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Dall’Italia alla Mongolia in van, attraverso la Russia verso il paese di Gengis Khan

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Perché in Mongolia?

Un viaggio sognato e finalmente realizzato. Quando abbiamo deciso di andare nel paese di Gengis Khan abbiamo voluto farlo con il camper per essere liberi di fermarci e di visitare tutto quello che volevamo. Quando siamo partiti ai primi di giugno di quest’anno ci sembrava impossibile raggiungere la nostra meta: ci aspettavano 12mila chilometri all’andata e altri 12mila al ritorno. Ma ce l’abbiamo fatta e il 30 agosto abbiamo rimesso piede in Italia.

L’itinerario di avvicinamento si è sviluppato in 25 giorni di viaggio fino al confine russo. Da qui siamo entrati in Mongolia dove siamo rimasti circa un mese. Il percorso è continuato fino al deserto del Gobi e il confine con la Cina per poi risalire a nord e tornare verso la Russia. E questo è il resoconto del viaggio.

La partenza e le tappe di avvicinamento

Tutto ha avuto inizio il 6 giugno quando abbiamo messo in moto e al volante del nostro camper su Renault Master 150 cavalli abbiamo lasciato Trieste e varcato il confine con la Slovenia su autostrada a doppia corsia abbiamo proseguito verso l’Ungheria. I vantaggi dell’Unione Europea si sono fatti sentire, sia per l’ingresso in Slovenia che in Ungheria non abbiato dovuto far fronte a nessuna formalità di frontiera, ad eccezione dell’acquisto delle vignette autostradali di entrambi i paesi. Entrati in Ungheria sempre in autostrada costeggiando velocemente il lago Balaton e superando la capitale, Budapest, abbiamo proseguito fino a Nyiregihaza dove termina l’autostrada M3.

Da qui la E573 ci ha condotto a Zahony e alla barriera con l’Ucraina dove abbiamo superato una lunga fila di TIR in attesa per metterci in coda tra le auto. Arrivato il nostro turno una rapida occhiata ai passaporti ci ha dato il via libera all’entrata nel paese che da alcuni anni ha abolito il visto di ingresso ai cittadini italiani per una permanenza non superiore ai 90 giorni, come il nostro caso. Necessario però essere in possesso di un passaporto valido con la scadenza della validità di almeno 3 mesi oltre la data di viaggio.

Un paese fuori dal tempo, l’Ucraina

Entrati nel paese, ahimè, è peggiorata notevolmente la condizione della strada e ci siamo incamminati su singola corsia con tratti a volte dissestati. Ma la meccanica a 6 marce ha risposto senza problemi ad ogni tipo di sollecitazione. Campi coltivati e villaggi rurali si sono susseguiti lungo il tragitto in questo paese, il più esteso d’Europa dopo la Russia, che si è lasciato alle spalle ecenni di giogo sovietico e procede faticosamente sulla strada della modernizzazione. Dai finestrini abbiamo ammirato un paesaggio bucolico, istantanee dimenticate alle nostre latitudini, carretti di contadini che si recavano nei campi, distese di grano da mietere che hanno a ragione dato al paese il soprannome di granaio d’Europa.

Superata Leopoli, la romantica città ucraina dal centro storico acciottolato, abbiamo continuato verso Kyev, l’antica capitale della Rus. E’ qui, in questa nobile città che è nata la Russia.

La città, disseminata di cupole dorate, è stata la prima tappa importante del viaggio. Ci siamo fermati per vedere la statua della grande madre Ucraina che si specchia sulle acque del Dnper e il Pecerska Lavra, un complesso di chiese e catacombe che è la più importante meta di pellegrinaggio ucraina.

In frontiera verso la Russia, dove il gasolio costa 50 centesimi

Ci siamo quindi avviati verso la frontiera e dopo il rapido controllo da parte ucraina abbiamo affrontato la barriera con la Russia, con in mano il visto fatto in precedenza in Italia. Avevamo un visto di tre mesi con doppio ingresso, dato che al ritorno saremmo di nuovo transitati nuovamente per la Russia. L’entrata nel paese ha richiesto più tempo, poiché c’erano da compilare i moduli di ingresso per noi e per l’importazione temporanea del mezzo. Alcuni per fortuna da poco sono stati tradotti anche in inglese ma altri sono ancora in cirillico. Il personale è stato gentile e con i cani antidroga ha effettuato i controlli di rito al mezzo .Tutto è filato liscio e siamo entrati in Russia.

Varcato il confine subito è migliorata la qualità delle strade, ottime sotto tutti i punti di vista, e con nostro piacere abbiamo scoperto che il gasolio costava soltanto circa 50 centesimi e nei distributori più moderni, ormai diffusi ovunque, potevamo pagare con carta di credito.

L’unico inconveniente è che devi pagare in anticipo specificando quanti litri vuoi e questo ti costringe a calcoli al ribasso per non rischiare di chiedere più del necessario con eventuali travasi su una tanica di scorta.

Nel Paese degli Zar

Ed eccoci quindi a percorrere questo immenso paese che è una distesa infinita di campi di grano, girasoli, luppolo, patate, colza, ecc. Abbiamo viaggiato con una temperatura costante di 15 gradi su strade ottime, spesso a doppia corsia, accompagnati da centinaia e centinaia di TIR.

Il trasporto su gomma in Russia regna sovrano e lungo il viaggio è stata una continua fila di questi immensi camion che percorrono il paese da est ad ovest e viceversa lungo la strada che costeggia il percorso della Transiberiana, la mitica ferrovia che parte da Mosca e attraversa Europa e Asia fino a terminare a Vladivostok. Era nata per collegare le nascenti città industriali della Siberia e le regioni orientali dell’impero alla Russia Europea. Un suo braccio secondario si stacca dal principale a Irkutsk nei pressi del Lago Baikal e prosegue fino a Pechino.

A casa di Lenin e nella capitale sovietica dell’auto

Nonostante i tanti chilometri da fare non abbiamo voluto rinunciare alla visita dei luoghi più interessanti lungo il percorso e così la nostra prima tappa russa è stata Uljanovsk, città natale di Lenin. Ovviamente il centro storico è dedicato al padre della rivoluzione. Abbiamo visitato quindi il museo che ripercorre la sua vita e un paio delle case dove ha abitato.

La casa di Lenin

Dopo ci siamo spostati a Togliattigrad per vedere l’immenso stabilimento automobilistico nato nel dopo lo storico accordo del 1966 tra l’URSS e la Fiat per la produzione di 600mila auto l’anno in Russia.

La città all’epoca era un anonimo paesino sul Volga in ottima posizione per il trasporto delle merci via fiume e divenne la capitale sovietica dell’auto con il nome del leader italiano del partito comunista morto in Crimea nel 1964. Il modello di partenza delle vetture in produzione era la storica 124 modificata per rispondere ai rigidi climi russi. Fu chiamata Zhiguli, nome trasformato in seguito in Kopeka .

La vita su strada lungo la Transiberiana

Con ancora parecchi chilometri da percorrere per giungere al confine mongolo, superato il Volga ci siamo avviati verso Samara, Ufa e Celjabinsk, tutte città che sono grossi centri industriali. La strada sempre perfetta, alternando tratti di doppia corsia a tratti singoli ma sempre ben tenuti e sempre in compagnia degli onnipresenti TIR. Lungo il tragitto abbiamo incontrato, e utilizzato, numerose aree di servizio attrezzate con parcheggio custodito, ristorante, servizio toilette, doccia e a volte perfino parrucchiere e lavanderia, a conferma di quanta parte della vita degli autisti di questi immensi camion si svolga su strada.

Era la metà di giugno e man mano che ci siamo inoltrati verso la Siberia e varcato gli Urali, spartiacque tra Europa e Asia, ci siamo resi conto che qui la primavera era appena iniziata e sui monti c’era ancora la neve.

Confine Asia-Europa

Nugoli di farfalle volteggiavano nell’aria e nei campi sconfinati era un tripudio di fiori. Ai bordi della strada numerosi venditori ambulanti di miele, fascine di betulla per la “banja”, il corrispettivo russo della sauna finlandese, patate, cestini in corteccia di betulla e alambicchi per la produzione artigianale di vodka. Ce n’era davvero per tutti i gusti.

Ekaterinburg, dove venne ucciso l’ultimo zar Nicola II

Con la strada che si inerpicava sulla catena degli Urali abbiamo continuato il percorso di avvicinamento alla Mongolia. Altra tappa importante è stata Ekaterinburg, la prima città asiatica dopo il confine tra Europa e Asia. E’ passata alla storia perché qui vennero uccisi l’ultimo zar Nicola II insieme a tutta la famiglia.

Gli ultimi discendenti dei Romanov, dinastia caduta sotto la scure della Rivoluzione d’Ottobre, dopo l’arresto e la detenzione vennero uccisi in una notte del luglio 1918 in questa città, in una casa che non esiste più. Al suo posto ora c’è una chiesa che abbiamo visitato insieme all’interessantissimo museo di geologia degli Urali dove sono esposti oltre 500 minerali e rocce locali insieme ad una collezione di meteoriti.

Domani la seconda parte di questo lungo viaggio: Oltre la taiga verso il confine mongolo.

Prosegui con la seconda puntata.