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IL PARCO DEL VESUVIO? UNO SLANCIO DI LEGALITA’ CHE IL FUOCO NON FERMERA'”: INTERVISTA AL GIOVANE E CORAGGIOSO PRESIDENTE AGOSTINO CASILLO

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La missione di un parco è quella di preservarne la natura il più possibile, di non inquinarla. E il parco del Vesuvio, forse il vulcano più amato al mondo, è un’oasi in un territorio che nel passato è stato iper urbanizzato e iper cementificato. Il parco oggi è come una verde corona, ricca di diversità, che incornicia il Vesuvio, e il giovane Presidente Agostino Casillo vuole proteggerlo per farlo essere sempre più sostenibile, sempre più Green.

 

Qualcosa di cui il Parco del Vesuvio va fiero…

Il parco si fonda su un grande slancio di legalità. Vorrei si sapesse che la nostra sede, il palazzo mediceo di Ottaviano, è stato sequestrato alla Camorra. Negli anni 80 era stato acquistato dal boss Raffaele Cutolo, quindi quel palazzo allora simbolo della criminalità è oggi sede del parco ed è baluardo della legalità. Infatti facciamo molti progetti con Libera (Associazione contro le mafie), allestiamo campi di volontariato estivo, con affluenza da tutto il mondo, dove trattiamo il tema del recupero, la riqualficazione di beni confiscati a mafiosi e camorristi, il loro riutilizzo e molto altro. Un obiettivo/percorso molto nobile che va difeso.

Credo che il Vesuvio sia uno dei vulcani più famosi al mondo. Lei è il presidente del parco che lo racchiude, sente questa responsabilità?

Certo, è una grande responsabilità. Sono stato molto orgoglioso quando il ministro mi ha conferito questo incarico, anche perché sono nato e vivo qua: è la mia terra. Voglio migliorare questo parco che ha tanti problemi ma potenzialità enormi, per prima quella di avere al suo interno, appunto, uno dei vulcani più famosi al mondo.

Lei è giovane e con idee “green”, come pensa di migliorare la sostenibilità del parco?

Innanzi tutto la mission principale è quella della tutela della biodiversità, dello sviluppo sostenibile di un’area tra le più antropizzate. La grande sfida è far diventare il parco centro di nuove politiche di sviluppo fondate sulle green e white economy. Su tre grandi direttrici: una è quella del turismo sostenibile, trasformando i flussi turistici, che non riusciamo ad oggi a far permanere in maniera stabile sul territorio. Abbiamo Il secondo polo di attrazione turistica della Campania, (850.000 turisti all’anno al cratere), ma non ancora un sistema di ricettività adeguata in tutti i comuni del parco. Quindi, dobbiamo riuscire a favorire la nascita di piccole attività ricettive, come B&B, riqualificando i volumi esistenti senza edificare nuove costruzioni.

Ad esempio offrendo ai turisti “il tramonto sul Vesuvio”?

Sì, proprio così. Siamo lavorando in collaborazione con Scabec, braccio operativo dei sistemi culturali della Regione Campania, ed il presidio delle Guide Vulcanologiche per avere nei primi giorni di settembre tre giorni di visite notturne al cratere.

Ci sono state critiche per i parcheggi, per l’accoglienza dei turisti…

Sì le conosco, tuttavia abbiamo cercato di intervenire e dal primo giugno sono state installate nuove toilette e stiamo lavorando con il Comune di Ercolano per partire dopo la stagione estiva con una sperimentazione su mobilità e parcheggi.

Per un Vesuvio Green, sarebbe giusto entrare nel parco con auto ibride ed elettriche, corretto?

Sicuramente il problema della mobilità specie al cratere è un grande tema, perché ad oggi arrivano tantissimi autobus. Ci sono giorni nei quali arrivano 3-4.000 persone. Il nostro progetto è creare una stazione di interscambio a valle, con parcheggi dove si arriva con auto e bus tradizionali, e dove la salita sarà garantita con navette elettriche. Si parla della gestione di un flusso molto importante, però siamo già proiettati verso una mobilità sostenibile. A una delle due porte del Parco è presente un servizio di navette diesel Euro 6, più ecologiche di quelle precedenti, con un impatto ambientale ridotto. Ma nel mio progetto c’è la speranza di usare un veicolo elettrico, io stesso vorrei un’auto elettrica, mi sento un profanatore a usarne una con motore termico. L’obiettivo è un Vesuvio Green dove anche le auto siano green.

Speriamo. Quale altro obiettivo green ha oltre all’uso di veicoli elettrici?

Stiamo lavorando a un grande progetto di educazione ambientale nelle scuole. Perché è un aspetto che spesso nel passato si è dimenticato, ma la mission educativa dei parchi naturali è sancita proprio nell’articolo 1 della 394: i parchi devono fare educazione ambientale, devono orientare le giovani generazioni a comportamenti green e rispettosi dell’ambiente.

Quello del Vesuvio è forse fra i più fertili al mondo, quali sono le vostre specialità eno-gastronomiche?

La fertilità dei territori vulcanici per noi è una risorsa. Abbiamo recuperato negli anni una grandissima eccellenza quale “il pomodorino del piennolo”, che è anche DOP, e che in 10/15 anni è riuscito ad essere uno dei prodotti più ricercati, anche da grandi chef. Ha caratteristiche organolettiche d’eccellenza e poiché ha un contenuto d’acqua bassissimo, il sapore è molto intenso e può essere conservato fino a Dicembre. Così a Natale le famiglie possono gustare questo pomodorino, di mantenimento tanto longevo. Un’altra grande eccellenza è il vino: ci sono tracce di antiche ville rustiche nel territorio del parco che risalgono al periodo romano, quando già questo era un territorio di produzione del vino. La nostra eccellenza odierna è il “Lacryma Christi”. Con il Consorzio di tutela si sta cercando di mettere in campo dei progetti comuni per una maggiore qualità e una migliore distribuzione nel parco stesso.

Ci sono delle vigne proprio dentro il parco?

Assolutamente sì, abbiamo oltre 150 ettari di vigneto all’interno del parco. Avere una produzione all’interno di un’area protetta è un valore aggiunto. Questo vale per tutti i prodotti agricoli. Infatti stiamo puntando a riprendere il progetto del marchio del parco, accantonato a seguito di una direttiva europea. Oggi sembra che la normativa permetta di ripartire.

Dopo il pomodorino e il Lacryma Christi?

Da pochi mesi si sta iniziando a rilanciare l’albicocca dal Vesuvio, un’altra grande eccellenza, attraverso la nascita del presidio slow food. Una delle nostre famose albicocche è la “Pellecchiella”. Se la si assaggia si capisce perché va salvata e tutelata.

Caschi di Pomodorini del Piennolo

Per quanto riguarda il formaggio?

Purtroppo gli allevamenti nel nostro parco sono del  tutto scomparsi, bisognerebbe capire come provare a reinserirli. Ma è importante ricordare che l’azienda Auricchio è nata a San Giuseppe Vesuviano e seppur si sia spostata a Cremona, resta comunque una nostra eccellenza, uno dei prodotti italiani più famosi all’estero.

Il parco ha una sua unicità, un suo primato?

Siamo uno dei parchi più piccoli e popolosi. L’unico grande polmone verde, circondato da una delle zone più urbanizzate d’Italia: 350.000 abitanti dentro e limitro al parco. Un parco antropizzato che è una vera e propria sfida. Molti pensano che il parco sia soltanto il Vesuvio, ma abbiamo un’area con una foresta eccezionale, che è una delle grandi risorse. Abbiamo delle pinete costituite dall’uomo, il pino non era autoctono. Autoctoni sono i lecci e i cedri, alcuni tipi di querce, castagneti. I Pini sono stati immessi con il compito di contenere, grazie alla crescita veloce delle radici, l’erosione e il dissesto geologico a seguito delle eruzioni. Nel Parco si parte da una montagna molto rigogliosa, si passa nella “valle dell’inferno” e si arriva nel cratere dove c’è un paesaggio quasi lunare e brullo. È quindi la grande varietà di biotipi e paesaggi a renderlo unico. E intorno c’è il patrimonio archeologico più importante del mondo, come Pompei, Ercolano e molti altri siti minori, e tutti esistono proprio grazie al vulcano.

 

(Intervista su questo sito e nella rivista WEEKEND IN ) di Raffaele d’Argenzio, divieto di riproduzione)