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VIETNAM DEL NORD: DOVE IL TEMPO SEMBRA ESSERSI FERMATO (1° parte)

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Nell’austera Hanoi, a cavallo fra comunismo e consumismo, alla scoperta delle meraviglie nella baia di Halong fino alle montagne ai confini con la Cina, con terrazze verdissime coltivate a riso, nei parchi naturali del nord e poi giù fino a Da Nang 

 Di Beppe Bonazzoli

Per quaranta e rotti anni, come giornalista, ho viaggiato in lungo e in largo. Non li ho mai contati, ma di Paesi ne avrò visitati una cinquantina. Alcuni di fretta, altri meno. Da sette anni vivo in Thailandia, a Phuket e da qui sono voluto andare alla scoperta del Sudest asiatico. Proprio qui ho trovato il Paese più interessante, seducente, ricco di storia e di vita che, secondo me, almeno una volta nella vita bisogna visitare. Il Vietnam e naturalmente i vietnamiti.

Per capire di che pasta sono basta solo ricordare: hanno lottato secoli fa con i cinesi e li hanno battuti, hanno combattuto negli anni ’50 con gli invasori francesi e li hanno sconfitti, hanno fatto la guerra con gli americani negli anni ’70 e si sa com’è finita.

Infatti la prima cosa che colpisce durante un viaggio in Vietnam, soprattutto nelle dolci terre del nord, è la gente. Piccoli, fieri, cortesi e alteri, abituati a soffrire e sorridere. Non a caso li chiamano i prussiani del Sudest asiatico. Un viaggio alla scoperta di questo Paese entrato, per gli eventi della storia, nella memoria collettiva va per forza suddiviso in due parti: una volta il Nord e una volta il Sud, due facce diversissime della stessa medaglia.

Prima tappa: l’austera Hanoi

Il viaggio a nord deve iniziare, obbligatoriamente, dalla capitale Hanoi. Dove il passato si fonde con le trasformazioni accelerate di questi tempi. Basta tuffarsi nel Quartiere Vecchio: migliaia di bancarelle preparano lo street food, piatti speziati ma non piccanti di pho bo, bun cha, banh cuon che deliziano il palato con sapori per noi inediti. Per poi passare nel centro storico fra migliaia di bar inondati dalla luce soffusa delle lampade di carta dai mille colori.

In Vietnam le lanterne multicolori illuminano dovunque la notte. I giovani indossano jeans, sandali e cappelli di paglia intrecciata ed esprimono una gran voglia di aprirsi al mondo. È un Paese giovane il Vietnam: la metà dei 70 milioni di abitanti ha meno di 25 anni. La vecchia generazione è stata decimata a milioni nelle guerre con Francia e Stati Uniti.

Nel mausoleo dello zio: il mitico Ho Chi Minh

Tappa d’obbligo in questa parte del Paese – sempre meno comunista e sempre più consumista – è il mausoleo di Ho Chi Minh: architettura severa di staliniana memoria per conservare le spoglie del padre della patria. Un omino di bassa statura, quasi insignificante, che non amava le donne, aveva il carisma del leader e, nella sua vita da perseguitato, cambiò nome 27 volte. Tant’è che la sua gente decise di chiamarlo zio Ho, una volta per tutte.

Da non perdere anche il Museo delle Donne, dedicato a questo incredibile universo femminile declinato in diversissime etnie. Donne contadine, donne di famiglia, donne combattenti.

Il paradiso perduto di Halong

Ne avevo sempre sentito raccontare meraviglie, e decisi di andarci. Qualche ora di bus da Hanoi e si approda nella mitica Baia di Halong, in pieno mar della Cina. Un arcipelago di oltre 200 isole calcaree che emergono dalle acque calme, solcate dalle mitiche giunche trasformate in battelli per mini-crociere di 2/3 giorni.

È una delle mete più visitate dai 20 milioni di turisti che ogni anno si recano in Vietnam, e ho capito perché questa meraviglia naturale è stata dichiarata Patrimonio dell’Umanità. In kajak si possono esplorare grotte e lagune.

Fra le nebbie delle Alpi tonchinesi

Partendo da Hanoi in treno, di notte, c’è un’altra splendida escursione da non perdere. Si viaggia verso nord, verso gli spettacolari Monti Hoang Lien e la cittadina di Sapa, dove ancora molti sono gli insediamenti francesi e i francesi che vivono in queste alture, ribattezzate le Alpi Tonchinesi.

Un territorio aspro, che s’innalza al confine con la Cina, spesso ammantato da basse nuvole e nebbie che incorniciano le verdi terrazze coltivate a riso fin giù verso le valli fluviali da secoli occupate dalle minoranze etniche dei mong, dei red dzao e dei giay; 44 minoranze che hanno fatto del vivere insieme un’arte, come sostiene il monaco Thic Nhat Hanh, Premio Nobel per la pace. Visitare un qualsiasi mercato, da queste parti, è come scoprire l’identità del suo popolo.

Dove i colonialisti francesi furono costretti a soccombere

C’è davvero tanto da scoprire nel Vietnam del Nord: un percorso ad anello nel nord-ovest da Sapa che sale fino a 1.900 metri verso il passo di Tram Ton, da percorrere in moto o, per i più temerari anche in bicicletta, attraverso valli fluviali e villaggi di minoranze etniche.

Lungo questo percorso si possono visitare i campi di battaglia e i musei di guerra di Dien Bien Phu. Qui, fra il novembre 1946 e il luglio 1954 si combatté la Guerra dell’Indocina fra l’esercito francese e il movimento per l’indipendenza del Vietnam, noto come Viet Minh.

I vietnamiti, male armati e male organizzati ma con un coraggio indicibile, sconfissero, nella battaglia finale di Dien Bien Phu, guidati da un giovanissimo generale Giap, i francesi che in queste terre avevano creato la colonia dell’Indocina.  Da quella battaglia nacque la Repubblica popolare del Vietnam del Nord, che già allora aspirava ad annettersi il Sud, com’era segnato nella geografia del Paese.

Ammirando e meditando fra questi spazi, aspri e dolci come il carattere della gente, tornano alla mente due storici film che raccontano com’erano quei tempi: “Vietnam mon amour” e “Un americano tranquillo” con un grande Michael Caine tratto dal bellissimo romanzo di Graham Greene.

Anche queste emozioni fanno parte della memoria collettiva del Paese, come le affascinanti e sottili donne nel costume tradizionale in pantaloni, giacca lunga e cappello a cono in paglia (Nón lá, letteralmente cappello di foglie), o come i sapori di una cucina antica che sta conquistando nel mondo gli appassionati di gusti esotici.

Una cucina delicata, raffinata, dai sapori decisi

Ancora poco apprezzata all’estero, la cucina del Vietnam rappresenta un’avventura gastronomica. Elemento base è la freschezza degli ingredienti tant’è che i cuochi vanno due volte al giorno al mercato per cercare le erbe aromatiche.  La sua filosofia culinaria si basa sull’armonia fra consistenza e sapore.

Ogni piatto mischia infatti agro e dolce, croccante e morbido, cibo fritto e al vapore, zuppe e insalate. A tavola il vino non si trova (o raramente) e ogni pasto si accompagna con birra (una volta gliela facevano i cecoslovacchi, ora hanno imparato a farla da soli), o una varietà infinita di tè, aromatizzati o speziati.

Quella guerra che nessuno vuole più ricordare 

La prima parte di questo viaggio, che instilla forti emozioni, si ferma a Da Nang. Crocevia obbligato fra il Vietnam del nord e quello del sud. Un ex villaggio di pescatori di cui, per motivi strategici, gli americani ne fecero luogo di approdo delle truppe.

Ancora viene ricordato quando tre corazzate sbarcarono 20 mila marines in assetto di guerra, per affrontare le truppe regolari del nord che, anziché l’elmetto, portavano cappelli di paglia intrecciata e venivano affiancati dai Vietcong, patrioti ribelli dalle incursioni micidiali. Che da lì, cominciarono a scavare cunicoli sotterranei per infiltrarsi al sud e proteggersi dai bombardamenti al napalm.

Da Nang è oggi una città moderna, mollemente adagiata sulle coste del Pacifico dove sorgono, su tutto il lungomare, una fungaia di alberghi. A farne una nuova meta turistica sono gli investimenti cinesi, giapponesi, e coreani.

America go home: oggi è il contrario

Fra i turisti che vagano alla scoperta del Vietnam sono molti gli americani, che hanno vissuto quel conflitto in gioventù dai resoconti tv e nelle proteste universitarie o magari hanno perso un figlio, un parente, un amico. E vengono qui, ancora oggi, in cerca di risposte su quella ferita nazionale mai sanata.

Per capire come è potuto succedere che questo popolo di piccoli uomini testardi sia riuscito, per la prima volta nella storia, a mettere in ginocchio la potenza militare americana. Ma i vietnamiti, di quella guerra, non hanno più voglia di raccontare né ricordare. Ma vogliono solo dimenticare. Del resto gli Stati Uniti sono, oggi, il primo partner commerciale del Vietnam.