I Carnevali antichi del Friuli Venezia Giulia

Terra di antiche tradizioni, il Friuli Venezia Giulia in occasione del Carnevale mostra il suo spirito giocoso e dissacrante attraverso manifestazioni genuine, tra maschere di legno, intagliate e dipinte, carri allegorici, appuntamenti musicali e danzanti a cui fanno da sfondo borghi e città, dal mare alla montagna. In questa regione il Carnevale assume tante sfumature, senza dimenticare i piatti della tradizione legate al periodo più colorato e divertente dell’anno. Vediamo, allora quali sono i Carnevali da non perdere.

Carnevale di Sappada (12-21 febbraio)

Il Carnevale di Sappada/Plodn, isola linguistica di matrice tedesca, si svolge nelle tre domeniche che precedono la Quaresima, dedicate ai tre diversi ceti della società: la “Domenica dei poveri” (pèttlar sunntach), in cui si usa vestire abiti dimessi e svolgere i lavori più umili per guadagnarsi da vivere; la “Domenica dei contadini” (paurn sunntach) che rievoca gli antichi lavori agricoli e la “Domenica dei signori” (hearn Sunntach), espressione della classe benestante e occasione di sfoggio dei costumi più raffinati.

Durante questo periodo si possono gustare i mogn kropfen e le orecchiette di coniglio, ma anche i krischkilan e i muttn, varianti locali di crostoli e castagnole. I mogn kropfen sono deliziosi tortelli ripieni e fritti che vengono distribuiti dai Rollate, i protagonisti indiscussi delle maschere sappadine, durante le sfilate. Queste particolari frittelle nascondono un ripieno di semi di papavero e miele. Esiste anche una versione semplice di ravioli fritti senza ripieno che prende il nome di hosenearlan, poiché la forma ricorda le orecchie (earlan) di coniglio (hosen).

Carnevale di Sauris (18 febbraio)

Sauris/Zahre, uno splendido borgo incastonato nelle Alpi Carniche, ha una tradizione legata al Carnevale tra le più radicate dell’arco alpino: protagonisti della festa sono il Rölar, con il volto ricoperto dalla fuliggine, e il “Kheirar”, con il volto coperto da una maschera di legno. Il Rölar è una figura magica e demoniaca, il cui nome deriva dai Rolelan, i campanelli che indossa intorno alla vita, usati per avvertire gli abitanti dell’inizio della mascherata, il Kheirar invece è il re delle maschere.

La tradizione prevede la preparazione dei vledlan (frittelle con le erbe, per la preparazione dei quali si utilizzano farina, zucchero, uova arricchiti da grappa ed erbe aromatiche, come la menta selvatica e la salvia, seccate e sminuzzate, che conferiscono alla frittella un aroma delicato e inconfondibile. Il sabato prima del mercoledì delle Ceneri, il 18 febbraio. si tiene invece la “Notte delle Lanterne”, una suggestiva passeggiata al chiaro di luna.

Carnevale di Resia (17-22 febbraio)

Un tempo isolata tra i monti Musi a sud e l’imponente massiccio del Canin a est e a nord, Resia ha una tradizione legata al Carnevale (Püst) molto importante, il cui elemento fondamentale è rappresentato dalla danza eseguita con i tipici strumenti musicali resiani, la cïtira (violino) e la bünkula (violoncello). Le maschere tradizionali sono di due tipi: te lipe bile maškire, le belle maschere bianche, con cappello alto adorno di fiori di carta colorata e piccoli sonagli e i babaci/kukaci, le maschere brutte.

Durante il Püst i protagonisti diventano due dolci molto particolari: la sope e il bujarnik. La prima è una frittella che in passato, era preparata per le puerpere, essendo molto sostanzioso. Si prepara infatti con fette di pane bianco a filone e una pastella con uova, farina, liquore, zucchero e sale. Il bujarnik rappresenta una vera istituzione nella vallata ed è proposto in due versioni: quella per il giorno dei morti (una pagnotta avvolta in foglie di verza e cotta al forno a legna) e la versione carnevalesca, un impasto composto di farina di mais e frumento, uova, zucchero, panna, mele e/o pere, fichi secchi, uva sultanina, frutta secca, lievito, semi di finocchio selvatico, cannella o carrube.

Carnevale delle Valli del Natisone (11-12 febbraio)

l Pust v Benečiji è un carnevale antico e ricco di tradizioni. Pust, significa non solo “Carnevale”, ma identifica anche la maschera principale, protagonista di tutti i cortei. I Pust sono figure ricoperte dalla testa ai piedi da svolazzanti frange multicolori, sotto cui sono nascosti campanacci che creano un gioioso frastuono a ogni salto. Ogni paese delle Valli ha poi le sue peculiarità e le sue maschere simbolo: i Pustje di Rodda con i loro colori sgargianti e la loro scherzosa impertinenza, il gallo e la gallina di Mersino, i Blumarji di Montefosca che correndo con i loro vestiti bianchi risvegliano la terra per la primavera. Ci sono inoltre le maschere facciali in latta di Stregna e da Montemaggiore non mancheranno te liepe, le belle, con i caratteristici cappelli fioriti, da Clodig infine arrivano le spettacolari maschere in vimini.

Gli strucchi assieme alla gubana sono i dolci tipici delle Valli del Natisone: si tratta di morbidi bocconcini fritti di pastafrolla, che contengono un goloso ripieno ricco di noci, nocciole, uvetta e pinoli.

Carnevale bisiaco di Monfalcone (16-21 febbraio)

Anche a Monfalcone, in provincia di Gorizia, il Carnevale è un appuntamento molto sentito che prevede ogni anno un ricco programma di sfilate, giochi, appuntamenti in piazza e maschere, dietro le quali si scorgono rappresentazioni della vita cittadina, dei valori del territorio, rimandi alla sua storia, identità e tradizioni: dalla “cantada in piazza” alla tradizionale maestosa sfilata di carri e gruppi con oltre 3000 figuranti. Si possono poi gustare piatti tipici del posto nei diversi chioschi e ristoranti della città.

Carnevale carsico di Opicina (18 febbraio)

Maschere e carri sfilano anche a Opicina, sull’altopiano carsico, a pochi chilometri dal centro di Trieste. Il sabato pomeriggio i gruppi danno vita al corso mascherato per contendersi il premio del Carnevale Carsico/Kraški Pust e festeggiare poi la vittoria con balli, musica e spettacoli. Le frittole con l’anima (Fancli z duso) sono le protagoniste a tavola. La ricetta è originaria di Contovello, una frazione di Trieste: un tempo i “kontovelci”, gente di Contovello, erano eccellenti pescatori e le donne avevano il compito di vendere il pescato. Così nacquero le “frittole con anima”, delle frittelle ripiene di acciughe sotto sale.

Carnevale di Muggia (16-22 febbraio)

Arrivando a Muggia, scopriamo le origini antichissime del Carnevale muggesano. La prima citazione ufficiale si ha negli statuti comunali del 1420 in cui si fa riferimento al rimborso di un ducato a quelle compagnie, che si sarebbero poi impegnate a spenderne almeno il triplo per ingaggiare dei musicanti. El Carneval de Muja era caratterizzato da alcune usanze, tra cui la caccia al toro, d’origine veneta, e il ballo della verdura, che si svolgeva il Martedì Grasso in quella che oggi è Piazza Marconi. Le donne e gli uomini danzano con il capo ornato da verdi ghirlande, reggendo in mano un arco d’oro di fronde e di arance. La sfilata avrà luogo il 19 febbraio.

Carnevale di Trieste (18- 21 febbraio)

Dalle Alpi e Prealpi si scende fino ad arrivare a Trieste, dove fu inventato uno dei simboli indiscussi del Carnevale: i coriandoli. Ettore Fenderl, infatti, fu una celebrità nel campo della fisica nucleare, ma non furono solo i suoi studi a essere innovativi: nel 1876 il quattordicenne Ettore durante la parata di Carnevale che passava sotto casa sua in piazza della Borsa a Trieste, non avendo a disposizione confetti o petali di rose da lanciare sul corteo, tagliuzzò pezzettini di carta colorata e li lanciò sulle maschere che passavano. Fu subito imitato da tantissimi presenti e l’invenzione si propagò velocissima a Vienna, Venezia e in tutto il mondo. Così furono inventati i coriandoli.

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Tra i dolci tipici del Carnevale Triestino, invece, troviamo le frittole, delle “polpettine ” con uvetta e pinoli, fritte e in alcuni casi farcite con crema o cioccolato. Anche i crostoli hanno un’alta posizione sui gradini dell’eccellenza culinaria a Trieste: l’impasto dolce che viene fritto ricorda molto le più conosciute chiacchiere. Non mancano poi i krapfen, dolce di origine austriaca, ma che a Trieste sono più piccoli di dimensione.




Weekend a Trieste per la Barcolana

Dal 1° al 9 ottobre si rinnova a Trieste l’appuntamento con la Barcolana, arrivata alla sua 54° edizione. Per dieci giorni, il capoluogo del Friuli Venezia Giulia si trasforma nella capitale della vela, pronta ad accogliere duemila barche in acqua, 35 mila velisti e 400 mila spettatori.

Gli eventi di terra e di mare

La regata è in programma domenica 9 ottobre, ma nei nove giorni che precedono il grande evento Trieste ospita un fitto programma di eventi. Per esempio, nel Villaggio Barcolana si possono scoprire prodotti e servizi per la nautica e incontrare gli equipaggi. Piazza Unità d’Italia, invece, la sera si trasforma in un grande palcoscenico di musica internazionale grazie al Barcolana Music Festival, a ingresso gratuito. Presso l’Arena Barcolana, nei pressi delle imbarcazioni ormeggiate alla Stazione Marittima, si tiene poi l’evento collaterale Barcolana di Carta, dedicato alla letteratura di mare.

Protagoniste saranno anche le regate. Nel weekend del 1° e 2 ottobre si tiene la Barcolanina, dedicata ai timonieri under 18, mentre nei giorni che precedono la grande regata si può assistere allo spettacolo delle prove in notturna della Barcolana di Notte Jotun Cup. Spazio anche alle barche d’epoca, che scendono in mare alla vigilia della gara animando la Barcolana Classic.

La Barcolana, invece, si tiene domenica 9 ottobre con partenza alle 10.30. Il percorso, di 13 miglia nautiche, si snoda tra Barcola e Miramare, nel Golfo di Trieste. La fase finale della gara, la più spettacolare, è quella al largo del Faro della Vittoria, con arrivo alla Diga del Porto Vecchio, di fronte a Piazza dell’Unità d’Italia.

Un weekend a Trieste

Approfittate della Barcolana per visitare la splendida Trieste, che ancora testimonia la ricchezza culturale, storica, musicale, letteraria e artistica che ne fecero un influente centro durante il dominio austro ungarico. Tra i suoi cittadini illustri c’è anche James Joyce, che ci ha vissuto per più di 15 anni in qualità di insegnante di inglese. Sul Ponte Rosso si può ammirare la sua statua mentre in via della Madonna del Mare 13 si trova il Museo Joyce.

La statua di James Joyce sul Ponte Rosso

Tra gli altri musei da non perdere, se avete tempo, ci sono il Museo Revoltella che ospita la Galleria di Arte moderna con opere di Guttuso, Carrà, De Chirico e Morandi, il Museo di Storia, il Museo Civico di Storia e Arte, di Arte Orientale, della Guerra per la Pace, che ospita la collezione del pacifista italiano Diego de Hernandez.

Il Museo Revoltella

Una passeggiata nel centro storico può invece cominciare da Piazza Unità d’Italia, dove si affacciano diversi palazzi storici tra cui Palazzo Stratti. Nella piazza si trova anche la Fontana del Quattro Continenti, mentre, di fronte, il bellissimo Molo Audace.

Molo Audace

L’imponente Faro della Vittoria, dominato dalla statua della Vittoria Alata, celebra invece i militari italiani caduti durante la Prima Guerra Mondiale. Da Piazza Oberdan parte poi il Tram di Opicina, un convoglio d’epoca che si arrampica sulle alture carsiche. Una visita di riflessione merita la Risiera di San Sabba, trasformata dai nazisti in campo di prigionia per i deportati destinati ai campi di sterminio.

Il Faro della Vittoria

Meritano una visita anche la Città Vecchia, il Quartiere Austriaco, la Sinagoga e il Castello di San Giusto, da cui si può ammirare uno splendido panorama di Trieste e delle sue colline. Da non perdere la passeggiata sul Lungomare di Barcola, che parte nella zona nord della città e arriva fino al fiabesco e romantico Castello di Miramare, fatto costruire nel 1860 dall’Arciduca Ferdinando Massimiliano di Asburgo per l’amata moglie Carlotta del Belgio.

Castello di Miramare

La Trieste “segreta”

Tra i luoghi più affascinanti e meno noti di Trieste che valgono una visita c’è Casa Jakic, nota anche come la “casa delle cipolle” per le sue cupole sferiche. Si dice che il suo proprietario, tal Anton Jakic, fosse un religioso che abbandonò i sacri voti per diventare una spia al soldo della Russia. Nel 1904 la villa fu venduta e divenne una nota casa di appuntamenti.

Casa Jakic

Sotto Via Carducci e via Severo si trova invece il Kleine Berlin, un sistema di gallerie antiaeree risalente alla Seconda Guerra Mondiale che si può visitare attraverso visite guidate.

Ingresso del Kleine Berlin
Certamente ricca di fascino anche la Grotta del Gigante, a 80 metri di profondità, che si raggiunge attraverso una porta naturale e percorrendo la Grande Galleria, tra stalattiti e stalagmiti.
Grotta del Gigante

I caffè di Trieste

Trieste è celebre per i suoi caffè storici. Alla fine del Settecento, infatti, la città era diventata lo scalo più importante d’Europa per il commercio di caffè grazie al suo status di porto franco. Per fare un tour dei caffè storici si può partire dal Caffè degli Specchi, del 1839, che si affaccia sulla pizza principale, tra atmosfere asburgiche e profumi che vi riporteranno ai tempi della Principessa Sissi. Poco distante si trova anche il Caffè Tommaseo, il più antico della città, fondato nel 1825, e il preferito di Italo Svevo, ma che ha avuto tra i suoi clienti anche Stendhal e Umberto Saba.

Caffè degli Specchi

In via Cesare Battisti si trova invece l’Antico Caffè San Marco, distrutto nel 1915 dagli austriaci perché ritenuto un covo di rivoltosi e ricostruito nel Secondo Dopoguerra. In via Dante c’è invece il Caffè Stella Polare, nato come Caffè Gioberti nel 1848. Spostandosi in Corso Italia si incontra il Caffè Torinese, in stile liberty, mentre in Piazza della Borsa si trova il Caffè Urbanis, del 1832.

Caffè Torinese

Una curiosità: a Trieste c’è anche l’Università del Caffè, un’eccellenza internazionale che propone corsi di Scienza del Caffè, corsi di degustazione e Master a tema.

INFO

www.turismofvg.itwww.barcolana.it 




In Friuli, sulle tracce di Pasolini

Quest’anno si celebrano i 100 anni dalla nascita di Pier Paolo Pasolini. Poeta, sceneggiatore, attore, regista, scrittore, drammaturgo, romanziere, ma anche pittore, linguista, saggista e traduttore Pier Paolo Pasolini era nato a Bologna il 5 marzo 1922, ma a causa del lavoro del padre, e anche della guerra, è vissuto in diverse parti d’Italia, fino al tragico epilogo, il 2 novembre 1975, quando il suo corpo martoriato fu ritrovato sulla spiaggia dell’Idroscalo di Ostia (Roma), dando inizio a uno dei più controversi gialli italiani.

Mente brillante, aperta e cittadino del mondo, Pasolini ebbe sempre un legame profondo con il Friuli Venezia Giulia, terra di sua madre Susanna Colussi, originaria di Casarsa Della Delizia, in provincia di Pordenone. Proprio qui, nel cimitero locale, madre e figlio riposano l’uno accanto all’altra. Il centenario della nascita del grande uomo di lettere offre uno spunto per un itinerario nei luoghi friulani teatro della sua vita e di alcune delle sue opere.

Pier Paolo Pasolini con la mamma Susanna

Si può partire da Casarsa, dove si trova la casa della famiglia materna, e poi visitare Valvasone Arzene, San Vito al Tagliamento, Salice, Sesto al Reghena e Cordovado. Chi vuole può spingersi fino a Grado, dove Pasolini girò il suo film “Medea”.

Prima tappa: Casarsa Della Delizia

Al paese di origine dell’amata madre Susanna, Pasolini dedicò la sua prima opera “Poesie a Casarsa”, edita a Bologna nel 1942. Questa cittadina di antica vocazione contadine, situata sulla riva destra del Tagliamento, fu sempre il “luogo del cuore” di Pasolini che, dopo averci vissuto da bambino e da ragazzo, dopo averci fatto ritorno con la famiglia per rifugiarsi dagli orrori della guerra, ci tornava tutte le estati per trascorrere le vacanze. A Casarsa morì il fratello di Pier Paolo, Guido Alberto, nel febbraio 1945, che aveva aderito alla lotta partigiana. Pasolini vi rimase invece fino al 1950, quando si trasferì poi con la madre a Roma.

Un itinerario “pasoliniano” non può che cominciare da Casa Colussi, la casa della famiglia materna, costruita all’inizio del Novecento dal nonno Domenico Colussi. Oggi è sede del Centro Studi Pier Paolo Pasolini, che ospita materiale, testimonianze sulla figura del letterato, oltre che promuovere convegni e iniziative a tema. Nelle vicinanze si trova invece Piazza Italia, da cui partono le strade che conducono al cimitero dove riposa la famiglia Pasolini, a Valvasone, a Versuta e a San Vito al Tagliamento.

Le tombe di Pier Paolo Pasolini e della madre Susanna nel cimitero di Casarsa

Da non perdere una visita alla Chiesa di Santa Croce, in via XI febbraio, risalente al XV secolo e distrutta dai bombardamenti nel marzo del 1945. Al suo interno si trova la lapide che ricorda l’invasione turca del 1499, che ha ispirato il dramma di Pasolini “I Turcs tal Friùl” del 1944. Nella vicina Piazza Cavour si trova anche la chiesa dedicata alla Santa Croce e alla Beata Vergine del Rosario, consacrata nel 1899, che spicca per i suoi due campanili, ispirati alla Chiesa della SS Trinità dei Monti a Roma.

Le attuali via Menotti e via Valvasone corrispondono, invece, al Borc di Sc’iavez e al Borc di Zora dove, tra cortili, archi e balconi, Pasolini ambienta il primo atto della sua opera “I Turcs dal Friùl”. Infine, vale una visita anche il Duomo dedicato a San Giovanni Battista, della fine dell’Ottocento, con il suo campanile di 56 metri.

Lo splendido Duomo di Casarsa

Valvasone e l’insegnamento

L’antico borgo di Valvasone è ricordato in una celebre prosa di Pasolini del 1947, nella quale viene definita dal letterato “città del silenzio”. Il suo nome, nella variante friulana, ricorre anche nella poesia Mi contenti, pubblicata nella raccolta Dov’è la mia patria, del 1949. Il legame con il borgo è dovuto all’impegno pedagogico di Pasolini, che qui insegnò italiano e latino nella locale scuola media dal 1947 al 1949, dopo essersi laureato in Lettere all’Università di Bologna, nel 1945.

Il castello di Valvasone
La scuola dove ha insegnato Pasolini si trova ancora in via Sant’Elena. Da non perdere, nel borgo, anche il castello di Valvasone, le cui origini risalgono al Duecento e che ha ospitato, nei secoli, molti personaggi illustri tra cui Papa Gregorio XIII, nel 1409, Papa Pio VI, mentre si recava a Vienna del 1782 e Napoleone Bonaparte. Nel Duomo, invece, spicca uno splendido organo del Cinquecento.

Sesto al Reghena e lo scandalo

L’itinerario alla scoperta dei luoghi pasoliniani prosegue a Sesto al Reghena, il cui toponimo rivela l’origine romana dell’insediamento. Qui si trova la bella abbazia benedettina di Santa Maria in Sylvis, dell’VIII secolo, uno dei più importanti centri religiosi del Friuli. La zona di Sesto, poi, vanta un paesaggio di rara bellezza, tra acque sorgive, antichi mulini, segherie ad acqua. Sebbene non compaia nelle opere pasoliniane Sesto al Reghena è stata sicuramente visitata da Pasolini che, tuttavia, è legato a questo luogo per i fatti della vicina frazione di Ramuscello, che segnarono uno spartiacque nella sua vita.

La frazione di Ramuscello, dove avvenne lo scandalo che coinvolse Pasolini

Fu infatti durante la sagra di paese della fine dell’estate del 1949 che Pasolini fu accusato di “atti osceni in luogo pubblico” per essersi appartato con alcuni giovani. La denuncia e lo scandalo che ne seguì gli costarono l’espulsione dal Partito Comunista, il licenziamento dalla scuola dove insegnava e il trasferimento, insieme alla madre, a Roma, all’inizio del 1950.

San Vito al Tagliamento e la vocazione pittorica

Un’altra tappa imperdibile dell’itinerario pasoliniano è San Vito al Tagliamento, annoverato tra i Borghi più belli d’Italia, che custodisce alcune tracce della formazione artistica e dell’impegno civile del giovane Pasolini. Tra i suoi amici, infatti, risiedeva qui il pittore Federico De Rocco, che nel 1941 iniziò Pasolini alla pittura e alle arti figurative e lo dipinse nel celebre Ritratto col fiore in bocca. In seguito, nel 1945, fu insieme a lui tra i fondatori dell’“Academia di lenga furlana”.

Scorcio di San Vito al Tagliamento
A San Vito, poi, Pasolini stampò, presso la stamperia Primon, i primi quattro numeri della rivista Stroligut. Infine, nel romanzo Il sogno di una cosa, Pasolini raccontò dei drammatici fatti della rivolta contadina del gennaio 1948, ambientandolo nel paese di fantasia di Gruaro ma, di fatto, San Vito.
La stamperia Primon

Una visita a San Vito prevede alcune soste per ammirarne le eccellenze. Tra queste c’è la bella piazza centrale porticata che si innerva all’asse del campanile seicentesco e ingentilita dalla loggia del Trecento, oggi sede del Teatro Arrigoni. Merita una visita anche la chiesa dei SS Vito, Modesto e Crescenzia, ricostruita a metà del 700 dal patriarca di Aquileia.

Appartiene all’epoca medievale anche il Complesso dei Battuti, con la cappella quattrocentesca e, al suo interno, il ciclo di affreschi di Pomponio Amalteo. Tra i palazzi nobiliari ricordiamo infine Palazzo Altan Rota, del XV secolo, sede del Municipio, e Palazzo Altan, che ospita il Museo Provinciale della Vita Contadina.

Cordovado e le sue acque

Il nostro itinerario alla scoperta dei luoghi friulani di Pier Paolo Pasolini si conclude nel territorio di Cordovado, comune confinante di Sesto al Reghena che colpì Pasolini per la bellezza dei suoi paesaggi, ricchi di acque sorgive e deliziosi laghi. Tra questi c’è la Fontana di Venchiaredo, che già compare nel romanzo di Ippolito Nievo Confessioni di un italiano e celebrata dallo stesso Pasolini, estimatore di Nievo, in alcuni dei suoi versi.

La Fontana di Venchiaredo

Proprio il territorio che da Cordovado si estende fino a Sesto ospita un Parco Letterario dedicato a Ippolito Nievo. Tra le eccellenze da visitare nel borgo, ci sono il suo nucleo antico, Borgo Castello, con le splendide strutture alto medievali che si fondono con le successive architetture del Settecento, tra cui spiccano villa Attimis-Freschi-Piccolomini e Palazzo Ridolfi-Bozza-Marrubini, che custodisce al suo interno alcuni preziosi affreschi di Giovanni Francesco Zamolo.

COME ARRIVARE

In auto: per Casarsa prendere la A28 e uscite a Cimpiello, poi proseguire lungo la SS13 Pontebbana in direzione di Udine fino a Casarsa. In treno: linea Venezia-Udine-Tarvisio con discesa a Casarsa.

DOVE DORMIRE

*Albergo Ristorante Sporting, via Aldo Moro 60, Casarsa della Delizia (PN), tel 0434/871125, www.hotel-sporting.net

*The Cottage B&B, via Salvo d’Acquisto 11, Casarsa della Delizia (PN), tel 0434/869651, www.thecottagebedandbreakfast.it

DOVE MANGIARE

*Novecento, via Menotti 62, Casarsa della Delizia (PN), tel 0434/869989, www.900casarsa.it

*Real Cerveceria, via Aldo Moro 19, Casarsa della Delizia (PN), tel 0434/870550

*Ristorante Al Posta, via Valvassone 12-14, Casarsa della Delizia (PN), tel 0434/870808, www.hotelalposta.it

INFO

www.pasolinifriuli.itwww.turismofvg.it/localita/casarsa-della-delizia