Viaggi In Europa

Una Lapponia vicina e accogliente

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Di Vittorio Giannella.

A partire da oggi, ogni giorno, il giornalista-fotografo Vittorio Giannella vi porterà con lui in un tour intorno al mondo. Si parte dalla Lapponia.

Vittorio Giannella

Cinque giorni di trekking in Lapponia con la slitta trainata da renne, in una delle regioni più incontaminate d’Europa, per percorrere le silenziose piste innevate nel parco nazionale di Pallas-Ounastunturi. Un viaggio per spiriti liberi e nomadi oltre il circolo polare artico, ora che le giornate si allungano considerevolmente.

Fa molto freddo ma non è un problema, basta un normale abbigliamento invernale e poi indossare la speciale tuta termica che fornisce chi vi guiderà, per non correre rischi. Quando l’aereo atterra a Rovaniemi, sarà per quella lunga barba bianca che da bambini ci ha incantati, ma trovarsi nel paese di Babbo Natale emoziona e non poco. Duecento chilometri più a nord si arriva a Enontekìo, e dal cielo il territorio sembra uno sconfinato tappeto bianco e nero dove cime glabre scintillanti sono attorniate da intarsi di foreste.

Le montagne, con cime che non superano gli ottocento metri, sono arrotondate dai milioni di anni d’incessante lavoro dei ghiacciai e del vento e oggi sono “attici” che regalano punti di vista e scorci infiniti. Siamo nella terra dei Sami, i primi abitanti di queste lande vastissime, ormai ridotti a poco più di settemila anime, e la maggior parte di loro vive qui. I Sami restano pescatori, cacciatori, ma soprattutto allevatori di renne, tradizionale attività su cui si basa l’economia, la stessa storia di questo popolo, con un’unica concessione alla modernità; la motoslitta.

Ma il codice “della strada” non è stato minimamente modificato: ad un incrocio, che sia strada o sentiero, le renne hanno sempre la precedenza. La guida, Esa, un allevatore imponente dagli occhi azzurro cielo che conosce bene questi vasti territori spiega che questi trekking si possono effettuare da dicembre a marzo: naturalmente in pieno inverno le notti sono lunghe con il sole che arriva sulla linea dell’orizzonte per poco tempo, ma da febbraio le ore di luce si allungano di molto. Istituito nel 1938, il parco nazionale di Pallas-Ounastunturi copre una superficie di oltre 500 chilometri quadrati e si possono organizzare brevi escursioni di una giornata o di svariati giorni su piste ben segnate da semplici pali, come quella che porta nell’accecante biancore al passo del monte Pyakero;

dune di neve ammassate dal vento, scavate, modellate, sempre mobili. L’unico rumore percettibile in questo deserto immacolato è il fruscìo della slitta. Orme, tracce misteriose si perdono nella fitta boscaglia; alci, pernici bianche, ermellini. Avanzare con la slitta trainata dalle renne è un modo naturale e lento di esplorare il territorio incontaminato e se, come scrisse Henry David Thoreau, “la salvezza del mondo sta nella natura selvaggia”, qui siamo senza dubbio in luogo del genere.

Domani bisogna coprire il secondo tratto dell’itinerario che dal rifugio Sioskuyu, dove si passa la prima notte, arriva a Pahakuru. Nel rifugio ben fornito di legna ci si riscalda attorno al fuoco bevendo succo di mele e sgranocchiando biscotti alla cannella, un tocco di esotico che stride con i -15 gradi che sono fuori. Nel silenzio della notte polare, il tempo e la quiete acquisiscono un valore speciale. Ci si rende conto che in quest’immensità bianca sono tanti gli animali, gli alberi, i laghi, e pochissima la presenza umana. La neve caduta durante la notte ha cancellato ogni traccia e le renne, per metà imbiancate, sono impazienti di riprendere il cammino, di sentire pronunciare la parolina magica “menna”, che significa “vai, vai”. Nonostante siano ormai abituate al contatto con l’uomo, le nostre renne hanno conservato l’istinto del loro passato di libertà. Lo si intuisce nella loro diffidenza alle carezze e quando, allentate le redini, si dirigono istintivamente nella boscaglia.

Si avanza a fatica nella neve alta e soffice, non una bava di vento che scuota i licheni penduli dai rami; tutto pare paralizzato dal gelo, ma le orme di una volpe artica e della lepre variabile, sua preda preferita, ci ricordano che è solo apparenza: qui la lotta per la sopravvivenza è sempre in atto attorno a noi.

C’è nell’aria magia, suggestione, quasi certi che di lì a poco qualcosa di unico potrebbe succedere. Infatti nelle notti a ridosso della luna nuova, quando nel cielo la luce del nostro satellite è assente e il cielo nero pece, si può verificare il fenomeno dell’aurora boreale, un’esperienza che non si dimentica facilmente, con lo spettacolo di lenzuoli verdi che si muovono sulla nostra testa.

Secondo un’antica leggenda Sami, a provocarla sarebbe una volpe, che correndo sui monti artici accende il cielo con le scintille che scaturiscono dal contatto della sua coda con la neve. Per questo motivo aurora boreale in lingua Sami si dice “revonlulet”, letteralmente “fuochi di volpe”.

Dopo aver dato da mangiare manciate di licheni alle affamate renne, Esa la guida, prepara la cena con gli ingredienti del territorio e della tradizione Sami: erbette, bacche di mirtilli, funghi che accompagnano carne di renna. L’aria pungente e il silenzio solenne fanno godere di quelle solitudini che molte volte si cercano nelle nostre caotiche città.

L’ultimo tratto del nostro itinerario attraversa una fitta foresta innevata con gli alberi prostrati e piegati dal peso, e ci ricordano le condizioni proibitive che la natura impone in questi luoghi. Spesso, nelle vicinanze di qualche villaggio, all’incrocio con altri sentieri, si trova una sedia di legno con un cestino ricolmo di vasetti di miele e marmellate, una pietra e un messaggio scritto a penna che recita: “ hai fatto tanta strada per arrivare fin qui, nella magia della notte polare, prendi quello che ti aggrada ma ricordati di mettere la pietra sui soldi di carta, se no il vento se li porta via”. Buon viaggio.

La guida Esa

Servizio di Vittorio Giannella.