UNESCO LOMBARDIA. Monte San Giorgio, la montagna dei fossili

La Lombardia è la regione con più siti UNESCO. Sono ben 11: l’ Arte Rupestre della Valcamonica (BS), Santa Maria delle Grazie e il Cenacolo Vinciano (MI), il Villaggio Operaio di Crespi d’Adda (BG), i Sacri Monti, Mantova e Sabbioneta, la Ferrovia Retica, i siti palafitticoli dell’arco alpino, i siti dei Longobardi in Italia, Bergamo e le opere di difesa veneziane tra il XVI e il XVII secolo e Monte San Giorgio (VA).

Questa settimana, per la rubrica UNESCO con Gusto, andiamo alla scoperta di Monte San Giorgio, un sito Patrimonio dell’Umanità che l’Italia condivide con la Svizzera. Il complesso montuoso, infatti, è compreso tra la provincia di Varese e il Canton Ticino, e proprio nel territorio elvetico raggiunge la sua massima altitudine: 1097 metri. È circondato poi dai due rami del Lago di Lugano e regala paesaggi di rara bellezza.

Il bellissimo panorama di Monte San Giorgio

La curiosità riguarda il fatto che Monte San Giorgio, pur essendo un complesso unico, con le medesime caratteristiche geologiche, morfologiche e storiche, è stato inserito nella lista UNESCO in due momenti diversi: la parte svizzera nel 2003 e la parte italiana nel 2010, su richiesta della stessa UNESCO.

Il Ponte di Melide

Con la seguente motivazione:

“Il Monte San Giorgio rappresenta l’area che singolarmente testimonia meglio la vita marina durante il Triassico Medio, presentando, inoltre, anche resti di organismi terrestri. Il sito ha prodotto molti e ben differenziati resti fossili, spesso di eccezionale completezza e conservazione. La lunghissima tradizione di studi paleontologici e la gestione disciplinata degli scavi hanno prodotto un insieme notevole di collezioni di reperti, ben documentate e catalogate, che sono alla base di un grande numero di pubblicazioni scientifiche di elevata qualità. Conseguentemente, la successione fossilifera del monte rappresenta il principale riferimento a scala mondiale per tutti i futuri studi paleontologici riguardanti le faune marine triassiche”.

Monte San Giorgio e il suo patrimonio unico

L’unicità di Monte San Giorgio consiste proprio nel suo essere uno dei più importanti giacimenti di fossili marini al mondo, risalenti al Triassico medio, cioè al periodo compreso tra 247 e 237 milioni di anni fa.

In quel periodo, all’alba della Terra, questa zona era una laguna tropicale in cui vivevano molluschi, crostacei, echinodermi, ma anche insetti, pesci, uccelli e, soprattutto, rettili. Senza contare le diverse specie di piante, sia lacustri che terrestri. Un’altra peculiarità di Monte San Giorgio è che, a differenza di molti altri siti del mondo, si possono esaminare ben 5 livelli e studiare quindi come le diverse forme di vita si siano evolute nel corso delle ere. Finora, qui sono stati estratti più di 20 mila fossili, di cui 25 specie di rettili, 50 di pesci, più di 100 specie di invertebrati e diverse specie vegetali.

Ricostruzione di un dinosauro nel suo ambiente durante il Triassico

Non solo, Monte San Giorgio era famoso nel Medioevo per l’ittiolo, un minerale fossile di origine organica che veniva utilizzato per la cura della pelle. Gli scavi, invece, iniziarono nell’Ottocento, in un primo tempo per andare alla ricerca di combustibili fossili da utilizzare nell’industria. Ma ben presto ci si rese conto della grande quantità di fossili che emergevano dagli strati della montagna.

Il primo a organizzare una campagna di scavo paleontologico fu l’abate Antonio Stoppani, considerato il padre della Geologia italiana. Tra i ritrovamenti si sono state anche ossa di rettili di una lunghezza fino a 6 metri e alcune specie rare, che hanno preso il nome proprio da questo luogo, come il Sangiorgiosaurus e il Ceresiosaurus.

Monte San Giorgio, che cosa vedere

Un itinerario suggerito per visitare Monte San Giorgio parte dal Museo dei Fossili di Besano (Museo dei Fossili di Besano – Monte San Giorgio), nel versante italiano. Il percorso di visita si articola in cinque sale, nelle quali sono esposti numerosi fossili di piante, pesci e invertebrati.

Tra i fiori all’occhiello del museo, il caldo originale del Besanosaurus, un rettile marino lungo circa sei metri.

Si tratta di un esemplare femmina che conserva ancora nell’addome quattro embrioni fossili. Una sala intera, poi, è dedicata al Saltiosaurus, un grande dinosauro carnivoro i cui resti conservati qui sono gli unici in Italia.

Ricostruzione del Saltiosaurus

Chi ama trekking e passeggiate può invece percorrere il sentiero di 13 km che parte da Melide, in Canton Ticino. Sono circa 4 ore di cammino e il percorso è facile e accessibile a tutti. In più, sul sentiero sono dislocati diversi pannelli e tavole esplicative che “raccontano” la storia di Monte San Giorgio e dei suoi fossili.

Un tratto del Sentiero dei Fossili

Si parte quindi da Melide, dove si fa una sosta per visitare il rinnovato Museo dei Fossili di Melide che si trova proprio nel centro storico. Inaugurato nel 2012 è stato ristrutturato e ampliato dall’architetto ticinese Mario Botta e custodisce un’interessante raccolta di fossili di piante e animali provenienti dal sito di Monte San Giorgio.

Il Museo dei Fossili di Meride

I visitatori sono accolti dalla ricostruzione di 2,50 metri del Ticinosuchus Ferox , vissuto 240 milioni di anni fa in un ambiente tropicale acquatico. Il percorso di visita si articola poi su quattro piani dove è possibile conoscere la storia di questo sito unico al mondo attraverso illustrazioni, modelli, animazioni 3D, realtà aumentata e virtuale. Oltre, ovviamente, ad ammirare dal vivo i ritrovamenti fossili, studiati e catalogati da paleontologi italiani e svizzeri fin dal 1850.

Ricostruzione del Ticinosuchus ferox

Il sentiero, invece, parte da Melide e attraversa le frazioni di Fontana, Spinirolo e Crocifisso, con una prima tappa a Serpiano. Qui si arriva fino alla funivia e si segue la strada in salita verso l’Alpe di Brusino, a 673 metri di altezza. Si prosegue poi verso Gaggio, a 771 metri e, da qui, si prende la deviazione verso Pozzo, salendo ancora fino a 813 metri. Da qui il sentiero comincia di nuovo a scendere in direzione di Albertina, raggiunta la quale si ritorna verso Meride.

…scopri nella 2° pagina i sapori di Monte san Giorgio…

In tavola tra il varesotto e il Canton Ticino

Dopo aver visitato il sito UNESCO, spazio anche al gusto, con la scoperta dei sapori tra varesotto e Canton Ticino, tradizioni che si influenzano l’un l’altra, con soddisfazione del palato.

Risotto con salsiccia Luganega

Tra i primi piatti troviamo squisiti risotti, con la salsiccia Luganega, con il brasato, la mortadella o i funghi. Da non perdere anche la polenta, che qui si gusta soprattutto con il brasato e lo spezzatino, oppure si prepara con latte o panna al posto della classica acqua. Tra le minestre troviamo il minestrone alla ticinese e la zuppa di zucca.

Minestrone alla ticinese

Tra i secondi, troviamo la busecca, la trippa con pomodoro, fagioli e verdure, le carni arrosto, in umido e in salmì, come coniglio, capretto, gallo o stinco di maiale, oppure la cassouela, un piatto invernale a base di carni miste e verza.

La Busecca, la tradizionale trippa con fagioli, pomodoro e verdure

Dai laghi arriva la materia prima per preparare il pesce in carpione, fritto e marinato per tre giorni con prezzemolo e aromi. Ottimi anche i piatti di pesce al forno, alla griglia o in padella.Tra i dolci, ottima la Torta di pane, a base di pane, latte e zucchero, ma anche i tortelli dolci e gli amaretti.

COME ARRIVARE

In auto: da Milano, A8 in direzione Varese. Prendere l’uscita Gazzada e proseguire in direzione del valico di Gaggiolo-Stabio. Seguire indicazioni per Besano. Da Varese. SS344 in direzione Porto Ceresio/Besano/Viggiù.

DOVE MANGIARE

*Trattoria del Sole, via G. Marconi, Besano (VA), tel 0332/916460 Locale tradizionale dove gustare piatti locali, come polenta e cinghiale o con i funghi, pappardelle. Anche pizza cotta nel forno a legna. Si trova nel centro del paese.

*Molino del Torchio, via Molino del Torchio 17, Cuasso al Piano, tel 0332/920318, www.molinodeltorchio.com Nella suggestiva atmosfera di un ex mulino con travi di legno e pietra a vista, si possono gustare specialità lombarde con ingredienti di stagione. Anche pernottamento. A 1,5 km da Besano.

DOVE DORMIRE

*B&B Dolce Vita, via Roma 19, Porto Ceresio (VA), tel 347/8971084, www.dolcevitalugano.net B&B ricavato in una villa lombarda del Novecento che si affaccia sul lago. A disposizione degli ospiti piscina e giardino e accesso diretto alla spiaggia del lago.

*Hotel Ristorante Alpino***, via per Cuasso al Piano 1, Cuasso al Monte (VA), tel 0332/939083, www.hotelalpinovarese.com Bike hotel affacciato sulle cime della Valceresio. Le camere sono tutte dotate di bagno privato, Wifi gratuito e TV a schermo piatto. A disposizione ristorante con vista sulle montagne, giardino e terrazzo. Per i bikers, deposito bici, officina, parcheggio e possibilità di organizzare escursioni.

INFO

www.montesangiorgio.org

 




Sabbioneta, capolavoro rinascimentale del gusto

Sabbioneta incarna la città ideale del Rinascimento, un piccolo gioiello di perfezione in cui si concentrano le opere di alcuni degli artisti più famosi dell’epoca, tra cui Vincenzo Scamozzi e Bernardino Campi. Costruita in soli 35 anni dal principe Vespasiano Gonzaga Colonna nella seconda metà del XVI secolo, si distingue per la cinta muraria a forma di stella, la pianta a scacchiera delle vie e la disposizione di spazi ed edifici pubblici, che ne hanno fatto uno dei migliori esempi di “città ideale in Europa.

Spicca lo splendido Teatro all’Antica di Vincenzo Scamozzi, il primo costruito in Italia con fabbrica originale, nato, cioè, come teatro e non come adattamento di un edificio preesistente.

Sabbioneta, che è annoverata tra i “borghi più belli d’Italia” ed è Bandiera Arancione del Touring Club, nel 2008 è stata inserita, insieme alla vicina Mantova, nella lista del Patrimonio dell’Umanità UNESCO con questa motivazione:

“Mantova e Sabbioneta offrono una testimonianza eccezionale di realizzazione urbana, architettonica e artistica del Rinascimento, collegate tra loro attraverso le idee e le ambizioni della famiglia regnante, i Gonzaga. Esse rappresentano gli esempi più eminenti delle due modalità più emblematiche della progettazione urbanistica del Rinascimento, rispettivamente quella evolutiva e quella fondativa. Come tali, esse sono servite di riferimento per gran parte delle successive esperienze di costruzione della città fino all’epoca moderna. Gli artisti che hanno concorso alla realizzazione delle due città hanno prodotto capolavori che hanno portato a compimento gli ideali del primo Rinascimento, contribuendo in maniera determinante alla diffusione internazionale di un movimento destinato ad influenzare e plasmare l’intera Europa”.

Passeggiando per Sabbioneta

Chiamata fin dalla sua costruzione “Piccola Atene” per la concezione e l’applicazione perfetta dell’architettura e della filosofia rinascimentale, Sabbioneta aveva anche funzioni pratiche difensive. La città, infatti, era circondata da stati potenzialmente nemici, tra cui il Ducato di Mantova, il Ducato di Parma e Piacenza a Sud del Po e dal temibile Ducato di Milano.

La spessa cinta di mura, che protegge il centro storico è di forma esagonale, ed è provvista di sei bastioni. Due sono invece le porte di accesso: Porta Vittoria e Porta Imperiale, da cui parte il nostro itinerario alla scoperta della città.

Percorriamo via Rodolfini e incontriamo la chiesa della Madonna del Carmine. Proseguiamo quindi verso la Galleria degli Antichi, monumento simbolo di Sabbioneta, costruita tra il 1583 e il 1584 con la funzione di ospitare i trofei di caccia di Vespasiano Gonzaga e la sua collezione di statue antiche. La galleria, lunga 96 metri, in Italia è seconda per lunghezza solo a quella degli Uffizi di Firenze.

Vale la pena prendersi un po’ di tempo per visitare lo splendido Palazzo del Giardino, che ospita la Galleria. I lavori per la sua costruzione iniziarono nel 1577 e vennero ultimati nel 1588. Fiore all’occhiello sono le splendide sale affrescate. Al piano terra di trovano la Sala di Marte, la Sala dei Venti e il Camerino di Venere. Salendo al primo piano, invece, si ammirano la Sala delle Olimpiadi, la Sala dei Miti, e la superba Sala degli Specchi, da cui si accede di nuovo alla Galleria degli Antichi.

È d’obbligo poi una visita al Teatro all’antica, capolavoro dello Scamozzi, primo Teatro Moderno in Europa. All’interno, la gradinata che ospita il pubblico ha alle spalle una fila di colonne in stile corinzie e statue ispirate alla mitologia classica. Splendidi anche gli affreschi.

Prendendo invece via Scamozzi arriviamo nel cuore di Sabbioneta: Piazza Ducale. Qui si trova la residenza ufficiale di Vespasiano Gonzaga, il bellissimo Palazzo Ducale, fulcro della vita politica e amministrativa della città. La facciata si presenta con una torre centrale e con un porticato di marmo a piano terra. Splendide le sale interne, riccamente decorate con legni dorati, affreschi e dipinti. Spiccano la Galleria degli Antenati e la Sala delle Aquile.

Poco distante si trova anche il Mausoleo di Vespasiano Gonzaga del 1588. Altri edifici degli di nota sono la chiesa dedicata a San Rocco, l’Oratorio di San Sebastiano, e la Sinagoga.

scopri nella 2° pagina che cosa mangiare a Sabbioneta…

Sabbioneta a tavola

La cucina sabbionetana è legata a doppio filo con la tradizione mantovana. Mescola sapori antichi, tra quelli le ricette più nobili, proveniente dalle tavole dei Gonzaga, a quelle semplici del mondo contadino, sapientemente fuse con l’innovazione e le nuove tendenze.

Questa terra ricca e unica per microclima, poi, regala prodotti unici, come la zucca mantovana, il melone sabbionetano, le pere, ma anche il salame, a grana grossa, stagionato dai tre ai sei mesi, e condito con sale, pepe e aglio. Tra i salumi, come dimenticare i ciccioli o il battuto di lardo con prezzemolo e aglio, da accompagnare la polenta. Sabbioneta, insieme a Mantova, è poi zona di produzione del Grana Padano, tra i formaggi italiani più conosciuti al mondo.

Tra i primi piatti, irrinunciabile il piatto simbolo della cucina mantovana, i tortelli di zucca, la cui ricetta compare nel ricettario del coppiere di Lucrezia d’Este del 1584. Piatto di origini nobili, quindi, spicca per quel contrasto irresistibile tra dolce e salato, dato dall’impasto a base di zucca, grana padano, amaretti, mostarda mantovana e noce moscata.

Da non perdere i marubin, cioè i tortellini di carne, da gustare nel brodo di cappone, e le tagliatelle al sugo di anatra, con pasta rigorosamente casalinga. Tra i primi troviamo anche il risotto alla zucca, il risotto alla pilotta e gli gnocchi di patate.

Tra i secondi spiccano i piatti a base di carne di maiale e di pesce di fiume, tra cui il luccio, le carpe, le tinche e il pesce gatto. Altri piatti tipici sono lo stracotto, il brasato e il cotechino mantovano, un insaccato senza stagionatura ricavato dalle parti meno nobili del maiale macinate insieme a una parte di cotiche. Infine, diffuse anche le lumache e le rane, da gustare fritte.

Tra i contorni, non si può non assaggiare la mostarda mantovana, una salsa fatta con frutta a pezzi, tradizionalmente mele campanine o pere mantovane DOP e senape, che accompagna formaggi e bolliti.

Da non perdere i dolci, prima tra tutti la Sbrisolona, la cui ricetta risale addirittura a prima del 600, molto apprezzata alla corte dei Gonzaga. Si tratta di una torta friabile e gustosa, a cui è stato attribuito il marchio DOP.

Dalla tradizione contadina arrivano i Filòs, biscotti secchi con noci, nocciole, cioccolato, pinoli e menta a pezzetti. Ottimi anche la torta Elvezia, a base di zabaione e gianduia, il Dolce delle Rose e, in autunno, nel tempo di vendemmia, il Sugol, un budino di mosto d’uva e farina.

Tra i vini, il principe è il Lambrusco Mantovano DOC, un rosso frizzante che nel 1987 ha ottenuto la DOC. E, per concludere in bellezza il pasto, vi consigliamo il nocino, un liquore ottenuto dai malli di noce acerbe che, secondo la tradizione, vengono raccolte dalle donne la notte del Solstizio d’estate, il 24 giugno.

COME ARRIVARE

In auto: A22 con uscita Mantova, poi SS420 in direzione Casalmaggiore-Parma seguendo le indicazioni per Sabbiobeta. A1 con uscita Parma, poi SS343 in direzione di Colorno, poi di Casalmaggiore e poi SS 420 verso Mantova, indi come sopra. Da Reggio Emilia, SS358 in direzione Castelnuovo Sotto, Boretto, Viadana. A21 con uscita Cremona, poi seguire per San Giovanni in Croce, Casalmaggiore, poi immettersi sulla SS 420 in direzione di Mantova.

DOVE MANGIARE

*Osteria La Dispensa, via della Galleria 3, Sabbioneta (MN), tel 0375/221107, nel centro storico, offre un menù di piatti tipici della cucina mantovana, tra cui tortelli di zucca, luccio, e la tipica sbrisolona. Selezione di salumi e formaggi con mostarde.

*Ristorante pizzeria Ducale, via Vespasiano Gonzaga 24, Sabbioneta (MN), tel 0375/062467, www.ristoranteducale.it Locale con una lunga tradizione che risale al 1945, gestito dalla stessa famiglia da quattro generazioni. Offre un menù di piatti tipici mantovani, ma il plus è la possibilità di visitare gratuitamente la collezione e museo privato di Cecilia Bernardi con bambole e giocattoli dal 1700 al 1960, con pezzi rari e storici.

DOVE DORMIRE

*Albergo “Al Duca”***, via della Stamperia 18, Sabbioneta (MN), tel 0375/52474, www.albergoalduca.com Nel centro storico, dispone di 10 camere con bagno privato, scrivania, armadio e TV a schermo piatto. Colazione continentale.

*Albergo “Giulia Gonzaga”, via Vespasiano Gonzaga 65, Sabbioneta (MN), tel 0375/528169, www.albergogiuliagonzaga.it Delizioso hotel nel centro storico, ricavato in un edificio del 1500. Le camere ampie hanno pareti affrescate e spazi accoglienti. Ottime colazioni dolci e salate.

INFO

www.turismosabbioneta.org/it/

www.visitsabbioneta.it/




UNESCO con gusto. Castel del Monte ad Andria (BT), tra confetti e burrata

È una delle fortezze più belle d’Italia e unica per le sue caratteristiche. Questa settimana andiamo ad Andria, in provincia di Barletta-Andria-Trani, nella zona delle Murge occidentali, nella splendida Puglia, per conoscere Castel del Monte, inserito dall’UNESCO nella lista dei siti Patrimonio dell’Umanità nel 1986 con la seguente motivazione:

“Castel del Monte possiede un valore universale per la perfezione delle sue forme, l’armonia e la fusione di elementi culturali venuti dal Nord dell’Europa, dal mondo musulmano e dall’antichità classica. È un capolavoro unico dell’architettura medievale che riflette l’umanesimo del suo fondatore: Federico II di Svevia”.

Castel del Monte, tra simbolismo e misteri

La fortezza svetta su una collina a 540 metri sul livello del mare, nel cuore del Parco Nazionale dell’Alta Murgia, e rappresenta un capolavoro di architettura medievale, pur mancando di alcuni elementi tipici, come il fossato. Fatto costure dall’imperatore Federico II di Svevia nel 1240, Castel del Monte rispecchia la formazione, la cultura e l’apertura mentale del suo committente nei confronti di culture diverse.

Appassionato di poesia, filosofia, astronomia, matematica, Federico II spicca nella storia per la sua personalità di sovrano illuminato, che aprì le porte della sua corte a studiosi orientali, ebrei, greci, arabi e, naturalmente, italiani, al punto da essere definito un precursore dell’Umanesimo. Castel del Monte, tuttavia, colpisce per la sua perfezione matematica e architettonica, dove nulla è lasciato al caso ma, anzi, ogni cosa è densa di simbolismo e rimanda a qualcos’altro, per molti aspetti ancora misterioso.

La fortezza è a pianta ottagonale e si presenta, dall’alto, come una corona. Il numero otto, poi, ricorre in maniera costante. Otto sono le sale del piano terra e del primo piano, otto anche le magnifiche torri e ottagonale, come già detto, la pianta, che poggia su otto spigoli. Nel cortile interno, poi, era presente una vasca anch’essa ottagonale.

La fortezza, poi, unisce stili diversi in perfetta armonia. I leoni posti all’ingresso, infatti, sono un esempio di stile romanico medievale, le torri sono invece gotiche, mentre i fregi interni richiamano l’arte classica e gli splendidi mosaici l’arte araba del mosaico.

La posizione del castello, poi, è stata concepita in modo tale da creare particolari effetti di luce in occasione del Solstizio e dell’Equinozio, altra concezione recepita dalle filosofie orientali.

Visitiamo Castel del Monte

Il percorso di visita parte dal bel portale di ingresso, un bell’arco in stile arabeggiante ma con un timpano greco-romano e bifore gotiche. Prima di entrare, ammiriamo l’imponente facciata in pietra calcarea mista a quarzo, che riflette i raggi del sole e fa sembrare il castello brillante.

All’interno si possono invece vedere le belle e alte volte a crociera e a botte, un tempo decorate con mosaici e dettagli in marmo, di cui oggi non rimangono, purtroppo, che pochi resti a causa della lunga incuria.

Si salgono poi i due piano, collegati da scale a chiocciola posizionate nelle torri. Una curiosità: le scale si sviluppano in senso antiorario, a differenza di quanto accade nelle altre costruzioni medievali. Un altro dei misteri di Castel del Monte da svelare…

Su ogni piano, poi, si trovano otto sale di forma trapezoidale. Anche se non rimane molto, degno di nota è l’apparato decorativo, tra piastrelle, maioliche, paste vitree, dipinti murali e tessere di mosaico, che testimoniano quanto prezioso e raffinato doveva essere, in origine l’aspetto delle sale. Di stampo orientale, invece, è il sistema di raccolta e distribuzione dell’acqua piovana, che riforniva l’intero complesso.

Castel del Monte si può visitare dal lunedì alla domenica dalle 10 alle 18.45, con ingressi scaglionati orari, massimo 18 persone a visita, che dura 45 minuti. L’ingresso è su prenotazione. Biglietto intero € 7, ridotto € 2.

…scopri nella 2° pagina che cosa vedere ad Andria…

Da Castel del Monte ad Andria

Castel del Monte dista circa 15 km da Andria, il cui centro storico vale la pena visitare. Tracce dell’operato di Federico II si trovano anche qui. Per esempio, su Porta Sant’Andrea, l’unica rimasta tra quelle che consentivano l’accesso alla città. Qui si trova scolpita una frase riferita all’imperatore, che ne attesta l’origine sveva, anche se è stata ristrutturata in stile barocco nel 1593.

Da non perdere una visita alla Cattedrale di Santa Maria Assunta, in stile romanico-pugliese, risalente alla fine del XI secolo ma completata agli inizi del XIV.

Al suo interno custodisce la Sacra Spina, la più grande reliquia della corona di spine di Cristo, lunga 8 cm, su cui è possibile vedere ancora piccole macchie di sangue che, secondo la tradizione, diventerebbero di un rosso più vivo ogni 25 marzo, durante le celebrazioni per l’Annunciazione. All’interno della cattedrale si trovano anche le tombe di Iolanda di Brienne e di Isabella d’Inghilterra, mogli di Federico II e le reliquie di San Riccardo.

Ne resta poco, ma vale una visita anche la cripta di Santa Croce, una chiesa rupestre scavata nel tufo del IX secolo, che conserva alcuni resti di affreschi di epoca bizantina.

Tra gli altri edifici religiosi che meritano una sosta c’è anche la Chiesa di San Francesco, i cui lavori per la costruzione sono iniziati nel 1230 e terminati nel 1346. È stata invece commissionata dai Templari la Chiesa di Sant’Agostino, sempre del Duecento, poi passata nel secolo successivo agli Agostiniani. Da notare il bel portale decorato. Più recente, invece, la Chiesa di Santa Maria di Porta santa, della seconda metà del Quattrocento, con pilastri rinascimentali su cui si notano due medaglioni che ritraggono Federico II e Manfredi di Svevia.

Splendido anche il Palazzo Ducale con il suo splendido portale. Il Palazzo ha origini medievali ma è stato trasformato dalla potente famiglia Carafa in residenza rinascimentale nel Cinquecento e successivamente ancora rimaneggiata nel XIX secolo. Tra i misteri che ancora cela, la possibile presenza di un lungo tunnel che lo collegherebbe proprio a Castel del Monte, da utilizzare per la fuga in caso di attacco o di assedio.

…scopri nella 3° pagina Andria da gustare…

Il Museo del Confetto

Parlando di gusto, non si può non citare il Museo del Confetto di Andria, unico nel suo genere in tutto il Sud Italia, dichiarato “bene di interesse culturale”. Situato in via Museo del Confetto 12, nel centro storico, all’interno di una bella palazzina liberty, è stato istituito nel 2005, ma la sua storia è molto più antica.

Inizia infatti nell’Ottocento, quando il giovane Nicola Mucci apre un laboratorio per la produzione di confetti. Con Giovanni Mucci, nel 1894, diventa una vera e propria azienda dove si producono dolcezze dal sapore incomparabile.

Il museo sorge proprio nell’originaria sede della fabbrica. Nelle quattro sale si possono così conoscere la storia, la tradizione e i segreti della produzione dei confetti, ma anche del cioccolato e delle caramelle, ammirando gli utensili, gli stampi, ma anche ricette e documenti.

Tra gli “attrezzi del mestiere” ci sono il branlante dell’Ottocento, una bacinella di rame per la lavorazione a mano dei confetti, oppure il pelamandorle del 1920, e poi, ancora una “confettatrice” a vapore dei primi del Novecento a trazione meccanica, un’impastatrice per il cioccolato del 1915, una modellatrice di Gianduiotti del 1920 e una macchina per cuocere lo zucchero utilizzato per la produzione delle caramelle, sempre dei primi del Novecento.

La visita include anche una golosa degustazione di confetti e di alcune specialità come i Tenerelli, ricetta segreta della famiglia Mucci, con mandorle di Puglia e nocciole del Piemonte, ricoperti al cioccolato. Le visite al museo si effettuano su prenotazione, dal lunedì al sabato dalle 8.30 alle 13 e dalle 17 alle 21, la domenica dalle 10 alle 13. Biglietto intero € 5, ridotto € 3.

A Castel del Monte è nata la burrata

Proprio nelle vicinanze di Castel del Monte, presso la Masseria Piana Padula, è nata la Burrata di Andria Igp (www.burratadiandria.it), un delizioso formaggio fresco dalle caratteristiche uniche.  Fu il casaro Lorenzo Bianchino Chieppa che la inventò per non gettare via gli scarti della produzione della mozzarella.

La sua tecnica consisteva nell’introdurre in un “sacchetto” di pasta filata della mozzarella una farcitura cremosa ottenuta dagli sfilacci della pasta stessa mescolata alla panna ricavata dalla centrifugazione del siero rimasto dalla lavorazione, la stracciatella. Ne ottenne un formaggio dal gusto delizioso e inconfondibile, un misto di latte e panna che ben presto varcò i confini regionali e nazionali.

La sua caratteristica di sciogliersi in bocca come burro, le valse il nome. Oggi si trova in pezzature da 7-10 cm, le Burratine, e in pezzi più grandi di 15-20. Essendo un formaggio fresco, si consuma entro 5 giorni dalla produzione, che avviene sempre in maniera artigianale, dalla filatura alla salatura. La Burrata non deve mai essere cotta, ma si può accompagnare a gustosi piatti freddi di pasta o di verdura, oppure gustata al naturale.

I piatti tipici della tradizione

Tra gli altri piatti tipici della tradizione, troviamo poi il piatto simbolo della Puglia, le orecchiette alle cime di rapa, le cui origini risalgono al XII secolo. Secondo la tradizione, le orecchiette devono cuocere insieme alle cime di rapa per assorbirne il sapore.

Da non perdere, per colazione o merenda, o per uno spuntino la focaccia pugliese, condita con pomodorini ed erbe aromatiche e con un impasto a base di farina, olio e patate schiacciate.

Come non citare poi i taralli, piccoli anelli di pasta cotta al forno, fatti con farina, olio d’oliva, vino bianco secco e sale. Alcune varianti prevedono l’aggiunta di semi di finocchio, sesamo, cipolla, origano o peperoncino.

Dalla vicina Bari arrivano poi le Brascioline, involtini di carne al sugo, fatte con fettine di carne di cavallo o di manzo, che vengono batture, strofinate con l’aglio, e cosparse con prezzemolo, sale, pepe, parmigiano e una fetta di lardo. Il tutto viene poi arrotolato e chiuso con uno stuzzicadenti prima di venire cotto in un delizioso sughetto a base di salsa di pomodoro e vino bianco.Come piatto unico o come antipasto sulle bruschette il puré di fave e cicoria arriva invece dalla tradizione contadina ed è un ottimo piatto per chi preferisce mangiare vegetariano. Non dimentichiamo poi che Andria è tra le prime città al mondo per la produzione di olio extravergine di oliva di qualità.

COME ARRIVARE

In auto: A14 Bologna-Taranto oppure A16 Bari-Napoli con uscita Andria-Barletta, poi prendere la SS 170 fino ad Andria. In treno: linea Bari-Barletta con fermata Andria.

DOVE MANGIARE

*Agriturismo Montegusto, SS 170 km 1850, Andria (BT), tel 0883/569862, www.montegusto.it Ai piedi di Castel del Monte, in una splendida location, offre piatti della cucina pugliese con ingredienti stagionali e sempre freschi. La pasta è fatta a mano, mentre la carta propone salumi, formaggi, focacce, tortini di verdure, grigliate di carne e dolci fatti in casa.

*Taverna degli Svevi, SS170, km 65, via Castel del Monte, Andria (BT), tel 0883/569830, www.parcodeglisvevi.it Ristorante pizzeria nei pressi di Castel del Monte. Offre un’ampia scelta di piatti, tra cui tradizionali, creativi, di pesce, di carne e pizza.

DOVE DORMIRE

*B&B Le Stagioni, viale dei Cedri, Castel del Monte, Andria (BT), tel 333/7673574, www.beblestagioni.com Nelle vicinanze di Castel del Monte, che si può raggiungere anche a piedi, immerso in un grande giardino lussureggiante, dispone di camere con bagno privato e ingresso indipendente. Doppia da € 70.

*Tenuta Vigna del Noce, SP 30, uscita Castel del Monte, Corato (BA), tel 080/2227155, www.tenutavignadelnoce.it  Splendida guesthouse ricavata in una tenuta del XIX secolo. Le camere sono in raffinato stile shabby chic. Percorso benessere con sauna, aromaterapia, bagno turco.

INFO

www.casteldelmonte.beniculturali.it

www.comune.andria.bt.it




UNESCO con Gusto. Aquileia, tra vestigia romane e Prosciutto San Daniele

Continua il nostro viaggio alla scoperta dei siti italiani Patrimonio dell’Umanità UNESCO e della tradizione enogastronomica della regione che li ospita. Questa settimana andiamo in Friuli Venezia Giulia, in provincia di Udine, dove si trova l’Area Archeologica e la Basilica Patriarcale di Aquileia, inserita nella World Heritage List nel 1998 con questa motivazione:

“Aquileia è stata una delle più grandi e più ricche città dell’Impero Romano; poiché gran parte dell’antica città è rimasta intatta e ancora sepolta, è il più completo esempio di una città dell’antica Roma nell’area del Mediterraneo. Il complesso della Basilica Patriarcale di Aquileia è la testimonianza del ruolo decisivo nella diffusione del Cristianesimo nell’Europa nel primo Medioevo”.

Dopo la chiusura obbligata dall’emergenza coronavirus, la Fondazione Aquileia, che gestisce tutte le aree archeologiche del sito UNESCO, ha aperto di nuovo le porte al pubblico. I siti si potranno così visitare con ingresso gratuito dalle 9 alle 19. Lungo il percorso, poi, sono stati posizionati dei cartelli che ricordano i comportamenti da tenere, come indossare la mascherina e mantenere una distanza interpersonale di almeno un metro, evitando assembramenti. Il personale di custodia, poi, monitorerà le aree conteggiando le presenze e monitorando l’andamento dei flussi dei visitatori per garantire la sicurezza.

Aquileia, gioiello romano

Cominciamo con un po’ di storia per conoscere questa splendida città antica. Fondata nel 181 a.C. dai Romani come colonia militare, è diventata presto una delle principali città dell’Impero, grazie alla sua posizione strategica sulle rive del fiume Natisone, che all’epoca era navigabile, e a pochi chilometri dal mare.

Il cuore della vita pubblica era il foro, con la sua splendida Basilica, parzialmente riportata alla luce dagli scavi. Aquileia è stata in parte distrutta dal saccheggio degli Unni, ma oggi si possono vedere numerose testimonianze del ricco e florido passato.

La Basilica e i suoi mosaici

Consacrata nel 1031 dal patriarca Poppone, la Basilica di Aquileia è il fulcro del sito UNESCO. Le sue origini, tuttavia, risalirebbero al secondo decennio del IV secolo, quando le dimensioni erano già circa quelle attuali e mancava solo del transetto e dell’abside con la sottostante cripta.

Poppone fece rifare la facciata, e, soprattutto, l’abside, con il meraviglioso ciclo di affreschi. Anche le colonne, dieci per lato, furono dotare di nuovi capitelli, e venne aggiunto il campanile, alto 73 metri. Dopo il terremoto del 1348, poi, sono stati resi necessari altri interventi.

È nel 1909, però, che il pavimento dell’epoca di Poppone viene rimosso fino al presbiterio per riportare alla luce il meraviglioso pavimento a mosaico, voluto dal vescovo Teodoro nel 313 d.C, che con i suoi 760 mq di estensione è il più esteso di tutto l’Occidente romano. I mosaici raffigurano attraverso immagini e allegorie, il percorso verso la salvezza, mentre nella campata orientali si trovano raffigurati episodi della storia di Giona.

Sotto l’altare maggiore si trova anche la Cripta degli affreschi, che risale all’epoca del patriarca Massenzio (IX secolo) che la fece realizzare per custodire le reliquie dei martiri Fortunato ed Ermagora con scene della vita di San Marco Evangelista. Nella Cripta degli scavi, invece, si possono vedere le fondamenta del campanile che poggiano sui mosaici dell’epoca di Teodoro (inizi del IV secolo).

Fanno parte del complesso anche il battistero, fatto costruire dal vescovo Cromazio nel IV secolo, e la Südhalle, la stanza a sud del battistero, dove si possono ammirare, grazie alla disposizione museale, più di 300 mq di pavimenti a mosaico databili tra la fine del IV secolo e l’inizio del V, tra cui lo splendido mosaico del Pavone, simbolo di immortalità e resurrezione.

Il Foro e il Porto Fluviale

Spostatevi poi al Foro, cuore della vita politica e sociale dell’Aquileia romana, costituito da una piazza circondata da edifici il cui primo nucleo risale al II secolo a.C. La piazza è circondata su tre lati da portici, sui quali si affacciavano numerose botteghe. Sul lato sud, invece, si trovava la basilica civile, una grande costruzione di età augustea con funzioni giudiziarie e amministrative.

Il sito è delimitato dal decumano di Aratria Galla, una delle strade principali, che prende il nome dalla cittadina di Aquileia che nel I secolo d.C finanziò la pavimentazione.

Degni di nota anche il Ciclo di Ammone e Medusa, una serie di bassorilievi che decoravano l’architrave del portico, e l’Iscrizione di Tito Annio, del II secolo a.C che riporta il nome del triumviro che arrivò ad Aquileia nel 169 a.C con un nuovo contingente di coloni.

Da non perdere il Porto fluviale, uno degli esempi meglio conservati del mondo romano, che sorgeva sul fiume Natisone e costeggiava la città a est. Qui si possono vedere i resti delle banchine, con alcune postazioni incise per il gioco, a cui si dedicavano i marinai durante le pause, gli anelli di ormeggio, i magazzini per lo stoccaggio delle merci e quel che rimane della cinta muraria, che in alcuni tratti arrivava fino a tre metri.

Potete percorre il tragitto tra la Basilica e il Porto Fluviale camminando lungo la Via Sacra, una passeggiata all’ombra dei cipressi costruita negli anni Trenta del Novecento con la terra degli scavi del porto.

…scopri i MUSEI e i piatti tipici di Aquileia nella 2° pagina…

I musei di Aquileia

Imperdibili i due musei che consentono di avere un quadro più completo del sito archeologico e dell’importanza di Aquileia. Il Museo Archeologico Nazionale  “racconta” attraverso reperti, iscrizioni, epigrafi e monumenti la storia della città dalle fasi precedenti alla sua fondazione al culmine della sua ricchezza, in età imperiale.

Il percorso di visita inizia a piano terra, con uno sguardo d’insieme alle opere più iconiche della collezione. Si prosegue poi al primo piano, dove si trovano tre sezioni tematiche: la domus e lo spazio privato, Aquileia porta del Mediterraneo, il territorio e le attività produttive. Lungo la scala, poi, si possono vedere i volti degli antichi abitanti di Aquileia, che accompagnano idealmente il visitatore. Nello spazio esterno, invece, si trovano le Gallerie Lapidarie, con iscrizioni e monumenti funerari e una splendida collezione di mosaici.

Vale una sosta anche il Museo Paleocristiano  che custodisce i resti della Basilica e dei mosaici emersi nel corso degli scavi, alcuni provenienti anche dalla basilica paleocristiana del Fondo Tullia alla Beligna e l’intera raccolta delle epigrafi paleocristiane di Aquileia.

Le residenze romane, i mercati e la necropoli

Fanno parte dell’area archeologica anche alcune aree esterne al nucleo centrale di Aquileia. Fuori dal più antico perimetro murario si trova il cosiddetto Fondo Cal, che conserva le vestigia di un quartiere residenziale dell’Aquileia repubblicana.  I resti appartengono a diverse abitazioni, databili tra il I e il IV-V secolo d.C).

Tra questa c’è la cosiddetta Domus Est, un complesso che include la Casa della Corte Colonnata, la Casa del Dioniso e la Casa delle Piccole Terme. La Domus Ovest, invece, o “Casa dei mosaici bianconeri”, risale all’età augustea e si articola su un peristilio interno composto da più ambienti separati da corridoi.

Fiore all’occhiello del sito è il Mosaico del Buon Pastore, che decora un’aula absidata situata nella zona settentrionale del Fondo Cal, e che raffigura, oltre al simbolo cristiano, anche delfini, pavoni, anatre, pesci e busti maschili e femminili.

Vicino all’angolo sud est delle mura repubblicane si trova invece l’area archeologica del Fondo Cossar, riportata alla luce negli anni Cinquanta. Comprende i resti di circa due o tre abitazioni romane, con numerosi mosaici e pavimentazioni risalenti agli ultimi decenni di I secolo a.C e fino agli inizi del I secolo d.C. Tra queste c’è la Domus di Tito Macro che si estende per circa 1500 mq, che si sviluppa attorno a uno spazio centrale scoperto e include diversi ambienti e persino delle botteghe.

Nei pressi della basilica cristiana costruita dal vescovo Teodoro si sviluppa invece, il Fondo Pasqualis Mercati, costituito da un grande magazzino e tre aree pavimentate. Il magazzino, demolito nel Settecento, comprendeva arcate cieche alte 20 metri e una corte centrale con porticati in legno per ospitare le merci.

Fuori dalle mura di Aquileia si trova infine il Sepolcreto, una necropoli costituita da cinque recinti funerari disposti lungo una strada secondaria che usciva dalla città. I recinti risalgono al I secolo d.C e vennero utilizzati fino al V dalle principali famiglie della città.

In tavola la tradizione friulana

La parte del leone dei prodotti tipici da non perdere durante una visita ad Aquileia la fa il rinomato Prosciutto di San Daniele Dop, da consumare da solo come antipasto o accompagnato con melone o fichi. Tra gli altri salumi della tradizione troviamo anche  il salam tal aset, il salame fresco cotto nell’aceto e nelle cipolle.

Tra i primi piatti, oltre alla polenta, troviamo i risotti, oppure la pasta di orzo e fagioli e i cjarsons, i deliziosi gnocchi ripieni originari della Carnia, il cui contenuto varia da zona a zona, ma la cui costante è una nota dolce, che può essere data da marmellate, prugne o cannella.

Il piatto friulano per eccellenza è il frico con polenta, un formaggio cotto in padella con patate o cipolle.

Si contende la palma di piatto friulano per eccellenza con il muset e bruade, un cotechino a base di carne di muso di maiale servito con rape viola tagliate a strisce e messe a marinare nelle vinacce prima di essere cotte. Tra i secondi troviamo piatti di selvaggina, da accompagnare con la polenta, in tutte le sue varianti. Ottima anche con la trippa.

Tra i dolci, invece, da non perdere il tiramisù, che è nato proprio in Friuli, e la gubana, tipica della Valli del Natisone, a base di pasta lievitata e ripiena di noci, uvetta, pinoli, scorza di limone e un goccio di grappa, dalla caratteristica forma a chiocciola.

COME ARRIVARE

In auto: A4 Venezia – Trieste o A23 Tarvisio-Udine con uscita Palmanova, che dista circa 17 km da Aquileia. Prendere poi la SR 352 e, per entrare in centro, la via Julia Augusta fino a piazza Capitolo.

DOVE MANGIARE

 *Antica Aquileia, via Bertrando di Saint Genies 2, Aquileia (UD), tel 0431/918825, ristorante pizzeria a pochi passi dall’area archeologica e dal centro. Offre piatti di carne e di pesce, tagliere di salumi tipici, pizze ai cereali e un curioso menù romano con rivisitazione di piatti d’epoca.

*La Capannina, via Gemina 10, Aquileia (UD), tel 0431/91019, www.ristorantelacapannina.net Ristorante di pesce con pescato di stagione e sempre fresco, tra cui pesce spada affumicato, baccalà mantecato, cappe sante e polpo in salsa di limone. Per secondi, grigliate di pesce e pesce al forno.

*Locanda Aquila Nera, Piazza Garibaldi 5, tel 0431/91045. Offre piatti tipici della cucina friulana accompagnati da vini Doc della zona. Anche pizza.

DOVE DORMIRE

*Hotel Patriarchi***, via Giulia Augusta 12, Aquileia (UD), tel 0431/919596, https://visitaquileia.com/it/hotel-patriarchi. Censito come locale storico dalla Regione Friuli Venezia Giulia, dispone di 23 camere con bagno privato, TV, minibar e wifi gratuito. In posizione strategica vicino al complesso della basilica.

*B&B Casa del Neri, via XXIV Maggio 18, Aquileia (UD), tel 0431/91171. Raffinata struttura di campagna a soli 5 minuti a piedi dal Museo Archeologico. Le camere hanno le pareti in pietra a vista e il soffitto a travi, mentre le suite sono provviste anche di angolo cottura. La colazione è servita in un elegante lounge.

INFO

www.visitaquileia.com

www.turismofvg.it