Pane avanzato? Ecco 6 piatti top delle nonne milanesi

Abbuffate natalizie: tante golosità nel piatto e, purtroppo, tanto pane avanzato…
Siete anche voi della generazione “no waste” e odiate lo spreco ?

Testo e foto di Cesare Zucca — ( in italian and english)

“Non buttare mai il pane avanzato!” è il motto delle nostre care nonne, ecco come riutilizzare il pane raffermo e creare piatti gustosi che ci arrivano direttamente dalla cucina lombarda che affonda le sue radici in tradizioni semplici, tra cui il riutilizzo del pane vecchio per realizzare piatti squisiti. Quindi se vi capita di comprare troppo pane, avete due possibilità: congelarlo ancora fresco e poi toglierlo qualche ora prima dell’uso, oppure provare a realizzare uno di questi tipici piatti milanesi.
Paan triit maridàat
Si tratta di una leggendaria zuppa contadina descritta nel ricettario del 1450 di Maestro Martino, “L’Arte di Cucinare”. Ricetta semplice: fate bollire il brodo, versateci il pangrattato di pane raffermo e fate cuocere per 5 minuti. Nel frattempo sbattere le uova con il parmigiano grattugiato, aggiungere un cucchiaio di burro, versare nel brodo, mescolare e servire. In dialetto milanese il nome significa pangrattato sposato, perché il pane, stanco di essere lasciato solo, si è accoppiato con l’uovo.
Pancotto
Pane raffermo e acqua sono gli ingredienti poco costosi di questa zuppa semplice e frugale, eccezionale per bontà e semplicità di esecuzione. I pezzi di pane vengono messi a bagno in acqua fredda per un paio d’ore (la michetta è il pane migliore, ma potete usarne qualsiasi altro tipo). Quindi aggiungere burro, olio e sale e far bollire. Per renderlo più gustoso, potete aggiungere del brodo di manzo , un uovo sbattuto mantecato o una guarnizione di alloro essiccato e servire con del parmigiano
Polpettine
La mortadella è la protagonista di queste polpettine, fatte con pane inumidito nel latte, uova, prezzemolo tritato, formaggio grattugiato e aglio, quindi condite con un pizzico di noce moscata grattugiata, sale e pepe. Mescolare tutti gli ingredienti, passarli nel pangrattato e friggerli con un filo d’olio e un po’ di burro per ottenere un bel colore dorato.
Mondeghili
La tradizione della cucina frugale milanese continua con l’abbinamento del pane raffermo con gli avanzi del bollito misto, o di qualsiasi altro tipo di carne, come salsiccia, wurstel o salame.
Le origini dei mondeghili si perdono nei secoli, fino all’età araba. Il piatto è rimasto nella tradizione culinaria degli spagnoli, che hanno dominato l’Italia per 150 anni. Oggi queste polpette vengono spesso portate sulla vostra tavola come gradito pre-aperitivo, oppure le potete trovare come street food. Sono simili nella preparazione alle polpette, ma sono grandi quanto una noce, passate nel pangrattato e poi fritte con salvia e burro. Potete realizzare una versione senza carne, scegliendo come scamorza o zucchine fritte come ripieno.
Charlotte Milanese
Meraviglioso budino che prende il nome dalla regina britannica Charlotte, che amava avere alberi di mele nel suo giardino. La versione milanese è tutta incentrata sulla semplicità. Eliminata la crosta del pane, si usa la parte interna per rivestire il fondo e i lati di uno stampo unto di burro. Il centro viene riempito con mele, uvetta, pinoli, scorza di limone, vino bianco e zucchero, e cotto per un’ora a 180°C. Nel rispetto della tradizione, potete servirlo in modo sgargiante, cospargendolo generosamente di rum, accendere la parte superiore e stupirei tutti con un dessert fiammeggiante !
Torta di pane della Nonna
Il pane raffermo viene tagliato a pezzetti, mescolato con l’uvetta e lasciato ammorbidire nel latte tiepido per 15 minuti. Aggiungete cacao dolce, pinoli, uovo, burro, cannella, scorza di limone e qualche amaretto. Cuocere 50 minuti a 180°C. Per verificare se è pronto, inserite uno stuzzicadenti al centro. Se esce pulito, sfornatelo, lasciatelo raffreddare e spolverate la superficie con zucchero
Buon appetito!

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“Never throw away leftover bread!”

This the motto of our dear grandmothers, here’s how to reuse stale bread and create tasty dishes that come to us directly from Lombard cuisine which has its roots in simple traditions, including the reuse of old bread to create exquisite dishes. So if you happen to buy too much bread, you have two options: freeze it while still fresh and then remove it a few hours before using, or try making one of these typical Milanese dishes.
Paan triit maridaat
It is a legendary peasant soup described in Maestro Martino’s 1450 recipe book, “The Art of Cooking”. Simple recipe: boil the broth, pour in the stale breadcrumbs and cook for 5 minutes. In the meantime, beat the eggs with the grated parmesan, add a spoonful of butter, pour into the broth, mix and serve. In Milanese dialect the name means married breadcrumbs, because the bread, tired of being left alone, has paired with the egg.
Pancotto
Stale bread and water are the inexpensive ingredients of this simple and frugal soup, exceptional for its goodness and ease of preparation. The pieces of bread are soaked in cold water for a couple of hours (michetta is the best bread, but you can use any other type). Then add butter, oil and salt and boil. To make it tastier, you can add beef broth, a beaten egg or a garnish of dried bay leaves and serve with parmesan.
Meatballs
Mortadella is the protagonist of these meatballs, made with bread moistened in milk, eggs, chopped parsley, grated cheese and garlic, then seasoned with a pinch of grated nutmeg, salt and pepper. Mix all the ingredients, coat them in breadcrumbs and fry them with a drizzle of oil and a little butter to obtain a nice golden colour.
mondeghili
The tradition of frugal Milanese cuisine continues with the pairing of stale bread with the leftovers of mixed boiled meat, or any other type of meat, such as sausage, frankfurters or salami.
The origins of Mondeghili are lost over the centuries, up until the Arab age. The dish remained in the culinary tradition of the Spaniards, who dominated Italy for 150 years. Today these meatballs are often brought to your table as a welcome pre-aperitif, or you can find them as street food. They are similar in preparation to meatballs, but are the size of a walnut, coated in breadcrumbs and then fried with sage and butter. You can make a meatless version, choosing scamorza or fried courgettes as the filling.
Charlotte Milanese
Wonderful pudding named after the British Queen Charlotte, who loved to have apple trees in her garden. The Milanese version is all about simplicity. Once the crust of the bread has been removed, the internal part is used to line the bottom and sides of a mold greased with butter. The center is filled with apples, raisins, pine nuts, lemon zest, white wine and sugar, and baked for an hour at 180°C. In keeping with tradition, you can serve it in a flamboyant way, sprinkle it generously with rum, light the top and surprise everyone with a flaming dessert!
Grandma’s bread cake
The stale bread is cut into small pieces, mixed with the raisins and left to soften in warm milk for 15 minutes. Add sweet cocoa, pine nuts, egg, butter, cinnamon, lemon zest and some amaretto biscuits. Cook 50 minutes at 180°C. To check if it is ready, insert a toothpick into the center. If it comes out clean, take it out of the oven, let it cool and sprinkle the surface with sugar

Enjoy!




20 top car per 20 top chef: Stefano Basello, sempre più green

Di Raffaele d’Argenzio

Stefano Basello è noto e apprezzato per essere uno chef green, di quelli che, oltre ad avere produttori di fiducia, va di persona a cercare nei boschi e sui monti erbe spontanee per le sue ricette. E ci va con un suv, la Toyota Rav 4. Naturalmente Hybrid, per non inquinare. Noi di Weekend Premium già lo conosciamo, dato che è stato eletto Chef Green 2020 per i WEEKEND GREEN AWARDS.  Sono passati due anni, ed è sempre più green insieme alla sua brigata cui insegna i segreti del foraging. Dove trovarlo? All’Hotel La’ di Moret a Udine.

Stefano Basello con il nostro premio Chef Green 2020 al ristorante Al Fogolar 1905 dell’Hotel Là di Moret della famiglia Marini

È il ristorante che sceglie lo chef oppure è lo chef che sceglie il ristorante? Lei come è arrivato a Là di Moret?

Entrambe le cose, si cerca di scegliere un ristorante che ti permetta di esprimerti e in cui ci sia la stessa visione con il titolare. Sono arrivato al Là di Moret la prima volta nel 1996 come stagista, successivamente ho fatto altre esperienze lavorative e importanti corsi d’aggiornamento. Quindi, ci siamo ritrovati ed ora sono 17 anni che lavoro al Là di Moret.

Ma ci racconti anche come e quando è scattata la sacra scintilla per cui ha deciso di diventare chef.

La passione per la cucina me l’ha trasmessa mia madre che aveva un talento naturale. Oltre a quella per i fornelli, l’altra mia passione era il ciclismo, che ho praticato fino a 19 anni.  Dato che non ero un campione, sono passato all’altra mia passione e ho cominciato gli studi di cucina per intraprendere il mio percorso di cuoco.

Stefano Basello con la sua brigata di cucina

Le sue esperienze più importanti che hanno determinato le scelte di oggi?

In cucina mi ispiro la alle tradizioni friulane, ai racconti delle persone anziane e ai prodotti di nicchia del nostro territorio.

Dal Friuli che cosa ha preso e al Friuli che cosa darà?

Il Friuli mi dà una grande risorsa di prodotti gastronomici, la conoscenza di tanti piccoli artigiani, la grande biodiversità del nostro territorio.  E io spero di riuscire a dare al Friuli la visibilità che il nostro territorio merita, valorizzando ancor di più i piccoli produttori e cercando di non far dimenticare i nostri prodotti e le nostre tradizioni.

Che weekend propone per visitare il Friuli, quali sono le bellezze assolutamente da vedere?

Di luoghi da visitare il nostro territorio ne ha molti, ma potrei proporvi di visitare Pesariis, una frazione di Prato Carnico in val Pesarina, il paese degli orologi.  Per poi risalire alla Fondazione Polse di Cougnes (a San Pietro di Zuglio), dove visitare l’orto botanico, il centro astronomico e la sede degli scampanotadors, caratteristici suonatori di campane.Non può mancare una visita al monte Zoncolan, conosciuto per essere la salita più dura d’Europa e per l’arrivo del Giro d’italia, per poi pranzare alla malga Pozof, che produce 2 formaggi a presidio slow food. Infine, in estate, chiudere il weekend con un bagno nel torrente Arzino.

La Fondazione Polse di Cougnes

Quali sono i viaggi e i weekend che ricorda più volentieri? 

Mi son piaciuti maggiormente quelli fatti in montagna, dove ho potuto camminare, cercare erbe, visitare malghe, fare dei giri in bicicletta e riscoprire le varie tradizioni montanare.

Le piace farli in auto?  Quale auto usa e perchè l’ha scelta?

I miei viaggi sono fatti quasi esclusivamente in auto, usando la Toyota Rav 4 Hybrid, che ho scelto perché nel mio piccolo cerco di limitare l’inquinamento, ma anche perchè mi permette di raggiungere facilmente i luoghi dove vado a fare foraging, alla scoperta delle erbe spontanee commestibili per le mie ricette.

Quindi un’auto green per uno chef green, e noi ovviamente gli abbiamo chiesto una ricetta green o quasi green.

LA RICETTA: Scampo e midollo d’agnello

Ingredienti x 4 persone 

  • 4 code scampi fresche
  • 50 gr amido di mais
  • 25 gr farina 00
  • 70 gr acqua frizzante
  • 20 gr midollo agnello sciolto e filtrato
  • 20 gr aceto sambuco in gel
  • 4 foglie oxalis
  • 4 foglie finocchio di mare
  • 4 steli erba olio
  • 4 foglie santoreggia
  • 120 gr maionese al pino
  • 20 gr aceto Midolini 18 anni
  • 25 gr olio alla zucca
  • 8 gr polvere caffè

Miscelare la farina e l’amido di mais, diluire poi con l’acqua frizzante. Preparare una classica maionese unendo alla fine dell’olio al pino. Emulsionare l’olio alla zucca con l’aceto Midolini e la polvere di caffè e condire le erbe aromatiche. Pennellare le code di scampi con il midollo d’agnello, immergere nella pastella e friggere. Disporre nel piatto un cucchiaino di maionese al pino. Adagiarvi sopra lo scampo salato e sopra questo ispirare il gel d’aceto di sambuco. Completare con le erbe aromatiche.




Un ricettario per la pace con le ricette ucraine

Un’iniziativa di solidarietà e un libro con 30 ricette tradizionali ucraine per cucinare in Santa Pace. Mentre la guerra in Ucraina continua a essere in corso e si spera che si riesca a raggiungere la pace il prima possibile, il giornalista e travel food writer Vittorio Castellani, anche conosciuto come Chef Kumalè, per fare qualcosa di utile di fronte a questa situazione così drammatica ha pensato di dare vita a un ricettario che contiene alcune ricette raccolte tra le donne ucraine, che ha conosciuto in anni di lavoro interculturale.

A quelle se ne sono poi aggiunte altre che gli sono state donate da Ievgen Klopotenko, uno chef molto popolare in Ucraina, dove ha firmato l’Ukrainian Cuisine Manifesto.

Lo chef ucraino Ievgen Klopotenko

Una cucina varia e gustosa con una grande storia

La cucina ucraina è nota da tempo per la sua varietà di piatti, concepiti non solo grazie a un’ampia scelta di prodotti, ma accostando diverse ricette. Per esempio, il famoso borscht ucraino ha almeno 20 ingredienti; il poltava borsch e il cosiddetto borsch di verdure ne hanno 18, il borsch in stile Chernigov ne ha 16 e quello a base di carpa 17. Gli ingredienti per la preparazione del borsch vengono sia bolliti che cotti in umido.

Molti piatti a base di carne e di pesce sono fritti o in umido, per dare loro un sapore, un gusto e una succulenza originali, come quelli ripieni o lardellati. Sono particolarmente gustosi quelli a base di carne e verdure: involtini di cavolo, Volyb krucheniki, manzo e funghi in umido, salsicce fatte in casa con cipolle, involtini di patate con ripieno di funghi, riso alle barbabietole, ricotta e miele, e altre.

Involtini di cavolo

Sono molto famose le ricette ucraine a base di pollo, come la cotoletta di Kiev. La cucina nazionale ucraina è ricca di piatti e di varie prelibatezze a base di farina. I più famosi sono i vareniki, i galushki, i milintzi, il pane di grano saraceno, ecc. La cucina ucraina è anche ricca di frutta e verdura, di dolci ai frutti di bosco e di bevande.

Preparazione dei vareniki

Per molti secoli gli ucraini si sono preparati da soli le loro bevande: nalivaks fatto in casa (liquore alla frutta), brandy, tertukhas, kvas e uzvar. Oggi la cucina ucraina è andata oltre e si è sviluppata e perfezionata. La crescita dell’industria alimentare, la nuova offerta di prodotti agricoli e ittici hanno permesso di inventare nuovi piatti. Nonostante l’uso di nuovi prodotti (la cucina sperimentale ha unito ricette e produzione industriale alimentare) l’essenza nazionale dei piatti ucraini è stata preservata.

La bevanda kvas

Oggi l’offerta di piatti a base di verdure, pesce di mare, farina e ricotta, così come l’unione di carne e verdure è molto aumentata. Come effetto di vicinanza economica, culturale e di legami commerciali, lo scambio di esperienze tra i popoli di Russia e Ucraina, i popoli delle Repubbliche unite, così come i Paesi socialisti, alcuni piatti di queste nazioni sono stati introdotti nella cucina ucraina. Molti piatti ucraini, borsch, vareniki, polpette di ricotta, carne lardellata, salsicce fatte in casa, pesce farcito e altre, sono diventate particolarmente famose. Come quelle che vi lasciamo di seguito.

Chebureki

Il chebureki sono calzoni fritti ripieni di carne tritata ed è un piatto tradizionale della cucina tartara di Crimea. Si ritiene che la loro origine risalga alle tribù nomadi mongolo-tartare. Ecco perché i chebureki vengono mangiati ancora oggi ovunque i nomadi mettessero piede nei tempi antichi. Anche negli altopiani del Tibet si può gustare un piatto simile! Il suo nome è tartaro di Crimea e significa “tortino di carne”. In Ucraina, i chebureki sono comuni anche tra i Greci di Mariupol, con il nome di “chir-chir”.

Ingredienti

Per l’impasto

  • 750 gr di farina 00
  • 270-270 ml d’acqua calda
  • 4 cucchiai d’olio di semi di girasole
  • 1 cucchiaio di Vodka
  • ½ cucchiaino di sale
  • 1 uovo (facoltativo)

Per la farcitura

  • 750 gr di carne tritata di manzo o agnello (30% di grasso)
  • 2 cucchiai di prezzemolo tritato
  • Poca acqua
  • Sale e pepe qb

Procedimento

In una ciotola setacciate la farina, mescolatela con l’acqua calda all’interno della quale avrete aggiunto l’olio di semi, la Vodka, il sale e l’uovo, se decidete di usarlo.

Mescolate bene e impastate fino ad ottenere un composto liscio e omogeneo che lascerete riposare coperto per 30 min. Nel frattempo in una ciotola a parte, tritate la cipolla a brunoise e mescolatela con la carne ed il prezzemolo tritato. Aggiustate di sale e pepe, bagnate leggermente e mescolate bene in modo da amalgamare tutti gli ingredienti. Lasciate riposare per 15 min.

Suddividete ora l’impasto di acqua e farina in dodici parti uguali, lavoratele in modo da dare la forma di palline, copritele con un panno e lasciatele riposare per 15 min, prima di stenderle con un mattarello, in forma circolare.

Distribuite all’interno di una metà del disco 2-3 cucchiai della farcitura, richiudete a metà e sigillate, come fareste per un calzone, schiacciando i bordi con le punte di una forchetta.

Fate quindi riscaldare a 180° l’olio di semi in una padella e friggete i chebureki, prima da un lato, poi dall’altro, per due-tre minuti, finché saranno dorati. Prelevate dall’olio, fate asciugare su carta assorbente e servite.

Tovchanka

Puré di fagioli e patate ai semi di papavero

Il tovchanka è uno dei piatti di contorno più comuni della cucina ucraina. Si dice che provenga dalla zona di Ternopil ed è una purea di patate lesse e fagioli che vengono cotti separatamente e poi schiacciati, in ucraino “tovchut”, da cui il nome del piatto. Il terzo ingrediente principale sono i semi di papavero. Oltre ai fagioli si possono usare anche altri legumi.

Ingredienti

  • 300 gr di patate
  • 100 gr di fagioli secchi
  • 1 cipolla
  • 3 cucchiai di semi di papavero
  • 2 cucchiaini di zucchero
  • Sale e pepe qb
  • Prezzemolo o aneto

Procedimento

Ammollate i fagioli per 8-10 ore. Sciacquateli, copriteli di abbondante acqua fresca e fateli cuocere per circa due ore, fino a che saranno morbidi, quindi scolateli. Ammollate i semi di papavero per circa dieci ore in acqua tiepida. Scolateli e pestateli in un mortaio fino a ridurli in pasta. Sbucciate le patate, tagliatele a pezzi e lessatele in acqua bollente salata. Scolatele e unitele ai fagioli. Tritate finemente la cipolla e unitela a patate e fagioli insieme alla pasta di papavero, insaporite con zucchero, pepe e le erbe e schiacciate tutto in un purè rustico, eventualmente unendo un pochino dell’acqua di cottura delle patate per raggiungere la consistenza desiderata. Regolate di sale e servite in tavola.

Chervonyj borshch

Borshch rosso

Come probabilmente saprete, il borschch è la pietra angolare della cucina ucraina: è una zuppa tradizionale che si prepara con carne, barbabietole, patate, cavoli, cipolle, pomodori (o concentrato di pomodoro) e carote. Non esiste un’unica ricetta classica per questo piatto. Ogni famiglia ha i propri consigli, trucchi e segreti ben custoditi. Gli ucraini non hanno bisogno di un motivo particolare per cucinare il borschch, anche se il più delle volte viene servito in occasione di matrimoni o altri eventi festivi. Ecco i consigli dello chef Ievgen Klopotenko per creare la vostra migliore ricetta di borshch ucraino.

Ingredienti

Per il brodo base

  • 300 gr di osso di bovino con midollo
  • 300 gr di coda di bovino
  • 300 gr di controfiletto
  • 1 grossa cipolla dorata
  • 1 radice di pastinaca
  • 1 carota
  • 1 gambo di sedano con le foglie
  • 1 cucchiaino di semi di coriandolo
  • ½ cucchiaino di pepe nero
  • ½ cucchiaino di pepe di Jamaica allspice
  • ½ cucchiaino di semi di cumino (facoltativo)
  • 2 rami di prezzemolo
  • 4 lt d’acqua fredda

Per la zuppa

  • 4 patate
  • 3 barbabietole di medie dimensioni con le loro foglie
  • 2 carote di media grandezza
  • 1/2 piccolo cavolo verza
  • 1 pastinaca
  • 2 spicchi d’aglio
  • 1 piccolo sedano con le foglie
  • 1 mazzetto di prezzemolo
  • 1 mazzetto di aneto
  • sale, pepe nero macinato
  • 1 peperoncino secco aromatico (paprika)
  • 2 cucchiai d’aceto di vino bianco

Per servire

  • 4 spicchi d’aglio
  • Fette di pane nero Lardo

Procedimento

In una pentola capace, sistemate sul fondo la carne, tutte le verdure mondate, il mix di spezie, versate l’acqua, coprite con il coperchio e portate a ebollizione. Fate cuocere per un’ora schiumando il brodo di tanto in tanto. Sbucciate le barbabietole, prelevate dal brodo tutti gli ingredienti, tranne le carni, sistemate a cuocere le barbabietole intere e lasciatele cuocere per trenta minuti con il coperchio. Quindi prelevate le ossa con il midollo, le carni e le barbabietole. Filtrate il brodo e rimettetelo a cuocere nella sua pentola.

Mondate ora le verdure per la zuppa, tritate gli spicchi d’aglio. Grattugiate a fiammifero la pastinaca e le carote e mettetele a cuocere nel brodo per la zuppa insieme ai gambi delle barbabietole tagliati a tocchetti, un peperoncino e fate cuocere per dieci minuti. Aggiungete le patate che farete bollire per altri dieci minuti, eliminate il peperoncino, e completate con metà delle foglie di barbabietola, del sedano, del prezzemolo e dell’aneto tritate.

Sminuzzate quindi il controfiletto usato per il brodo di base e la carne della coda. Prelevate le barbabietole bollite dalla zuppa e grattugiatele in rapée; insaporitele con l’aglio tritato e due cucchiai d’aceto di vino. Versate nella zuppa le carni sminuzzate, il cavolo tagliato a listerelle fini e le barbabietole grattugiate.

Completate con il trito di erbe aromatiche, spegnete il fuoco e lasciate riposare la zuppa con il coperchio per dieci minuti. Aggiustate di sale e pepe. Servite in ciotole con l’aggiunta di spicchi d’aglio tagliati a lamelle e una spolverata di aneto fresco. Accompagnate con pane nero e fette sottili di lardo.

 

Okroshka

Zuppa fredda d’estate

Okroshka è una tradizionale zuppa fredda, tipica soprattutto delle zone orientali dell’Ucraina. L’origine dell’Okroshka rimane una domanda aperta, in quanto sull’argomento non esistono a tutt’oggi sicuri riferimenti storici. Tuttavia, molti storici associano la comparsa della okroshka con il battesimo della popolazione russa di Kiev. Secondo le cronache, dopo l’atto del battesimo, il Principe Vladimir ordinò che si distribuisse tra i contadini “cibo, miele e kvas”. Probabilmente, fu in seguito a questa usanza che il kvas si diffuse tra la gente comune. Insieme al pane di segale e alle cipolline novelle divenne la base per la zuppa fredda. Anche se il termine “okroshka” divenne largamente diffuso solo all’inizio del XX Secolo. Il termine indica il metodo di preparazione dell’okroshka: tutti gli ingredienti devono essere tritati finemente. Gli ingredienti di base sono: cetrioli, ravanelli e cipollina novella. Nota Se si usa il kvas si usa la panna acida, mentre se si usa il kefir no.

Ingredienti

  • 700 ml di kvas o di kefir
  • 200 gr di carne di vitello lessa o di prosciutto cotto tipo Praga
  • 2-3 patate lesse
  • 120 gr di cetrioli freschi di piccola taglia
  • 4 uova sode
  • 6 ravanelli
  • Erba cipollina, prezzemolo, aneto
  • 50 gr di panna acida o yogurt greco
  • 4 fette di pane nero di segale
  • Rafano
  • Sale, pepe

Procedimento

Tagliate a piccoli cubetti i cetrioli, le patate, i ravanelli, la carne o il prosciutto cotto e le uova. sode Sistemate tutti gli ingredienti in una ciotola e versatevi sopra il kvas o il kefir, aggiungete il sale, il pepe, il rafano, sale e pepe Sistemate in frigorifero per almeno per un’ora e togliete l’okroshka 15 min prima di servirla. Tagliate finemente l’erba cipollina, il prezzemolo e l’aneto Prima di servirla cospargete sopra ad ogni piatto un cucchiaio delle erbette tagliate e un cucchiaio di panna acida. Servite con fette di pane nero di segale.

Kurka kyyivsʹka

Pollo alla Kiev

Il pollo alla Kiev è stato un biglietto da visita della capitale Ucraina per molti anni. È conosciuto e amato in tutte le parti del mondo. La peculiarità del piatto consiste nel fatto che non si prepara con carne tritata, ma con un intero filetto di petto pollo. Nonostante il nome, sono tanti i paesi che reclamano la paternità del piatto. Secondo alcuni, la sua patria sarebbe la Francia, una creazione dello chef Nicolas Appert, secondo altri, il Regno Unito. Gli americani sostengono poi che il pollo alla Kiev è chiamato così grazie alla popolarità che il piatto aveva tra i migranti ucraini negli USA!

Ingredienti

  • Un petto di pollo tagliato in quattro fette
  • 120 gr di burro
  • Una manciata di prezzemolo
  • 2 spicchi d’aglio
  • 1 cucchiaino di senape di Digione
  • 60 gr di farina
  • 1 uovo 1 cucchiaio di latte intero
  • 100 gr di pangrattato
  • 200 ml d’olio di semi
  • Sale e pepe

Procedimento

Tagliate il petto di pollo in quattro fettine in modo da poterlo aprire a libro. Battete delicatamente con un batticarne i petti di pollo ottenuti Preparate il ripieno aromatizzato tritando aglio e prezzemolo, che mescolerete con il burro ammorbidito e con la senape. Aggiustate di sale e pepe. Dividete il composto in quattro parti e sistematelo nel freezer finché sarà compatto. Stendete i petti di pollo sistemate sopra ogni fetta il composto che lavorerete nel palmo della mano per dargli la forma di un sigaro. Arrotolatevi intorno il petto di pollo in modo da ottenere una rollatina che passerete nella farina, quindi nell’uovo sbattuto e infine nel pangrattato. Fate riposare in frigo per mezz’ora. Riscaldate quindi l’olio a 180°C in una padella e doratevi le rollatine di pollo per 12-15 minuti. Asciugate su carta assorbente e servite in tavola.

Lagman

Noodles con carne e verdure

Il Lagman è una specialità di origine cinese, il suon nome deriva infatti dai noodles “lamian” originari della Provincia di Gansu, lungo la Via della Seta ed è molto diffuso nella cucina tartara della Crimea. Si tratta di un piatto con noodles che può essere servito con o senza carne, calda o fredda.

Ingredienti

  • 600 gr di carne di manzo
  • 3-4 patate
  • 1 peperone rosso
  • 1 carota
  • 1 cipolla
  • 3-4 pomodori
  • 30 ml d’olio
  • 1 lt d’acqua
  • Sale, pepe, aglio, erbe aromatiche a piacere

Per i noodles

  • 300 gr di farina di frumento
  • 100 ml d’acqua
  • 2 uova

Procedimento

Preparazione dei noodles

Setacciate la farina in una ciotola, fate un cratere nel centro e versatevi l’acqua e l’uovo. Impastate energicamente per alcuni minuti fino ad ottenere un composto liscio ed omogeneo che stenderete con il mattarello di uno spessore di 2 mm. Tagliate la sfoglia in modo da ottenere dei noodles.

Preparazione della salsa

Tagliare la carne in piccoli pezzi e spolveratela di sale. Sbucciate e tagliate finemente le verdure. Versate l’olio di semi in una padella preriscaldata e friggetevi la carne fino a doratura. Fate saltare per 7-10 min. nella stessa padella le carote a fiammifero, le cipolle in julienne e peperoni affettati e conservateli a parte. Fate saltare anche le patate tagliate a bastoncino con l’aglio tritato e i pomodori. Aggiustate di sale e pepe, coprite a filo con acqua e proseguite la cottura finché l’acqua sarà assorbita Fate cuocere i noodles in acqua salata e servite il Lagman in un piatto, versandovi sopra la carne e il sugo di verdure.

Per sfogliare il ricettario completo clicca qui

Per scaricare il ricettario, invece, si può fare una donazione a Medici Senza Frontiere.

Chi è Vittorio Castellani

Torinese, viaggia da 30 anni nei 5 continenti per conoscere e divulgare le cucine del mondo attraverso la sua attività di giornalista e organizzatore di eventi gastronomico-culturali. Insegna in diverse scuole, dagli Istituti alberghieri ai Master universitari e collabora con piccole e grandi aziende per i settori ricerca e sviluppo, comunicazione e marketing. Molti lo considerano il massimo esperto in Italia di cucina etnica e cucine del mondo.

INFO: www.ilgastronomade.com




San Valentino “piccante” con tre ricette al Gorgonzola

Lo sapevate? Il Gorgonzola DOP è uno dei cibi afrodisiaci, in grado, cioè, di stimolare il desiderio. Secondo una recente ricerca, infatti, contiene alcune sostanze amiche dell’eros come la feniletilamina, la stessa sostanza che il cervello produce quando ci si innamora. Contiene, inoltre aminoacidi liberi, come la tirosina, che favorisce la produzione di dopamina, essenziale per il desiderio.

Non solo. I ricercatori hanno scoperto che il Gorgonzola ha anche qualcosa, in più, proprio nel suo caratteristico aroma. A fare la differenza sarebbe, infatti, l’acido valerianico, stretto parente di un feromone femminile.

Con questi presupposti, che cosa c’è di meglio che festeggiare la serata di San Valentino con una cena “piccante” e afrodisiaca a base di Gorgonzola DOP? Se è vero che “Si cucina sempre pensando a qualcuno, altrimenti stai solo preparando da mangiare”, cucinare è un vero è proprio gesto d’amore nei confronti della propria dolce metà. Ecco, allora, tre ricette super per una serata di San Valentino davvero…piccante!

PAELLA DI TERRA CON VERDURE, POLLO E GORGONZOLA DOP

Ingredienti per 2 persone

  • 250 gr di Gorgonzola DOP
  • 400 gr di riso bomba
  • 2 peperoni rossi
  • 2 zucchine
  • 2 bustine di zafferano
  • 150 gr di petto di pollo
  • 1 lt di brodo di carne
  • Sale
  • Pepe nero
  • Olio evo

Fate rosolare nella paellera il pollo tagliato a cubetti con due cucchiai di olio evo per circa 15 minuti. Unite le verdure tagliate a cubetti e aggiustate di sale e pepe. Fate rosolare e poi sfumate con un bicchiere di brodo. Unite il riso su tutta la paellera e coprite con il brodo bollente. Fate cuocere per 20 minuti senza mai girare il riso. Poco prima che sia cotto unite lo zafferano sciolto in un goccio d’acqua e versatelo sul riso. Servite la paella guarnendola con il Gorgonzola DOP ed una macinata di pepe nero

CUPCAKE CON FROSTING AL GORGONZOLA DOP MANDORLE ED ERBETTE

Ingredienti per 2 persone

  • 250 gr di Gorgonzola DOP
  • 200 gr farina 00
  • 150 ml latte
  • 2 uova
  • 1 bustina di lievito
  • Istantaneo per torte salate
  • 80 gr burro
  • Erbe fresche
  • Mandorle a scaglie qb
  • Pepe nero e sale

In una ciotola mescolate con la frusta l’uovo con il latte ed il burro precedentemente sciolto. Unite un pizzico di sale, la farina ed il lievito setacciati. Mescolate bene. Dividete l’impasto negli stampini monoporzione e fate cuocere in forno preriscaldato a 180° per 20 minuti. Lasciate raffreddare. Guarnite i cupcake con il Gorgonzola DOP, le lamelle di mandorle tostate e le erbette fresche.

MELANZANE ARROSTITE CON GORGONZOLA PICCANTE DOP, CRUMBLE DI PANE E MENTA

Ingredienti per 2 persone

  • 120 gr di Gorgonzola Piccante DOP
  • 2 melanzane lunghe
  • 2 fette di pane posato
  • Menta fresca
  • Olio evo
  • Sale
  • Pepe rosa

Tagliate le melanzane a metà nel senso della lunghezza ed incidete la polpa praticando dei tagli trasversali. Spolverate con il sale e fate riposare per 10 minuti per far fuoriuscire l’acqua di vegetazione. Tamponate le melanzane con un canovaccio. Trasferitele su una teglia da forno, conditele con del pepe rosa, il pane precedentemente sbriciolato e un filo d’ olio evo. Fate cuocere in forno preriscaldato a 200° per circa 30 minuti. Sfornate e guarnitele con il Gorgonzola Piccante DOP tagliato a cubetti e della menta fresca. Servitele tiepide.




Vissani, gusto verace

Non solo chef stellati, ma anche “cuochi” di ristoranti, trattorie e rifugi che amano il loro lavoro al punto da ricercare in ogni piatto gli ingredienti della loro terra e la tradizione, che arriva a tavola grazie alla loro arte culinaria, ma anche a una storia ricca e di gesti, strumenti, sapienza, stagionalità. Cominciamo con Gianfranco Vissani, scrittore, presentatore televisivo, chef stellato, ma, soprattutto, amante della sua terra, l’Umbria. Che ci svela una delle sue celebri ricette.

Di Beba Marsano

Rimpiange il tempo dei pomodori concimati col letame (“che gusto quelli di mio padre!”). E anche le vacche di stalla, “quelle vere, quando facevano 4/5 litri di latte al giorno e non 70 come adesso, mostri geneticamente modificati”. Detesta la manipolazione, l’artificio, il sotterfugio, “dal cibo alla politica”, Gianfranco Vissani, gigante “schietto, genuino, diretto”. Che parla come mangia, pardon, come cucina. Con passione incontenibile. Gustave Flaubert dei fornelli (“Madame Bovary sono io”, diceva lo scrittore francese), Vissani mette in tavola soltanto quello in cui si identifica senza, però, limitarsi alla cultura gastronomica della sua terra, l’Umbria.

Uomo di gusto e anche di buon gusto, ama l’arte (“Velázquez, il più grande pittore di tutti”), la lettura (Il cimitero di Praga di Umberto Eco), le bellezze dell’Italia: il colore di Napoli, il dinamismo avanguardista di Milano e, da seduttore incorreggibile, Venezia, “città femmina”.

Dopo il Covid cosa cambia?

Molte piccole aziende a conduzione familiare non riapriranno più, a tutto vantaggio delle multinazionali. Perderemo un patrimonio costituito da trattorie, osterie, locali storici, custodi di un sapere tramandato da padri, madri, nonni. Il Covid sta facendo danni, ma un disastro ancora maggiore è stata l’Europa, la più grande minaccia alle diversità in nome dell’uniformità, dell’omologazione.

Piatto della gola?

Piccione allo spiedo.

Vino più amato?

Spinning Beauty, Sagrantino di Montefalco di Arnaldo Caprai, prodotto in edizione limitata in meno di mille bottiglie l’anno.

Gli indirizzi del cuore?

Vicino a casa, Mamma Angela a Orvieto e Nostrano a Perugia. Fuori, Sensi ad Amalfi e Gennaro Amitrano a Capri: due esempi di quella grande cucina del Sud, che negli anni Sessanta ha fatto furore.

Tutti paladini della tradizione regionale e nessuno stellato…

Chi sono gli stellati?

Per chi sogni di cucinare?

Per i poveri, in una mensa aperta agli ultimi. Mi è passata la voglia di cucinare per i grandi della Terra; mi hanno deluso tutti, con le loro parole fondate sulla menzogna.

A cena con…

Mario Draghi, l’unico che potrebbe salvare l’Italia. Oppure con i Tre Moschettieri, per fare D’Artagnan e salvare la corona dagli intrighi di Richelieu.

La tua giornata tipo?

Mi sveglio alle 7. Guardo fuori per vedere come è il tempo. Prendo un caffè in camera e scendo in ufficio. Un’occhiata all’agenda e poi un impegno dietro l’altro fino a tarda sera.

Nei giorni liberi?

Resto a casa a riposare o vado con gli amici a mangiare fuori porta.

E nei weekend?

Fammi un’altra domanda. Con questo lavoro, weekend liberi non ne ho mai avuti.

Viaggi?

Qualche giorno, mai troppo lontano: il Conero, la Costiera, la Puglia.

Vissani e le quattro ruote…

Guido molto, e volentieri. Il concessionario dice che i cerchioni me li mangio. Ha ragione: macino 150mila chilometri l’anno. Ho sempre avuto la passione per le auto sportive; da giovane avevo una Porsche, oggi una Mercedes Classe S. Con gli anni, all’amore per la velocità ho sostituito quello per la comodità.

Un sogno (ir)realizzabile?

Vorrei tornare in carrozza, come i viaggiatori del Grand Tour, nei luoghi d’Italia che più mi hanno colpito quando facevo Linea Verde. Due per tutti, la reggia di Caserta e il complesso monumentale delle seterie di San Leucio, entrambi patrimonio UNESCO.

LA RICETTA DI VISSANI: Lepre, cappelletti di ventresca di tonno, ravioli di scampi al caviale

Ingredienti per 4 persone

  • 1 sella di lepre disossata
  • 2 Costolette di lepre
  • 2 gamberoni rossi
  • 30 g di caviale
  • 40 gr ventresca di tonno in scatola
  • 20 gr panna
  • 100 gr pasta fresca all’uovo
  • 200 gr di purea di papaya
  • 50 gr Brodo vegetale
  • Aglio 1 testa
  • Bacche di ginepro Q.B
  • Sale Q.B
  • Pepe Q.B
  • Alloro 2 foglie
  • Rosmarino
  • Olio EVO

Procedimento:

Porzionare la sella di lepre per 4 persone, scalzare per bene gli ossicini delle costolette, legare la carne e mettere da parte. Setacciare la ventresca di tonno, unirvi un po’ di panna fresca, regolare di sale e pepe e formare i cappelletti di pasta fresca. Sgusciare i gamberoni Rossi, privarli dell’intestino e batterli tra due fogli di carta forno. Mettere il battuto in congelatore e d una volta sodo coppare con un coppa pasta. Creare dei ravioli, farcendo il battuto con del caviale. Mettere da parte. Cuociamo la purea di papaya per qualche istante aggiungendovi un po’ di brodo vegetale, regolare di sapore. In una padella facciamo insaporire l’olio Evo con l’aglio, l’alloro, rosmarino e le bacche di ginepro e facciamo cuocere la nostra lepre al “rosa”.

L’Umbria di Gianfranco Vissani

 Da Baschi, sede di Casa Vissani, tre visite imperdibili. Orvieto, che merita una sosta anche solo per il Duomo, con la facciata che è un ricamo di pietra e la Cappella di San Brizio, affrescata dal grandioso ciclo apocalittico di Luca Signorelli.

Montegabbione, dove in un solitario sito francescano il celebre architetto Tomaso Buzzi creò la sua città ideale, La Scarzuola (1957-77), scenografico affastellamento di architetture di tufo, replica in scala ridotta di edifici storici (dal Partenone al Colosseo) e immaginari (dalla torre di Babele alla scala di Giobbe).

E Perugia, sede della Galleria Nazionale dell’Umbria in Palazzo dei Priori. Le sue sale? Una folgorante sequenza di opere: ecco i marmi di Arnolfo di Cambio, le Madonne di Duccio di Buoninsegna e Gentile da Fabriano, i polittici di Beato Angelico, Piero della Francesca, Pinturicchio e di quel “divin pittore” maestro di Raffaello, Perugino.

I due lavorarono a quattro mani all’affresco della Trinità e santi nell’incantevole cappella segreta di San Severo, mentre il solo Perugino lasciò la più compiuta testimonianza del suo genio nella Sala delle Udienze del Collegio del Cambio, trasformando la sede dell’arte dei cambiavalute nella “banca più bella del mondo”.

INFO

Casa Vissani, SS 448 Km 6600, Baschi (TR), tel 0744/950206, www.casavissani.it




ITALIA DEL GUSTO. Tre TOP RICETTE da Monterosso (SP), Torre di Palme (FM) e Alghero (SS)

Stiamo per ri-partire. Molte regioni dal prossimo 18 maggio apriranno le spiagge e, se tutto andrà bene, dal prossimo 1°giugno potremo pensare a programmare le vacanze. Anche se saranno diverse, con qualche precauzione in più, potremo viaggiare e godere dei paesaggi e dei sapori della nostra bella Italia. Intanto, nella nostra rubrica “ITALIA del Gusto” vi diamo un assaggio, come sempre con tre TOP RICETTE da altrettante località a Nord, Centro e Sud.

Monterosso (SP) e la “sua” Torta di riso

Amata da Montale, Byron e Shelley, che a Monterosso, hanno lasciato segni del loro passaggio, la più occidentale delle Cinque Terre è un gioiello incastonato tra alte scogliere, un mare cristallino e un ricco entroterra fatto di terrazzamenti dove crescono viti, olivi e alberi di limone.

Da non perdere le sue spiagge, belle in tutte le stagioni. Chi arriva in treno si troverà, appena fuori dalla stazione, sul lungomare Fegina. Qui si trovano subito due piccole spiagge libere di sabbia e ciotoli, mentre altre dotate di stabilimenti si trovano presso l’attracco dei traghetti che portano alle altre Cinque Terre e al Golfo dei Poeti.

Camminando fino alla fine del lungomare di Fegina, in direzione di Levanto, invece, si incontra un’altra spiaggetta. Alla fine di questa, dove comincia il piccolo porto, si trova l’imponente scultura del Gigante, un’opera di ferro e cemento armato di 14 metri, opera di Arrigo Minerbi e dell’ingegner Levacher del 1910. La gigantesca scultura è stata commissionata da Giovanni e Juanita Pastine, due monterossini tornati in patria dall’Argentina.

La passeggiata nel centro storico può invece partire dalla duecentesca Chiesa di San Giovanni Battista, con la facciata di marmo bianco e serpentino verde e un rosone gotico traforato in marmo. Dietro la chiesa si trova l’Oratorio della Confraternita dei Neri, in stile barocco. che risale al XVI secolo, quando, durante la Controriforma, nacquero confraternite laiche dedite alle opere di bene. Poco distante si trova anche l’Oratorio della Confraternita dei Bianchi, che deve il suo nome al colore dell’abito utilizzato durante le cerimonie dagli adepti.

Vale una visita anche il Castello di Monterosso, con le sue belle torri merlate. La posizione è davvero mozzafiato. Sorge infatti su uno sperone roccioso a strapiombo sul mare. Visitatelo al tramonto, è ancora più suggestivo.

Tra le escursioni da non perdere, invece, c’è quella a Punta Mesco, a cui si arriva attraverso un sentiero panoramico che passa dal vecchio semaforo. Quasi sulla cima, si incontra la villa “Delle due Palme” di Eugenio Montale, dove il Premio Nobel per la Letteratura amava trascorrere lunghi periodi e nella quale ha scritto capolavori come Ossi di Seppia, Mediterraneo e Meriggi di Ombre.

Altre due belle escursioni sono quelle che portano al Colle dei Cappuccini, dove, nella Chiesa di San Francesco è custodita una Crocifissione attribuita a Van Dick. La seconda invece porta al Santuario di Nostra Signora di Soviore, appena sopra Monterosso, il più antico santuario mariano di tutta la Liguria.

Tra i sapori di Monterosso, invece, c’è la tipica torta di riso, che potete fare anche voi con la nostra ricetta.

Torta di riso di Monterosso

Ingredienti
• 400 gr di farina
• 300 gr d riso
• 3 uova
• 100 gr di grana grattugiato
• 2 cucchiai di olio extravergine di oliva
• 150 gr di ricotta
• 15 gr di funghi secchi
• Sale q.b

Mettete a bagno i funghi secchi in acqua tiepida. Lessate il riso in acqua salata e scolate al dente. Lasciatelo raffreddare, poi versatelo in una terrina e unite la ricotta, le uova, i funghi tritati e un pizzico di sale. Amalgamate il tutto. Preparate l’impasto per la base con la farina, il sale e un cucchiaio di olio di oliva. Ricavatene 4 sfoglie sottili. Stendetene due in una teglia unta di olio. Ungete anche le sfoglie, poi versatevi sopra il composto e livellatelo. Ricoprite con le altre due e richiudete facendo un orlo. Ungete la superficie con una pennellata di olio e infornate a 180° per circa 45 minuti.

INFO
www.lecinqueterre.org

Torre di Palme (FM) e il Brodetto di Porto San Giorgio

Sorge sulla cima di un colle, a 100 metri sul livello del mare Adriatico, sul quale si affaccia, regalando panorami e scorci mozzafiato. Siamo a Torre di Palme, nella provincia di Fermo, nelle Marche. Lasciate l’auto nel parcheggio all’ingresso del borgo e incamminatevi nel centro storico, che si può visitare con una rilassante passeggiata di un’ora. Gli edifici più interessanti si affacciano su via Piave, che taglia il borgo da est a ovest.

Da non perdere la splendida Torre merlata, risalente al XIII secolo, facente parte di un complesso difensivo che comprendeva altre cinque torri e una cinta muraria con camminamenti coperti. Bellissimo anche il Palazzo Priorale, attuale sede del Municipio, con il suo campanile a forma di vela, un arco a tutto sesto murato nella facciata e una splendida meridiana.

Fermatevi per una visita alla Chiesa di Sant’Agostino, in stile tardo gotico, una bella costruzione in mattoni a vista che custodisce al suo interno tesori come il Polittico di Vittore Cribelli, un sarcofago di età longobarda, una tavola di Vincenzo Pagani e una reliquia della croce.

Proseguendo lungo la via, arriviamo poi alla Chiesa di Santa Maria a Mare, costruita tra il XII e il XIII secolo. L’interno è in stile neoclassico, abbellito con splendidi affreschi della scuola giottesca e di quella dei fratelli Sanlimbeni.

Di fronte alla chiesa sorge poi l’Oratorio di San Rocco del XII secolo, sulla cui facciata cinquecentesca campeggia lo stemma di Torre di Palma. Infine, fermatevi in Piazza Amedeo Lattanzi per ammirare dalla terrazza panoramica una vista mozzafiato sul mare Adriatico e su tutto il litorale.

Tra le escursioni da non perdere c’è quella al Bosco del Cugnolo, che si raggiunge attraverso un facile sentiero di 2 km segnalato dal CAI, dal quale si arriva alla Grotta degli Amanti, che deve il suo nome alla vicenda di due innamorati, Antonio e Laurina. Durante le guerre coloniali del XX secolo, Antonio tornò a casa per una licenza di pochi giorni, ma, anziché tornare al fronte, fuggì con l’amata Laurina. I due si nascosero in una piccola grotta di arenaria scavata nelle pareti di tufo, circondata dal bosco.

Tra i piatti di mare da non perdere, c’è il Brodetto di Porto San Giorgio, un piatto “povero” che costituiva il pasto dei pescatori dell’Adriatico. Con il tempo, ha raggiunto un alto valore gastronomico e culturale, al punto che il Comune di Porto San Giorgio, che dista appena 12 km da Torre di Palme, ha codificato il brodetto come De.Co (Denominazione Comunale).

Il Brodetto di Porto San Giorgio

Ingredienti

  • 1,5 kg di pesce misto tra sgombro, gattuccia di mare, merluzzo, suro, scorfano, pesce di San Pietro, gronco, rosciolo, sogliola, arfanciu, razza, rana pescatrice, tracina, gallinella di mare, pesce prete, cicala di mare, totani, seppie, calamati, moscardini, scampi, gamberi e mazzancolla
  • 380 gr di olio extravergine di oliva
  • ½ peperoncino tagliato sottile
  • Acqua di mare o sale marino q.b
  • ¼ di aceto di vino
  • 5 spicchi di aglio, 1 rametto di prezzemolo
  • 1 cipolla
  • 1 peperone
  • Salsa di pomodoro + 2 pomodori rossi
  • Pane raffermo a fette

Tritale finemente il prezzemolo e l’aglio e metteteli a rosolare in una casseruola. Tagliate a cubetti i pomodori rossi e aggiungeteli. Aggiungete le cozze e le vongole pulite e lavate e lasciate bollire finché non si saranno aperti. Unite poi la seppia e i calamari tagliati a pezzetti. Coprite la pentola e lasciate bollire a fuoco medio per circa 10 minuti. Unite quindi tutti i pesci a eccezione degli scampi e delle triglie, che cuociono più in fretta. A questo punto unite l’aceto e la salsa di pomodoro. Aggiungete anche il peperoncino e il peperone tagliato a cubetti e aggiustate di olio. Lasciate cuocere il brodetto per circa 30 minuti, a fuoco moderato e coperto. Nel frattempo, tagliate il pane a fette e servite insieme al brodetto quando sarà pronto e ben caldo.

INFO

www.comune.fermo.it
www.fermoturismo.it

Alghero e l’aragosta alla catalana

 Viene chiamata anche Barceloneta per la sua storia, ma anche per le architetture e persino nel dialetto, retaggio della dominazione spagnola. Alghero è una delle perle della Sardegna, tra monumenti, paesaggi mozzafiato, un mare da sogno e una cucina che risente degli influssi regionali e spagnoli, come la celebre aragosta alla catalana.

La visita alla città comincia con una passeggiata lungo i Bastioni, per ammirare le torri difensive tra cui San Giacomo, San Giovanni, Vincenzo Sulis e della Maddalena. Dopo aver ammirato il panorama dalla Torre di Sant’Elmo, una scalinata conduce alla Piazza Civica, sulla quale si affacciano Palazzo de Ferrera, Casa de la Ciutat, e la Duana Real.

Nel centro storico si trova la Cattedrale di Santa Maria, in stile catalano. Tra gli edifici religiosi, meritano una sosta anche la Chiesa di San Michele con la cupola policroma e la Chiesa della Misericordia. Da visitare anche il suggestivo Museo del Corallo, ospitato nell’elegante Villa Costantino. Splendida anche la passeggiata serale sul Lungomare Dante e Valencia, circondati da ville in stile liberty.

Tra le escursioni da non perdere c’è quella alle Grotte di Nettuno, formazioni naturali di origine carsica, che si raggiungono scendendo una scalinata di 654 gradini chiamata la Escala del Cabirol. In alternativa, dal porto turistico partono i traghetti che consentono di raggiungere le grotte via mare.

Le Grotte di Nettuno si snodano per 4 chilometri sotto il Promontorio di Capo Caccia, un’altra eccellenza naturalistica da non perdere, ma non solo. Qui, infatti sono stati rinvenuti importanti reperti archeologico, mentre i fondali sono un paradiso per gli amanti delle immersioni. Sotto le acque cristalline si trova infatti la Grotta di Nereo, la più estesa grotta sommersa di tutto il Mediterraneo, culla del prezioso corallo rosso. Il promontorio fa parte dell’Area Marina di Capo Caccia che ha tra i suoi “abitanti”, il regale grifone.

Tra le bellezze naturali da non perdere c’è anche Punta Giglio, un promontorio di roccia calcarea dove si trovano diverse roccaforti con postazioni per i cannoni usati durante la Seconda Guerra Mondiale. Qui si trovano alcune grotte marine, che si possono visitare con un’immersione. Se amate il mare, dirigetevi invece verso Porto Conte, che fa parte di un parco naturale di oltre 5000 ettari e ospita diverse specie di animali.

Tra le spiagge più famose ci sono Le Bombarde, Il Lazzaretto, Mugoni, Cala Dragunara, la Spiaggia della Speranza, Punta Giglio e la Spiaggia del Porticciolo.

Non dimentichiamo, poi, che la zona è ricca di complessi nuragici, come quello di Palmavera, che include insediamenti successivi. La parte più antica è stata realizzata tra il 1600 e il 1300 a.C, la seconda tra il 1300 e il 1150 a.C, mentre la più recente attorno all’anno 1000 a.C.

Da non perdere anche una visita alla Necropoli di Anghelu Ruju, la più grande necropoli della Sardegna con 31 tombe a ipogeo. L’altra sua caratteristica è quella di essere una Domus de Janas, cioè una “casa delle fate” (o delle streghe) con la tipica forma a pozzetto.

Durante gli scavi per costruire l’acquedotto di Alghero, poi, è emersa la Necropoli di Santu Pedru, composta da dieci tombe, tra cui spicca la Tomba dei Vasi Tetrapodi, composta da nove celle. Di seguito, invece, vi sfidiamo a preparare la celebre aragosta alla catalana.

Aragosta alla catalana

Ingredienti

  • 2 aragoste da 500 gr cadauna
  • 300 gr di cipolle
  • 600 gr di pomodori
  • 1/3 di litro di olio extravergine di oliva
  • Succo di limone q.b
  • Sale e pepe nero macinato

Mettete a bollire le aragoste in acqua bollente per circa 45 minuti. Affettate le cipolle, mettetele a bagno in e tagliate i pomodori a spicchi. Preparate la vinaigrette sbattendo l’olio, il limone, il sale e il pepe macinato. In una pirofila mettete uno strato di cipolle e pomodori e versate sopra una parte della vinaigrette. Tagliate l’aragosta in pezzi ed eliminate il carapace. Versate sull’aragosta il rimanente delle vinaigrette. Lasciate riposare un paio d’ore prima di servire.

INFO

www.algheroturismo.eu




Un weekend a Otranto, la città più orientale d’Italia

I Greci la chiamavano ùdor kai derento (acqua a monte), i Romani Hydruntum, e da qui sono passati, nel corso dei secoli, bizantini, goti, normanni, svevi, angioini e aragonesi che hanno lasciato testimonianze storiche e artistiche della loro presenza.

Siamo a Otranto, annoverata tra i “Borghi più belli d’Italia” e Bandiera Blu del Touring, che vanta anche il primato di “città più orientale d’Italia”. La città e la sua costa, tuttavia, colpiscono per gli scorci naturali, per le scogliere candide su cui si riflette la luce del sole, regalando riflessi di rara bellezza, per il mare cristallino che non ha nulla da invidiare alle mete esotiche. Senza dimenticare la ricca e gustosa tradizione culinaria salentina, un perfetto connubio di ingredienti di terra e di mare.

Visitiamo il Castello d’Otranto

Prima di dedicarci alle bellezze naturali e al mare azzurro della costa salentina, dedichiamo il primo giorno alla visita del centro storico di Otranto, ricco di testimonianze storico artistiche secolari. Entriamo in città attraverso la Porta Alfonsina, un varco che si apre tra le imponenti mura difensive fatte costruire dagli Aragonesi dopo l’invasione turca del 1480.

Ci troviamo immersi in un’atmosfera senza tempo, fatta di stradine lastricate di pietre, vicoli minuscoli che corrono fino al mare e scorci dai quali irrompono all’improvviso la luce e i colori del Mediterraneo.

Immancabile una visita al castello aragonese (orario: mar-dom 9-13 e 16-19), che ha ispirato il primo romanzo gotico della storia, Il castello di Otranto di Horace Walpole, scritto nel 1764. La costruzione della fortezza, invece, iniziò su impulso di Alfonso d’Aragona, duca di Calabria, dopo il Sacco di Otranto da parte dei Turchi, nel 1480. Del periodo aragonese, oggi rimangono solo parte delle mura e un torrione. L’aspetto attuale, invece, risale ai Viceré spagnoli che ne fecero un esempio d’eccellenza di architettura militare.

Nel 1535, Don Pedro da Toledo, il cui stemma campeggia sul portale di ingresso e sulla cortina esterna, fece aggiungere opere di difesa straordinaria. Nel 1578 furono aggiunti due bastioni poligonali sul versante che volge verso il mare. Un’ulteriore aggiunta difensiva venne aggiunta alla metà del secolo successivo. Oggi, il castello che ci troviamo ad ammirare è un massiccio edificio a pianta pentagonale, scandito da quattro torri difensive, mentre sul lato scoperto spicca il ponte levatoio. Il castello è circondato da un ampio fossato.

La basilica di San Pietro, gioiello bizantino

Ci fermiamo poi a visitare la basilica bizantina di San Pietro, costruita tra i X e l’XI secolo. L’interno è a croce greca, suddivisa in tre navate scandite da quattordici colonne di granito sormontate da capitelli romanici. La cripta è decorata sulle pareti da pitture bizantine. Nell’abside della navata destra, invece, sono custodite le spoglie degli 800 abitanti uccisi dai turchi per non aver voluto rinnegare la fede cristiana.

Splendido il mosaico del 1166 che ricopre il pavimento della chiesa suddiviso in tre parti: “L’albero della vita”, che va dalla navata centrale alle due laterali, il “Pavimento musivo”, che va dal transetto all’altare maggiore, e le Figure disposte attorno al primitivo altare circolare.

Percorrendo la litoranea in direzione di Santa Maria di Leuca, a circa un chilometro e mezzo dal centro storico, si arriva all’abbazia di San Nicola di Casole, di cui non rimangono che poche vestigia a causa dell’attacco dei turchi.

Il litorale e le spiagge più belle di Otranto

Se Otranto è la città più orientale d’Italia, c’è un luogo che potremo definire “il più a est della città più a est”. È Punta Palascìa, nota anche come Capo d’Otranto. In estate, il sole sorge alle 5.30 del mattino colorando il cielo e il mare di riflessi multicolori di rara bellezza, per poi ripetersi al tramonto. Una curiosità: la notte di San Silvestro, il 31 dicembre, qui si radunano residenti e turisti per salutare il nuovo anno al cospetto del maestoso faro che svetta tra le rocce.

Non possiamo, poi, dimenticare le favolose spiagge di sabbia candida, lambite da un mare di cristallo. Tra le più belle c’è la Spiaggia degli Alimini, circondata da dune di sabbia finissima e dalla macchia mediterranea. Famosissima la Baia dei Turchi, una lingua di sabbia bianca che regala atmosfere tropicali, e Porto Badisco, un’insenatura dove, secondo la leggenda, approdò Enea dopo la fuga da Troia in fiamme.

La seconda parte del nostro itinerario sarà on line domani, intanto, di seguito vi sveliamo la ricetta della Pitta di patate Salentina.

PITTA DI PATATE SALENTINA

È una delle ricette salentine più antiche e non manca mai sulle tavole. Le massaie del Salento si sono tramandate la ricetta nel corso degli anni utilizzando sempre gli stessi ingredienti, semplici e genuini.

Ingredienti

  • 1 kg di patate a pasta gialla
  • 2 uova
  • 200 gr di pecorino o parmigiano
  • 2 cipolle grandi
  • 1 bicchiere di passata di pomodoro
  • Una manciata di capperi e olive senza nocciolo
  • 2 o 3 acciughe sottolio
  • Olio EVO, sale e pepe q.b.
  • Pangrattato q.b.
  • 2-3 foglioline di mentuccia

Affettate le cipolle e soffriggetele in abbondante olio EVO, poi aggiungete i capperi, le olive, l acciughe, il sale e il pepe. Mescolate poi unite anche la passata di pomodoro e fate cuocere il tutto per circa 20 minuti. Nel frattempo lessate le patate, sbucciatele e schiacciatele, unite le uova, il formaggio grattugiato, sale, pepe e le foglie di mentuccia tritate fini. Amalgamate bene fino a ottenere un composto omogeneo. Con un filo di olio ungete il fondo di una pirofila antiaderente, poi bagnatevi le mani e stendete uno strato del composto di patate, poi uno strato del composto di cipolle e pomodoro. Spolverate con il formaggio grattugiato e stendete poi un altro strato di composto di patate. Livellate bene la superficie e completate con una spolverata di pangrattato. Infornate a 200°C per circa 20 minuti.

Come arrivare a Otranto

In auto: Autostrada A16 con uscita Bari Nord. Proseguite poi lungo la superstrada per Brindisi, poi ancora in direzione di Lecce. Poco prima di entrare in città, imboccate la tangenziale Est con direzione Otranto-Santa Maria di Leuca – Maglie

Dove dormire a Otranto

*Hotel Palazzo Papaleo*****, via Roncadi 1, Otranto, tell 0836/802108, www.hotelpalazzopapaleo.com Nel centro storico di Otranto, a pochi metri dal mare, dispone di camere di diversa tipologia con vista mare, una splendida terrazza con piscina jacuzzi e centro benessere. Doppia con colazione da € 136.

*Vittoria Resort & SPA****S, via Catona, Otranto, tel 0836/237280, www.vittoriaresort.it . A pochi passi dal centro storico, dispone di 66 camere disposte su tre piani. A disposizione centro benessere, palestra, piscina e servizio navetta per la spiaggia. Doppia con colazione da € 98

Dove mangiare a Otranto

*Peccato Divino, via Roncadi 7, Otranto, tel 0836/801488, www.peccatodivino.com. Nella città vecchia, a pochi passi dalla cattedrale, offre piatti della cucina tradizionale pugliese con ingredienti a km zero. Il menù varia ogni giorno. Buona carta dei vini provenienti da cantine locali. Prezzo medio, bevande incluse € 46 pp.

*Vecchia Otranto, Corso Garibaldi 96, Otranto, tel 0836/801575.Locale caratteristico con volte a botte e muri in pietra  nel centro storico. Propone piatti di pesce fresco, ma anche di terra, della tradizione pugliese, ma anche creativi.

Info su Otranto

www.comune.otranto.le.it

 




ITALIA DEL GUSTO. Bellezze e sapori di San Leo (RN), Rasiglia (PG) e Polignano a Mare (BA). Con tre TOP RICETTE

Seconda puntata del nostro nuovo appuntamento settimanale alla scoperta dell’Italia del Gusto, tra le bellezze del nostro paese e i piatti da mettere in tavola, con altre tre TOP RICETTE dal Nord, dal Centro e dal Sud. Se in questo periodo in cui i nostri spostamenti sono ancora limitati non si è ancora pronti a partire, nell’attesa potremo dire “Pronto in tavola!”.

San Leo (RN) e la Pasticciata alla Cagliostro

Per chi ama i misteri e gli intrighi di ambientazione medievale, San Leo, in provincia di Rimini, è uno dei luoghi assolutamente da non perdere. La storia, e le leggende, del borgo ruotano attorno alla figura del Conte di Cagliostro, avventuriero, alchimista e sedicente mago, ma tante sono le bellezze da scoprire.

Potete cominciare dalla possente rocca, che domina la valle del Marecchia e sembra in bilico sullo sperone di roccia che domina il centro abitato. Queste mura hanno assistito all’assedio del Re d’Italia Berengario da parte di Ottone I di Germania, ai domini dei Malatesta e dei Montefeltro che ampliarono la rocca. Nel 1631, con il passaggio di San Leo allo Stato Pontificio, la fortezza militare diventa carcere. Infine, qui vi fu rinchiuso il Conte di Cagliostro, dal 1791 alla morte, avvenuta nel 1795.

Scendete poi nel cuore del borgo per una visita all’antica pieve, di epoca carolingia e successivamente ricostruita in stile romanico tra il VIII e il X secolo. Splendida anche la cattedrale in pietra arenaria e con elementi romani, in stile romanico longobardo, con la vicina torre campanaria in stile bizantino.

Arrivando in Piazza Dante si ammira invece Palazzo Della Rovere, residenza dei conti di Montefeltro prima e dei duchi di Urbino poi, oggi sede del Municipio, Palazzo Nardini, che nel 1213 ha ospitato San Francesco, e il Palazzo Mediceo, che ospita oggi il bel Museo di Arte Sacra, che conserva dipinti, sculture e arredi dal XIV al XVIII secolo. In fondo alla piazza si trova la bella chiesa della Madonna di Loreto.

E proprio il Balsamo di Cagliosto si chiama il digestivo a base di liquirizia ed erbe tipico di San Leo, che si produce ancora artigianalmente. Tra gli altri prodotti da non perdere ci sono anche il miele, il formaggio alle foglie di noce, le ciliegie e le patate della Valmarecchia, il Mandolino del Montefeltro, un salume ricavato dalla spalla del maiale stagionata, il tartufo bianco e nero e i celebri vini di Romagna Sangiovese e Trebbiano. Tra i piatti della tradizione troviamo il coniglio al finocchio selvatico, i Tortelloni di San Leo e la pasticciata alla Cagliostro di cui trovate qui sotto la ricetta.

Pasticciata alla Cagliostro

Ingredienti

  • 1,5 kg di girello di manzo
  • 1 l di vino Sangiovese di Romagna
  • 1 l di passata di pomodoro
  • sale e pepe q.b.
  • 2 dl di olio extra vergine di oliva
  • 6 chiodi di garofano
  • 2 kg di spinaci
  • 200 gr di pistacchi sgusciati
  • 200 gr di uva passa
  • 200 gr di burro

Mettete il girello di manzo a marinare nel vino per circa 12 ore. Toglietelo poi dalla marinatura, conditelo con sale e pepe, rosolatelo in una padella con olio extra vergine di oliva a fuoco medio alto. Quando avrà raggiunto una doratura scura, levatelo dalla padella e sistemate il girello in una pentola in cui avrete precedentemente messo il vino della marinatura con la passata di pomodoro. Unite poi i chiodi di garofano e fate cuocere a fuoco lento per circa 2 ore. Ultimata la cottura, tagliate la carne a fette sottili e servite coprendo con la salsa di cottura. Decorate con gli spinaci scottati e saltati in padella con il burro, l’uvetta e i pistacchi.

INFO

www.san-leo.it

www.comune.san-leo.ps.it

Rasiglia (PG) e la sua Rocciata

La tappa nel centro Italia è Rasiglia, splendido borgo montano nel Comune di Foligno (PG) che sembra uscito da una fiaba tra case di pietra, mulini ad acqua e boschi verdeggianti ma, soprattutto sorgenti e ruscelli che sembrano penetrare nelle abitazioni disposte ad anfiteatro, formando cascatelle e rivoli che donano al borgo un aspetto unico.

Passeggiando tra le vie del borgo, si può ammirare quel che resta del Castello, che domina la sorgente del Capovena, a 636 metri slm. Oltrepassando l’antico lavatoio e salendo poco sopra si trova invece il Santuario di Santa Maria delle Grazie, fondato nel 1450 dopo il ritrovamento di una statuetta della Vergine col Bambino, oggetto di eventi prodigiosi.

Nei dintorni del borgo, poi, vi consigliamo una visita alle Cascate del Menotre e alle Grotte dell’Abbadessa, con suggestive formazioni carsiche. Nelle vicinanze, si trova anche il Castello di Scopoli e il Parco dell’Altolina.

Per una pausa golosa, poi, lasciatevi tentare da una schiacciata al rosmarino o dalle bruschette, servite con cavoli e fagioli, dalle frittelle di baccalà o dai pomodori ripieni. Tra i primi piatti, provate la pasta fatta in casa al tartufo, la zuppa di farro o di lenticchie, la minestra di lumache o i bucatini al Sagrantino.

Passando ai secondi, i carnivori possono optare per il cinghiale alla cacciatora, per l’agnello al tartufo nero, per la lepre al forno o per il piccione ai funghi. Ottima anche la torta al formaggio e la fojata, una versione salata della Rocciata a base di foglie di cavolo.

I veri protagonisti della tavola sono i dolci, come la fregnaccia, simile a una frittella, oppure cicerchiata, il panpepato, a base di cacao, mandorle e pepe nero, le pere al Sagrantino, gli struffoli, palline di pastafrolla ricoperte di miele, il castagnaccio e la Rocciata, uno strudel di mele a cui viene aggiunto cacao e noci. E se volete mettervi alla prova in cucina, eccovi la ricetta.

ROCCIATA

 Ingredienti per la sfoglia

  • 500 gr di farina
  • 300 gr di acqua
  • 2 cucchiai di olio evo
  • 1 pizzico di sale
  • 1 spruzzata di Alchermes

Per il ripieno

  • Zucchero
  • Cacao
  • Cannella
  • Anice
  • Scorza di ½ limone
  • 2 manciate di noci
  • 1 manciata di pinoli
  • 3 o 4 mele
  • 1 manciata di uvetta

Preparate la sfoglia setacciando la farina a fontana. Poi impastatela con gli altri ingredienti fino a ottenere un impasto morbido ed elastico. Coprite con una pellicola e lasciate riposare mezz’ora. Poi stendete a pasta con il mattarello fino a ottenere una sfoglia sottile. Mettetela su una tovaglia per agevolare l’arrotolamento successivo. A questo punto mettere sopra alla sfoglia, distribuendo in maniera uniforme: una spolverata di zucchero, una di cannella e una di cacao. Poi aggiungere una manciata di anice e la buccia del limone grattugiata, continuate con le mele tagliate a dadini, l’uvetta, le noci spezzettate grossolanamente e i pinoli. Arrotolate la sfoglia dai due lembi opposti verso l’interno, aiutandovi con a tovaglia. Trasferitela poi in una teglia ricoperta di carta da forno e date alla Rocciata la forma di una C. Cuocete a 200°C per circa 25 minuti. Sfornate e spruzzate sulla sfoglia l’Alchermes.

Polignano a Mare (BA) e la Tiella Barese

Il viaggio a sud fa tappa invece a Polignano a Mare, il borgo marittimo che ha dato i natali a Domenico Modugno, la cui statua situata sul lungomare, lo ritrae a braccia spalancate, intento ad abbracciare la città o, forse, quel “blu dipinto di blu” in cui si fondono il cielo e il mare.

La visita al centro storico comincia dall’Arco della Porta Marchesale, fino al XVII secolo unico punto di accesso alla città. Merita una sosta la bella chiesa Matrice, del 1295, dedicata all’Assunta, che si trova accanto alla bella Piazza Vittorio Emanuele II.

Da non perdere una passeggiata sul Ponte dei Due Lungomari che unisce il Lungomare Ardito al Lungomare Cristoforo Colombo, per una visione superba della costa. Tra i monumenti naturali più suggestivi c’è lo Scoglio dell’Eremita, un isolotto divenuto emblema cittadino.

Andando per spiagge, tra le più belle c’è Lama Monachile, una distesa di sassi bianchi che si trova a due passi dal centro storico e prende il nome dal ponte che la sovrasta, vestigia dell’antica via Traiana. La selvaggia Cala Grottone è invece meta degli appassionati di tuffi, che amano cimentarsi in evoluzioni dalla scogliera.

Per chi invece preferisce le immersioni, c’è Cala Incina, dai fondali spettacolari. Al punto che molte coppie li scelgono per un insolito matrimonio sottomarino con muta e bombole! Per le famiglie, invece, l’ideale sono le spiagge sabbiose di Porto Cavallo e Lido San Giovanni, a tre km dal centro.

Polignano è anche un borgo tutto da gustare: è Presidio Slow Food per le sue celebri carote, che spaziano dall’arancione alle diverse gradazioni di giallo fino al viola. Questa è anche la zona in cui si produce il Negramaro, il celebre rosso pugliese, senza contare l’olio, i formaggi e il gelato, per cui Polignano è famosa.

Il piatto tradizionale della provincia di Bari, poi esteso a tutta la Puglia, è la Tiella barese, che si consuma come piatto unico per la ricchezza dei suoi ingredienti che ne fanno un pasto completo. Volete provare?

Tiella barese

Ingredienti per 6 persone

  • 300 gr di riso Carnaroli
  • 500 gr di cozze
  • 500 gr di patate
  • 3 pomodori tondi
  • 2 spicchi d’aglio, prezzemolo tritato
  • ½ cipolla bianca
  • 50 gr di Parmigiano Reggiano grattugiato
  • 30 gr di pangrattato
  • 5 cucchiai di olio EVO
  • Sale e pepe nero

Pulite bene le cozze. Pelate le patate, i pomodori e le cipolle e tagliateli a rondelle sottili. Tritate anche l’aglio e il prezzemolo. Oliate una pirofila tonda in ceramica del diametro di circa 28 cm e cominciate a comporre la tiella mettendo sul fondo la cipolla, l’aglio e le patate disposte a raggiera coprendo tutto lo spazio, fate lo stesso con i pomodori, salate, pepate e spolverate con il prezzemolo e un filo di olio EVO. Disponete anche le cozze crude e una manciata di riso crudo, ricoprendo tutta la superficie. Versate due cucchiai d’acqua per agevolare la cottura. Realizzate un altro strato di patate e pomodori, aglio e prezzemolo. Salate, pepate e irrorate con l’olio evo. Terminate gratinando con il parmigiano e il pangrattato, Versate altra acqua da un lato della pirofila fino ad arrivare appena al di sotto della gratinatura. Infornate a 200° per 60 minuti.

INFO

www.polignanoamare.com




Weekend con i nostri TOP CHEF. Ecco le ricette da sperimentare

Noi di Weekend Premium non ci fermiamo mai. Stiamo infatti preparando una speciale guida dedicata ai TOP CHEF. Nel frattempo, però, ve ne diamo una golosa anticipazione in questa sfiziosa TOP FIVE, nella quale abbiamo incluso alcuni chef “stellati” che lavorano sì in un ristorante, ma ospitato in un hotel di lusso. E, mentre ve li presentiamo, vi lasciamo anche una delle loro famose ricette, da sperimentare, magari proprio in occasione della Pasqua.

Al Villa Eden Leading Park Retreat di Merano la cucina “green” di Philipp Hillebrand

Un piccolo gioiello di 29 camere e suite, ma che concentra eleganza, comfort e benessere. Lo Small Luxury Hotel Villa Eden Leandin Park Retreat, è più che un soggiorno di lusso, ma un viaggio “esperienziale” tra cura dell’alimentazione, stile di vita attivo, bellezza e cura di sé, intesa anche come piacere di concedersi una vacanza di charme nel cuore di Merano.

In questo contesto si inserisce il mindfull restaurant Eden’s Park, fruibile anche dagli ospiti esterni, in cui poter assaporare i piatti dello chef Philipp Hillebrand, classe 1991. Agli inizi del 2019 la famiglia Schmid, proprietaria di Villa Eden, intercetta il suo talento e lo chiama per ricoprire il ruolo di Executive Chef sposandone la vision culinaria.

The Mindful Restaurant” vuole essere espressione di una gastronomia raffinata che si traduce in piatti salutari, dai sapori unici realizzati con ingredienti di assoluta qualità. Riusciamo a proporre tre tipologie di menù: detox, cucina à la carte che prevede ingredienti internazionali come l’astice, le cappesante e gourmet che include solo prodotti del territorio. Il menù detox, prevede qualche restrizione alimentare senza sacrificare il gusto. Ogni giorno viene proposto in diverse varianti al fine di facilitare una profonda purificazione dell’organismo. Ecco, allora, tutta da provare, una delle sue ricette “green”.

Zuppa di cocco e curry

 Ingredienti

  • 6 pezzi di scalogno,
  • 4 pezzi di citronella (Lemon grass)
  • 10 foglie di limone.
  • 50 grammi di curry Anapurna (piccante)
  • 100 gr di curry Mumbai (medio)
  • 400 ml. di vino bianco
  • 3 lt. di brodo di pollo
  • 3 mele
  • 2 banane
  • 1 mango
  • 500 gr. di ananas
  • 5 lt. di latte di cocco
  • 1 lt. di panna

A piacere

  • 100 ml. di vermouth francese Noilly Prat,
  • 50 gr. di crème fraîche
  • succo di limone

Scaldare un giro d’olio nella casseruola e soffriggere lo scalogno tagliato sottile, la citronella e le foglie di limone. Aggiungere al soffritto 50 gr di curry Anapurna (piccante) e 100 gr di curry Mumbai (medio). Unire al composto e quindi ridurre 400 ml. di vino bianco e 3 lt. di brodo di pollo. Nel frattempo tagliare le mele, le banane, il mango e l’ananas e aggiungere il tutto al composto. Quindi versare il latte di cocco e la panna e continuare a cuocere finché il composto risulterà cremoso. Passare il tutto con il mixer. Aggiustare con sale e pepe.

Il consiglio dello chef : per dare un sapore più deciso al composto aggiungete, a piacere, il vermouth francese Noilly Prat, la crème fraîche e il succo di lime.

INFO

Villa Eden Leading Park Retreat *****L

Via Winkel 68/70, Merano

Tel 0473/236583

www.villa-eden.com

Villa Crespi, il regno di Antonino Cannavacciuolo

Una magnifica villa in stile moresco, immersa in un parco lussureggiante, con vista strepitosa sul Lago d’Orta (NO). É Villa Crespi, hotel Cinque Stelle Lusso che ospita il ristorante dello chef Antonino Cannavacciuolo, insignito di 2 Stelle Michelin. La struttura, che dal 2012 fa parte del network Relais et Châteaux, include 14 camere tra Classic e Suites, che portano il nome di principesse arabe, disposte su tre piani. È incluso anche un quarto livello, che corrisponde all’imponente minareto.

La storia di Villa Crespi ha inizio alla fine dell’Ottocento, nel 1879, per la precisione, quando Cristoforo Benigno Crespi, ricco industriale nel ramo cotone, ispirandosi ai suoi viaggi in Medioriente, commissiona all’architetto Angelo Colla una villa magnifica. I lavori durano ben trent’anni, ma il risultato è unico al mondo: un capolavoro in stile moresco-eclettico con intarsi arabeggianti e stucchi, per un effetto “da mille e una notte”.

Nel 1999, Antonino Cannavacciuolo e la moglie Cinzia iniziano la loro avventura, partendo proprio dalla ristrutturazione della villa. E mentre Cinzia si occupa dell’ospitalità, facendola diventare un punto di riferimento in Italia, Antonino “si mette ai fornelli”, facendo del Ristorante Villa Crespi un “tempio” dell’alta cucina e del buon gusto, unendo nei suoi menù i sapori del Nord, in particolare del Piemonte, sua regione d’adozione, e del Sud, (lo chef è originario di Vico Equense). Vi proponiamo, allora, uno dei suoi piatti più famosi.

La parmigiana di melanzane in stile Cannavacciuolo

Ingredienti

  • 200 gr di mozzarella di bufala o fiordilatte
  • 1/2 cipolla bianca piccola
  • 2 melanzane medie
  • 1 mazzetto di basilico
  • 500 ml di olio di semi di arachide
  • 500 ml di passata di pomodoro fresca
  • 80 gr di parmigiano
  • 4 uova
  • Farina q.b

Affettate sottilmente le melanzane quindi adagiatele in uno scolapasta ponendole a strati intervallati da sale. Copritele con un peso e farle riposare per un’ora. Nel frattempo preparate il sugo: soffriggete la cipolla in poco olio, unite la passata di pomodoro, del basilico fresco spezzettato e sale quanto basta. Fate cuocere per 15 minuti. Nel frattempo tagliate a fette anche la mozzarella o il fiordilatte facendoli riposare per fare perdere l’acqua. Tamponate le melanzane con della carta da cucina e infarinate (lo chef utilizza il metodo del sacchetto). Passatele quindi in una ciotola contenente 4 uova sbattute con un pizzico di sale e friggetele in olio bollente scolandole in una pirofila rivestita di carta assorbente da cucina. Create la parmigiana posizionando strati di salsa, melanzane, mozzarella, parmigiano, foglie di basilico fresco, e continuando così fino ad esaurimento. Coprite con la salsa, del parmigiano grattugiato e la mozzarella e infornate a 180 °C in forno preriscaldato ventilato per 20 minuti.

INFO

Villa Crespi Relais & Châteaux*****L,

Via Giuseppe Fava, 18, 28016 Orta San Giulio NO

Tel 0322/911902, www.villacrespi.it

All’Hassler Roma, cucina “stellata” sotto le stelle con Andrea Antonini

L’Hassler Roma non è solo un hotel, ma una leggenda. In questo Cinque Stelle Lusso situato in cima alla Scalinata di Trinità dei Monti hanno soggiornato personalità celebri, tra cui Audrey Hepburn, Madonna, Tom Cruise, George Clooney e la Principessa Diana che in un’intervista dichiarò di aver gustato il miglior Bellini di sempre presso l’Hassler Bar.

Questo gioiello del lusso, situato nel cuore della Città Eterna, a pochi passi dalle vie dello shopping d’elite, come via Condotti, e dalle principali eccellenze storiche e culturali, come il Pantheon, la Basilica di San Pietro, la Fontana di Trevi, il Colosseo e i Giardini di Villa Borghese offre 87 lussuose camere e suites, ognuna arredata e decorata con stile diverso e ricercato. A rendere indimenticabile il soggiorno, poi, sono le sue terrazze con vista.

Fiore all’occhiello dell’Hassler Roma è il ristorante panoramico Imago, una Stella Michelin, che mantiene orgogliosamente da dieci anni, locato al sesto piano. Arredi ricercati, una vista mozzafiato sulla capitale e una musica rilassante di sottofondo creano il mix perfetto per un’esperienza unica e indimenticabile.

Al timone dell’Imago c’è l’Executive Chef Andrea Antonini, 28 anni, che propone un menù che segue la stagionalità e in grado di soddisfare anche i palati più esigenti combinando la tradizione della cucina italiana con ingredienti tipici della storia e della cultura nel nostro Paese. Come nella ricetta che ci ha lasciato.

Insalata di capesante, pomodori e finocchi

LECHE TIGRE ALL’ITALIANA:

8 gr peperoncino dolce senza semi
40 gr zenzero pelato
12 gr basilico
12 gr prezzemolo
7 gr sale
40 gr acqua

Lavorare tutti gli ingredienti al mortaio pestando bene tutti gli elementi. Lasciar riposare 10 minuti. Passati i 10 minuti, incorporare 180 gr di succo di lime e 100 gr succo di limone. Lasciar riposare 10 minuti. Preparare 50 gr di dentice tagliati a cubetti e, a seguire, versare sopra il composto precedentemente filtrato. Lasciare riposare il tutto ancora 10 minuti. Frullare il tutto, passare allo chinoix fino ed incorporare 40 gr di olio EVO e 20 gr di base xantana. Una volta completa, marinare per 10 minuti le capesante, precedentemente tagliate a metà.

Gelatina acqua pomodoro
Frullare grossolanamente i pomodori datterini e lasciar filtrare in carta 1 notte. Ottenuta l’acqua, legare con l’1% di agar-agar e stendere il composto (spessore di circa 1mm) su placche (dopo aver portato ad ebollizione). Tagliare della forma desiderata.

Salsa pomodoro bruciato
Tostare in forno a 200 G i pomodori datterini con olio, sale, aglio, timo, scalogno. Una volta caramellato frullare i pomodori solamente con lo scalogno. Passare allo chinoix fino.

Pickle liquid
225 ml aceto bianco
100 gr zucchero
anice stellato 1 pz
1 bacca cannella
3 chiodi garofano

Portare tutto a bollore. Lasciar raffreddare e filtrare. Tagliare i cetrioli dello spessore di 1 mm, ricavarne dei rettangoli di 2×3 cm e marinare 3 ore nel pickle liquid. Tagliare i baby finocchi dello spessore di 2 mm e marinare 5 minuti nel picke liquid.

Impiattamento
Disporre un coppapasta di 7 cm di diametro nel centro del piatto (fondina), e collocare 4 fettine di capasanta marinata. Aggiungere poca marinata e aggiungere dei cristalle di sale maldon. Coprire completamente le capesante con le lamelle di pomodoro trasparente. Coprire il tutto con la gelatina di acqua di pomodoro e decorare con salsa di pomodoro arrostito, cetrioli e finocchi marinati. Completare aggiungendo aneto e nepitella.

INFO

Imago, c/o Hotel Hassler*****L

Piazza Trinità dei Monti 6, Roma

Tel 06/6789991 (booking hotel), 06/69934726 (ristorante)

www.hotelhasslerroma.com

Al Grand Hotel Parker’s di Napoli brilla la stella di Domenico Candela

Lusso, fascino ed eleganze d’altri tempi. Tuttavia, il Grand Hotel Parker’s, Cinque Stelle lusso di Napoli, non è solo questo. Prima di tutto perché è l ‘hotel più antico della città, poi perché tra le sue mura, hanno soggiornato personaggi del calibro di Robert Louis Stevenson, Virginia Wolf e Oscar Wilde. Inoltre, dalle sue finestre si gode di uno dei panorami più belli del mondo, da Posillipo al Golfo di Napoli e fino al Vesuvio.

Situato nel quartiere di Chiaia, il Grand Hotel Parker’s è stato fondato nel 1870 dallo scienziato e biologo marino inglese George Parker Bidder III. Il nobiluomo britannico decise di rilevare la proprietà dell’albergo dove era solito alloggiare durante i suoi studi presso la Stazione Biologica della Real Villa e, in pochi anni, ne fece meta privilegiata dei viaggiatori provenienti sia dal Nord Europa che dal resto d’Italia. Una curiosità: la biblioteca personale di George Parker, con volumi del XIX secolo, si trova ancora oggi nella Parker’s Suite. Dopo diverse vicissitudini storiche, l’hotel è stato rilevato dalla famiglia Avallone, ancora oggi unica proprietaria.

Al sesto piano dell’hotel si trova poi il George Restaurant, inaugurato nel 2018 dopo un importante restyling, guidato dal giovane chef Domenico Candela, classe 1986, che in meno di un anno ha conquistato la prestigiosa Stella Michelin. La cucina di Candela coniuga sapientemente la sua esperienza francese con la tradizione e i sapori mediterranei, con un tocco di esotico. Troviamo, per esempio, il suo ‘omaggio a Napoli’ con crema di cipolla bruciata, yogurt greco e crema di menta, oppure le candele ‘alla genovese‘ di coniglio ischitano, fino al San Pietro marinato con alghe combu, carote di Polignano e limone di Sorrento.

Rombo chiodato cotto alla brace con purea di zucchini affumicata, ravioli vegetali di daycon con ostriche e aglio nero di Voghera

Preparazione del rombo
Iniziate ad eviscerare e lavare bene il rombo. Quando il pesce e ben pulito iniziare a sfilettare i 4 filetti del dorso e dalla pancia ben precisi.

Per la purea di zucchine
200g di zucchine vari colori
4g sale
1g pepe
2g aceto di Lampone
Per il raviolo di Daycon
300g Ostriche Fines de Claire Marennes
100g di Zucchine
5g erba cipollina
100g Daycon
4 g aglio nero di Voghera
Olio di semi di zucca
Per la salsa
250g Fumetto Pesce
100g Mata Rose’ Villa Matilde
100g Latte
10g Burro 1 limone
Per il rombo
560g Rombo
5g olio Evo
10g erbe aromatiche
40 g di burro demi sel

Preparazione della purea di zucchine
Tagliare le zucchine in 3 parti ognuno grigliarli per darle un sapore affumicato e amarostico. In seconda fase mettere le zucchine a cuocere avvolte in carta stagnola con olio e sale e pepe a 200 gradi al forno per circa 30 minuti. Quando tutto e ben cotto frullare a caldo nel bimby aggiustando di olio e sale ed aceto di lampone.

Preparazione del raviolo
Pelare il Daycon con l’aiuto di una mandolina giapponese ottenere dei dischi di 4 cm per poi farcirli con il ripieno ottenuto dalle varie brunoise di ostrica, zucchine, aglio nero ed erba cipollina

Preparazione della salsa
Mettere a ridurre il fumetto con il Mata Rosè e in secondo momento aggiungere il latte e il burro ed emulsionare il tutto aggiustando di acidità con qualche goccia di succo di limone fresco.

Finitura
Cuocere il filetto del rombo in un primo momento in padella con il burro demi sel, per poi finire la cottura alla griglia. Quando il pesce è cotto alla goccia posizionare nel piatto i 3 ravioli di daycon e le 3 quenelle di purea di zucchine affumicata. Guarnire con foglie di oxalis e un filo di olio di semi di zucca.

INFO

George Restaurant

c/o Grand Hotel Parker’s*****L

Corso Vittorio Emanuele 135, Napoli

Tel 081/7612474

www.georgerestaurant.it

www.grandhotelparkers.it

A Salina (ME), nel Signum di Martina Caruso

Le isole Eolie si dice siano figlie del vento e del mare. E proprio qui, sull’isola di Salina, si trova l’Hotel Signum, un quattro stelle dotato di SPA ricavato da un piccolo borgo sapientemente ristrutturato dalla famiglia Caruso. Curatissimi i particolari, con ogni camera dotata di un proprio stile, ma sempre con attenzione al design, alla qualità dei materiali, all’illuminazione e al rispetto per l’ambiente. E, intorno, le tonalità calde del paesaggio, fatto di spiagge di roccia lavica, scorci sul mare dalle mille sfumature di blu, i colori vivaci delle bouganville e due splendide terrazze con vista panoramica su Panarea e Stromboli.

Proprio le terrazze sono la location perfetta per il Ristorante Signum, una Stella Michelin conquistata dalla giovane chef Martina Caruso, vincitrice nel 2019 del Premio Michelin Donna Chef. La sua cucina raffinata è fatta di sapori tradizionali, ma con grande importanza conferita alla scelta dei prodotti e alle materie prime, alle quali si aggiungono la fantasia e la creatività.

Martina Caruso ci ha regalato una sua ricetta golosa fatta di ingredienti preziosi come il formaggio Ragusano D.O.P. Un condimento straordinario che parla della sua Sicilia per un primo piatto da mettere in tavola per il pranzo in famiglia o in situazioni più formali.

Pasta mista con crema di zucchine, cozze scapece e ragusano D.O.P.

Ingredienti per la pasta

320 gr pasta mista di Gragnano

3 zucchine verdi

Olio extra vergine d’oliva

Pepe nero

1 kg di cozze

Brodo di pesce

Ingredienti per le cozze Scapece (salsa)

500 gr acqua delle cozze

100 g olio extra vergine d’oliva

50 gr aceto di vino bianco

2 cucchiai di paprika

4 chiodi di garofano

3 foglie di alloro

1 cucchiaio di concentrato di pomodoro

Ingredienti per preparare la spuma al Ragusano D.O.P.:

225 gr latte

110 gr panna fresca

225 gr Ragusano D.O.P. tritato

Pepe nero

Procedimento

Preparazione della crema di zucchine In padella soffriggere le zucchine tagliate a fette, aggiungere un mestolo di acqua e farle cucinare.  Al termine frullarle. Regolare il composto di sale e pepe nero.

Preparazione delle cozze

In una padella a parte procedete con la preparazione delle cozze. Mettere 1 kg di cozze in padella e chiudere con il coperchio tenendo la fiamma alta per farle aprire. Al termine raffreddarle e sgusciarle.

Preparazione della salsa Scapece

In un pentolino portare ad ebollizione gli ingredienti indicati sopra e aggiungere l’acqua delle cozze filtrata e le cozze senza guscio.

Preparazione della spuma di Ragusano D.O.P.

In un pentolino portare ad ebollizione il latte e la panna. Aggiungere al composto il formaggio Ragusano D.O.P. tritato facendolo sciogliere bene. Aggiungere il pepe nero.

Preparazione della pasta mista di Gragnano

In una pentola portare ad ebollizione del brodo di pesce aggiungere la pasta mista e cucinarla aggiungendo, di tanto in tanto, qualche mestolo di brodo. Negli ultimi minuti di cottura aggiungere la crema di zucchine. Terminata la cottura, lasciando la pasta al dente, mantecare con l’olio extra vergine d’oliva e il parmigiano fino a ottenere un’emulsione cremosa. Servite la pasta, aggiungendo un cucchiaio di Ragusano D.O.P. e le cozze leggermente scolate dal condimento. Un rinforzo di pepe nero e voilà la Sicilia è nel piatto.

INFO

Hotel Signum****

Via Scalo, 15, Malfa Salina ME

tel 090/9844222

www.hotelsignum.it




Dalle Eolie al mondo per celebrare il buon cibo. Il talento e la vivacità di Martina Caruso, DONNA CHEF DELL’ANNO, partono da Salina

Di Vittorina Fellin

È in occasione della presentazione dell’Associazione de Le soste di Ulisse a Siracusa, che ho modo di incrociare lo sguardo vulcanico di Martina Caruso, appena incoronata dalla Guida Michelin e dalla maison Veuve Clicquot Donna Chef del 2019 entrando, di diritto, a far parte dell’Atelier des Grandes Dames, la prestigiosa rete di donne chef impegnata nella valorizzazione del talento femminile.

Martina è una giovane donna di 29 anni ed il suo primo importante riconoscimento, la stella Michelin, è arrivato quando lei di anni ne aveva appena 26.  Oggi è una delle 43 chef a capo di ristoranti stellati in Italia: in tutto il mondo le chef sono 169 e l’Italia è il primo paese al mondo per ristoranti a guida femminile.

Il ristorante di famiglia Signum nell’Isola di Salina, è il suo approdo lavorativo per sette mesi all’anno, ma d’inverno gira il mondo. Me la presentano e la trovo subito piacevolissima, un mix tra l’esuberanza siciliana e la riservatezza nordica. Nel darle la mano mi assale un sentimento di orgoglio – perché lei è donna proprio come me con pregi e difetti connaturati alla nostra natura – ma anche di ammirazione per quella sua tenacia che l’hanno portata ad eccellere.

Esperienze vissute all’estero, mi raccontano di lei, che non le hanno impedito di tornare e di raccontare i sapori della sua Isola attraverso la sua personale visione del mondo, anche a tavola. Quello ottenuto è un riconoscimento prestigioso, ma anche un fardello pesante da portare per un giovane talento, perché dopo una cosa così niente può essere come prima. Di lei vorrei sapere tutto, ma mi limiterò a scoprire come fa a conciliare quell’attività ai fornelli che l’ha portata tanto lontano e quella voglia di libertà che traspare dai suoi occhi.

Quando hai ricevuto la stella Michelin te l’aspettavi? C’è una formula segreta che può essere replicata?

Non c’è una ricetta ma è l’insieme di elementi che fanno la differenza. La mia vita è improntata al vivere alla giornata, sia sul lavoro che nelle scelte personali.  Ma la dedizione e la professionalità sono totali. Sono concentrata sull’obiettivo e sul lavoro che sto facendo in quel momento. L’altro elemento fondamentale è il gioco di squadra, quell’intreccio di professionalità che ha visto me in cucina e mio fratello Luca ad occuparsi della sala e della cantina. La stella Michelin si ottiene così, grazie all’unione di queste due cose. A tutto va aggiunta anche una buona dose di umiltà e la capacità di rimanere con i piedi per terra. E poi ci sono la mia amata Sicilia e Salina in particolare, che mi hanno regalato il resto. Se fossi nata a Milano o in un altro luogo, non so se avrei potuto ottenere gli stessi risultati.

Quando non lavori quali sono le tue mete preferite?

Riesco a viaggiare solo nei mesi invernali, nel periodo di chiusura del Signum. Mi piace andare in posti dove riesco a imparare qualcosa di nuovo, da applicare anche alla mia professione. Recentemente sono stata a Copenaghen, in Francia, Spagna, Australia a Bangkok, dove tornerò in autunno per lavoro, ma anche in luoghi esotici come Mauritius. Quando sono in paesi che non conosco amo girare per i mercati locali per comprare prodotti di ogni genere, vaniglia, te, granaglie per esempio negli ultimi.  Durante un viaggio non si finisce mai di imparare. È la curiosità che muove l’azione.

Sei stata molto all’estero per la tua professione. Che cosa ti ha insegnato viaggiare?

In questi anni ho viaggiato molto e questo è stato essenziale per la mia crescita. A diciannove anni sono partita per Londra, principalmente per imparare la lingua ma anche per affinare le tecniche in cucina. Poi sono volata a Lima in Perù nel ristorante di Pedro Miguel Schiaffino, il Malabar, dove ho trascorso un periodo interessante. Ho passato una settimana anche nella foresta Amazzonica alla ricerca di sapori e profumi nuovi. Un mondo diverso, ricco di biodiversità che si mantiene in perfetto equilibrio. In Perù ho imparato tecniche nuove sulla conservazione, sulle cotture veloci sulla fermentazione dei prodotti. La cucina peruviana ha un potenziale evolutivo enorme, sapori molto forti che assomigliano, per caratteristiche, alla tradizione gastronomica siciliana. Mi sono portata a casa tutto questo e ho cercato di metterlo a frutto.

Tradizione o innovazione. Quale termine preferisci in cucina?

La tradizione come base, abbinata alla possibilità di giocare sui contrasti e sui sapori. L’innovazione non deve essere intesa nel senso classico del termine, ma come libertà di giocare in cucina.

Indicami un posto lontano, in cui “per una volta” vorresti andare?

Dopo l’esperienza del Perù, mi affascina molto il Sud America. Con questa parte del mondo, pur lontana, ho in comune l’uso delle spezie e degli agrumi.

I Weekend in Italia che vorresti fare?

Mi sono ripromessa di visitare meglio la mia Sicilia perché voglio conoscerne ogni luogo. L’Etna, per esempio, è un’emozione unica, in ogni stagione per i colori e le sensazioni che può trasmettere. Lo stesso vale per l’entroterra, per quella parte ancora agricola e il territorio dei Nebrodi, per i suoi innumerevoli prodotti.

Martina Caruso ci ha regalato una sua ricetta golosa fatta di ingredienti preziosi come il formaggio Ragusano D.O.P. Un condimento straordinario che parla della sua Sicilia per un primo piatto da mettere in tavola per il pranzo in famiglia o in situazioni più formali.

Pasta mista con crema di zucchine, cozze scapece e ragusano D.O.P.

Ingredienti per preparare la pasta

320 gr pasta mista di Gragnano

3 zucchine verdi

Olio extra vergine d’oliva

Pepe nero

1 kg di cozze

Brodo di pesce

Ingredienti per preparare le cozze Scapece (salsa)

500 gr acqua delle cozze

100 g olio extra vergine d’oliva

50 gr aceto di vino bianco

2 cucchiai di paprika

4 chiodi di garofano

3 foglie di alloro

1 cucchiaio di concentrato di pomodoro

Ingredienti per preparare la spuma al Ragusano D.O.P.:

225 gr latte

110 gr panna fresca

225 gr Ragusano D.O.P. tritato

Pepe nero

Procedimento

Preparazione della crema di zucchine In padella soffriggere le zucchine tagliate a fette, aggiungere un mestolo di acqua e farle cucinare.  Al termine frullarle. Regolare il composto di sale e pepe nero.

Preparazione delle cozze

In una padella a parte procedete con la preparazione delle cozze. Mettere 1 kg di cozze in padella e chiudere con il coperchio tenendo la fiamma alta per farle aprire. Al termine raffreddarle e sgusciarle.

Preparazione della salsa Scapece

In un pentolino portare ad ebollizione gli ingredienti indicati sopra e aggiungere l’acqua delle cozze filtrata e le cozze senza guscio.

Preparazione della spuma di Ragusano D.O.P.

In un pentolino portare ad ebollizione il latte e la panna. Aggiungere al composto il formaggio Ragusano D.O.P. tritato facendolo sciogliere bene. Aggiungere il pepe nero.

Preparazione della pasta mista di Gragnano

In una pentola portare ad ebollizione del brodo di pesce aggiungere la pasta mista e cucinarla aggiungendo, di tanto in tanto, qualche mestolo di brodo. Negli ultimi minuti di cottura aggiungere la crema di zucchine. Terminata la cottura, lasciando la pasta al dente, mantecare con l’olio extra vergine d’oliva e il parmigiano fino a ottenere un’emulsione cremosa. Servite la pasta, aggiungendo un cucchiaio di Ragusano D.O.P. e le cozze leggermente scolate dal condimento. Un rinforzo di pepe nero e voilà la Sicilia è nel piatto.

I nostri consigli per l’abbinamento

Per questo piatto è perfetto un vino bianco fermo, di media struttura, rigorosamente siciliano come un Grillo Sicilia DOC o un Alcamo Catarratto DOC o, in omaggio alla nostra amica Chef, un Salina bianco IGT




Gualtiero Marchesi, ricordando il Maestro con la sua ricetta più celebre: il Risotto Oro e Zafferano

Non poteva mancare, nella nostra sezione TOP CHEF un omaggio a Gualtiero Marchesi, lo chef , l’artista, che per primo e più di ogni altro ha portato la cucina italiana alle vette più alte. Noi lo vogliamo ricordare riproponendovi l’intervista in cui ci ha parlato di felicità, di viaggi, di buona cucina e della valorizzazione dei piatti regionali, punto di forza della tradizione italiana nel mondo e con una delle sue ricette più celebri e copiate, il Risotto Oro e Zafferano.

Maestro, ci sono luoghi in Italia e all’estero che le trasmettono una carica di energia, anche a tavola?
“Sì. L’Italia è un Paese meraviglioso. Sto per iniziare un viaggio in Lombardia, seguendo le tracce culturali di alcuni cibi. Dai vai tipi di riso – ingrediente centrale nella mia cucina – alle diverse zone di produzione: Parco del Ticino, Lomellina, Lodigiano, Basso Pavese, Basso Mantovano, al grano saraceno in Valtellina, passando dal formaggio Bitto e dai pesci di lago. Quelli di Como sono diversi dal quelli del Garda o del lago d’Iseo. Per non parlare dei salumi, e dei vini della Val Tidone, a due passi da Milano. All’estero mi lascio guidare dalla curiosità. Il Giappone è un Paese da visitare, una cultura così diversa che lascia spazio all’immaginazione pura; la Francia, ovviamente, e la Svizzera. La Cina mi ha entusiasmato. Mi piacerebbe, ora, andare in Marocco, patria di una cucina regale, di altissimo rango”.

Un uomo come lei ha certamente una grande sensibilità artistica: quali sono i borghi d’arte, o le città, anche all’estero, in cui ha passato i migliori weekend?

“Li ho trovati soprattutto in Umbria e in Toscana: Assisi, Volterra, tanto per citarne due. All’estero, Shanghai, che ho visitato per l’Expo, New York. In Europa: Strasburgo, Roanne, dove ho imparato a cucinare, Salisburgo, peri concerti, e Cannes”.

Ha preso delle idee dai suoi viaggi all’estero?

“Sempre e non solo all’estero. Io prendo idee ovunque. Sono curioso, può colpirmi una frase, un paesaggio, un quadro, un oggetto, lo scorcio di una piazza, una foto scattata cento anni fa”.

Lei ha dato la linea all’attuale alta cucina italiana. Secondo lei oggi si eccede in qualcosa?  

“I virtuosismi, l’entrata in scena che chiama l’applauso, l’agonismo fine a se stesso”.

Quasi tutti i grandi chef di oggi sono stati suoi allievi: la cosa più importante che ha insegnato loro?

“Le tecniche per poter essere se stessi ed esprimersi. Agli allievi dell’Alma insegniamo a diventare cuochi, grandi semmai lo diventeranno dopo, con l’esperienza. Personalmente, cerco di insegnargli l’umiltà e la curiosità, la curiosità per tutto. Due stati d’animo che mi contraddistinguono. Ma la cosa più importante è farsi una cultura a prescindere dal mestiere. Le faccio un esempio a proposito della curiosità. Recentemente a Milano ho riscoperto uno scorcio: dando le spalle alla Scala e guardando in direzione di Palazzo Marino e della Galleria, mi sono accorto che proprio in mezzo spunta la Madonnina. Di notte fantastica”.

Si è pentito di qualcosa durante la sua carriera?

“Di tutto, ma soprattutto di non aver fatto abbastanza. Avrei bisogno di una seconda vita per tirare fuori tutto quello che ho ancora dentro”. 

Quali sono i ritrovi della Milano da batticuore da scoprire?

“Il vicolo dei Lavandai, piazza dei Mercanti, il tetto del Duomo, gli spazi del Castello, ma soprattutto ciò che resta di Milano città d’acqua. Mi ricordo sui Navigli i venditori ambulanti di gamberi d’acqua dolce”.

Un ristorante preferito del Nord Italia?

“Oggi, il mio ristorante preferito è Ai Due Platani a Coloreto di Parma. In cucina c’è una mano dolce, l’organizzazione è perfetta e l’accoglienza più che gentile”.

Come scegliere il ristorante in una città sconosciuta e qual è il piatto etnico più originale che ha assaggiato all’estero?

“Un piatto che mi viene subito in mente lo assaggiai nel 1969, nel ristorante dei Troigros, in Francia: scaloppa di salmone (appena pescato) all’acetosella. E poi ricordo una saletta in Giappone, dove fui gentilmente introdotto, in cui sul tavolo troneggiava una grande lisca di tonno e i commensali, armati di conchiglie, la ripulivano vertebra per vertebra. In Giappone ho trovato nella pura e semplice esaltazione della materia una corrispondenza con la mia cucina”.

Una vita dedicata alla buona cucina

Gualtiero Marchesi è nato a Milano il 19 marzo 1930 nell’albergo “Mercato” di proprietà dei genitori. Dopo importanti esperienze all’estero, ha inaugurato nel 1977 il suo ristorante a Milano, in via Bonvesin de la Riva. È stato il primo cuoco in Italia a ricevere le tre stelle Michelin (1985) e il primo al mondo a rifiutare il giudizio delle guide (2008). Ha fatto parte delle principali associazioni mondiali che promuovono l’alta cucina: Les Grandes Tables du Monde, Les Grands Chefs Relais & Chateaux, Le Soste.

Nel settembre 1993 ha trasferito il “Ristorante Gualtiero Marchesi” a Erbusco e per oltre vent’anni si è dedicato alla diffusione della cucina italiana nel mondo anche avviando ristoranti in Giappone, Inghilterra, Russia e Francia. Nel gennaio 2004 ha aperto ALMA, Scuola Internazionale di Cucina Italiana. Nel maggio 2008 ha aperto nel Teatro alla Scala il Ristorante “Il Marchesino”.

Il 18 giugno 2014 ha inaugurato l’Accademia Gualtiero Marchesi in via Bonvesin de la Riva numero 5. Per iniziativa della Fondazione Gualtiero Marchesi, il Maestro era riuscito anche a realizzare il sogno di una Casa di riposo per cuochi, che sorgerà a Varese. L’idea era quella di un luogo dove “i cuochi anziani – aveva spiegato – potrebbero portare il loro bagaglio di esperienze al servizio di giovani studenti. L’importante è che abbiano veramente fatto sempre i cuochi. Non i ristoratori. E nemmeno i dilettanti, indipendentemente dal livello dei locali in cui lavoravano: cuochi veri, che hanno dato la vita a questo mestiere”. Come lui.

Gualtiero Marchesi si è spento il 26 dicembre 2017 nella sua casa di Milano. Vogliamo ricordare il grande chef con la sua ricetta più celebre.

RISOTTO ORO E ZAFFERANO

Ingredienti

  • 300 gr di riso Carnaroli
  • 80 gr di burro
  • 20 gr di Parmigiano reggiano grattugiato
  • 5 gr di stigmi di zafferano
  • 50 gr di cipolla tritata
  • 2 dl di vino bianco secco
  • 1 l di brodo leggero
  • Sale e pepe bianco

Rosolate la cipolla tritata con 20 gr di burro. Tostate il riso. Aggiungete 1 dl di vino bianco secco e lasciate evaporare. Poi aggiungete lo zafferano, bagnate con il brodo bollente e portate a cottura mescolando di tanto in tanto. A parte, in una casseruola, ammorbidite la cipolla in 10 gr di burro. Aggiungete il restante vino e lasciate ridurre il liquido per metà. Aggiungete il burro rimasto a fiocchetti ed emulsionate con la frusta. Filtrate la salsa con un colino. A cottura ultimata, regolate di sale e mantecate il riso con la salsa e il Parmigiano. Stendete il risotto a velo su piatti piani e disponete un foglio d’oro alimentare al centro di ogni piatto.




Lisbona, alla scoperta della capitale del fado (1° parte). Con la ricetta del baccalà alla portoghese

Mettete un cd di fado come colonna sonora della vostra serata, preparate, seguendo la nostra ricetta, il baccalà alla portoghese, chiudete gli occhi e immaginate di essere a Lisbona, tra quartieri antichi e nuovi, locali pittoreschi e una cucina che mescola sapori atlantici e mediterranei. Questa settimana Ricette di Viaggio vi porta proprio alla scoperta della capitale portoghese. Venite con noi!

Uno sguardo d’insieme

Lisbona si sviluppa su sette colli e si estende sulla sponda settentrionale del fiume Tago (Rio Tejo). Il centro storico è relativamente piccolo e si può tranquillamente visitare a piedi, mentre per visitare le zone collinari si possono prendere i tram o le funicolari. Il quartiere di Alfama, a est, sorprende per le sue viuzze medievali, accanto ad esso, si trova il quartiere di Baixa, che si estende da  Praça de Comércio, lungo il fiume, fino a Praça de Figueira. Si estende, invece, verso ovest la zona del Chiado, il quartiere commerciale.

Il Barrio Alto, invece, è la zona residenziale e centro della vita notturna e del divertimento. Prendendo, infine, un tram o un treno in direzione ovest, si arriva a Belém, mentre, viaggiando in direzione nord est, si arriva al Parque das Nações, sede dell’Expo Internazionale del 1998. L’aeroporto, invece, è situato a 4 km dal centro cittadino, dal quale è facilmente collegato dai mezzi pubblici.

Lungo le strade della Baixa

L’itinerario parte dal cuore pulsante di Lisbona, la Baixa, la “città bassa”, sede di uffici governativi, e negozi, attraversata da strade pedonali. pLa orta di ingresso della città è la Praça do Comércio, circondata da edifici classici provvisti di portici, retaggio del Palazzo Reale. Sotto ai portici si trova anche il celebre Martinho do Arcada il caffè ristorante tra i più amati da Fernando Pessoa che, proprio qui, scrisse gli appunti per comporre il suo celebre Mensagem. E, proprio Pessoa descrisse il municipio o Camara Municipal, che sorge nella piccola e adiacente Plaça do Municipio, come “uno degli edifici più belli della città”.

Da  Praça do Comércio si snoda un percorso pedonale lungo Rua Augusta, inaugurato dall’Arco da Vitoria, sul quale si trovano decorazioni dedicate a Vasco de Gama. Per ammirare la città dall’alto, basta raggiungere Rua Santa Giusta e salire sull’Elevador (tutti i gg dalle 8 alle 20) per scorgere da oltre 30 metri di altezza i quartieri di Baixa, Mouraria ed Alfama.

Le piazze più animate e vitali della Baixa, tuttavia, sono il Rossio e la Praça da Figueira. Il Rossio, in realtà Plaça Dom Pedro IV  , è stata, fin dal Medioevo, la piazza più importante della città. Nel XIX secolo, i numerosi caffè che si affacciano sulla piazza hanno cominciato ad attrarre scrittori ed intellettuali, cha amavano sedere ai tavolini all’aperto, per ammirare le fontane barocche zampillanti e lo splendido pavimento a mosaico con tessere grigie e bianche. Al centro del Rossio si trova il monumento a Dom Pedro IV, a cui la piazza è dedicata. In realtà, la storia tramanda che la statua sarebbe stata pensata per celebrare Massimiliano D’Asburgo ma, in seguito al suo assassinio, venne “riciclata” per Pietro IV.

Con una breve passeggiata e est del Rossio si arriva alla Plaça de Figueira, circondata da caffè caratteristici, tra cui, al n° 188, la Confeitaria Nacional  (www.confeitarianacional.com ), fondata nel 1829, la più antica della Baixa e una dei locali storici di Lisbona.

Oltre il Rossio si apre, invece, Praça dos Restauradores, il cui nome si deve alla proclamazione di indipendenza, avvenuta qui nel 1640. Sulla piazza si erge il Palacio de Foz, un tempo sede del Ministero della Propaganda di Salazar e, oggi sede dell’Ufficio del Turismo. Proseguendo verso nord, si incontra l’ Élevador da Gloria che conduce a Barrio Alto mentre, in direzione est, alla fine di Rua das Portas Santo Antão, si trova l’Elevador do Lavra.

L’Alfama, qui è nato il fado

Proprio qui, inizia l’ascesa alle colline che circondano lo splendido quartiere medievale dell’Alfama, dove, fin dagli anni Trenta del Novecento, sono sorte le prime casa do fado.  Le colline si innalzano intorno alla Cattedrale di Santa Maria Maggiore, la chiesa più antica  di Lisbona. La chiesa ha l’aspetto di una fortezza ed è in stile romanico, anche se sono evidenti interventi successivi. All’interno della cattedrale sono custodite le reliquie di São Vicente.

In Largo do Chafariz de Dentro é d’obbligo una sosta alla Casa do Fado e da Guitarra Portoguesa (www.museudofado.pt) indispensabile per conoscere la storia della musica tradizionale portoghese. Sono molti, poi, i locali dell’Alfama che propongono spettacoli di fado dal vivo.

 

Nel cuore della Lisbona medievale

Salendo la strada che parte dalla Chiesa di Santa Luzia si arriva, invece al Mirador de Santa Luzia, dal quale parte la strada che conduce al superbo Castelo de São Jorge (www.castelodesaojorge.pt; marzo). Il castello, dichiarato monumento nazionale nel 1910, ha origini antichissime. Si pensa che il primo nucleo fu fatto costruire dai Visigoti nel V secolo. Successivamente, nel IX secolo, i Mori lo fortificarono con una cinta muraria lunga circa 2 km.

Il castello fu teatro, nel 1147, di un assedio di 17 settimane, passato alla storia come “L’assedio di Lisbona”, durante le quali i cristiani, in realtà un esercito di mercenari ed ex crociati al soldo del conte di Porto Alfonso Henriques, se ne riappropriarono. La fortezza, a pianta quadrata, è circondata da mura e si compone di undici tra bastioni e torri di guardia.

Il viaggio nel tempo continua nel quartiere di Santa Cruz, a nord del castello, un villaggio medievale pressoché intatto, con scorci suggestivi ed immagini di vita quotidiana d’altri tempi. Un minuscolo arco conduce, invece, al quartiere della Mouraria, dove furono relegati i mori superstiti dopo l’assedio della fortezza. Oggi, è un quartiere d’atmosfera, dove si concentrano i migliori ristoranti africani della città.

Da non perdere, invece, una visita alla Feira de Ladra (Mercato dei ladri!), il celebre “mercatino delle pulci” di Lisbona, che si trova in Campo de Santa Clara. Nelle vicinanze, svetta anche l’inconfondibile cupola bianca della chiesa di Santa Engracia, la cui costruzione fu iniziata nel 1682 per concludersi solo nel 1966! Nella chiesa riposano diverse personalità della storia di Lisbona, tra cui la “regina del fado” Amalia Rodrigues.

Merita una visita anche il pittoresco Museu Nacional do Azulejo, in Rua da Madre de Deus 4, ospitato nel convento di Madre de Deus, una cornice perfetta per le collezioni di azulejos, le caratteristiche piastrelle moresche con tessere in ceramica di colori brillanti, risalenti al XV secolo. Il museo offre una panoramica sulla lavorazione di queste caratteristiche “piastrelle portoghesi”.

Se fin qui vi abbiamo incuriosito, vi diamo appuntamento a domani con la seconda parte dell’’itinerario e con i suggerimenti su che cosa gustare della ricca e gustosa cucina portoghese. Intanto, di seguito, vi sveliamo la ricetta del bacalhau à portuguesa.

Baccalà alla portoghese

Ingredienti

  • 1 kg di baccalà
  • 1 kg di patate
  • 2 bicchieri di latte
  • 40 gr di burro
  • 2 spicchi di aglio
  • 1 ciuffetto di prezzemolo
  • 50 gr di parmigiano grattugiato
  • 100 gr di olive nere
  • Pan grattato q.b.
  • Olio EVO
  • Sale e pepe

Mettete in ammollo il baccalà per circa 24 ore, cambiando l’acqua almeno 4 volte. Dopo l’ammollo, eliminate la pelle, poi mettetelo a bollire per circa 15 minuti in una pentola insieme a qualche foglia di alloro. Scolatelo e fatelo intiepidire, poi ricavatene dei pezzetti non troppo piccoli. Lavate le patate e bollitele in acqua salata per circa 30 minuti. Poi scolatele, sbucciatele e schiacciatele con lo schiacciapatate. Aggiungete il latte, l’aglio spremuto, il prezzemolo tritato, il burro, le olive a pezzetti. Mescolate, poi unite anche il baccalà e il parmigiano grattugiato. Mescolate ancora, poi mettete il composto ben livellato in una teglia da forno precedentemente imburrata e cosparsa di pangrattato. Condite la superficie con un filo di olio EVO e un’altra spolverata di pangrattato. Infornate a 200 °C per circa 30 minuti e fino a doratura. Sfornate, lasciate intiepidire e servite.

DOVE MANGIARE

*Alcantara, Rua Maria Luisa Holstein, 15, 1300-388 Lisboa, tel. 00351 917 5680554 www.alcantaracafe.com. Locale ricavato in una vecchia fabbrica con arredi che mescolano armoniosamente pilastri di acciaio, mobili eleganti, architettura neoclassica e art decò con statue di bronzo. Offre un menù di cucina internazionale, ma propone, ogni giorno, specialità della tradizione portoghese.

 *Cervejaria da Trindade , Rua Nova da Trindade 20-C, 1200-303, tel 00351. 213 423 506, www.cervejariatrindade.pt , Nel quartiere di Barrio Alto, è la più antica birreria di Lisbona. Risale, infatti, al 1834 ed è ricavata in un convento.  Le pareti sono decorate con magnifiche azulejos ( le mattonelle tradizionali) raffiguranti gli sale sono ricavate dai locali del convento e sono assai suggestiva. Specializzato in frutti di mare e crostacei, ffre anche piatti di carne e pesci più economici. Tra le specialità della casa il bife picado à trindade (bistecca alla birra).

DOVE DORMIRE

*Fenix Lisboa****, Praça Marquês de Pombal 8, tel +351 213 716660, www.hfhotels.com/hotels-it/hf-fenix-lisboa-it/  A poca distanza dal Bairro Alto e dall’ Avenida da Liberdade, la via più famosa di Lisbona. dispone di camere recentemente rinnovate con bagno privato, wi fi gratuito. Doppia da € 140.

*Hotel Tivoli Jardim****, Rua Júlio César Machado 7-9, 1250 – 135 Lisboa, tel +351. 213.591000, www.tivolihotels.com. Hotel moderno, recentemente ristrutturato, che sorge nel centro di Lisbona. Le camere e suite sono provviste di bagno privato con doccia, accesso internet, TV e minibar. A disposizione, servizio baby sitting, bar e ristorante, servizio lavanderia. Doppia standard da € 208.

INFO

www.visitlisboa.com




Santa Fiora, tra castagni e dolci acque (1° giorno)

Mancano pochi giorni all’autunno, la stagione migliore per andare alla scoperta di borghi antichi, castelli medievali, mura imponenti e musei che celano tanti piccoli tesori. Ricette di Viaggio vi accompagna allora alla scoperta di piccoli grandi gioielli del nostro territorio, con un occhio speciale alle specialità enogastronomiche locali, che proprio grazie ai frutti dell’autunno, come funghi e castagne, si fanno più corpose e gustose.

Una storia antica e avventurosa

Santa Fiora sorge sul versante meridionale del Monte Amiata, nella provincia di Grosseto, ed è annoverato tra i Borghi più belli d’Italia per il suo ricco passato e per le bellezze paesaggistiche. Insignito dalla Bandiera Arancione, sorge infatti tra una distesa di castagneti e le acque del fiume Flora e deve il suo sviluppo alle miniere di mercurio, la cui storia è raccontata nel piccolo museo.

Tuttavia, andando ancora più indietro nel tempo, scopriamo che il borgo è stato a lungo la capitale della Contea di Santa Fiora, passando dal dominio degli Aldrobrandeschi a quello degli Sforza prima e a quello degli Sforza Cesarini poi. Tra il IX e il X secolo, e fino al XVII, è stato addirittura uno Stato autonomo, per poi venire ceduto ai Granduchi di Toscana, mantenendo, comunque, una certa autonomia.

Passeggiando tra i Terzieri: Castello

Il borgo si sviluppa su un colle di trachite ed è diviso in tre terzieri: Castello, Borgo e Montecatino. Il primo giorno del nostro itinerario parte proprio da Castello, la parte più antica di Santa Fiora. Il cuore del borgo è la piazza medievale, dove spiccano i resti delle antiche fortificazioni del periodo aldobrandesco, la torre, la torretta dell’orologio e i basamenti.

La sede comunale è invece ospitata del Palazzo dei Conti Sforza Cesarini, del XVI secolo, costruito su una precedente rocca degli Aldobrandeschi. Tra i “tesori” del palazzo ci sono gli affreschi cinquecenteschi della scuola del Cavalier d’Arpino, come le allegorie de Le ore del giorno e delle Quattro stagioni.

Da non perdere una visita al Museo delle Miniere di Mercurio del Monte Amiata, ospitato nei sotterranei del palazzo, che documenta la storia delle miniere e il duro lavoro dei minatori attraverso un allestimento che ripercorre le fasi della discesa nelle miniere.

Proseguiamo quindi alla volta di Piazza del Suffragio e attraversiamo Piazza dell’Olmo e Piazza San Michele, dove ammiriamo una statua a grandezza naturale del santo intento a calpestare la testa del demonio, risalente al XVII secolo. La nostra meta è la bella pieve dedicata alle sante Fiora e Lucilla che conserva la più grande collezione al mondo di terrecotte di Luca e Andrea Della Robbia.

Da Borgo a Montecatino

Raggiungiamo piazza dell’Arcipretura e, attraverso la Porticciola, la porta medievale che collega il terziere di Castello a quello di Borgo, arriviamo qui, ammirando il panorama dal parapetto a sinistra della porta. Lo sguardo spazia dalla vallata del fiume Fiora al Monte Calvo, mentre, sulla destra si stagliano i profili del Monte Labbro e di Poggi La Bella.

Raggiungiamo poi il Santuario del SS Crocifisso, dove, nel coro, è custodito un crocifisso cinquecentesco di grande venerazione popolare. Attraversiamo poi il parco di Sant’Antonio, dove un tempo sorgeva una chiesa dedicata al santo con annesso un convento delle clarisse. Prendiamo poi via Lunga e raggiungiamo il ghetto ebraico, in auge dal XVI al XVIII secolo. Dalla Sinagoga arriviamo alla piazzetta e, da qui, alla chieda di Sant’Agostino, risalente al XIV secolo, e custode di uno splendido crocifisso ligneo quattrocentesco.

Ancora un passaggio, porta San Michele, ci conduce nel terziere di Montecatino, la parte più “recente” del centro storico. In epoca antica, grazie soprattutto all’abbondanza di corsi d’acqua, qui erano sorte diverse manifatture, che sfruttavano l’energia fluviale.

Spicca lo specchio d’acqua della splendida Peschiera del XVI secolo, un luogo fiabesco che vale da solo la visita. È circondata da un giardino rigoglioso, risalente all’epoca degli Sforza. Poco distante, proprio sopra alle sorgenti del fiume Fiora, si trova la suggestiva chiesa della Madonna delle Nevi. La sua peculiarità è che le sorgenti sono visibili dal pavimento in vetro, da dove è possibile osservare le trote macrostigma che vengono qui per riprodursi. Accanto alla Peschiera merita una visita la Galleria delle Sorgenti del fiume Fiora.

Terminata la visita al borgo, vi aspettiamo domani per la seconda parte del nostro itinerario, per andare alla scoperta dei dintorni. Intanto, vi svegliamo la ricetta del castagnaccio, uno dei piatti autunnali tipici dell’area dell’Amiata e di tutta la Toscana.

Castagnaccio

Ingredienti

  • 250 gr farina di castagne dolce
  • 100 gr uvetta
  • 80 gr pinoli
  • 1 tazza circa di acqua calda
  • 1 cucchiaio da tavola di olio d’oliva
  • 1 Pizzico di sale
  • Rosmarino fresco
  • ricotta fresca o panna montata, leggermente zuccherate (a piacere)

Mettete l’uvetta in ammollo nell’acqua calda per circa un quarto d’ora. Setacciate la farina di castagne in un recipiente ampio e aggiungete l’acqua un po’ alla volta mescolando affinché non si formino grumi. Aggiungete l’olio d’oliva, un pizzico di sale, l’uvetta ben strizzata e 2/3 dei pinoli lasciandone un po’ per guarnire. Versate il composto in una teglia dai bordi bassi, precedentemente unta. Uniformate l’impasto e guarnite con il resto dei pinoli e qualche ago di rosmarino. Ungete con un goccio d’olio la superficie, poi infornate per circa 35 minuti in forno preriscaldato a 180°C. Sfornate quando la crosta sarà croccante e servite caldo con ricotta o panna montata.

COME ARRIVARE

In auto: da Nord A1 con uscita Firenze Certosa, proseguire per Siena poi prendere la SS322 in direzione Grosseto fino a Paganico. Voltare a sinistra per “Monte Amiata” e seguire le indicazioni per Castel del Piano e poi per Santa Fiora. Da sud: Autostrada Roma-Civitavecchia, poi prendere la SS 1 Aurelia fino a Grosseto, poi la SS322 in direzione di Siena, poi come sopra. Da est: A1 fino a Chiusi, poi SS 478 per Abbadia S.Salvatore, proseguire per Piancastagnaio e seguire le indicazioni per Santa Fiora.

DOVE MANGIARE

*Enoteca Aldobrandesca, Piazza Garibaldi 36, Santa Fiora (Gr), tel 0564/978042, www.enotecaaldobrandesca.com Locale ricavato nel fossato della medievale rocca aldobrandesca. La scelta di materiali come vetro e acciaio consente di ammirare le antiche costruzioni. Il menù offre bruschette toscane, taglieri di salumi e formaggi tipici, polenta cacioppa (con cacio e pepe) e al gorgonzola. Carta dei vini con più di 100 etichette.

*Agriturismo Le Citte, SP Azzarese 1, Santa Fiora, tel 0564/971107, www.lecitteagriturismo.it Propone una cucina tradizionale e raffinata con piatti preparati solo con prodotti del territorio stagionali. I sapori del passato si coniugano con la ricerca e l’innovazione offrendo un’esperienza unica.

DOVE DORMIRE

*Agriturismo Casa Dondolini, loca Casa Dondolini, Selva (GR), tel 329/4921402, www.agriturismocasadondolini.it Ricavata in un casale di pietra del 1800 la struttura si trova alle pendici del Monte Amiata, immersa nel verde. Dispone di camere e appartamenti tutti con bagno privato. Doppia con colazione da € 60, appartamento da € 70.

*Hotel Il Fungo & Dea Wellness***, via dei Minatori 10, Santa Fiora (Gr), tel 0564/953025, www.hotelfungo.com Hotel con spa sul Monte Amiata per un soggiorno rilassante nella natura. Dispone di 20 camere di diversa tipologia con possibilità di pacchetti. Ristorante con cucina tipica toscana. Doppia da € 70.

INFO

www. santafioraturismo.it/




Il grande Chef a tre stelle Michelin si ricorda ancora i Passatelli della mamma

Di Silvia Terraneo

In Italia abbiamo un patrimonio gastronomico enorme e anche i grandi chef non se lo dimenticano. Lo chef Italo Bassi, tre stelle Michelin conquistate durante i 27 anni di permanenza all’Enoteca Pinchiorri di Firenze e oggi alla guida del “Confusion Boutique Restaurant” di Porto Cervo, in prima persona ha aperto alla grande la seconda edizione del tour Strade Stellate, sotto l’insegna dell’Alfa Romeo, in Veneto.

Siamo al Byblos Art Hotel Villa Amistà di San Pietro in Cariano. L’esclusivo luxury hotel è ospitato in una delle più belle ville del veronese, nella quale i colori accesi e le forme plastiche degli arredi, del noto designer Alessandro Mendini, si fondono con gli affreschi e i marmi dei saloni settecenteschi dando vita ad un’unica ed esclusiva esposizione permanente di arte contemporanea e design.

Ma con Italo Bassi parliamo di un altro tipo di arte.

Noi siamo alla ricerca delle RICETTE DI VIAGGIO, quelle da ritrovare appunto nei nostri weekend in auto. Qual è la tua ricetta preferita di questo territorio?

Una delle mie ricette legate a questo territorio veronese può essere il classico risotto all’Amarone con radicchio rosso stufato; mettiamoci una fonduta di formaggio Monteveronese e manteghiamo il tutto con olio d’oliva extra vergine del Garda. Però dobbiamo mettere qualcosa di particolare, così ho pensato a della polvere di liquirizia per far volare la gente un po’ più lontano.

Ma le tue origini non sono venete?

No, sono romagnolo e fiero di esserlo. Il mio piatto preferito sono i passatelli in brodo della mamma, cucinati con amore e passione.

La tua passione ora ti ha portato lontano,  in Sardegna?

Sì, con il mio ristorante Confusion Restaurant,  nato dall’amore del territorio della Costa Smeralda dove propongo  una visione di Grande Cucina, basata sulla tradizione italiana e arricchita da profumi esotici e ingredienti pregiati, con particolare attenzione ai prodotti tipici sardi e un forte accento sulle cruditè di mare.

 

Sardegna.

Dal gusto nel piatto al piacere di guida: qual è il tuo rapporto con l’auto?

L’auto è un mezzo che mi caratterizza molto perchè mi sposto molto quindi deve essere comoda, confortevole, bella  e potente.

Come la Stelvio?

Un amore maniacale,  fantastico, è stata una bella sorpresa. Guidando la Stelvio si sente un motore sportivo in una condizione di comodità e di  elegante lusso.

Un piatto prima di mettersi alla guida?

Penso sempre ad una ricetta nata dall’emozione, da un momento, da una esperienza alla guida. Di solito penso alla strada e all’obiettivo da raggiungere.

Dopo le tre stelle Michelin dove punti ad arrivare?

Ad essere felice.

 

Ricetta dei Passatelli in brodo

Ingredienti per 4 persone:

– 130 g pane grattugiato;

– 3 uova;

– 1 noce di burro;

– noce moscata q.b.;

– pepe q.b.;

– sale q.b.;

– 1L brodo di carne;

– 1/2 scorza di limone;

– 130 g parmigiano.

Fate il composto dei passatelli. Miscelate il pane grattugiato con il parmigiano reggiano in una ciotola e poi aggiungete il burro ammorbidito a crema e la scorza di limone. Mescolate in modo omogeneo.

Sbattete le uova in una ciotola con sale, pepe e noce moscata grattugiata. Versatele poi a filo nella miscela di pane, mescolando. Lavorate quindi l’impasto con le mani sulla spianatoia: questa dovrà risultare un composto piuttosto sodo. Avvolgetelo nella pellicola e mettetelo in frigo per mezz’ora.

Preparate ora i passatelli. Dividete il composto di pane e formaggio in 3-4 pezzi. Metteteli, 1 alla volta, nello schiacciapatate e premete con decisione, finchè usciranno tanti cilindretti. Tagliateli con il coltello alla lunghezza di 4-5 cm e distribuiteli su carta da forno infarinata.

Portate ad ebollizione il brodo in una casseruola. Appena il brodo bolle aggiungi i passatelli, mescolate delicatamente e cuocete per circa 2 minuti.

…buon appetito!




Da Stintino all’Asinara. Gustando il polpo alla stintinese

Ha rappresentato la Sardegna per concorrere al “Borgo dei Borghi 2018”, ma Stintino, e, in particolare la Spiaggia della Pelosa, con l’inconfondibile sagoma della Torre della Pelosa, che si staglia sul Golfo dell’Asinara. vanta il primato di spiaggia più fotografata dell’isola.

Tuttavia, Stintino è un borgo marinaro tutto da scoprire, a cominciare dai suoi tre porti, Porto Mannu (Porto Grande), Porto Minori (Porto Piccolo) e il Porto dell’Isolotto, da cui partono escursioni in barca e uscite di pescaturismo.

Quattro passi nel borgo antico

Cominciamo la visita del borgo con una prima sosta al Museo della Tonnara (MUT), che si affaccia sul Porto Minori. Allestito in un ex stabilimento di lavorazione ittica, propone un “viaggio” multimediale, tra foto, documenti, abiti e utensili, delle diverse fasi della pesca e lavorazione del tonno.

L’unico edificio religioso del borgo è invece la Chiesa dell’Immacolata Concezione che custodisce una statua della Madonna della Difesa, patrona della cittadina. Chi lo desidera può compiere un piccolo tour per ammirare le quattro torri difensive, realizzate nel Cinquecento dagli Spagnoli. La più famosa è la Torre della Pelosa, di 10 metri, che si raggiunge anche a nuoto dalla vicina spiaggia della Pelosetta.

Con una passeggiata su un agevole sentiero si può invece arrivare a Torre Falcone, che domina l’omonimo promontorio, per ammirare uno splendido panorama al tramonto. Valgono una visita anche la Torre delle Saline e la Torre della Finanza, che svetta solitaria sull’Isola Piana, tra Stintino e l’Asinara.

Da non perdere un’escursione alla Valle della Luna, un tratto di costa modellata dal vento in scogliere e forme affascinanti, che sorge sulla parte occidentale del promontorio di Capo Falcone.

Le spiagge da non perdere

Imperdibili le spiagge: oltre alle già citate Spiaggia della Pelosa e della Pelosetta, sono da non perdere la Spiaggia delle Saline, con gli stagni di Cesaraccio, Saline e Pilo, tra le zone umide più importanti e ricche di avifauna dell’isola, dove incontrare fenicotteri rosa, aironi rossi e martin pescatore.

Proseguendo sul litorale si incontra la bella spiaggia di quarzo della Pazzona e, più avanti, quella di Ezzi Mannu. Sul lato occidentale della penisola, invece, si possono scorgere alcune calette incontaminate, tra cui Cala Coscia di Donna e Cala Vapore.

SECONDO GIORNO: Nel Parco Nazionale dell’Asinara

Dal Porto Mannu di Stintino diverse compagnie effettuano trasferimenti al Parco Nazionale dell’Asinara (www.parcoasinara.org). L’isola è area protetta dal 2002 dopo essere stata carcere di massima sicurezza e colonia penale.

Si può optare per un giro in barca con soste nelle calette più nascoste, oppure visitare l’isola a bordo del Trenino Asinara (www.treninoasinara.it) o, ancora, prenotare un’escursione guidata in jeep o un trekking.

Consigliamo una sosta a Fornelli per una visita all’ex Carcere di massima sicurezza. Nella zona si possono già avvistare i celebri asinelli bianchi, che hanno dato il nome all’isola. Si possono poi vedere i resti delle undici colonie penali, dove i detenuti erano suddivisi in base alle “specializzazioni”. Qui era presente anche una stazione sanitaria dove i malati venivano messi in quarantena.

Presso il Centro Recupero Animali Marini si possono invece incontrare le tartarughe. Tra i centri abitati, vale una visita Cala Reale, con in suoi edifici sabaudi. Nel centro di Cala Oliva, invece, si trova la “casa rossa” che ospitò Falcone e Borsellino mentre preparavano il processo contro la mafia.

Salendo su Punta Scorno si può poi ammirare uno splendido panorama e incontrare cinghiali, capre e mufloni sardi. Infine, ci si ferma a Cala Sabina per un bagno nelle sue acque cristalline.

I Sapori del golfo

Alla base della cucina di Stintino c’è il pesce, tra cui frutti di mare, crostacei e, soprattutto, l’aragosta, con cui si prepara la zuppa oppure si gusta accompagnata dalle patate. Famosa in tutta l’isola la bottarga di tonno. Principe della tavola è il polpo che si prepara “alla Stintinese” o “all’agliata”.

Tra i piatti di terra troviamo le tipiche paste fresche, come i malloreddus e i culurgiones e il maialetto sardo. Il dolce tipico di Stintino invece è la tumbarella, una variante della seada farcita con la ricotta, che viene fritta e cosparsa di zucchero a velo. Ottimi anche gli altri dolci regionali, tra cui tiricchie, papassine e formaggelle.

Polpo alla stintinese

Ricco di proteine, ma povero di calorie, il polpo è ingrediente cardine di molti piatti della Sardegna. La versione “alla stintinese” prevede l’uso di erbe e aromi e l’accompagnamento con le patate, nelle varianti al forno o fritte, a seconda dei gusti.

Ingredienti

  • 1 polpo di circa 1 kg
  • 5/6 patate
  • Aglio
  • Prezzemolo
  • Peperoncino
  • Vino bianco
  • Sale
  • Olio di oliva

Fate sobbollire il polpo in acqua salata per circa 50 minuti. Nel frattempo, tagliate le patate a cubetti, disponetele in una taglia e mettetele a cuocere in forno preriscaldato a 200°C per circa 50 minuti, finché non abbiano assunto un colorito dorato. In una scodella, preparate un pinzimonio con olio, sale, prezzemolo tritato e un pizzico di peperoncino. Scolate il polpo, poi tagliatelo a pezzettini e conditelo con il pinzimonio. Unitelo poi alle patate al forno. Lasciate raffreddare per circa 15 minuti e servite come antipasto o piatto unico.

Il vino:. Vermentino di Sardegna Doc, un bianco dal colore giallo paglierino e i riflessi verdognoli, il profumo delicato e il sapore secco, fresco e acidulo con retrogusto amarognolo. Si abbina ai piatti di pesce, dagli antipasti, al pesce alla griglia, ai primi piatti regionali e ai molluschi.

DOVE COMPRARE

*Market Mura, via Sassari 53/55, Stintino. Enoteca e vendita al dettaglio di prodotti tipici sardi di qualità, tra cui birre di produzione locale, formaggi tipici, bottarga di tonno e muggine, miele, dolci sardi, tra cui il famoso torrone morbido di Tonara, pane carasau e gutiau.

*Biscottificio Demelas, via Marconi 3, Stintino, tel 079/534016, www.biscottificiodemelas.com Negozio con annesso laboratorio di pasticceria artigianale. Si possono trovare dolci tipici sardi, come le Seadas con il miele, le tiricche, i savoiardi, la papassine, il croccante e le formaggelle. Produce anche pasta fresca tra cui culurgiones, malloreddus, ravioli di patate e di ricotta di pecora.

COME ARRIVARE  

In auto: traghetto Genova- Porto Torres. Da Porto Torres percorrere la SP57 per circa 17 km, poi al bivio di Pozzo San Nicola proseguire sulla SP34. Seguire indicazioni per Stintino che dista circa 12,5 km. Da Sassari: SS131 per Porto Torres, poi come sopra. Da Cagliari, Nuoro, Oristano e Olbia raggiungere Sassari tramite la SS131, poi seguire per Porto Torres e Stintino come da precedenti indicazioni.

DOVE MANGIARE

*Ristorante La Calanca, Lungomare Cristoforo Colombo 3, Stintino, tel 340/6634029. Offre piatti della cucina marinara e piatti tipici sardi in una splendida veranda panoramica all’aperto. Ottimo rapporto qualità prezzo.

*La Perla del Golfo, Loc. Nodigheddu, Stintino, Tel 079/523646, propone un menù tradizionale come il polpo con le patate, il risotto alla crema di scampi e la fregola con le vongole. Tra i piatti di terra, il tradizionale maialetto al forno.

DOVE DORMIRE

*Le Tonnare Village****, loc. Le Tonnare, Stintino, tel 079/52231, www.letonnarevillage.com

Resort con 182 sistemazioni di diverse tipologie, in splendida posizione panoramica tra l’antico borgo marinaro e il golfo dell’Asinara. Doppia da € 200.

*Cala Rosa Club Hotel****, via dei Ginepri, Stintino, tel 079/520006, www.hotelcalarosa.it

In bella posizione, con camera affacciate su giardini e sul mare. Offre navette gratuite per una spiaggia privata e per la spiaggia della Pelosa. Doppia da € 131 

INFO

www.comune.stintino.ss.it

www.sardegnaturismo.it




La ricetta del waterzooi scoperta a Bruges, la “Venezia del Nord”

Uno scorcio, una prospettiva, un particolare che sfugge al primo sguardo…Bruges, chiamata anche “La Venezia del Nord” per i suoi angoli segreti, i suoi ponti e le sue vie d’acqua, è una città dalle mille sfaccettature. Per assaporarla a pieno potete scegliere una gita lungo i suoi canali. La città offre ben cinque punti di imbarco, dai quali si parte per un tour di circa un’ora e mezzo lungo i canali e sotto i ponti. Un’ esperienza che vi consentirà di ammirare gli angoli più nascosti da un altro…punto di vista.

Per ritornare alle atmosfere medievali, potete optare, invece, per un tour della città a bordo di una carrozza trainata da cavalli. Se, infine, amate il comfort, non c’è niente di meglio che accomodarvi su uno coloratissimo minibus, che vi porterà a zonzo per la città. Durante il tour, potrete ascoltare un commento ai principali monumenti e siti nella vostra lingua, grazie ad un comodo paio di cuffie. Noi abbiamo deciso di visitare il centro storico a piedi, per andare alla scoperta degli angoli più suggestivi.

Una storia romantica

Bruges è una signora dal fascino antico ed intatto, grazie ad una politica di investimenti che hanno consentito la conservazione e il restauro degli edifici, mantenendo, in questo modo, l’aspetto urbanistico che la città aveva all’epoca in cui furono gettate le sue fondamenta. Correva l’anno 850 e, dietro alla fondazione della città, si cela una leggenda romantica.

Si racconta, infatti, che Baldovino, innamorato della figlia del Re dei Franchi, arrivò a rapire la giovane, che ne ricambiava i sentimenti. Il padre di lei, infuriato, in un primo tempo si mise sulle tracce dei due amanti, con l’obiettivo di punirli severamente. Ma l’amore di un padre per la propria figlia fa miracoli. Così, perdonati i due fuggitivi, il re diede a Baldovino il compito di fondare una città fortificata sulle sponde del fiume Zwin, per difendere la zona dalle frequenti incursioni dei pirati che infestavano il Mar Baltico.

Di sicuro, il cuore innamorato di Baldovino per la sua dama influenzò l’aspetto della città, fatta di canali e parchi, ma anche del suggestivo Minnewater, il lago dell’amore, che collega Bruges alla vicina cittadina di Gand. Naturalmente, da buon stratega, non dimenticò la posizione favorevole che tra il XIV ed il XV secolo, trasformarono Bruges in una delle più importanti rotte commerciali d’Europa, crocevia delle merci che, dal continente, prendevano la via della Russia, della Scandinavia e dell’Oriente.

Sintomatica del benessere economico della città, membro influente della Lega Anseatica, fu la nascita del termine “borsa”, nel senso economico e finanziario quale lo intendiamo oggi. Il neologismo si deve ad alcuni mercanti italiani, che erano soliti condurre le proprie trattative davanti al palazzo della famiglia Van der Beurse, nella cui araldica comparivano tre borse.

Le magiche atmosfere del centro storico

Oggi, il centro storico della città è stato dichiarato dall’Unesco Patrimonio dell’Umanità. La nostra visita inizia dalla Piazza del Mercato, cuore della città. Circondata da gruppi di case in stile medievale e percorsa da carrozze trainati da cavalli, era il luogo in cui i mercanti provenienti da tutta Europa, e non solo, si scambiavano le merci, soprattutto spezie, pietre preziose, profumi e stoffe pregiate.

In particolare, merletti, per i quali la Fiandra era assai celebre. L’arte del ricamo si era affinato dall’originaria necessità delle donne di proteggere gli orli dei loro abiti dall’usura diventando, nei secoli una vera e propria arte. Una dimostrazione pratica della perizia con cui vengono, ancora oggi, confezionati i merletti, si può ammirare nelle botteghe del Kantcentrum, che sorge a fianco della Chiesa di Gerusalemme, costruita nel XV secolo dalla famiglia Adorno, sul modello della Chiesa del Santo Sepolcro di Gerusalemme. Gli interni sono del XVI secolo e sono arricchiti da splendide finestre istoriate.

La chiesa ospita anche la tomba del fondatore, Anselmo Adorno, e di sua moglie. La Basilica è dotata di una “doppia anima”; romanica, nella cappella di San Basilio, situata nel piano più basso, e gotica, nella parte superiore, dove è conservata la reliquia che, nel giorno della festa dell’Ascensione, viene tolta dalla teca e portata in processione per le vie della città.

Vale una visita anche il Museo Gruuthuse, un lussuoso palazzo appartenuto ai nobili Gruuthurse, che ospita una splendida collezione di tappeti, una cucina di 500 anni e una cappella. In esposizione anche diversi oggetti della vita quotidiana tra i secoli XV e XIX.

Presso il museo Groeninge, si trova invece una ricca collezione di capolavori pittorici, risalenti ai secoli dal XV al XX. In particolare, si possono ammirare i capolavori dei primi pittori fiamminghi, tra cui Jan van Eyck e Hans Memling ed una collezione davvero unica dei lavori degli Espressionisti fiamminghi. Di sicuro, rimarrete impressionati dal “Giudizio finale” di Hieronymous Bosch.

Il Mercato del Pesce e la torre Beffroi

Per ritrovare le atmosfere di un tempo, ci spostiamo al Mercato del Pesce, un antico edificio davvero unico, costruito tra il 1815 ed il 1830. Qui, dal lunedì al venerdì, si vende ancora il pesce e la vicinanza del mare del Nord (meno di 10 miglia) è una garanzia della sua freschezza!

A pochi passi, non lasciatevi sfuggire il romanticissimo Bonifacius Bridge, assolutamente da immortalare in una foto ricordo da conservare in due. Un altro luogo “da far battere il cuore” è il canale di Rozenhoedkaai, lo scorcio più fotografato di Bruges. Il suo nome si deve ai numerosi banchetti che vendevano i rosari, confezionati con pezzi di ambra ed avorio, importati dall’Est Europa, che sorgevano numerosi lungo le sue sponde. Infine, per un arrivederci alla città, non vi resta che tornare dove tutto è iniziato, nella piazza del mercato. Qui, a vegliarla da molti secoli, c’è la magnifica Beffroi, la torre campanaria che misura più di 80 metri. Per giungere alla cima, dovrete percorrere 350 gradini, ma la vista della città dall’alto vi ricompenserà della fatica. Lasciate correre lo sguardo sopra ai canali ed alle guglie, ai ponti ed ai monumenti antichi. Questa volta, i protagonisti siete proprio voi…

Una cucina dal gusto antico

La tradizione gastronomica belga, molto vicina a quella francese, anche se meno elaborata, offre un’infinità di specialità per accontentare tutti i palati. Da non perdere la waterzooi, la tipica zuppa fiamminga, gli asparagi à la flamande, le  croquettes crevettes,, crocchette ai gamberetti, la bistecca in salsa tartara con patatine fritte, il coniglio alle prugne e, grazie alla vicinanza con il Mare del Nord, tutte le pietanze a base di pesce o frutti di mare, dalle aringhe (maatjes), alle cozze (moules).  Il tutto annaffiato con una scelta di oltre 600 birre, dense, aromatizzate, leggere o ad alta gradazione, a base di luppolo o malto.

Siete poi siete tra coloro che non sanno resistere ad un cioccolatino o ad una pralina a Bruges vi aspettano ben 40 diversi negozi dedicati al cioccolato. E al cioccolato è dedicato anche un vero e proprio museo.

Choco Story (www.choco-story.be) offre al visitatore un vero e proprio viaggio nella storia, a partire dagli Aztechi, inventori della ricetta del cioccolato. Per la gioia dei golosi, oltre ad imparare come si fa il cioccolato, il museo offre la possibilità di assaggiarlo, immergendovi direttamente le dita!

WATERZOOI DI PESCE

Ingredienti

  • 400 gr di patate
  • 30 gr di burro
  • 1 gambo di sedano, 1 carota, 1 cipolla
  • 1 porro
  • 500 ml di brodo di pesce o vegetale
  • 500 gr di filetti di pesce a scelta tra platessa, merluzzo, coda di rospo (almeno due tipi)
  • 30/40 cozze
  • 2 tuorli d’uovo
  • 50 ml di panna fresca
  • 10/12 gamberetti
  • Erba cipollina macinata q.b
  • Sale e pepe

 Lessate le patate, poi pelatele e tagliatele a spicchi. In una padella, mettere a soffriggere insieme al burro la carota, il sedano e la cipolla tritate per circa 5 minuti. Versate il brodo e fate bollire per qualche minuto. Aggiungete i filetti di pesce e lasciate cuocere per 10 minuti. Spegnete la fiamma, togliete i filetti e metteteli da parte. In una casseruola fate aprire le cozze, poi staccatele dal guscio e mettetele da parte con i filetti. Filtrate il liquido e unitelo al brodo. Sbattete i tuorli con la panna e allungate con mezza tazza di brodo mescolando bene. Poi riscaldate il brodo rimasto, unitevi il composto di panna e amalgamate finché il tutto non si sia addensato. Poco prima di spegnere, aggiungete i gamberetti sgusciati, il trito di erba cipollina. Spegnete e regolate di sale. Mettete poi in una zuppiera i filetti di pesce e le patate, poi versatevi sopra il brodo addensato bollente. Servite con una spolverata di erba cipollina e una macinata di pepe. Potete accompagnare il piatto con pane tostato.

COME ARRIVARE

Dall’Italia si può raggiungere Bruxelles in aereo o in treno. Nel primo caso, è disponibile un servizio di bus navetta che collega l’aeroporto Charleroi Sud  a Bruges. Dall’aeroporto di Bruxelles si può raggiungere Bruges anche in treno. Il tragitto dura circa 1 ora e 30. (www.b-rail.be). Per chi raggiunge la capitale belga in treno dall’Italia è disponibile la coincidenza per Bruges.

DOVE MANGIARE

*Patrick Devos, Zilverstraat 41B, 8000 Bruges, Tel. 0032 50335566, www.patrickdevos.be

Situato in un edificio storico nel centro della città, presenta saloni decorati in Art Nouveau ed art Decò. Piatti della migliore tradizione belga.

*De Karmeliet, Langestraat 19, 8000 Bruges, tel 0032 50338259, www.dekarleliet.be . Tre stelle Michelin per questo locale ricavato in un palazzo del 1830. Le sale sono arredate con raffinate opere d’arte moderna. Da provare a bistecca di merluzzo in crosta di mandorle, gamberetti e cavolfiore o i ravioli con vaniglia e mele candite.

DOVE DORMIRE

*B&B Côté Canal, Hertsbergestraat 8, 8000 Bruges, tel 0032 475457707, www.bruges-bedandbreakfast.be Lussuosa guesthouse nel cuore della città vecchia, si affaccia su uno dei canali più pittoreschi della città. Le camere sono decorate con gusto e godono di una splendida vista sui canali o sul giardino. Doppia da € 103.

*Flanders Hotel****, Langestraat 38, 8000 Bruges, tel 0032 50338889, www.hotelflanders.com Inaugurato nel 1905, si trova a pochi minuti dalla stazione ferroviaria e dalla Piazza del Mercato. La colazione a buffet viene servita in una sala vista giardino. Disponibile una piscina coperta riscaldata. Doppia da € 108 con colazione.

INFO

www.visitbruges.be