Su e giù per l’Italia: viaggio goloso per augurarvi un “dolce” 2023 !

di Cesare Zucca —-

Capodanno: dal Nord al Sud si celebra l’arrivo del 2023 con i tradizionali brindisi e i tipici dolci della tradizione gastronomica italiana.
Siete pronti per il nostro dolcissimo viaggio “gourmet” ?
Si parte!

Befanini toscani  e “pinsa de la rantega” veneziana
In Toscana l’arzilla vecchietta si autofesteggia con i befanini, colorati biscottini di pasta frolla a forma di calza, ricoperti di granula colorata, mentre a Venezia, dove è chiamata “marantega”, ama gustare la “pinsa de la marantega”, un pane dolce con uvetta, grappa, fichi secchi, pinoli e arancia candita. La storia racconta che i contadini veneti la riponevano, ricoperta dalle foglie di cavolo, sotto i carboni ardenti dei falò che festeggiavano l’Epifania.

Befanini toscani e pinsa veneta

Torrone, Cremona
Diffuso in tutta Italia, da quello di Alba a quelli tipici sardi e siciliani.
Il più celebre è lo Sperlari, il cui leggendario forno, attivo dal 1836, serviva illustri personaggitra cui la Regina Madre Margherita e il Principe di Piemonte Umberto

Panforte, Siena
Agguerrito antagonista del torrone, è un dolce di forma circolare, basso e compatto, dal forte sapore di spezie e di frutta candita,
Miascia, Lombardia
Dolce povero, che riutilizza il pane secco ammollato nel latte e impastato con uova, frutta. La ricetta antica si è aggiornata di nuovi ingredienti come scorze di agrumi, polvere di cacao, fichi secchi, liquore e amaretti, fino ad arrivare a erbe aromatiche, come la menta della Valsassina.

Miascia lombarda

Cavallucci, Siena
Nati intorno al XVI secolo, derivano dagli antichi pepatelli, mentre il nome “morsetti” evoca le antiche stazioni di posta e i corrieri che facevano largo uso di questi buonissimi dolci.
Parrozzo, Pescara
Si presenta come una perfetta semisfera di fine cioccolato fondente che intrappola un vivace interno giallo. Un dolce così seducente da conquistare perfino Gabriele d’Annunzio che gli ha dedicato un sonetto.

Il parrozzo , dolce preferito da Gabriele D’Annunzio

Flantze, Val d’ Aosta
Tradizionale pane lavorato con zucchero e arricchito da uvetta, mandorle, noci e scorza d’arancia candita
Cicirata, Sud Italia

Tipico dolcetto del Capodanno meridionale, formato da palline di pasta fritta e decorata con miele, confettini colorati e frutta candita. In ogni regione ha un nome diverso: “turdiddi ”, in Calabria , “cicerchiata” in……….. “struffoli”. in Campania e Sicilia.
Da anni è emigrato in Argentina, dove li chiamiamo “borrachitos”

Struffoli

Pan Speziale, Bologna
Durante il Medioevo furono gli antichi speziali, i farmacisti del tempo, i primi a creare la torta arricchendola di spezie, canditi e frutta secca. L’eredita culinaria passò ai frati della Certosa di Bologna, i cui dolci conquistarono anche papa Benedetto XIV. Oggi è il dolce tradizionale delle famiglie bolognesi per festeggiare l’Anno Nuovo e Bologna , con questo tripudio di ingredienti, conferma il suo appellativo “La Ghiotta”

Pan speziale bolognese

Baicoli, Venezia
Ci riportano agli splendori della Serenissima, all’eleganza delle pasticcerie, alla mondanità dei caffè più esclusivi,. Oggi si gustano con il tè o il caffè, ma c’è chi li preferisce accompagnati con un dolce moscato, contornati dallo zabaione.

Baicoli

Pabassinas, Sardegna
Grossi biscotti preparati con un impasto di pasta frolla, uva passa, mandorle, noci, scorza di limone grattugiata, miele. Altre varianti prevedono l’aggiunta di vaniglia o cannella.
Pangiallo, Roma
Dessert che ha la sua origine nell’antica Roma, dove era usanza distribuire questi dolci dorati, durante la festa del solstizio d’inverno, per ingraziarsi il ritorno del sole.
Lo si ottiene tramite un impasto di frutta secca, miele e cedro candito, portato a cottura e ricoperto da una pastella d’uovo

Pangiallo romano

Pitta Mpigliata, Cosenza
Tipico dolce calabrese, nato nel 1728 a San Giovanni in Fiore , dove veniva a preparato soprattutto per le cerimonie nuziali. Molto diffuso in provincia di Cosenza.
Roccocò, Napoli
Ciambelline croccanti all’esterno e morbide all’interno Si narra che siano nati nel 1320 per opera di alcune monache del Real Convento della Maddalena di Napoli.

Roccocò

Carteddàte Al Vincotto, Puglia
Il nome significa “incartocciate” secondo la loro tipica forma arabesca, altre ipotesi ci portano nell’antico Egitto, dove pare fossero riservate ai Faraoni. Solitamente le cartellate si gustano intrise nel vin cotto, ottenuto dalla uve pugliesi Malvasia e Negramaro.
Buccellati, Sicilia
I dolci di natale siciliani per eccellenza, a base di pasta frolla con un ricco ripieno di mandorle o fichi secchi. Vi sono quelli semplici con un po’ di zucchero a velo e quelli decorati con glassa e zuccherini colorati. Più Sicilia di così!

Buccellati siciliani

RICICLARE TUTTO L’ANNO….
Ogni anno le festività portano in tavola una valanga di panettone e pandoro, e spesso avanzano… nessuna migliore occasione per creare un dolce “no waste” e recuperarli per ottenere piatti deliziosi.

Il panettone avanzato
“Pain perdu”
E’ una ricetta di origine francese nata per riciclare il pane secco avanzato, applicabile anche al panettone avanzato dalle feste natalizie. Basterà tagliarlo a fettina e farlo grigliare su una pentola antiaderente ben calda, potete gustarlo al naturale oppure accompagnato da marmellate, sciroppo d’acero, miele, Nutella, frutti di bosco o una cucchiaiata di gelato alla vaniglia. Très chic!

Panettone pain perdu

Panettone “salva gola”
E’ una tradizione lombarda mangiare il 3 febbraio, giorno di San Biagio, una fetta di panettone avanzato dalle feste natalizie
come auspicio per allontanare possibili mal di gola. La leggenda narra che il Santo avesse compiuto un miracolo: a un giovane morente a causa di una lisca che gli si era conficcata in gola, gli fece ingoiare della mollica di pane che rimosse la lisca e lo salvò. Da allora S. Biagio  è considerato il protettore della gola.

Il pandoro avanzato
Anno Nuovo! Lasciatemi essere un “top Chef”…
Scherzo naturalmente, ma ho trovato un modo semplicissimo per riutilizzare il pandoro avanzato…

Pandoro al mascarpone, zucchero a velo, arancia candita e, se volete propro esagerare. una spuzzata di cacao amaro…

Basta tagliarlo a stella, abbrustolirlo in forno per qualche secondo, aggiungere una scorza di arancia  candita e cospargerlo di “zabaja”, una meravigliosa crema zabaglione inventata dal celebre Maestro Pasticcere Fabrizio Galla  la cui carriera è costellata di premi internazionali e la sua  “Torta Jessica”, vincitrice a Lione del “Trofeo Miglior torta” nella Coppa del Mondo della Pasticceria a Lione.

“Jessica”  Il nome viene dal celebre personaggio dei cartoon Jessica Rabbit, complice il tema della competizione lionese di quell’anno che aveva per protagonista Roger Rabbit.

“Jessica” è diventata un’icona e protagonista ancora oggi della sua pasticceria.
Come i sette vizi capitali…. Jessica ci regala sette strati di piacere: la glassa al cacao, crema tiramisu, caramel mou, mango, frutto della passione e vaniglia di Tahiti, cremoso al gianduja, mousse di cioccolato fondente Santo Domingo 72%,pan di spagna al cioccolato, cialda croccante alla nocciola del Piemonte e sale dell’Himalaya….

Ho incontrato Fabrizio Galla nel suo nuovo shop nel cuore di Milano

Fabrizio Galla

Buongiorno Fabrizio, il suo primo ricordo di un dolce?
Sono figlio di ristoratori, i miei gestivano una trattoria storica datata 1785 e mio zio aveva un enorme forno di panetteria dove c’era la cosidetta “stufa”, un grande spazio dalla temperatura mite che veniva usato per mantenere certi prodotti e dove mi piaceva rifugiarmi con i miei fratellini o con gli amici.
Entra un Vip nella sua pasticceria. Quale dolce consiglierebbe a…
Giorgia Meloni…
La mia torta Jessica, nome femminile, carattere deciso
Harry e Megan…
Senza dubbio un “ welcome ” con un simbolo milanese: il panettone
Matteo Berrettini…
Per un campione di tennis qualcosa energetico: un vasetto della mia crema zabaglione Zabaja
Loredana Bertè…
Un mix di piccola pasticceria, estroso e un po’ rock, direi perfetto per una personalità eclettica.
Giorgio Armani…
Qualcosa di raffinato, per esempio un’elegante scatola con una selezione della mia “confetteria moderna” agli aromi di frutta fresca, lampone, mandorla, frutto della passione e mango e di cui ne ho parlato anche in un manuale dove ho condiviso ricerche, tecniche e sperimentazioni in materia di confetteria.

Il libro sulla confetteria e il logo di Fabrizio Galla: un simbolo di matrice azteca, civiltà precolombiana cui si fanno tradizionalmente risalire i primi utilizzi del cacao.

Il dolce è spesso protagonista anche al cinema. Il suo film preferito?
Ne ho due: “Chocolat” e “La Fabbrica di Cioccolato”, ambedue con Johnny Deep
Una città che ha nel cuore?
(sorride) Anche qui ne ho due, la mia “culla” di San Sebastiano da Po, in provicia di Torino e San Francisco, dove ho abitato due anni e che reputo una città  veramente “gourmet”, egregiamente preparata a livello gastronomico. Ho un bellissimo ricordo proprio nella base di Facebook dove ho presentato la mia “Jessica” e subito vendute 300!
Un dolce ineguagliabile?
Non ho dubbi, il bonet, o alla piemontese “bunet”, di nonna Olga.

Un panettone di Galla con pere e cioccolato

Con i migliori auguri di un nuovo anno sereno e … più dolce che mai!

CESARE ZUCCA
Travel, food & lifestyle.
Milanese di nascita, vive tra New York, Milano e il resto del mondo.  Per WEEKEND PREMIUM fotografa e racconta città, culture, stili di vita e scopre delizie gastronomiche sia tradizionali che innovative. Incontra e intervista top chefs di tutto il mondo, ‘ruba’ le loro ricette e vi racconta in stile ‘Turista non Turista’



I 10 dolci più calorici del mondo

Non mangiate quella torta! Almeno se siete a dieta…o, se proprio siete curiosi e golosi, cercate di limitarvi a un pezzettino piccolo, senza strafare. Perché questa settimana, nella nostra TOP 10, vi parliamo dei dolci più calorici del mondo, scegliendoli tra le specialità dei diversi paesi.

1.Deep-Fried Mars (Scozia)

Chi non ha mai assaggiato il Mars? Sì, proprio quelle barrette al cioccolato ripiene di caramello, biscotto e mou ricoperto di cioccolato. Di per sé è già un concentrato di calorie, ma in Scozia hanno trovato il modo di renderlo una vera e propria “bomba calorica”. Come? Ma immergendolo in una pastella e poi friggendolo in abbondante olio. Se volete provarne uno, dividetelo almeno in tre. A questo concentrato di zucchero e calorie, un posto d’onore nella nostra Top 10: le calorie per 100 grammi sono ben 600.

2. Kataifi (Grecia)

Dolce tipico della tradizione greca e mediterranea, la kataifi è una bomba calorica a base di pasta fillo tagliata in fili sottilissimi e ingarbugliati, che viene poi farcita con noci tritate, burro, zucchero, cannella e chiodi di garofano. Arrotolando il tutto si ottengono dei dolcissimi involtini, che vengono poi cosparsi di burro fuso, cotti al forno e, come se non bastasse, irrorati con uno sciroppo a base di miele. Qui si viaggia sulle 390 kcal ogni 100 gr.

3. Jalebi (India e Pakistan)

Fa ingrassare solo a guardarlo! Il Jalebi è un dolce della tradizione indiana diffuso anche in Pakistan e Sri Lanka. Sono anelli di pasta dalla forma circolare, che dopo una prima frittura vengono rifritti per dare loro la tipica consistenza, gommosa all’interno e più croccante all’esterno. Dopo la seconda frittura, viene conferito alle ciambelline il tipico colore lucido immergendole nello zucchero a velo che viene poi cristallizzato, a cui si può aggiungere, a piacere, acqua di rose, succo di limone o altri aromi. Le calorie? Anche qui si viaggia sulle 300 per 100 gr.

4. Churros (Spagna)

Gli Spagnoli, in particolare i madrileni, li consumano allegramente a colazione. Cosa che il nostro “cappuccino e brioche” è cosa da principianti. I churros sono frittelle allungate di pasta leggermente salata, che viene fritta nell’olio bollente, poi insaporite con zucchero e cannella. Si mangiano calde, meglio se immerse nella cioccolata calda. Una sola, di circa 26 gr, vi regala 116 calorie. Meglio non andare sui 100 gr, quando le calorie diventato ben 447.

5. Cassata siciliana (Italia)

Alzi la mano chi non si è mai fatto tentare da una fetta di cassata, il dolce tipico siciliano conosciuto in tutto il mondo. Ne esistono diverse varianti, ma tutte ugualmente caloriche! Si tratta di un involucro di pan di Spagna ripieno di ricotta di pecora, zucchero, cioccolato fondente e arance candite. Il tutto ricoperto da una glassa di pasta di mandorle, da cui prende il nome, che può essere decorata con frutta candita, perline di zucchero e tutto quanto la fantasia suggerisce. Le calorie? 283 per 100 gr. Ma mangiarle così poca è pressoché impossibile!

6. Kladdkaka (Svezia)

Il suo nome, in svedese, significa letteralmente “torta appiccicosa”. Si tratta di una torta dall’impasto simile a quello dei brownie, con farina, uova, zucchero, burro e cacao, ma senza lievito, per renderla più compatta. Viene cotta per 15 minuti a 180° affinché mantenga una consistenza più morbida all’interno e più croccante all’esterno. Si serve accompagnata da panna montana, crema alla vaniglia, gelato o crema di frutta. Il tutto per 393 calorie per una fettina da 100 gr.

7. Torta della Foresta Nera (Germania)

Si dice che sia stata inventata attorno al 1930 nello stato tedesco del Baden-Wurttenberg e che sia un omaggio all’estesa foresta che ricopre buona parte del territorio. Questa deliziosa bomba calorica è composta da strati di pan di Spagna, bagnati di rum o con il Kirschwasser, un liquore alla ciliegia simile al brandy, farciti, tra uno strato e l’altro, di crema chantilly o panna e ciliegie candite. E, come se le calorie non fossero abbastanza, viene ulteriormente ricoperta su tutti i lati con un’altra abbondante dose di panna montata e poi decorata con scaglie di cioccolato e ciliegie candite. Mangiandone 100 grammi si assumono 240 calorie.

8. Torta Dobos (Ungheria)

Il suo nome è un omaggio al pasticcere ungherese Jozsef Dobos, che la inventò nel 1884 e la presentò per la prima volta all’esibizione nazionale di Budapest nel 1885. I primi ad assaggiarla in assoluto furono l’imperatore Francesco Giuseppe e la sua consorte, la celebre principessa Sissi.  Questo dolce si compone di sei strati di pan di Spagna, farciti con burro e crema di cioccolato e poi ricoperta da uno strato di caramello. Sui bordi, invece, viene passato uno strato di nocciole macinate, noci, mandorle e castagne. Le calorie per 100 gr sono ben 372.

9. Tarte Tropezienne (Saint Tropez, Francia)

Questo dolce, la cui ricetta è depositata e “segreta”, è tipica di Saint Tropez ed è stata inventata dal pasticcere di origine polacca Alexandre Micka, importando in Francia una ricetta di sua nonna. Si compone di dischi di pan brioche, zuccherati e aromatizzati ai fiori d’arancio, e farciti con un misto di tre creme diverse, tra cui una pasticcera e una al burro, a cui si aggiungono delle meringhe. Il nome, invece, si dice che sia stato suggerito da Brigitte Bardot, che l’assaggiò durante le riprese del film “Et Dieu…créa la femme”, nel 1955. Una fettina da 100 grammi vi regala 354 calorie.

10. Mississippi Mud Cake (Stati Uniti)

Letteralmente si chiama “Torta di fango del Mississippi” perché colore e consistenza ricordano quello delle sponde fangose del fiume. Per gli amanti del cioccolato, invece, si tratta di una tentazione irresistibile. Da 350 calorie ogni 100 grammi. La Mud Cake si prepara con cioccolato fondente al 60%, con una crosticina più croccante all’esterno e un impasto che rimane più morbido all’interno. Si può anche farcirla o ricoprirla di crema o panna montana per renderla ancora più golosa. E calorica.




20 dolci italiani per una Pasqua davvero…buona!

I dolci di Pasqua per eccellenza sono le uova di cioccolato e la colomba. Donare uova a Pasqua, infatti, era in uso fin dal Medioevo. Esse rappresentavano infatti la risurrezione di Cristo dal sepolcro. La colomba, invece, nella tradizione cristiana è un simbolo di pace e speranza nel futuro.

La colomba pasquale ha le sue origini nella pasticceria lombarda ed è ottenuta dalla fermentazione di una pasta acida, a cui si aggiungono canditi, mandorle e una glassa a base di albume, zucchero, granella di zucchero e mandorle, intere o a scaglie. Dalla Lombardia, poi, la colomba si è diffusa in tutta Italia. Ogni regione, tuttavia, ha la tradizione e i suoi dolci. Vediamo allora di tracciare…una dolce geografia pasquale!

Buona Pasqua…al Nord!

Cominciamo con la Valle d’Aosta, dove a Pasqua si prepara il Mecoulin, una versione regionale del panettone a base di farina, zucchero, uova e panna. Ha una lievitazione di 15 ore e viene infine cotto e glassato con un mix di acqua e miele. Si può gustare da solo, oppure guarnito o farcito con crema pasticcera, panna o cacao.

In Piemonte, invece, in tavola ci sono le ciambelle pasquali, preparate con un impasto di farina, burro, zucchero che dopo la lievitazione viene arricchito con anice, pinoli e limone. Dopo aver ricavato la forma delle ciambelle, i dolci vengono prima immersi nell’acqua bollente, poi cotti al forno, da cui escono profumate e fragranti. Da gustare con un bicchiere di spumanti.

Andiamo poi in Trentino Alto Adige, dove tra i dolci tradizionali troviamo la Corona Pasquale. Si tratta di un impasto di farina, zucchero, burro, uova, zucchero e latte, che viene impastato, intrecciato e disposto a corona. Dopo la cottura al forno, la corona viene abbellita con uova colorate o di cioccolato.

Se la Lombardia è la madre patria della Colomba, non è il solo dolce tradizionale legato alla Pasqua. Dalla zona del Lago di Como, infatti, la Resca, che si consuma la Domenica delle Palme. Questa elaborata focaccia dolce prevede ben tre impasti a base di acqua, farina e lievito a cui vengono aggiunti burro, uvetta e canditi. Dopo un’ulteriore lievitazione viene dato al dolce una forma arrotolata, si lascia lievitare un’ultima volta, poi la si cuoce nel forno. Si consuma così, oppure farcita con crema o cioccolato.

Spostandosi in Friuli Venezia Giulia, troviamo la Pinza pasquale, che dalla città di Trieste si è diffusa in tutta la regione. Anche qui la base è molto simile: si impastano farina, zucchero, burro, 6 uova e 2 albumi, poi si sottopone la Pinza a una doppia lievitazione e, prima di cuocerla al forno, si aggiunge un bicchierino di rum per aromatizzarla.

Andiamo poi in Veneto, dove il più antico dolce pasquale è la fugassa. Si prepara con farina, burro, zucchero e lievito, arricchiti con mandorle e vaniglia. Viene lasciato lievitare per molte ore, poi spennellato con albume d’uovo e cotto al forno.

In Emilia Romagna i dolci di Pasqua sono i più vari. In Romagna, per esempio, si prepara la Zambela, che può essere tradotto con “ciambella”, ma in realtà è una specie di pane dolce…senza buco! Si ottiene da un impasto di farina, lievito, uova, latte e strutto, che viene cotto e guarnito con granella di zucchero. Esistono diverse versioni con canditi, marmellata o miele. Si consuma intingendola nel latte o nel vino.

Il viaggio tra le regioni del Nord termina il Liguria, dove dalla provincia de La Spezia si sono diffusi in tutta la regione i Cavagnetti, ottenuti da un impasto di farina e lievito, a cui vengono aggiunti burro, zucchero e anice. Dopo aver lasciato lievitare la pasta, la si suddivide in piccole porzioni e si dà loro una forma a cestino. Una volta cotti, si dispone al suo interno un uovo colorato.

Dolce Pasqua…al Centro

Passiamo ora alle regioni del Centro. In Toscana si festeggia la Pasqua con la schiacciata, un dolce della tradizione povera, la cui ricetta tradizionale arriva dalla provincia di Pisa. Si prepara con la pasta di pane, a cui si aggiungono burro e zucchero. Si lascia lievitare, poi si aggiungono anche semi di anice bagnati nel succo d’arancia, scorze di limone, mezzo bicchiere di sambuca e un paio di cucchiaini di vin santo.

La tradizione pasquale nelle Marche è la Pizza pasquale, nata nella zona di Camerino e poi diffusasi in tutta la regione. Si prepara con la base di pasta di pane, a cui si aggiungono uova, zucchero e burro. Dopo la lievitazione, si mettono anche uvetta, canditi e un cucchiaio di maraschino. Una volta cotta, diventa una focaccia dolce molto morbida, che viene glassata con zucchero e albume montano a neve.

Dall’Umbria arriva sulle tavole di Pasqua il Torcolo, un ciambellone che si ottiene da un impasto di farina, uova, latte e zucchero, a cui vengono aggiunti uvetta, canditi, pinoli, anice e scorza di limone. Si può anche dare alla pasta un colorito rosato aggiungendo qualche cucchiaino di alchermes. Dopo averlo cotto in forno, si glassa con zucchero e albumi montati a neve e bastoncini colorati di zucchero.

Nel Lazio ogni provincia ha il suo dolce, ma alcuni sono diffusi in tutta la regione. Per esempio, in Ciociaria troviamo la pigna dolce, un pane a cui si aggiungono canditi, uvetta, vaniglia e un mix di spezie, soprattutto cannella e anice. In provincia di Viterbo, invece, si prepara la Pizza di Pasqua, a base di un impasto di pane, ma con molte uova, alta e soffice, che viene cotta nel forno a legna dopo essere stato messo a lievitare e rimpastato più volte per diversi giorni.

I dolci di Pasqua al Sud

Il nostro “dolce” viaggio continua tra le regioni del Sud. In Abruzzo, tra gli altri, si preparano i Cavalli e le Pupe, biscotti di pasta frolla a cui si possono aggiungere cacao e mandorle tritate. Al loro interno nascondono un uovo sodo. I biscotti venivano poi donati ai bambini: ai maschietti il cavalluccio, alle bambine la bambolina. Un altro squisito dessert di Pasqua sono i fiadoni, ravioli dolci ripieni di miele e ricotta, di cui esiste anche una versione salata.

In Molise si consuma invece la Treccia dolce, che si prepara con un impasto di farina e uova. Si lascia lievitare, poi si impasta una seconda volta con altre uova, burro, zucchero, olio e patate lesse schiacciate, per conferire una consistenza alta e soffice. Si aggiunge anche un cucchiaino di limoncello e scorza di limone per aromatizzare. La pasta viene poi composta in una lunga treccia e la si richiude a corona.

In Campania, il dolce di Pasqua per eccellenza è la celeberrima Pastiera. Ogni famiglia la prepara secondo la sua tradizione, ma, in genere, si parte da una base di pasta frolla preparata con lo strutto. Il ripieno di questa base di crostata viene preparato mescolando ricotta di mucca e di pecora, grano ammollato, scorza candita di cedro, acqua di fiori d’arancio, cannella, scorzette di arancio, limone e vaniglia. Alcuni aggiungono anche una conserva dolce alla zucca. La preparazione è lunga e laboriosa, ma il risultato è davvero sublime.

Andiamo quindi in Basilicata, dove a Pasqua il pasto si conclude con le pannarelle, cestini di pasta dolce intrecciata e chiusa a cerchio, che vengono poi riempite con uova di cioccolato e altre dolci, per la gioia dei bambini.

Assai simili sono le scarcelle che si gustano in Puglia, ottenute da una frolla a base di farina, zucchero, uova, olio, latte e scorza di limone a cui vengono date le forme più varie. Vengono sempre accompagnate da un uovo sodo.

Andiamo poi in Calabria, dove, tra i dolci di Pasqua, troviamo le pitte con niepita, favolosi ravioli dolci cotti al forno e ripieni con marmellata, cannella, cacao, liquore e noci tritate.

I dolci delle Isole

Il nostro viaggio alla scoperta delle dolci tradizioni pasquali termine nelle isole. Il Sicilia si prepara lo zuccotto pasquale, un vero e proprio “monumento” dalla forma di uovo, per preparare il quale si ricorre a uno stampo apposito. Lo stampo viene poi ricoperto con pan di Spagna bagnato nel Grand Marnier, a cui si aggiunge un ripieno di cioccolato, panna e canditi. Il tutto viene poi ricoperto con glasse di diversi colori o marzapane decorato con zucchero colorato o gocce di cioccolato.

Ultima tappa la Sardegna, dove si preparano le pardulas, o casadinas, dolcetti a base di pasta sfoglia preparata con farina e burro. Per il ripieno, a base di formaggio, ci sono diverse versioni. Uno di questi prevede pecorino, uova, strutto, zucchero, e scorza di arancio. Un’altra versione, invece, mescola ricotta, limone, uvetta e zafferano. Dopo essere stati cotti, si gustano caldi con una spolverata di zucchero a velo.




10 curiosità sulla Festa del Papà

Il 19 marzo, in Italia si celebra la Festa del Papà. Un modo carino per ricordare la figura dei padri e di festeggiarli condividendo momenti di affetto. A questa Festa, tuttavia, sono legate tante storie, tradizioni e molte curiosità. Quali ve le sveliamo noi.

1. Quando è nata la Festa del Papà

La ricorrenza è nata come “Festa del Papà” agli inizi del XX secolo per festeggiare i padri e la paternità in generale. La Festa nasce in concomitanza alla proclamazione di San Giuseppe come “protettore dei padri di famiglia e patrono della Chiesa universale”, nel 1871. Papa Leone XIII scriveva infatti: “In Giuseppe hanno i padri di famiglia il più sublime modello di paterna vigilanza e provvidenza; i coniugi un perfetto esemplare d’amore, concordia e fedeltà coniugale; i vergini un tipo e difensore insieme della integrità verginale. I nobili imparino da lui a conservare anche nella avversa fortuna la loro dignità e i ricchi intendano quali siano quei beni che è necessario desiderare. I proletari e gli operai e quanti in bassa fortuna debbono da lui apprender ciò che hanno da imitare».

Papa Leone XIII

2. La prima Festa del Papà

La prima volta in cui è stata festeggiata la festa del Papà fu il 5 luglio 1908 a Fairmont, nello Stato del West Virginia, negli Stati Uniti, presso la locale chiesa metodista. Tuttavia, si deve a Mrs Sonora Smart, all’oscuro dei festeggiamenti avvenuti a Fairmont, a sollecitare l’ufficializzazione di una ricorrenza dedicata ai papà. Ispirata da un sermone dedicato alla festa della mamma, ascoltato in chiesa, la signora Smart organizzò la Festa del Papà il 19 giugno del 1910 a Spokane, nello Stato di Washington, scegliendo la data del compleanno del proprio padre William Jackson Smart, un veterano di guerra due volte vedovo e che si occupò da solo di 14 figli!

Sonora Smart e suo padre William Jackson Smart

3. La data della Festa del Papà non è ovunque la stessa

La data della Festa del Papà varia da paese a paese. In quelli di tradizione cattolica, si celebra il 19 marzo, giorno di San Giuseppe. Nei paesi anglosassoni, soprattutto quelli del continente americano, come Canada e Stati Uniti, si festeggia la terza domenica di giugno. In altri paesi, invece, segue tradizioni e riti locali. In Russia, per esempio, coincide con la Festa dei Difensori della Patria e si celebra il 23 febbraio. In Thailandia, invece, coincide con il compleanno dell’amatissimo defunto sovrano Rama IX, il 5 dicembre.

Celebrazioni per il compleanno di re Rama IX in Thailandia

4. Il 19 marzo in Italia

In Italia la “Festa del Papà” si festeggia il giorno di San Giuseppe, così come in molti paesi di tradizione cattolica. La data del 19 marzo venne stabilita dalla Chiesa, che nel Martirologo Romano scrive in quella data: “Solennità di San Giuseppe, sposo della beata Vergine Maria: uomo giusto, nato dalla stirpe di Davide, fece da padre al Figlio di Dio Gesù Cristo, che volle essere chiamato figlio di Giuseppe ed essergli sottomesso come un figlio al padre. La Chiesa con speciale onore lo venera come patrono, posto dal Signore a custodia della sua famiglia».

5. San Giuseppe, un santo molto amato

Ancor prima della decisione ufficiale della Chiesa, San Giuseppe è stato oggetto di celebrazioni, per la prima volta, nel 1030 a opera dei monaci benedettini. Nel 1324 la tradizione è stata ripresa dall’Ordine dei Servi di Maria e, nel 1399 dai Francescani. A caldeggiarla furono poi papa Sisto IV e Pio V, mentre Gregorio XV la estese a tutta la Chiesa nel 1621.

Ritratto di Gregorio XV del Guarcino

6. Un giorno di vacanza o no?

Il giorno di San Giuseppe, fino al 1976, era considerato in Italia un giorno festivo anche con effetti civili, come il giorno di Natale o dell’Epifania. Un giorno di vacanza, insomma. Tuttavia, venne cancellato come tale con una legge il 5 marzo del 1977, rimanendo una ricorrenza solo religiosa. Tuttavia, in alcuni Stati è rimasto un giorno festivo a effetti civili.

Tra questi ci sono il Canton Ticino, in Svizzera, e in alcune province della Spagna. Nel 2008, poi sono stati presentati alcuni disegni di legge per ripristinare le festività soppresse agli affetti civili. Tra queste figurano l’Ascensione, il Corpus Domini, il giorno dei Santi Pietro e Paolo, il Lunedì di Pentecoste e il giorno di San Giuseppe. Tuttavia, non è stata presa ancora nessuna decisione a riguardo.

7. Festa del Papà, ma non solo

Nella tradizione popolare, San Giuseppe è anche il “papà” di chi il padre vero lo ha perso o non lo ha mai avuto, cioè degli orfani, ma anche delle giovani nubili con figli. In accordo con questa tradizione, in alcune zone della Sicilia si usa invitare i più poveri a pranzo.

Papa Francesco pranza con i più poveri

Un’altra tradizione vuole invece che il 19 marzo, in concomitanza con la Festa di San Giuseppe, si festeggia anche la fine dell’inverno con riti propiziatori. Per esempio, bruciando le sterpaglie sui campi da coltivare e concimandoli con la cenere, oppure accendendo grandi falò nelle piazze e divertirsi a saltarli con un salto.

8. Le Zeppole di San Giuseppe

Il dolce per eccellenza che si dona e si consuma in occasione della Festa del Papà sono le Zeppole di San Giuseppe, nate nel napoletano e poi diffuse anche nel resto di Italia. Si tratta di pasta choux ripiena di crema pasticcera e marmellata di amarene che possono essere fritte o al forno. Ne esistono anche varianti al cioccolato o con le ciliegie candite.

Ma da dove deriva la tradizione delle Zeppole. Una leggenda narra che San Giuseppe, dopo la fuga in Egitto con Maria e il piccolo Gesù per sfuggire alle grinfie di Pilato, si sia messo a vendere frittelle per mantenere la famiglia in un paese straniero.

9. Regione che vai, dolce che trovi

Non solo Zeppole. Esiste una vera e propria “geografia” dei dolci che si preparano in occasione della Festa di San Giuseppe. In Lombardia e in altre regioni del Nord, per esempio, si preparano i tortelli di San Giuseppe, palline di pasta choux fritte, che si possono gustare vuote e ricoperte di zucchero, oppure farciti con crema e cioccolato.

Tortelli di San Giuseppe

Nella provincia di Ferrara, invece, la farcitura è a base di ricotta, mentre in Emilia Romagna, dove prendono il nome di “raviola” si riempiono con marmellata o crema di castagne. A Galliate, in provincia di Novara, si prepara invece il gramolino, un panino dolce e morbido. In Toscana e in Umbria, invece si preparano le frittelle di riso, a base di riso cotto nel latte e aromatizzato con liquore o spezie. A piacere si possono aggiungere anche uva passa, canditi o vin santo.

Frittelle di riso

In Sicilia, invece, per San Giuseppe si mangiano le sfince, frittelle morbide ripiene di ricotta di pecora e scorze d’arancia. Nella zona di Catania, ma diffusi in tutta l’isola, si preparano le zeppole di riso, o crispelle, a forma di bastoncini con riso, miele e buccia d’arancia.

Sfince siciliane

10. La ricetta originale delle zeppole di San Giuseppe

La ricetta originale delle Zeppole di San Giuseppe risale al XVIII secolo. La prima volta, infatti venne “codificata” dal cuoco e letterato Ippolito Cavalcanti nel 1937, ma si dice che già queste frittelle dolci ripiene venissero preparate nell’antica Roma in occasione dei Liberalia. A Napoli, invece, sarebbe nata all’interno dei conventi, anche se la paternità è contesa tra quello di San Gregorio Armeno, il convento di Santa Patrizia, quello dello Splendore e quello delle monache della Croce di Lucca. Vi lasciamo la ricetta originale.

Ingredienti

Per la pasta

  • 300 gr di Farina
  • 6 uova
  • Mezzo litro di acqua
  • Zucchero a velo q.b.
  • 50 gr. di burro

Ingredienti per la crema

  • 2 uova
  • 100 grammi di zucchero
  • 80 grammi di farina
  • 50 cl di latte

Fate scaldare a fiamma media l’acqua con il burro e un pizzico di sale. Poi versate la farina setacciata e mescolate con una frusta fino a ottenere un impasto liscio e omogeno. Spegnete il fuoco, aggiungete le uova e continuata ad amalgamare. Lasciate riposare. Nel frattempo, preparate la crema pasticcera. Lavorate lo zucchero con i tuorli delle uova, aggiungete la farina setacciate, il latte e, a piacere, la scorza di limone. Mettete il recipiente sul fuoco e lasciate addensare mescolando spesso affinché non si formino grumi.

Mettete la pasta in una sacca da pasticcere e formate delle ciambelle. Friggete le zeppole, una alla volta, in olio ben caldo e fino a che non assumeranno un colore dorato. Scolatele, fatele raffreddare, quindi riempitele con la crema pasticcera nel centro. Mettete sopra un’amarena sciroppata e servite. Potete anche cuocere le zeppole al forno anziché friggerle prima di riempirle.

BUONA FESTA DEL PAPA’!




10 dolci di Carnevale della tradizione italiana da non perdere

Da secoli il Carnevale è simbolo di trasgressione, un periodo dell’anno sfrenato, in cui “ogni scherzo vale”, in cui gli “strappi alla regola” sono concessi prima del periodo di raccoglimento e penitenza che è la Quaresima. Quest’anno, a causa del Covid, quasi tutti i festeggiamenti sono stati cancellati o rimandati all’estate.

Non ci resta che consolarci con i dolci tipici della tradizione italiana, per portare la festa e la “trasgressione” a tavola, mettendo da parte la dieta. Sì, perché i dolci di Carnevale, sono fritti, sono zuccherosi, ma, soprattutto, irresistibili. Vi suggeriamo allora una Top 10 da non perdere!

1.Le Chiacchiere

Sono il dolce di Carnevale per eccellenza, che si consuma in tutta Italia, soprattutto il Martedì Grasso. In ogni regione hanno un nome diverso e sono conosciute anche come frappe, cenci, bugie, galani, grostoli o nastri. Si tratta di striscioline di pasta a base di farina, zucchero, uova a cui si può aggiungere anche un goccio di Marsala o di limone per aromatizzare, che viene fritta e cosparsa di zucchero a velo.

Le origini delle chiacchiere sono antichissime e risalirebbero ai tempi dei Romani, quando si preparavano in occasione dei Saturnali, la festa antesignana del Carnevale. Allora si chiamavano donen e si preparavano con un impasto semplice di acqua e farina, che veniva fritto nel grasso di maiale e poi cosparso di zucchero.

2. Le Castagnole

Contendono alle chiacchiere la palma di “dolce di Carnevale per eccellenza” le castagnole, palline di pasta delle dimensioni, appunto, di una castagna, che si preparano con farina, burro, scorza di limone, lievito e zucchero, anch’esse rigorosamente fritte in olio di semi e ricoperte di zucchero a velo.

Ogni regione, ma anche ogni famiglia, ha la sua variante. Possono essere preparate, per esempio, con la ricotta, la crema pasticcera, il rum o la sambuca. Per i più “virtuosi” c’è anche la versione al forno e vegana.

3. In Alto Adige il dolce di Carnevale è il Faschingskrapfen

Cominciamo ora con i dolci regionali. Una menzione speciale per i krapfen, o bomboloni, che ormai si sono diffusi in tutta Italia e si mangiano a colazione come nei giorni di festa. Tuttavia, la loro origine è in Alto Adige, dove sono chiamati Faschingskrapfen, cioè krapfen di Carnevale.

Queste delizie di pasta fritta e ripiena di crema pasticcera, cioccolato, marmellata oppure ottimi anche vuoti, si preparavano durante il Carnevale ma, evidentemente, erano così buoni che non solo si sono diffusi in tutta Italia, ma si mangiano indiscriminatamente tutto l’anno!

4. A Milano il Carnevale Ambrosiano si festeggia con i laciàditt

Il Carnevale Ambrosiano dura ben quattro giorni più del Carnevale nel resto d’Italia. Si conclude infatti la domenica successiva al Mercoledì delle Ceneri. Il dolce tradizionale del Carnevale milanese sono gli squisiti laciàditt, una sorta di bigné fritti il cui impasto viene arricchito con pezzetti di mele a cui si aggiunge anche una variante con l’uvetta.

5. Da Venezia ecco le fritole

Anche il Carnevale di Venezia, unico al mondo per la sua spettacolarità, ha il suo dolce tipico. Si tratta delle fritole, deliziose frittelle a base di farina, uova, zucchero, uvetta, latte e rum, che vengono poi ricoperte di zucchero semolato. La loro origine è storica.

Sono infatti nate all’epoca della Serenissima e fino all’Ottocento venivano preparate direttamente in strada dai fritoleri su grandi tavolate di legno e fritte in enormi padelle. Anche il nome di questi deliziosi dolci ha il suo perché. Le mamme e le nonne veneziane, infatti, erano solite appellare i bambini monelli con il termine “Fritola” e, siccome il Carnevale è la festa degli scherzi e delle marachelle, il nome è passato ai dolci.

6. Schiacciata e berlingozzo, i dolci del Carnevale toscano

In Toscana il dolce tipico del Carnevale è la schiacciata fiorentina, una torta soffice e cotta al forno che si prepara con farina, uova, zucchero, lievito di birra, strutto e succo di arancia, che conferisce un delizioso aroma all’impasto. Il dolce viene poi decorato con il giglio, simbolo della città di Firenze. Originaria del Chianti, la schiacciata si è poi diffusa in tutta la regione.

Le contende la palma di dolce carnevalesco il berlingozzo, un ciambellone morbido anch’esso dalle origini molto antiche. Il suo nome deriva infatti da berlingaccio, termine con cui nel Quattrocento veniva indicato il Giovedì Grasso. A sua volta, il termine si rifà al verbo berlingare, cioè divertirsi, gozzovigliare, tipico del Carnevale.

7. Nelle Marche a Carnevale si mangiano gli arancini

Ebbene sì! Esistono anche gli arancini marchigiani. E sono un dolce tipico del Carnevale, naturalmente fritto. Il nome deriva dalle bucce di arancia che vengono utilizzate tra gli ingredienti, che sono farina, latte e uova. Si ottiene poi una sfoglia sottile che viene arrotolata e tagliata a rondelle per assumere la forma di una girandola. Una volta fritta, viene poi ricoperta di zucchero semolate e bucce di arancia.

8. La Cicerchiata, delizia del centro Italia

Diffusa soprattutto nelle Marche, in Umbria e in Abruzzo, la cicerchiata deve il nome al suo aspetto, simile a quello dei ceci. Si tratta infatti di palline di pasta preparate con farina, burro, zucchero, buccia di limone, un goccio di mistrà, un liquore tipico dell’Italia centrale, che vengono fritte e poi ricoperte di miele e codette di zucchero colorato. Una golosità irresistibile, a cui la sua inconfondibile forma contribuisce a creare l’effetto “uno tira l’altro”.

9. Il Carnevale in Sicilia con la Pignolata e le Teste di Turco

I dolci siciliani sono famosi in tutto il mondo, tra cannoli, cassate e frutta martorana. Nel periodo di Carnevale, invece, si magia la Pignolata, la cui origine risalirebbe alla dominazione spagnola. Si tratta di palline di pasta fritta, dalla forma di piccoli gnocchetti, ricoperti di glassa al cioccolato e al limone.

Quando vengono serviti, assumono la forma di una pigna, da cui il nome. Nella zona di Scicli, invece, si gustano le Teste di Turco, dei bigné ripieni di crema pasticcera.

10. Cattas e orilletas sono i dolci del Carnevale in Sardegna

Il nostro viaggio alla scoperta dei dolci di Carnevale termina in Sardegna dove nel periodo più folle dell’anno si gustano le cattas, frittelle di grano duro dalla caratteristica forma a spirale. Il loro sapore inconfondibile è dato dalla scorza di arancio, che viene aggiunto all’impasto. Questo, poi, viene tuffato direttamente nell’olio bollente attraverso un imbuto o un sac-à-poche, “disegnando” la tipica forma a spirale.

Un altro dolce tipico del Carnevale sardo sono le orilletas, sfoglie di semola di grano duro aromatizzate all’arancia che vengono fritte e ricoperte di miele e si sciolgono letteralmente in bocca in tutta la loro fragranza.




Il Flan de Calabaza, buone feste da Cuba!

Il nostro viaggio tra i dolci delle feste nel mondo continua a Cuba, dove ancora una volta la protagonista della tavola di questo periodo è la zucca, ma in maniera del tutto diversa dalla Pumpkin Pie inglese. Il dolce più popolare durante il periodo che va da Natale a Capodanno, nell’isola caraibica è infatti il flan de calabaza, un mix di sapori le cui origini risalirebbero addirittura all’antica Roma. Qui, infatti, i cosiddetti flan erano molto popolari e si preparavano spesso grazie alla grande disponibilità di uova.

Da Roma la tradizione si perpetua nei secoli e si mescola con la cucina spagnola, africana e caraibica. Oggi, non esiste un Flan de Calabaza unico, ma tantissime varianti, a seconda della città, della regione o, addirittura, della tradizione familiare. Tutte le ricette, però, concordano di consumare il Flan de Calabaza accompagnato da un buon bicchierino di rum! Ecco, allora, la nostra ricetta. Mettetevi alla prova per sorprendere i vostri ospiti con un dolce gusto cubano.

LA RICETTA: Flan de Calabaza

Ingredienti (per 6/8 persone) – 500 gr di polpa di zucca, 250 gr di zucchero, 600 ml di latte fresco, 4 uova, qualche goccia di estratto naturale di vaniglia

Preparazione – Tagliare la zucca a fette di circa 2 cm e cuocerla a vapore (7-10 minuti in pentola normale). Mettere tre cucchiai di zucchero in un pentolino e farlo caramellare, versare il caramello in uno stampo rettangolare foderato con carta da forno e distribuirlo sul fondo dello stampo. Mettere la zucca cotta in una terrina con lo zucchero rimasto, aggiungere un po’ di latte e frullare con il frullatore a immersione, ottenendo una purea uniforme. Aggiungere il resto del latte, le uova e la vaniglia e frullare ancora. Versare il composto nello stampo e cuocere in forno, a bagnomaria a 200°C per 45 minuti. Lasciare raffreddare, quindi tenere in frigorifero per almeno due ore. Rovesciare il budino su un piatto rettangolare ed eliminare la carta.




Buone feste “all’inglese” con il Christmas Pudding

Eccoci con un altro appuntamento per “viaggiare” con dolcezza attraverso le ricette della tradizione delle feste nel mondo. E, se è vero che Natale è appena passato, nulla ci vieta di provare a preparare una di queste golosissime ricette alla prima occasione. Dopo essere andati in Francia, in Polonia e negli Stati Uniti, oggi andiamo in Gran Bretagna, dove sulla tavola non può mancare il Christmas pudding, un budino dalla forma rotonda a base di uova, mandorle, frutta candita, spezie e rum.

Noto anche come plum pudding, letteralmente “budino di prugne”, in realtà non le prevede come ingrediente, il termine risalirebbe a una variazione della lingua, nel XVII secolo, infatti, quando già si preparava questo dolce, con il termine plum si indicavano anche l’uva passa e altri tipi di frutta secca.

Le origini del Christmas pudding

Preparare un Christmas pudding non significa solo fare un viaggio del gusto in Gran Bretagna, o in Irlanda, dove questo dolce è ugualmente diffuso, ma anche nella storia. Si ha notizia di questo “budino” già nel XVI secolo, ma le origini risalirebbero addirittura al Medioevo, quando si usava preparare pudding a base di frutta e carne. In seguito, i Puritani lo considerarono addirittura “peccaminoso”, al punto da vietarne la preparazione.

La preparazione del Christmas pudding in una vignetta ottocentesca

Tuttavia, vince la gola, dal momento che il Christmas pudding tornò a essere “legale” nel XIX secolo, quando la regina Vittoria in persona, se lo fece preparare. Da quel momento, divenne il principale dessert natalizio inglese e viene citato anche nel celebre Canto di Natale di Charles Dickens. Non solo, in questo periodo la ricetta venne arricchita con ingredienti sempre più sfiziosi, che resero il Christmas pudding davvero irresistibile.

Ritratto della regina Vittoria, ghiotta sostenitrice del Christmas pudding

Christmas pudding da record

Nel corso dei secoli, sono stati molti i Christmas pudding da record. Per esempio, nel 1818, l’infermiera inglese Kate Marsden ne portò con sé ben 18 chili nel suo lungo viaggio di 3000 km, in slitta, attraverso la Siberia, dove si stava recando per proseguire le sue ricerche per una cura per la lebbra. La stessa Marsen, interrogata sul perché si fosse portata dietro nella sua avventura un tal quantitativo del “budino”, rispose candidamente che “le piaceva” e poi “come tutte le casalinghe sanno”, si sarebbe conservato al freddo per lungo tempo.

Kate Marsden in Siberia con la sua slitta che trasportava ben 18 kg di Christmas pudding

Altri Christmas pudding da record, questa volta solo per dimensioni, vennero realizzati nel 1819 e nel 1859, quando il gigantesco dolce venne offerto ai poveri della città di Paignton. Il Christmas pudding più grande della storia, dal peso di 3,28 tonnellate, venne invece realizzato nel luglio del 1992 ad Aughton, nel distretto di Lancaster, nel Lancashire.

Preparazione del Christmas pudding da record

Il Christmas pudding, fra superstizione e tradizione

C’è una superstizione legata al Christmas pudding: si dice infatti che questo budino debba contenere 13 ingredienti, che rappresenterebbero Cristo e gli Apostoli. Inoltre, deve essere preparato in senso orario da tutti i membri della famiglia. Si dice anche che ogni commensale debba mangiarle almeno un po’, o nell’anno venturo rischia di perdere un’amicizia.

Nel Christmas pudding per tradizione viene nascosto un piccolo oggetto portafortuna

Infine, un’altra tradizione vuole che all’interno del dolce venga nascosto un piccolo oggetto, che porterà fortuna a chi lo troverà: un anellino per chi cerca l’amore, una moneta per la prosperità, un bottone, un ditale da cucito, un maialino di plastica per i più piccoli.  Impazienti di preparare anche voi il vostro Christmas pudding? Ecco allora la ricetta.

LA RICETTA: Christmas pudding

Ingredienti – 200 gr di margarina, 350 gr di uvetta, 200 gr di uva sultanina, 200 gr di uva passa, 50 gr di canditi misti, 25 gr di mandorle tritate, 175 gr di farina, 2 cucchiaini di spezie miste in polvere (chiodi di garofano, cannella, zenzero), 1 cucchiaino di noce moscata in polvere, 175 gr di briciole di pane fresco (pane al latte, senza crosta), 700 gr di zucchero di canna, 2 uova, succo di 1 limone, 1 cucchiaio di melassa, 4 cucchiai di latte, 2 cucchiai di brandy.

Preparazione – Mescolare in una ciotola grande tutti gli ingredienti, lavorare in modo da ottenere un impasto ben legato. Con l’impasto riempire lo stampo da budino (capacità da 1 litro), ben imburrato. La superficie deve rimanere al di sotto del bordo di circa 2,5 cm. Coprire quindi con doppio foglio di carta oleata, con la parte imburrata rivolta verso l’interno, piegato bene intorno al bordo e legato con spago da cucina. Mettere quindi il pudding in una pentola e aggiungere acqua calda per coprire la forma fino ad un terzo.

Coprire con il coperchio e cuocere a fuoco basso per 6 ore, aggiungendo acqua calda man mano che evapora. Al termine del tempo indicato, togliere il pudding e lasciar raffreddare. Sostituire il coperchio di carta oleata con un altro, da legare allo stesso modo del precedente e conservare il pudding in luogo fresco. Al momento di servire, il pudding deve essere riscaldato per circa 3 ore utilizzando lo stesso metodo della prima cottura, sempre aggiungendo acqua man mano che evapora. Quindi, rovesciarlo sul piatto di portata e decorarlo con l’agrifoglio, e con un cucchiaio di brandy riscaldato in pentolino. Per finire, flambare quando si serve in tavola.




La Pumpkin Pie, negli USA le feste profumano di zucca!

Continua il nostro viaggio attraverso le “dolci” tradizioni delle feste. Oggi vi portiamo negli Stati Uniti, dove il dolce tipico delle festività invernali è la Pumpkin Pie, la torta di zucca, che si prepara in occasione di Halloween, del Thanksgiving Day e del Natale.

Questa gustosissima torta è formata da uno strato di crema alla zucca su un guscio di pasta frolla e aromatizzata con cannella, noce moscata, chiodi di garofano e zenzero. La tradizione vuole che non ci sia una copertura o delle strisce di pasta come nella crostata e che sia servita con panna montata. Gli americani, poi, molto pratici, la preparano con polpa di zucca, che si trova già pronta al supermercato, anche nella versione già aromatizzata e pronta all’uso.

Le origini della Pumpkin Pie

La nascita della Pumpkin Pie pare essere strettamente legata al Thanksgiving Day, il Giorno del Ringraziamento, che si celebra l’ultimo giovedì di novembre.  Si racconta che, nel 1621, nelle terre del New England abitate dai coloni inglesi, riuniti in piccoli villaggi, il freddo e la fame avevano messo a dura prova gli abitanti, sfiniti da quel clima ostile. In loro soccorso giunsero i nativi, che donarono loro i frutti delle loro terre, in particolare le zucche, che crescevano anche con le basse temperature. I coloni conobbero così la zucca, e iniziarono a utilizzarla nella loro alimentazione quotidiana. Il suo sapore gradevole si prestava bene sia a ricette dolci che a ricette salate, spesso con l’aggiunta di spezie.

La nascita della moderna Pumpkin Pie

La prima ricetta della Pumpkin Pie come la conosciamo oggi, invece, si deve a uno chef francese, La Varenne, che nel 1651 inserì in un ricettario che divenne famosissimo non solo in Francia, ma anche nel resto del mondo.  La sua versione, tuttavia, prevedeva l’uso della pasta sfoglia, con un morbido ripieno di crema di zucca. Fu la cuoca americana Amelia Simmons, invece, a sostituire la sfoglia con la pasta frolla. Non solo, arricchì anche la lista degli ingredienti con uova, panna, spezie e melassa. La sua versione è quella che oggi va per la maggiore, anche se ogni famiglia ha la sua ricetta, che si tramanda di generazione in generazione. E voi? Avete mai preparato la Pumpkin Pie? Vi lasciamo la nostra ricetta.

LA RICETTA: Pumpkin Pie

Ingredienti – 175 gr di zucchero, mezzo cucchiaino di zucchero, un cucchiaino di semi di cannella, mezzo cucchiaino di chiodi di garofano, 2 uova grandi, 400 gr di purea di zucca (far bollire la zucca per 30 minuti e poi frullarla), 400 gr di latte condensato, 1 rotolo di pasta frolla precotta.

Preparazione – Mescolare zucchero, sale, cannella, zenzero e chiodi di garofano in una ciotola. Aggiungere le uova. Mescolare la purea di zucca con le spezie. Unire le due ciotole e poi aggiungere gradualmente il latte condensato. Preparare una tortiera con la carta forno e stendere la pasta frolla, quindi versare la crema e infornare in forno preriscaldato a 220° per 40-50 minuti. Lasciar freddare un paio di ore. Servire immediatamente o conservare in frigorifero.




Ricette dal mondo. Il Makowiec in Polonia è il dolce delle feste

In questa seconda puntata della rubrica dedicata ai dolci delle feste nel mondo, andiamo virtualmente in Polonia, e vi lasciamo la ricetta del Makoviec, una delizia farcita con una crema a base di semi di papaveri, simbolo di buon auspicio, abbondanza e fertilità. La sua particolarità è che si conserva anche per parecchi giorni, basta chiuderlo in un contenitore ermetico, e, soprattutto, sprigiona in tutta la casa un delizioso profumo.

Il Makowiec, un dolce dalle origini incerte

Non si sa molto sulle origini del Makowiec, il cui nome deriva da mak, semi di papavero, in polacco. Nel Nord Europa, tuttavia, sono diffusi dolci assai simili, come il bejgli ungherese, che si rifà a sua volta a una tradizione tedesca del XIV secolo. In Polonia sono molti i dolci a base di semi di papavero, che si consumano durante tutto l’anno. Tuttavia, il Makowiec è riuscito a imporsi sugli altri come dolce della tradizione natalizia, ma solo a partire dal XX secolo. Curiosi? Allora, mettetevi alla prova con la nostra ricetta.

LA RICETTA: Makowiec

Ingredienti per la pasta – 200 gr di farina, 3 uova (tuorlo), 10 gr di lievito di birra, 40 gr di zucchero a velo, 100 ml di latte, 55 gr di burro, 1 bustina di vanillina.

Ingredienti per il ripieno – 125 gr di semi di papavero, 20 gr di gherigli di noci, 30 gr di uvetta, 30 gr di arancia candita a cubetti, 1 cucchiaio di burro, 1 cucchiaio di miele, 2 uova, 200 gr di zucchero a velo, 1 cucchiaio di vodka.

Preparazione della pasta – Sciogliere il lievito con 25 ml di latte tiepido, un cucchiaino di zucchero e un cucchiaio di farina. Coprire e lasciar lievitare per 15 minuti al caldo. Poi, montare i tuorli d’uovo con lo zucchero per ottenere una crema, quindi unire vanillina, farina, 75 ml di latte tiepido, lievito e burro (sciolto e lasciato raffreddare). Dopo aver ottenuto un impasto liscio ed elastico, coprirlo con la pellicola e lasciarlo lievitare per un paio d’ore.

Preparazione del ripieno – Nel frattempo, è possibile dedicarsi al ripieno: per prima cosa, mettere i semi di papavero in una scodella coperti con acqua bollente e lasciarli riposare con sopra un coperchio per mezz’ora. Dopo averli scolati e strizzati, frullarli e aggiungere noci sbriciolate, uvetta, cubetti di arancia candita, burro (sciolto e lasciato raffreddare), vodka. Montare i tuorli con lo zucchero a velo e a parte montare anche gli albumi a neve. Poi unire tutto per ottenere il ripieno.

Assemblare – Stendere quindi l’impasto una volta lievitato, poi ricoprirlo con il ripieno lasciando una cornice di un paio di cm. Arrotolare e mettere su una teglia rivestita con carta da forno, con la chiusura verso il basso. Coprire con una pellicola e lasciare ancora lievitare per 30 minuti. Quindi cuocere a 180° per 45 minuti. Decorare a piacimento con canditi, glassa di zucchero e semi di papavero.

 




Ricette dal mondo. Dalla Francia il “Bûche de Noël”

Quest’anno le festività natalizie le trascorreremo principalmente a casa, a causa delle limitazioni previste dalle norme anti Covid. Di sicuro cucineremo, e tanto, per i nostri cari con i quali trascorreremo la Vigilia, il Natale, Santo Stefano, Capodanno e l’Epifania. E, se non potremo viaggiare fisicamente, nulla ci vieta di farlo con la fantasia. Magari preparando qualcosa di speciale, come un dolce, che fa parte della tradizione di un altro paese. Cominciamo allora, con un viaggio nella tradizione francese, che per le festività propone il Bûche de Noël, o “Tronchetto di Natale”.

Il Bûche de Noël, un’origine antichissima

Anche se oggi il Bûche de Noël è un dolce della tradizione francese, poi diffusosi anche nel Nord Italia, le sue origini sono molto antiche e risalgono addirittura a un millennio fa, quando nelle regioni del Nord ed Est Europa usava nel periodo del Solstizio d’Inverno si usava bruciare un grande ceppo nel camino di casa, come buono augurio per la prosperità, la ricchezza, la fertilità della terra e la buona salute degli animali d’allevamento. Il tipo di albero cambiava da nazione a nazione, ma la tradizione voleva che il ceppo fosse fatto bruciare fino all’Epifania, aiutato con l’aggiunta di altra legna, e che poi ne venisse raccolta la cenere, da conservare fino all’anno successivo.

Bûche de Noël, il dolce francese

La nascita del Bûche de Noël nella sua versione dolce è invece molto più recente. Risale al 1945, infatti, l’intuizione di un pasticcere francese che per riprendere l’antica tradizione del “ceppo”, creò un dolce della stessa forma, ma fatto con pasta biscotto ricoperta di cioccolato, per simulare il tronco, e un ripieno che, in origine, era costituito da marmellata, poi sostituita nel tempo da ripieni più ricchi e vari, a seconda dei gusti. Nel tempo, la tradizione di preparare questo dolce, in Francia e nei paesi francofoni, si è consolidata. Volete provare a fare anche voi il vostro Bûche de Noël? Vi lasciamo la ricetta.

LA RICETTA: Bûche de Noël

Ingredienti per il biscotto: 5 uova, 50 gr di farina 00, 50 gr di fecola di patate, 170 grammi di zucchero, un pizzico di sale, un cucchiaio di acqua, un bicchiere di rum

Ingredienti per la crema: 1 uovo, 1 tuorlo, 300 gr di cioccolato fondente, 250 gr di burro, 150 gr di zucchero, una tazzina di caffè, un terzo di bicchiere di acqua.

Preparazione del biscotto – Separare i tuorli dagli albumi. Montare gli albumi a neve. Con una frusta sbattere i tuorli con zucchero e sale fino ad ottenere un impasto morbido. Aggiungere acqua e rum e farli incorporare con delicatezza. Aggiungere farina e fecola e mescolare. Incorporare gli albumi montati a neve mescolando delicatamente dal basso verso l’alto. Stendere l’impasto su una leccarda rettangolare ricoperta di carta forno (o in alternativa imburrata e infarinata). Pre-riscaldare il forno a 120°C e infornare per 15 minuti, l’impasto deve solo iniziare a dorarsi. Togliere il biscotto dal forno e sformarlo delicatamente su un canovaccio umido. Arrotolare il biscotto ancora caldo nel canovaccio umido, senza stringere. Lasciarlo raffreddare, evitando il frigorifero.

Preparazione della crema – Preparare lo sciroppo di zucchero facendo attenzione a non farlo caramellare. Fondere il cioccolato a bagnomaria con un cucchiaio di caffè, aggiungere il burro in pezzi. Mettere le uova nello sciroppo di zucchero caldo e mescolare con cura. Unire e amalgamare dolcemente i due composti. Lasciar raffreddare e rapprendere in frigorifero.

Assemblare – Srotolare delicatamente il biscotto che deve aver raggiunto la temperatura ambiente. Con una spatola spalmare circa due terzi della crema. Arrotolare il tutto, senza stringere. Tagliare le estremità (1 o 2 centimetri) per pareggiare la bûche e conservare gli “scarti” da utilizzare per realizzare dei nodi o dei monconi di ramo. Ricoprire il tutto con la crema rimasta e creare delle striature con una forchetta.

Servire in tavola – La bûche de Noël è pronta per essere servita, mostrandola prima intera e affettandola direttamente a tavola. Se volete potete aggiungere delle decorazioni per rendere questo dolce tradizionale ancora più simile a un tronco di legno.




10 Dolci della tradizione per la Festa dei Morti

Prima di “dolcetto o scherzetto”, in occasione della Festa dei Morti e di Ognissanti, la tradizione italiana vanta una lunga storia di piatti tipici, spesso legati ai riti agresti e ai cibi “poveri”, come le castagne, la zucca, la frutta secca, le bucce degli agrumi. Ricette che, nel tempo, si sono conservate e arricchite con ingredienti più “nobili” e gustosi. A fare la parte del leone, naturalmente, sono i dolci. Alcune ricette sono prettamente regionali, altre diffuse in alcune regioni o in tutta Italia. Vediamo, allora, dieci dolcezze da preparare in occasione delle prossime festività.

1. I Cavalli dei Morti (Trentino Alto Adige)

In occasione della Festa dei Morti, in Trentino Alto Adige si preparano delle grosse pagnotte dolci a forma di ferro di cavallo, chiamate “Cavalli dei Morti”. Il riferimento ai cavalli ha origini molto antiche e risalirebbe al culto della dea Epona, protettrice dei cavalli, con i quali, secondo il mito, accompagnava nell’oltretomba gli spiriti dei defunti. La tradizione trentina, invece, vuole che si lascino su una tavola imbandita, illuminata dalle braci del focolare, come offerta alle anime dei defunti, che vengono “richiamate” dal suono delle campane.

2. Pan dei Morti (Lombardia)

Di questo dolce nato sotto la Madonnina, poi diffuso anche in diverse altre regioni d’Italia, si ha notizia fin dal 1400. Si tratta di biscotti dalla forma ovale molto saporiti, la cui ricetta può avere diverse varianti. Alla base, composta da farina di mais e OO, burro, latte, lievito di birra e scorza di limone si possono aggiungere pinoli, scorzette di arancio, mandorle, fichi secchi, uvetta, cacao, rum e cannella. Per suggerire il “colore” delle ossa, invece, vengono cosparsi con abbondante zucchero a velo.

3. Ossa dei Morti (diverse regioni d’Italia)

Sono deliziosi biscottini di pasta croccante a cui viene data la forma di ossa. La ricetta base prevede farina, zucchero, albume montato a neve. Nella zona di Parma è diffusa una variante di pasta frolla glassata. Nel senese hanno una forma più arrotondata e sono arricchiti con mandorle tritate. In Sicilia, invece, si preparano aggiungendo all’impasto spezie tra cui cannella e chiodi di garofano. Si gustano accompagnate da un bicchiere di Vin Santo!

4. Fave dei Morti (diverse regioni d’Italia)

Sono biscottini piccoli e morbidi, dalla tipica forma tondeggiante e leggermente allungata. Secondo la tradizione, sarebbero nate nelle cucine della nobiltà romana, per poi diffondersi anche nelle altre regioni italiane. Venivano “offerti” alle anime dei defunti nella notte tra il 1° e il 2 novembre. L’impasto è a base di mandorle tritate, zucchero, uova, farina e pinoli, a cui si possono aggiungere cannella, scorza di limone e un cucchiaino di grappa.

5. Pan coi Santi (Toscani)

Secondo la tradizione, si prepara in occasione di Ognissanti, e si continua a gustarlo fino alla fine dell’Avvento. Si tratta di un grosso pane dolce cotto al forno a base di farina, noci, miele, strutto, uvetta e pepe nero, da consumare tagliato a fette.

6. Castagnaccio (Toscana e Nord Italia)

Si dice che il castagnaccio sia nato in Toscana e che sia invenzione di un tal Pilade da Lucca. Questo dolce corposo a base di farina di castagne, citato per la sua bontà anche dai monaci agostiniani e da un trattato veneziano del 1553, si è poi diffuso soprattutto nelle regioni del Nord Italia, che basavano l’economia invernale sulle castagne, soprattutto nelle campagne. Oggi, ne esistono diverse ricette e varianti, ma la base è sempre un impasto di farina di castagne, acqua e rosmarino, che può venire arricchito con uvetta o pinoli.

7. O’ Morticiello (Napoli)

Conosciuto anche come “torrone dei morti”, è in realtà un goloso dolce al cioccolato fondente, che racchiude un cuore di cioccolato bianco e crema alle nocciole. Alcune varianti prevedono tra gli ingredienti anche il caffè o la crema al gianduia. La forma ricorda quella di una bara e viene servito a fette in occasione delle festività a cavallo di ottobre e novembre.

8. Fanfulicchie (Lecce)

Sono caramelle di zucchero dalla forma allungata che, secondo la tradizione, venivano vendute all’ingresso dei cimiteri in occasione della commemorazione dei defunti per tenere buoni i bambini. Secondo un’altra versione, invece, furono inventati durante l’investitura a vescovo di Luigi Pappacoda, avvenuta nella piazza del Duomo di Lecce il 4 dicembre 1639, per essere offerti ai poveri e agli orfani. La ricetta tradizionale prevede acqua, zucchero caramellato e aroma di menta. Oggi, invece, si preparano in diversi gusti, grazie agli aromi e ai coloranti alimentari.

9. Colva, o Grano dei Morti (Puglia)

Una tradizione che ha le radici nelle antiche tradizioni greche e ortodosse. Nella Grecia antica, e nella Magna Grecia, il grano era associato alla dea delle messi, Demetra, mentre in quella ortodossa, al culto dei morti e alla Resurrezione. Si prepara con grano cotto, vin cotto (per tradizione non si usa lo zucchero), a cui vengono aggiunti cannella e noci tritate. Ci sono numerose varianti che prevedono l’aggiunta di cioccolato, melograno, uvetta e frutta secca.

10. Dita di Apostolo, Mani e Pupi (Sicilia)

Vastissima la tradizione siciliana legata alla Festa dei Morti. Alle tradizionali “Ossa di morto” si aggiungono dolci legate alle diverse zone. Per esempio, nella zona di Catania si preparano gli n’Zuddi, biscotti a base di farina, mandorle, miele e cannella, inventati dalle Suore Vincenziane. A Messina, invece, si preparano le Piparelle, biscotti croccanti da inzuppare nel liquore. Diffuse in tutta l’isola, invece, specialità con i panini dolci a forma di mani o biscotti allungati che ricordano la forma delle dita, chiamati, appunto Dita di Morto o di Apostolo. In molte case si preparano poi i Pupi di Zucchero, che simboleggiano i defunti della famiglia a cui si rende omaggio.




Renè Frank: un menu tutto e solo di dolci. Scoprite il ‘dessert dinner’ di CODA (italian and english version)

TESTO E FOTO DI CESARE ZUCCA –

Ghiotti di dolci? Ecco un posto che fa per voi.


A Berlino sta furoreggiando l’esclusivo CODA (2 Stelle Michelin), dove viene servita una ‘ cena-dessert’ ‘ le cui portate sono TUTTE dolci, Un’esperienza unica e nuova, anche per me. Ogni piatto è accompagnato un un vino-liquore-bevanda ad hoc. Chef Renè Frank ha creato un menu, che trae ispirazione dalla cucina irachena con qua e là citazioni internazionali.


Si inizia con un pomodoro giallo con ceci e limone, seguito da un dessert all’anguria. con olive taggiasche e alghe, per coninuare con un waffle allo yogurt e latte d soya con kiwi e lampone, Il palato indaga, i sensi perfino un fico alla griglia con un sugo di nocciole del Piemonte e ….acciuga. Ingredienti cosi diversi tra di oro, ma che che sorprendemente si accoppiano  deliziosamente, osando un interesant matrimonio tra dolce e salato.

Quando ti è venuta questa idea?

L’idea di aprire CODA è avvenuta quattro anni fa. All’inizio volevamo fare semplicemente un bar specializzato nei dolci, dalla qualità eccellente e dai prezzi modici. Poi il quartiere , e anche noi , ci siamo evololuti ed è arrivato CODA, un ristorante con un menu che prevede solo dolci , dall’antipasto …al caffè.


Ci siamo ispirati al termine ‘coda’ inteso come la coda musicale che è praticamente il finale di una composizione, così come il dolce è generalmente servito alla fine di una cena.


Diamo molta importanza a alla reazione del corpo a un cibo specifico, quasi una ricerca medica. Dopo una cena da noi dovrai uscire soddisfatto, ben nutrito, nè troppo ‘zuccheroso’, nè ubriaco.

Primo ricordo a tu per tu con un dolce?

Quando curiosavo mia nonna Liselotte mentre preparava il suo strudel. Ne ero così affascinato da volerla aiutare a stendere la pasta. ma… ero troppo piccolino per arrivare sul piano della cucina e dovevo montare su uno sgabello….


Quando hai deciso di dedicarti alla ristorazione?
Fin da piccolo, mi sono sempre detto ‘da grande farò il cuoco oppure il commissario…


Parliamo di weekend. Dove ami trascorrerlo?
Finalmente a casa, con la mia ragazza e cucinare, cosa che non succede spesso.
Cucinerei qualcosa di molto semplice e basico anche perché le stranezze e le soluzioni più insolite…le lascio a CODA.

Curiosi di conoscere la super ricetta di Renè?

Basta cliccare su Next>.… e preparatevi a un’impresa non facile ma dolcissima…

                                                     CACAO / RISO / BONITO

20 porzioni
Light Chocolate Mousse
360 ​​g latte di soia (in alternativa latte intero) 0,8 g farina di semi di carrube bio 0,8 g agar biologico 175 g pasta 100% cacao 225 g sciroppo d’acero ambrato 320 g 10 albumi grandi Un pizzico di sale Una punta di coltello di acido tartarico
Per Spruzzatura
200 g di massa di cacao 100% 100 g di burro di cacao biologico
Amazake:
200 g di riso a grani corti 1000 g di acqua filtrata 300 g di riso koji essiccato Amazake Ice Cream: 350 g di amazake fresco, 120 g di latte di soia 175 g di latte di cocco (almeno 21% grasso) 1 g sale
Rice Crackers:
250 g di riso a grani corti 1800 g di acqua, 9 g di sale
Anacardi caramellati:
100 g di anacardi 25 g di sciroppo d’acero Katsuobushi Latte di anacardi: 450 g di acqua 75 g di salsa di soia bianca 6 g di katsuobushi (fiocchi di bonito) 210 g di semi di anacardi 0,5 g di sale
Mousse al cioccolato
1. Bollire il latte con la farina di semi di carrube e agar per un minuto, quindi versare sopra la massa di cacao e mescolare caldo. La temperatura ideale della miscela base è di poco inferiore ai 40 ° C. 2. Riscaldare lo sciroppo d’acero come una meringa italiana, ma solo a 112 ° C. 3. Montare l’albume fresco con il pizzico di sale e l’acido tartarico (il tartaro stabilizza la proteina ed evita che si ribalti.) Ora adagia lo sciroppo d’acero negli albumi leggermente sbattuti e sbatti per circa 2 minuti fino a quando gli albumi sono quasi freddi. 4. Ripiegare gli albumi montati a neve sotto la base di cioccolato ancora calda. Versare negli stampini e congelare. 5. Per la spruzzatura, riscaldare la massa di cacao e il burro di cacao a 45 ° C e spruzzare la mousse congelata con una pistola a spruzzo alimentare. 6. Scongelare completamente prima di servire.
Amazake
1. Preparate il riso lavato con acqua e fatelo cuocere coperto. Quindi bilanciare la perdita di liquido in modo che il riso cotto pesa nuovamente 1200 g. 2. Raffreddare a 60 ° C, quindi aggiungere il riso koji essiccato. 3. Lasciar fermentare per ca. 16 ha 60 ° C nel disidratatore. 4. L’amazake finito può essere conservato in frigorifero fino a 5 giorni o addirittura congelato. Gelato Amazake 1. Mescolare l’amazake con latte di soia, latte di cocco e sale e congelare in una Pacojet o in una macchina per il gelato.
Cracker di riso
1. Lessare il riso una volta e cuocere a fuoco lento a bassa temperatura con il coperchio per 20 min. Alla fine del processo di cottura, la massa totale dovrebbe pesare 1400 g. Se necessario, aggiungere del liquido o continuare a bollire. 2. Passare il riso al setaccio, quindi stenderlo su un tappetino di silicone, cospargere con i chicchi di anacardi tritati e le fave di cacao spezzate e asciugare nel disidratatore per una notte. 3. Sbuffare le fette di riso essiccate a 220 ° C in olio caldo. Lasciar gocciolare su carta assorbente.
Anacardi caramellati
1. Tostare leggermente gli anacardi in forno per 10 minuti a 135 ° C. 2. Lessare lo sciroppo d’acero in un pentolino, aggiungere gli anacardi e mescolare con calore fino a quando lo zucchero contenuto nello sciroppo d’acero non si cristallizza.
Latte di anacardi Katsuobushi
1. Tostare leggermente gli anacardi in forno per 10 minuti a 135 ° C. Mescolare insieme agli altri ingredienti in un mixer ad alte prestazioni (ad esempio Bimby) per 5 minuti e passare su un canovaccio

INFO
CODA

For the english version , just clic Next>

Are youa dessert-maniac ? Here is a place for you.
In Berlin, the exclusive CODA (2 Michelin Stars) is the talk of the town for its ‘dinner-dessert’,where  the courses are ALL dsserts!
A unique and new experience, even for me. Each dish is accompanied by a wine-liqueur-drink. Chef Renè Frank has created a menu, which draws inspiration from Iraqi cuisine with international twists here and there.
It starts with a yellow tomato with chickpeas and lemon, followed by a watermelon dessert. with Taggiasca olives and seaweed, to continue with a yogurt and soy milk waffle with kiwi and raspberry, The palate investigates… the senses approve There is even a grilled fig with a Piedmont hazelnut sauce and …. anchovy
Amazing how Ingredients so different from each other are surprisingly matchingin a  daring yet delicious marriage between sweet and savory.
THE INTERVIEW
When did you get this idea?
Four years ago. At first we just wanted to make a bar specializing in sweets of excellent quality and moderate prices. Then the neighborhood evolved and CODA became a restaurant with a menu that includes only desserts, from appetizers … to coffee. We were inspired by the term ‘coda’ intended as the musical coda which is practically the end of a composition, just as dessert is generally served at the end of a dinner. We give a lot of importance to the body’s reaction to a specific food, almost a medical research. After a dinner with us you will leave satisfied, well fed, not too ‘sugaryish’, nor drunk.
First memory face to face with a dessert?
When I was curious about my grandmother Liselotte while she was making her strudel.
I was so fascinated by her that I wanted to help her roll out the dough. but … I was too small to get to the kitchen counter and I had to get on a stool ….
When did you decide to dedicate yourself to catering?
From an early age, I have always said to myself ‘when I grow up I will be a cook or a police commissioner …’
Let’s talk about weekends. Where do you like to spend one?
Finally home, with my girlfriend and cooking, which doesn’t happen often.
I would cook something very simple and basic also because the oddities and the most unusual solutions … I leave them to CODA!

INFO
CODA

 




La TOP TEN dei dolci italiani più famosi nel mondo

Che cosa c’è di meglio di un dolce in un momento particolarmente difficile come quello che stiamo vivendo? Il sapore dolce è il primo che riconoscono i bambini appena dopo la nascita, rievoca ricordi d’infanzia, fa tornare il buonumore quando siamo un po’ giù e non c’è niente di meglio che una torta o un dolce al cucchiaio casalingo da dividere con la famiglia o con gli amici. E la nostra Italia è maestra anche per la sua pasticceria, rinomata in tutto il mondo. Ma quali sono i dolci italiani più famosi e apprezzati nel mondo? Ecco una golosa Top Ten

TIRAMISU’

Al primo posto troviamo il Tiramisù, il delizioso dolce al cucchiaio di cui si conoscono diverse varianti e interpretazioni. L’originale prevede ingredienti semplici, come savoiardi, caffè, mascarpone, uova, zucchero e cacao amaro. Consistenza morbida e gusto inconfondibile, è particolarmente apprezzato in Cina, nei paesi anglosassoni, ma anche da francesi, tedeschi e spagnoli. Un peccato di gola “mondiale” davvero irresistibile.

. PANNA COTTA

In seconda posizione troviamo un altro dolce al cucchiaio, la Panna Cotta. Semplice e gustosa, questo “budino” nato in Piemonte e poi diffuso in tutta Italia e nel mondo, viene apprezzato per la sua semplicità e leggerezza, fatta di latte, panna, zucchero e colla di pesce. Si consuma a fine pasto o a merenda ed è inclusa nel menù della maggior parte dei ristoranti del mondo. Il plus? È nell’abbinamento. C’è chi la preferisce al naturale e chi, invece, ama la versione con la salsa di frutti rossi, alle fragole o ai mirtilli, oppure nelle versioni con il cioccolato, il caramello o il caffè.

3. ZUPPA INGLESE

Terza posizione per la Zuppa Inglese che, a dispetto del nome, è italianissima. Pare, infatti, che sia stata servita per la prima volta a Ferrara, alla corte dei Duchi d’Este, durante il Rinascimento. Da allora, questo delizioso prodigio a base di pan di spagna imbevuto nel liquore (il più tradizionale è l’Alchermes, dal colore rosso vivo), e farcito con strati di crema pasticcera e crema al cioccolato si è diffuso prima in tutta l’Emilia Romagna e poi in Italia e nel mondo.

4. GIANDUIOTTI

Sono nati a Torino, e da qui sono diventati un simbolo non solo dell’Italia, ma dei piccoli grandi piaceri della vita. Sono i Gianduiotti, i cioccolatini dalla tipica forma a piramide a base rettangolare, che ricorda una barca rovesciata, avvolti nell’immancabile carta dorata. Pochi raffinati ingredienti, come pasta e burro di cacao, zucchero, nocciole del Piemonte e vaniglia li hanno resi famosi nel mondo per l’inconfondibile profumo di cacao e nocciole e per la cremosità che li fa letteralmente “sciogliere in bocca”.

STRUDEL

La specialità del Trentino Alto Adige conquista la quinta posizione tra i dolci italiani più amati nel mondo grazie al delizioso connubio di mele trentine, zucchero, uva passa, frutta secca, cannella e scorzette d’arancia, racchiusi in deliziosa e fragrante pasta sfoglia. I paesi che ne vanno più matti? Sono quelli anglosassoni.

SFOGLIATELLA NAPOLETANA

Se la pizza è il piatto napoletano più noto a amato all’estero, passando al dolce, spopola la sfogliatella, altro delizioso simbolo della tradizione culinaria partenopea. Impossibile resistere a questa squisitezza dall’inconfondibile forma a conchiglia, formato da una sfoglia sottilissima, ripiena di una crema a base di ricotta profumata ai fiori d’arancio e spolverata di zucchero a velo. E anche tra la versione “riccia”, cioè con il guscio di pasta sfoglia, o “morbida”, con il guscio di pasta frolla, la scelta è ardua.

. CANNOLO SICILIANO

Un’altra delizia regionale al settimo posto della Top Ten: il Cannolo Siciliano. Profuma della ricca terra di Sicilia questa delizia dalla forma inconfondibile, in cui cremosità e croccantezza si sposano in un irresistibile connubio. La ricetta tradizionale prevede una crema spumosa a base di ricotta di pecora, zucchero e, a seconda della variante, gocce di cioccolato, scorzette d’arancia o ciliegie candite, oppure granella di pistacchi.

AMARETTI

All’estero li chiamano “italian cookies” o “italian macaroons” e gli anglosassoni ne vanno matti. Sono gli amaretti, all’ottava posizione della Top Ten. Famosi e apprezzati per il delizioso contrasto tra il dolce e l’amaro delle mandorle, c’è chi apprezza la versione più “secca” e croccante, da abbinare a liquori e vini dolci, chi la versione più morbida, da consumare insieme al tè delle cinque.

. TORRONE

Tra i dolci italiani più antichi, al nono posto troviamo il torrone, in tutte le sue piacevoli e golose varianti regionali, da quello di Cremona a quello sardo fi Tonara (NU). C’è solo l’imbarazzo della scelta tra la versione morbida o croccante, con cioccolato, mandorle, pistacchi o frutta candita.

10. BABÀ

Chiude la Top Ten il babà, l’irresistibile squisitezza al forno dalla forma “a fungo” e imbevuto, nella versione più classica, di rum, caratteristico della pasticceria napoletana. Il babà ha una storia curiosa. Pare, infatti, che sia nato in Polonia, attorno agli anni Trenta dell’Ottocento e che, propria grazie al pasticcere che lo creò, si diffuse prima nella regione francese dell’Alsazia – Lorena. Ma solo quando il babà giunse a Napoli, che ne fece la sua irresistibile versione, la sua deliziosa fama si diffuse in tutta Italia e poi nel mondo.




Dall’Emilia Romagna arrivano le…tagliatelle fritte

Ormai il periodo di Carnevale è alle porte e la tradizione vuole che nel periodo più pazzo e sfrenato dell’anno…si esageri anche a tavola. Da tempi antichissimi, infatti, si era soliti preparare dolci dagli ingredienti sì semplici, ma fantasiosi, fritti, abbondanti e…pesanti.

Da Bologna, detta “la grassa”, capoluogo dell’Emilia Romagna, arrivano le tagliatelle fritte, variante dolce delle celebri tagliatelle con ragù alla bolognese. Questo dolce carnevalesco si è poi diffuso in tutta la regione, andando oltre le barriere storiche e culinarie che spesso distinguono l’Emilia dalla Romagna.

Questo dolce, di origine contadina, ma apprezzato anche sulle tavole dei nobili, si basa su ingredienti semplici e di facile reperibilità, come le uova, lo zucchero e la farina, a cui si associano, nelle diverse varianti, il sapore del rum, del caramello, della cannella o degli agrumi. Sfiziose e croccanti, sono caratterizzate da una sfoglia arrotolata, a cui viene data la classica forma a nido, ma anche le forme più artistiche. Eccovi, allora, la ricetta.

Tagliatelle fritte

Ingredienti

  • 200 gr di farina 00
  • 2 uova
  • 1 cucchiaio di rum
  • Scorza grattugiata di 2 limoni, meglio se bio
  • 150 gr di zucchero semolato
  • Zucchero a velo q.b
  • Olio di arachidi per friggere

Disponete la farina a fontana su una spianatoia, ricavate un buco al centro e sgusciatevi le uova. Unitevi anche il cucchiaio di rum e impastate il tutto fino a ottenere una pasta liscia e omogenea. Avvolgetela in una pellicola e lasciatela riposare per circa mezz’ora. Poi stendete con il mattarello una sfoglia di spessore medio e cospargetela con lo zucchero semolato e la scorza grattugiata dei limoni. A questo punto arrotolate delicatamente la pasta, poi tagliate il rotolo in strisce spesse circa 1 cm.

Disponete le “rotelle” così ottenute su un vassoio e lasciatele riposare per circa 30 minuti. Versate in una padella capiente abbondante olio di arachidi. Quando sarà bollente, immergete le tagliatelle poche alla volta per non sovrapporle e farle attaccare. Rigirate un paio di volte. Quando saranno dorate scolatele con un mestolo forato e mettetele ad asciugare su carta da cucina. Lasciate raffreddare e servite con una spolverata di zucchero a velo. Se preferite, potete anche condirle con una colata di miele o di salsa al caramello, oppure con un pizzico di cannella.




I dolci della Befana

È il weekend dell’Epifania, quello che sancisce, come da tradizione, il lungo periodo delle festività natalizie. Ci sono, però, ancora due giorni da festeggiare. Perché la “Befana” è soprattutto la festa dei più piccoli, che la mattina del 6 gennaio si alzano curiosi di scoprire che cosa la vecchina col la scopa ha messo nelle loro calze appese. Tuttavia, il giorno di festa è anche l’occasione per stare insieme alla famiglia o agli amici. Perché, allora, non preparare un bel dolce da gustare tutti insieme? Di seguito, vi presentiamo i “dolci dell’Epifania” della tradizione italiana, da Nord a Sud, e vi lasciamo anche qualche ricetta.

La tradizione del 6 gennaio nelle regioni del Nord

Cominciamo con l’esplorare le tradizioni “dolci” dal Piemonte, dove il 6 gennaio si prepara la Fugassa d’la Befana, un dolce di origini molto antiche, preparato con una pasta a lunga lievitazione con canditi, uvetta, granella di zucchero e la forma di margherita rotonda. La tradizione vuole che al suo interno siano “nascoste” una fava bianca e una nera. Chi trova la prima deve pagare la focaccia, chi trova la seconda il vino. Tipica del cuneese, si trova con qualche piccola variante (anche se ogni famiglia tramanda la sua personale ricetta) anche nell’alessandrino, dove si chiama Fugassa con Carsent. Qualcuno sostituisce anche le fave con una moneta, come simbolo di buona fortuna.

In Veneto, ma anche in alcune zone del Trentino e del Friuli, si prepara la Pinza della Befana, una focaccia dolce a base di farina gialla, la stessa con cui si prepara la polenta, a cui viene aggiunta la frutta secca. Questo antico dolce dalle origini contadine si gusta in genere accompagnato da vin brulè, oppure da un buon bicchiere di vino passito o di fragolino.

In Liguria, invece, la Befana si festeggia con gli Anicini, biscotti aromatizzati all’anice e accompagnati da un buon vino bianco dolce, nel quale si possono anche immergere per gustarli al meglio. Un altro dolce dell’Epifania è la Torta genovese, a base di pistacchi.

Nella Liguria di Ponente si prepara invece la Ciambella dei Re Magi, un dolce diffuso anche in altre regioni italiane, per esempio in Sardegna. Di origine spagnola, dove si chiama Roscon de Reyes, è una torta soffice, con un impasto arricchito di datteri, miele e fichi e decorato con zucchero a velo e frutta secca e candita. Volte provare a prepararla anche voi?

Ciambella dei Re Magi

Ingredienti

  • 500 gr di farina 00
  • 15 gr di lievito di birra
  • 100 gr di burro
  • 3 uova
  • 120 gr di zucchero
  • 180 ml di latte
  • 1 cucchiaino di miele
  • Buccia grattugiata di 1 limone
  • Buccia grattugiata di 1 arancia

Per guarnire

  • Mandorle a lamelle
  • Granella di zucchero
  • 1 albume
  • Ciliegie candite
  • Granella di zucchero

Disponete la farina a fontana su una spianatoia, ricavate un buco nel centro e poneteci il lievito di birra spezzettato e metà del latte intiepidito per fare sciogliere il lievito, poi iniziate a impastare. In una ciotola mettete il burro sciolto, il resto del latte, le uova e lo zucchero. Amalgamate il tutto, poi unite i due impasti e impastate. Unite anche il miele e la buccia grattugiata del limone e dell’arancia. Coprite la pasta con una pellicola e lasciate lievitare nel forno spento per circa 2 ore, finché l’impasto non sarà raddoppiato. Disponete l’impasto in uno stampo per ciambella dal diametro di 28-30 cm e lasciate lievitare per un’altra ora. Spennellate poi la superficie con l’albume e decorate alternando le mandorle, le ciliegie candite e la granella si zucchero. Cuocete per circa 30 minuti in forno preriscaldato a 180°. Lasciate intiepidire, sformate e servite.

La Befana…al centro

La tradizione vuole che, fin dai tempi passati, i protagonisti della festa dell’Epifania fossero i biscotti, che potevano essere inseriti nelle calze. Alle mandorle, al cioccolato, con la glassa o ripieni, ancora oggi si possono trovare sulle tavole nel giorno dell’Epifania. Nelle Marche, per esempio, si preparano i Cavallucci. In alcune zone, come Cingoli e Apiro, vengono farciti con marmellata, frutta secca e sapa. Nella zona di Genga si chiamano invece Pecorelle e vengono farciti con le mele.

In Abruzzo, nel teramano, si preparano i Pepatelli, biscotti a base di miele, frutta secca, farina integrale e pepe nero, da cui il nome, e il sapore speziato. Passando in Toscana, nella zona di Siena si trovano i Cavallucci, stesso nome dei biscotti marchigiani, ma dall’aspetto tondeggiante, impastati con zucchero, farina, miele e farciti con canditi e spezie e una spolverata di zucchero a velo. Se ne trovano in diverse forme e varianti ed erano conosciuti fin dai tempi dei Medici.

Diffusi in tutta la Toscana, ma originari di Viareggio, i Befanini sono i tipici biscotti che si preparano il 6 gennaio. Dalla consistenza morbida, sono realizzati in diverse forme, a seconda degli stampini, e ne esistono diverse versioni, tra cui al rum, all’anice, o al latte. Sono ricoperti da una glassa colorata e da confettini multicolore. Eccovi la ricetta.

Befanini

Ingredienti

  • 500 gr di farina 00
  • 1 bustina di vanillina o 2 cucchiai di estratto di vaniglia
  • 4 uova
  • 300 gr di zucchero
  • 50 ml di Sassolino o di Anisetta (liquore all’anice), oppure rum o maraschino
  • 1 pizzico di sale
  • 1 bustina di lievito per dolci
  • 200 gr di burro fuso
  • Scorza grattugiata di 1 limone
  • Codette colorate per guarnire

In una ciotola sbattete le uova con lo zucchero e la vaniglia fino a ottenere un composto spumoso. Aggiungete poi il burro fuso tiepido e la farina setacciata mescolando per non fare formare grumi. Una volta ottenuto un composto omogeneo unite anche il liquore scelto, la buccia grattugiata del limone e il lievito e fate riposare l’impasto coperto per 30 minuti. Riprendetelo, poi lavoratelo su una spianatoia infarinata e stendetelo con il matterello a uno spessore di circa 1 cm. Ritagliate le forme che più vi piacciono utilizzando degli stampini. Spennellate i befanini con l’uovo sbattuti e cospargeteli con le codette colorate. Ricoprite una teglia con della carta da forno e disponetevi sopra i biscotti. Infornate a 180° per circa 20-30 minuti, finché non saranno dorati. Fateli raffreddare e servite. Si conservano per un paio di giorni.

 

I dolci del Sud

In Campania, nel giorno della Befana, si preparano gli Struffoli, le deliziose palline di pasta a base di farina, uova, zucchero e liquore all’anice, che vengono fritte nell’olio e nello strutto e poi rigirate nel miele. Si dà loro la forma di una ciambella e si decora con frutta candita o confettini colorati.

Secondo la tradizione, poi, nel giorno dell’Epifania si prepara la prima pastiera dell’anno, augurio di abbondanza.

In Puglia, nel barese, si preparano le cartellate, realizzate impastando farina, olio e vino bianco per poi realizzare delle fettucce di pasta composte a spirale e con un a forma che ricorda una rosa. Vengono prima fritti, poi, tra le cavità, può essere inserito il mosto cotto o il cotto di fichi.

Nel Salento, invece, si preparano i purciduzzi, gnocchetti dalla superficie liscia o rugosa che vengono prima fritti poi immersi nel miele bollente e decorati con confettini colorati.

In Sicilia, invece, si preparano le scorzette di arancia candite, che vengono poi immerse nel cioccolato fuso e, fatte raffreddare, diventano dolcetti golosissimi. In tutta l’isola si preparano poi i Buccellati, che possono avere la forma di biscotti, ma anche di ciambella. Il ripieno della pasta frolla è a base di fichi secchi, uva passa e mandorle. Il tutto ricoperto dalla glassa.

Infine, nelle calze dei più piccoli di tutta Italia, che siano stati buoni o cattivi, non può mancare il carbone, dolce, naturalmente. Avete mai provato a farlo in casa? Provate con la nostra ricetta: è semplicissimo. Buona Befana!

Carbone dolce della Befana

 Ingredienti

  • 700 gr di zucchero semolato
  • 300 gr di zucchero a velo
  • 7 gr di carbone vegetale in pastiglie (si trova in farmacia o in erboristeria)
  • 1 albume
  • 30 cl di acqua minerale gassata

Riducete le pastiglie di carbone in polvere poi montate l’albume a neve. Mettete in una casseruola 300 gr di zucchero semolato e 30 cl di acqua gassata. Portate il tutto a ebollizione e fate cuocere a fuoco medio mescolando spesso finché non si sarà formato uno sciroppo denso. Aggiungete poi il carbone vegetale, mescolate, poi incorporate anche l’albume montato a neve e i rimanenti 400 gr di zucchero semolato. Versate il composto in uno stampo di alluminio uso e getta da plum cake o in stampini monoporzione. Lasciate solidificare il carbone poi spaccatelo in pezzi grossolani, confezionatelo in sacchettini e…mettetelo nelle calze!

 




A Napoli durante le feste si gustano i roccocò

Insieme agli struffoli, ai raffioli, ai mostaccioli e ai susamielli, i roccocò sono i dolci napoletani delle feste per eccellenza. E rispettano la tradizione che vuole tra gli ingredienti dei dolci di fine anno la frutta secca, come segno di buon augurio e buona fortuna. La tradizione legata alla frutta secca è antichissima e risale addirittura agli antichi romani.

Si è però tramandata nei secoli in tutte le regioni dell’ex impero. Basti pensare che i Francesi preparano il loro menù per il Cenone di Capodanno con tredici diversi tipi di frutta secca. In Italia, invece, alterniamo noci, nocciole, arachidi, mandorle, ma anche datteri e fichi, come ingredienti dei piatti o anche da mangiare semplicemente così.

I roccocò, biscotti medievali

Se andate a Napoli per le feste, non perdete l’occasione di assaggiare questi biscotti a base di farina, mandorle, zucchero, canditi e un misto di spezie chiamato pistò. La loro forma è quella di una ciambella un po’ schiacciata, di circa dieci centimetri. Nella versione tradizionale sono piuttosto duri e per renderlo più morbido si gusta bagnandolo nello spumante, nel vino bianco, oppure nel marsala o nel vermouth. Ne esistono, tuttavia, anche versioni più morbide.

Il perché della “durezza” consiste nel fatto che, secondo la tradizione più pura, i roccocò si preparano la notte dell’8 dicembre, giorno dell’Immacolata, ma poi si conservano e si consumano per tutta la durata delle feste natalizie. Si trovano sulle tavole, quindi, a Natale, a Capodanno e fino all’Epifania. Ma nessun vieta di prepararli anche in altri periodi dell’anno.

Ogni volta che addentate uno di questi squisiti biscotti, ricordatevi poi di stare gustando un pezzo di storia. La loro origine, infatti, risale al 1320. A inventarli sarebbero state le monache del Real Convento della Maddalena di Napoli. Sarebbero invece stati i francesi a dare loro il nome. Roccocò deriverebbe infatti dal termine rocaille, per la loro forma simile a una conchiglia arrotondata, ricorrente nelle decorazioni barocche.

Insomma, che decidiate di gustarli “sul posto”, mentre visitate o tornate a Napoli, oppure se vi viene voglia di provarli, in qualunque regione d’Italia o del mondo viviate, ecco di seguito la ricetta tradizionale. Con un consiglio: se preferite la versione più morbida, togliete un po’ prima i roccocò dal forno.

Roccocò

Ingredienti per circa 25 biscotti

  • 1 kg di farina 00
  • 900 gr di zucchero
  • 900 gr di mandorle con la buccia
  • Buccia grattugiata di 1 arancio grande
  • Buccia tagliata di 3 mandarini
  • Buccia grattugiata di 1 limone grande
  • 25 gr di pisto (mix di cannella, chiodi di garofano, cardamomo e noce moscata)
  • 2 gr di bicarbonato in polvere
  • 150 gr di canditi (scorzetta e cedro)
  • 100 ml di acqua tiepida
  • 50 gr di miele millefiori
  • 200 ml di succo di arancia e mandarini
  • 1 bacca di vaniglia
  • 1 pizzico di sale

Per decorare

  • 2 uova
  • 100 gr di mandorle
  • 1 cucchiaino di zucchero

Mettete a tostare le mandorle, fatele raffreddare poi tritale grossolanamente. Disponete poi la farina a fontana su una spianatoia e praticate un buco nel centro, dove metterete lo zucchero, le mandorle tritate, la buccia grattugiata del limone, quella dell’arancio e la buccia dei mandarini a dadini, il pisto, i canditi tagliati a dadini e la vaniglia grattugiata. Spremete gli agrumi, filtrate per eliminare le parti più corpose, poi aggiungete l’acqua al succo e mettete a intiepidire sul fuoco. Togliete dalla fiamma e aggiungete il bicarbonato di ammonio e il miele, che lascerete sciogliere. Versate poi il composto gradualmente sull’impasto e lavorate a mano tutti gli ingredienti fino a ottenere una pasta morbida ma non appiccicosa.

Tagliate l’impasto in porzioni di circa 100 gr cadauna e stendetelo a bastoncino formando una ciambellina. Rivestite poi una teglia di carta da forno e adagiatevi sopra i roccocò, distanziandoli bene gli uni dagli altri, perché con la cottura tendono a gonfiarsi e potrebbero attaccarsi. Appoggiate qualche mandorla su ciascun roccocò premendo leggermente, poi spennellati con le uova sbattute con lo zucchero e infornatele a 150°C per circa 30/40 minuti a seconda se li preferite più morbidi o più duri.

Sfornateli e sollevateli dalla teglia con una spatola, poi capovolgeteli e lasciateli raffreddare. Servite croccanti. Si possono conservare in una busta di carta per circa 10 giorni.