Il Mondo in Italia. Il teatro greco di Siracusa e di Epidauro, Patrimoni UNESCO

Ci sono tante buone ragioni per vedere il mondo e viaggiare. Ma, se ancora non è venuto il momento buono per andare lontano, per diverse ragioni, possiamo trovare un pezzo di mondo anche nella nostra bella Italia. Sono tante, infatti, le meraviglie italiane che hanno qualcosa in comune con altre all’estero. Potete decidere di visitare il nostro immenso patrimonio e, perché no, in un’altra occasione vedere dal vivo anche il suo “gemello”. Abbiamo deciso di proporvi  “Il Mondo in Italia”, partendo  da Siracusa, in Sicilia, dove si trova il magnifico Teatro Greco, e poi a Epidauro, nella regione del Pelopponneso, in Grecia.

Maschere della tragedia greca

I teatri di Siracusa ed Epidauro, quante cose in comune

Sono due dei teatri più belli e importanti del mondo antico ed entrambi sono stati inseriti dall’UNESCO nella lista dei siti Patrimonio dell’Umanità. Il teatro greco di Siracusa risale al V secolo a.C, quello di Epidauro al IV, ma i punti in comune sono molti. Entrambi sono stati costruiti sfruttando una collina naturale, la spettacolare acustica di tutte e due è ancora oggetto di studi, sono talmente belli che, a differenza di molti altri monumenti dell’epoca, il cui progettista è rimasto anonimo, si conosce il nome dei due architetti.

Il teatro greco di Siracusa gremito durante una rappresentazione

Entrambi, poi, avevano una capienza che si avvicinava al 15 mila spettatori. Infine, tutti e due i teatri, ospitano ancora degli spettacoli, tra rassegne teatrali e festival, che consentono anche a noi di vivere le stesse emozioni degli antichi greci.

Il teatro greco di Siracusa, il palcoscenico della storia

Il teatro greco di Siracusa è uno dei capolavori dell’antichità e uno dei meglio conservati, nonostante sia stato oggetto di rifacimenti e di abbandono nel corso dei secoli. Fa parte dal 2005 del sito UNESCO che comprende il “Centro Storico di Siracusa e la necropoli rupestre di Pantalica”

Veduta dell’area archeologica di Siracusa

La sua esistenza è già accertata nel V secolo a.C e, come detto in precedenza, a differenza di altri monumenti, si conosce il nome del suo architetto, Damocopo, detto Myrilla. Si sa poi che Eschilo vi rappresentò per la prima volta le Etnee in onore del tiranno Jerone I dopo la fondazione della città di Etna, nel 476 a.C e, successivamente, anche “I Persiani”.

Allestimento dell’opera “Le troiane” al teatro greco di Siracusa

Tuttavia, il primo rifacimento, che lo annoverò tra i più grandi teatri del mondo greco, fu quello voluto da Ierone II, nel III secolo a.C, che di fatto gli diede l’aspetto che possiamo ammirare ancora oggi. Prima di tutto, la progettazione sfrutta la naturale pendenza del colle Temenite e garantisce agli spettatori una splendida vista panoramica sul porto e sull’isola di Ortigia. La cavea ha un diametro di 138,60 ed è una dei più grandi del mondo greco. In origine, poi, era costituita da 67 ordini di gradini scavati nella roccia e divisi in 9 settori da scalinate.

Circa a metà una recinzione, chiamata diazoma, la divideva in ulteriori due settori. Sul diazoma, in corrispondenza dei cunei, sono incisi i nomi di Zeus Olimpio, Eracle e quelli dei membri della famiglia regnante di Siracusa, tra cui Gerone II, sua moglie Filistide, la nuora Nereide e il figlio Gelone II. Sulla parte centrale della gradinata, scavata nella roccia, si trova una zona dove, un tempo, doveva trovarsi una tribuna riservata alle personalità più importanti.

In epoca romana, sotto l’imperatore Augusto, la cavea è stata modificata in una forma semicircolare, anziché a ferro di cavallo, e vennero aggiunti i corridoi di accesso alla scena. Altre modifiche importanti vennero fatte alla stessa scena, con l’aggiunta di nicchie semicircolari ai lati, e venne scavata una nuova fossa per il sipario. Altre modifiche sostanziali si ebbero anche in età tardo imperiale, quando l’orchestra fu dotata di giochi acquatici e la scena spostata più indietro. Le ultime modifiche sono accertate nel V secolo d.C.

Il teatro di Siracusa, dall’abbandono alla rinascita

Il teatro rimane quindi abbandonato per molti secoli, finché, nel 1526, gli Spagnoli di Carlo V depredano il teatro dei suoi blocchi di pietra per costruire le nuove fortificazioni attorno a Ortigia. Solo dopo la seconda metà del Cinquecento, Pietro Gaetani, marchese di Sortino, fa riattivare a proprie spese l’antico acquedotto che portava l’acqua sulla sommità del teatro. Sulla cavea sorgono così alcuni mulini e, sulla sommità, la cosiddetta “Casa dei Mugnai”, ancora visibile.

Il teatro greco di Siracusa è ancora “vivo”

Il Settecento è l’anno del Grand Tour e della riscoperta dell’archeologia. Nasce l’interesse per il teatro greco di Siracusa. Nell’Ottocento alcune campagne di scavo lo liberano della terra accumulata e iniziano gli studi archeologici. È nel 1914 che l’Istituto Nazionale del Dramma Antico (INDA), inaugura nel teatro le rappresentazioni delle opere greche con l’Agamennone di Eschilo.

Le Latomie

Dopo la pausa forzata della Prima Guerra Mondiale, le rappresentazioni riprendono nel 1921, quando arriva a Siracusa anche Filippo Tommaso Marinetti, mentre, nel 1930, re Vittorio Emanuele II è tra gli spettatori. Le rappresentazioni continuano ancora oggi, norme anti Covid permettendo, mentre il teatro e il parco archeologico di cui fa parte sono meta dei visitatori provenienti da tutta Italia e dal mondo.

Filippo Tommaso Marinetti, padre del Futurismo, fu tra gli spettatori del teatro greco

Il parco archeologico della Neapolis

Il teatro greco di Siracusa è inserito nel Parco Archeologico della Neapolis, un’area di 35 ettari che comprende anche altri importanti monumenti antichi che si possono visitare. Tra questi c’è l’Anfiteatro Romano, a dorma ellittica, completamente scavato nella roccia sul lato sud. Anch’esso è stato depredato delle sue pietre dagli Spagnoli per costruire i bastioni difensivi di Ortigia.

Veduta dell’Anfiteatro romano

Fa parte del complesso anche l’Ara di Ierone II, del III sec. a.C, dedicata a Zeus Eleutherios, in onore del quale si teneva la festa delle Eleutheria, durante la quale venivano sacrificati 450 tori. L’Ara presenta due ingressi, di cui quello sul lato nord un tempo era presieduto da due Telamoni, di cui oggi rimangono solo i piedi della statua a destra. Di tutta la costruzione, poi, oggi rimane solo la base, sempre a causa dell’azione predatoria degli Spagnoli.

Quel che rimane dell’Ara di Ierone II

Vicino al teatro greco di trovano poi le Latomie, grotte artificiali circondate da una lussureggiante vegetazione. La più famosa è l’Orecchio di Dioniso, alta 23 metri e larga dai 5 agli 11. La sua forma ricorda quella di un padiglione auricolare, fondo ben 65 metri.

L’ingresso dell’Orecchio di Dioniso

La grotta è dotata di eccezionali proprietà acustiche, in grado di amplificare un suono fino a 16 volte. Il nome sarebbe stato dato alla grotta dal pittore Caravaggio che, in visita a Siracusa nel 1608, che volle avvalorare la leggenda secondo la quale la grotta sarebbe stata voluta da Dioniso, tiranno di Siracusa, per rinchiudervi i prigionieri e tormentarli con suoni e parole amplificate dall’eco.

INFO: www.siracusaturismo.net

…scopri nella 2° pagina il teatro greco di Epidauro

Il teatro greco di Epidauro, capolavoro di architettura e acustica

Per scoprire il “gemello” del teatro greco di Siracusa, andiamo ora a Epidauro, nel cuore della regione del Pelopponneso, in Grecia, un’area caratterizzata da un paesaggio bucolico, che sembra essersi fermato al V secolo a.C, quando il teatro fu costruito. Ricco di sorgenti e aria buona, è stata anche la sede di un centro di cura, che gli antichi greci dedicarono ad Asclepio, dio della Medicina e figlio di Apollo.

Statua di Asclepio, dio della medicina

Il teatro di Epidauro, Patrimonio dell’Umanità UNESCO dal 1988, insieme a quello di Siracusa, è uno dei più belli e famosi del mondo antico ed è famoso per la sua acustica perfetta. Si dice infatti che basta sussurrare qualcosa sulla scena per fare arrivare le parole ben distinte sulle fila più alte delle gradinate.

Veduta del teatro greco di Epidauro, Patrimonio UNESCO

Come il teatro di Siracusa, anche quello di Epidauro sfrutta la pendenza naturale del monte Kynotrio e anche del suo architetto si conosce il nome: Policleto il Giovane. La sua costruzione è databile attorno al 340-330 a.C e, a differenza del “gemello” italiano, ancora oggi possiamo ammirarlo nella sua forma originaria. Questo anche grazie a un “provvidenziale” terremoto, che lo ricoprì completamente di terra nel VI secolo. Il teatro vide poi di nuovo la luce nell’Ottocento, grazie a una campagna di scavi archeologici.

Il teatro di Epidauro che cosa vedere

Una visita al teatro greco di Epidauro è un vero e proprio viaggio nel tempo. La sua orchestra, infatti, è l’unica di tutta la Grecia a mantenere la sua forma originaria. Ha un diametro di 20 metri e una forma semicircolare. Al centro si trovava invece l’altare dedicato a Dioniso, divinità legata al teatro e alle sue rappresentazioni, tragedie o commedie che fossero.

Gli spettatori, invece, entravano da due enormi porti situate ai due lati della scena, situata alle spalle dell’orchestra. La cavea, lo spazio riservato al pubblico, era composta da gradinate disposte in una sezione semicircolare attorno all’orchestra per circa i 2/3. Le gradinate erano poi divise in settori e collegate da scalinate per facilitarne l’accesso al pubblico. La capienza era di circa 14 mila spettatori.

Particolare delle gradinate riservate al pubblico

Come per Siracusa, anche il teatro greco di Epidauro è ancora attivo. Dal 1954, infatti, ospita il Festival di Epidauro una rassegna teatrale internazionale che vede in cartellone i grandi classici del teatro antico.

Uno degli spettacoli durante il Festival di Epidauro

Da vedere nei dintorni del teatro greco

Nei pressi del teatro greco meritano una visita anche gli altri monumenti della zona archeologica. Tra questi c’è l’Asklepion, uno dei templi più importanti dell’antica Grecia dedicata al dio della medicina. Oggi, purtroppo, sono rimaste solo alcune colonne.

L’area archeologica con l’Asklepion

Sempre nelle vicinanze ci sono lo Stadio, risalente al V secolo a.C, che ogni quattro anni ospitava i giochi, e il Tholos, un edificio a pianta circolare con colonne, la cui funzione non è ancora stata del tutto chiarita. Merita una visita anche il Museo Archeologico di Epidauro, dove sono conservati i reperti e le statue ritrovati durante le campagne di scavo.

Una delle sale del Museo Archeologico di Epidauro

INFO: www.visitgreece.gr




Bandiere Blu. Sventolano a Sestri Levante (GE), Siderno (RC) e Alì Terme (ME)

Continua il nostro viaggio alla scoperta delle spiagge e degli approdi su cui sventolano le Bandiere Blu, a partire proprio dalle nuove entrate 2020. Mare pulito, servizi, iniziative ambientali e rispetto per il territorio e la sua biodiversità sono solo alcuni dei criteri in base ai quali viene assegnato il prestigioso riconoscimento. Un altro buon motivo per scegliere queste spiagge “decorate” per le nostre vacanze o weekend.

A Sestri Levante (GE) due Bandiere Blu

Due Bandiere Blu per le spiagge di Sestri Levante, la Baia delle Favole e la Baia del Silenzio. Sestri viene chiamata anche “la città dei due mari”, perché il centro storico si è sviluppato proprio sul promontorio che divide le due spiagge, tra le più belle della Liguria e d’Italia.

Il loro fascino ha colpito, nel tempo, personalità come il compositore tedesco Richard Wagner, lo scienziato Guglielmo Marconi, lo scrittore olandese Arthur Van Schendel e, soprattutto, Hans Christian Andersen. Proprio al grande scrittore, amante di questi luoghi, è stata dedicata la Baia delle Favole e il premio letterario cittadino.

La spiaggia è compresa tra il delizioso porticciolo turistico e la galleria di Sant’Anna, si estende per circa 1700 metri ed è tra le più grandi del Golfo del Tigullio. La sabbia è morbida e chiara, costeggiata da un lungomare rigoglioso, tra oleandri, pini e ulivi. Alcuni tratti sono attrezzati, altri sono spiaggia libera.

Le fa da contraltare, dalla parte opposta del promontorio, la Baia del Silenzio, votata tra le dieci più belle d’Italia. Qui le acque limpide si infrangono sulla sabbia ghiaiosa, mentre alle sue spalle si affacciano le tradizionali case liguri dai colori vivaci.

Dalla Baia del Silenzio partono alcune belle escursioni. Tra le più belle c’è la salita al promontorio di Punta Manara attraverso un sentiero facile e adatto a tutti. In circa un’ora si arriva in cima, per ammirare un panorama unico sulla baia. Non è difficile avvistare, durante il tragitto, farfalle colorate, bianconi e l’elusivo falco pellegrino.

Passeggiate poi nel centro storico di Sestri Levante, tra stradine pittoreschi e slarghi su cui si affacciano case e botteghe colorate. Valgono una sosta il Convento dei Cappuccini, la chiesa di San Nicolò, di origine medievale, è l’Oratorio di Santa Caterina, barocco.

Spiccano anche gli edifici storici di Palazzo Negrotto Cambiaso e Villa Gualino, oggi convertita in hotel, e Torre Marconi. Se avete tempo, fate un salto alla Pinacoteca Rizzi, per ammirare le opere di pittori fiamminghi, ma anche ceramiche e arredi antichi.

Per una sosta golosa, invece, non perdetevi la focaccia con cipolle e formaggio, oppure la pasta con il pesto alla ligure o il bagnum, una zuppa con acciughe, pomodori, olio di oliva e pane.

INFO: www.comune.sestri-levante.ge.it/

…scopri nella 2° pagina le altre Bandiere Blu…

Siderno, (RC), la Bandiera Blu svetta sulla Costa dei Gelsomini

La seconda “new entry” tra le Bandiere Blu di questa settimana è la spiaggia di Siderno, in provincia di Reggio Calabria, sulla Costa dei Gelsomini. Caratterizzata da una sabbia chiara e morbida, lambita da un mare limpido e azzurro, dove hanno dimora diverse specie di pesci, è molto estesa e fa parte di quello splendido tratto di costa che si estende per centinaia di chilometri dalla punta dello Stivale fino a Isola di Capo Rizzuto.

Siderno Marina, poi, è uno splendido borgo marinaro con pregevoli testimonianze storiche, artistiche e architettoniche. Come Piazza del Risorgimento con la sua bella fontana e i due leoni, oppure la Villa Comunale, circondata da altre due piazze.

Vale una sosta anche la Chiesa di Santa Maria di Portosalvo e Villa Albanese, appartenuta al senatore del Regno d’Italia Giuseppe Albanese. Da non perdere una passeggiata sul lungomare, tra bar, gelaterie, pizzerie, ristorantini con i tavoli all’aperto.

Visitate anche Siderno Superiore, la parte più antica, che si sviluppa sulle pendici di un colle. Passeggiate tra le stradine di ciottoli e tra le case dall’atmosfera antica, alternate a palazzi nobiliari del Seicento e Settecento. Come Palazzo Faletti con il suo splendido portale dichiarato “monumento nazionale”, Palazzo De Mojà e Palazzo Englen, che ospitò tra le sue mura re Ferdinando di Borbone.

Entrate per una visita anche nella Chiesa di San Nicola e ammirate il suo altare barocco e i dipinti seicenteschi. Fate un salto anche nella Chiesa di San Carlo Borromeo.

INFO: www.comune.siderno.rc.it/

Il lungomare di Alì Terme (ME) è Bandiera Blu

Alì Terme, piccolo Comune a 20 km da Messina, porta in Sicilia l’ottava Bandiera Blu per il suo splendido lungomare che costeggia la riviera jonica, alle pendici dei Monti Peloritani. La spiaggia si estende per circa 3 km ed è composta da ciottoli, lambiti da un mare limpido e pulito.

Tuttavia, il mare non è la sola attrazione di Alì Terme. Come suggerisce il nome, infatti, nella cittadina balneare si trovano diversi stabilimenti termali. Come le Terme di Granata Cassibile, note già ai tempi dei Romani e apprezzate dal grande matematico Cartesio che si recava qui in villeggiatura per curare le artriti.Più recenti, invece, le Terme Marino, che utilizzano anch’esse acque sulfuree e salsobromoiodiche che sgorgano a una temperatura di 39°C.

Senza dimenticare le bellezze del centro storico, tra cui la Torre Saracena, a base circolare, che si erge sul lato nord e sembra vegliare sul tratto di costa, proprio come faceva un tempo, quando la sua visione privilegiata consentiva di allertare la popolazione in caso di attacchi di pirati.

Lungo via Nazionale si trova invece la bella Chiesa di San Rocco, diventata, negli anni, la principale della cittadina.

INFO: www.comune.aliterme.me.it




UNESCO con Gusto. La Villa Romana del Casale di Piazza Armerina (EN), tra mosaici e sapori siciliani

La Villa Romana del Casale di Piazza Armerina, splendida città d’arte in provincia di Enna, è tra le più belle e meglio conservate al mondo e spicca per la bellezza, la varietà e la maestria con cui sono stati realizzati i suoi mosaici. Non stupisce, quindi, che l’UNESCO abbia deciso, nel 1997, di iscriverla nella lista del Patrimonio dell’Umanità, con questa motivazione:

“Lo sfruttamento romano della campagna è simboleggiata dalla Villa Romana del Casale, al centro della grande tenuta su cui si basava l’economia rurale dell’Impero d’Occidente. È particolarmente degna di nota per la ricchezza e la qualità dei mosaici che decorano quasi ogni stanza; essi sono i migliori mosaici in sito in qualsiasi parte del mondo romano. Il Comitato ha deciso di iscrivere questa proprietà considerano che la Villa del Casale a Piazza Armerina è l’esempio supremo di una villa romana di lusso, che illustra graficamente la struttura sociale ed economica predominante della sua età. I mosaici che la decorano sono eccezionali per la loro qualità artistica e l’originalità, così come la loro estensione”.

Dopo la chiusura forzata, anche la Villa ha di nuovo riaperto i battenti, e si può visitare tutti i giorni dalle 9 alle 18. Il costo del biglietto intero è di 10 euro, ridotto 5 euro. Vediamo allora di conoscerla meglio.

Chi era il proprietario della Villa Romana del Casale?

La prima caratteristica della Villa Romana del Casale, che ne fa un unicum, è la sua grandezza. Si estende infatti su 3500 mq ed è suddivisa in 48 ambienti, disposti su terrazza. Si pensa, tuttavia, che questa fosse solo una parte del latifondo, chiamato “Il Casale”, e che nei dintorni possano esserci stati altri ambienti o edifici, andati perduti o ancora da scoprire.

Di certo si sa che la villa è stata costruita nel tardo impero romano, attorno al IV secolo d.C, su un edificio precedente e il suo committente non ha badato a spese, come dimostra la ricchezza dei suoi mosaici, che ricoprono quasi tutti gli ambienti, e che sono riconducibili alla maestria dei maestri africani. I colori sono molto vivi, mentre le scene spaziano da quelle di vita quotidiana, come caccia, giochi o attività sportive, fino a raffigurazioni di dei, eroi o scene dei poemi omerici.

Ma chi era il proprietario della sontuosa villa? Le ipotesi sono ancora diverse e vanno da quella di un ricco proprietario terriero a un influente uomo politico, molto vicino all’imperatore. Tra le più accreditare c’è quella che vuole il complesso di proprietà d Marco Aurelio Massimiano, generale originario della Pannonia, poi elevato al rango di Augusto dall’imperatore Diocleziano. Alla sua morte, nel 310 d.C, la proprietà sarebbe passata al figlio Massenzio, poi ucciso nella battaglia di Ponte Milvio nel 312. In seguito, fu abitata fino all’invasione araba in Sicilia del IX secolo, per poi venire distrutta e abbandonata attorno al 1150 da Guglielmo I il Malo, sovrano normanno di Sicilia.

Venne poi portata di nuova alla luce nel 1950 da Gino Vinicio Gentili. Nel 2012 è stata oggetto di un importante piano di restauri che l’hanno resa di nuovo fruibile al pubblico.

Il percorso di visita

La Villa del Casale si trova in campagna, a pochi chilometri da Piazza Armerina. Il percorso di visita al parco archeologico comincia poco dopo il parcheggio e la zona dedicata a punti ristoro e negozi di souvenir. Si entra da quello che era il grande ingresso monumentale, e si arriva in una vasta area dedicata alle terme. Qui si possono ammirare la palestra a pianta ovale, da cui si accede al frigidarium, la vasca di acqua fredda, a pianta ottagonale, e poi al tepidarium, con tre vasche del calidarium. Sono ancora visibili i forni con cui si riscaldavano gli ambienti.

Una volta oltrepassato il cortile si arriva al vestibolo, che custodisce i mosaici tra i quali ci sono i ritratti dei proprietari della casa. Avanzando ancora si arriva al magnifico peristilio, con al centro una fontana monumentale e le colonne corinzie.

Da qui, grazie alle passerelle sopraelevate, si possono esplorare quelle che erano ambienti privati, tutti abbelliti con gli spettacolari mosaici. Tra i più belli c’è il cosiddetto mosaico “della piccola caccia” che illustra le diverse fasi di una battuta di caccia. Sul lato nord est del cortile, si trova invece un’area dove il padrone di casa riceveva i visitatori.

Si sale poi una scalinata che porta a un ampio corridoio decorato con la famosa scena della Grande Caccia, uno dei mosaici pavimentali più belli e celebri, con scene di cattura delle fiere in Africa da destinare agli anfiteatri imperiali.

Continuando ancora sulle passerelle si arriva al lato sud, dove si trovano altri appartamenti privati e il mosaico delle “fanciulle in bikini”, da qui si passa poi alla parte esterna, rappresentata da un secondo peristilio a pianta ellittica, da cui si ammira la bella sala a tre absidi abbellita da numerosi mosaici, tra cui spiccano quelli con le scene delle Fatiche di Ercole.

Il tratto finale del percorso gira poi attorno alla villa e conduce alla basilica, da dove si possono vedere le arcate dell’acquedotto che forniva acqua all’intero complesso residenziale.

…scopri nella 2 pagina che cosa vedere e che cosa mangiare a Piazza Armerina…

Che cosa vedere a Piazza Armerina

Dopo aver visitato la Villa Romana del Casale, dedicate un po’ di tempo alla visita di Piazza Armerina, bellissima città d’arte che sorge sui Monti Erei e circondata dalle verdi foreste del Parco della Ronza, dove si trovano le “Rocce incantate”, che assumono colori e forme diverse a seconda di come sono illuminate dai raggi del sole. Attorno si trovano anche il lago di Pergusa e la Riserva Naturale di Rossomanno Grottascura Bellia.

Nel centro storico, invece, si può camminare tra viuzze medievali e palazzi rinascimentali e barocchi. Merita una visita il Duomo dedicato a Santa Assunta, che sorge nel cuore della città, nel quartiere Monte. All’interno, sull’altare maggiore, si trova uno splendido crocifisso ligneo quattrocentesco. Nelle vicinanze, si trova anche il Museo Diocesano. Accanto alla cattedrale svetta il campanile alto 44 metri.

Sulla piazza del Duomo si affaccia poi Palazzo Trigona, in mattoni di terracotta e in pietra arenaria locale, appartenuto a una delle più importanti famiglie siciliane.

Poco lontano dal centro, vale una visita anche il Castello Aragonese, che si può ammirare solo dall’esterno. Mentre uscite dalla cittadina, date un’occhiata alle mura medievali e alla Porta Castellina, l’antico accesso al centro abitato. Di fianco alle mura si trova anche la Torre del Padre Santo, con il balcone in stile barocco e le finestre rinascimentali.

Il Palio dei Normanni

Se capitate a Piazza Armerina nel mese di agosto, non potete mancare il Palio dei Normanni, una rievocazione storica in costume tra le più antiche della Sicilia e di tutto il sud Italia, che omaggia la cacciata dei Saraceni da parte di Ruggero d’Altavilla, nell’XII secolo.

Quest’anno, la manifestazione si svolge dal 12 al 14 agosto, tra cavalieri, esibizioni in costume, cortei storici, giostre medievali, musiche, balli. Il primo giorno si assiste alla benedizione dei cavalieri e alla consegna delle armi. Il secondo è dedicato alla rievocazione dell’ingresso di re Ruggero, che riceve le chiavi della città, mentre il terzo alla Quintana del Saraceno, presso il Campo Sant’Ippolito, una spettacolare giostra a cavallo tra i quartieri storici della città: Monti, Canali, Castellina e Casalotto. Il vincitore sarà omaggiato con lo stendardo di Santa Maria delle Vittorie, che sarà conservato presso la parrocchia fino all’edizione successiva.

In tavola piatti robusti e gustosi

Non può dimenticare la nostra parte dedicata al gusto, con i piatti assolutamente da provare mentre visitate i nostri “patrimoni italiani” UNESCO. Non rimarrete a pancia vuota con i piatti tipici della cucina della zona di Enna, caratterizzata da porzioni abbondanti, ingredienti nutrienti e una tradizione tipicamente montanara.

Tra le eccellenze, c’è il Pan Dittaino, un DOP conosciuto in tutto il mondo. Tra i primi piatti, invece, troviamo la pasta ricasciata, una specie di timballo con maccheroni al ragù, formaggio, uova e piselli. I maccheroni in agrodolce, invece, prevedono ragù, melanzane, zucchero e cannella. Per palati pionieri.

Un piatto unico, se non altro per la sua consistenza, è il gateau di riso all’ennese, un timballo con ragù di carne macinata e piselli, con cui si condisce il riso, che viene poi messo in una teglia a strati alternati con melanzane fritte, uova sode, burro e caciocavallo.

Arriva dalla tradizione povera, invece, la frascatula ai finocchietti selvatici, polenta di farina di mais o grano che viene insaporito con verdure selvatiche. Tante sono le varianti, dalla borragine alla cicoria selvatica. Tra le minestre spicca il Maccu di fave, che deve il suo nome dal verbo “ammaccare”, riferito alle fave schiacciate e ridotte in crema, base della ricetta. Una volta raffreddata, la minestra diventa consistente e viene tagliata a fette.

Passando ai secondi piatti, spicca la carne suina, tra cui la salsiccia magna, con caciocavallo e semi di finocchio. Tanti anche i formaggi, tra cui la ricotta salata, il “piacentinu” ennese, con spezie e zafferano, dal tipico colore giallo.

Tra i dolci, invece, da non perdere la cubbiata, un torrone di origine araba con sesamo, mandorle e miele, e i “ditini”, i tipici biscotti alla cannella. Da accompagnare con il famoso Amaro Averna, nato nella vicina Caltanisetta (appena 56 km da Piazza Armerina).

COME ARRIVARE

In auto: da Palermo, autostrada A 19 Palermo-Catania fino allo svincolo per Enna, poi proseguire lungo la SS 117 bis in direzione di Gela. Da Catania, autostrada Catania-Palermo con direzione Valguarnera, poi immettersi sulla SS a scorrimento veloce. Proseguire sulla SS 17 bis fino al bivio Enna, Piazza Armerina, Valguarnera. Proseguire fino a destinazione per circa 8 km.

DOVE MANGIARE

*Ristorante Pizzeria La Chiave di Piazza, via Roma 114, Piazza Armerina (EN), tel 328/8869308. In una delle più belle piazze della città, offre un menù con cucina tipica regionale a base di ingredienti di stagione, compresa la pizza.

*Trattoria La Locanda, via Laura De Assoro 2, Piazza Armerina (EN), tel 377/1253594, https://la-locanda.business.site/. Il ristorante si affaccia sulla piazza della Cattedrale. Il menù si compone da specialità create con prodotti freschi e si stagione, come pasta fatta in casa con sarde, mollica e finocchietti.

DOVE DORMIRE

*B&B Villa Bentivoglio, contrada Vallone di Sarro, Piazza Armerina (EN); tel  331/7712886, www.bebvillabentivoglio.it . Immersa nella campagna, a pochi km dal centro e nel cuore della zona archeologica, è ricavato in un rustico suddiviso in 4 appartamenti per un totale di 14 posti letto.

*B&B Maison del Lussy, Piazza Giuliano 14, Piazza Armerina (EN), tel 0935/685477 – 338/4517756, www.maisondellussy.it Nel centro di Piazza Armerina con vista panoramica sul centro storico, dispone di 2 camere triple e una doppia. Prima colazione all’italiana con marmellate, toast e bevande calde.

INFO

www.villaromanadelcasale.org

www.piazzaarmerina.org




A Linguaglossa (CT) con Elia Russo. Al “Dodici Fontane” di Villa Neri un piatto soddisfa tutti i cinque sensi

Di Vittoria Fellin

Un’escursione sull’Etna vale un viaggio in Sicilia in qualsiasi periodo dell’anno. Un modo per godersi una natura potente, primordiale, carica di energia. Ma se si passa da queste parti è d’obbligo fermarsi a mangiare a Linguaglossa, al Dodici Fontane, dove ospitalità e ristorazione hanno alte ambizioni.

Il ristorante, annesso all’elegante Villa Neri, è guidato dal 2015 da Elia Russo, classe 1987, esperienze a Rimini e Londra. Dopo 8 anni passati in qualità di sous chef accanto ad un maestro come Massimo Mantarro, del bistellato Principe Cerami presso l’Hotel San Domenico di Taormina, è chiamato a ricoprire il ruolo di executive chef. Al Dodici Fontane di Villa Neri ha elaborato uno stile personale che parla di territorio e stagionalità esaltando l’esperienza sensoriale in ogni piatto.

Ritiene che sarà più facile per la ristorazione di alto livello uscire dalla crisi? Difficile dirlo. Il nostro è un hotel che accoglie una clientela internazionale, per il 70% circa, mentre la restante parte arriva dalla Sicilia e dal resto d’Italia. Proprio per differenziare la clientela, è nato nei mesi scorsi, il progetto Casa Arrigo. La struttura, affiancata all’Hotel, intende soddisfare un tipo di clientela più incline all’esperienza tradizionale, lasciando invece all’Hotel e al ristorante Dodici Fontane quella più sofisticata e gourmet.

Parliamo della sua cucina. Nella Guida 2020 di Identità Golose dicono che le sue creazioni sono “piatti, spesso ad alto rischio che si distinguono per golosità e plenitudine gustativa”. Si ritrova ? Sì, In cucina mi piace osare senza esagerare. Faccio sempre riferimento al territorio, stravolgendo qualche elemento con i giusti abbinamenti. Mi piace lavorare sull’acidità, la sapidità, la consistenza di un piatto usando ingredienti inediti come lo zenzero, o la maionese di piselli, come nella ricetta che vi suggerisco.

Lei associa spesso la sua cucina ai cinque sensi. Intende richiamarsi al modo in cui elabora i piatti o alle suggestioni che intende far percepire ? Entrambe le cose. Nella ricetta che propongo, per esempio, vi sono molti elementi da percepire in maniera sensoriale, come la parte croccante che deriva dalle cialde di tapioca soffiata al nero di seppia o le sensazioni che nascono dalla forma sferica dei gamberi rossi. Un piatto è sempre un insieme ben combinato di immagini, suoni, odori, sapori che partono da chi li crea e arrivano a chi li consuma.

Negli ultimi anni lei ha ottenuto numerosi riconoscimenti. Quali sono i prossimi obiettivi? La stella Michelin. Quest’anno ci speravo molto e per questo abbiamo lavorato ad un progetto importante sia in cucina che nella suddivisione degli spazi nella struttura. Ma l’emergenza sanitaria ha rallentato il tutto.

Cosa cambierebbe per lei e per il ristorante l’ottenimento di una stella? La filosofia che mi muove da sempre è di far stare bene il cliente, di coccolandolo fin dove è possibile. Per questo la mia cucina deve essere un’esperienza gustativa e visiva. Indipendentemente dalla stella. Ma spesso è il cliente che ricerca questo tipo di riconoscimento, al quale associa un valore.

E ora parliamo di viaggi. Lei si considera un viaggiatore? Per lavoro, purtroppo meno di quanto avrei voluto. Ai ragazzi che intraprendono questa professione, consiglio di fare anche esperienze formative lontano dall’Italia. Negli ultimi anni invece ho viaggiato più che altro per turismo in paesi come la Francia, la Slovenia e l’Austria.

Nella scelta di una destinazione privilegia la possibilità di conoscere anche aspetti legati alla sua professione? Anche, ho apprezzato la Francia per la boulangerie, essendo un amante dell’arte della panificazione. E in Francia sono dei maestri.

Il suo viaggio ideale in Italia e all’estero. Dove andrebbe? Vorrei tornare a Roma, una città che mi ha rapito, ma anche in Friuli Venezia Giulia, in Trentino dove ho degli affetti ma soprattutto tornerei a Merano dove sono stato in occasione di uno show coking per il Merano Wine Festival. E poi vorrei vedere Ginevra.

Se le chiedessi se la sua cucina possiede un lato green cosa mi risponderebbe? Il territorio etneo è un ambiente di grande interesse botanico. Con le erbe spontanee che raccogliamo, creiamo autentici capolavori della tradizione gastronomica, come la minestra di campagna.

O ci suggerisce un weekend ideale nella sua Sicilia?  La Sicilia è un continente e ogni luogo è una scoperta. A chi non l’avesse mai visitata consiglio Taormina, una delle città più belle e conosciute. Chi invece già conosce i luoghi più iconici, può scoprire i Nebrodi, l’Etna, le Gole dell’Alcantara, autentici gioielli naturalistici.

WEEKEND PREMIUM si occupa anche di auto: quale guida e perché l’ha scelta?  Ho una Kia Sportage. Avendo un bambino piccolo, ho privilegiato elementi che sappiano darmi sicurezza, praticità e spazio senza trascurare l’estetica.

Villa Neri Resort & Spa

Il Resort, affiliato al prestigioso brand internazionale Small Luxury Hotels of the World”, si compone di una struttura inserita nella natura etnea. Gli ampi spazi verdi perfettamente curati, i colori tipici delle case siciliane, ne fanno un ambiente elegante e raffinato dalla forte impronta tradizionale. I richiami alla tradizione sono sapientemente miscelati con elementi moderni che arricchiscono il contesto senza tradirlo. La piscina scoperta fruibile quasi tutto l’anno, la moderna Spa, la sauna, la sala massaggi e la ristorazione d’eccellenza completano i servizi luxury di questo buen retiro da intenditori.

INFO

Hotel Villa Neri Resort & Spa, C/da Arrigo 95015 Linguaglossa Catania, tel. +39 095 8133002

www.hotelvillanerietna.com

Da vedere nei dintorni

Il Parco dell’Etna, lo straordinario paesaggio che circonda il vulcano attivo più alto d’Europa diventato dal giugno 2013 Patrimonio Mondiale dell’Umanità, è l’attrattiva maggiore. A quota 3.340 m s.l.m, si trovano i quattro crateri principali, l’area è raggiungibili con la funivia sino ai 2.900 m s.l.m o accompagnati da guide specializzate partendo da un livello più basso. Meritano una sosta anche i centri abitati che fanno da corona ‘a Muntagna“ come Bronte, Castiglione di Sicilia, Giarre, Linguaglossa, Randazzo, Zafferana Etnea e naturalmente le vicine Catania e Taormina. E non dimentichiamoci che siamo in una zona di eccellenza per i vini e una sosta nelle numerose cantine è d’obbligo.

Seppia tritata al coltello e il suo nero, gambero rosso all’acqua di pomodoro e limone candito, maionese di piselli e furikake di seppia

Ingredienti per 4 persone

  • 600 grammi seppia fresca
  • 400 grammi gamberi rossi di Mazara
  • 600 grammi pomodori verdi
  • 200 grammi fumetto di pesce
  • 20 grammi gelificante vegetale

Ingredienti per la preparazione del furikake di seppia

  • 20 grammi scarti di seppia disidratati
  • 20 grammi sesamo bianco
  • 20 grammi sesamo nero
  • 20 grammi alga Nori disidratata
  • 4 grammi sale Maldon

Ingredienti per la preparazione della maionese di piselli

  • 300 grammi piselli freschi;
  • 30 grammi patate
  • cipollotto tritato 10 gr;
  • brodo vegetale q.b.
  • gelespessa q.b.
  • aceto bianco q.b.
  • olio di semi di girasole q.b.

Ingredienti per la preparazione della decorazione

  • piselli sbollentati q.b.
  • germogli di pisello q.b.
  • zeste di limone candito q.b.
  • zenzero in agrodolce q.b.
  • polvere di pomodoro q.b.
  • cialda di tapioca soffiata al nero di seppia.

Procedimento

Pulire le seppie, disidratare le ali e conservare la sacca del nero. Tritare finemente al coltello la polpa del corpo della seppia e condire con sale, pepe, un goccio di olio EVO e mettere il tutto negli stampi da lollipop per poi abbattere il composto. Pulire i gamberi di Mazara, tritarli finemente e condirli con sale, pepe, un pizzico di zucchero e poi mettere il tutto sempre negli stampi da lollipop per poi abbatterli. Frullare i pomodori verdi, quindi metterli a gocciolare con un canovaccio avendo cura di raccogliere l’acqua che fuoriesce.

In un pentolino, preparare un fondo il cipollotto, le patate, i piselli e il brodo vegetale e portare a cottura. Frullare il tutto quindi passarlo al setaccio. In un frullatore, montare la crema di piselli con olio di girasole, un goccio di aceto e l’addensante necessario ad ottenere la consistenza di una maionese. Aggiustare con sale e pepe, quindi far riposare il tutto dentro una sac à poche in frigo. Arrostite l’alga Nori sulla piastra rovente quindi polverizzare con i restanti ingredienti del furikake.

In un pentolino, scaldare 200 grammi di acqua di pomodoro con 10 grammi di gelificante vegetale, portare ad ebollizione quindi glassare le sfere di gamberi congelate e lasciarle decongelare in frigo. In un pentolino scaldare 200 grammi di fumetto di pesce con il nero di seppia e 10 grammi di gelificante vegetale. Portare tutto a bollore quindi glassare le sfere di seppia congelate e lasciarle decongelare in frigo.

Presentazione del piatto

Sistemare sul piatto, partendo da una striscia di maionese di piselli sulla quale vanno adagiate le sfere di gambero e di seppie glassate alternandole tra loro.

Continuare con un filettino di scorza di limone condito su ogni sfera di gambero, uno di zenzero in agrodolce su ogni sfera di seppia. Adagiare sulla maionese i piselli sbollentati e conditi, decorare infine con i germogli di pisello, i fiori eduli, la polvere di pomodoro sulle sfere di gambero, il furikake di seppia su tutte le sfere. Ultimare con la cialda di tapioca soffiata.

E voilà il piatto è servito.




UNESCO con Gusto. Pantelleria come conquistare l’Unesco con lo zibibbo

Cresce da secoli in condizioni climatiche molto difficili, ma regala uno dei vini più gustosi e rinomati, lo Zibibbo. Per questo la Vite ad alberello di Pantelleria, dal 26 novembre 2014 è stato inserito nel Patrimonio Immateriale dell’Umanità dall’UNESCO.

Con questa motivazione: “La vite ad alberello di Pantelleria, una pratica agricola che rappresenta un esempio unico nel suo genere di coltivazione della vite, tramandatasi di generazione in generazione nella comunità pantesca. L’alberello pantesco è basso e riparato da una conca di terreno realizzata per permettere la produzione di uva e la vita stessa della pianta in condizione climatiche avverse che caratterizzano Pantelleria per 9/10 mesi l’anno”. E proprio a Pantelleria che andiamo questa settimana con la nostra rubrica “UNESCO con Gusto”.

La vite che ha “domato” la natura

Un terreno vulcanico, forti venti di scirocco alternati al grecale, scarsa disponibilità idrica…condizioni che avrebbero scoraggiato chiunque. Invece, proprio queste difficoltà hanno “aguzzato l’ingegno” degli abitanti di Pantelleria fin dai tempi più antichi.

Le viti vengono infatti piantate in buche scavate nel terreno, profonde circa 20 cm, in modo da ripararle dal vento. Quando crescono, prendono la forma di piccoli alberelli per poter vivere anche con poca acqua e per ripararsi dal clima sfavorevole. Le radici si sviluppano più del fusto e gli alberelli crescono “a misura d’uomo”, che può quindi intervenire manualmente. Le viti ad alberello vengono poi fatte crescere su terrazzamenti, spesso con pendenze estreme, delimitate da muretti a secco.

Lo Zibibbo di Pantelleria, un vino “storico”

Color giallo intenso con riflessi dorati, una gradazione alcolica che va dall’8% al 12%, profumo con note fruttate di mandorla e albicocca, un gusto dolce e intenso, con un piacevole retrogusto di mandorle. È lo Zibibbo di Pantelleria IGT, un vino raro e prezioso, proprio per le difficoltà che affronta prima di giungere in tavola. Ma anche la sua storia secolare non è da meno.

Il nome deriva dall’arabo zibib, cioè “uva passa”, con riferimento alle caratteristiche del vitigno che si presta bene all’essiccazione. Originario dell’Egitto, è stato introdotto a Pantelleria dai Fenici nel VIII secolo a.C che lo utilizzarono per la produzione di vino. Furono però gli Arabi a costruire i primi terrazzamenti, alcuni dei quali sono ancora utilizzati oggi.

Per ottenere il prezioso passito, i grappoli vengono lasciati sulle piante oltre il periodo di maturazione, oppure vengono lasciati a maturare al sole sui “sinnituri”, i tipici graticci in legno. La tecnica di coltivazione e raccolta è sostenibile, avviene infatti ancora a mano, o ricorrendo ad attrezzi da traino o a muli.

Oltre allo Zibibbo IGT, dalle viti ad alberello si ricavano anche il Moscato di Pantelleria DOC e il Passito di Pantelleria DOC, ottimi con i dolci locale, come le cassate, le paste di mandorle o ai pistacchi, oppure con formaggi e antipasti di pesce e crostacei.

Pantelleria da non perdere

Paesaggi a tratti aspri, intervallati da vallate, laghi azzurri, rocce dalle forme scolpite, grotte, dammusi, antichi insediamenti e nomi che richiamano la dominazione araba, che più delle altre qui ha lasciato il segno.

Possiamo cominciare la nostra visita a Pantelleria dal capoluogo che si trova nella parte nord-ovest dell’isola, a poca distanza dall’aeroporto. Si tratta di uno degli insediamenti più antichi, nato come sbocco sul mare di Cossyra. Qui ha sede uno dei due porti dell’isola, il Porto Vecchio, dove sono ormeggiate le tipiche barche azzurre dei pescatori e sul quale vigila l’imponente barbacane.

Incamminatevi poi tra le viuzze strette e lastricate del centro, respirando l’aria di mare, ammirando uno dei tanti mercatini che offrono prodotti dell’artigianato locale o della cucina tipica.

La costa est, tra spiagge e scogliere

Spostandosi dal capoluogo verso est, lungo la strada litoranea chiamata “perimetrale” si incontrano alcuni dei punti e delle spiagge più belle. Tranquilla e con acque basse, si incontra per prima la “discesa a mare” Bue Marino. Proseguendo ancora, dopo aver lasciato l’auto nel parcheggio e avere percorso un breve sentiero a piedi, si arriva invece a Punta Karuscia.

Un po’ più difficile da raggiungere per la pendenza del sentiero, la spiaggia di Cinque Denti deve il nome alla costa frastagliata da spuntoni di granito. Le acque smeraldine ripagano da ogni fatica. In alternativa, il modo più comodo per arrivarci è in barca.

Uno dei punti più belli della costa è Punta Spadillo, con il suo caratteristico faro, che disegna la sua forma in controluce e dal quale si possono ammirare splendidi tramonti. Lasciando l’auto nel parcheggio di Punta Spadillo, ci si incammina lungo il sentiero che porta al faro.

Poco prima, si trova anche l’interessante Museo Vulcanologico. Prendendo a sinistra, invece, si arriva al Laghetto delle Ondine, uno specchio di acqua salata formato dal mare che, durante le mareggiate, si infrange sulla scogliera.

Proseguendo ancora in senso orario sulla “perimetrale” si incontrano poi alcuni dei punti più suggestivi dell’isola. Tra questi c’è Cala Gadir (dall’arabo “conca d’acqua”), un piccolo villaggio marinaro disposto a semicerchio attorno a un porticciolo. Ma la località è molto apprezzata, fin dai tempi antichi, per le sue acque termali, circoscritte in vasche scavate nella roccia, a una temperatura che va dai 45°C ai 55°C.

Tra le località più frequentate c’è invece Cala Tramontana, facilmente raggiungibile a piedi. Oltre alle acque limpide e tranquille, qui si trova una buvira, cioè una fonte di acqua salmastra generata dall’incontro tra l’acqua marina e quella piovana.

Splendida anche Cala Levante, con il vicino Faraglione, meta degli appassionati di immersioni per i suoi splendidi fondali.

Poco dopo, si incontra l’Arco dell’Elefante, uno dei punti più fotografati di Pantelleria, una roccia scolpita dal vento e dal mare che pare un elefante con la testa protesa all’orizzonte e la proboscide immersa nelle acque.

All’estremo sud si trova invece lo spettacolare Salto la Vecchia, un precipizio a strapiombo sul mare alto quasi 300 metri, da cui si gode di uno splendido panorama.

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La costa ovest

Proseguendo ancora in senso orario, si ritorna verso il capoluogo percorrendo la costa ovest. Merita una sosta Nikà, (“stagno d’acqua”, in arabo), una delle zone più ricche di flora e di fauna di Pantelleria. Rinomata anche per le sue acque termali, è particolarmente suggestiva in primavera, durante la fioritura delle ginestre. Il secondo centro più importante dell’isola è Scauri, dove si trova il secondo porto più grande di Pantelleria.

Situato su una falesia, il centro abitato è famoso per i suoi tramonti. Nelle giornate particolarmente terse, lo sguardo può arrivare fino alle coste dell’Africa. In paese si trovano locali e ristoranti che ne fanno meta dei turisti e visitatori. Nella Baia di Scauri, poi, è stata rinvenuta una necropoli romana di circa quaranta tombe risalenti al V secolo d.C.

Mursia e Sesi, sulle tracce degli antichi abitanti di Pantelleria

Lungo la strada perimetrale che da Scauri porta al capoluogo, si incontra il Villaggio di Mursia, l’insediamento più antico dell’isola. Si tratta di un centro abitato dell’Età del Bronzo (XVII sec. a.C – XV sec. a.C), dove si insediarono i primi abitanti di Pantelleria. Tuttavia, quello che lo rende unico in Europa, sono le sue monumentali mura difensive, composte da un muraglione lungo circa 200 metri e alto circa 8. Dalla parte opposta, il villaggio era invece naturalmente difeso dal mare. Sono state trovate anche alcune capanne, dalla tipica forma circolare, vasellame, suppellettili e oggetti di vita quotidiana.

Poco distante si trova la Necropoli dei Sesi, gli antichi abitanti dell’isola, dove si possono ammirare sepolture uniche nel loro genere. Si tratta di costruzioni circolari, simili ai Nuraghe sardi, di grandezza di versa e realizzati sovrapponendo le pietre, dove venivano collocati i defunti.

La splendida natura dell’entroterra

Da non perdere alcune meravigliose escursioni nella parte interna di Pantelleria. Per esempio, dalla strada che da Sibà porta a Scauri, lasciando l’auto nel parcheggio e proseguendo a piedi lungo il sentiero segnalato, tra profumi mediterranei e fichi d’india, si arriva alla Grotta di Benikulà. Vi si accede da una spaccatura nella roccia, da cui esce un vapore naturale caldo umido, simile a un bagno turco. Il consiglio è di entrare in costume e portarsi dietro un telo.

E, dopo la visita, ci si rilassa sulle panchine di legno disposte sulla terrazza, ammirando il superbo panorama della Valle di Monastero, ricoperta di vigneti di zibibbo.

Se siete appassionati di trekking, non perdetevi un’escursione sulla Montagna Grande, tra pini marittimi, erica e cespugli di ginestre. Si tratta del punto più alto dell’isola, (836 m.s.l.m), formata dalla lava fuoriuscita dalle bocche dopo il crollo di una grande caldera. Una fitta rete di sentieri segnalati la rendono meta di passeggiate rilassanti.

Un’altra splendida escursione è quella che consente di scoprire la splendida Valle di Sillumi, quasi interamente ricoperta da vigneti. Prendendo la strada sterrata che porta al sentiero di Sillume, si scende fino al meraviglioso Specchio di Venere, un lago dalle acque azzurre e verdi, nato nel tratto finale di una caldera. Le sue acque sono dolci, ma contengono soda e il fango che si trova lungo le sue sponde viene spesso impiegato come “crema di bellezza” per le sue proprietà “anti age”.

Il terreno qui è particolarmente fertile e la zona, riparata dai venti, consente a ortaggi e frutta di stagione di maturare prima rispetto al resto dell’isola. Il nome, invece, deriverebbe da un tempietto dedicato alla dea Venere, di cui non è tuttavia rimasta traccia. Appena sopra al lago merita una visita anche il piccolo centro abitato di Bugeber.

I sapori di Pantelleria

Sulle tavole di Pantelleria si sposano sapori “storici”. Tra i prodotti tipici, ci sono i Capperi di Pantelleria IGP, da gustare sotto sale o sott’olio, oppure croccanti, sotto forma di pesto o patè o, ancora, nei sughi o sulla pizza.

Imperdibile un piatto di pasta o le bruschette con il Pesto Pantesco, a base di pomodori freschi, aglio, origano, olio e sale. Si trova anche in vasetti, per un gustoso ricordo dell’isola.

Un gustoso piatto unico è invece il couscous pantesco, eredità della dominazione araba, ma nella variante isolana, arricchito con brodo di pesci misti, patate, peperoni, melanzane e zucchine.

Tra i primi piatti ci sono anche i ravioli amari, ripieni di ricotta e menta e conditi con una salsa di pomodoro, oppure con burro e salvia. Esiste anche una versione dolce, con il ripieno di ricotta, zucchero e cannella.

Semplice e gustosa, l’insalata pantesca mescola patate, pomodori, cipolle rosse, olive neri, capperi, basilico, origano, sale e olio d’oliva. Tra i piatti di pesce, ottime le sarde fritte, oppure la murena a con la cipollata. I tranci vengono infarinati e fritti, poi insaporiti con cipolle, capperi, aceto di vino bianco, foglie di alloro e peperoncino, per un delizioso connubio agrodolce.

Tra i dolci, da non perdere i mustazzoli, sculture di pasta di semola, mandorle, sesamo, miele, scorze di agrumi, zucchero, cannella, chiodi di garofano, semi di finocchio e vaniglia.

Il sapore è dolce e speziato, da assaporare a piccole dosi. Irresistibile, poi, il bacio pantesco, una crema di ricotta con scaglie di cioccolato fondente racchiusa in due cialde friabili, in una combinazione piacevolissima al palato.

Gli altri siti UNESCO in Sicilia

Oltre alla vite ad alberello di Pantelleria, la Sicilia vanta anche questi altri siti Patrimonio dell’Umanità UNESCO

  • L’Area Archeologica di Agrigento (Valle dei Templi)
  • La Villa del Casale di Piazza Armerina
  • Le Isole Eolie
  • Le città barocche della Val di Noto (Catania, Modica, Noto, Palazzolo Acreide, Ragusa, Scicli, Caltagirone e Militello in Val di Catania)
  • Siracusa e le necropoli rupestri di Pantalica
  • L’Etna
  • Il Parco Arabo – Normanno di Palermo, Monreale e Cefalù
  • L’Opera dei Pupi siciliani è Patrimonio Immateriale dell’Umanità

COME ARRIVARE

Si può raggiungere Pantelleria in aereo da Palermo o Trapani con Alitalia (www.alitalia.com), collegamenti anche da Roma, Bergamo (Orio al Serio), con Blue Express (www.blue-panorama.com), Venezia e Torino con Volotea (www.volotea.com). In alternativa, ci sono collegamenti da Trapani in traghetto o aliscafo.

DOVE MANGIARE

*Altamarea, via Scauri Porto 5, Pantelleria (TP), tel 0923/918115. Il luogo giusto per gustare il couscous pantesco e l’insalata pantesca. Consigliata la prenotazione.

*Zubebi, Contrada Zubebi, Pantelleria (TP), tel 0923/697033, www.zubebi.com. In un’atmosfera magica e suggestiva, si possono gustare piatti della tradizione arricchiti dalla fantasia dello chef.

*La Nicchia, Contrada Scauri Basso, Pantelleria (TP), tel 0923/916342, www.lanicchia.com. Bella struttura rustica con pareti in pietra, terrazzo e giardino dove poter gustare specialità pantesche e pizza. Possibilità di alloggio.

DOVE DORMIRE

*Le Lanterne Resort, via Santa Chiara 20, Pantelleria (TP), tel 0923/911837, https://pantelleriahotel.com/ A solo 1 km dal centro di Pantelleria e a poca distanza dalla baia del Bue Marino, la struttura è stata ricavata da una delle aziende agricole tipiche dell’isola. Gli appartamenti, tutti diversi, dispongono di ingresso indipendente, bagno con doccia, angolo cottura e terrazzo.

*Relais Euterpini, Strada Perimetrale 122/c, tel 0923/918070, www.euterpini.it Un eco paradiso composto da dieci dammusi immersi in quattro ettari di pineta e macchia mediterranea. Discesa a mare privata e due piscine a disposizione degli ospiti.

*Resort Acropoli, via Madonna della Margana 83/85/87, Pantelleria (TP), tel 0923/912718, www.resortacropoli.com. Il piacere e il fascino di un soggiorno in una residenza d’epoca immersa in un giardino mediterraneo. Con idromassaggio e bagno turco.

INFO

www.visitpantelleria.com




Ortigia, nel cuore antico di Siracusa

Una città dal passato antichissimo, dove l’arte greca va a braccetto con il Barocco, i sapori di terra si sposano con quelli di mare, monumenti sorti in epoche lontane e diverse, ma che creano un tutt’uno armonioso e bellissimo. Siamo a Siracusa, anzi, nella parte più antica e cuore storico della città siciliana, l’isola di Ortigia, sulla costa sud orientale della Sicilia, a circa 60 km da Catania.

È qui che vi portiamo per un Weekend con gusto, e vi assicuriamo che in ogni piatto, in ogni ingrediente, vi troverete traccia di un passato lontano e glorioso. Colonia corinzia, è stata fondata nel 734 a.C e, in poco tempo, è diventata una delle città greche più grandi e importanti del mondo antico, al punto da fare concorrenza alla stessa Atene. Vivace centro culturale, ha dato i natali a personaggi del calibro di Archimede, e pare che anche Platone amasse trascorrervi lunghi periodi.

Apprezzata meta turistica e culturale anche ai tempi dei romani e dei bizantini, è stata invasa dagli arabi nell’878 d.C. Un altro evento cruciale nella storia della città è il terremoto del 1693, che ne rade al suolo la maggior parte. La ricostruzione avviene nello stile che andava “di moda” all’epoca, il Barocco, coniugandolo però sapientemente con i resti dell’antica parte greca. Ancora oggi, quel connubio tra stili tanto lontani è percepibile e apprezzabile. Nel 2005 l’UNESCO ha dichiarato Ortigia, la parte storica di Siracusa, Patrimonio dell’Umanità.

Alla scoperta di Ortigia

L’isola di Ortigia, collegata al resto della città di Siracusa dal Ponte Umbertino, ne rappresenta il cuore più antico. Passeggiare tra i suoi vicoli e le sue stradine è come attraversare secoli di storia. Il consiglio è quello di visitarla a piedi per non perdersi nessuno scorcio, ma anche perché molte zone sono a ZTL e alcune vie sono così strette da rischiare di rimanerci incastrati con l’auto!

Cominciamo il nostro tour attraversando appunto il Ponte Umbertino, a metà del quale incontriamo il monumento ad Archimede, celebre cittadino e uomo di scienza, che grazie alla sua conoscenza riuscì a sconfiggere la flotta romana.

Arriviamo poi in piazza Pancali, dove si trova il Tempio di Apollo, il più antico di tutta la Sicilia. La sua costruzione risale infatti al VI sec. a.C. Nel tempo, tuttavia, ha subito notevoli trasformazioni: è diventato prima una chiesa bizantina, poi una moschera, una chiesa normanna e persino una caserma! I resti più antichi, invece, sono stati riportati alla luce tra il 1938 e il 1940.

Prendendo a sinistra, si trova invece l’Antico Mercato di Ortigia, che vale sicuramente una tappa per immergersi nelle atmosfere, nei colori, nei profumi ma, soprattutto, dei sapori di un mercato siciliano.

I vari banchi propongono ogni prelibatezza, dal pesce alla carne, dai formaggi e salumi ai prodotti tipici, tra spezie, verdure, ortaggi…Se invece non avete voglia di cucinare o fare la spesa, molti banchi propongono “street food”, come panini, arancini, fritture, marmellate e dolci. Il Caseificio Borderi, per esempio, è una piccola “istituzione”. Fermatevi almeno per un panino. Ne vale la pena.

Da Piazza Duomo al Castello Maniace

Il nostro tour prosegue lungo via Matteotti, dove incontriamo prima l’affascinante Fontana di Diana, poi la meravigliosa Piazza del Duomo, definita “la più bella piazza di Sicilia”. L’asfalto bianco e le pareti dei palazzi dalle tonalità chiare riflettono la luce e la rendono un vero e proprio gioiello scintillante. Da sempre “cuore sacro” della città, ha ospitato prima, in età arcaica, un grande tempio, sul quale, in epoca classica, ne è stato costruito un altro dedicato alla dea Atena.

Proprio quest’ultimo costituisce l’ossatura del Duomo di Siracusa, realizzato in stile tardo barocco. Gravemente danneggiato dal terremoto del 1693, è stato in parte ricostruito e in parte restaurato nella prima metà del Settecento. L’interno, invece, mantiene in parte il colonnato dorico dell’antico tempio di Atena. Delle tre navate, quella di destra spicca per le arzigogolate cappelle barocche mentre, al centro, è collocato un grandioso altare del 1659.

Sulla piazza si affacciano altri splendidi edifici, come il Municipio, il Palazzo Vescovile, il Palazzo Borgia, il Palazzo Beneventano e la Badia di Santa Lucia, che custodisce al suo interno un capolavoro di Caravaggio, “Il seppellimento di Santa Lucia”.

Prendiamo poi la strada accanto alla chiesa e raggiungiamo l’estremità più meridionale di Ortigia, dove si trova la Fonte Aretusa, uno specchio di acqua dolce sorgiva a cui è legato il mito greco della ninfa Aretusa. Per sfuggire alla corte insistente di Alfeo, follemente innamorato di lei e deciso a farla sua, la ninfa chiese aiuto alla Dea Artemide che per sottrarla alle attenzioni del focoso pretendente la trasformò in una fonte.

L’importanza storica di queste acque limpide, tuttavia, sono innegabili, i primi insediamenti, durante l’età del bronzo, si devono proprio alla disponibilità di acqua. La fonte si affaccia sul lungomare, totalmente pedonale e ciclabile.

Prendendo verso sud arriviamo all’estrema punta dell’isola, dove sorge il Castello Maniace a pianta quadrata e con quattro grandi bastioni agli angoli. Fatto costruire da Federico II di Svevia nel 1239, è stato dedicato all’Ammiraglio bizantino Giorgio Maniace che nel 1038 era riuscito nell’impresa di sottrarre la città agli arabi. Degno nota il portale di ingresso con la sua copertura a ogiva decorata con marmi policromi.

Ritornando verso Nord, invece, si arriva al Foro Italico, accanto al quale si trova il Porto Grande, dove sono ormeggiati pescherecci e piccole barche, ma anche qualche notevole yacht. Da non perdere, invece, una passeggiata serale tra bar, ristoranti, locali con musica dal vivo e spiagge illuminate dal chiaro di luna.

Secondo giorno: i gioielli di Siracusa

Attorno all’isola di Ortigia, oltre alla parte più “moderna” di Siracusa, si trovano alcune eccellenze che meritano una visita. Tra queste c’è sicuramente il Parco Archeologico della Neapolis, che si estende per 240 mila mq nella parte nord occidentale della città e racconta la storia di Siracusa dalla Preistoria alla dominazione bizantina.

Qui si trova anche il superbo Teatro Greco, dove ancora oggi vengono rappresentate tragedie e commedie classiche, e l’Anfiteatro Romano.

Spicca il curioso Orecchio di Dioniso, una grotta dalla forma di orecchio con una particolare acustica. Nella zona si trovano anche le Latomie della Neapolis, cave di pietra anticamente usate come prigione per gli schiavi.

Le più antiche della città sono le Latomie dei Cappuccini, che si inoltrano dal verde di un bosco fin sotto il livello del mare. Hanno ospitato prima un orto botanico poi un teatro, ma entrando in questo “giardino segreto” vi sembrerà di fare un salto davvero in un altro mondo.

In tavola un gusto antico

Secoli di storia e i prodotti del mare e della terra rendono la cucina siracusana varia e ghiotta. Tra i primi piatti, c’è la pasta alla siracusana (di cui trovate qui sotto la ricetta), un piatto “povero”, semplice e gustoso, a base di acciughe, pan grattato e olio extravergine di olive. Ottima anche la pasta con la salsa moresca, in cui si mescolano bottarga di tonno, succo di agrumi e cannella.

Con la bottarga di tonno di Marzameni si condiscono anche i cavateddi, con l’aggiunta di pomodori ciliegini di Pachino, mentre i ravioli casarecci utilizzano il pesce per il ripieno. Non manca nemmeno la zuppa di pesce, che si prepara con gamberi, sgombri, cozze e vongole, calamari, accompagnata da fette di pane raffermo e condita con olio e peperoncino.

Tra i secondi di mare, ricordiamo il tonno alla ghiotta, con peperoni, cipolle, patate e pomodori, e la cernia alla matalotta, accompagnata da capperi di Pantelleria, aglio, olive, prezzemolo e cipolla. Per chi preferisce i secondi di carne, da non perdere il farsumagru (falsomagro), un rotolo di carne farcito con formaggio, salumi e uova sode e cotto al forno, oppure le sfiziose polpette al sugo o il coniglio alla stemperata, fritto con un sugo di capperi, olive, sedano e pomodori. Tra i contorni di verdura, c’è la famosa caponata e la parmigiana di melanzane.

Dulcis in fundo…tra i dolci siracusani da non perdere ci sono quelli a bade di pasta di mandorle,  le granite, (ottime alle mandorle e al limone), e la cuccia, un dolce al cucchiaio che si prepara in onore di Santa Lucia, a base di ricotta dolce, grano bollito, canditi, cioccolato fondente e mandorle. Legati alle feste ci sono poi i buccellati, biscotti alle mandorle glassati, i totò siracusani, biscotti con la glassa al cioccolato o al limone, che si preparano in occasione della Festa dei Morti, o la cassata siracusana, con strati di Pan di Spagna.

Pasta fritta alla siracusana

Un piatto antichissimo. Secondo la tradizione, infatti, fu inventato da un cuoco a servizio del tiranno di Siracusa Dioniso. Un piatto semplice e veloce che soddisfa il palato in tutte le occasioni.

Ingredienti

  • 500 gr di spaghetti o vermicelli
  • 4 acciughe sott’olio
  • 100 gr di pangrattato
  • 1 spicchio di aglio
  • Olio extravergine di oliva q.b.
  • Sale e pepe

Lessate gli spaghetti in abbondante acqua salata e scolateli al dente. In una padella capiente fate soffriggere l’aglio con un paio di cucchiai di olio extravergine di oliva. Appena lo spicchio sarà imbiondito, toglietelo dal fuoco e mettete a sciogliere le quattro acciughe. Versate poi nella padella gli spaghetti e copriteli con il pangrattato rigirandoli più volte. Poi lasciateli friggere a fuoco lento, finché non si sarà formata una bella crosta dorata e croccante. Aggiungete un pizzico di pepe a piacere e servite caldi.

COME ARRIVARE

In aereo: l’aeroporto più vicino è quello di Fontanarossa di Catania, che dista circa 45 minuti. Volano su Catania Ryanair (www.ryanair.com) , Air Italy (www.airitaly.com), Alitalia (www.alitalia.com), Easyjet (www.easyjet.com). In auto dalla Sicilia, per chi viene da Nord l’autostrada Messina -Catania, poi autostrada Catania – Siracusa. Da Sud, prendere l’autostrada Siracusa – Gela, da ovest autostrada Palermo – Catania poi autostrada Catania – Siracusa.

DOVE MANGIARE

*Ristorante Don Camillo, via Delle Maestranze 96, Ortigia (SR), tel 0931/67133, www.ristorantedoncamillosiracusa.it Nel cuore di Ortigia, offre un menù raffinato di piatti di terra e di mare, con un’ampia carta dei vini. Menù degustazione € 60, bevande escluse. Alla carta da € 40 a € 92.

*Monzù Sicily, Piazza Minerva 6, Ortigia (SR), tel 0931/1756593, www.monzusicily.com

A pochi passi dalla cattedrale, vanta una tradizione familiare risalente al 1786. Offre una cucina di buon livello di terra e di mare in un ambiente raffinato. In estate si può mangiare del dehors. Prezzo medio p.p € 60.

*Caseificio Borderi, c/o Antico Mercato di Ortigia, via De Benedictis 6, tel 329/9852500. Se amate il “cibo di strada”, per un pranzo o uno spuntino veloce, all’interno dello storico mercato si trova questo banco che offre taglieri di salumi e formaggi, tra pecorino e ricotta, verdure sottolio, da gustare al tagliere o in un panino, gelatine e marmellate. E anche il vino si gusta al calice.

DOVE DORMIRE

*Grand Hotel Ortigia*****, viale G.Mazzini 12, tel 0931/464600, www.grandhotelortigia.it Albergo storico, costruito alla fine dell’Ottocento, conserva al suo interno le Mura Spagnole e altri reperti archeologici in un’area chiamata “piccolo museo”. I comfort invece sono tutti moderni in atmosfere liberty. Doppia da € 180.

*Grande Albergo Alfeo****, via Nino Bixio 5, Ortigia (SR), tel 0931/21676, www.alfeo.it Ad appena 10 minuti a piedi dai monumenti storici, offre camere ampie e suite di lusso con wi fi gratuito, Jacuzzi, TV a schermo piatto, alcune con vista mare. Colazione a buffet inclusa del prezzo delle camere. Doppia da € 139.

*Albergo Domus Mariae***, via Vittorio Veneto 76, tel 0931/24854, www.domusmariaebenessere.com/ In un palazzo di inizio Novecento, si affaccia sul mare, comodo alle principali attrazioni, dispone di camere arredate nei colori mediterranei, piscina interna e centro benessere. Doppia da € 152.

INFO

www.siracusaturismo.net




A San Vito lo Capo, tra riserve naturali e antiche tonnare (2 parte)

I dintorni di San Vito lo Capo sono una meraviglia della natura. Non solo un mare cristallino, ma montagne, sentieri, calette e grotte e due Riserve Naturali tutte da scoprire. Ecco, allora, che, dopo avervi accompagnati, nella prima parte dell’itinerario, al Cous Cous Fest, in questa seconda puntata vi suggeriamo alcune escursioni e mete da non perdere.

La Riserva Naturale dello Zingaro

Istituita nel 1981, è la prima Riserva Naturale della Sicilia. Del perché si chiami “dello Zingaro” non è dato a sapere. Non si hanno infatti notizie di insediamenti di nomadi, ma solo una colonia di Lombardi nel XIII secolo.

La Riserva si estende per 7 chilometri nel tratto di costa che va da San Vito lo Capo a Castellamare del Golfo e ha un’estensione di 1700 ettari che occupano gran parte della penisola di San Vito lo Capo. Dista appena 15 minuti dal paese e per accedervi è richiesto un biglietto di ingresso (intero € 5, ridotto € 3 per ragazzi fino a 14 anni, scuole € 1, over 65 gratuito). La zona costiera si compone di calette pittoresche che si affacciano su un mare cristallino dalle mille sfumature dell’azzurro e del verde. In pochi minuti a piedi dalla biglietteria si arriva alla Tonnarella dell’Uzzo, una delle spiagge più frequentate nella stagione estiva, ma che offre il meglio in autunno e in primavera.

Chi ama andare alla scoperta delle spiagge più “segrete”, può prendere il sentiero della costa che tocca Cala Torre dell’Uzzo, Cala Marinella, Cala Beretta, Cala della Disa, Cala del Varo, fino a Cala della Capreia, che tocca il territorio di Scopello. Il paesaggio montuoso raggiunge vette notevoli, come Monte Scardina, Monte Speziale, Monte Acci e Monte Passo del Lupo, habitat di uccelli e, in particolare, di rapaci come il Falco Pellegrino, il Gheppio, la Poiana, il Barbagianni, l’Aquila di Bonelli e il nibbio.

La vegetazione endemica comprende invece alcune specie rare, come il Limonio di Todaro,il Fiordaliso di Sicilia, l’Orchidea di Branciforti e la Palma Nana, simbolo della riserva naturale. Con le sue fogli, i contadini in passato creavano oggetti di uso quotidiano, che oggi si possono ammirare nel Museo della Civiltà Contadina all’interno della Riserva. Oltre a questo, sono presenti altri piccoli musei che valgono una visita. Tra questi il Museo Naturalistico, il Museo delle Attività Marinare e il Museo della Manna.

Altri interessanti siti sono Borgo Cusenza, un gruppo di case abbandonate nei primi anni Cinquanta e oggi al centro di un progetto di recupero, e la Grotta dell’Uzzo, a ridosso della costa, che conserva le testimonianze dei primi insediamenti preistorici della zona.

Le escursioni nella Riserva di Monte Cofano

Da San Vito lo Capo, in meno di venti minuti si raggiunge la Riserva di Monte Cofano, che rientra nel Comune di Costunaci, tra San Vito e Trapani. Lasciando l’auto alla biglietteria si arriva a piedi alla Tonnara di Cofano, dove svetta la splendida Torre di Tuono, eretta nel 1500 per difendere l’antico borgo marinaro e la tonnara. Per la sua forma quadrata e le pareti concave è l’unica di questo genere in tutta la Sicilia. Se le temperature lo consentono, si può anche fare il bagno nelle acque limpide che circondano la tonnara.

Gli appassionati di trekking, o di MTB, possono invece prendere il sentiero della Forestale che parte dal lato di Castelluzzo e circonda il monte, fino ad arrivare all’ingresso ovest, sul lato di Custonaci. Lungo il percorso si incontra la Grotta del Crocifisso con una piccola cappella e, poco più avanti, la Torre di San Giovanni, di epoca borbonica.

Sempre sul versante ovest, in località Scurati, sul costone del monte si trovano alcune interessanti grotte risalenti al Paleolitico Superiore che conservano tracce di insediamenti preistorici tra cui fossili, graffiti, armi, utensili. Le grotte, nell’Ottocento, vennero utilizzate dagli eremiti. Successivamente, durante la Seconda Guerra Mondiale, qui trovarono rifugio gli sfollati. Oggi, molte di esse sono adibite a ricovero per gli attrezzi da lavoro contadino.

La più famosa è la grotta Mangiapane, che prende il nome dalla famiglia che l’ha abitata fino agli anni Ottanta del Novecento. Si presenta come un piccolo agglomerato che conta alcune casette rurali, una cappella e stradine di ciottoli. Durante il periodo natalizio viene trasformata in un suggestivo presepe vivente e animata dai cittadini di Custonaci.

Visita alla Tonnara del Secco

Uno dei luoghi simbolo di San Vito lo Capo è la Tonnara del Secco, che sorge ad appena tre km dal centro abitato. Qui la pesca e la lavorazione del pesce sono attestate fin dal IV secolo a.C, come testimoniano i resti delle vasche proviste di una canaletta di scolo per lo scarico delle acque.

Oltre agli edifici più moderni della tonnara, rimasta in funzione fino al 1969, si possono ancora vedere alcuni edifici patrizi, dove i nobili si accomodavano sui terrazzi per assistere alla “mattanza”, la pesca dei grossi tonni che in primavera percorrevano le acque del golfo di Castellamare per andarsi a riprodurre. Una curiosità: qui sono state girate alcune scene di film celebri, come Cefalonia e Viola di mare.

L’ascesa di Monte Monaco

Un’altra bella escursione che ci sentiamo di consigliarvi è il percorso a piedi che da San Vito conduce alla vetta di Monte Monaco, la cima che sembra abbracciare tutto il paese.

Ci si arriva grazie a un sentiero storico, recentemente ripristinato, che parte da via Mondello, alle spalle del paese, e in circa 1 ora e mezzo conduce sulla vetta, tra profumi e macchia mediterranea. Il percorso è ben segnalato e accessibile a tutti. In prossimità della vetta si trovano i resti di una cava di marmo e una maestosa croce di legno. Ma la vera sorpresa è la vista mozzafiato, che spazia a 360° dalla costa che va da Erice a Monte Cofano a ovest, a quella che da San Vito lo Capo si collega al Golfo di Castellamare a est. Spingendo ancora oltre la vista si possono ammirare anche i monti che circondano Palermo, mentre a sud si arriva a vedere la dorsale del Monte Speziale e fino al Monte Sparagio.

I sapori del trapanese

Il piatto principe di San Vito lo Capo è il cous cous alla trapanese, che abbina la semola al pesce fresco. Impossibile resistere alle arancine di riso, alla carne, al burro o in fantasiose varianti. Tra lo street food locale ci sono le panelle, frittelle di farina di ceci racchiuse in un panino. Con le melanzane si preparano la caponata e le cotolette.

Tra i primi piatti abbondano i condimenti a base di pesce, come la pasta con le sarde, gli spaghetti alle vongole o al nero di seppia. Tra le paste al forno troviamo la ‘ncaciata, citata anche nel celebre serial “Il Commissario Montalbano, e il timballo di anellette, Da non perdere la celebra pasta alla Norma e le busiate al pesto alla trapanese, di cui trovate qui sotto la ricetta.

Tra i secondi, troviamo gli sgombri lardiati, il tonno in agrodolce, i calamari fritti o la caponata di pesce spada. Imperdibili i dolci, tra cui la cassata, i cannoli, le graffe, le cassatelle di ricotta, le pesche, ma anche i bigné, i pasticcini, gli ericini alla pasta di mandorle, il caldo freddo, un delizioso mix di gelato e cioccolato caldo.

Busiate al pesto alla Trapanese

Ingredienti

  • 600 gr di busiate (pasta tipica trapanese)
  • 500 gr di pomodori da salsa
  • 40 gr di mandorle pelate
  • 4 spicchi di aglio
  • 1 mazzetto di basilico
  • 100 gr di pecorino grattugiato
  • Olio EVO
  • Sale e pepe q.b.

Tritate poi pestate insieme le mandorle, l’aglio e il basilico, aggiungendo un filo di olio di oliva. Quando sarà il tutto ben amalgamato, unite anche il pecorino grattugiato e mescolare. Mettete poi i pomodori a sbollentare nell’acqua calda per qualche minuto, poi pelateli, puliteli dai semi, tagliateli grossolanamente a pezzettoni e passateli nel mortaio. Unite anche gli altri ingredienti, il sale e il pepe. Aggiustate di olio. Cuocete la pasta in acqua salata, scolatela quando è al dente e versatela nel tegame con il sugo. Mescolate e servite.

COME ARRIVARE

San Vito lo Capo si trova tra Trapani e Palermo. Si può prendere il traghetto per Palermo e da qui un collegamento marittimo per San Vito lo Capo. In alternativa, si vola per Palermo o Trapani Birgi e si noleggia poi un’auto. Da Palermo: autostrada A29 con uscita Castellamare del Golfo, poi SS187 per San Vito lo Capo. Da Trapani: SS187, all’altezza di Baglio Messina si prosegue per Custonaci e dopo 10 km si arriva a San Vito lo Capo.

DOVE MANGIARE

*Gna’Sara, via Duca degli Abruzzi 6, San Vito lo Capo, tel 0923/972100, www.gnasara.it Locale sobrio con un bel dehors dove riscoprire i piatti della tradizione, tra cui il cous cous di pesce e le busiate fatte a mano. Prezzo alla carta da € 30 a € 67.

 *Da Alfredo, Contrada Valanga 3, San Vito lo Capo, tel 0923/972366, www.ristorantealfredosanvito.it locale a gestione familiare che offre una cucina siciliana autentica e saporita. Ottima la pasta fatta in casa. Menù € 30-45; alla carta € 27-57.

DOVE DORMIRE

*Hotel Villa Sauci****, Contrada Sauci, San Vito lo Capo, tel 0923/972370, www.villasauci.com Affacciato sul mare, a pochi km da San Vito e dalla Riserva dello Zingaro, dispone di camere e suite, alcune con jacuzzi, balcone o terrazzo arredato. A disposizione, piscina scoperta, terrazza comune con barbecue e noleggio bici. Doppia con colazione da € 119.

*Al Ritrovo***, via Colombo 314, Castelluzzo, San Vito lo Capo, tel 0923/975656, www.alritrovo.it Comodo alle principali attrazioni, dalla spiaggia di Bue Marino, alla Tonnara di Scopello a San Vito, dispone di camere ampie e luminose, dotate di balconcino con vista panoramica sulle montagne. Inoltre, ristorante bar con vista sulle montagne, piscina e terrazza panoramica con idromassaggio. Doppia da € 54.

INFO

www.sanvitoweb.com

www.visitsicily.info