Perché il radicchio di Treviso è un tesoro che vale un weekend

Esiste un’insalata talmente pregiata da essere l’ingrediente principe di un intero menù stellato? Un ingrediente che vive d’inverno e domina le tavole con il suo colore unico e la sua particolare sagoma: il radicchio di Treviso. Buono in tutte le salse, crudo o cotto, può far parte di qualsiasi tipo di portata (dal salato al dolce) grazie alla sua lunga e controllata coltura. Un sapore amarognolo inconfondibile che contraddistingue non solo la cicoria, ma anche il territorio che popola, il trevigiano. In questa area geografica veneta, ricca di bellezze di ogni tipo, infatti avere il radicchio in frigo è quasi d’obbligo nelle stagioni più fredde. Un ingrediente talmente unico da riuscire a coniugare bellezza e gusto. Ecco la nostra guida: 

Perché il radicchio di Treviso è un tesoro che vale un weekend
Coltura del radicchio di Treviso IGP, immersa in una pregiata tradizione costruita in questa regione di generazione in generazione

Il nostro weekend alla scoperta del radicchio di Treviso

Il nostro weekend con gusto parte dal ristorante ai Brittoni in centro a Treviso che offre un intero menù a base di radicchio: dalle casatelle in carrozza (formaggio trevigiano) al risotto, fino ad un dolce di cioccolato con spuma di liquore al radicchio. Con una vista sul canale tipico di questa città, riesce a comunicare tanto della storia di Treviso. Insieme alla sognante Venezia, Treviso emerge prorompente sui canali d’acqua, suo elemento prediletto, che donano alla città un’aria magica. Ricca di storia e aneddoti che, senza troppe difficoltà, posso rientrare in un vero e proprio weekend all’insegna del gusto e del bello. Dall’imponente Piazza dei Signori, al Duomo fino ad arrivare alla fontana delle tette e al parco degli alberi parlanti. La scelta è vasta e di certo non vi annoierete!

Perché il radicchio di Treviso è un tesoro che vale un weekend
Piazza dei Signori: la più importante piazza di Treviso e sede dell’antica signoria trevigiana

Facile parlare del centro e di una città famosa per le sue meraviglie, il nostro weekend adesso si sposta verso la campagna, verso la natura. Appuntamento da non perdere è l’oasi di Cervara, riserva naturale di grande bellezza a pochi chilometri da Treviso e ultima palude del Sile che si estende per 25 ettari. È un luogo ideale per passeggiare, fotografare e praticare birdwatching. Per i più raffinati invece è impossibile non passare per il Golf club Ca’ amata che offre un eccellente ristorante e passeggiate nel verde (anche per i non appassionati di golf). Tra flan con fonduta di Asiago e tagliatelle fatte in casa, scoprirete i sapori del radicchio come mai gli avete assaggiati. Ciliegina sulla torta per un weekend perfetto è il soggiorno all’hotel Fior di Castelfranco veneto: una struttura a quattro stelle celebre in tutto il trevigiano per eleganza e sfiziosità da osservare e gustare. 

Perché il radicchio di Treviso è un tesoro che vale un weekend
Viaggio culinario offerto dal ristorante Hotel Fior**** con: l’uovo che non c’è, tegola di patata americana robiola e radicchio, frittella di polenta con stravecchio “oro”

Il nostro weekend con gusto termina qui, se seguirete qualche nostra dritta non esitate a taggarci sui nostri canali social (Facebook, Instagram, Youtube, Tiktok)! Siamo attivi tutti giorni per nuove guide in tutta l’Italia. 

Ecco il nostro mini vlog del weekend! Se vi piace fatecelo sapere con un like e un commento!

 

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Thanks to @radicchioditrevisoigp @fruttaeverduraigp per il fantastico weekend!

Collab @ristoranteaibrittoni @oasidicervara @glofclubcaamata @hotelfior

Volete scoprire altre meraviglie di Treviso? Leggete la nostra precedente puntata su questa unica terra (link)..buon divertimento!




Baku, culla del mugham

(Italian and english version)

MARZO IN THE WORLD: Baku, Azerbaigian

Poco conosciuto dal turismo, l’Azerbaigian vanta un patrimonio paesaggistico e soprattutto culturale eccezionale. A cominciare da una tradizione musicale di grande rilievo diventata parte dello stile di vita di questo popolo. È il mugham, genere musicale riconosciuto Patrimonio orale e immateriale dell’Umanità.

Ex repubblica sovietica, l’Azerbaigian si trova tra Asia ed Europa, è bagnato dal Mar Caspio, delimitato dal Caucaso ed è facilmente raggiungibile dall’Italia anche con voli diretti.

Baku

La sua capitale, Baku, che significa “città dove soffia il vento, ha il suo cuore nell’“Icheri Sheher”, la parte vecchia (Patrimonio dell’Umanità nel 2000) dominata dalla fortificazione medievale circondata da alte mura al cui interno si trovano il Palazzo degli Shirvanshah. Il complesso  riunisce tanti edifici come il Divanhane, la tomba a volta, la moschea con minareto, il mausoleo di Seyid Yahya Bakuvi, la porta di Murad, una cisterna e i resti delle terme. La Torre della vergine domina lo skyline della città. Questa costruzione avvolta dal mistero è stata utilizzata come torre di guardia con lo scopo di avvistare eventuali invasori? Era un osservatorio astronomico? O forse un antico tempio? Non si sa, ma in ogni caso  è straordinariamente bella con i suoi 29 metri d’altezza.

Baku

In città spicca il connubio armonioso  tra antico e moderno: mura risalenti al XII secolo ed edifici moderni come le Flame Towers o l’Heydar Aliyev. Una combinazione straordinaria di gotico, barocco, classico e rococò.

Le Flame Towers sono tre alte torri che svettano verso cielo e sono bellissime soprattutto al tramonto quando si accendono grazie a 10.000 led che danno vita a giochi di luci e colori.

Gli amanti dei musei non resteranno delusi. IN città ce ne sono diversi. A cominciare dall’interessante Museo del Tappeto. Meriterebbe la visita solo per la forma dell’edificio che lo ospita, a forma di tappeto. Qui si può ripercorrere la storia e l’arte della tessitura. Al suo interno si possono  ammirare oltre 1.000 esemplari uno più bello dell’altro. Per lo shopping la destinazione è la centralissima Nizami Street.

Baku

Vale la visita anche Little Venice, a fianco del Museo del Tappeto. È una città nella città, costruita nel 1960 e ampliata nel 2012 con oltre 10.000 m² di isole, ponti, ristoranti, barche, canali e le immancabili gondole.

Le vostre serate passatele a Fountains Square, chiamata anche Parapet. È una piazza alberata con al centro numerose fontane e si trova proprio nel cuore del centro di Baku.  La piazza è sempre brulicante di giovani e turisti perché ricca  di negozi, ristoranti e caffè. Se invece volete una serata più tranquilla e chic consigliamo di recarvi all’Hilton in Azdlig Av. 1  e prendere una bibita al 25° piano nel roof bar che ruotando,  a 360 gradi, vi permetterà di avere Baku ai vostri piedi.

Baku

Non resta che conoscere meglio l’aspetto folcloristico del posto. Come anticipatovi dal titolo l’Azerbaigian è la culla del mugham, una musica eseguita con 3 strumenti (kamancha, catrame e gaval). Chi canta è chi ha in carico il gaval. Il mugham è  una forma d’arte che unisce la poesia classica all’ improvvisazione musicale.

Nel paese in quasi tutti i periodi dell’anno si organizzano eventi musicali di grande interesse come il Festival del Jazz di Baku o il Festival di Gabala con musica classica o ancora il Festival di Jara che si dedica alla musica pop. Uno dei luoghi celebri per ospitare e organizzare serate di mugham è l’International Mugham Center in pieno centro di Baku. Questo luogo è per antonomasia il centro della musica azera che vuole fare conoscere ma soprattutto salvaguardare questo tradizionale genere musicale. Guardate la forma dell’edificio: raffigura un catrame che è lo strumento tipico usato per suonare il mugham .

Baku

Questo è quello che la capitale offre ma vicino a Baku ci sono altri luoghi di grande interesse. Come  la Riserva statale di Qobustan,  60 km a sud ovest di Baku, un sito anch’esso tra i Patrimoni dell’Umanità dell’Unesco dal 2007 ricco di reperti archeologici. La riserva fu istituita nel 1966  al fine di preservare ciò che essa conteneva: antiche sculture,  vulcani di fango  e altre ricchezze naturali.

A est di Baku, alla periferia, c’è un piccolo paese, Suraxani che ospita l’ Ateshgah, che può essere tradotto come “tempio del fuoco”. Anche Yanar Daĝ, a circa 25 km a nord est di Baku, la “montagna che brucia”, è interessante. Qui il fuoco arde incessantemente lungo il fianco della montagna.

Se dovessimo sintetizzare l’Azerbaigian potremmo definirlo: luogo bello e inaspettato. Non resta che scoprirlo.

COME ARRIVARE

Da Milano a Baku (5 ore circa) ci sono voli diretti con la compagnia Azerbaijan Airlines o si può volare con altre compagnie facendo scalo a Istanbul.

DOVE DORMIRE

Buona scelta di alberghi, scarseggiano invece ostelli e piccole pensioni.

Un ottimo hotel 5 stelle è Boutique – indirizzo – 19 Aziz Aliyev street 19, Sabayil , in posizione strategica rispetto ai monumenti più importanti. Si trova a soli 200 metri dalla Torre della Vergine.

COSA E DOVE MANGIARE

Nota di merito per la cucina che è varia con i classici sapori mediorientali. Molta carne e tante verdure.

Il piatto della tradizione è il plov. Gli ingredienti sono riso, carne rigorosamente di agnello, spezie, verdura e frutta secca. Un piatto ricco  che in passato veniva servito ai matrimoni o ai funerali come portata principale. Il ristorante consigliato è il Sumakh restaurant, Baku Indirizzo: 20|22 Xocali prospekti – Tel. +994 12 480 21 12

Baku

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MARCH IN THE WORLD: BAKU, AZERBAIJAN

Little known to tourists, Azerbaijan boasts an exceptional landscape and, above all, cultural heritage. Starting with an outstanding musical tradition that has become part of the lifestyle of this people. It is the Mugham, a musical genre recognised as an Oral and Intangible Heritage of Humanity.

A former Soviet republic, Azerbaijan lies between Asia and Europe, is washed by the Caspian Sea, bordered by the Caucasus and is easily accessible from Italy, even by direct flights.

Baku

Its capital, Baku, which means ‘city where the wind blows’, has its heart in the ‘Icheri Sheher’, the old part (a World Heritage Site in 2000) dominated by the medieval fortification surrounded by high walls inside which is the Palace of the Shirvanshah. The complex includes many buildings such as the Divanhane, the vaulted tomb, the mosque with minaret, the mausoleum of Seyid Yahya Bakuvi, the Murad Gate, a cistern and the remains of the baths. The Tower of the Virgin dominates the city skyline. Was this construction shrouded in mystery used as a watchtower to spot invaders? Was it an astronomical observatory? Or perhaps an ancient temple? It is not known, but in any case it is extraordinarily beautiful at 29 metres high.

Baku

In the city, the harmonious combination of ancient and modern stands out: walls dating back to the 12th century and modern buildings such as the Flame Towers or the Heydar Aliyev. An extraordinary combination of Gothic, Baroque, Classical and Rococo.

The Flame Towers are three tall towers soaring into the sky and are especially beautiful at sunset when they are lit up by 10,000 LEDs creating a play of light and colour.

Museum lovers will not be disappointed. There are several in the city. Starting with the interesting Carpet Museum. It is worth a visit just for the shape of the building that houses it, in the shape of a carpet. Here you can trace the history and art of weaving. Inside you can admire more than 1,000 specimens, each one more beautiful than the last. For shopping, the destination is the central Nizami Street.

Baku

Little Venice, next to the Carpet Museum, is also worth a visit. It is a city within a city, built in 1960 and expanded in 2012 with over 10,000 m² of islands, bridges, restaurants, boats, canals and the inevitable gondolas.

Your evenings are spent in Fountains Square, also called Parapet. It is a tree-lined square with numerous fountains at its centre and is located right in the heart of Baku’s city centre. The square is always teeming with young people and tourists because it is full of shops, restaurants and cafes. If, on the other hand, you want a quieter, more chic evening, we recommend going to the Hilton on Azdlig Av. 1 and having a drink on the 25th floor in the roof bar, which rotates 360 degrees and allows you to have Baku at your feet.

Baku

All that remains is to learn more about the folkloric aspect of the place. As the title suggests, Azerbaijan is the cradle of the mugham, a music performed with three instruments (kamancha, tar and gaval). The one who sings is the one in charge of the gaval. The mugham is an art form that combines classical poetry with musical improvisation.

Musical events of great interest are organised in the country at almost all times of the year, such as the Baku Jazz Festival or the Gabala Festival with classical music, or the Jara Festival devoted to pop music. One of the famous venues for hosting and organising mugham evenings is the International Mugham Center in the centre of Baku. This venue is quintessentially the centre of Azerbaijani music that aims to publicise but above all safeguard this traditional musical genre. Look at the shape of the building: it depicts a tar, which is the typical instrument used to play the mugham.

Baku

This is what the capital has to offer but there are other places of great interest near Baku. Such as the Qobustan State Reserve, 60 km southwest of Baku, also a UNESCO World Heritage Site since 2007, rich in archaeological finds. The reserve was established in 1966 in order to preserve what it contained: ancient sculptures, mud volcanoes and other natural riches.

East of Baku, on the outskirts, there is a small town, Suraxani, which is home to the Ateshgah, which can be translated as ‘temple of fire’. Yanar Daĝ, about 25 km northeast of Baku, the ‘burning mountain’, is also interesting. Here, fire burns incessantly along the mountainside.

If we had to sum up Azerbaijan, we could call it: a beautiful and unexpected place. All that remains is to discover it.

HOW TO GET THERE

From Milan to Baku (about 5 hours) there are direct flights with Azerbaijan Airlines or you can fly with other airlines with a stopover in Istanbul.

WHERE TO SLEEP

There is a good choice of hotels, but hostels and small pensions are scarce. An excellent 5-star hotel is Boutique – address – 19 Aziz Aliyev street 19, Sabayil , conveniently located near the most important monuments. It is only 200 metres from the Tower of the Virgin.

WHAT AND WHERE TO EAT

Note the cuisine, which is varied with classic Middle Eastern flavours. Lots of meat and lots of vegetables. The traditional dish is plov. The ingredients are rice, strictly lamb meat, spices, vegetables and dried fruit. A rich dish that in the past was served at weddings or funerals as the main course. The recommended restaurant is Sumakh restaurant, Baku Address: 20|22 Xocali prospekti – Tel. +994 12 480 21 12

Baku

 




Samarcanda, una meta da mito

(Italian and English version)

MARZO IN THE WORLD: Samarcanda, Uzbekistan

Forse qualcuno l’ha scoperta, oltre che sui banchi di scuola, con Roberto Vecchioni e la sua famosa e commovente canzone “Samarcanda”. Ricordate? corri cavallo, corri ti prego fino a Samarcanda io ti guiderò. Nella realtà questo luogo ha alle spalle una storia di ben 2700 anni e le sue straordinarie bellezze hanno fatto sì che nel 2001 fosse dichiarata Patrimonio dell’Umanità dall’Unesco. Samarcanda è più bella di quanto non si possa immaginare. È impareggiabile, la città delle mille e una notte con gioielli architettonici di grande bellezza.

È una città della Repubblica dell’Uzbekistan, stato dell’Asia centrale, ed è conosciuta soprattutto per la sua posizione, nel mezzo della Via della seta, un percorso di circa 8.000 chilometri. Nell’antichità era una rotta commerciale tra l’impero cinese e quello romano. Vi accorgerete che a Samarcanda tutto ruota intorno a Piazza Registan di bellezza stupefacente. È l’elemento urbanistico di maggior rilievo in città oltre ad esserne il cuore. È qui che nel passato, attraverso enormi corni (dzharchis) venivano annunciati i proclami reali oltre alle esecuzioni capitali. Dunque un luogo che brulica di vita e di storia in ogni centimetro quadrato. Di forma rettangolare e molto lunga è circondata da tre bellissime madrase (scuole islamiche): Ulugh Beg, Sher-Dor e   Tilya-Kori.

SamarcandaPiazza Registan

La madrasa Ulugh Beg, a ovest della piazza, porta il nome dal sovrano dell’impero timuride ed è  in stile azero. In questa scuola venivano insegnate materie quali filosofia, teologia e astronomia. All’interno diversi mosaici richiamano appunto l’astronomia. Il soffitto è una cupola di colore blu intenso,  la struttura e i minareti hanno un rivestimento di maioliche e mosaici posati in maniera tale da formare gradevoli motivi geometrici. All’interno si trovano le stanze degli studenti e l’aula dove si svolgevano le lezioni (Darskhna).

Samarcanda
Piazza Registan

Di fronte alla madrasa Ulugh Beg, a est della piazza,  si trova la Sher-Dor  che significa porta dei leoni. Si tratta di un complesso, come del resto le altre due madrase, di notevole bellezza architettonica. Il nome  “Sher-Dor” o Cher Dor, deriva dai mosaici e dalle decorazioni del timpano che rappresentano leoni e tigri. Anomala tale rappresentazione visto che, la tradizione islamica, vieta la raffigurazione di esseri viventi.

L’ultima delle tre madrase, la Tilya-Kori (che significa copertura d’oro) sfoggia una moschea decorata in oro e si trova tra le altre due. Oltre che dalla moschea, è composta da due gallerie in cui è ospitato il museo della città. È veramente molto bella con decorazioni raffiguranti due tigri che lasciano senza fiato.

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Medrese Tilya-Kori- Moschea

Samarcanda

Da vedere in città la moschea Bibi Khanum, uno dei  monumenti più importanti di Samarcanda a lungo considerata tra le più grandi e più belle moschee del mondo islamico. Voluta dal sovrano Amir Tamur (Tamerlano) in onore dell’amata moglie da cui prende il nome, è stata costruita con pietre preziose. Pare che ci vollero 90 elefanti per trasportare tutte le pietre necessarie alla costruzione che fu completata tra il 1399 e il 1404. Ma a causa di un terribile terremoto crollò parzialmente. Molti i lavori fatti recentemente per ripristinare alcune sue parti, come l’ingresso principale e diverse cupole. All’interno un grande cortile dove trova posto un piedistallo su cui poggia un Corano di enormi dimensioni. Di fronte il mausoleo e il tipico mercato per farsi un’idea dei prodotti tipici e della vita quotidiana del popolo uzbeko.

Molte leggende sono legate a questa moschea e ve ne accenniamo alcune tra le più significative.

Si narra che questa grande moschea fu costruita in onore della moglie di Tamerlano. L’architetto che curava la costruzione si innamorò perdutamente della bella Bibi a tal punto che chiese un bacio per completare il lavoro. Il bacio fu concesso ma costò la vita a entrambi perché Tamerlano ordinò la loro morte e  deliberò che le donne del suo impero portassero il velo.

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Una veduta della moschea Bibi Khanum

Un’altra leggenda narra invece che dalla moschea, ancora oggi, si sentono i singhiozzi della moglie amata da Tamerlano ma costretta, a seguito del tradimento, a portare il velo per sempre.

Un altro luogo da non perdere è il Mausoleo di Gur–e Amir, luogo simbolo cimiteriale della dinastia timuride, dove riposano le spoglie di Tamerlano e di altri sovrani timuridi. Tamerlano desiderava essere sepolto nel paese che gli diede i natali, Shakhrisabz, ma Ulugh Ben non rispettò le volontà e fece seppellire il corpo nel mausoleo.

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Un particolare del Mausoleo di Gur–e Amir

Un altro luogo di grande interesse è la necropoli di Shakh-i Zinda (il re vivente). I   monumenti funebri sembra non abbiano eguali in tutta l’Asia centrale. L’architettura di questo luogo è sorprendente. All’interno la sepoltura più antica è quella di Kusama ibn Abbas, il cugino del profeta Maometto arrivato a Samarcanda per diffondere la religione ma dove trovò la morte per mano di pagani in un momento di preghiera. Secondo invece una leggenda sembra che Kusam Ibn Abbas abbia lasciato questo mondo vivo e oggi continua a vivere nella cripta sotto la moschea dove soleva pregare. Ed è per questa ragione che il popolo cominciò a chiamalo “il re vivente”. La tomba è meta di pellegrinaggi ed è molto venerata dai musulmani.

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La necropoli Shohizinda che significa “Il re vivente” si trova nella parte nord-est di Samarcanda

Da non perdere assolutamente è l’Osservatorio di Ulugh Ben, sovrano e astronomo che nel 1420 diede vita a un astrolabio che ancora oggi viene considerato, dagli studiosi,  uno dei migliori osservatori dell’Islam medievale. Si tratta di una vera e propria opera d’ingegneria, nato per calcolare la posizione delle stelle con minuziosa precisione.

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Osservatorio di Ulugh Ben

Fate un salto alla Tomba di Daniele. Si tratta di un edificio sormontato da 5 cupole con all’interno la lunga pietra sepolcrale (18 metri) contenente le spoglie del profeta Daniele. La leggenda vuole che la lunghezza del sepolcro sia dovuta al fatto che le ossa del profeta   dell’antico Testamento crescano di circa mezzo pollice ogni anno e pertanto sia stato necessario adeguare il sepolcro. Le spiegazioni più attendibili invece parlano di una scelta fatta al fine di rendere difficile un eventuale trafugamento del corpo del profeta. Ma resta il fatto che qui giungono persone che chiedono di essere guarite dai mal di testa, dall’insonnia e dagli incubi.

SamarcandaTomba di Daniele

Consigliamo inoltre di visitare il Siyob Bazaar di Samarcanda, un bazar di dimensioni enormi vicino alla  Moschea di Bibi-Khanym. Si tratta di un mercato pubblico tipico della cultura islamica dove potrete assistere alla vendita di ogni genere di prodotto. Dalla frutta (che consigliamo di acquistare per la bontà) al  naan, il pane tipico, a tessuti per arredi sino all’abbigliamento. È qui che si comprende la vita degli abitanti ed è bello interagire con loro.

Si tratta sostanzialmente di un centro commerciale all’aperto frequentato soprattutto dai locali ma anche da molti turisti in cerca della vera Samarcanda.

Non possiamo non parlarvi della cucina locale che regala piatti particolari e molto saporiti come il gustosissimo piatto tradizionale, il plov, del riso con carne di montone, uvetta e verdure in olio di cotone generalmente accompagnato dal naan. Provate i shashlik, spiedini di carne cotti alla brace. A Samarcanda la versione tipica del plov è con la mela cotogna, una vera delizia per il palato.

Non abbiamo invece buone notizie per quanto concerne la movida. A Samarcanda non ci sono molti locali. Generalmente sono le strutture alberghiere a organizzare serate per intrattenere i turisti.

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Vi consigliamo, prima della partenza, un libro edito da Feltrinelli: Verso Samarcanda – la lunga marcia II – di Bernard Ollivier. Un libro che vi anticiperà la cultura e le bellezze del posto.

DOVE ALLOGGIARE: tante le soluzioni a disposizione a partire da hotel lussuosi, alberghi modesti ma accoglienti e soluzioni molto economiche come i bed and breakfast. Noi vi segnaliamo: Orient Star Samarkand – indirizzo: Dagbitskaya Street 33, Samarkand 140120, Uzbekistan Telefono00998 66 232 29 06

DOVE MANGIARE: Registon Restourant  (5, Registan Street). Situato vicino alla bellissima piazza Registon, il ristorante è piccolo, raccolto e ben arredato. Molte le decorazioni tipiche del posto. Tappeti e cuscini per accomodarsi a terra fanno da cornice alle zuppe cucinate di cereali e a dolci deliziosi a cominciare dal le frittelle che vengono servite con fette di mela e sciroppo di caramello.

Non ci resta che augurarvi un bellissimo viaggio nella terra che fu calpestata da Marco Polo che così descrisse la città:« Samarcan è una nobile cittade, e sonvi cristiani e saracini » (Marco Polo, Il Milione)

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Un bellissimo tramonto su Samarcanda

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Perhaps someone discovered it not only at school but also with Roberto Vecchioni and his famous and moving song ‘Samarkand’. Remember? Run horse, run please to Samarkand I will guide you. In reality, this place has a history of no less than 2700 years behind it and its extraordinary beauty led to it being declared a UNESCO World Heritage Site in 2001. Samarkand is more beautiful than you can imagine. It is incomparable, the city of a thousand and one nights with architectural gems of great beauty.

It is a city in the Republic of Uzbekistan, a Central Asian state, and is best known for its location in the middle of the Silk Road, a route of some 8,000 kilometres. In antiquity, it was a trade route between the Chinese and Roman empires. You will realise that everything in Samarkand revolves around the astonishingly beautiful Registan Square. It is the most prominent urban element in the city as well as being its heart. This is where, in the past, royal proclamations were announced through huge horns (dzharchis) as well as executions. So it is a place teeming with life and history in every square inch. Rectangular in shape and very long, it is surrounded by three beautiful madrasas (Islamic schools): Ulugh Beg, Sher-Dor and Tilya-Kori.

SamarcandaRegistan Square

The Ulugh Beg madrasa, to the west of the square, is named after the ruler of the Timurid empire and is Azerbaijani in style. In this school, subjects such as philosophy, theology and astronomy were taught. Inside, several mosaics recall astronomy. The ceiling is a deep blue dome, and the structure and minarets are covered with tiles and mosaics laid in such a way as to form attractive geometric patterns. Inside are the students’ rooms and the lecture hall (Darskhna).

Samarcanda

Registan Square

Opposite the Ulugh Beg madrasa, to the east of the square, is the Sher-Dor, meaning lions’ gate. It is a complex, like the other two madrasas, of remarkable architectural beauty. The name ‘Sher-Dor’ or Cher Dor, derives from the mosaics and gable decorations depicting lions and tigers. Anomalous such representation given that, according to Islamic tradition, the depiction of living beings is forbidden.

The last of the three madrasas, the Tilya-Kori (meaning golden roof) sports a mosque decorated in gold and is located between the other two. Besides the mosque, it consists of two galleries housing the city museum. It is really very beautiful with breathtaking decorations depicting two tigers.

samarcandaMedrese Tilya-Kori- Mosque

A must-see in the city is the Bibi Khanum Mosque, one of the most important monuments in Samarkand long considered to be among the largest and most beautiful mosques in the Islamic world. Commissioned by the ruler Amir Tamur (Tamerlane) in honour of his beloved wife after whom it was named, it was built with precious stones. Apparently it took 90 elephants to transport all the stones needed for the construction, which was completed between 1399 and 1404. But due to a terrible earthquake it partially collapsed. Much work has recently been done to restore parts of it, such as the main entrance and several domes. Inside there is a large courtyard with a pedestal on which a huge Koran rests. Opposite is the mausoleum and a typical market to get an idea of the typical products and daily life of the Uzbek people.

Many legends are linked to this mosque and we will mention some of the most significant ones.

It is said that this great mosque was built in honour of Tamerlane’s wife. The architect in charge of the construction fell madly in love with the beautiful Bibi to such an extent that he asked for a kiss to complete the work. The kiss was granted but it cost them both their lives because Tamerlane ordered their deaths and decreed that the women of his empire should wear the veil.

SamarcandaA view of the Bibi Khanum mosque

Another legend has it that from the mosque, even today, one can hear the sobs of Tamerlane’s beloved wife but forced, as a result of the betrayal, to wear the veil forever.

Another place not to be missed is the Mausoleum of Gur-e Amir, a cemetery symbol of the Timurid dynasty, where the remains of Tamerlane and other Timurid rulers rest. Tamerlane wished to be buried in his birthplace, Shakhrisabz, but Ulugh Ben disregarded his wishes and had the body buried in the mausoleum.

SamarcandaA detail of the Mausoleum of Gur-e Amir

Another place of great interest is the necropolis of Shakh-i Zinda (the living king). The burial monuments seem to have no equal in the whole of Central Asia. The architecture of this place is astonishing. Inside, the oldest burial is that of Kusama ibn Abbas, the cousin of the prophet Muhammad who arrived in Samarkand to spread the religion but where he met his death at the hands of pagans during a moment of prayer. According to legend, however, it seems that Kusam Ibn Abbas left this world alive and today continues to live in the crypt under the mosque where he used to pray. And it is for this reason that the people began to call him ‘the living king’. The tomb is a place of pilgrimage and is highly venerated by Muslims.

SamarcandaThe Shohizinda Necropolis meaning ‘The Living King’ is located in the north-eastern part of Samarkand.

Not to be missed is the Observatory of Ulugh Ben, a ruler and astronomer who in 1420 created an astrolabe that is still considered by scholars to be one of the best observatories in medieval Islam. It is a true work of engineering, created to calculate the position of the stars with minute precision.

SamarcandaUlugh Ben Observatory

Take a trip to the Tomb of Daniel. This is a building surmounted by five domes with the long tombstone (18 metres) inside containing the remains of the prophet Daniel. Legend has it that the length of the tomb is due to the fact that the bones of the Old Testament prophet grew about half an inch every year and therefore the tomb had to be adapted. The most reliable explanations instead speak of a choice made in order to make it difficult for the prophet’s body to be stolen. But the fact remains that people come here asking to be cured of headaches, insomnia and nightmares.

SamarcandaTomb of Daniel

We also recommend a visit to the Siyob Bazaar in Samarkand, a huge bazaar near the Bibi-Khanym Mosque. This is a public market typical of Islamic culture where you can witness the sale of all kinds of products. From fruit (which we recommend you buy for the goodness) to naan, the typical bread, to fabrics for furniture to clothing. It is here that you understand the life of the inhabitants and it is nice to interact with them.

It is basically an open-air shopping centre frequented mainly by locals but also by many tourists in search of the real Samarkand.

We cannot fail to tell you about the local cuisine, which offers special and very tasty dishes such as the very tasty traditional dish, plov, rice with mutton, sultanas and vegetables in cotton oil usually accompanied by naan. Try shashlik, skewers of barbecued meat. In Samarkand, the typical version of plov is with quince, a real treat for the palate.

On the other hand, we don’t have good news when it comes to nightlife. There are not many clubs in Samarkand. It is generally the hotel establishments that organise evenings to entertain tourists.

samarcanda

We recommend, before you leave, a book published by Feltrinelli: Verso Samarcanda – la lunga marcia II – by Bernard Ollivier. A book that will give you an insight into the culture and beauty of the place.

WHERE TO STAY: there are many solutions available, from luxurious hotels to modest but cosy hotels and very cheap solutions such as bed and breakfasts. We recommend: Orient Star Samarkand – address: Dagbitskaya Street 33, Samarkand 140120, Uzbekistan Telephone: 00998 66 232 29 06

WHERE TO EAT: Registon Restourant (5, Registan Street). Located near the beautiful Registon Square, the restaurant is small, cosy and well furnished. Many typical local decorations. Carpets and cushions for seating on the floor frame the cooked grain soups and delicious desserts starting with pancakes served with apple slices and caramel syrup.

All that remains is to wish you a wonderful trip to the land that was trodden by Marco Polo, who described the city as follows: ‘Samarcan is a noble city, and there are Christians and Saracens’ (Marco Polo, The Million)

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Isla del Coche (Venezuela), l’isola del vento e del sale

(Italian and English version)

MARZO IN THE WORLD: Isla de Coche, Caraibi

Una meta insolita, quella di questa settimana, ma sicuramente da mettere nella lista dei viaggi da fare “per una volta”. C’è veramente tutto sull’Isla de Coche, un lembo di terra di appena 55 mq che affiora dal Mar dei Caraibi: buona cucina, storia, divertimento, relax, sport acquatici, ma soprattutto, la lentezza e la consapevolezza di essere ancora lontani dalle classiche mete del turismo di massa.

L’isola appartiene politicamente al Venezuela. In particolare, è parte dell’unico stato insulare del paese, Nueva Esparta, che comprende anche la chiassosa e animata Isla Margarita, meta preferita dei turisti di tutto il mondo, che dista appena 20 km via mare, e la piccola e quasi disabitata Cubagua. Dalla parte opposta, invece, l’isola “guarda” la ricca Penisola di Araya, nello Stato di Sucre, famosa per le sue “miniere” di sale e per la vivacità culturale delle sue città, tra cui Carupano, dove, ogni anno, si tiene il Carnevale più bello e sontuoso di tutto il Venezuela.

L’itinerario che vi proponiamo questa settimana porta proprio alla scoperta di questa piccola isola dalle spiagge bianchissime e dalle acque cristalline, paradiso per coloro che desiderano trascorrere una vacanza in completo relax, lontano dalla “pazza folla” e in armonia con la natura.

Alla scoperta di San Pedro de Coche

Il territorio della piccola Isla de Coche è prevalentemente pianeggiante e gode di un clima piuttosto secco. Le saline e le spiagge più belle si concentrano a ovest, mentre, a nord, i paesaggi sono splendidi canyon rocciosi disegnati dal vento, che hanno ispirato pittori e poeti. A sud, invece, si trova la capitale, San Pedro de Coche. La parte meridionale dell’isola è collegata alla parte nord da una strada asfaltata che si può percorrere anche in bicicletta.

Proprio la “due ruote” è il mezzo migliore per visitare l’isola. Le ridotte dimensione del Coche, infatti, consentono di visitare le principali attrattive in circa due ore. Cominciamo allora il nostro itinerario da San Pedro, la capitale.

San Pedro è la tipica cittadina turistica, tranquilla, colorata, che si affaccia su uno dei mari più belli dei Caraibi, costellata da deliziosi negozietti e piccoli ristoranti, dove gustare pesce sempre fresco, crostacei ed altre specialità della cucina locale. Il fulcro della capitale è Plaza Bolivar, dove si affaccia la Chiesa di San Pietro, patrono della città.

Una delle attrazioni più visitate della capitale è la singolare Pietra del Piache, una grotta naturale sormontata da una grossa pietra, che funge da tetto. La grotta ospita anche una statua della Madonna. Una leggenda, piuttosto nefasta, narra che il giorno in cui la pietra cadrà a terra, l’intera isola sarà inghiottita dal mare.

Un’altra bella escursione è quella al Cimitero delle ostriche, che si trova nel porto naturale di El Bichar. Si tratta di un luogo molto singolare, caratterizzato da piccole colline di conchiglie, dalle forme bizzarre, risultato del lavoro di un’impresa di allevamento e lavorazione di molluschi. Una volta che gli animali hanno, per così dire “lasciato” le loro conchiglie, queste vengono accatastate fino a formare, nel tempo, le bizzarre colline.

Relax sulle spiagge più belle del Coche

Spostandosi dalla capitale, in direzione nord lungo la costa, si attraversa un paesaggio piuttosto arido, con una vegetazione ridotta a cactus e a qualche arbusto. All’estremità occidentale, si trova la meravigliosa Playa de La Punta, la più grande dell’isola, una distesa di sabbia candida, che si affaccia su un mare trasparente e, per la tranquillità delle sue acque, accarezzate dalle brezze marine, è il luogo ideale per praticare sport acquatici, come il kitesurf e lo snorkeling.

Proseguendo ancora in direzione oraria, si incontra la suggestiva laguna delle salinas, in passato, come nel presente, fonte di sostentamento per l’economia dell’isola, insieme alla pesca e al turismo. Alle spalle delle saline si staglia un paesaggio mozzafiato di pianure deserte che, a mano a mano che ci si avvicina al centro abitato de La Uva, si trasforma in un bassorilievo di colline dagli incredibili colori, che spaziano dal color terracotta all’argento e al viola.

Quasi alla stregua di un diamante incastonato tra queste morbide alture, la selvaggia Playa de El Coco è un prezioso gioiello della natura. Più piccola, per estensione, rispetto a La Punta, offre, intense suggestioni visive, per quel suo spuntare all’improvviso dalle scogliere scolpite dal vento. Qui si può godere della visione di tramonti infuocati e di orizzonti infiniti, dove il cielo ed il mare si toccano, fino a sembrare un tutt’uno.

Poco distante, si trova anche la piccola e romantica Playa El Amor che, come sembra suggerire il nome, è assai adatta alle coppie in luna di miele per l’atmosfera intima ed accogliente. La spiaggia è cinta in un duplice abbraccio dalle scogliere e da un mare cangiante, che spazia dall’azzurro al blu intenso.

Proseguendo ancora, lungo il periplo dell’isola, si incontrano, in successione, i centri abitati di El Guamache, El Amparo e Guinima, tutti di piccole dimensioni.

Sapore di sale, l’affascinante storia delle saline del Coche

L’economia dell’Isla de Coche, oggi come nel passato, si fonda essenzialmente sulle riserve naturali che, nel caso della piccola isola, sono rappresentate dal mare e dalle saline. Un binomio ben azzeccato, che ha consentito di sviluppare, da un lato, il commercio sia di pesce fresco che di pesce conservato e, dall’altro, del sale. Le saline sono collocate nella parte nord orientale dell’isola, a pochi chilometri dalla capitale, San Pedro e la qualità del loro sale è famosa in tutto il paese. Speciali imbarcazioni trasportano il sale, appena estratto dalla laguna, sulla terraferma, dove viene depurato e lasciato ad essiccare, prima di essere confezionato e preparato per il commercio. Tuttavia, in passato, proprio il sale ha scatenato una vera e propria lotta per il possesso di questo “oro bianco”.

La storia dell’Isla de Coche, in questo senso, è assai simile a quella della Penisola di Araya, nello Stato di Sucre, che si trova sulla costa proprio di fronte all’isola e dispone di una vasta laguna salina. I primi europei ad arrivare nella zona, nel 1499, furono gli Spagnoli, attratti dai giacimenti di perle. Anche le saline del Coche furono colonizzate, poiché il fondo della laguna era assai ricco di perle. Gli Spagnoli, tuttavia, non focalizzarono la loro attenzione sul sale, che in Europa era molto richiesto per la conservazione dei cibi.

Al contrario, gli Olandesi, più consapevoli della ricchezza che avevano a portata di mano, agli inizi del XVI secolo cominciarono l’estrazione del sale sotto gli occhi degli Spagnoli, troppo concentrati sulle perle. Agli olandesi si aggiunsero anche gli inglesi. Quando, alla fine del secolo, i giacimenti di perle andarono esaurendo, finalmente, gli spagnoli cominciarono a rendersi conto sia dell’importanza delle saline, sia del fatto che altri se ne stavano servendo da diversi decenni. La situazione diede origine a una serie di battaglie tra i colonizzatori europei.

Gli spagnoli, allora, nel 1618, decisero di costruire sulla Penisola di Araya un’imponente fortezza, la cui costruzione si protrasse per 50 anni. Una volta completata, nel 1726, un violento uragano trasformò la laguna salina in un golfo, rendendo, di fatto, impossibile la raccolta del sale. Stessa sorte subirono le saline del Coche, ma le acque si ritirarono prima rispetto alla terraferma, consentendo la ripresa dell’attività.

Gli spagnoli, perso ogni interesse economico, decisero di abbandonare la zona, non prima di avere raso al suolo la fortezza. Ogni tentativo si rivelò vano e, finite le munizioni e la polvere da sparo, lasciarono la Real Fortaleza de Santiago de Léon de Araya a vigilare le acque dell’oceano. Oggi, le salinas della penisola di Araya, insieme a quelle del Coche, sono le producono circa mezzo milione di tonnellate di sale all’anno, la più corposa di tutto il Venezuela.

In tavola sapori indigeni ed europei

Tra i piatti nazionali, figurano le arepas, frittelle di mais farcite con qualsiasi ripieno possa venire in mente: formaggio, manzo, salsiccia, uova, ma anche gamberetti, polpo, insalata o avocado.

Un altro spuntino sostanzioso è rappresentato dalle empanadas, fagottini di pasta ripieni di carne, formaggio o pollo, che vengono fritti in abbondante olio. L’hervido, invece, è una minestra di pollo, manzo, carote, patate e altre verdure, anch’essa molto ricca.

Passando ai piatti di carne, una vera prelibatezza è il lachon, il maialino da latte allo spiedo, farcito con riso, legumi, carne di maiale trita. Il muchacho, invece, è un arrosto di manzo in salsa, mentre il sanchoco, è uno stufato di manzo, pollo, pesce e verdure.

Il piatto nazionale, invece, è il pabellón criollo, un piatto unico a base di manzo, riso, formaggio, fagioli neri e tajada, platano maturo fritto. Assai celebre il parrilla venezuelano, la carne alla griglia, diffusa pressoché ovunque.

Sull’isola del Coche, la parte del leone la fanno i piatti di pesce, come la sopa de pescado, la classica zuppa di pesce, il pescado frito, un gustoso fritto misto, l’árroz con mariscos, il risotto ai frutti di mare, e dolci, come il turron de coco, a base di cocco in scaglie, e l’arroz de coco, riso dolce con cocco in scaglie.

Tra le bevande, i succhi di frutta costituiscono una vera delizia per il palato e per combattere il caldo. Dolce e corposa, la chicha è una bevanda dolce, densa e lattiginosa, preparata con riso e zucchero, mentre il papélon con limon è un dissetante a base di zucchero e succo di limone.

COME ARRIVARE

Dall’Italia non ci sono voli diretti per l’Isla de Coche. Si può volare a Caracas e, una volta qui, prendere un volo interno per l’Isla Margherita e poi un traghetto per l’Isla de Coche. Tra le compagnie che volano in Venezuela ci sono Iberia (www.iberia.com), Air France (www.airfrance.it), e KLM (www.klm.com ).

DOVE DORMIRE

*Hotel Punta Blanca****S (Playa La Punta, tel 0058 424 1421831, https://hotel-punta-blanca.business.site/) Splendida struttura che si affaccia direttamente sulla Playa de La Punta. Offre 154 sistemazioni, di cui 124 doppie e 30 suites, dislocate attorno ad un lussureggiante giardino. A disposizione degli ospiti ristorante, bar, spiaggia privata, attività come kitesurf e windsurf, trasferimento da e per l’Isla Margarita.

*Hotel Coche Paradise**** (via San Pietro de Coche, Playa La Punta, tel 0058 501 4683500, https://paradisehoteles.com/coche ) Hotel con vista mare con 114 sistemazioni diverse, tra doppie, tripl, quadruple e miniappartamenti. Sorge sulla splendida spiaggia di La Punta. Dispone di ristorante, bar, centro benessere e palestra. Offre servizio di trasporto da e per l’Isla Margarita, sport acquatici e possibilità di organizzare escursioni.

DOVE MANGIARE

*Bohio de Doña Carmen, Calle la Marina, San Pedro de Coche, tel 0058 295 2991113. Situato nel porto di San Pedro è il ristorante più antico dell’Isola, nato per i marinai che andavano e venivano. Offre piatti della cucina cochense, tra cui pollo in salsa all’aglio, piatti di pesce, gamberi e frutti di mare freschissimi.

*La Gocha, Playa la Punta, all’entrata del porto di San Pedro. Locale caratteristico, tra i più popolari dell’isola, nato per accogliere i visitatori che sbarcano al porto. Aperto a pranzo e a cena, offre ottimi piatti di pesce, tra cui zuppe, gamberoni e aragosta alla catalana, ma anche pasta, carne alla brace e insalate.

INFO

www.venezuelatuya.com

https://turismosucre.com.ve/araya/

 For English version click next page>>

An unusual destination, this week’s, but definitely one to put on your ‘once-in-a-lifetime’ travel list. There really is everything on Isla de Coche, a strip of land barely 55 square metres in size that emerges from the Caribbean Sea: good food, history, entertainment, relaxation, water sports, but above all, the slowness and awareness of still being far from the classic destinations of mass tourism.

The island belongs politically to Venezuela. In particular, it is part of the country’s only island state, Nueva Esparta, which also includes the boisterous and lively Isla Margarita, a favourite destination for tourists from all over the world, just 20 km away by sea, and the small and almost uninhabited Cubagua. On the opposite side, however, the island ‘looks over’ the rich Peninsula of Araya, in the State of Sucre, famous for its salt ‘mines’ and the cultural liveliness of its cities, including Carupano, where, every year, the most beautiful and sumptuous Carnival in all of Venezuela is held.

The itinerary we propose this week takes you precisely to discover this small island with its white beaches and crystal-clear waters, a paradise for those who wish to spend a completely relaxing holiday, far from the ‘madding crowd’ and in harmony with nature.

Discovering San Pedro de Coche

The territory of the small Isla de Coche is mainly flat and enjoys a rather dry climate. The most beautiful salt marshes and beaches are concentrated in the west, while in the north, the landscapes are beautiful wind-drawn rocky canyons that have inspired painters and poets. To the south is the capital, San Pedro de Coche. The southern part of the island is connected to the northern part by a paved road that can also be travelled by bicycle.

Precisely the ‘two-wheeler’ is the best way to visit the island. The small size of the Coche makes it possible to visit the main attractions in about two hours. We begin our itinerary from San Pedro, the capital.

San Pedro is a typical tourist town, quiet, colourful, overlooking one of the most beautiful seas in the Caribbean, dotted with delightful little shops and small restaurants, where you can enjoy fresh fish, shellfish and other specialities of the local cuisine. The centrepiece of the capital is Plaza Bolivar, overlooked by the Church of St Peter, the city’s patron saint.

One of the capital’s most visited attractions is the unique Pietra del Piache, a natural cave topped by a large stone, which serves as a roof. The cave also houses a statue of the Madonna. A rather ominous legend has it that on the day the stone falls to the ground, the entire island will be swallowed up by the sea.

Another beautiful excursion is to the Oyster Cemetery, located in the natural harbour of El Bichar. It is a very unique place, characterised by small hills of bizarrely shaped shells, the result of the work of a shellfish breeding and processing company. Once the animals have, so to speak, ‘left’ their shells, these are piled up to form, over time, the bizarre hills.

Relaxing on the Coche’s most beautiful beaches

Moving northwards along the coast from the capital, one crosses a rather arid landscape, with vegetation reduced to cacti and a few shrubs. At the western end, there is the beautiful Playa de La Punta, the largest on the island, an expanse of white sand, overlooking a transparent sea and, due to the tranquillity of its waters, caressed by sea breezes, it is the ideal place to practice water sports, such as kitesurfing and snorkelling.

Continuing in a clockwise direction, we come to the picturesque lagoon of the salinas, in the past, as in the present, a source of livelihood for the island’s economy, along with fishing and tourism. Behind the salt pans is a breathtaking landscape of deserted plains, which, as you approach the town of La Uva, becomes a bas-relief of hills of incredible colours, ranging from terracotta to silver and purple.

Almost like a diamond set among these soft hills, the wild Playa de El Coco is a precious jewel of nature. Smaller, in size, than La Punta, it offers, intense visual impressions, for its sudden emergence from wind-sculpted cliffs. Here one can enjoy the vision of fiery sunsets and infinite horizons, where the sky and the sea touch, until they seem to be one.

Not far away, there is also the small and romantic Playa El Amor, which, as the name seems to suggest, is very suitable for honeymooners due to its intimate and cosy atmosphere. The beach is surrounded in a double embrace by cliffs and an iridescent sea, ranging from azure to deep blue.

Continuing along the circumnavigation of the island, you will come across, in succession, the small towns of El Guamache, El Amparo and Guinima.

 

Taste of salt, the fascinating history of the Coche salt flats

The economy of Isla de Coche, today as in the past, is essentially based on the natural reserves that, in the case of the small island, are represented by the sea and the salt pans. A well-chosen combination that has allowed the development of both the fresh and preserved fish trade, on the one hand, and the salt trade, on the other. The salt pans are located in the north-eastern part of the island, a few kilometres from the capital, San Pedro, and the quality of their salt is famous throughout the country. Special boats transport the salt, freshly extracted from the lagoon, to the mainland, where it is purified and left to dry, before being packaged and prepared for trade. However, in the past, it was precisely salt that sparked a real fight for possession of this ‘white gold‘.

The history of Isla de Coche, in this sense, is very similar to that of the Peninsula of Araya, in the state of Sucre, which is located on the coast just opposite the island and has a vast salt lagoon. The first Europeans to arrive in the area, in 1499, were the Spaniards, attracted by the pearl deposits. The Coche salt marshes were also colonised, as the bottom of the lagoon was very rich in pearls. The Spaniards, however, did not focus their attention on salt, which was in great demand in Europe for food preservation.

On the contrary, the Dutch, more aware of the wealth they had at their fingertips, began salt extraction in the early 16th century under the eyes of the Spanish, who were too focused on pearls. The Dutch were joined by the English. When the pearl deposits finally ran out at the end of the century, the Spaniards began to realise both the importance of the salt pans and the fact that others had been using them for several decades. The situation gave rise to a series of battles between the European colonisers.

The Spanish then decided to build an imposing fortress on the Araya Peninsula in 1618, the construction of which lasted 50 years. Once completed, in 1726, a violent hurricane turned the salt lagoon into a gulf, effectively making salt harvesting impossible. The same fate befell the Coche salt pans, but the waters receded earlier than on land, allowing activity to resume.

The Spanish, having lost all economic interest, decided to abandon the area, not before having razed the fortress to the ground. Every attempt proved futile and, having run out of ammunition and gunpowder, they left the Real Fortaleza de Santiago de Léon de Araya to guard the ocean waters. Today, the salinas of the Araya peninsula, together with those of the Coche, produce around half a million tonnes of salt per year, the largest in the whole of Venezuela.

Indigenous and European flavours on the table

National dishes include arepas, corn fritters filled with any filling you can think of: cheese, beef, sausage, eggs, but also shrimp, octopus, salad or avocado.

Another hearty snack is the empanadas, dough dumplings filled with meat, cheese or chicken, which are fried in plenty of oil. Hervido, on the other hand, is a soup of chicken, beef, carrots, potatoes and other vegetables, which is also very rich.

Moving on to meat dishes, a real delicacy is lachon, a spit-roasted suckling pig stuffed with rice, pulses and minced pork. Muchacho, on the other hand, is roast beef in a sauce, while sanchoco, is a stew of beef, chicken, fish and vegetables.

The national dish, on the other hand, is the pabellón criollo, a single dish of beef, rice, cheese, black beans and tajada, fried ripe plantain. The Venezuelan parrilla, the grilled meat, is also very famous.

On the island of Coche, the lion’s share is taken up by fish dishes, such as sopa de pescado, the classic fish soup, pescado frito, a tasty mixed fry, árroz con mariscos, seafood risotto, and desserts, such as turron de coco, made with flaked coconut, and arroz de coco, sweet rice with flaked coconut.

Among the drinks, fruit juices are a real treat for the palate and to combat the heat. Sweet and full-bodied, chicha is a sweet, thick and milky drink made with rice and sugar, while papélon con limon is a thirst quencher made with sugar and lemon juice.

HOW TO GET THERE

From Italy there are no direct flights to Isla de Coche. One can fly to Caracas and, once there, take an internal flight to Isla Margherita and then a ferry to Isla de Coche. Airlines that fly to Venezuela include Iberia (www.iberia.com), Air France (www.airfrance.it), and KLM (www.klm.com ).

WHERE TO SLEEP

*Hotel Punta Blanca****S (Playa La Punta, tel 0058 424 1421831, https://hotel-punta-blanca.business.site/) Beautiful hotel directly overlooking Playa de La Punta. It offers 154 accommodations, including 124 doubles and 30 suites, spread around a lush garden. At guests’ disposal restaurant, bar, private beach, activities such as kitesurfing and windsurfing, transfer to and from Isla Margarita.

*Hotel Coche Paradise**** (via San Pietro de Coche, Playa La Punta, tel 0058 501 4683500, https://paradisehoteles.com/coche ) Sea-view hotel with 114 different accommodations, including doubles, triples, quadruples and mini-apartments. Located on the beautiful beach of La Punta. It has a restaurant, bar, wellness centre and gym. It offers transport service to and from Isla Margarita, water sports and the possibility of organising excursions.

WHERE TO EAT

*Bohio de Doña Carmen, Calle la Marina, San Pedro de Coche, tel 0058 295 2991113. Located in the harbour of San Pedro, this is the oldest restaurant on the island, created for sailors who came and went. It offers Cochensean cuisine, including chicken in garlic sauce, fish dishes, prawns and fresh seafood.

*La Gocha, Playa la Punta, at the entrance to San Pedro harbour. Characteristic restaurant, among the most popular on the island, created to welcome visitors disembarking at the harbour. Open for lunch and dinner, it offers excellent fish dishes, including soups, king prawns and lobster Catalan style, as well as pasta, grilled meat and salads.

INFO

www.venezuelatuya.com

https://turismosucre.com.ve/araya/

 

 




Berlino: Isola dei Musei, itinerario del bello al gusto di ‘currywurst’

— di Cesare Zucca

(Italian and English version)

SPECIALE MARZO IN THE WORLD: WEEKEND A BERLINO
Oggi vi portiamo in uno straordinario viaggio attraverso storia, arte, cultura. Scoprirete l’isola dei Musei, cinque spettacolari istituzioni che vanno dall’epoca prussiana fino a oggi, una straordinaria passeggiata archeologica attraverso strutture nominate patrimonio Unesco.

Partiamo dal Neues Museum disegnato del celebre architetto David Chipperfield. E’ una struttura imponente che ha richiesto dieci anni di lavoro. Stile austero e semplice fuori, sfarzo e decoro dentro. Severamente danneggiata dai bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale, il Museo è risorta e dal 2009 l’edificio ospitato mostre selezionate del Museo Egizio e espone una delle opere più famose al mondo: il busto di Nefertiti.

il busto di Nefertiti

L’ Altes Museum un esplicito riferimento al Pantheon romano – e mostra il sobrio ed ampio colonnato della facciata è considerata una delle opere architettoniche più importanti del Neoclassicismo. Tra il 1943 e il 1945 il Museo Vecchio andò in fiamme subendo gravi danni e la sua ricostruzione si protrasse fino al fino al 1966. oggi presenta un’esposizione permanente di arte e cultura greca, etrusca e romana).

Proseguiamo la nostra camminata per ritrovarci davanti a una struttura che ricorda i templi greci: la Alte Nationalgalerie, che domina l’Isola dei musei dal suo alto podio con le imponenti scalinate d’accesso ospita una delle più ricche collezioni dipinti e sculture del classicismo, del romanticismo, dell’impressionismo e degli albori dell’età moderna.

‘Nel Conservatorio’ di Edouard Manet , esposto all’ Alte NationaL Gallery

Ammirerete opere di Rodin, Manet, Monet, Renoir e uno dei quadri più discussi di tutti i tempI: Monaco in riva al mare di Caspar David Friedrich, una delle opere più rappresentative dell’esperienza estetica del sublime e dell’infinito, tema assai vicino alla sensibilità romantica.

Monaco in riva al mare di Caspar David Friedrich

Il nostro itineraria ci porta sulla punta dell’Isola, dove nel 1883 venne inaugurato il neobarocco Bode Museum che ospita una collezione unica con opere dal Medioevo al XIX secolo, tra cui caolavori di Donatello, del Bernini e del Canova.

i Bode Museo e sullo sfondo la Torre della TV , simbolo di Berlino

Altri tesori sono custoditi nel Museo d’arte bizantina e nella Collezione numismatica che nel 2017 ha vissuto un momento di notorietà mondiale, quando fu messo a segno il furto della “Big Maple Leaf”, una moneta da 100 kg in oro raffigurante la Regina Elisabetta.

Big Maple Leaf

Gran finale nello spettacolare Museo di Pergamo, Per costruirlo ci sono voluti quasi trent’anni ed è il museo più visitato di Berlino. La collezione di antichità classiche è una delle più importanti collezioni di arte greca e romana al mondo. L’opera più famosa è l’altare romano di Pergamo, il cui fregio scolpito rappresenta la battaglia tra dei e giganti .

l’altare romano di Pegamo

A causa dei lavori di ristrutturazione, l’altare di Pergamo e l’ala nord riapriranno nel 2025, tuttavia, proprio di fronte all’Isola dei Musei si trova Panorama, un nuovo edificio per esposizioni temporanee. Attualmente è dedicato agli originali antichi di Pergamo e permette di vivere l’Altare nella sua forma originale e nel suo contesto urbano sull’Acropoli.

l’attrazione Panorama Pergamom

E se durante il percorso vi è venuta fame…
Troverete dovunque lo streetfood più popolare di Berlino: Il currywurst, servito in ciotole ‘usa e getta’ per essere mangiato caldo direttamente in strada, con o senza patatine fritte.

E’ nato nel dopoguerra, in un chiosco di Charlottenburg, grazie a una certa Herta Heuwer che si divertì a speziare una salsiccia grigliata con ketchup e curry, ignara che sarebbe diventato il piatto più popolare negli imbiss berlinesi e amato in tutta la Germania.

A Berlino il currywurst è venduto in numerevoli bancarelle distribuite in tutta la città, da Wittys Organic Food a Schöneberg fino al popolare Konnopke’s Imbiss a Pankownei .
A Berlino anche i mercati coperti sono diventati luoghi di street food, dove sono disponibili specialità appena preparate provenienti da tutto il mondo. Il più famoso è il Markthalle Neun, affollatissimo il giovedì sera per via dei diversi foodtruck.

Dove mangiare i migliori currywurst?

Curry 36, 4 locations, popolari a tutte le ore:
Curry Wolf con vista dell’Arco di Brandemburgo
Konnopke il più antico imbiss di Berlino, sorvegliato dalla leggendaria Marlene Dietrich:
Due imbiss sfiziosi?
Zur Bratpfanne, dal 1949, il preferito dai veri berlinesi
Absolut Curry, versione piccante, servito da un camion-bar posteggiato all’uscita Bellevue del Metro.

Uno streetfood davvero gustoso, piccante al punto giusto e vagamente esotico, grazie alla salsa profumata di curry. Il segreto è proprio lì, in quel condimento rosso fuoco che innaffia abbondatemente il classico wurst, che può essere bianco (il mio preferito) o rosso.

E visto che siete a Berlino… ecco cosa non perdere

•  Reichstag
• Memoriale dell’Olocausto
• I quartieri trendy Prenzlauer Berg e Kreuzberg
• Il Muro
• Checkpoint Charlie

•  Porta di Brandeburgo
•  Il Duomo
•  Tiergarten
•  Alexanderplatz e la Torre della Televisione

Vi sarà utilissima la Berlin WelcomeCard che offre ingressi e trasporti gratuiti oltre a sconti, mappe e indirizzi utili. E’ acquistabile in diversi punti della città oppure online.

INFO
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Berlin Welcome Card

Curious how to meke the original ‘currywurst’  easy sauce?
For the english version just Click Next>>

SPECIAL MARCH IN THE WORLD: WEEKEND IN BERLIN 
Today we take you on an extraordinary journey through history, art, culture.  You will discover the island of the Museums, five spectacular institutions ranging from the Prussian era until today, an extraordinary archaeological walk through structures designated UNESCO heritage.


The ‘currywurst’ was born after the war, in a kiosk in Charlottenburg, thanks to a certain Herta Heuwer who enjoyed spicing a grilled sausage with ketchup and curry, unaware that it would become the most popular dish in Berlin imbiss and loved throughout Germany.
Where to eat the best currywurst?
Curry 36, 4 locations, popular at all times:
Curry Wolf with a view of the Brandenburg Arch
Konnopke the oldest imbiss in Berlin, guarded by the legendary Marlene Dietrich:
Two delicious imbisses?
Zur Bratpfanne, since 1949, the favorite of true Berliners
Absolut Curry, spicy version, served by a truck-bar parked at the Bellevue exit of the Metro.

Currywurst is a really tasty street food, spicy at the right point and vaguely exotic, thanks to the scented curry sauce. The secret is right there, in that fiery red condiment that abundantly waters the classic wurst, which can be white (my favorite) or red. 

 

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Almeno una volta? Alle Galapagos

(Italian and English versions)

SPECIALE MARZO IN THE WORLD: GALAPAGOS

Per il nostro mese in the world abbiamo deciso di dedicare una volta alla settimana un “almeno una volta”. Un articolo che racconta, con la firma dei nostri più autorevoli autori, i loro viaggi speciali in giro per il mondo, per scoprire quelle che secondo loro sono le mete da visitare almeno una volta nella vita.

Di Giuseppe Ortolano

Il direttore mi chiede, secondo me che ho girato il mondo, dove bisogna andare “almeno una volta nella vita”. Non ho dubbi, rispondo subito «alle Galapàgos». Non c’è luogo sul pianeta terra che mi abbia incantato come queste “ colline nere che sorgono dal mare e dalla nebbia” dove “sulle rocce si muovono, a ritmo di siesta, tartarughe grandi come mucche e in mezzo a giravolte scivolano gli iguana, dragoni senza ali”, come ebbe a descriverle il capitano del Beagle, sul quale viaggiava Charles Darwin. E proprio come il celebre naturalista britannico in quella manciata di isole incantate perse nell’Oceano Pacifico sono passato “ da stupore a stupore”. Mi sono commosso ogni volta che sono sbarcato su un’isola disabitata, dove mi ritrovavo a muovermi in punta di piedi per non disturbare gli animali che la popolavano.

Mi sono emozionato ogni volta che ho nuotato tra leoni marini giocherelloni che facevano finta di venirmi addosso, per poi evitarmi all’ultimo momento. O quando mi danzavano attorno decine di piccoli e riservati pinguini. Mi sono sentito piccolo di fronte alla maestosità di una natura dove le immense colate di lava incontrano antiche foreste pietrificate e un mare cristallino. Poi ci sono state le ore passate ad ammirare il volo di fregate, sule e albatros, il dolce addormentarsi cullati dalle onde del mare, i racconti dei pescatori, le danze dei delfini, lo spettacolo delle balene. Un turbine di emozioni da vivere “almeno una volta nella vita” e rapidamente prima che i nostri comportamenti scellerati, la pesca di rapina, il surriscaldamento dei mari o altri moderni pirati, interessati alle risorse naturali dei mari e ai loro titoli in borsa, danneggino irrimediabilmente queste splendide e uniche isole incantate.

Leoni marini alle Galapagos

Chiediamo permesso ai veri padroni delle isole

Si lo so, il biglietto aereo è caro, l’ingresso al Parco costa molto e, a causa del numero chiuso, è necessario organizzare la vacanza con molto anticipo. Ma non esiste al mondo luogo che mi abbia affascinato e incantato come l’arcipelago della Galapàgos, appartenenti all’Ecuador.

Qui sono ancora gli animali i veri padroni delle isole, in gran parte disabitate. Ogni volta che sono sceso a terra mi è sembrato di essere un ospite, che doveva muoversi con attenzione, per non disturbare la fauna locale, che sembrava guardarmi con sguardo di sfida, come a ricordarmi che qui comandano loro e che il mio passaggio è tollerato, solo per poche ore al giorno.

Per una volta moderatevi nell’uso della macchina fotografica o del telefonino. Certo è affascinante portare a casa le foto delle enormi tartarughe che danno il nome all’arcipelago o delle iguana marine, tanto care alla teoria evoluzionistica di Darwin. Ma osservare estasiati il lento decollo dei pesanti albatros o il volo regale della fregata, giocare in acqua con i leoni marini, nuotare tra i pinguini e sorridere ai flamingo rosa senza dover obbligatoriamente trasformare l’emozione in fotografia non ha prezzo. Almeno per me.

Una volta sola non è bastata

Ho visitato le Galapàgos tre volte, ma ci tornerei anche domani. Un paio di volte sono atterrato all’aeroporto di Baltra, il principale dell’arcipelago, per poi imbarcarmi su piccole navi che, navigando prevalentemente di notte, portano i turisti, accompagnati da guide naturalistiche, sulle isole più interessanti.

È il tour che consiglio per iniziare a scoprire questo mondo incantato. Meglio quello che dura una settimana e che offre l’opportunità di toccare Santa Cruz (dove si trova il principale centro turistico: Puerto Ayora), Bartolomè, San Salvador, Genovesa, Isabela (la più grande dell’arcipelago con i suoi sei vulcani, dei quali cinque in attività), Fernandina, Floreana, Española e San Cristobal (il capoluogo amministrativo e sede dell’altro aeroporto). Si dorme in barca, in comode cabine con servizi, e di solito si scende a terra un paio di volte al giorno, nelle ore stabilite dal Parco per visitare le diverse isole senza arrecare particolare disturbo alla fauna. Ma la terza volta ho deciso di alloggiare sulle isole.

Pinnacle Rock

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For our month “in the world” we decided to dedicate once a week a “at least once”. An article that tells, with the signature of our most authoritative authors, their special trips around the world, to discover what they think are the destinations to visit at least once in your life.

By Giuseppe Ortolano

The director asks me, in my opinion, that I have travelled the world, where to go “at least once in my life”. I have no doubt, I immediately answer «to the Galapàgos». There is no place on planet earth that has enchanted me like these ” black hills that rise from the sea and from the fog” where “on the rocks they move, at the rhythm of siesta, turtles as big as cows and in the middle of turns iguanas slide, dragons without wings”As the captain of the Beagle, on whom Charles Darwin was travelling, described it. And just like the famous British naturalist in that handful of enchanted islands lost in the Pacific Ocean I went from “wonder to wonder”. I was moved every time I landed on an uninhabited island, where I found myself on tiptoe not to disturb the animals that populated it. 

I got excited every time I swam with playful sea lions who pretended to come at me, only to avoid me at the last moment. Or when dozens of small, reserved penguins danced around me. I felt small in front of the majesty of a nature where the immense lava flows meet ancient petrified forests and a crystal clear sea. Then there were the hours spent admiring the flight of frigates, boobies and albatrosses, the sweet falling asleep lulled by the waves of the sea, the tales of fishermen, the dances of dolphins, the spectacle of whales. A whirlwind of emotions to live “at least once in a lifetime” and quickly before our reckless behaviors, the fishing of robbery, the overheating of the seas or other modern pirates, interested in the natural resources of the seas and their stocks in the stock exchange, irreparably damage these beautiful and unique enchanted islands.

Leoni marini alle Galapagos

 

We ask permission to the true masters of the islands

 

Yes I know, the plane ticket is expensive, the entrance to the Park costs a lot and, because of the closed number, you need to organize your holiday well in advance. But there is no place in the world that has fascinated and enchanted me like the archipelago of Galapàgos, belonging to Ecuador.

Here the animals are still the real masters of the islands, largely uninhabited. Every time I came ashore I felt like a guest, who had to move carefully, not to disturb the local fauna, who seemed to look at me with a defiant look, as if to remind me that here they command them and that my passage is tolerated, only for a few hours a day.


Use your camera or mobile phone for once. Of course it is fascinating to take home the photos of the huge turtles that give their name to the archipelago or the marine iguanas, so dear to Darwin’s evolutionary theory.

But watch in ecstasy the slow takeoff of the heavy albatross or the royal flight of the frigate, play in the water with the sea lions, swim among the penguins and smile to the pink flamingo without having to necessarily turn emotion into photography is priceless. At least for me.

 

Once was not enough

I visited the Galapàgos three times, but I would go back again tomorrow. A couple of times I landed at Baltra airport, the main airport of the archipelago, and then I boarded small ships that, sailing mainly at night, bring tourists, accompanied by nature guides, on the most interesting islands.

It is the tour I recommend to start discovering this enchanted world. The one that lasts a week and offers the opportunity to touch Santa Cruz (where the main tourist center is located: Puerto Ayora), Bartolomè, San Salvador, Genovesa, Isabela (the largest of the archipelago with its six volcanoes, of which five are active), Fernandina, Floreana, Española and San Cristobal (the administrative capital and seat of the other airport). You sleep by boat, in comfortable cabins with services, and usually you go down to shore a couple of times a day, in the hours set by the Park to visit the different islands without causing particular disturbance to the fauna.  But the third time I decided to stay on the islands.