepare, l’isola disabitata più grande del Pacifico del Sud. Santuario della biodiversità, l’isola è ricoperta da una fitta foresta pluviale incontaminata ed è un’importante zona di riproduzione delle tartarughe verdi ed embricate, dei dugonghi ed altre specie rare sia terrestri che marittime.

Marovo, la più bella laguna del mondo

Situata nella parte orientale di New Georgia la Marovo Lagoon è considerata la più bella laguna del mondo. Delimitata dalle isole di New Georgia e di Vangunum è racchiusa da una doppia linea di isole ricoperte di palme e foresta pluviale, mentre la barriera corallina è tra le più belle del pianeta.

Famosa per la presenza dei pacifici squali neri, un tempo adorati come divinità dai locali, la laguna comprende diverse isole di piccole dimensioni, alcune delle quali disabitate o con appena qualche resort.

Il principale centro abitato è Seghe. I siti di immersione più belli si trovano invece nelle vicinanze di Uepi Island, una delle isole che formano la barriera che protegge la laguna. Il mondo sottomarino è un giardino segreto di gorgonie, anemoni, grotte e pareti di coralli, popolato da pesci multicolore, molluschi giganti, murene, squali e mante.

COME ARRIVARE

Per arrivare alle Isole Salomone dall’Italia mettete in contro circa due giorni di viaggio e diversi scali. I collegamenti con le isole si effettuano da Brisbane, in Australia, o dalle Isole Fiji. Si può volare qui da Roma o Milano con Qantas, che effettua anche il volo per le Fijii. La compagnia di bandiera Solomons Airlines collega Brisbane a Honiara, mentre la compagnia delle Fiji collega Nadi, nelle Fiji, a Honiara.

DOVE DORMIRE

*Solomon Kitano Mendana Hotel**** (Mendana Avenue Seafront, Honiara, Tel +677 20071. Nel centro della capitale, a poca distanza dal centro commerciale. Alcune delle camere hanno la vista mare e dispongono di bagno privato, aria condizionata, TV satellitare, connessione internet. A disposizione piscina, coffè bar, parcheggio e un ottimo ristorante con cucina internazionale e giapponese.

*Gizo Hotel****, Middenway Rd, tel +677 60199
è la struttura più elegante della città, che sorge di fronte alla spiaggia. Tra i servizi: piscina, ristorante, centro massaggi, tour alle isole, servizio in camera, cambiavalute, lavanderia. Le camere standard possono ospitare fino a 3 persone e sono provviste di aria condizionata, frigorifero, telefono per chiamate internazionali, bagno privato, connessione internet.

*Uepi Island Dive Resort****, Uepi Island, tel. 0061 3 9787 7904. Splendida struttura che sorge sull’isola di Uepi, che funge da baluardo tra il mare aperto e la superba Marovo Lagoon. I bungalow possono ospitare fino a 6 persone e sono collocati in uno splendido contesto di giardini e vegetazione tropicale, a poca distanza dalla spiaggia e dal reef.

DOVE MANGIARE

*Kai Kai Haus Restaurant (c/o King Solomon Hotel, Hibiscus Ave, tel +677 21205, Honiara) Offre cucina tradizionale e internazionale con piatti a base di pesce fresco e frutti di mare, piatti vegetariani e pollo. Anche pizza.

*Zibolo Habu Resort***, Lola Island, tel +677 62178) Il resort è un punto di ritrovo per i pescatori di ritorno dal mare. È possibile usufruire del ristorante e bar del resort, specializzato in cucina internazionale, ma con rivisitazioni con ingredienti e tecniche della tradizione locale. Specialità pesce e frutti di mare, alla griglia, oppure stufato. Ottimo anche il sushi ed i crostacei. Si servono anche ottimi hamburger con patatine.




Isole Marshall, le perle del Pacifico che rischiano di essere inghiottite dall’Oceano

Insieme alle Kiribati, alle Tuvalu e le Maldive, di cui vi abbiamo già parlato, l’arcipelago delle isole Marshall è quello che corre un rischio più immediato a causa dei cambiamenti climatici.

il meravigliosi paesaggio delle Isole MarshallIn comune con le altre isole di cui abbiamo scritto hanno la scarsa altitudine, appena 2 metri sul livello del mare, che causa, di anno in anno, la perdita di territorio dovuto al riscaldamento globale e alla conseguente crescita del livello delle acque dell’Oceano. Si parla di un arco di tempo che va dai 10 ai 30 anni, quanto resta per “salvarle”, insieme ai circa 70 mila abitanti, che rischiano di diventare “rifugiati climatici”.

La proposta per non scomparire: “alzare” le isole

L’idea è molto semplice, realizzarla non sarà altrettanto: sollevare fisicamente il terreno delle isole prima che le acque dell’oceano invadano la terraferma e cancellino letteralmente l’arcipelago.

Per questo la presidente delle Isole Marshall, Hilda Heine, ha fondato la Coalition of Atoll Nations against Climate Change cercando il sostegno di altre nazioni geograficamente simili e che corrono gli stessi rischi, come le Tuvalu, le Kiribati e le Maldive, per contare di più a livello internazionale e andare a caccia di idee e progetti che realizzino in concreto il “sollevamento” delle 5 isole e dei 29 atolli.

Bikini, dagli esperimenti nucleari a Patrimonio dell’Umanità UNESCO

Chi di noi non ha mai indossato un bikini? Ebbene, il nome del celebre “due pezzi” è quello dell’atollo omonimo, appartenente alle isole Marshall. Tuttavia, Bikini è tristemente famoso per essere stato oggetto, tra il 1946 e il 1958, di esperimenti nucleari da parte degli Stati Uniti. Le radiazioni hanno poi reso necessaria l’evacuazione della popolazione negli anni Sessanta.

Esperimenti nucleari sulle Isole MarshallL’atollo, disabitato e lontano dalle altre isole, è stato posto sotto tutela dall’UNESCO che lo ha incluso nei siti Patrimonio dell’Umanità. Ciò ha fatto in modo che la natura e la straordinaria biodiversità prendesse il sopravvento e regalasse ai visitatori scenari di rara bellezza, impossibili da vedere altrove.

un atollo delle Isole MarshallEcco perché vi consigliamo di visitarle “per una volta”, prima che di questi scenari da cartolina non rimanga solo un ricordo.

Isole Marshall, paradiso della biodiversità

Lo Stato delle Isole Marshall appartiene alla regione oceanica della Micronesia e si compone di 29 atolli e 5 isole. Le isole coralline, invece, sono circa un migliaio e vanno a comporre due gruppi, conosciuti come Ralik, “isole del tramonto” e Ratak, “isole dell’Aurora”.

mappa delle Isole MarshallLe isole sono state intitolate nel 1788 al capitano inglese John Marshall e confinano a sud con le acque territoriali delle isole Kiribati, a sud ovest con quelle degli Stati Federati di Micronesia e a ovest con quelle delle Isole Marianne settentrionali.

La natura delle isole è vulcanica e corallina, ma la maggior parte di esse è di piccole dimensioni, con un territorio “piatto”, letteralmente a pelo d’acqua. Gli scenari sono quelli di un paradiso terrestre, tra lagune, lingue di sabbia, acque cristalline e una vegetazione rigogliose.

spiagge bianche delle Isole MarshallTuttavia, la peculiarità delle Isole Marshall è la suo straordinaria biodiversità. Basti pensare che sugli atolli e nelle acque che li circondano vivono circa 250 varietà di corallo, più di 1000 specie di pesci diverse, oltre 70 specie di uccelli e tutte e cinque le specie di tartarughe esistenti al mondo.

una tartaruga nuota alle Isole MarshallEcco perché praticare snorkeling e immersioni in questa parte di mondo costituisce un’esperienza unica. Tra i punti più interessanti ci sono l’atollo di Arno e il Clalin Channel, o Shark Alley, a Majuro, per incontrare gli squali e altri affascinanti abitanti del mare.

Majuro, la capitale, e i suoi dintorni

Una vacanza alle isole Marshall vuol dire un ritorno alla natura primigenia, in scenari tropicali e frammenti di storia che ci rammentano come il passato di queste isole meravigliose e fragili non sia stato sempre facile.

Cominciate la vostra visita da Majuro, la capitale, nonché atollo più popolato, che unisce le comunità di Dalap, Darrit e Uliga, conosciute insieme anche con il nome di Rita.

Majuro è il centro più occidentalizzato, dove si concentrano i centri amministrativi, commerciali e turistici, ma anche le testimonianze più importanti del passato delle Isole Marshall. Tra questa c’è il Capital Building, a Dalap, sede del governo centrale, ospitato in un edificio moderno.

Vale certamente una sosta, invece, l’Alele Museum and Public Library, a Uliga dove si possono conoscere i diversi aspetti della tradizione e della cultura delle isole attraverso esempi dei suoi manufatti più rappresentativi, come le conchiglie, i modellini delle tradizionali imbarcazioni e le antiche mappe nautiche con cui navigatori e pescatori del passato si orientavano nell’immensità dell’Oceano.

Interessante una sosta al Toolbar Copra Processing Plant, uno stabilimento per la lavorazione della copra, la polpa del cocco essiccata da cui si ricava l’olio di cocco, una delle basi dell’economia e dell’alimentazione. E, a proposito di cocco, con il kimei, la sottile membrana ricavata dalla palma, si ottengono pregiati oggetti di artigianato locale, come borse, cestini, decorazioni da muro, rappresentazioni di animali e fiori realizzati attraverso sapienti intrecci.

E sempre il cocco e l’olio da esso ricavato, è anche la base per deliziosi piatti e salse che accompagnano pietanze di pesce fresco, platanos, granchi e crostacei, la base della cucina delle isole.

Da Laura alle isole più piccole

Basta allontanarsi dalla capitale per trovarsi immersi in una natura incontaminata, dove il tempo sembra essersi fermato. Ad appena 40 km da Majuro si trova il centro di Laura, dove la popolazione vive ancora di pesca e allevamento. Qui vale una visita il Peace Park, con un monumento ai Caduti della Seconda Guerra Mondiale.

Lungo la strada per Laura, fate una sosta nella cittadina di Ajetake, nella parte sud occidentale dell’anello dell’atollo di Majuro. Il centro abitato su sviluppa su un lembo di terra largo appena 10 metri, circondato su un lato da una splendida laguna e dall’altro lambito dalle acque dell’Oceano Pacifico.

Sulla laguna si affaccia anche la meravigliosa Spiaggia delle 17 miglia, che si estende parallela all’unica strada asfaltata di Majuro.

Un’ esperienza assolutamente da vivere è noleggiare una barca con conducente per spostarsi sulle piccole isole dell’atollo. Tra le più interessanti ci sono Kiddenen, Calalin, Eneko, Enemanot, Ejit e Bokiur.

Navigando tra gli atolli (che forse non ci saranno più)

Impossibile visitare tutte le isole e gli atolli delle isole Marshall. Noi, però, ve ne consigliamo alcuni.

Kiwajalein, per esempio, è l’atollo corallino più grande del mondo con i suoi 17 kmq. Qui potete, tuttavia, fare solo una “toccata e fuga” poiché l’immensa laguna viene utilizzata dal Ministero della Difesa Americano per test balistici sui missili lanciati dalla California. Da qui si può raggiungere la vicina isola di Ebeye Ebeye, dove vive una comunità indigena di 1500 abitanti.

Per chi ama lo snorkeling e le immersioni, invece, un autentico paradiso è l’atollo di Arno, composto da 133 piccole isole. Nella zona di Longar si possono incontrare tonni pinna gialla, marlin, pesce spada e piccoli squali. Inoltre, si può praticare la pesca d’altura. In passato, qui esisteva una singolare “scuola”, dove le ragazze da marito o in procinto di sposarsi andavano a imparare le “arti amatorie”.

Se invece amate andare alla scoperta di relitti, l’isola di Wotje è la più ricca di vestigia della Seconda Guerra Mondiale, tra navi inabissate, bunker e cannoni lasciati sulla terraferma. L’altra caratteristica dell’isola è la sua fertilità, grazie alla particolare terra portata dalle navi giapponesi.

Una natura incontaminata, con da palme da cocco, alberi del pane e pandani e tramonti mozzafiato caratterizza il paesaggio dell’isola di Mejit, dove si trova l’unico lago d’acqua dolce di tutto l’arcipelago, dove è anche possibile fare il bagno. Sulla costa nord occidentale si trova anche la splendida California Beach, lambita da acque basse e cristalline.

COME ARRIVARE

A Majuro si trova l’Amata Kabua International Airport dove arrivano i voli internazionali. Volano alle isole Marshall le compagnie internazionali Continental, da Honolulu e Guam, e Japan Airlines , mentre i voli interni che collegano le isole abitate sono effettuati da Air Marshall Islands e Continental Micronesia, con partenza anche dalle Fiji. Dall’Italia è quindi necessario programmare il viaggio tenendo conto di queste tappe intermedie.

DOVE DORMIRE

*Marshall Island Resort***, Mieco Beach Front, Amata Kabua Blvd, Majuro, tel + 692 625 2525. In ottima posizione centrale, a 20 minuti dall’aeroporto internazionale, si affaccia su una laguna tropicale e consente di raggiungere a piedi negozi e ristoranti. A disposizione ristorante, sala cocktail campi da tennis e piscina di acqua salata.

*Private Island Boutique Resort Bikendrik***, Island Hideway, Majuro, tel +692 455 0787 . Ecoresort ideale per le coppie. Dispone di poche stanze, affacciate direttamente sul mare, colazione abbondante. Per i romantici.

DOVE MANGIARE

*DAR Coffee Corner, Delap-Uliga-Djarrit, Majuro Atoll. Aperto a colazione, pranzo e cena e molto frequentato dai locali, offre piatti della cucina tipica delle isole, a base di pesce fresco e verdure, tra cui albero del pane e zucca. Dispone di wi fi.

*Chit Chat Restaurant,  Per uno spuntino veloce, affacciati su una terrazza con vista sull’oceano. Si può mangiare una pizza o un panino accompagnati da una buona birra. Consigliato per la compagnia.

INFO

www.rmiocit.org




Maldive, la destinazione da sogno preferite dagli italiani

Le Maldive sono una delle destinazioni “da sogno” preferite dai turisti italiani che ne apprezzano il mare cristallino, gli orizzonti infiniti in cui mare e cielo si fondono, i fondali popolati da coralli e pesci multicolori, l’assoluta pace e tranquillità. Nel 2019 sono stati 130 mila i nostri connazionali che hanno scelto l’arcipelago nell’Oceano Indiano per trascorrervi una vacanza, un + 38% rispetto all’anno precedente, grazie alle tariffe abbordabili e ai collegamenti diretti con l’Italia.

Il turismo, infatti, costituisce il 60% del Pil delle Maldive, un paradiso di 26 atolli nati da 1190 isole coralline, di cui 93 occupate da villaggi turistici e resort, disseminate nell’Oceano Indiano, tra lo Sri Lanka e le Seychelles.

La prestigiosa rivista National Geographic le ha poi inserite nelle 25 migliori destinazioni da non perdere nel 2020. Una menzione non di poco conto, poiché nella lista sono inclusi i luoghi del mondo i cui governi si stanno adoperando per promuovere un turismo più sostenibile tra rispetto della natura, impegno culturale, accessibilità economica e benefici sull’economia e sulla comunità locale.

E le Maldive sono state le prime, durante l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite del 1987, a sostenere la necessità di affrontare gli effetti dei cambiamenti climatici.

Le emergenze: l’innalzamento delle acque…

Il territorio delle Maldive è composto per il 99% da acqua, mentre l’altezza delle terre emerse non supera i 2 metri. L’innalzamento degli oceani dovuto all’aumento delle temperature e al conseguente scioglimento dei ghiacci ai poli mette quindi a serio rischio l’esistenza stessa di queste isole, al punto che potremmo vederle sparire, inghiottite dal mare, tra il 2030 e il 2050.

La conformazione delle Maldive potrebbe farle sparire nel giro di pochi decenni

Il rischio maggiore, che renderebbe le Maldive invivibili, sarebbe “l’invasione” delle acque salate dell’oceano nelle falde acquifere potabili degli atolli. Tuttavia, anche operazioni come la costruzione di barriere e terrapieni artificiali per arginare l’avanzata delle acque, oltre che molto costosi, si sono rivelate rischiose per il delicato equilibrio della flora, della fauna e delle barriere coralline.

…e lo smaltimento dei rifiuti

Un’ altra emergenza è rappresentata dai rifiuti e dal loro smaltimento. Per avere un’idea della portata del problema, basti pensare che i 10 mila turisti che arrivano alle Maldive ogni settimana producono 3,5 kg di rifiuti al giorno, che si sommano a quelli prodotti dai 142 mila abitanti, circa 330 tonnellate di spazzatura al giorno.

Rifiuti galleggiante sull’isola discarica di Thilafushi

Questo enorme quantitativo, che negli ultimi decenni comprende anche materiale molto inquinante, composto dai rifiuti tecnologici, confluisce sull’isola di Thilafushi, di fatto una grande discarica galleggiante istituita dal governo maldiviano nel 1991, a soli 8 km dalla capitale Malé.

L’isola di Thilafushi adibita a discarica

Lunga 7 km e larga 200 metri, Thilafushi si estende per circa 50 ettari, ma cresce di anno in anno proprio alimentata dai rifiuti. E il rischio è che l’innalzamento delle acque finisca per “portare via” i rifiuti più vicino alla costa, con conseguente contaminazione delle acque e di agenti inquinanti nella catena alimentare del delicato ecosistema della barriera corallina.

Un bambino maldiviano cerca materiale riciclabile tra i rifiuti galleggianti

Le soluzioni: barriere naturali, educazione ambientale e coinvolgimento della popolazione locale

Per arginare l’innalzamento delle acque è sceso in campo anche il MIT (Massachusetts Institute of Tecnhology) di Boston che, insieme a Invena, l’organizzazione maldiviana per la tutela delle isole, ha progettato un sistema di strutture subacquee naturali per creare una barriera in punti strategici.

Il progetto del MIT per creare barriere naturali

Le strutture, posizionate in punti strategici e adattabili ai cambiamenti stagionali e alla direzione delle tempeste, sfruttano il movimento delle onde per accumulare sabbia drenandola dal fondo marino e di fatto ricostruire le coste “mangiate” dalle acque. Nei mesi scorsi è stato posizionato il primo avamposto sperimentale e, se i risultati saranno quelli attesi, si potrà estendere il progetto alle altre isole del mondo minacciate dall’innalzamento del livello del mare.

Gli studiosi del MIT posizionano una barriera mobile

Sul fronte dei rifiuti, invece, si sta mettendo in atto una vera e propria campagna di educazione ambientale che coinvolge le scuole, la popolazione locale, gli operatori turistici e gli stessi ospiti. Tra le azioni del governo anche l’obiettivo “plastic free” entro il 2025, una sempre minore dipendenza dal carbon fossile per ridurre le emissioni inquinanti, il potenziamento della raccolta differenziata e accordi con l’India per il trasposto di una parte di rifiuti da smaltire in cambio di accordi commerciali.

Turisti e maldiviani impegnati nel recupero dei rifiuti sulle spiagge

IL TURISMO DELLE MALDIVE

Infine, un altro aspetto non meno importante, è quello che, negli ultimi dieci anni, ha visto coinvolgere nel sistema turistico la comunità locale, con l’apertura di circa 500 guest house gestite da maldiviani. Questo consente non solo una maggiore ricaduta economica sulla popolazione, ma anche la possibilità, per i visitatori, di conoscere e “vivere” le isole in maniera più autentica, nell’’ottica del rispetto e della conoscenza reciproca.

Campagna di educazione ambientale in una scuola

Alla luce di quanto scritto, quindi, se non ci siete ancora stati, o desiderate ritornare alle Maldive, vi invitiamo a visitarle in maniera consapevole, augurandoci che tutto quanto si sta mettendo in atto per proteggerle serva per preservarle dai cambiamenti climatici e dalla mano dell’uomo.

Malè, una metropoli nell’Oceano

Tutti i voli internazionali atterrano a Malè, la capitale delle Maldive. Vi consigliamo di fermarvi qualche giorno prima di raggiungere la vostra destinazione finale, per ammirare questa metropoli ricca di contrasti.

Veduta aerea di Malé, la capitale delle Maldive occupa un’intera isola

Malè, infatti, è l’unica capitale al mondo ad occupare un’intera isola. La visuale che offre a chi arriva qui, via mare o in aereo, è quella di una moderna metropoli, in cui vivono circa 80.000 persone. Il panorama eterogeneo si compone di decine di palazzi a più piani e dai vivaci colori pastello, che contrastano con le costruzioni bianche e grigie dei palazzi governativi che si affacciano sul lungomare.

Grattacieli e case galleggianti a Malé

La città è divisa in quattro quartieri: la zona dei palazzi amministrativi e governativi (Henveiru), la zona residenziale (Galolhu),la zona centrale in cui si concentrano i negozi (Machangolhi) e la zona del porto e dei cantieri navali (Maafannu). Tutte le strade, dalle più grandi, chiamate magu, alle secondarie, higun, fino ai vicoli, gohali sono pavimentate con mattonelle di pietra grigia.

Una strada della capitale maldiviana

La Boduthakurufannu Magu è la strada che costeggia l’isola sul lato di nord-est e separa il porto in cui approdano i dhoni dai palazzi governativi, dalle banche e dai ministeri. Costeggia la Jumhooree Maidan, la piazza più grande della città; poco distante, si possono vedere i dhoni da pesca allineati ed i banchetti del mercato del pesce. La strada è affollata di commercianti ed acquirenti, che fanno la spola tra i depositi ed il mercato.

Mercato del pesce a Malé

 

I MERCATI LOCALI DI MALÉ

Accanto al mercato del pesce si può passeggiare tra le bancarelle di un curioso mercato degli oggetti usati e del mercato ortofrutticolo, sulle quali si possono trovare succosi frutti esotici, polpose banane e saporite papaye. Insieme alla frutta sui banchi si trovano anche le spezie per insaporire i cibi, inclusi gli ingredienti per il caratteristico “chewingum” maldiviano: foglie verdi, fettine di noce moscata, tabacco, chiodi di garofano e calce di corallo.

Uno dei tanti mercati locali a Malé

Parallela a Boduthakurufannu Magu, Medhuziyaarai Magu è la strada che offre le più importanti testimonianze storiche. Tra queste, la Grande Moschea del Venerdì, in grado di ospitare, sotto alla sua cupola dorata, oltre 5000 fedeli in preghiera. Il minareto sovrasta il Centro Islamico, inaugurato nel 1984 e costruito per diffondere la cultura musulmana.

Il Centro Islamico di Malé con il minareto

Poco distante, Sultan Park è un piccolo giardino ben curato, residuo di un ben più grande e rigoglioso giardino del sultano, su cui si affaccia il Museo Nazionale. L’antica moschea di Hukuru Miskiiy, che si incontra proseguendo verso est, è costruita con blocchi di corallo e racchiude importanti testimonianze della conversione delle Maldive all’Islam.

L’antica moschea di Hukuru Miskiiy

Accanto alla moschea spicca un piccolo minareto dalle vivaci decorazioni blu e verdi e l’antico palazzo del sultano, il Muleeaage, sede, fino al 2001, degli uffici presidenziali.

Il Muleeaage, l’antico palazzo del sultano

Destinazione…Dhigufinolhu

Qualunque sia l’isola in cui trascorrerete le vostre vacanze, in un resort o in un a guest house, vi invitiamo a tenere sempre in mente la fragilità di questi meravigliosi paesaggi. Ogni piccolo gesto, infatti, può fare la differenza.

Noi abbiamo scelto Dhigufinolhu nell’atollo di Malè Sud, raggiungibile dalla capitale in 45 minuti di aliscafo. Dhigufinolhu è una lingua di sabbia al centro di una laguna. La sua conformazione naturale la rende un luogo ideale per una vacanza rilassante e sportiva al tempo stesso.

Qui basta una maschera ed un paio di pinne per immergersi nell’affascinante natura del reef che offre anche ai meno esperti la visione sublime di pareti di corallo alte decine di metri, in cui dimorano migliaia di esseri viventi, dalle tartarughe alle mante, dalle murene ai piccoli squali.

A pelo d’acqua, i coloratissimi pesci angelo, i pesci farfalla, i pesci chirurgo ed i peschi balestra sono incuriositi dalla presenza umana e si avvicinano senza timore. Il tutto in una caleidoscopica cornice di gorgonie, coralli e spugne.

Da Bodu Huraa a Veligandu

Una bella escursione è quella alla vicina isola di Bodu Huraa, collegata a Dhigufinolhu da pontili sospesi a pelo d’acqua. Passeggiare sospesi tra due tonalità di azzurro, quella cristallina e trasparente del mare e quella intensa del cielo privo di nuvole, trasmette la sensazione di essere sospesi in una dimensione senza spazio e senza tempo.

Compagni irresistibili del soggiorno a Budu Huraa i delfini sono soliti accompagnare le giornate dei villeggianti affiancando i dhoni, le caratteristiche imbarcazione locali, che trasportano i sub nei punti di immersione. I loro spruzzi giocosi allietano il paesaggio dell’orizzonte, mentre i loro inconfondibili fischi di richiamo si possono udire anche sott’acqua.

Da Bodu Huraa si può poi raggiungere Veligandu Huraa, un piccolo gioiello situata al centro delle altre due isole. Il suo nome, in lingua dhivehi, significa “striscia di sabbia”, un appellativo che ben caratterizza le sue dimensioni ridotte e le sue spiagge bianche e preziose, circondate da una vegetazione lussureggiante.

Oltre allo splendido mare e alle spiagge bianchissime, al centro dell’isola, a pochi passi dalla spiaggia, si può vedere una piccola moschea, fulcro religioso dei locali.

Viaggiatori indipendenti, istruzioni per l’uso

Di solito chi si reca alle Maldive prenota un soggiorno all inclusive. I viaggiatori indipendenti o chi desidera visitare autonomamente le isole può incontrare qualche difficoltà legata ai trasporti oppure ai permessi.

Le isole abitate dalla popolazione maldiviana infatti sono nettamente distinte dagli atolli a esclusivo uso turistico. Ai turisti è permesso sbarcare su un’isola abitata da maldiviani solo dopo aver richiesto un permesso al Ministero dell’amministrazione degli Atolli e dopo il nulla osta del Bodu Katibu, il capo villaggio nominato dal governo, o, in sua assenza, del suo vice, il Kuda Katibu.

In ogni caso, è necessario essere sempre accompagnati da una guida del posto e rispettare le tradizioni religiose, tra cui il divieto di consumare alcool o carne di maiale e di indossare bikini solo in barca o sulle spiagge isolate.

Da Holhudhoo a Fehendhoo

L’opportunità di visitare un villaggio maldiviano è data proprio dall’apertura delle guest house gestite da locali. Tra queste c’è l’Ocean Village, una delle prime, che si trova sull’isola di Holhudhoo, nell’atollo settentrionale di Noonu.

L’isola è abitata da circa 2000 maldiviani ed è possibile ammirare le case dei locali dai colori pastello, sulle quali spicca il minareto turchese della moschea e un piccolo supermercato che vende prodotti locali. Ai lati delle strade, al posto delle panchine, ci sono invece le joali fathi, poltrone-amache da cui godere della vista dell’oceano.

Un’altra bella meta, o escursione, è quella all’isola di Fehendhoo, sull’atollo di Baa, che si raggiunge in un paio di ore di traghetto da Malé. L’isola è inclusa nella Riserva della Biosfera UNESCO ed è un paradiso per gli amanti di snorkeling e immersioni per la sua ricca biodiversità.

Lungo la barriera corallina, infatti, c’è uno dei manta point più rinomati per l’osservazione delle mante, ma anche di squali balena.

Qui si trova la guest house White Lagoon le cui sistemazioni possono sembrare piuttosto spartane rispetto al lusso dei grandi resort, ma la possibilità di socializzare con i maldiviani e, magari, osservare i pescatori che tirano a riva le loro reti o giocano a dadi al tramonto è impagabile.

Ogni isola, poi, è dotata di un approdo per i dhoni, le caratteristiche imbarcazioni maldiviane, piccoli cantieri per la loro costruzione e tettoie dove lavorare il pesce appena pescato.

COME ARRIVARE ALLE MALDIVE

Non è difficile trovare un volo diretto tra l’Italia e le Maldive, anche attraverso portali come edreams e skyscanner che mettono a confronto le varie compagnie e tariffe. Per esempio, volano da Roma e Milano a Malé Alitalia (www.alitalia.com), Air Italy (www.airitaly.com), Neos (www.neosair.com).

DOVE DORMIRE ALLE MALDIVE

*Anantara Dhigu Maldives Resort*****, Dhigufinolhu (Dhigu Island), Maldive, tel + 960 664 4111, www.anantara.com/en/dhigu-maldives. Il resort è circondato da lingue di sabbia bianchissima ed è collegato da ponteggi ai villaggi di Bodu Huraa e Veligandhu Huraa. Ottima cucina internazionale con servizio a buffet.

*Ocean village Maldives Holhudhoo, Boduthakurufaanu Magu, Holhudhoo, Maldive, tel + 960 999 6892, www.oceanvillagemaldives.com Bella e moderna guest house su un’isola privata, circondata da acque cristalline e foresta rigogliosa. Ottimo punto di osservazione di mante e delfini.

*White Lagoon, Miskithdhoshuge Mai Magu Fehendhoo, Baa Atoll, tel +960 777 6893, www.whitelagoonmaldives.com. Bella guest house arredata in modo semplice, a pochi passi dalla spiaggia con possibilità di escursioni e attività sportive.

DOVE MANGIARE ALLE MALDIVE

*Sea House Café, Dhathuruvehi 3, Boduthakurufaanu Magu, Malé, tel + 960 333 2957, www.seahousemaldives.com. Nelle vicinanze dell’aeroporto, è aperto 24 h su 24 per colazioni, pranzi, cene e spuntini. Con formula a buffet, cibo di qualità a buon prezzo.

*Thai Wok Restaurant, Ameer Ahmed Magu, Malè, tel. +960 310 007, www.facebook.com/ThaiWokRestuarants/ . Ristorante thailandese tra i migliori della capitale. Da provare la zuppa Tom Yum, l’insalata di papaya, il mango con riso e il kangkung di manzo.

INFO

www.visitmaldives.com




Sao Tomé e Principe, un ecosistema a rischio per colpa dell’uomo

Durante l’anno che sta per concludersi i media di tutto il mondo hanno parlato del Brasile e della deforestazione che sta impoverendo la foresta Amazzonica, a un ritmo vertiginoso. Ci sono, tuttavia, altri luoghi nel mondo, un tempo veri e propri paradisi naturali e sacrari della biodiversità, di cui si parla meno, ma che stanno andando incontro allo stesso destino.

Tra questi c’è la Repubblica Democratica di São Tomé e Principe, la seconda nazione più piccola dell’Africa. Situata lungo l’Equatore, a 300 km al largo della costa del Gabon, nel Golfo di Guinea, nell’Africa occidentale, si compone di due isole principali, São Tomé, che ha una superficie di 836 kmq, e Principe, di appena 128 kmq più sette isolotti rocciosi. Proprio le dimensioni ridotte delle isole hanno fatto sì che, più che in altri luoghi, qui i cambiamenti ambientali abbiano messo a serio rischio l’ecosistema, la biodiversità e gli stessi abitanti.

Tutta colpa dell’olio di palma

L’emergenza di São Tomé si chiama deforestazione. E la colpa è delle multinazionali che hanno sostituito la foresta equatoriale con piantagioni di palme da olio. Il prodotto principale di queste piante, l’olio di palma, infatti, è economico, redditizio e versatile, e può essere utilizzato in tutto il mondo non solo nell’industria alimentare, ma anche in un’infinità di prodotti, tra cosmetici, dentifricio, detergenti e bio diesel. Il tutto, però, a discapito della natura e dell’ambiente.

Frutto della palma da olio 

È il 2009 quanto il governo di São Tomé concede 5000 ettari, pari al 5% del territorio del paese, ad Agripalma, che fa capo alla multinazionale belga lussemburghese Socfin. Secondo le intenzioni del governo, gli investimenti della multinazionale avrebbero dovuto contribuire allo sviluppo economico di alcune zone povere dell’arcipelago.

La deforestazione vista da un drone

La realtà, tuttavia, si dimostra molto diversa. La multinazionale, infatti, sembra non rispettare il diritto ambientale delle isole a tutela e conservazione della fauna, della flora e delle Aree protette, oltre all’impatto ambientale.

Ruspe in azione nella foresta per fare posto alle piantagioni di palme da olio

Un’inchiesta della sezione francese di Greenpeace, partita in seguito alle proteste degli abitanti di São Tomé ha rilevato come siano state abbattute zone di foresta non comprese nella concessione e che le coltivazioni di palme da olio si siano estese su terreni utilizzati dalla popolazione per l’agricoltura di sussistenza, in particolare nelle aree adiacenti al Parco Nazionale di Obo.

Alberi bruciati ai confini con il Parzo Nazionale di Obo

È nato quindi un movimento civico per sensibilizzare il governo e chiedere di fermare la deforestazione. I cambiamenti ambientali, tuttavia, sono tangibili e mettono a serio rischio l’ecosistema.

Un aiuto dall’Italia e dall’ONU

In questo quadro c’è anche una buona notizia, anzi due. L’Onu, di cui la Repubblica di São Tomé e Principe fa parte, finanzierà con 4,1 milioni di euro un progetto per promuovere la funzionalità degli ecosistemi e contrastare gli effetti dei cambiamenti climatici. In particolare, si punta a favorire il ripristino e la gestione delle foreste, migliorare lo sfruttamento delle risorse forestali in un’ottica sostenibile e contrastare il disboscamento illegale.

Lo scorso anno, poi, anche l’Italia ha firmato a Katowice un protocollo di intesa con la Repubblica di São Tomé e Principe che prevede un cofinanziamento di 2 milioni di euro a supporto di programmi di promozione e sviluppo di energie rinnovabili, preservazione della biodiversità, scambio di risorse umane e cooperazione per contrastare i cambiamenti climatici e promuovere la gestione sostenibile dei rifiuti.

Andare a São Tomé…per una volta

Fuori dalle rotte del turismo di massa São Tomé e Principe è una destinazione che ha molto da offrire, grazie alla sua natura rigogliosa, alle sue spiagge incontaminate e ai suoi picchi di origine vulcanica. Un turismo sostenibile, poi, contribuisce all’economia della popolazione, smarcandola dal business legato all’olio di palma. Ecco perché vale la pena sceglierla come terra da scoprire e meta di una prossima vacanza.

La capitale, Saõ Tomé

La capitale, Saõ Tomé è la città più grande dell’arcipelago e si trova a 5 km dal Saõ Tomé International Airport, dove arrivano tutti i voli internazionali. La città offre un bel esempio di architettura coloniale, mescolata a una frizzante atmosfera africana. Le sue dimensioni ridotte la rendono facilmente visitabile anche a piedi.

Taxi in coda davanti al mercato principale di Saõ Tomé

Potete cominciare con una visita alla cattedrale di Santa Fé, situata di fronte al Palácio Presidencial, un singolare edificio color rosa pastello, sede della presidenza della Repubblica.

Il Palácio Presidencial,

Al di là della strada pedonale si trova il fiume Agua Grande, attraversato da diversi ponti, che conducono in altre zone interessanti della città. Lasciandosi il fiume sulla destra si arriva al litorale, dove, presso la baia di Ana Chaves, si possono incontrare i pescatori intenti a scaricare il pesce appena pescato dalle loro variopinte canoe.

La baia di Ana Chaves al tramonto

Poco distante, merita una visita anche Feira do Ponto, un altro pittoresco mercato dove si può trovare davvero di tutto, dal pesce alla carne, dagli abiti agli utensili, ai manufatti di artigianato. Poco distante, il Mercado Municipal consente di immergersi nella vita quotidiana degli abitanti dell’isola e acquistare ottima frutta tropicale, verdura, uova e fiori.

L’ingresso del Mercado Municipal

Subito a destra, si trova, invece, il Palácio de Justiça, dalla parte opposta della strada, c’è invece il Parque Popular è un’oasi di verde nel cuore della città, dove potersi concedere una pausa in uno dei numerosi bar e ristoranti. Tornando verso il lungomare, sulla destra, si può trovare la piccola cappella del Bom Jesus, mentre, sulla sinistra, si trova il porto di Saõ Tomé, da dove partono i collegamenti per l’isola di Principe.

Verso l’isola di Principe

In questa merita una visita la splendida fortezza di São Sebastião, sede del Museo Nazionale. Costruito circa 400 anni fa, conserva testimonianze della storia dell’isola.

La fortezza di São Sebastião,

Di fronte alla fortezza si trova anche il monumento degli scopritori dell’arcipelago, João de Santarém, Pêro Escobar, che sembrano dare il benvenuto ai visitatori.

Le statue degli esploratori portoghesi che hanno scoperto l’arcipelago

Sempre seguendo il lungomare, si arriva in un pittoresco quartiere residenziale, dove i muri delle case sono dipinte da colori pastello. A poche centinaia di metri si trova anche il Palácio dos Congressos uno splendido e moderno edificio costruito dopo l’indipendenza del paese, nel 1975.

 

Il moderno Palácio dos Congressos

Le spiagge di Saõ Tomé

L’isola vanta ben 209 chilometri di costa con spiagge variegate tra sabbia bianca e nera oppure ciottoli. Le più belle si trovano nella parte Nord, come la splendida Lagoa Azul. La spiaggia è piuttosto piccola e sassosa, ma si specchia in una laguna dove i colori dell’acqua spaziano dal blu al turchese al verde smeraldo.

Panorama della Lagoa Azul.

La laguna è circondata da prati verdi e alberi di baobab mentre, da un piccolo promontorio situato alle sue spalle si può ammirare il panorama dell’intera isola.

Le rocce vulcaniche a Praia das Conchas

Un’altra bella spiaggia del Nord è Praia das Conchas. Proseguendo lungo la costa Est, all’altezza di Agua Izè, si trova poi la spettacolare Boca do Inferno. La forma della scogliera, infatti, fa sì che il mare si incanali in uno stretto corridoio e, successivamente, in una grotta. Quest’ultima rimane scoperta per un tratto e, a seconda del movimento delle onde, emette un impressionante sbuffo d’acqua

La spettacolare Boca do Inferno.

Nella zona Sud, a circa 85 km dalla capitale, si trovano invece le spiagge di Praja Piscina e di Praia Jalè, dove non è difficile incontrare le tartarughe marine giganti, che vi fanno tappa per deporre le loro uova.

Le sabbie dorate di Praia Jalè

L’osservazione delle tartarughe avviene all’alba ed è resa possibile grazie ad un progetto di conservazione della biodiversità realizzato dalla Ong Marapa (www.marapa.org). La Ong organizza anche escursioni come un suggestivo tour delle mangrovie, l’osservazione dei delfini e possibilità di visitare i villaggi e mangiare con la popolazione locale.

Una tartaruga marina intenta a deporre le uova

L’Obo National Park e la sua biodiversità

Per chi desidera alternare le giornate sulla spiaggia all’escursionismo e al trekking, l’interno dell’isola offre splendidi paesaggi di vulcani spenti, montagne e cascate, il tutto circondato da una rigogliosa vegetazione tropicale.

La folta vegetazione equatoriale dell’Obo National Park

Un buon punto di partenza è la cittadina di Trinidade, da dove si può iniziare la salita al Pico Saõ Tomé , un vulcano spento che, con i suoi 2.024 metri, è la vetta più alta dell’isola. Il tour operator locale Navetur – Equatour (www.navetur-equatour.st) per esempio, propone escursioni al Pico Saõ Tomé e alla Laguna Amelia.

Verso il Pico Saõ Tomé

Da non perdere poi la Cascata di Sao Nicolau, uno spettacolare salto d’acqua circondato da una fitta vegetazione tropicale e da fiori variopinti.

La Cascata di Sao Nicolau

Il Pico Saõ Tomé si trova all’interno del Obo National Park, che copre il 30% della superfice del paese. Suddiviso in due aree, una di 235 km quadrati sull’isola di Saõ Tomé e l’altra di 65 km quadrati sull’isola di Principe, include diversi percorsi turistici, lungo i quali è possibile compiere escursioni guidate, molte delle quali partono da Bom Successo, per ammirare la favolosa biodiversità, tra cui la foresta equatoriale, le mangrovie, diverse specie di orchidee, ma anche uccelli, scimmie e insetti.

Uno degli ospiti del parco

Altre vette importanti dell’area sono il Pico de Principe, che raggiunge quasi i 1000 metri, il Pico Calvário, il Pico Cabumbé, Pico Papagaio, e il Pico Cão Grande. Mete che, siamo sicuri, vi lasceranno un bagaglio di emozioni e ricordi da portare sempre con sé.

COME ARRIVARE

Dall’Italia si può raggiungere Saõ Tomé da Roma, con scalo a Lisbona, con la compagnia aerea portoghese TAP (www.flytap.com). Da Lisbona a Saõ Tomé occorrono circa 8 ore di volo. Anche la compagnia delle isole STP Airways (www.stpairways.st) invece collega regolarmente Lisbona a Saõ Tomé.

DOVE DORMIRE

*Bom Bom Island Resort****, Principe Island, tel. +239 2251141, www.bombomprincipe.com). Situato sull’isola di Principe, dispone di 25 bungalows situati di fronte a due splendide spiagge. Disponibile anche un ristorante, bar e club house.

*Pestana Miramar São Tomé ****, Av. Marginal 12 de Julho, 69 Água Grande, São Tomé e Príncipe, tel +239. 222 2778, www.pestana.com. Dispone di  54 camere e 5 suite, ognuna dotata di balcone e aria condizionata. A disposizione piscina e giardino tropicale di 1000 metri quadrati, ristorante con cucina internazionale. Possibilità di organizzare escursioni.

*Omali Lodge****, Praia do Lagarto, São Tomé e Príncipe, tel +239 222 2350, www.omalilodge.com . A 1,5 km dalla capitale São Tomé, nel cuore dell’Obo National Park, dispone di 30 suite con aria condizionata, satellite, collegamento wireless, due piscine con bar e Spa, campi da tennis e palestra. Per gli ospiti incluso nel servizio trasferimenti da e per l’aeroporto.

DOVE MANGIARE

*Filomar, Praia Lagarto, Sao Tome, São Tomé Island, +239 222 1908. Sulla strada per l’aeroporto, vicino a Marlin Beach, propone un menù di carne e di pesce fresco. Tra le specialità: pesce alla griglia con salsa di frutti di bosco ed erbette.

*Paraiso dos grelhados, Av. do Marginal, São Tomé, , tel +239 224469.
Locale economico, che offre ottimi e abbondanti piatti locali e pesce alla griglia. Si mangia all’aperto.

*Xico’s Café, Praça de Solidariedade e Amizade entre os Povos, São Tomé, tel. +239 222 1557. Simpatico locale adatto per spuntini e merende. Offre snacks dolci e salati e ottime crepes. Happy hour a base di prodotti locali.

INFO

www.visitsaotome.com

www.saotomeislands.com




Glacier National Park (Montana), il parco che rischia di “sciogliersi”

Con i suoi 4045 kmq il Glacier National Park è uno dei parchi più grandi degli Stati Uniti e nel suo territorio comprende due catene montuose, più di 130 laghi, cascate, centinaia di fiumi, panorami mozzafiato, più di mille specie di piante e centinaia di specie di animali diversi, tra cui grizzly, orsi neri, puma e ghiottoni. Situato nello stato del Montana, al confine con le province canadesi dell’Alberta e della Columbia Britannica, il Glacier National Park è un altro dei gioielli naturali che rischiano si scomparire a causa del riscaldamento globale.

Una capra sembra osservare i pezzi di ghiaccio sciolti sul lago

Nel 1850, infatti, erano presenti 150 ghiacciai, oggi ne sono rimasti soltanto 25. E si pensa che anche questi siano destinati a scomparire entro il 2030. La gravità della situazione viene monitorata dal Northern Rocky Mountain Science Center, che, a partire dal 1997, ha scattato una serie di fotografie per documentare lo scioglimento dei ghiacci, con risultati preoccupanti.

Quello che resta dei ghiacciai su alcune cime del parco

Temperature estive che a duemila metri superano i 30°C, un aumento di 1,8°C superiore all’incremento medio globale, estati più lunghe e fiumi che si ingrossano alimentati dai ghiacciai sciolti hanno modificato l’ambiente naturale, mettendo a rischio le specie animali e i loro bioritmi.

Molte stazioni sciistiche, poi, hanno dovuto chiudere i battenti, con ripercussioni anche sul turismo. Ecco perché abbiamo scelto il Glacier National Park tra le mete da visitare…”Per una volta”, prima che il suo volto cambi irrimediabilmente.

Lungo la “Going to the Sun Road”

A nostro avviso, il modo migliore per visitare il Glacier National Park è con un’auto a noleggio, in modo da rispettare i propri tempi e ritmi senza “correre” e godere a pieno dello spettacolo della natura.

Il parco è attraversato dalla spettacolare Going to the Sun Road, famosa perché “immortalata” nel capolavoro di Stanley Kubrick Shining, nella scena dove la famiglia Torrance si dirige verso l’Overlook Hotel (che invece si trova in Oregon).

Auto sulla panoramica Going to the Sun Road 

La strada, lunga circa 80 km, è stata completata nel 1932 ed è l’arteria principale delle Rocky Mountains, l’unica che attraversa il parco tagliando la Continental Divide, che separa l’oceano Pacifico dall’oceano Atlantico. Si tratta di una strada molto impegnativa che, tra saliscendi e tornanti, sembra quasi inerpicarsi verso il cielo. I panorami e gli scorsi che consente di ammirare sono tuttavia indimenticabili e ne vale davvero la pena.

La Going to the Sun si può percorrere anche in bicicletta

La Going to the Sun Road si può percorrere interamente da giugno a metà ottobre, che è anche il periodo migliore per visitare il parco. Durante gli altri mesi, rimane chiusa in alcuni punti.

Gli ingressi a Ovest e a Est

Entrando dal lato ovest la strada costeggia la riva orientale del Lago McDonald, situato a 916 metri di altezza. Con i suoi 16 km di lunghezza e 1,6 di larghezza è il più grande del parco. Le sue acque sono talmente cristalline che riflettono come in uno specchio le montagne che lo circondano, dando vita a uno scenario mozzafiato.

Canoe sul McDonald Lake, dove si possono praticare escursioni in barca e sport acquatici

Sul lato ovest della Continental Divide incontrerete invece il Garden Wall, una splendida distesa fiorita di 2743 metri. Consigliata una tappa al Logan Pass, a 2026 metri di altezza, che prende il nome dal primo sovrintendente del parco, il maggiore Logan.

Il Garden Wall, in primavera e in estate si trasforma in una distesa di fiori

Ospita la cima più alta di tutto il parco, ben 2816 metri e da qui si può godere della vista del Jackson Glacier, uno dei ghiacciai più belli.

Una veduta del Jackson Glacier, tra i più belli del parco

Consigliata una tappa per percorrere l’Hidden Lake Overlook trail, un percorso di 2,2 km che parte dal Logan Pass Visitor Center e porta all’omonimo lago. Il sentiero è in salita, ma fatto per lo più di passerelle, gradini e ponti e attraversa splendide vallate attraversate da ruscelli dove è possibile avvistare anche gli animali selvatici.

Gli splendidi colori dell’Hidden Lake

Se, invece, decidete di percorrere la Going to the Sun Road dal lato est, gli accessi al parco sono quello di St Mary, Two Medicine e Many Glacier, che è anche un ottimo punto di partenza per visitare l’omonima vallata. Il centro più importante della zona è invece Browning, ideale anche per pernottare.

Il Many Glacier si riflette sullo Swiftcurrent Lake

Dai centri visitatori di Apgar e St Mary, invece, parte un servizio navetta (ogni 15 minuti) che percorre la Going to the Sun Road soffermandosi nei punti più panoramici.

I trekking da non perdere nel Glacier National Park

Il Glacier National Park è aperto tutto l’anno ed è un autentico paradiso per gli amanti del trekking e delle passeggiate, una maniera autentica per ammirare la natura in tutti i suoi dettagli e sfumature.

Escursionista sull’Highline Trail

Tra i percorsi più lunghi c’è l’Highline Trail, un sentiero che si addentra per 30 km lungo il Continental Divide e arriva fino al Fifty Mountain Campground. Non è necessario tuttavia percorrerlo tutto e si può dividere in più tappe. Dopo 12 km circa, per esempio, si arriva a Granite Park, attraversando valli glaciali e vette da cartolina. Qui è di casa il ghiottone, tra gli animali simbolo del parco.

Uno chalet a Granite Park

Un altro incantevole percorso è l’Iceberg Lake Trail, di circa 15 km, che si snoda tra prati, boschi e ruscelli, con le montagne sulle vostre teste. Dopo 4,3 km si incontrano le splendide Ptarmigan Falls, cascate cristalline circondate da una vegetazione lussureggiante.

Le pittoresche Ptarmigan Falls

Meta finale del sentiero è l’Iceberg Lake, che deve il suo nome ai blocchi di ghiacci che, in estate, galleggiano sulla sua superficie. Le sue sfumature e i suoi colori, in tutte le stagioni, sembrano uscire dalla tavolozza di un pittore.

Ghiaccio galleggiante sull’Iceberg Lake

Un’altra bella escursione è la Swiftcurrent Lake Nature Trail, di appena 4,3 km, che, di fatto, circonda il lago omonimo, dove è possibile avvistare alci e orsi. E, a proposito di orsi, attenzione ai cartelli e alle avvertenze. Gli uffici del parco forniscono una bomboletta di spray al peperoncino per allontanarli in caso di pericolo. Tuttavia, in caso di avvistamento, è prudente osservare questi animali a distanza di sicurezza.

Un grizzly, uno degli incontri che si possono fare nel parco

Il Trail of Cedars e i grandi laghi

Facile e alla portata di tutti, il Trail of Cedars è un percorso di 1,2 km tra andata e ritorno che si snoda attraverso una foresta di cedri antica di 500 anni e conduce al cospetto di una pittoresca cascata con tutte le sfumature del blu, che si staglia sul fondo di una stretta gola.

La passerella che attraverso un bosco di cedri nel percorso del Cedars Trail

Si può poi proseguire fino all’ Avanlanches Lake, un meraviglioso lago di origine glaciale, lungo un sentiero di 3,7 km e con un dislivello di 200 metri.

L’Avanlanches Lake di origine glaciale

Una delle escursioni più belle e impegnative è quella che porta al Grinnel Lake, lungo un sentiero di 18 km che parte dal Many Glacier Hotel e segue per un tratto lo Swiftcurrent Lake. Per accorciare il percorso, si può prendere un battello ed essere “traghettati” fino alla riva opposta. Da qui il sentiero prosegue in un paesaggio da fiaba fino al cospetto di uno stupefacente specchio d’acqua dalle sfumature turchesi. Salendo ancora si arriva al ghiacciaio.

I colori del Grinnel Lake

Tra i laghi più belli del parco anche Hidden Lake, uno specchio d’acqua di 3,2 km di lunghezza e 1 km di larghezza, circondato da suggestive montagne che si riflettono nelle sue acque. Si raggiunge dalla Sun Road, presso Logan Pass, da dove inizia il sentiero.

Lo splendido panorama del St Mary Lake

Il St Mary Lake è invece il secondo lago più grande del parco e si trova a 1367 metri di altezza. In inverno è spesso ghiacciato e regala panorami da fiaba, difficili da trovare altrove.

Le cascate più belle del Glacier National Park

Altri sentieri segnalati consentono di ammirare le tante cascate che caratterizzano il Glacier National Park. Tra queste ci sono le St Mary Falls & Virginia Falls, che si raggiungono attraverso un percorso poco impegnativo di circa 5 km, che si snoda attraverso una foresta di conifere. Le cascate sono divise in tre complessi e sono alte circa 10 metri. Si gettano in uno specchio d’acqua che spicca per le sue incredibili sfumature turchesi.

Le pittoresche St Mary Falls & Virginia Falls

Dalla Sun Road si possono invece ammirare le Bird Woman Falls, una cascata scenografica alta ben 290 metri, che porta il nome di una donna della tribù pellerossa dei Piedi Neri, un tempo abitanti del parco e ora ospiti di una vicina riserva.

Le Bird Woman Fall prendono il nome da una donna della tribù pellerossa dei Piedi Neri

Attraverso un altro semplice sentiero pianeggiante si arriva invece al cospetto delle McDonald Falls, un complesso di piccole cascate immerse in un bellissimo scenario naturale che si gettano nel McDonald Creek, un ruscello che, durante il periodo di scioglimento delle nevi, si gonfia fino a diventare il fiume più lungo del parco, che scorre per circa 40 km.

Le McDonald Falls, un complesso di piccole cascate dall’aspetto scenografico

A 4,8 km dal Logan Pass parte invece il percorso che porta al suggestivo Weeping Wall, letteralmente “Muro Piangente”, poiché proprio questo è l’effetto che fanno queste sorgenti naturali che sgorgano dalle pareti rocciose, soprattutto tra la fine della primavera e l’inizio dell’estate, quando la portata d’acqua aumenta e rende l’effetto ancora più suggestivo.

Lo strabiliante effetto scenico del Weeping Wall

Qualunque sia il percorso che desiderate seguire, prestate attenzione alle sfumature e agli “abitanti” del parco. Armatevi di macchina fotografica per immortalare marmotte, castori, trote, tartarughe, ma anche aquile reali e aquile calve e poi capre di montagna, alci, orsi neri e grizzly. Tra le piante e i fiori spiccano i muschi, i licheni, i ginepri, i larici, ma anche pini, abeti, aceri, mirtilli, margherite, gigli e tante specie di funghi.

Un ghiottone, animale che, insieme al grizzly, è tra i simboli del parco

E, mentre scattate e ammirate questi magnifici scenari naturali, pensate, per un attimo, che tra pochi decenni il Glacier National Park potrebbe non essere più quello che avete davanti ai vostri occhi.

COME ARRIVARE

Nei pressi del parco ci sono due aeroporti internazionali, il Glacier Park International Airport, vicino alla cittadina di Kalispell, nella parte Ovest, e il Great Falls International Airport, nella parte est. Dall’Italia si può prendere un volo diretto da Roma Fiumicino per Salt Lake City con Delta Airlines (www.delta.com) e poi da qui un volo interno sempre con Delta per il Glacier International Airport (circa 2 h di volo). In alternativa si può volare anche da diverse città italiane su Calgary, in Canada, e da qui si raggiunge l’aeroporto del parco con un volo interno, con United Airlines (www.united.com) o Alaska Airlines (www.alaskaair.com)

DOVE MANGIARE

*Backwoods BBQ & Breakfast, 12070 Highway 2, West Glacier, MT, tel +1 406 387 5689 Ristorante familiare che offre diversi menù tra primi piatti, carne alla griglia e anche colazioni. Buon rapporto qualità prezzo.

*Bajio Mexican Grill, 110 Hutton Ranch Road, Columbia Falls, Kalispell, MT, tel +1 406 756 2215, www.bajomexicangrill.com. Ristorante messicano che offre piatti come burritos, tacos, fajitas, ma anche insalate, zuppe e cotolette con salse. Per chi ama il genere.

*Nell’s at Swiftcurrent Motor Inn & Cabins, Columbia Falls, MT, tel +1 855 733 4522, www.glaciernationalparklodges.com Ristorante situato presso il lodge ma aperto a tutti. Oltre alla colazione, offre un menù con sandwiches, hamburger, patatine, tacchino arrosto, pizza, trote in diverse gustose versioni.

DOVE DORMIRE

*Village Inn Apgar, Lake View Dr, West Glacier, MT 59936 (USA), tel +1 855 733 4522, www.glaciernationalparklodges.com/lodging/village-inn-at-apgar

In splendida posizione, a ridosso del pittoresco McDonald Lake. Le camere si affacciano sul lago con una vista meravigliosa sia da quelle a piano terra che quelle al primo piano con terrazzo. Doppia da $179 (€ 161,24).

*Lake MacDonald Lodge, West Glacier, MT 59936, USA, tel + 1 855 733 4522, www.glaciernationalparklodges.com/lodging/lake-mcdonald-lodge/ Situato sul versante a nord del lago McDonald, questa struttura storica del 1913, oltre a una calda e accogliente architettura in legno, offre interni curati e particolari. A disposizione anche il ristorante. Doppia da $115 (€ 103,59).

*Many Glacier Hotel, 1 Rte 3, MT 59417, USA, tel +1 303 265 7010, www.glaciernationalparklodges.com/lodging/many-glacier-hotel/ . Storico albergo fondato nel 1915. Si affaccia sulle rive dello Swiftcurrent Lake e offre viste spettacolari sul lago e sulle montagne circostanti.

INFO

www.visitmt.com/glacier.html

www.nps.gov/glac/index.htm

 




Isole Kiribati, le “isole dell’anno nuovo”, che rischiano di scomparire

Sono il primo luogo del mondo a dare il benvenuto al nuovo anno, ma rischiano di non arrivare al 2100. Sono le isole Kiribati, di cui vogliamo parlarvi nella seconda puntata dedicata ai luoghi del mondo che rischiamo di perdere, o di vedere completamente mutare a causa dei cambiamenti climatici. 

Abitanti di Kiribati manifestano contro gli effetti dei cambiamenti climatici

L’arcipelago si trova nella regione pacifica della Micronesia, a Est dell’Australia e della Nuova Zelanda e a Ovest delle Hawaii. È composto da 33 isole, di cui solo 21 abitate, suddivise in tre gruppi, le Gilbert Islands, le Phoenix Islands e le Line Islands (o Sporadi Equatoriali). Insieme occupano un’area oceanica di 3900 km, di cui, tuttavia, solo 811 sono di terre emerse. Inoltre, su 33 isole, 32 sono atolli la cui altezza massima sul livello del mare è di pochi metri.

Negli ultimi anni, il livello dell’Oceano si è notevolmente alzato e più di un’isola delle Kiribati è stata sommersa dalle acque. Già negli anni Novanta sono state inghiottite dal mare le isole di Abanue e Bikeman, mentre, entro il 2025 rischia di scomparire anche la Millennium Island, famosa perché, è stata la prima a festeggiare l’entrata nel nuovo millennio, che è stato accolto da una grande festa a cui hanno partecipato giornalisti e curiosi e che è stato visto da un miliardo di persone in mondovisione.

Gli effetti dell’invasione dell’oceano in un villaggio 

Il pericolo di essere sommersi dall’Oceano è così reale e affatto remoto che è già pronto un piano di migrazione di massa per i 103 mila abitanti delle Kiribati, tra accordi con i governi dei paesi circostanti e acquisto di terre nelle isole Fijii.

Christmas Island (Kiritimati), l’atollo più grande del mondo

Quello che rende uniche le isole Kiribati, come vi abbiamo già accennato, è che sono il primo luogo al mondo a vedere l’alba del nuovo giorno e, di conseguenza, anche quella del nuovo anno. Ecco, allora, una motivazione in più per visitarle, magari per trascorrere un Capodanno diverso, lontano da tutto, circondati solo dalla natura e dal mare cristallino, prima che sia troppo tardi.

Veduta aerea di Kirikimati o Christmas Island

La primissim delle isole Kiribati a salutare il nuovo anno è l’atollo Caroline, che tuttavia è completamente disabitato. La prima isola abitata su cui si può salutare l’anno nuovo è Christmas Island, che deve il suo nome al giorno della sua scoperta da parte dell’esploratore James Cook, il 25 dicembre 1777.

Bambini su una spiaggia di Kirikimati

Nella lingua locale, il gilbertese, invece, si chiama Kiritimati, (ma si pronuncia Kirimass, come Natale in inglese!) e con i suoi 40 km di lunghezza e la sua larghezza media di circa 20 km è l’atollo più grande del mondo. Altra sua peculiarità è che sorge al centro del Pacifico, vicino all’Equatore e nei pressi della linea del cambio di data.

Panorama di Kirikimati, l’atollo più grande del mondo

Sull’isola di Kiritimati si trova uno dei due aeroporti dell’arcipelago, il Cassidy, che la collega alle isole Fijii e a Honolulu, nelle Hawaii. Già arrivando dal cielo, l’atollo si presenta in tutta la sua naturale bellezza, tra gli spettacolari panorami della gigantesca laguna che sorge proprio al centro, tra piscine naturali di acqua dolce e salata e piccoli villaggi che sembrano sospesi nel tempo.

Piscine naturali

Il modo migliore per muoversi sull’atollo è quello di noleggiare uno scooter, un minivan o una barca, anche con conducente, per muovervi in libertà. In alternativa, potete chiedere passaggi terrestri o marittimi agli abitanti, che sono molto cordiali e disponibili.

Kiritimati, i villaggi e la laguna

Cominciate la vostra visita ai villaggi, che a Kiritimati hanno nomi curiosi, come London, che conta 1900 abitanti, Banana, circa 1000, e Poland, appena 450, mentre il villaggio più grande, Tabwakea, ne conta in tutto poco più di 2000.

Cartello di benvenuto nel villaggio di Banana

Sarete sorpresi dalla semplicità delle abitazioni, dai negozi segnalati appena da un cartello, edifici semplici che si snodano lungo strade sterrate, fiancheggiate da una vegetazione brillante e rigogliosa.

Una strada di Kirikimati

Tutti i villaggi hanno poi una maneba, un luogo di ritrovo caratterizzato da una tettoia sostenuta da colonne, dove ci si può riposare, chiacchierare, ma anche fare feste o partecipare a funzioni religiose.

Spettacolo di danze locali in una maneba

Spostatevi poi verso l’immensa laguna interna. I paesaggi che attraverserete per arrivarci sono alquanto insoliti per un atollo. Il suolo sembra infatti ricoperto da una crosta di sale a causa dell’evaporazione. L’effetto è quello di un paesaggio desertico alternato a laghetti salati.

La laguna interna a Kirikimati

A mano a mano che vi avvicinerete alla laguna, invece, il suolo arido e “salato” viene sostituito da splendide piscine naturali dai colori che spaziano dal turchese al verde smeraldo. Le piscine sono circondate da spiagge di sabbia corallina, lambita da acque calde e tranquille, ancora lontane dal turismo di massa.

Piscine naturali nella laguna di Kirikimati

South Tarawa, la capitale delle isole Kiribati

L’altro aeroporto internazionale delle isole Kiribati si trova a Bonriki, da dove è possibile arrivare a South Tarawa, la capitale dell’arcipelago. Non si tratta, tuttavia, di una città, ma di isole che compongono la parte meridionale dell’atollo di Tarawa, che sono collegate tra loro da una rete stradale sopraelevata che va da Bairiki e Bonriki.

Arrivo a South Tarawa

A Tarawa si concentra la metà della popolazione del gruppo delle isole Gilbert, circa 50 mila persone. Un’altra caratteristica per cui vale la pena visitare la capitale sono le numerose testimonianze della Battaglia di Tarawa, tra Giapponesi e Americani, durante la Seconda Guerra Mondiale, che ha lasciato sugli atolli numerose testimonianze belliche, tra fortini, cannoni e navi da guerra.

Dall’aeroporto parte l’unica strada che segue il perimetro dell’atollo. I paesaggi alternano scenari tropicali a piccoli villaggi e centri abitati. Le case spesso sono costruite con pareti di legno e tetti di foglie di pandanus intrecciate. Questa pianta, molto comune nelle isole Kiribati, è nota per la sua resistenza e impermeabilità, che consente di resistere anche per dieci anni e fare fronte agli acquazzoni.

Una strada di Bairiki

L’economia delle isole è di sussistenza. Non essendo il turismo molto diffuso, la maggior parte della popolazione vive di pesca, di quello che ricava dall’ambiente e dagli animali da cortile. Non di rado, infatti, si vedono “pascolare” maialini e polli lungo le strade che portano ai villaggi.

Betio e gli “scheletri” della Seconda Guerra Mondiale

La maggior parte delle testimonianze della Seconda Guerra Mondiale, quando l’atollo di Tarawa Sud venne occupato dai Giapponesi, si concentrano sull’isola di Betio, sulla quale si trova anche una delle città più popolate e importante delle isole Kiribati. Qui si trovano edifici colorati in muratura, negozietti, chiese, un vivacissimo porto, una scuola e il principale ospedale delle isole.

Un bunker giapponese a Betio

Intervallate, però, a “scheletri” del secondo conflitto mondiale, tra bunker giapponesi, fortini crivellati di colpi, navi arrugginite abbandonate nella laguna, cannoni puntati ancora verso il mare.

La Phoenix Island Protected Area, patrimonio UNESCO

Anche se tutte le isole Kiribati sono dominate dalla natura tropicale, la sua espressione più vera e selvaggia la troverete nel gruppo delle Phoenix Island, che sono incluse nella Phoenix Islands Protected Area, inclusa dall’UNESCO tra i siti Patrimonio dell’Umanità.

Panorama della Phoenix Island Protected Area

Con i suoi 408.250 kmq, di cui solo 28 di terre emerse è la riserva marina più grande del mondo, nella quale vivono 120 specie di coralli e 500 specie di pesci, ma anche tartarughe marine, uccelli, granchi violinisti, granchi del cocco.

Anche l’uomo, nei secoli, ha lasciato la sua impronta. È possibile infatti ammirare alcuni antichi insediamenti polinesiani e micronesiani e alcuni siti di lasciati dai balenieri nel XIX secoli. Anche nella riserva, poi, non mancano i grandi scheletri arrugginiti di navi e carri armati risalenti alla Seconda Guerra Mondiale.

Le isole più remote, per visitarle bisogna chiedere: “È permesso?”

Tutto l’arcipelago delle isole Kiribati, fatta eccezione, forse, solo per le Sporadi occidentali, rovinate da tentativi di industrializzazione, sono un paradiso tropicale che chi ama gli sport acquatici, in particolare lo snorkeling e le immersioni.

Tra le isole più remote da non perdere c’è quella di Marakei, famosa per la sua laguna blu. Potete poi noleggiare una barca con conducente per raggiungere le piccole isole di Bitetawa e Teirio, disabitate dagli uomini, ma non dai pesci e altre specie marine e terrestri.

Una spiaggia sull’isola di Teirio

Altre isole da vedere sono Banaba, nel gruppo delle Gilbert, che presenta paesaggi mozzafiato, e Ambo Island, uno degli atolli che circondano Tarawa, con spiagge di sabbia bianca e impalpabile.

Pescatori ad Abaiang

Prima di visitare qualsiasi isola, in particolare quelle più remote, tenete presente che dovrete presentare la vostra richiesta al Consiglio locale, che dovrà avvallarvi il permesso. Un’altra usanza è quella di chiedere come “biglietto” per visitare templi o monumenti una “donazione” che può consistere anche in un pacchetto di sigarette! In cambio, sarete accolti con esibizioni di canti e balli tradizionali. Potrete poi essere invitati ad alloggiare in una kia kia, la tipica casa delle  isole Kiribati.

E, se con questo servizio vi abbiamo incuriosito, che decidiate o meno di visitare le isole Kiribati “per una volta”, o anche se siete rimasti incantati da queste immagini, pensate che anche questa meraviglia della natura rischia di essere sommersa dall’Oceano e scomparire per sempre.

COME ARRIVARE

Per arrivare alle isole Kiribati occorrono circa 20 ore. Dall’Italia non esistono voli diretti. Da Roma o Milano conviene raggiungere l’Australia (Brisbane) con Cathay Pacific, Qantas o Emirates. Una volta a Brisbane si vola con Fiji Airways o Solomon Air fino all’aeroporto di Bonriki e Tarawa Sud. In alternativa, si può volare anche via Londra con Emirates, con scalo a Dubai, fino a Sidney, e da qui fino a Bonriki.

DOVE DORMIRE

*Captain Cook Hotel***, Main Camp, Kiritimati (Kiribati), tel +68 673054413. Vicino all’aeroporto di Cassidy, si affaccia direttamente sulla spiaggia. Le camere hanno una splendida vista sulla laguna. Si può scegliere se alloggiare in una delle venti camere oppure in uno dei venti bungalow. Ristorante sulla spiaggia con menù di pesce fresco.

*Tabon Te Keekee, North Tarawa Abatao, Tarawa, Kiribati, tel + 68 673037514. Sull’atollo di Tarawa, dispone di diversi bungalow direttamente sulla spiaggia, concepiti nel rispetto dell’ambiente. A disposizione ristorante con vista sulla laguna con piatti della cucina locale e internazionale.

le acque cristalline delle isole kiribati

 Leggi anche:

Tuvalu, il paradiso che rischiamo di perdere

Maldive, il paradiso fragile

Isole Marshall, le perle del Pacifico che rischiano di essere inghiottite dall’Oceano




ALESSANDRO TROVATO, IL LUSSO DEL GRAND HOTEL DA VINCI E LA MAGIA DI CESENATICO (ANCHE D’INVERNO…)

Il Grand Hotel Da Vinci

DOVE ALLOGGIARE A CESENATICO
Per una notte indimenticabile, vi consiglio il Grand Hotel Da Vinci dove spiccano la bellezza degli arredi, i materiali pregiati, la qualità dei servizi, la Dolce Vita SPA, il rigoglioso giardino con spettacoare piscina e la spiaggia privata.

In occasione del cinquecentenario della sua scomparsa, il Grand Hotel Da Vinci propone un mini tour sulle orme di Leonardo in Romagna e nel Montefeltro, alla scoperta de “I paesaggi della Gioconda” Un piccolo viaggio che ripercorre i luoghi appuntati nei suoi taccuini e che vi farà sentire ancora più vicini al grande Maestro.


A tavola, l’eccellente gastronomia del ristorante Monnalisa, guidato dallo Chef Alessandro Trovato la cui passione per la cucina è nata quando era giovanissimo, in un viaggio a Malta, dove è rimasto incantato da quel mare e da quei pescherecci che scaricavano continuamente pesce e poi a Vulcano, dove era cameriere in un ristorantino a conduzione familiare.
Racconta Trovato: “Il ragazzo che aiutava in cucina si era infortunato e cosi presi il suo posto, è cominciato tutto da quel momento”

Alessandro ama trascorrere i week liberi con la famiglia, in collina, in montagna o al Miramonti, una delle proprietà Batani che si affaccia sul Lago Acquapartita, tra i meravigliosi colori dei boschi dell’Alta Valle del Savio.
“Amo viaggiare, aggiunge Trovato, la prossima tappa importanta sarà il  Giappone, ho lavorato con degli chef giapponesi che mi hanno invitato. Non ti nascondo che sono molto interessato, sopratutto alle loro tecniche naturali con il pesce fresco

Il pesce freschissimo nei piatti di Chef Trovato, che ci regala la ricetta della sua “tartare di gambero rosso”


Una prerogativa del Monnalisa sono le verdure freschissime provenienti dall’orto della Famiglia Batani. La politica è semplice: quando è il periodo delle castagne arrivano  le castagne, e così zucchine,verze, zucche, tutto rigorosamente stagionale.


“Adoro le gelatine di agrumi, dalle arance ai limoni, dal bergamotto, al mandarino
. Ah,
per il cenone di Capodanno ho in mente una gelatina di sanguinelle siciliane, sarà rossa e afrodisiaca” “Qui a Cesenatico continua Alessandro, Natale e Capodanno sono davvero speciali. La città allestisce un Presepe galleggiante a bordo di coloratissime imbarcazioni come bragozzi, battane, lance  e barchét.

Io lo festeggerò con un piatto ricco e esuberante, dai colori e sapori in perfetta armonia con le feste, i fuochi d’artificio e i brindisi augurali. Vuoi la ricetta?”
Non me lo faccio ripetere due volte e inIzio a gustare le prelibatezze delle Feste.

TARTARE DI GAMBERO ROSSO, CARPACCIO DI SCAMPO, QUINOA ALLE UOVA DI BALIK, CREMOSO DI PAPAYA, ZENZERO MARINATO WASABI E CAVIALE DI ACETO BALSAMICO

Ingredienti per 2
N° 2 Scampo grosso (circa 250 g)
N° 4 Gamberi rosso Sicilia (circa 250 g)
Semi di quinoa 100 g
Zenzero una radice circa 50 g
N°1 papaya
Perle di aceto balsamico un vasetto da 50 g
Wasabi in pasta 10 g
Uova di balik 10 g
N° 1 lime
Preparazione :
Pulire i crostacei, tritare i gamberi per fare la tartare e battere delicatamente gli scampi con un batticarne.
Fare cuocere la quinoa in acqua una volta cotta lasciare asciugare tutta l’acqua e condirla con sale pepe e un filo di olio extra vergine di oliva.
Adagiare sul piatto la tartare di gambero dando la forma con un coppapasta  il carpaccio di scampo  la quinoa e le uova di balik .
Pulire la papaya e passare al passa verdure per creare una purea.
Finire il piatto con tutto il resto degli ingredienti che servono come condimenti per i crostacei, definire il piatto con la scorza di lime grattuggiata.

INFO
www.cesenatico.it
Grand Hotel Da Vinci 
Monnalisa

CESARE ZUCCA
Travel, food & lifestyle.
Milanese di nascita, vive tra New York, Milano e il resto del mondo. Viaggia su e giù per l’America e si concede evasioni in Italia e in Europa.
Per WEEKEND PREMIUM fotografa e racconta città, culture, stili di vita e scopre delizie gastronomiche sia tradizionali che innovative.

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Il Grand Hotel Da Vinci

Il pesce freschissimo nei piatti di Chef Trovato, che ci regala la ricetta della su “tartare di gambero rosso”

WHERE TO STAY IN CESENATICO, ITALY
For an unforgettable night, I recommend the Grand Hotel Da Vinci, known for the beauty of the furnishings, the precious materials, the quality of services, the Dolce Vita SPA, the lush garden with a spectacular swimming pool and the private beach

On the occasion of the 500th anniversary of his death, the Grand Hotel Da Vinci offers a mini tour in the footsteps of Leonardo in Romagna and Montefeltro, to discover “The landscapes of the Mona Lisa” A short journey that retraces the places noted in his notebooks and which it will make you feel even closer to the great Master


At the table, the excellent gastronomy of the Monnalisa restaurant, led by Chef Alessandro Trovato, whose passion for cooking was born when he was very young, on a trip to Malta, where he was enchanted by that sea and by those fishing boats that continually unloaded fish and then to Vulcano, where he was a waiter in a family-run restaurant.
Trovato
tells: “The boy who helped in the kitchen was injured and so I took his place, it all started from that moment”

Alessandro loves to spend his free weekends with his family, in the hills, in the mountains or at Miramonti, one of the Batani properties that overlooks Lake Acquapartita, among the wonderful colors of the woods of the Alta Valle del Savio. “
“I love to travel, adds Trovato, the next important stop will be Japan, I worked with Japanese chefs who invited me. I do not hide that I am very interested, especially in their natural techniques with fresh fish “
A prerogative of Monnalisa are the very fresh vegetables from the Batani family’s garden. The policy is simple: when it is the chestnut season, chestnuts arrive, and so are zucchini, cabbage, pumpkins, all strictly seasonal.


“I love citrus jellies, from oranges to lemons, from bergamot to mandarin . Ah, for the New Year’s Eve dinner I have a Sicilian blood jelly in mind, it will be red and aphrodisiac ”“ Here in Cesenatico, Alessandro continues, Christmas and New Year’s are really special. The city sets up a floating nativity scene aboard colorful boats such as bragozzi, battane, lance and barchét.”

“I will celebrate it with a rich and exuberant dish, with colors and flavors in perfect harmony with the holidays, fireworks and good wishes. Do you want the recipe? ” I

RED SHRIMP TARTARE, SCAMPO CARPACCIO, BALIK EGG QUINOA, PAPAYA CREAM, WASABI MARINATED GINGER AND BALSAMIC VINEGAR CAVIAR

Ingredients for 2
N ° 2 Large scampi (about 250 g) N ° 4 Sicilian red prawns (about 250 g) Quinoa seeds 100 g Ginger one root about 50 g N ° 1 papaya Pearls of balsamic vinegar a jar of 50 g Wasabi paste 10 g Balik eggs 10 g 1 lime

Preparation :
Clean the shellfish, chop the prawns to make the tartare and gently beat the scampi with a meat mallet. Cook the quinoa in water once cooked, allow all the water to dry and season with salt, pepper and a drizzle of extra virgin olive oil. Arrange the prawn tartare on the plate, giving the shape of the prawn carpaccio, quinoa and balik eggs with a pastry cutter. Clean the papaya and pass through the vegetable mill to create a puree. Finish the dish with all the rest of the ingredients that serve as toppings for the shellfish, define the dish with the grated lime zest.

INFO
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CESARE ZUCCA
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Tuvalu, il paradiso che rischiamo di perdere

Alluvioni, desertificazioni, clima “impazzito”, ghiacciai perenni che si sciolgono, incendi…I cambiamenti climatici sono ormai sotto gli occhi di tutti e tutti ne stiamo facendo le spese. E sono tanti i luoghi del mondo, tra città costiere, isole, bellezze naturali che rischiano di scomparire o di cambiare inesorabilmente.

A essere maggiormente a rischio ci sono isole e atolli, alcuni molto noti, come le Maldive o le Seychelles, altri meno frequentati, perché minuscoli, ma tutti con una conformazione che le rende le prime “vittime” dell’innalzamento delle acque, al punto che molti rischiano di scomparire entro il 2100.

Ed è di questi “Paradisi (quasi) perduti” che vogliamo parlarvi, per tenere alta l’attenzione sul tema dei cambiamenti climatici, ma anche per suggerivi una meta, un viaggio da fare “Per una volta”, prima che sia troppo tardi.

Tuvalu, le isole che non ci saranno

Cominciamo con l’arcipelago delle Tuvalu, un tempo Isole Ellice, una manciata di isole e atolli situati nel Pacifico, tra l’Australia e le Hawaii. Con una superficie di appena 26 kmq è il quarto Stato più piccolo del mondo, dopo Città del Vaticano, il Principato di Monaco e Nauru.

A causa proprio dell’erosione del suo territorio è anche la seconda nazione meno popolata, poiché i cambiamenti climatici hanno costretto molti abitanti a diventare “migranti ambientali”.

Le Tuvalu infatti rischiano seriamente di scomparire a causa dell’innalzamento del livello del mare. In primo luogo per la loro conformazione di atolli corallini con un’altezza massima sul livello del mare di poco più di 4 metri, soggetti alla forza delle maree e agli effetti della salinità del mare. La crescita del livello del mare, oggi, viene stimato di 1-2 mm all’anno.

A questo ritmo, le Tuvalu potrebbero essere sommerse dall’oceano nell’arco di 50-100 anni. Per tentare di strappare la terra al mare, il governo ha adottato il principio dello sviluppo sostenibile per ridurre la propria dipendenza dal petrolio e ha lanciato ripetuti appelli ai paesi industrializzati, affinché limitino le emissioni di gas serra.

Se tutto questo non dovesse bastare, inoltre, è già pronto un piano di evacuazione che prevede il trasferimento degli abitanti in Nuova Zelanda e nelle isole vicine, secondo accordi presi con i rispettivi governi.

Funafuti, la capitale

L’arcipelago della Tuvalu che significa “gruppo di otto” è composto, dagli atolli di Funafuti, Nanumea, Nui, Nukufetau, Nukulaelae e dalle isole di Vaitupu, Nanumanga, Niutao e Niulakita, la nona isola, più meridionale, è stata abitata solo dalla seconda metà del Novecento e, proprio per questo motivo, “esclusa” dalla denominazione originaria.

Non si può dire che le Tuvalu siano il luogo più accessibile del mondo. Per arrivare, vi occorreranno circa due giorni di viaggio, spesso, dopo avere letteralmente attraversato il globo. L’unico modo per raggiungerle con un collegamento aereo è dalle isole Fiji, le più vicine, a circa 2500 km di distanza. I collegamenti con Fiji Airways si effettuano solo tre volte a settimana. Tuttavia, il primo impatto con gli atolli saprà ricompensarvi dalle fatiche del viaggio.

Viste dal cielo, le Tuvalu si presentano come una distesa di colori che variano dal turchese al verde inteso, circondate dalla barriera corallina e da una miriade di isolette minori, poco più che coriandoli circondati dall’oceano e coronate da palme.

Fongafele, l’isola principale dell’atollo di Funafuti, capitale di tutto l’arcipelago, si distingue per la sua sagoma stretta e allungata di appena 12 km, circondata dall’Oceano a est e una laguna protetta a ovest.

Qui si trova il Funafuti International Airport, con i suoi terminal in legno, da dove inizia l’itinerario che vi proponiamo. Prendendo come punto di riferimento l’aeroporto, all’estremità meridionale della pista si trovano le residenze del Primo Ministro e del Governatore Generale, che si possono osservare solo all’esterno.

Lungo la strada di accesso, si vede uno splendido maneapa, il caratteristico luogo di ritrovo dei tuvaluani dal tetto di paglia, spesso utilizzato per ospitare spettacoli di danza, canto, giochi o riunioni della comunità. Quello che sorge nei pressi delle residenze governative particolarmente elaborato e circondato da uno splendido giardino che culmina in una laguna.

Nelle vicinanze si trova anche il Library and National Archive, dove potete trovare una ricchissima collezione di libri, riviste e giornali dedicati al Pacifico, una raccolta di volumi su Tuvalu e opere di narrativa.

Proprio accanto, anche se non siete appassionati di francobolli, merita una visita il Philatelic. I francobolli di Tuvalu, infatti, sono famosi in tutto il mondo e molto ambiti tra i collezionisti per la loro grafica ed i loro colori caratteristici, poi per le politiche di emissione, che hanno contribuito a rendere ogni pezzo raro e prezioso. I primi furono emessi nel 1975, in occasione dell’indipendenza dell’arcipelago dalle isole Gilbert.

Da allora, ogni anno vengono programmate solo sei emissioni speciali, tutte in base ad eventi particolari di Tuvalu o per fatti di rilevanza internazionale. I francobolli rimangono in circolazione per un massimo di 4 o 5 anni, dopodiché viene annunciato il loro ritiro. I collezionisti hanno sei mesi di tempo per aggiudicarseli.

Da non perdere, invece, una sosta per un bagno nella splendida Laguna di Funafuti, dalle acque cristalline e dai colori accesi. Il luogo migliore per immergersi è il molo del Vaiaku Lagi Hotel, spesso usato da tuvaluani come trampolino per i tuffi!

Spostandosi, invece, all’estremità settentrionale della città si può, invece, visitare il David’s Drill, il monumento dedicato a Edgeworth David, uno studioso australiano che, nel 1896, effettuò a Funafuti tre spedizioni scientifiche per eseguire alcuni carotaggi di corallo, con l’obiettivo di verificare la teoria di Darwin, secondo la quale gli atolli poggiavano su roccia vulcanica sprofondata in mare, mentre il bordo del cratere andava ricostruendosi grazie all’azione dei coralli. Il monumento, una semplice base di cemento con un’iscrizione, è situato nel punto esatto dove avvenne il primo dei carotaggi.

Vi consigliamo di noleggiare una bicicletta o uno scooter e di proseguire il giro dell’isola in direzione nord rispetto all’aeroporto. Fiancheggiando la pista, all’altezza del Matagigali Bar, svoltate a sinistra ed immettetevi nella strada principale, dove si trova la Fetu Ao Lima Church, la chiesa che sorge sulle rovine dell’edificio religioso distrutto dai bombardamenti durante la Seconda Guerra Mondiale.

Proseguendo lungo la strada principale, l’unica che conduce a nord, dopo avere superato l’ospedale, troverete un altro residuo del secondo conflitto mondiale: un’enorme macchina per il movimento terra. Poco distante, all’altezza della laguna, si può scorgere anche il relitto di una nave da guerra.

La Fuanafuti Conservation Area

La fragile bellezza delle Tuvalu si concentra nella Funafuti Conservation Area, un parco naturale protetto di appena 33 kmq di territorio distribuito su cinque isolette. La riserva si raggiunge solo in barca rivolgendovi al Funafuti Town Council.

L’impatto con la riserva vi sorprenderà: le cinque isolette sono disposte a collana lungo il lato occidentale dell’atollo. Tutte le isole sono disabitate e, ovunque, è vietato praticare la pesca, la caccia e la raccolta di qualsiasi pianta o fiore.

Lambite da un mare turchese, da sabbie argentee e da piccoli boschi di palme, sono la dimora prediletta di diverse specie di uccelli, la barriera corallina ospita miriadi di pesci colorati, mentre le tartarughe marine approdano sulle spiagge per deporre le uova. Tutte caratteristiche che rendono lo snorkeling ed il birdwatching esperienze davvero uniche.

Le isole attorno a Funafuti

Altre escursioni interessanti si possono effettuare nelle isole satellite di Funafuti. Per spostarsi da un’isola all’altra non ci sono voli interni, ma dovete affidarvi alle navi statali “Nivaga II” e “Manu Folau” che effettuano il giro delle isole facendo una sosta su ognuna di circa un’ora.

Tra le escursioni da non perdere, c’è quella alla piccola isola di Tepuka, al confine settentrionale della Conservation Area, che vi stupirà per le spiagge di un bianco accecante dove potervi rilassare e fare snorkelling. Al centro dell’isola, invece, si possono ancora vedere alcuni reperti della Seconda Guerra Mondiale.

Al Town Council, invece, potete prenotare il trasferimento per l’isoletta di Funafala, situata all’estremità meridionale dell’atollo. L’isola è un luogo perfetto per immergersi nella vita lenta e gioviale dei tuvaluani, grazie all’ospitalità dei locali, che ancora si trovano e per la propensione degli abitanti a raccontare sia storie belliche sia degli effetti del riscaldamento globale sul fragile ecosistema delle loro isole.

Non perdete l’occasione di sedervi in un maneapa, magari sorseggiando lentamente un ponce. E, prima di lasciare queste isole, fate un pensiero alla meraviglia che avete visto… “Per una volta”, e che forse altri, tra qualche decennio, non avranno più la possibilità di visitare.

COME ARRIVARE

Occorre prima raggiungere le isole Fiji. Fiji Airways (www.fijiairways.com) collega tre volte a settimana Sydney con l’isola di Funafuti. Si può raggiungere l’Australia dall’Italia con Qantas (www.qantas.com). I collegamenti con le isole si effettuano con due navi traghetto statali che effettuano il giro delle isole con soste di un’ora. Per i trasporti terresti, date le distanze molto brevi, si possono noleggiate bici, scooter o piccoli pulmini.

DOVE DORMIRE

*Vaiaku Lagi Hotel***, Alofa &Fogafale Rd, Funafuti, Tuvalu, tel. +91 86898 60111, vaiakulagi@gmail.com, Funafuti, Tuvalu. Situato nel centro di Funafuti, a 50 metri dall’aeroporto e con una splendida vista sulla laguna, che si può ammirare da tutte le 16 stanze. L’hotel è dotato di un ristorante che offre cucina europea, indiana, cinese e locale.

*Filamona Moonlight Lodge***, Vaiaku Side, Funafuti, Tuvalu, tel +688 7006034, www.filamona.com. In posizione strategica tra l’aeroporto e il centro città. Ha in tutto 9 camere, di cui una camerata a sei posti, sette doppie e una con letti separati. Con veranda e ristorante. Possibilità di organizzare escursioni.

INFO

www.timelesstuvalu.com




DUE PREMI PER CATTURARE IL SOGNO  DELLO ” YOUNG REPORTER”  JACOPO MAROTTA

WEEKEND PREMIUM AWARDS 2019

I sogni diventano realtà? Sì alcune volte. Il sogno di Jacopo Marotta infatti è diventato una realtà: vedere Barcellona e il suo calciatore preferito Messi, con l’aiuto di chi ringraziamo dando loro  il  premio PER UNA VOLTA-REGALA UN SOGNO: la dolce Maite Vicente de Juan, del turismo spagnolo, e la compagnia aerea Vueling.

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Il direttore, Raffaele D’Argenzio, premia Maite Vicente de Juan

All’Enterprise Hotel di Milano il 25 settembre, giornata mondiale del sogno,  la categoria PER UNA VOLTA-REGALA UN SOGNO- Young Reporter ha visto vincitore Jacopo Marotta, 15 anni. Un premio tanto atteso durante la serata perché? Perché è un premio all’interno di un progetto che sa di …buono.

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Il progetto è nato nel 2018 da un’idea del direttore di Weekend Premium, Raffaele d’Argenzio: quali sono i luoghi nel mondo dove andare almeno PER UNA VOLTA? E per rispondere abbiamo chiesto ad alcuni dei migliori giornalisti/scrittori di raccontare il viaggio che è rimasto nel loro cuore, il viaggio che PER UNA VOLTA andrebbe vissuto.  Tanti i pezzi scritti su weekendpremium.it, tanti i luoghi fantastici scoperti, tante le emozioni. Ma subito dopo,  direttore e redazione  di WEEKEND PREMIUM, hanno realizzato che tante sono  le persone per cui è difficile  coronare un sogno.

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La giornalista Anna Maria Terzi illustra il premio PER UNA VOLTA

Ci sono molti ragazzi che combattono ogni giorno, ragazzi coraggiosi cui la vita ha riservato faticosi cammini, piccoli grandi eroi che ogni giorno affrontano  la vita con forza, cure e dolore.

E allora ci siamo detti che il nostro compito, prima di ogni  altra cosa, era quello di aiutare loro a catturare il sogno. Abbiamo dunque iniziato questa avventura, con Davide, con Cesare,  e qualche mese fa con Jacopo…

Qual era il sogno di Jacopo? Visitare Barcellona, lo stadio  della sua squadra del cuore, dove gioca Messi, il suo campione.

Qual era il  desiderio di Weekendpremium? Catturare il sogno di Jacopo.

Ecco il sogno è diventato realtà, così come citava Antoine de Saint-Exupéry nel famoso libro Il Piccolo Principe : Fai della tua vita un sogno, e di un sogno, una realtà”.

Jacopo ha messo in pratica i suggerimenti di De Saint-Exupery e ha catturato il suo sogno volando a Barcellona con i genitori e la sorellina.

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La famiglia di Jacopo Marotta

Limousine, stadio, Messi, maglietta del calciatore autografata: queste le sue prime emozioni. A seguire, vedere le Ramblas, la Sagrada Familia, Gaudì,  il parco acquatico e tanto altro.

Al rientro in Italia ha descritto le sue emozioni in un bel articolo che ci ha regalato e che noi abbiamo pubblicato https://www.weekendpremium.it/wp/barcellona-per-una-volta-cattura-il-sogno/

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Ecco l’emozionante articolo scritto da Jacopo Marotta

E per questo articolo emozionante Jacopo Marotta ha ricevuto il premio YOUNG REPORTER 2019, accolto con un lunghissimo applauso.

Il premiato 2019, Jacopo Marotta

Come vi anticipavamo alcune volte è indispensabile l’aiuto di altre persone e nel caso del sogno catturato da Jacopo il merito va alla dolce Maite Vicente de Juan, del turismo spagnolo, che ha aderito immediatamente al progetto ed è stata parte attiva e determinante nella realizzazione di questo viaggio sogno e questa volta non ha guidato il turista con la mente ma lo ha fatto con il cuore.

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Le motivazioni del premio a  Maite Vicente de Juan

Così come è stato determinante l’aiuto di Vueling, la compagnia aerea spagnola, che ha donato le proprie ali e ha fatto volare il cuore.

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Le motivazioni del premio assegnato a Vueling

Ecco perché un premio è stato riservato anche a loro. Senza di loro non sarebbe stato possibile.

Ma sorprendentemente tante altre persone, hanno dimostrato interesse al progetto: regalare sogni ai tanti ragazzi in difficoltà.

Come Elisabeth Ones, del turismo Norvegese, che ha già messo a disposizione un viaggio da Oslo ai mitici fiordi,  altri uffici del turismo, anche italiani, fra cui l’APT di MADONNA DI CAMPIGLIO, “RETE DESTINAZIONE SUD” con un weekend nel Cilento.

Questo progetto si è ben presto trasformato in qualcosa di veramente importante tanto da spingere WEEKEND PREMIUM a istituire una fondazione onlus.

E’ Il grande interesse dimostratoci anche  da amici come Sabrina Talarico, presidente del Gist, o da uffici del turismo come quelli di Francia, Germania e Israele, a spingerci a continuare per  realizzare più sogni possibili.

Che dire loro: grazie, grazie, grazie. Un augurio particolare vogliamo farlo a Jacopo: Non mollare mai,  per noi sei un piccolo vero guerriero.




I mille volti di Singapore (2° parte)

Di Manuela Fiorini

Dopo aver visitato la parte più moderne e futuristica di Singapore, in questa seconda parte del nostro viaggio andiamo alla scoperta della sua anima multietnica e di quella “green”. Cominciamo dai quartieri più importanti e suggestivi, dove ho veramente avuto l’impressione di cambiare paese semplicemente salendo e scendendo dalla metropolitana!

Il giro del mondo…in tre quartieri

Una delle prime domande che si deve porre chi arriva a Singapore è: “In quale parte del mondo voglio andare, oggi?”. La seconda è: “A quale fermata della metropolitana devo scendere?”. Sebbene la popolazione di Singapore sia composta al 70% da cinesi, l’atmosfera della Cina vera e propria si respira a Chinatown. A pochi metri dagli imponenti grattacieli del quartiere finanziario, lo scenario cambia di colpo: manager rampanti con valigetta e cellulare camminano a fianco di anziane donne cinesi che tirano i loro carretti, lussuose Mercedes sfilano a fianco di bancarelle che vendono pesce essiccato, tagliolini fritti, bastoncini di incenso e le caratteristiche “banconote dei morti” da offrire al tempio in onore delle anime dei defunti. I negozi di “medicinali” offrono perle sminuzzate, serpenti e radici di ginseng, mentre le caratteristiche lanterne rosse adornano le vie del quartiere.

A Chinatown si possono visitare alcuni splendidi templi buddisti e taoisti. Il più importante è sicuramente Thian Hock Keng, il tempio della “gioia celeste”, dedicato alla Dea del mare, che ha la peculiarità di essere stato costruito senza nemmeno utilizzare un chiodo! Un tempo, l’edificio e i dragoni raffigurati sul tetto a pagoda, erano rivolti verso il mare e proteggevano chi partiva e chi arrivava sull’isola.

Fermatevi anche in una delle numerose case da tè, per rivivere la suggestiva ritualità che accompagna il consumo della bevanda nazionale. Il Tea Chapter di Neil Road, per esempio, propone una varietà di dieci tè cinesi, offerti in minuscole tazzine, da gustare comodamente seduti su morbidi cuscini sparsi sul pavimento di legno.

Se avete imparato a conoscere lo spirito di Singapore, non vi parrà affatto strano, in piena Chinatown, trovare il più antico tempio indù dell’isola, Sri Mariamman. Le dimensioni del tempio non sono particolarmente imponenti, ma ciò che salta immediatamente all’occhio è il ricchissimo fregio, una colorata e sovraffollata piramide di statue di divinità, che sovrasta un rigoglioso giardino.

Forse per par condicio, a pochi isolati di distanza troviamo la Moschea Jamae, dai singolari minareti a forma di pagoda, di chiara influenza cinese.

Da Little India ad Arab Street

Basta attraversare Serangoon Road, invece, per trovarsi nell’atmosfera di New Delhi. Le strade di Little India si colmano di odori speziati, musica e colori, mentre donne, in coloratissimi sari e uomini col turbante sfilano di fronte ai negozi, che espongono stoffe, statue votive e gioielli luccicanti.

Il Kandang Kerbau Market, invece, offre un’ottima occasione per immergersi nella vita locale. Qui si trovano non solo ottimi piatti malesi, indiani e cinesi, ma anche bancarelle che offrono oggettistica esotica di sicura curiosità. Anche Little India brulica di interessanti luoghi di culto e, come ci insegna la filosofia fusion di Singapore, non solo di culto indù.

Appartengono a questa religione il superbo tempio di Sri Sreenivasa Perumal, dedicato alle incarnazioni del dio Shiva e considerato monumento nazionale. Nel tempio si entra solo a piedi scalzi e, ancora una volta, a colpire è la ricchezza del fregio del tetto, dove le statue, coloratissime, sono a grandezza naturale. Rappresentano uomini, dei ed animali, in particolare vacche candide, considerate sacre dalla religione induista.

Assai suggestivo è il tempio buddista di Sakya Muni Buddha Gaya, conosciuto come “Il tempio delle mille luci”, che sorge in Race Corse Road. Appena entrati si viene accolti da una gigantesca statua del Buddha, alta 15 metri, colorata e traslucida, assai diversa dalla statuaria religiosa occidentale.

Dal lato opposto della strada sorge, invece, il Leong San See Temple dallo splendido tetto intagliato dai colori rosso ed oro. I fedeli sono accolti da una statua opulenta di Buddha seduto, conservata in una teca di vetro, realizzata interamente in oro massiccio. L’icona presiede alla parte più interna del tempio, che è dedicato alla dea del perdono Kuan Yin. Questo tempio cinese gode di molta devozione popolare. Infatti, qui si possono trovare un’infinità di targhe votive, lasciate dai fedeli per commemorare i defunti.

Proseguite poi fino a Beach Road, fino ad incontrare Arab Street. Altro quartiere, altra parte di mondo. Lo dimostrano i minareti colorati e le imponenti moschee, tra cui la Moschea del sultano, la più grande dell’isola. Tra botteghe colorate, edifici moreschi e scuole islamiche, si incontrano donne velate dai lineamenti orientali e uomini intenti a fumare il narghilè. Il profumo che si respira è quello di spezie, kebab e falafel. Ancora una volta, si deve fare mente locale per ricordarsi di essere a Singapore!

Una foresta in città

Attenta all’ambiente, Singapore non poteva certo farsi mancare un ambiente naturale incontaminato e rigoglioso. A poca distanza da Orchard Road, la via dello shopping, si estendono gli splendidi Giardini Botanici, un vero e proprio museo di piante tropicali dislocate su 74 ettari tra sentieri, laghetti e ambienti naturali. Da non perdere una sosta nella foresta pluviale e al National Orchid Garden, che ospita più di duemila tipi di orchidee.

Per addentrarsi in una foresta tropicale vera e propria, al centro dell’isola, circondata da negozi e grattacieli, sorge la riserva naturale di Bukit Timah, che conserva la rigogliosa vegetazione tropicale che Singapore possedeva ai tempi dell’arrivo degli inglesi. Nonostante l’ambiente selvaggio, i sentieri sono segnati e potete tranquillamente trascorrere una passeggiata rilassante tra cascate, scimmie, farfalle colorare ed altri piccoli animali.

Il Singapore Zoological Garden, invece, è un esempio di giusta ponderatezza tra rispetto degli animali e attrazione turistica. Tra i visitatori e ippopotami, tigri, leoni e oranghi non ci sono gabbie di ferro, ma barriere naturali, come fiumi, cascate, fossati e rocce, che consentono di osservare gli animali nel loro ambiente naturale.

Da non perdere il Night Safari, un indimenticabile tour che consente di “spiare” gli animali durante le loro attività notturne e di assistere anche a rievocazioni di spettacoli tribali.

Sentosa, un moderno “paese dei Balocchi”

Al largo di Singapore sorge l’isola di Sentosa, un vero e proprio tempio del divertimento. Per raggiungerla si può prendere la teleferica panoramica che, dal distretto finanziario, attraversa tutto il porto e offre una superba vista della città direttamente da cielo. In alternativa, si può raggiungere anche Sentosa in bus o con una monorotaia, che effettua fermate “strategiche” sull’isola.

Per esempio, scendendo a Imbiah Station, si può intraprendere il Nature Walk, un percorso nella “jungla”, tra tempietti e dragoni, che porta a una gigantesca statua del Merlion, replica dell’originale che si trova nel centro di Singapore. Con una scala mobile si può salire fino alla bocca del leone, a 37 metri, da dove ammirare il panorama.

Tra le attrazioni che meritano una visita in questo tempio del divertimento ci sono gli Universal Studios, per vivere l’emozione del cinema, e, sempre se vi piacciono i luoghi alti, la Tiger Sky Tower, che dal suo avveniristico disco rotante, dalla capacità di settanta persone, consente di salire fino a 110 metri per lasciar spaziare la vista dalla Malesia all’Indonesia.

Se amate la natura, e non vi fanno paura gli insetti, il Butterfly Park & Insect Kindom consente di ammirare quindicimila farfalle e altre numerose specie passeggiando in un rigoglioso giardino. L’Underwater World & Water Lagoon, invece, è uno splendido acquario che ospita anche un museo dedicato al mondo marino.

Tra le tantissime attrazioni, e tra sacro e “profano”, potete scegliere anche il divertente Sentosa Luge & Skyride, un percorso in discesa da fare in go kart. Per fortuna, per salire si prende una seggiovia panoramica. Fort Siloso, invece, è un autentico “pezzo di storia”, un forte costruito dagli inglesi nel 1880 e utilizzato fino alla Seconda Guerra Mondiale.

Se scendete alla fermata di Beach Station, invece, potrete raggiungere le spiagge di Sentosa, tra cui Palawan Beach, dove si trovano anche diversi chioschi dove gustare specialità della cucina etnica, Tanjong Beach e Siloso Beach. Le spiagge, le uniche di Singapore, sono artificiali e sono state ricostruite con palme e sabbia sul modello di quelle caraibiche, anche se il mare non è proprio cristallino…

Infine, se visitate Sentosa di sera, godetevi lo spettacolo di “suoni e luci” comodamente seduti nell’anfiteatro all’aperto, tra fontane musicali, giochi di luce, acqua danzante e ologrammi.

Che cosa mangiare a Singapore

Multietnica per natura e cultura, Singapore non ha una vera e propria cucina nazionale. Tuttavia, qui potete trovare davvero tutti i sapori del mondo, dalla cucina europea a quella asiatica, da quella orientale a quella fusion. Il luogo ideale per trovare una varietà di piatti è il Takashimaya Food Village, che si trova al civico 391 di Orchard Road e propone tantissimi piatti tipici delle diverse culture che convivono a Singapore, tra specialità asiatiche, malesi, cinesi, coreane e street food, in un’atmosfera sicuramente suggestiva.

Detto questo ci sono alcuni piatti che a Singapore dovete assolutamente provare. Primo tra tutti il Nasi goreng, piatto simbolo della Malesia, composto da riso, pollo, gamberetti e verdure di vario tipo. Il tutto saltato nel tipico wok che rende le verdure croccanti.

Un altro ottimo piatto unico è l’Hokkien Mee, piatto malesiano a base di spaghetti di riso, uova e gamberi, che nella versione di Singapore prevede anche l’aggiunta di lardo per renderlo più saporito. Sempre tra i primi piatti, il Nasi Lemak è invece a base di riso, che viene cotto con il latte di cocco e accompagnato con pollo al curry e fagioli. Per palati “pionieri”.

Molto diffuso a Singapore è il Chicken Rice, a base di riso e pollo, anche nella versione con granchio piccante, chiamata Chili Crab. Se siete vegetariani, potete invece scegliere il Tauhu Goreng, a base di tofu fritto con cetrioli e germogli di soia e condito con una salsa di arachidi.

Non potete poi non assaggiare i celebri noodles. Nella versione Char Kway Teow vengono saltati nel wok con verdure, carne o pesce, mentre il Mee Soto Ayam, è la versione “in brodo” (di pollo), con verdure, germoglio di soia e peperoncino.

Infine, tra i dolci più gustosi e particolari c’è il Toast Kaya che viene servito spesso a colazione. Si tratta di pane tostato ripieno di uova, zucchero e latte di cocco, da accompagnare a tè o caffè. A fine pasto o a merenda, invece, provate il Gula Melaka, un dessert fresco a base di crema di cocco, latte, mais e cristalli di zucchero di canna.

Se siete arrivati fin qui, spero di avervi incuriosito attraverso il racconto del mio viaggio a Singapore. Naturalmente, ci sono tante altre cose da visitare, perché ogni viaggio è unico, ma lascio a voi il piacere della scoperta di questa meravigliosa e variegare isola, da vedere…Per una volta!

Chi è Manuela Fiorini

È nata a Modena, solo per caso. Con una mamma nata ad Alessandria D’Egitto, sangue italiano, greco-cipriota e britannico, zii in Australia e Canada, si considera cittadina del mondo. È giornalista freelance e scrittrice. Scrive di turismo, enogastronomia, attualità, salute e benessere. Come narratrice ha pubblicato alcuni romanzi e racconti in diverse antologie e riviste e ha ricevuto diversi premi in concorsi letterari nazionali. La sua pagina Facebook è https://www.facebook.com/manuelafioriniauthor/

LA MIA TOP TEN

1.Singapore

2.Bali

Non solo per gli splendidi paesaggi e la natura ancora incontaminata, ma per le tradizioni e il rispetto reciproco per le culture e religioni diverse che convivono su questa splendida isola.

3. Isla do Corvo (Azzorre)

La più piccola delle Azzorre, con appena 430 abitanti, ha origine vulcanica ed è ammantata da una natura “primordiale”, tra sabbie scure, laghi e vulcani. Da vedere “per una volta” prima che il turismo di massa si accorga della sua bellezza.

4. Isla del Coco (Costa Rica)

Questa splendida isola del Pacifico è un vero e proprio santuario della biodiversità. La sua natura incontaminata ha affascinato famosi registi che l’hanno scelta per alcune scene di celebri film come Jurassik Park e I predatori dell’Arca Perduta.

5. Connemara (Irlanda)

Nella penisola situata nella parte più occidentale dell’Irlanda, appartenente alla Contea di Galway si parla ancora il gaelico, mentre i paesaggi ancora selvaggi e incontaminati sono fatti di colline e torbiere, coste frastagliate e minuscoli villaggi dove respirare l’atmosfera dell’Irlanda più vera.

6. Brabant (Paesi Bassi)

Per andare alla scoperta dei paesaggi, delle luci e delle atmosfere che hanno ispirato i capolavori di Vincent Van Gogh, ma anche per immergersi nella cultura e nella storia di una parte d’Europa che ha molto da raccontare.

7. Gallura (Sardegna)

Dove le mille sfumature del mare si sposano con le fioriture di mirto, cisco e corbezzolo in primavera e con le cime dei monti, ma anche con il jet set, la natura e l’archeologia.

8. Ortigia (Sicilia)

La parte più antica di Siracusa è un concentrato di storia. Da qui sono passati greci, romani, bizantini, arabi, ma anche spagnoli e austriaci. Ognuna lasciando testimonianze preziose. Senza dimenticare il mare dalle sfumature smeraldine e un clima piacevole tutto l’anno.

9. Isole Tremiti (FG)

Conosciute come “perle dell’Adriatico”, queste cinque “sorelle” così diverse offrono panorami mozzafiato, un mare cristallino e tradizioni tutte da scoprire e gustare.

10. Maremma Toscana

Sorprende per la varietà del suo territorio che spazia dal mare cristallino e spiagge dorate, a coste scolpite e frastagliate, per poi spaziare da colline ammantate di boschi, zone palustri e terme naturali. Qui si possono vedere le antiche città etrusche di Populonia e Roselle e molte testimonianze romane.




Singapore, il giro del mondo in un’isola (1°parte)

Di Manuela Fiorini

Il luogo dove consiglierei di andare…per una volta? Singapore. Perché in questa isola di 625 kmq, tra la Malesia e l’Indonesia, si ha l’impressione di visitare un pezzo di mondo sempre diverso semplicemente prendendo la metro. Non solo, si può fare anche un salto indietro nel tempo e trovarsi al cospetto di chiese e palazzi coloniali, oppure proiettarsi nel futuro e stupirsi di fronte ai suoi edifici futuristici.

Raffles City, il quartiere del “fondatore”

Cominciate la vostra visita alla città dal quartiere di Raffles City, dove potrete trovare molte tracce della gloriosa storia coloniale e, soprattutto, conoscere il “fondatore” di Singapore, Sir Thomas Stamford Raffles, giovane ufficiale inglese che, nel 1819, aveva intuito la posizione strategica di questa terra, crocevia di popoli e passaggio quasi obbligato per i commerci tra Cina, India, Indonesia, mondo arabo e vecchia Europa, facilitati dal Singapore River, una via di comunicazione naturale.

In breve tempo, Raffles ha fatto di Singapore, che significa “città dei leoni”, uno dei porti commerciali più importanti del mondo, concentrandovi ed organizzandovi, secondo una logica ed un rigore che permane ancora oggi, non solo le attività commerciali, ma inculcando anche una forte identità nazionale alle molteplici etnie che arrivarono qui in seguito alle ondate migratorie: Cinesi, Malesi, Arabi, Indiani ed Europei.

E Singapore sembra proprio ricambiare la dedizione al suo fondatore. Sono moltissimi, infatti, gli edifici, le piazze, i monumenti e persino gli alberghi dedicati a Raffles o ispirati al suo nome. Come Raffles Place, che ospita la sua statua, o il Westin’ Stamford, annoverato tra gli hotel più alti del mondo, la Raffles City Hall ed il superbo Raffles Hotel, imponente edificio in stile coloniale, che sorge nel quartiere di Raffles City.

A Raffles City si concentrano gli edifici sede del potere governativo. Tra questi la splendida Saint Andrew’s Cathedral, in stile neogotico inglese, la cui purezza dell’intonaco si deve ad uno straordinario impasto di calce, conchiglie, albume, acqua, zucchero e guscio di noce di cocco.

Tutt’intorno, si possono ammirare la scalinata del municipio (City Hall), con accanto la Supreme Court dalla splendida cupola color verde smeraldo. E non poteva mancare la Parliament House sede del parlamento e l’elegante edificio neoclassico dell’Empress Place Building, che ospita nelle sue sale il National Museum.

Tuttavia, troppa austerità non si addice all’anima dinamica di Singapore. Ecco aprirsi, allora, nel cuore storico della città, una distesa erbosa ben definita e curata. È il Padang (in malese “campo”) luogo in cui si disputano i più importanti incontri dei due sport nazionali: il cricket e il calcio e da dove è possibile scorgere il profilo dei grattacieli della city.

Il financial district, il cuore moderno di Singapore

A pochi passi dal quartiere coloniale si incrocia il corso del fiume, che ci accompagna nella zona pedonale. Circondati da imponenti edifici in vetro e metallo, si incrociano qui volti cosmopoliti, ma anche espressioni dell’arte, statue bronzee in pose umane che si mescolano alla gente, creando un tutt’uno tra immaginazione e realtà.

La statua di Sir Thomas Stamford Raffles si erge in tutta la sua maestosità nel cuore del financial district. Lo sguardo fiero, le braccia incrociate, lo sguardo idealmente rivolto alla “sua” città.

Alle spalle del monumento, in una ideale incontro di passato, presente e futuro, si ergono i maestosi grattacieli, prodigi della moderna tecnologia, giganti silenziosi, ma brulicanti di vita, e il Singapore River, la cui foce è presidiata da un altro simbolo nazionale, la possente statua del Merlion, creatura mitica dalla testa di leone e dalla coda di pesce.

Le due sponde del fiume sono collegate da ponti, ognuno dei quali è un’autentica espressione di arte architettonica. L’opulento “Monumento al Piccione” dello scultore colombiano Fernando Botero quasi sbarra la strada ai pedoni e apre la porta a Boat Quay, dove si trovano negozi caratteristici, dove poter gustare le specialità della cucina cinese, indiana, malese e thailandese ed acquistare manufatti di ogni tipo, dalle stoffe al vasellame, dalle pietre dure alle immagini sacre.

Marina Bay, il futuro è già qui

Non potete perdervi una visita al Marina Bay Sands (www.marinabaysands.com) un vero e proprio “tempio” del lusso già dal suo impatto visivo, con i suoi tre edifici che svettano verso il cielo.

Si trova in Bayfront Avenue e comprende un resort a cinque stelle, il terzo casinò più grande del mondo con ben 500 tavoli da gioco e 1600 tra slot machine e lotterie istantanee. Ci sono anche sette ristoranti, due teatri, una pista da pattinaggio, un museo dedicato alle arti e alla scienza e due suggestivi padiglioni di cristallo galleggianti.

La vera attrazione da non perdere, però, è lo Sky Park, la magnifica piattaforma dal profilo che ricorda quello di una nave, lunga 340 metri. Un microcosmo sospeso tra terra e cielo, a 200 metri di altezza, dove si trovano rigogliosi giardini pensili, centri benessere, bar e ristoranti.

Ma soprattutto l’Infinity Pool, la piscina “a sfioro” più alta del mondo, lunga 150 metri, dalla quale si può godere di un panorama unico. Lo Sky Park è aperto dal lunedì al venerdì dalle 10 alle 22 e nel weekend fino alle 23, e vi si accede pagando un biglietto di circa 23 dollari di Singapore.

Alle spalle del Marina Bay Sands, si trovano i meravigliosi e futuristici Gardens by the Bay , che si possono raggiungere anche a piedi. Vi consiglio di andarci di sera per godere a pieno della splendida “fioritura” di luci che svettano sulla baia e illuminano gli enormi “fiori” dei Supertrees, strutture a forma di albero alte 150 metri, che ogni giorno propongono installazioni di suoni e luci.

Non perdetevi una passeggiata lungo i sentieri e i percorsi che si snodano nei 101 ettari di questi giardini futuristici, dove si incontrano alberi e pianti provenienti da tutto il mondo.

Se amate i “luoghi alti”, e anche un po’ romantici, vi consiglio di non perdervi un giro sulla Singapore Flyer, la ruota panoramica che fino al 2013 ha detenuto il record di “più alta del mondo” con i suoi 165 metri. Primato che si è vista “soffiare” dall’High Roller Observation Wheel di Las Vegas, alta appena 2,6 metri in più.

La Singapore Flyer si trova in Raffles Avenue e da ognuna delle sue ventotto cabine, ognuna delle quali può contenere ventotto persone (la perfezione di Singapore di vede anche dai dettagli!) si può fare spaziare la vista fino a 45 km, spingendosi fino alla Malesia e a Batam e Bintam, in Indonesia. Ogni “giro” dura circa 35 minuti, che non dimenticherete più per tutta la vita!

Si conclude qui la prima parte del viaggio a Singapore. Nella seconda andremo insieme a esplorare la sua anima multietnica, ma anche quella “green”, tra quartieri tradizionali e parchi urbani.

COME ARRIVARE

Il Changi International Airport di Singapore è uno dei migliori scali del mondo per tecnologia, servizi ed efficienza. In aereo dall’Italia si può raggiungere Singapore con volo diretto con Singapore Airlines (www.singaporeair.com). Sono disponibili voli dalle principali città europee con scalo. Non è richiesto il visto per soggiorni inferiori a 90 giorni.

DOVE MANGIARE

*Braci, level 5 52 Boat Quay, Singapore, tel +65 6866 1933, www.braci.sg/ Una stella Michelin per questo ristorante che propone piatti gourmet della cucina italiana, con pane fatto in casa, tagliolini, tartare di manzo e crema di gianduiotto alle nocciole. Si può scegliere tra il menù degustazione o alla carta.

*National Kitchen, National Gallery, St Andrew’s Road, Singapore, tel +65 98349935, www.violetoon.com, un ristorante-museo, con opere d’arte e sculture e tre sale arredate in stile anni Venti. Propone piatti della cucina internazionale, speziati e aromatici.

*Ji Ji Noodles House, BLK 531°, Upper Cross Street 48/50, Singapore, Per gustare un ottimo street food, dai noodles ai wonton.

DOVE DORMIRE

*Sheraton Tower*****, 39 Scotts Road, Singapore, tel +65 6737 6888, www.marriott.com/hotels/travel/sinsi-sheraton-towers-singapore. Hotel della catena Marriot, comodo alle principali attrazioni, dispone di piscina, centro fitness e tre ristoranti con cucina occidentale e orientali. Doppia da € 173.

*Hilton International***** 581 Orchard Road, Singapore, tel + 65 7372233, www.hilton.com, nella via dello shopping, vicino ai Giardini Botanici, allo zoo di Singapore e ai trasferimenti per Sentosa, dispone di 406 camere, palestra, negozi interni e ristoranti con cucina tipica e occidentale. Doppia da € 194.

*Sofitel Singapore Sentosa Resort & Spa*****, 2 Bukit Manis Rd, Sentosa, Singapore, tel +65 67088310, www.accorhotels.com/it . Posizionato su una scogliera, a 2 km dagli Universal Studios e dalla spiaggia. Dispone di tre ristoranti e un tapas bar, piscina scoperta, palestra, giardino e una spa. Doppia da € 230.

INFO

www.visitsingapore.com




Madrid, cinquanta sfumature di storia (2 parte)

Di Benedetta Rutigliano

Dopo l’itinerario che comprende i maggiori centri d’arte, torniamo da dove siamo partiti, da quel punto che abbiamo definito cuore pulsante di Madrid, Puerta del Sol.

Se a nord est della piazza è possibile visitare la Real Academia de Bellas Artes de San Fernardo, sottovalutata per l’importanza dei musei già citati, ma con una notevole collezione di opere dei più grandi maestri spagnoli, a nord ovest della piazza sorge un altro edificio di interesse, il Convento de las Descalzas Reales. Gli interni di questo convento di clausura, ampiamente decorati, folgoreranno lo sguardo di chi decide di entrare, esclusivamente dietro visita guidata in spagnolo.

Scendendo a sud verso la Iglesia de San Ginés, una delle chiese più antiche della città, diventa tappa irrinunciabile per i più golosi la Chocolatería de San Ginés, un caffè storico e noto per la sua chocolate con churros, che qui si può gustare dalla colazione fino a tarda notte, per chi segue alla lettera la movida madrileňa.

Da Calle de Arenal alla Basilica di San Francesco

Da questo punto si può facilmente risalire Calle de Arenal e giungere in Plaza de Oriente, una delle più “imperiali” di Madrid, al cui centro si erge la statua equestre di Filippo IV, realizzata sul modello di un dipinto di Velasquez, e attorniata da palazzi elegantissimi, a cui si aggiungono il Teatro Real, e niente meno che il Palacio Real.

Il Palazzo Reale fu fortemente voluto da Filippo V con la volontà di superare la bellezza di qualsiasi altra reggia europea: per questo il sovrano chiamò alla sua corte un architetto italiano, Filippo Juvarra, già noto per la Palazzina di Caccia di Stupinigi e la Basilica di Superga a Torino.

Juvarra, sostituito dopo la morte dall’architetto Giovanni Battista Sacchetti, realizzò un maestoso complesso di 2800 stanze per cui vale la pena fare la fila per l’ingresso: oltre alla preziosità di mobili e oggetti, non è da sottovalutare che per affrescare gli interni vennero chiamati artisti di calibro come, ad esempio, i nostri Giambattista Tiepolo e Corrado Giaquinto.

A sud del Palazzo sorge la Catedral de Nuestra Seňora de Almudena, il cui esterno è più affascinante degli interni, mentre dietro l’abside della chiesa rimangono alcuni interessanti tratti della Muraglia Araba, alcuni databili persino al IX secolo.

Scendendo lungo il viadotto si giunge alla maestosa Basilica de San Francisco El Grande progettata da Francesco Sabatini, meta degli amanti d’arte perché conserva un affresco di Goya nella Capilla de San Bernardino.

Andar per tapas da La Latina a La Moreira

Da qui si è catapultati nel vivace barrio chiamato La Latina, che nei suoi affollati vicoli medievali detiene la miglior selezione di tapas bar, specialmente concentrati in Calle de la Cava Baja.

Con pochi passi si giunge al barrio Lavapiés, decisamente la zona più multiculturale della città. Nel mezzo dei due quartieri sorge l’area dove ogni domenica mattina le bancarelle di oggetti, souvenir, artigianato, vinili, stampe antiche, vestiti, antiquariato, collezionismo, si susseguono una dietro l’altra dando vita al famoso mercato El Rastro, appuntamento sovraffollato ma imperdibile, nato nel XVII secolo come mercato della carne e trasformatosi in tappa obbligata di folklore.

Risalendo La Latina, dove chi ha tempo può visitare il Museo de San Isidro, patrono della città, e la Capilla del Obispo (del Vescovo) si attraversa Plaza de la Paja, una delle mie piazze preferite dove fermarsi per una cena al Naia Bistrot o per una sosta tapas: in questo angolo il tempo e la frenesia della città che non dorme mai paiono sospendersi.

Il nome della piazza, dove in passato si teneva il mercato, sembra provenire da una tradizione cattolica del XVI secolo, quando gli abitanti della città erano obbligati a consegnare paja, cioè graminacee, ai cappellani della Capilla del Obispo affinché potessero nutrire le loro mule.

Adiacente alla cappella vi è il cinquecentesco Palacio de los Vargas, e di fronte il Jardín del Príncipe Anglona, un piccolo giardino segreto che conserva suggestivi tratti ispano-arabi. Qui la sensazione di tuffarsi nella quiete e nel passato, in questo caso nel XVIII secolo, è accentuata; questo piccolo eden è sosta ideale per rinfrescarsi nelle giornate molto calde.

La Moreira, un assaggio d’Oriente a Madrid

In Plaza de la Paja confluiscono tortuosi e suggestivi vicoli che costituiscono La Moreria, dove in seguito alla conquista cristiana di Madrid nell’XI secolo, fu concentrata la popolazione musulmana di Madrid.

Prima di attraversare quella che un tempo era una medina nordafricana in versione mignon, è d’obbligo assaggiare – tutti allineati sul bancone – alcuni tra i migliori pintxos (le tapas basche, qui rivisitate in modo ancor più gustoso e creativo) della città da Juana la Loca: questo locale è altrettanto rinomato per la tortilla de patatas, speciale rispetto alle più consuetudinarie per l’aggiunta di cipolle caramellate, ma anche il menù alla carta non deluderà.

Avventurandosi per le stradine ripide de La Moreria, si sale verso la suggestiva Plaza de la Villa, che dal Medioevo fino a pochi anni fa ospitava, in uno dei magnifici palazzi in stile herreriano (da Juan de Herrera, uno dei maggiori architetti del Rinascimento spagnolo) che le fanno da cornice su tre lati, la sede del governo cittadino.

Da qui, scendendo per una delle traverse di Calle Mayor, è impossibile non essere attratti dalla storica struttura in ferro e vetro del Mercado de San Miguel, risalente ai primi del Novecento: se l’esterno attrae, l’interno risveglia le papille gustative.

Si tratta di uno dei mercati più belli della città, tempio della gastronomia spagnola, dove degustare prodotti freschissimi e selezionati. Assediato nelle ore di punta, ospita circa 33 postazioni che offrono diverse esperienze per il palato. La mia preferita? Casa del Bacalao, fa tornare l’acquolina solo a pensarci, con le sue sfiziose e indimenticabili tapas tutte diverse e colorate.

Da Plaza Mayor al Parco de la Montaňa

A due passi da qui ci si ritrova nella maestosa Plaza Mayor, una delle piazze più affascinanti di Spagna. Progettata nel XVII secolo da Juan Gómez de Mora in stile herreriano, è tutto un succedersi di guglie e tetti d’ardesia, ravvivati dalle facciate ocra e arancioni dei palazzi con loggiato che la incorniciano. Voluta inizialmente per celebrare il patrono Sant’Isidro, questa piazza è stata teatro dei maggiori eventi storici della città: dalle celebrazioni reali, alle corride, alle sentenze dell’Inquisizione…si respira storia dove ora i turisti affollano bar e negozi sotto i porticati.

Le facciate della Casa de la Panaderia, dove un tempo veniva stabilito il prezzo del pane per la città, mentre attualmente ospita il Centro di Turismo di Madrid, attraggono la curiosità dei visitatori, con le loro pitture murali rappresentanti figure mitologiche legate alla ciudad realizzate dall’artista Carlos Franco. Altro capolavoro della piazza è la statua di Filippo III, disegnata da Giambologna e terminata da Pietro Tacca nel 1616.

Dopo quest’immersione nella storia, nell’arte, nelle architetture e nella gastronomia di Madrid, è opportuno segnalare un triangolo verde che si trova invece a nord del Palazzo Reale, i cui angoli sono costituiti dai Jardines de Sabatini, il Parque de la Montaňa e Plaza de Espaňa.

I primi, adiacenti al Palazzo, prima costituivano le stalle dello stesso: rimpiazzate negli anni ‘30 da eleganti giardini alla francese con aiuole curatissime, labirinti e fontane, ora sono scenografia ideale per le foto di molti turisti.

Non stupisca i viaggiatori invece la vista di un tempio egizio a Madrid: non è un’attrazione da parco giochi, è assolutamente autentico! Questo monumento del II secolo a.C. immerso nell’immenso Parco de la Montaňa, esattamente sul colle dove si consumò un episodio sanguinoso della guerra civile spagnola, si chiama Templo de Debod, ed è stato donato alla Spagna dal governo egiziano nel 1968, in segno di ringraziamento per il salvataggio del sito: la Spagna rispose infatti positivamente all’appello UNESCO per evitare che venisse sommerso in seguito alla costruzione della diga di Assuan.

Ricostruito pietra per pietra così com’era, è stato collocato con lo stesso orientamento di quello originario, ed è possibile, in alcuni orari, visitarlo all’interno per ammirare la bellezza dei suoi bassorilievi. L’effetto di entrare in un tempio egizio può disorientare, ed è un’altra delle esperienze che Madrid regala.

Da Plaza de España a Plaza del Dos de Mayo

A due passi da qui si raggiunge Plaza de España, posta all’interno della zona turistica di Sol e della Gran Vía. Al centro della piazza, arricchita da una fontana e da ampie zone verdi, è collocato il monumento dedicato a Cervantes, uno dei preferiti dai turisti. Realizzato da Rafael Martínez Zapatero e Lorenzo Cullaut Valera, fu inaugurato nel 1915.

La piazza è poi affiancata da due edifici emblematici della città: la Torre di Madrid (1957), che con i suoi 142 metri rimane una delle architetture più alte della ciudad, e l’Edificio España, uno dei grattacieli più rappresentativi. Costruito nel 1953 in stile neo-barocco, è alto 117 metri, ed è l’ottavo edificio più alto di Madrid dopo i grattacieli della moderna Cuatro Torres Business Area, i più alti di tutta la Spagna (si trovano nel Paseo de la Castellana).

Proprio sopra Plaza de España si incontra poi uno dei quartieri più vivaci di notte, assieme a Chueca- dal quale è diviso da calle de Fuencarral- e Huertas: Malasaña. Qui si respira un’anima rock e vintage nei locali e nei negozi, che convive con i caffè letterari storici.

Centro del barrio è Plaza del Dos de Mayo, affollata di bambini nel pomeriggio grazie alla presenza di un’area giochi attrezzata, e di giovani verso sera per il gran numero di locali e ristorantini: impossibile resistere alle croquetas di Casa Julio, scelta anche dagli U2 per scattare una foto che segnò ulteriormente la fortuna del ristorante.

Madrid, i miei luoghi del cuore

Garantita la vista, con questo denso itinerario, dei luoghi di maggiore interesse con qualche chicca in più, ci sono certamente molti altri posti di Madrid che mi sono entrati nel cuore: una chiesa affrescata da uno degli artisti che amo di più, e il barrio in cui ho avuto la fortuna di vivere per qualche tempo.

L’edificio religioso è un piccolo gioiello chiamato Ermita di San Antonio de la Florida, nota anche come Panteón de Goya proprio per la volta finemente affrescata dal noto pittore spagnolo nel 1798 per volontà di Carlo IV. Goya rappresenta qui un episodio secondario della vita di Sant’Antonio, celebrato con una gran festa il 13 giugno (pare che tuttora le giovani nubili in cerca di marito, in quella data, preghino all’Ermita per esaudire il loro desiderio): il Santo, trasportato miracolosamente a Lisbona, resuscita un morto assassinato e ne scagiona il padre, ingiustamente accusato del delitto.

Quel che colpisce però, a differenza degli altri dipinti religiosi che siamo soliti osservare, è non solo la vivacità dei colori e la luminosità di questo ciclo di affreschi, ma il fatto che la vicenda sia ambientata nella Madrid contemporanea al pittore, quella più popolare e quotidiana che, ai suoi tempi come adesso, affolla l’area lungo il fiume Manzanares.

Al posto di cherubini e angeli l’artista dipinge l’aristocrazia madrilena, ringhiere a cui si affacciano popolani e mendicanti, bambini curiosi e giovani donne, personaggi che è solito vedere passeggiando per la sua Madrid. Davanti all’altare si trova la tomba di Goya, con i suoi resti traslati da Bordeaux, dove morì. Anche se un po’ fuori dai soliti circuiti turistici, vale la pena visitare questo luogo magico (indirizzo: Glorieta San Antonio de la Florida, 5, metro Principe Pio).

Altra area al di fuori dei soliti itinerari che consiglio di esplorare per scoprire come vivono i veri madrileňi è il quartiere di Chamberí, dove è bastato passeggiare la prima sera per sentirmi davvero a casa. Per un momento di relax basta andare in Plaza de Olavide, dove ragazzi, famiglie con bambini, anziani, si intrattengono mangiando tapas, bevendo un gazpacho, gustando una tortilla de patatas.

La piazza è attrezzata di area giochi per bambini e di molti localini, tra cui segnalo, per la qualità della proposta un po’ più green e salutista, Mama Campo. Sul piano gastronomico, sempre in questo barrio, sono letteralmente indimenticabili la paella de marisco (paella ai frutti di mare) e le almejas a la marinera (vongole) del ristorante Costa Blanca Arrocería.

Riempito lo stomaco, a colmare di bellezza lo sguardo è una visita al prezioso e intimo Museo Sorolla: la casa madrilena del pittore valenciano Joaquín Sorolla su modello delle abitazioni andaluse, permette di entrare nella vita dell’artista, tra le mura abitate dalla sua famiglia frequentemente soggetto dei suoi dipinti. Il giardino è davvero un piccolo paradiso, mentre gli eleganti interni, che corrispondono agli originali ambienti di casa, risplendono della luce mediterranea delle sue opere.

Gli insaziabili curiosi (come me!) possono ancora visitare l’Estación de Chamberí, stazione “fantasma” della metropolitana, in disuso ormai dal 1966. Entrarci farà respirare l’aria del passato, a partire dal 1919, quando fu inaugurata. È un piccolo e insolito museo dove le antiche biglietterie, le pubblicità dell’epoca e altri preziosi cimeli sono conservati così com’erano: è strano sostare su dei binari silenti e inerti, a soli pochi metri dallo stridere delle metropolitane rapide e affollate della città.

Proprio tutto di Madrid non voglio svelare, per lasciare qualche sorpresa al viaggiatore, far sì che si stupisca ancora di qualche scorcio non citato, dei sapori della ciudad, della sua gente, sempre accogliente e ospitale, tanto da farmi sentir parte dei suoi oltre 3 milioni e duecento abitanti nel periodo in che ho avuto la fortuna di viverci.

Avrò convinto i lettori ad andare a Madrid “per una volta”…?

INFO

www.esmadrid.com

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9. Parco Tsavo Est e Ovest, Kenya

10. Granada




Madrid dai mille volti (1°parte)

Di Benedetta Rutigliano

Por una vez en la vida direbbero gli spagnoli, per una volta nella vita almeno aggiungo io, perché quella volta vi farà innamorare e tornare, bisogna prenotare un viaggio nella capitale della Spagna, la regale Madrid.

È una città senza età, che raccomanderei a tutti i tipi di viaggiatori e di personalità. È nota per la sua instancabile movida notturna, ma non è solo una destinazione per giovani, nonostante sia anche sede di sei università pubbliche per cui è meta di studenti provenienti da tutto il mondo (moltissimi dei quali italiani).

Madrid accoglie famiglie con bambini con le sue ampie aree pedonali, parchi attrezzati e spazi verdi. Abbraccia coppie al loro primo viaggio, ammaliandole con gli scorci offerti dai 667 metri di altitudine che avvicinano la ciudad (la città) a un cielo spesso così azzurro che par ritoccato con Photoshop. Aspetta e sorprende coppie più “mature” innamorate del flamenco, della cultura, della vita.

Madrid, una città per tutti

Non bisogna stupirsi, passeggiando la sera per i barrios (i quartieri) decisamente indicati per la vita notturna come per esempio La Latina, di vedere attorno ai tavolini dei bar donne che avrebbero potuto essere le mie nonne chiacchierare fittamente in spagnolo di fronte a una caña, ovvero una birra piccola alla spina, mangiando tapas, gli sfiziosi assaggini monoporzione di pietanze tipiche spagnole con cui spesso cenano o pranzano i madrileñi.

Mai senza un velo discreto di trucco, con i capelli perfettamente in piega e vestite con gusto (già, se gli italiani, specialmente i milanesi che vivono nella capitale della moda, spesso sono soliti notare il look non troppo trendy che incontrano fuori casa, a Madrid non troveranno motivo di critiche!). Alla vista di queste splendide signore ho sempre pensato: “quanto vorrei che con le mie amiche si potesse invecchiare così, in un luogo dove a qualsiasi età ci si sente sicuri e si può godere della vita assieme a generazioni diverse, senza sentirsi mai fuori luogo, mai troppo anziani per”.

Madrid è gay friendly: non ha pregiudizi, accoglie tutti i tipi di amore con la gioia dei colori del pride, come si può notare attraversando a piedi il barrio di Chueca, dove gli arcobaleni fanno brillare ancor di più i balconi fioriti, le opere di street art, le viuzze con i locali, i ristorantini alla moda e i negozi di scarpe e abbigliamento di calle de Fuencarral, dove è impossibile non fermarsi a fare acquisti.

Madrid un città da vivere a piedi…

“Attraversando a piedi” ho scritto, perché nonostante Madrid sia cinque volte più grande di Milano, è facile scoprirla con lunghe camminate che permettono di viverla al meglio e rimanere incantati dai suoi palazzi e dalla sua storia.

Proprio da Fuencarral si raggiunge la Gran Vía, la maestosa strada che collega Calle de Alcalá a Plaza de España, ricca di attività commerciali, cinema riconvertiti in teatri, palazzi storici di inizio Novecento che val la pena ammirare anche da fuori: per esempio l’edificio Metropolis, l’hotel Cibeles, l’edificio Telefónica, ora sede di interessanti mostre, risalente agli anni ‘20 e a lungo il più alto della città, il Museo Chicote, storico bar frequentato, tra gli altri, da Ava Gardner e Grace Kelly, Bette Davis e Frank Sinatra, dove ancora è possibile gustare cocktail sempre nuovi.

Ma non c’è da temere: chi arrivando la prima volta a Madrid non ha il tempo di assaporare la città con calma, può farsi rapire dal suo ritmo frenetico in pochi giorni utilizzando la metropolitana, che serve la città con ben 12 linee (consigliatissima la carta che permette di fare 10 viajes – viaggi. Da condividere, volendo, anche con il proprio compagno di avventura perché non nominale, e ricaricabile).

Madrid è anche capitale culinaria, dove mangiare velocemente per strada tapas gustosissime, tradizionali o più ricercate, soffermarsi in ristoranti moderni dalla cucina creativa, anche stellati, oppure perdersi nei sapori della cucina tradizionale in locali storici e tabernas dalla fama intramontabile. Non manca davvero nulla in questa città poliedrica e vivace, all’avanguardia…i motivi per andarci “per una volta” sono già tanti, ma non sono ancora finiti!

Simbolo di Madrid, nonché uno dei monumenti più fotografati in assoluto, è la statua dell’Orsa e del Corbezzolo, realizzata dallo scultore Antonio Navarro Santafé, alta 4 metri e inaugurata nel 1967: situata all’inizio di Calle del Carmen, è adiacente alla centralissima Puerta del Sol, piazza enorme che per tradizione, durante la notte di San Silvestro, è gremita da madrileni e turisti che a ogni rintocco dell’orologio che abbellisce la Casa de Correos (nata nel 1768 come posta centrale, ora ospitante il governo regionale della Comunidad de Madrid), mangiano un acino d’uva in segno augurale: un’impresa più facile a dirsi che a farsi!

L’orsa della statua è parte dello stemma della capitale spagnola sin dal XII secolo, quando le truppe di Alfonso VII attaccarono le milizie del Regno di Murcia. Una folta comunità di orsi, oggi estinta, abitava in quel tempo l’altopiano dove è situata Madrid. L’origine del corbezzolo a cui l’animale si appoggia, invece, è da ricondurre agli scontri tra lo Stato e il Clero per il controllo dei campi, e rappresenta infine il dominio dello Stato sul legno (l’albero) e sulla caccia.

A sud est di Puerta del Sol, cuore pulsante della città (dove far assolutamente tappa, ma a mio parere non l’angolo più suggestivo), di cui Edmondo de Amicis diceva “è una piazza degna della sua fama; non tanto per la sua vastità e la sua bellezza, quanto per la gente, per la vita, per la varietà dello spettacolo che presenta a tutte le ore del giorno”, sorge il quartiere (molto notturno!) di Huertas, un tempo frequentato da intellettuali e letterati tanto da estendersi nel Barrios de las letras (delle lettere).

Un tempo in queste vie dove ora si passeggia su alcuni estratti di opere letterarie impressi sulla strada, vivevano il drammaturgo Lope de Vega (di cui si può ammirare la casa museo) e Miguel de Cervantes Saavedra, autore del Don Chisciotte (in calle de Cervantes).

Al centro di Huertas brilla la caratteristica Plaza de Santa Aña, una piazzetta davvero magica arricchita da eleganti e bianche architetture, dove incontrare altri protagonisti della letteratura spagnola, come le statue di Federíco García Lorca e Calderón de La Barca.

Non solo: qui si trovano il Teatro Español, il più antico teatro della capitale costruito nel 1745, e il lussuoso hotel Reina Victoria, dove sono soliti alloggiare i toreri prima della Corrida.

Sulla piazza si affacciano bar e locali affollati, tra cui Villa Rosa, ristorante comparso anche nel film di Pedro Almodóvar Tacchi a spillo, che dal 1914 propone spettacoli di flamenco.

Al ritmo del flamenco

Uno spettacolo di flamenco non è assolutamente da perdere per comprendere l’animo musicale spagnolo: altro tablao consigliatissimo per goderselo, a pochi passi da qui ma più spostato verso La Latina, è Casa Patas.

Percorrendo le viuzze è inoltre possibile fermarsi per onorare un rito molto madrileño: se in Inghilterra c’è l’ora del tè, a Madrid c’è l’ora del vermù (quello che noi chiamiamo vermuth), servito alla spina in tabernas antiche e frequentate come Casa Alberto, aperta dal 1827.

I musei da non perdere a Madrid

Rimane ancora moltissimo da vedere a Madrid! Per gli amanti dell’arte, questa città appagherà ogni desiderio con i suoi musei più noti e altri piccoli gioielli, molti dei quali sono concentrati nel cosiddetto Paseo del Arte, uno dei punti di maggiore concentrazione di bellezza al mondo.

Proseguendo a est di Huertas infatti si raggiunge, incontrando il Museo Thyssen – Bornemisza, preziosissima collezione privata incentrata specialmente sulla pittura europea e assolutamente consigliata, il Paseo del Prado, un viale maestoso che prende il nome proprio da uno dei musei più importanti del mondo, per l’appunto il Museo del Prado, di cui proprio in questo 2019 si celebra il bicentenario della nascita (1819).

Tra gli oltre 7000 dipinti della sua collezione, si possono ammirare le più note opere del visionario e immenso Goya, comprese le Pinturas negras e El 2 de mayo de 1808, opere eterne come Las meniňas di Velasquez, una sezione di dipinti di El Greco, molte opere dei fiamminghi e del misterioso Hieronymus Bosch, di cui è possibile ammirare, tra gli altri, uno dei maggiori capolavori al mondo, Il giardino delle delizie.

A sud del Prado si trova, oltrepassando il Caixa Forum con il suo stupefacente giardino pensile, spazio per mostre su cinema, arte e fotografia e il vicino e rigenerante Real Jardin Botanico, il Centro de Arte Reina Sofia, il principale museo di arte contemporanea di Madrid, dove commuoversi di fronte alla drammaticità della Guernica di Picasso e ammirare le opere di Dalí, Miró, per arrivare agli artisti degli anni ‘80.

Fuori dal museo, presso lo storico locale El Brillante, è un must rifocillarsi con un bocadillo de calamares, il panino con i calamari fritti, una delle specialità gastronomiche più golose di Madrid.

Ai più curiosi come me, prima di risalire il Paseo, consiglio di visitare la vicinissima Antica Stazione di Atocha: l’intatta struttura ottocentesca in ferro e vetro fa da serra a un luminoso giardino tropicale con più di 500 specie di piante.

A est dei musei si estende il riposante Parque del Buen Retiro, uno dei polmoni verdi della città più amati dai madrileñi, dove passeggiare, fare jogging, godere dell’ombra, concedersi gite in barca. Qualche edificio storico, prati all’inglese, e statue tra cui quella dall’iconografia rara chiamata El Ángel Caído (al posto di un angelo rappresenta Lucifero, e si trova precisamente a 666 metri di altezza) costellano questo meraviglioso parco che all’estremità nord raggiunge la Puerta de Alcalà, trionfale accesso alla città sin dal 1599 (quella che vediamo oggi è però la versione neoclassica, progettata dall’architetto Francesco Sabatini e voluta da Carlo III dopo il 1764).

Da questo ingresso si giunge alla maestosa Plaza de la Cibeles, che al centro ospita la Fontana della dea Cibele – amatissima dai suoi cittadini- e su cui si affaccia il Palacio de Comunicaciones, ora sede del governo cittadino, dove è possibile salire sulla terrazza sorseggiando un aperitivo con una strepitosa vista panoramica.

Da questa piazza si sale, percorrendo il Paseo de los Recoletos, fino al Museo Archeologico, che vale assolutamente una visita assieme alla Biblioteca Nacional e al Museo del Libro.

I locali più alla moda

Arrivati qui è d’obbligo farsi travolgere dall’esperienza culinaria del Platea, un cinema riconvertito in spazio gastronomico dove poter assaggiare le specialità tipicamente spagnole dei diversi locali, ristoranti e cocktail bar che si succedono uno dietro l’altro al piano terra, mentre sul vecchio palco del cinema si alternano spettacoli di cabaret e musica dal vivo.

Per le occasioni speciali da celebrare, non si può sbagliare scegliendo il Canalla Bistrot, con i piatti esclusivi dello chef Ricard Camarena, premiato 3 volte con la stella Michelin.

A nord di quest’area si estende Salamanca, un barrio molto elegante dove le vetrine dei marchi più elitari e quelle di boutique molto chic deliziano gli occhi di chi ama lo shopping più costoso.

Il nostro viaggio continua…

DOVE MANGIARE

*Canalla Bistrot, Calle de Goya 5, Madrid, tel915 77025, www.plateamadrid.com . Una stella Michelin per questo locale che propone piatti raffinati e creativi. Prezzo medio € 35/45 a persona.

*Cebo, Carrera de San Jeronimo 34, Madrid, tel 178 77770, www.cebomadrid.com Spazio curato e moderno con un bancone dove i piatti sono cucinato sotto gli occhi della clientela. Cucina creativa che è una vera esperienza sensoriale e che fonde in maniera originale le cucine regionali spagnole. Una stella Michelin meritata. Prezzo alla carta € 80-110 a persona.

DOVE DORMIRE

*Madrid Reina Victoria****, Plaza de Sta. Ana, 14, Madrid, tel 0034 912 764747, www.melia.com/es Ricavato in un edificio del 19° secolo, nella storica Plaza Santa Ana, dista appena 300 metri da Puerta del Solo, dalla Stazione Metro Sevilla e dai Musei del Prado, Reina Sofia e Thyssen-Bornemisza. Doppia da € 198.

*Petit Palace Savoy Alfonso XII****, Calle de Alfonso XII, Madrid, tel 0034 915 221920, www.petitpalacesavoyalfonsoxii.com Nelle vicinanze del Parco del Retiro, a 250 m dalla Puerta Alcalà, e dai principali musei, questo splendido boutique hotel offre camere eleganti dotate di Pc portatile con connessione wi fi gratuita. Possibilità di noleggio biciclette. Doppia da € 220.

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www.esmadrid.com