Tutti pazzi per il Mangiar di strada. E Peppone, star televisiva dell’Italian Food, ci svela i suoi “cibi di strada” preferiti

Nei veri Weekend con Gusto non possono mancare i gusti dei cibi autentici del territorio, i “cibi di strada”, che ci permettono di conoscerne le origini e le tradizioni: anche loro fanno parte della storia e della cultura. Per ora parliamo dei più importanti, “guidati” da Giuseppe Calabrese, più noto come Peppone.

Di Vittorina Fellin

Negli ultimi anni il tradizionale cibo di strada italiano sta andando incontro a una vera rivoluzione delle abitudini alimentari, stimolato dal dibattito culturale prodotto da globalizzazione, migrazioni, mescolanza delle tradizioni culinarie.

La fotografia del settore della ristorazione ambulante scattata da Unioncamere-InfoCamere sulla base dei dati ufficiali del Registro Imprese evidenzia un fenomeno in forte espansione. Dal 2013 al 2018 le attività del settore sono passate da 1.717 unità alle attuali 2.729, un incremento in termini percentuali del 60%.  Ma, come ogni fenomeno, si evolve e si trasforma di anno in anno, lasciando poche certezze e molti punti da indagare.

Una tradizione secolare

Ma va detto, prima di tutto, che non c’è nulla di nuovo sotto il cielo visto che quella che viene definita una nuova tendenza alimentare in realtà esiste fin dall’antica Grecia e che, prima di diventare un genere imprenditoriale, era una consuetudine alimentare dei contadini che, tra il pranzo e la cena, necessitavano di rifocillarsi con una merenda sostanziosa fatta di cibi poveri.

Una realtà presente in molti paesi del mondo, come i tacos spagnoli, le patate fritte belghe, ma anche preparazioni più particolari come i falafel (polpette di legumi) israeliani e i souvlaki greci (spiedini di carne o verdure). Ma attenzione lo street food è qualcosa di diverso dal cibo di strada inteso nel senso più strettamente artigianale e locale.

Una definizione possibile

L’autentico cibo di strada, patrimonio di vicoli e mercati, deve avere caratteristiche “genetiche” comuni come l’appartenenza alla tradizione, la qualità delle materie prime, siano esse frattaglie o prodotti più nobili, la convenienza economica, la disponibilità immediata. Il suo godimento non implica la necessità di piatti e posate. ma semplicemente l’uso delle mani e la voglia di sporcarsi un po’ con la tradizione.

Se questo è vero, allora è facile intuire che quello che vediamo nelle nostre città sono più che altro dei format gourmet che trasformano la cucina della tradizione in ricette di street food casual e innovativo. Se a questo aggiungiamo la formula del franchising, concept internazionali che intercettano le nuove tendenze del mercato (Oktoerfest, Festa di San Patrizio, ecc) e l’innovazione garantita da foodtruck super attrezzati, street lab farm, (piccoli laboratori ambulanti in cui si pratica anche la pastorizzazione) e soluzioni più green come bici cargo perfettamente attrezzate, il business è servito.

Peppone, star televisiva dell’italian food, rivela: “Ecco i cibi di strada che prediligo

Per indagare il vero significato del “mangiar di strada” abbiamo interpellato Giuseppe Calabrese, in arte “Peppone”, gourmet potentino salito alla ribalta grazie a note trasmissioni televisive. Lui sa raccontare l’Italia come pochi, la sua arena sono mercati, sagre, vie del centro nelle quali carretti, banchi, furgoncini accolgono storie, profumi e sapori avvolti in un cartoccio. Da lui abbiamo appreso che il cibo di strada è la quintessenza della territorialità.

Quali sono i luoghi e gli street food che più ti hanno appassionato in Italia?

Lo street food è l’ultimo baluardo della cultura contadina. Si compone di piatti poveri, solo in rarissimi casi troviamo qualcosa di più complesso come in Puglia, per esempio, dove con il rustico leccese è abbinata la besciamella. Il cibo di strada ha un valore antropologico importantissimo che fonda la sua forza sul tema del ricordo. Ogni regione esprime il meglio della propria tradizione con questi prodotti che amo declinati in ogni forma. Ho una predilezione per quelli campani, come la pizza portafoglio, il panzerotto, perché amo i lievitati e in particolare il grano, materia prima che ha subìto numerosi soprusi negli anni.

Se ti chiediamo di associare un prodotto della tradizione ad un borgo o ad una città, cosa ti viene in mente? Ricordo con piacere il panino con la pampanella in Abruzzo, un formaggio fresco simile al cacioricotta prodotto con latte caprino, e la porchetta di Ariccia, ora assurto a piatto nazional popolare.

La forza del turismo enogastronomico si fonda anche su questi prodotti. Cosa cerca il consumatore-viaggiatore?

Il cibo è legato indissolubilmente al territorio, nei miei viaggi le due cose non possono essere slegate. La vera bellezza consiste nel capire perché in un determinato territorio vi sia quel prodotto o quel piatto. Per esempio a Reggio Calabria nel giorno della Festa di Madonna c’è un piatto che si chiama le frittole che altro non sono che il quinto quarto del maiale (il muso, la testa, ecc.) cotto nel suo lardo. La tradizione prevede la cottura lenta delle frattaglie in enormi pentoloni durante la notte. La gente assiste al rito e al termine lunghe file di persone attendono pazientemente davanti alle macellerie per acquistarle. La particolarità è data dal fatto che stiamo parlando di un popolo stanziato sul mare che ama un prodotto legato alla terra. Un’altra preparazione che mi ha incuriosito molto è la pearà, una salsa tipica della cucina tradizionale di Verona accompagnata ai bolliti. Nel mio ristorante ormai è diventata un classico.

Quale rapporto esiste tra il cibo di strada e la qualità?

Il cibo di strada ha una qualità intrinseca. Immaginiamo un pane di grano mono cultivar fatto lievitare con una pasta madre accompagnato ad un caciocavallo podolico, il cui latte è prodotto da animali nutriti su un pascolo polifita (con diversi tipi di erba), o una salsiccia di suino nero allevato allo stato brado ricco di omega 3 e 6. La cosa importante è poter scegliere, come nel mondo del vino dove si è riusciti a marcare questa differenza: il prezzo cambia in funzione della qualità. Nel cibo invece questo non accade. Se un animale è alimentato ad erba fresca o insilati (foraggio conservato in silos) cambia la materia prima prodotta e così anche il prezzo. Chi fa un’attività di transumanza, per esempio, va remunerato il giusto in funzione del proprio lavoro e del valore che questo ha per il territorio e per le generazioni future.

Quali sono i WEEKEND CON GUSTO che consigli?

Quelli in cui si può associare gastronomia e cultura. Come la Festa di Madonna a Reggio Calabria dove, oltre alle frittole, specialità di cui si è già parlato, si possono vedere i Bronzi di Riace e il magnifico lungomare. Oppure la Sagra della Strazzata (tipo di focaccia, che si strappa e non si taglia) ad Avigliano in Basilicata per scoprire anche bellezze quali i Castelli di Lagopesole e di Menfi, ma anche la Fiera del riso a Isola della Scala per riscoprire Verona e le sue romantiche vie.