L’avena abbassa il colesterolo. Ed è anche buona per fare i biscotti. Con la nostra ricetta

Amica del cuore, ma anche dell’intestino, l’avena è un cereale gustoso e versatile, dalle molteplici proprietà benefiche che aiutano l’organismo a mantenersi in salute. Secondo uno studio del Canadian Centre of Functional Medicine, infatti, consumare avena tutti i giorni aiuta a tenere sotto controllo le infiammazioni, che sono alla base di molte patologie, incluse i tumori.

Grazie al suo basso indice glicemico e al contenuto di fibre, poi, aiuta a ridurre i livelli di colesterolo cattivo nel sangue. Inoltre, regolarizza il transito intestinale, combattendo la stitichezza. L’avena è anche il cereale più ricco di proteine vegetali, vitamine del gruppo B e acidi essenziali, come l’acido linoleico. È poi adatta per gli sportivi, perché è molto energetica: apporta infatti 385 calorie per 100 grammi. Tuttavia, il suo contenuto di fibre solubili aiuta a contenere l’appetito ed è consigliata nelle diete finalizzate alla perdita di peso.

Come si usa in cucina

L’avena è molto versatile e si può consumare in ognuno dei pasti principali. A colazione, per esempio, si può gustare sotto forma di fiocchi, da aggiungere al latte o allo yogurt. Si trova poi nel muesli, la preparazione che include anche frutta secca ed essiccata, come prugne e fichi.

Una buona abitudine è seguire l’esempio degli inglesi e cominciare la giornata con un pudding, cioè una crema dolce, a base di fiocchi d’avena bolliti in acqua o latte, al quale si possono aggiungere miele, cannella o frutti di bosco.

Da non dimenticare poi il latte d’avena che, tra le bevande vegetali è particolarmente ricco di vitamina B ed E, potassio e zuccheri complessi. A differenza del latte vaccino, tuttavia, non contiene né grassi né colesterolo. In più è nutriente e poco calorico, adatto quindi a chi segue una dieta finalizzata alla perdita di peso. Contiene beta glucano, che aiuta a ridurre il colesterolo e i trigliceridi nel sangue.

L’avena si presta anche per preparare piatti salati, come zuppe, minestre e vellutate, oppure, lessando i chicchi in acqua salata, li si può aggiungere alle insalate o ai legumi, da gustare freddi.

Dall’avena macinata si ottiene poi la farina, con la quale si possono preparare prodotti da forno, come il pane d’avena e la pasta all’avena. Se non contaminata da altri cereali, infatti, l’avena ha dimostrato un’alta tolleranza in chi, invece, è intollerante al glutine o celiaco. Infine, con l’avena si possono preparare anche dolci gustosi, come i biscotti. Provateli con la nostra ricetta.

Biscotti ai fiocchi d’avena

Ingredienti

  • 300 gr di fiocchi d’avena
  • 125 gr di zucchero
  • 125 gr di burro
  • 1 uovo intero + 1 tuorlo
  • 50 gr di mandorle
  • 1 cucchiaino di cannella
  • 1 bustina di lievito per dolci
  • Buccia di limone grattugiata

Tritate le mandorle e metà dei fiocchi d’avena, mescolateli e unite il burro ammorbidito. Mettete il tutto in un mixer, poi toglietelo e mettetelo in una ciotola capiente. Aggiungete lo zucchero, la bustina di lievito per dolci, un uovo intero, un tuorlo, la cannella e la buccia di limone grattugiata. Mescolate fino a ottenere un composto omogeneo. A questo punto, unite anche l’altra metà dei fiocchi di avena rimasti e lavorate il tutto con le mani. Ricoprite l’impasto con una pellicola trasparente e lasciate riposare in frigorifero per 30 minuti. Quando l’impasto si sarà indurito, suddividetelo in palline, schiacciatele leggermente e disponetele in una teglia ricoperta di carta da forno, lasciando un po’ di spazio tra una e l’altra poiché l’impasto lieviterà aumentando di volume. Infornate a 180° per 20 minuti (in forno ventilato a 160° per 15 minuti). Se preferite, potete aggiungere all’impasto anche frutti di bosco essiccati, bacche di goji o gocce di cioccolato.

 

 




Sambuca di Sicilia e il suo fascino orientale. Con la ricetta delle “minni di virgini”

Sorge a pochi chilometri da Sciacca, dai templi del Parco Archeologico di Selinunte e dal mare di Menfi. Questa settimana, Ricette di Viaggio vi porta alla scoperta di Sambuca di Sicilia, in provincia di Agrigento, che nel 2016 si è aggiudicato il titolo di “Borgo dei Borghi” nella competizione indetta dal programma TV “Alle falde del Kilimangiaro”.

Una storia “orientale”

Adagiata su una collina, Sambuca sorge nella Valle del Belice, a 350 mslm. La sua fondazione risale all’epoca della dominazione araba, di cui reca ancora la struttura urbana e numerose testimonianze. Era infatti l’’830 d.C quando l’emiro arabo Al Zabut costruisce il castello a cui dà il proprio nome. La dominazione araba, tuttavia, dura solo fino al 1185, quando Guglielmo II Il Buoo dona alla chiesa di Monreale la “Chabuta seu Zabut”, cioè “la splendida ovvero Zabut.

Una minoranza islamica, tuttavia, rimane a Zabut fino al 1225, quando si arrende all’esercito dell’imperatore Federico II. Alcuni segni della cultura araba, tuttavia, rimangono presenti nell’impianto urbanistico e della cultura del borgo. Nel 1411, i superstiti si trasferiscono sulle colline, nella fortezza di Zabut, e ampliano quello che oggi è il Quartiere Arabo, che comprende l’acropoli e un’area assai suggestiva, fatta di vicoli stretti e reminiscenze orientali.

Dopo essere passata più volte di mano, nel 1863, per distinguersi dall’omonima cittadina toscana, Sambuca diventa Sambuca-Zabut, per poi assumere il nome di Sambuca di Sicilia nel 1923. Secondo alcune teorie, Sambuca deve il suo nome alla presenza di piante di sambuco, o alla forma dell’impianto urbano, che ricorderebbe la sambuca, uno strumento simile all’arpa tipico della Grecia.

Visitando chiese, palazzi e cortili

Partiamo dalla parte inferiore di Corso Umberto I, dove si trova ‘ottocentesco Teatro Idea, e camminiamo lungo la via, circondati da splendidi palazzi signorili, caratterizzati da facciate in pietra arenaria e da archi passanti che li collegano a suggestivi cortili (sono ben 250!), spazi che sembrano aprirsi dal nulla, come luoghi segreti dalle atmosfere antiche.

Circa a metà di Corso Umberto I ci fermiamo ad ammirare Palazzo di Leo e Palazzo Oddo, poco più avanti, scorgiamo la bella facciata con il portale in pietra bianca della Chiesa di San Giuseppe. A Sambuca di Sicilia ci sono ben tredici edifici di culto. Svoltiamo in via Marconi, dove si trova la Chiesa della Concezione, con il suo portale a sesto acuto, che proviene dalla chiesa di San Nicolò, nell’antico borgo di Adragna. Sempre lungo via Marconi incontriamo i palazzi Rollo, con un cortile e lo scalone loggiato, Giacone con la caratteristica scala catalana, e l’imponente Palazzo Fiore.

Torniamo su Corso Umberto per visitare la splendida Chiesa di Santa Caterina d’Alessandria, in stile barocco, caratterizzata da statue allegoriche, stucchi, colonne tortili e blasoni. Il pavimento è realizzato con le maioliche prodotte nella vicina Burgio. Il barocco primeggia anche sul balcone del Casino dei Marchesi Beccadelli, che si affaccia su Piazza della Vittoria, mentre il cortile, in stile catalano, testimonia la presenza spagnola in Sicilia. Il palazzo fa parte di un complesso che include anche la chiesa dei Santi Rocco e Sebastiano, la torre e l’ospedale, che ci portano fino a via Caruso.

Da non perdere una visita alla seicentesca Chiesa del Carmine, che custodisce le sepolture delle più importanti famiglie nobili di Sambuca. Spiccano all’interno anche alcune pregiate statue lignee di Sant’Anna e della Madonna dell’Udienza.

Torniamo ancora su Corso Umberto I e, dopo aver ammirato Palazzo Ciaccio, in pietra arenaria, con il suo cortile cinto da un colonnato, ci fermiamo per una visita al Museo di Arte Sacra, ospitato nella Chiesa del Purgatorio del 1631. Presso il Settecentesco Palazzo Oddo si trova la sede del Municipio.

Qui, alle soglie della “Città Murata” finisce la nostra prima giornata di visita. Vi diamo appuntamento a domani con la seconda parte dell’itinerario, che comincerà in mattinata con una visita al quartiere arabo e proseguirà con un’escursione che ci porterà fino alle sponde del Lago Arancio.

Nel frattempo, vi suggeriamo una pausa golosa per gustare la specialità locale, le irresistibili “minni di virgini”, un dolce di pasta ripiena alla crema dalla caratteristica forma di…seni. E se vi piaceranno, potete provare a farle anche voi con la nostra ricetta.

Minni di virgini

Dolce tipico di Sambuca, i “seni di vergine”, secondo la tradizione, sono stati inventati nel 1725 da Suor Virginia, una monaca del Collegio di Maria, che aveva ricevuto dalla Marchesa di Sambuca l’incarico di preparare dei dolci per il matrimonio del figlio. La religiosa, si dice, prese ispirazione dalla forma delle colline che circondano Sambuca, e solo successivamente al dolce viene attribuito il nome “impudico”, come viene sottolineato anche dal Principe di Salina nel Gattopardo di Tomasi di Lampedusa.

Ingredienti per l’impasto

  • 400 gr di farina 00
  • 150 gr di zucchero
  • 150 gr di strutto
  • 1 uovo
  • 1 bustina di vanillina
  • Latte q.b.

Per il ripieno

  • 800 ml di latte
  • 160 gr di zucchero
  • 130 gr di amido per dolci
  • 100 gr di zuccata
  • 80 gr di cioccolato fondente
  • cannella in polvere q.b.

Per decorare

  • 200 gr di zucchero a velo
  • 1 albume
  • Acqua q.b
  • Confettini di zucchero

Impastate la farina setacciata con lo zucchero, lo strutto tagliato a pezzetti, l’uovo e la vanillina. Se l’impasto dovesse risultare troppo secco, aggiungete un po’ di latte finché non sarà liscio e omogeneo. Formate poi una palla, avvolgetela nella pellicola trasparente e lasciate riposare in frigo per almeno un’ora. Nel frattempo, preparate il ripieno. Versate tutto il latte, tratte un bicchiere che terrete da parte, in un pentolino insieme allo zucchero e alla cannella, lasciatelo cuocere a fiamma moderata. Intanto, versate l’amido setacciato in una scodella e scioglietelo con il latte freddo che avete messo da parte. Unitelo poi al latte scaldato nel pentolino e mescolate bene con una frusta per circa 15 minuti, finché il composto non si sarà addensato. Togliete la crema dal fuoco e, continuando a mescolare, versatela a raffreddare in una ciotola. Quando sarà tiepida, unite qualche scaglia di cioccolato fondente.

Togliete l’impasto dal frigo e stendetelo con il mattarello finché non abbia uno spessore di circe 5 mm. Ritagliate un numero pari di dischi di pasta, metà con un diametro di circa 16 cm, l’altra con un diametro di circa 10 cm. Spalmate su ciascuno dei dischi piccolo uno strato di zuccata, poi ricopritela con scaglie di cioccolato e una dose abbondante di crema. Ponete anche su questa altre scaglie di cioccolato, un piccolo fiocco di zuccata e un ciuffo di crema. Coprite la farcitura con uno dei dischi più grandi, sigillando tutto attorno premendo con l dita. Spennellate con un po’ di albume. Ripetete con le altre “minni”, poi cuocete per 20 minuti circa, o a doratura raggiunta, in forno preriscaldato a 200°C. Sfornate, raffreddate a temperatura ambiente, poi spennellate con una glassa ottenuta mescolando acqua e zucchero a velo. Cospargete con i confettini di zucchero colorati e lasciate asciugare.

COME ARRIVARE

In auto: da Palermo prendere la SS624 Palermo Sciacca. Al km 70 uscire al Bivio Gulfa in direzione di Sambuca di Sicilia. In alternativa A29 Palermo-Mazara del Vallo con uscita Gallitello, seguire per la SS624 Palermo-Sciacca e poi SS624 come sopra.

Da Trapani, A29 Palermo-Mazara del Vallo in direzione di Mazara. Al m 49 uscite a Gallitello, poi seguire per la SS624 Palermo-Sciacca e uscire al Bivio Gulfa, seguendo indicazioni per Sambuca.

Da Agrigento, Strada Europea E931 in direzione di Mazara del Vallo. Dopo Sciacca prendere l’uscita San Bartol al km 63 e proseguire sulla SS624 Palermo-Sciacca in direzione di Palermo. Uscire al Bivio Gulfa e indicazioni per Sambuca di Sicilia.

DOVE DORMIRE

*Hotel Don Giovanni****, Contrada Pandolfina, Sambuca di Sicilia (AG), tel 0925/942511,

www.dongiovannihotel.it Struttura che ricalca l’architettura degli antichi bagli siciliani, con un cortile interno con pergolati. In splendida e comoda posizione, dispone di 22 camere doppie e 2 quadruple, ristorante e spa. Doppia con colazione da € 100, tripla da € 120, quadrupla da € 160. Possibilità di mezza pensione e pensione completa.

*B&B Del Corso, Corso Umberto I 86, Sambuca di Sicilia (AG), tel 349/8028426. Nel centro storico di Sambuca, dispone di camere ampie con aria condizionata. TV a schermo piatto, bagno privato con doccia o vasca, accappatoio, asciugacapelli e set di cortesia. A diposizione un salone comune. Doppia con colazione da € 60.

DOVE MANGIARE

*Ristorante La Pergola, Contrada Adragna, Sambuca di Sicilia (AG), tel 0925/946058. Ristorante con piatti della cucina regionale e nazionale con un buon rapporto qualità prezzo.

*Ristorante Masseria Ruvettu, Contrada Galluzzo, Sambuca di Sicilia (AG), tel 0925/946059, www.ruvettu.it Locale rustico e familiare, in splendido contesto naturale. Dispone di una grande sala e di un menù con piatti della cucina siciliana, tra cui frittatine, salumi, cacciagione, formaggi, arrosti, carne alla brace e pasta fatta in casa. L’olio e il vino sono prodotti nel comprensorio.

INFO

www.comune.sambucadisicilia.ag.it

www.prolocosambuca.it

 




Con Ricette di Viaggio a San Sebastián, la capitale dei ristoranti stellati e dei pinchos.

Se vi piace “fare l’aperitivo” spostandovi da un locale all’altro, assaggiando di volta in volta stuzzichini, mini sandwich, crocchette e altre prelibatezze in miniatura, sappiate che questa tendenza arriva dalla Spagna, dove questi piccoli capolavori culinari dalle dimensioni ridotte si chiamano tapas. Ricette di Viaggio vi porta invece a Donostia San Sebastián, dove le tapàs si chiamano pintxos o pinchos e sono un vero e proprio fiore all’occhiello della tradizione enogastronomica. Sono considerate, infatti, le migliori di tutta la Spagna.

Pinchos o tapas?

Entrambi seguono la filosofia del finger food, cioè il cibo da mangiare con le dita, la differenza sta nella complessa elaborazione, nella fantasia nel proporre combinazioni di ingredienti sempre diversi e il risultato, anche visivo di questi capolavori gastronomici in miniatura.

Un pincho può essere uno spiedino, una crocchetta, un crostino, una tartina con acciughe, olive e peperoni sottaceto, ma nella città basca vengono privilegiati gli ingredienti locali, come baccalà, prosciutto, acciughe, funghi, maiale e formaggio. Il nome, poi, deriva dallo stuzzicadenti con cui in genere sono servite le mini pietanze.

La capitale dei ristoranti “stellati”

In tutta la Spagna ci sono sette ristoranti che possono vantare le prestigiose 3 stelle Michelin. Di questi, tre si trovano a San Sebastiàn. Considerando anche i locali “decorati” dalla famosa “guida rossa” con 2 stelle o 1 sola, la città ha nel suo medagliere un totale di 17 stelle Michelin, che la rendono una delle municipalità con la più alta concentrazione di Stelle Michelin per metro quadrato.

Ma che cos’ha di speciale la cucina basca? L’arte culinaria si è sviluppata nel corso dei secoli e la posizione “di frontiera” della città di Donostia – San Sebastiàn ha concentrato nelle sue ricette tradizionali influenze spagnole e francesi, in particolare quella della nouvelle cuisine.

Un’ influenza importante ha avuto anche la tradizione culinaria importata dagli ebrei in fuga da Spagna e Portogallo nel XV secolo. In seguito alla scoperta dell’America, poi, sono arrivati ingredienti quali le patate, il peperoncino ed il merluzzo, in particolare nella sua versione “conservata”, il baccalà. Dal mare antistante il Golfo di Biscaglia arrivano altri tipi di pesce, mentre, dall’entroterra, le verdure, i funghi, i legumi e la carne bovina, che viene cucinata alla brace e al sangue.

I piatti tipici di San Sebastiàn

Tra i piatti di pesce, assai diffuso è il marmitako, una zuppa di patate e tonno bianco. Ottima anche la zurrukutuna, una crema di baccalà, uova e peperoni. Il baccalà si trova spesso cucinato anche in umido, oppure accompagnato da deliziose salse, come il bacalao al pil-pil , oppure “a la vizcaina” . Ottime anche le txipirones, seppioline in salsa a base del loro inchiostro, e le celebri kokostas, una specialità a base di guance di pesce.

I baschi, poi, hanno un vero e proprio culto per la cottura alla brace. Sulla griglia si preparano le sardine, il pagello e la ventresca, ma anche enormi costate di manzo ed il villagodio, un particolare tagli ricavato dalla parte alta del lombo del bovino. Dalla tradizione dell’entroterra arrivano i piatti a base di selvaggina, verdure e funghi (perretxikos), come la piperrada, preparato con pomodori, cipolle e peperoni verdi, con l’aggiunta di olio di oliva e pepe. Si tratta di un piatto molto amato e “patriottico”, poiché i colori dei suoi ingredienti, il rosso, il bianco ed il verde, sono quelli della bandiera nazionale.  Il talau, invece, è un tipo di pane fritto, servito con le uova.

I prodotti della terra costituiscono la base di squisiti dolci e dessert. Con il latte coagulato si prepara la mamía, oppure la intxaursalsa, crema di latte e farina di noci. Da non perdere i cannoli alla crema fritti e la pantxineta, una millefoglie alla crema. Assai simile, ma preparato con crema di mandorle e scaglie di torrone è il franchipán, mentre, la sopa cana, è una robusta zuppa di pane, latte, miele, cannella e grasso di cappone. Legato alla tradizione è anche il Gateau Basco, un dolce a strati che alterna pasta di farina di mandorle ad un ripieno di crema pasticcera e ciliegie sciroppate.

Che cosa vedere in città: la Parte Veja

Nel 2016, San Sebastiàn è stata Capitale Europea della Cultura. La sua storia, la sua posizione invidiabile, a mezzaluna sulla Bahia de La Concha, che si affaccia sull’Oceano Atlantico, i suoi musei, le sue splendide architetture e i suoi locali ne fanno una città tutta da scoprire.

Vi suggeriamo di cominciare la visita alla città dalla Parte Vieja, che si sviluppa attorno alla centrale Plaza de la Constitución, caratterizzata da uno splendido colonnato e da palazzi dai colori vivaci e balconi che. Sulla piazza di affaccia il Palazzo del Municipio che, durante la Belle Époque, è stata la sede del Grand Casino e ritrovo per artisti, scrittori e notabili. Proseguendo in direzione nord est, merita una visita il Museo San Telmo (www.santelmomuseoa.com), ospitato in un antico convento domenicano risalente alla metà del XVI secolo. Splendido il chiostro che espone dipinti dal Rinascimento al Barocco. Nelle vicinanze, si trova la Iglesia de San Vicente, il più antico luogo di culto della città.

Attraversando, invece, Plaza de la Constitución è muovendosi in direzione est si incontra la Iglesia de Santa Maria del Coro che spicca per l’imponente facciata barocca, sulla quale si staglia una statua di San Sebastiano Martire. La cattedrale, inaugurata nel 1897, è in stile neogotico ed è l’edificio religioso più grande di San Sabastian. La torre campanaria, alta 75 metri, è il simbolo della città.

Passeggiando sul lungomare

Dalla Parte Vieja parte il lungomare che costeggia la superba Playa de La Concha, una delle spiagge urbane più famose, spettacolari e fotografate d’Europa. Proseguendo in direzione ovest, la collinetta del Pico del Loro segna il confina tra la Playa de La Concha e la Playa de La Ondarreta, un’altra splendida striscia di sabbia bianca di circa 500 metri, racchiusa tra i lussureggianti giardini del Palacio Real Miramar, che domina la collina, e il Monte Igueldo.

Non si può visitare all’interno, ma vale la pena fermarsi per scattare qualche bella foto, il Palacio Real Miramar, costruito per la regina Maria Cristina nel 1888. Oltre all’edificio principale, fanno parte del complesso anche la Casa de los Oficios, il Cuerpo de Guardia e la Porteria.  Sono invece accessibili i giardini, opera di Pierre Ducasse, che sembrano scivolare dolcemente verso la baia, come un tappeto di fiori colorati e aiuole variopinte.

Proseguendo ancora verso ovest, si trovano le indicazioni per la Funicular del Monte Igueldo, la più antica dei Paesi Baschi, attiva dal 1912, che conduce sulla cima del monte omonimo, uno dei punti panoramici più suggestivi della città.

Nelle vicinanze della stazione di arrivo si può ammirare il Torreón de Igeldo, un antico faro del XVIII secolo, con una terrazza panoramica dove ammirare una superba vista della baia e dell’Isola di Santa Clara. Una volta presa la funicolare per tornare a livello del mare, vale la pena proseguire la passeggiata fino a Punta Torrepea, l’estremità occidentale della spiaggia, per ammirare il Peine de Viento (Il pettine del vento), opera dello scultore Eduardo Chillida (1924 – 2002), una scultura astratta in ferro che nelle giornate ventose, quando il vento penetra nei fori emettendo un suono musicale.

Verso est, il porto e l’Acquario

Tornando nella Parte Vieja, un altro bell’itinerario è quello che conduce nella parte est della città, compresa tra l’estremità orientale della Bahia de La Concha ed il Parco del Monte Urgull. Da qui, attraversando il Ponte di Zurriola, si attraversa il fiume Urumea e si raggiunge il Gros, la parte nuova di San Sebastián, dove si trovano diversi ristoranti, locali, edifici moderni e la bella e più isolata Playa de Gros.

Poco distante, una delle attrazioni più interessanti della città è l’Acquario ( www.aquariumss.com); uno dei più moderni musei oceanografici d’Europa. Il pezzo forte è il tunnel subacqueo, completamente realizzato in vetro, che consente di effettuare una vera e propria “passeggiata marina” circondati da squali, mante, razze ed altri pesci.

Dal retro dell’Acquario parte un sentiero che conduce alla cima del Monte Urgull, dalla quale si può ammirare uno splendido panorama. Sulla vetta si trovano le mura difensive e quel che resta del Castello de La Mota. Sul lato nord del monte si può vedere anche il Cimitero degli Inglesi, mentre, sulla cima, si trova la scultura del Sagrado Corazón, un’imponente statua di Cristo alta 12 metri, opera di Federico Coullaut del 1950.

Il Gros, la parte nuova della città

Per raggiungere, invece, il Gros, la parte nuova della città, dal porto occorre prendere Calle Mayor e poi voltare in Alameda del Boulevard. Al civico 5, si trova il singolare Museo del Whisky (tel www.museodelwisky.com) un locale su due piani che ospita un bar e, al piano superiore una collezione di 3000 bottiglie di whisky provenienti da tutto il mondo.

Dal museo, si prosegue fino a Blv Reina Regente, per poi arrivare al Puente de Zurriola, che attraversa il fiume Urumea a conduce al Gros.  Sulla destra, in Plaza de la  República Argentina, si può ammirare lo splendido Teatro Victoria Eugenia ( www.victoriaeugenia.com), del 1912, che spicca per la superba facciata in arenaria decorata con colonne doriche e quattro gruppi scultorei che rappresentano la Tragedia, la Commedia, l’Opera ed il Dramma.

Dopo aver attraversato il ponte, procedendo sempre dritto, si arriva in Avenida. de la Zurriola, dove si trova il Kursaal (www.kursaal.org,), il Centro Congressi, che ospita, ogni anno, oltre 300 tra eventi, festival e manifestazioni. Capolavoro dell’arte contemporanea, il Kursaal è opera dell’architetto Rafael Moreo ed è il simbolo della città che guarda al futuro.

Dove passa il Camin de Santiago

L’ultima tappa dell’itinerario parte da una passeggiata sul Paseo de la Zurriola, il lungomare che costeggia la suggestiva Playa de Zurriola, la più amata e frequentata dai surfisti di tutto il mondo.

Percorrendo tutta la spiaggia fino alla sua estremità orientale, si giunge al Monte Ulia, un vero e proprio parco naturale “cittadino” che offre una splendida vista sulla città e sulla baia, grazie a due punti panoramici, utilizzati, in passato, per l’avvistamento delle balene, la Peña del Ballenero e la Peña del Rey.

Dal Monte Ulia passa anche il Camino de Santiago, che attraversa la città da est a ovest, passando dalla Bahia de la Concha .  Ritornando verso il Gros, a poca distanza dalla Stazione Nord della Renfe, merita una visita anche lo splendido Parque Cristina Enea (www.cristinaenea.org), un giardino di 94.960 mq, con sentieri, specchi d’acqua, boschetti. Nel parco sono ospitati anche pavoni, picchi, diverse specie di anfibi ed insetti e alberi di pregio come sequoie, ginko biloba e cedri del Libano.

Che dite, vi abbiamo fatto venire fame, o voglia di visitare San Sebastiàn? Nell’attesa, vi proponiamo di seguito una delle ricette più famose e facili da preparare: la Pipperada

PIPERRADA

Ingredienti

  • 2 peperoni rossi
  • 4 pomodori maturi
  • 1 peperone verde
  • 4 cipolle
  • 2 spicchi di aglio
  • ½ cucchiaio di origano
  • 4 fette di pane casereccio tostato
  • 4 uova
  • Olio EVO
  • Sale e pepe

Lavate e pulite i pomodori e i peperoni, sbucciate le cipolle e l’aglio, poi tritate grossolanamente il tutto e mettete le verdure in una padella grande insieme all’olio di oliva, il sale e il pepe. Lasciate cuocere a fuoco medio e senza coperchio per circa 20-25 minuti. Nel frattempo, tostate le fette di pane. Poco prima di ultimare la cottura, ricavate nella verdura, aiutandovi con un cucchiaio, quattro piccole conche. Rompete le uova e versatene uno per ogni conca portandolo a cottura. Spolverate le uova con sale e pepe. Servite disponendo una fetta di pane casereccio su ogni piatto e disponendo sopra di esso la piperrada.

DOVE MANGIARE

*Arzak, Av. Alcalde J.Elosegi 273, tel 0034 943 28 55 93, www.arzak.es. Con le sue tre Stelle Michelin è considerato da molti il miglior ristorante di tutta la Spagna grazie all’estro dello chef Juan Mari Arzak, che propone piatti tipici della tradizione basca, della nouvelle cuisine e piatti all’avanguardia.

*Akelarre, P. Padre Orkolaga 56 (Igeldo), tel 0034 943 31 12 09, www.akelarre.net . Tre Stelle Michelin anche per questo prestigioso locale situato su un lato del Monte Igueldo con vetrate panoramiche e vista sull’oceano. Menù degustazione € 170 a persona, bevande incluse.

*Martin Berasatequi, Loidi Kalea 4, Lasarte-Oria, tel 0034 943 36 64 71, www.martinberasatequi.com Terzo “tre stelle” di San Sebastian, si trova a circa 8 km dal centro e offre una cucina fantasiosa e leggera, con ingredienti locali e fantasia. Prezzo medio € 185

I MIGLIORI PINCHOS BAR

*La Cepa, 31 de Agosto 7, tel 0034 943 42 63 94, www.barlacepa.com, è uno dei locali più popolari con possibilità di mangiare anche seduti oltre al tipico aperitivo in piedi. Oltre ai pinchos offre anche piatti di carne e di pesce

*A Fuego Negro (31 de Agosto 31, tel 0034 650 135 373, www.afuegonegro.com. Locale alla moda molto caratterizzato dall’arredamento total black. Offre diverse ed innovative varietà di pinchos alla carta o sotto forma di piccoli menù, ed un’ampia scelta di vini e bevande.

*Meson Martin, Elkano 7, tel 0034 943 42 28 66 , www.mesonmartin.com) Locale specializzato in piatti della cucina tradizionale basca preparati con ingredienti di stagione. Ampia varietà di pintxos sia caldi che freddi

DOVE DORMIRE

*Astoria 7****, Sagrada Familia 1, tel 0034 943 44 50 00, www.astoria7hotel.com A pochi minuti dalle principali attrazioni turistiche e dalle vie dello shopping. Tutte le stanze sono provviste di aria condizionata, minibar, asciugacapelli, accesso a internet wireless gratuito. Doppia da € 67

*Hotel Barcelò Costa Vasca***, Paseo de Pio Baroja 15, tel 0034 943 31 79 50, www.barcelocostavasca.com) Hotel di design situato nella zona residenziale di Ondarrera, a soli 300 metri dalla spiaggia. Doppia da € 90.

INFO

www.sansebastianturismo.com

www.donostiasansebastian.com




Orta San Giulio, romantiche atmosfere sul lago

Un’atmosfera romantica e fiabesca, fatta di tetti di ardesia, vicoli silenziosi che scendono fino alle placide acque del lago. Siamo a Orta San Giulio, sulle sponde del Lago d’Orta, in provincia di Novara. Cominciamo la nostra visita da Piazza Motta, chiusa su tre lati dai portici, su cui si affacciano botteghe e caffè.

Spicca il Palazzo della Comunità della Riviera del 1582, che testimonio il periodo di autogoverno della piccola comunità del luogo. Proseguiamo lungo via Olina, dove si incontrano alcuni importanti edifici storici, come Casa Olina, l’antico Ospedale seicentesco e, ai piedi di una piccola salita Casa Monti Caldara, del XVII secolo. Poco più avanti, scorgiamo Casa Bossi, sede del Comune.

Procedendo ancora, troviamo l’Oratorio di San Rocco, alcune dimore ottocentesche. Prendiamo la salita della Motta, sul lato destro della quale si trova la quattrocentesca Casa dei Nani, così chiamata per le quattro piccole finestre che sovrastano l’architrave. Sulla sinistra, poco più avanti, ecco Palazzo De Fortis Penotti, dalla facciata neoclassica.

Gli fa da contraltare, sul lato destro, Palazzo Gemelli, in stile tardo rinascimentale. La salita conduce alla chiesa di Santa Maria Assunta, che risale al 1485. Costeggiamo poi le mura di Palazzo Gemelli per arrivare alla salita che porta prima al Sacro Monte di Orta. Dedicato a San Francesco, è composto da 21 cappelle collegate da sentieri che si inoltrano nel bosco. Al loro interno conservano più di 900 affreschi e 376 sculture di terracotta.

Non può ovviamente mancare una sosta golosa. Il prodotto principe di Orta è la mortadella di fegato di maiale, a cui vengono aggiunte carni suine miste, cotenna, pancetta e una percentuale di carne di vitello. La carne viene salata e speziata, poi bagnata con il vin brulé prima di venire insaccata. Si consuma stagionata, a fette, oppure bollita e servita con polenta o puré.

Un altro piatto tipico ella zona è il Tabulon, uno spezzatino che nella ricetta originale prevede carne di asino, ottimo anche il Risotto al Pesce Persico. Il tutto accompagnato dagli ottimi vini locali, tra cui il Boca, il Gattinara, l’Erbaluce e il Bonarda.  

SECONDO GIORNO: SULL’ISOLA DI SAN GIULIO

Sorge a 400 metri dalla riva e sembra nascere direttamente dalle acque del lago. L’Isola di San Giulio si raggiunge in battello (www.navigazionelagodorta.it) o in motoscafo in pochi minuti. A essa è legata la leggenda che la vuole abitata da serpenti e mostri finché, nel 390 d.C San Giulio attraversò il lago sopra il suo mantello e vi fondò una chiesa facendone un luogo di culto.

Arriviamo sull’isola da una breve scalinata, che conduce alla Basilica, che occupa quasi tutta l’isola. Ultimata nella seconda metà dell’Ottocento, conserva ancora parti delle versioni precedenti, tra cui un’abside medievale di una costruzione del X secolo, un magnifico ambone dl XII secolo in pietra locale scolpita e quattro colonne diverse tra loro che sorreggono un parapetto decorato da un complesso scenario di sculture.

Dalla chiesa, una strada, chiamata “la via del silenzio e della meditazione”, percorre ad anello tutta l’isola. Tra i vicoli, incontriamo anche il Palazzo dei Vescovi e l’Abbazia Benedettina Mater Ecclesiae, abitato dalle monache di clausura che vivono qui stabilmente, pregando, meditando e preparando il “pane di San Giulio”.

Tapulon

È una delle ricette più antiche del territorio tra Novara e la riviera del Cusio. Risalirebbe infatti al XIII secolo e sarebbe contemporanea alla fondazione di Borgomanero. La ricetta originale prevede la carne di asino, ma oggi si prepara anche con carne di cavallo o manzo tagliata finemente.

Ingredienti

  • 1 kg di polpa magra di cavallo o vitellone macinata
  • 1 cipolla
  • 1 noce di lardo
  • 2 spicchi d’aglio
  • 2 cucchiai di olio extravergine di olivva
  • ½ bicchiere di vino rosso piemontese
  • Chiodi di garofano, foglie di lauro q.b.
  • Sale e pepe

Mescolate la carne macinata con il lardo. Tritate e rosolate la cipolla nell’olio di oliva poi unite il composto di lardo e carne macinata. Sbucciate e pestate l’aglio, aggiungetelo nella pentola insieme al sale e al pepe. Fate sobbollire per circa 20 minuti, poi aggiungete il vino rosso, i chiodi di garofano e qualche foglia di lauro. Alzate la fiamma e lasciate evaporare il liquido portando a cottura. Servite ben caldo accompagnato da polenta, purè di patate, oppure da fette di pane abbrustolito.

Il vino: Gattinara DOCG, un rosso corposo dal colore granato tendente all’arancio, dal profumo d viola e dal sapore asciutto e armonico, con il tipico fondo amarognolo. Si abbina a salumi, formaggi, carni stufate e brasate, salsicce e insaccati di fegato come la Mortadella di Orta.

DOVE COMPRARE

*Pan&Vino, Piazza Mario Motta 37, Orta San Giulio (NO), tel 393/8583293, www.panevino-orta.it  Degustazioni di formaggio, salumi e vini con possibilità di acquisto di prodotti tipici.

*Al Bouec, via Bersani 28, Orta San Giulio (NO), tel 339/5840039, www.albouec.beepworld.it Enoteca e vendita vini dove fermarsi anche per uno spuntino o un aperitivo a base di prodotti tipici, salumi, formaggi, salsicce e dolci.

COME ARRIVARE  

In auto: A26 Genova – Voltri con uscita Gravellona Toce, seguire in direzione di Omegna sulla SR229, poi per Borgomanero sulla SR229. Prendere poi la SR229 per Orta. Oppure: A8/A26 Milano Laghi con uscita Arona, seguire per Borgomanero, poi proseguire fino a Orta sula SR229.

DOVE MANGIARE

*Locanda di Orta, via Olina 18, Orta San Giulio (NO), tel 0322/905188, www.locandaorta.com . Una stella Michelin per lo chef Fabrizio Tesse che propone piatti con ingredienti di prima qualità, finezza nelle preparazioni e sapori caratteristici. Carta dei vini con 600 etichette. Prezzo medio alla carta € 51/105, menù € 45/75.

*Ai Due Santi, Piazza Motta 18, Orta San Giulio (NO), tel 0322/90192, www.aiduesanti.com Locale che si affaccia sulla piazzetta davanti all’imbarcadero per l’isola di San Giulio. Offre piatti della cucina mediterranea con ingredienti di stagione, locale e nazionale. Carta dei vini con più di 200 etichette. Prezzo medio alla carta € 28/56

DOVE DORMIRE

*Hotel La Contrada dei Monti***, via dei Monti 10, Orta San Giulio (NO), tel 0322/905114, www.lacontradadeimonti.it/. Nel centro storico di Orta, è ricavato in una casa del Settecento restaurata. Ogni piano si apre su logge ad arco e piccoli corridoi ed è caratterizzato da un colore. Le camere sono provviste di bagno con doccia o vasca idromassaggio, TV satellitare, wi fi. Doppia da € 110, junior suite da € 160.

*B&B Al Dom, via Giovanetti 57, Orta San Giulio (NO), tel 335/249613, www.aldom57.com. Splendida struttura che si affaccia direttamente sul Lago d’Orta. Le camere, arredate nei toni del bianco, hanno la vista sul lago. Doppia con colazione da € 165.

INFO

www.comune.ortasangiulio.no.it

 

 




Capestrano, a casa del “guerriero”

Sorge a 465 mslm ed è immerso nello splendido ambiente naturale del Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga. Capestrano, borgo medievale abitato da circa un migliaio di persone, deve la sua fama al celebre “Guerriero di Capestrano”, splendido esempio di arte italica risalente al popolo dei Vestini. La statua, oggi conservata al Museo Archeologico Nazionale di Chieti, rappresenta un guerriero armato con una maschera funebre sul volto. Il suo ritrovamento, nel 1934, in una necropoli vicino alle sorgenti dl Tirino, fa pensare che segnalasse la tomba di un personaggio importante.

Il borgo si sviluppa attorno all’imponente Castello Piccolomini, da dove inizia la nostra visita, sede del Municipio e della Pro Loco. L’accesso al castello è libero e gratuito nelle ore diurne. Poco distante, si trova anche la Chiesa di Santa Maria della Pace, del XVII secolo.

Usciamo dal centro per raggiungere l’Abbazia di San Pietro ad Oratorium, Monumento Nazionale dal 1902. La sua presenza è attestata fin dal 752 d.C, anche se è stata ricostruita nel 1100. Sulla parete esterna si trova il cosiddetto “quadrato del Sator”, una lapida con l’iscrizione latina SATOR AREPO TENET OPERA ROTAS, un palindromo che si legge in tutti i sensi.

Naturalmente, abbiamo provato per voi alcuni tra i piatti tradizionali del borgo, i cui ingredienti “simbolo” sono il gambero di fiume e la trota del Tirino. Il primo lo si può gustare “in Purgatorio”, o arrosto, oppure come base per il sugo della chitarrina, una pasta lunga simile agli spaghetti. Alla trota del Tirino, invece, è dedicata una sagra che si tiene nella prima quindicina di agosto. Dalla piana di Navelli arriva poi il celebre zafferano, che accompagna diversi piatti, mentre con le mandorle si preparano deliziosi dolci, tra cui “la croccante”.

La zona attorno al borgo, poi, è quella di produzione del grano solina, Presidio Slow Food e ingrediente di pani pregiati e gustosi. Nella valle tra Capestrano e Ofena, si trovano invece le tipiche “grotte del vino” per la vinificazione artigianale legate ai vigneti autoctoni di Montepulciano d’Abruzzo, Trebbiano e Pecorino.

SECONDO GIORNO: Il mondo sommerso di Lago di Capo d’Acqua

Poco meno di 4 km, percorrendo Via del Lago, separano il borgo di Capestrano dal Lago di Capo d’Acqua, che sorge alle pendici del Monte Scarafano. Il lago è formato da sorgenti di acqua limpida e cristallina, che poi si immettono nel fiume Tirino. Attorno al bacino idrico si è creato un ambiente naturale di rara bellezza, ideale per gli amanti del birdwatching e della natura in genere.

Qui vivono placidi germani reali, folaghe, gallinellle d’acqua, mentre, nelle acque del lago si trovano trote e lucci. Tuttavia, la peculiarità del Lago di Capo d’Acqua è quello che si trova…sott’acqua. La costruzione di una diga, nel 1965, ha fatto sì che le acque sommergessero le terre vicine, tra cui un colorificio e due mulini.

Completamente immersi dalle acque del lago, hanno dato vita a un inedito e magico “mondo sommerso”, tra abitazioni, stradine di selciato e manufatti. Questo ambiente unico richiama qui da tutto il mondo gli appassionati di immersioni. Chi volesse provare l’emozione di visitare questa piccola Atlantide nel Parco Nazionale del Gran Sasso può rivolgersi per immersioni guidate all’Associazione Sportiva Atlantide Scuola Sommozzatori (www.atlantidesub.com)

Chitarrina con gamberi di fiume

Ingredienti

  • 500 gr di chitarrine o spaghettini
  • 10 gamberi di fiume
  • 3 spicchi di aglio rosso
  • Vino bianco secco
  • Peperoncino
  • Prezzemolo
  • Sale
  • Olio EVO

Pulite i gamberi eliminando il carapace, lavateli sotto l’acqua corrente e lasciateli sgocciolare. In una padella fate imbiondire nell’olio EVO due spicchi di aglio spellati e uno con la pelle. Unite i gamberi e fateli scottare a fuoco vivo fino a quando non avranno assunto un colorito arancione. Bagnateli con un bicchiere di vino bianco secco e lasciate sobbollire 5 minuti. Appena il vino sarà evaporato, aggiungete il sale, il peperoncino e un mestolo di acqua calda. Poi coprite la padella con un coperchio e fate cuocere per circa 20 minuti a fuoco basso. Prelevate metà dei gamberi, eliminate zampe e code e mettete a sobbollire per altri 10 minuti con una tazza d’acqua. Poi passateli in un passaverdure fino a ottenere una salsina, che rimetterete nella padella insieme ai gamberi rimasti. Mettete a cuocere le chitarrine in acqua salata, scolatele, versatele nella salsa e spadellate per 2/3 minuti. Servite con i gamberi interi rimasti e una spolverata di prezzemolo.

Il vino: Trebbiano d’Abruzzo DOC, vino duttile dal colore giallo chiaro intenso, dal profumo floreale e aroma fruttato. Si abbina bene ai primi piatti di pasta con sughi di mare o pesce, risotti alla marinara, secondi di pesce alla griglia o al forno.

DOVE COMPRARE

*Frantoio Ottaviani, Nucleo Santa Pelagia, Capestrano (AQ), tel 347/5887887, www.aziendaagricolaottaviani.it Alle pendici del paesaggio collinare di Capestrano, il frantoio vanta una tradizione centenaria. produce e vende olio extravergine di oliva con spremitura a freddo.

*Forno Dolce Maria, SS 153, Loc.Santa Pelagia km 16, Capestrano (AQ), tel 0832/954406. Dal 1996 produce e vende dolci della tradizione abruzzese, tra cui i deliziosi amaretti.

COME ARRIVARE  

In auto: Percorrere l’autostrada A14, da nord in direzione di Ancona, da sud in direzione Pescara, seguire per Roma, poi continuare sull’A25 e uscire a Bussi-Popoli. Seguire poi le indicazione per l’Aquila, continuare sulla SS5, poi prendere la SS 153 fino a Capestrano.

DOVE MANGIARE

*Trattoria Il Castello, Piazza del Mercato 22, Capestrano (AQ), tel 348/8397638, www.ristoranteilcastello.net. Locale di antica tradizione dove trovare piatti con ingredienti locali tra cui trota e gamberi di fiume. Prezzo medio € 25/30. Anche pizzeria.

*Ristorante La Sorgente, via Presciano 1A, Capestrano (AQ), tel 0862/954341. Immerso in uno splendido bosco, propone ricette della tradizione, tra cui i celebri gamberi di fiume, ingredienti di primi e secondi, trota e funghi. Prezzo medio € 25

DOVE DORMIRE

*Agriturismo Capodacqua, Nucleo Capodacqua 37, Capestrano (AQ), tel 328/9624982. Azienda agricola biologica che trasforma direttamente i prodotti coltivati in marmellate, conserve e verdure sott’olio. Offre quattro camere affacciate su una veranda panoramica da cui si ammira il paesaggio circostante. Doppia da € 60.

*Agriturismo Il Fortino, C.da Forca di Penne, Capestrano (AQ), tel 389/1686673, www.agriturismoilfortino.it. Ricavato in un edificio storico, offre camere e appartamenti per un totale di 21 posti letto. Doppia con colazione da € 82

INFO

www.comunedicapestrano.it/

www.prolococapestrano.it/




Pasqua a Firenze per la Cerimonia dello scoppio del carro

È un modo davvero originale di celebrare la Pasqua, ma antico di millenni. A Firenze, infatti, la domenica di Pasqua, che quest’anno cade il 1° aprile, si rinnova la tradizione della Cerimonia dello Scoppio del Carro, una celebrazione storica e religiosa insieme che attrae migliaia di visitatori, cittadini e curiosi.

Una storia che risale alle Crociate

Le origini della Cerimonia dello Scoppio del carro avrebbero origine durante la Prima Crociata della Guerra Santa, nel 1099. Un giovane fiorentino appartenente alla nobile famiglia dei Pazzi, detto Pazzino, fu il primo a scalare il muro di Gerusalemme e innalzare il vessillo cristiano.

Come premio per il suo coraggio, ricevette in dono tre pietre focaie provenienti dal Santo Sepolcro che conservò con sé fino alla fine della Crociata e portò a Firenze. Le tre pietre vennero in seguito utilizzate per donare una “scintilla di fuoco santo”, dopo la benedizione, alle famiglie, per accendere il focolare domestico, come simbolo della Resurrezione di Cristo. Oggi, le reliquie sono conservate nella Chiesa dei SS Apostoli.

La Cerimonia dello Scoppio del Carro è invece una tradizione che risale al 1622, quando, per la prima volta, venne realizzato un carro decorato, detto il “Brindellone”, a forma di torre a più piano. Trainato da due buoi ornati da ghirlande, venne portato in giro per le strade di Firenze, per poi essere “recapitato” in Piazza del Duomo, tra il Battistero e la Cattedrale.

Le fasi della Cerimonia

Ancora oggi, la cerimonia non è poi così diversa da quella delle origini. Si comincia alle 8 del mattino, quando il carro, decorato e ben “farcito” di fuochi d’artificio, viene accompagnato dal Corteo Storico della Repubblica Fiorentina dal deposito del Prato a Piazza del Duomo.

L’itinerario è quello di via del Prato, Borgo Ognissanti, Piazza Goldoni, via della Vigna Nuovo, via Strozzi, piazza della Repubblica, dove si ricongiungerà con il Gonfalone proveniente da Piazza della Signoria, via Roma e arrivo in Piazza San Giovanni.

Alle 8.15, una rappresentanza di Bandierai degli Uffizi partirà dal Palagio di Parte Guelfa percorrendo via Porta Rossa, Mercato Nuovo, via Vacchereccia con arrivo in Piazza della Signoria.

Alle 8.30, da qui si muoverà il Corteo della Repubblica Fiorentina, con il Gonfalone e in Sindaco, per raggiungere Piazza della Repubblica, accompagnata da un’esibizione di musici e sbandieratori.

Alle 9.40 è previsto l’arrivo del corteo e del Carro del Fuoco in Piazza San Giovanni e, alle 10.15, in attesa del clou della cerimonia, ci sarà il sorteggio per l’abbinamento delle partite del Torneo di San Giovanni.

Attorno alle 10, ha inizio la Santa Messa pasquale nella cattedrale, durante la quale, verso le 11, mentre si canta il Gloria, l’arcivescovo accende con il fuoco sacro un razzo a forma di colomba, detto “La Colombina”, simbolo dello Spirito Santo. Questa “vola” fuori dalla chiesa percorrendo un filo che va a colpire il carro fermo nella piazza, dando il via a un crescendo di luci, colori e scoppi di fuochi d’artificio.

La tradizione vuole che, se tutti i fuochi d’artificio esplodono, si prospetterà un raccolto ricco e un anno fortunato per la città e i suoi cittadini.

Quaresimali

Sono biscotti dalla forma di lettera che si preparano nel periodo di Pasqua nell’area di Firenze e di Prato. Gustosi e divertenti, sono facili da preparare.

Ingredienti

  • 150 gr di farina
  • 30 gr di cacao
  • 3 albumi montati a neve
  • 170 gr di zucchero a velo
  • 1 scorza d’arancia
  • Sale q.b.

 Mescolate insieme la farina, il cacao, lo zucchero e un pizzico di sale. Grattugiate nell’impasto la buccia di un arancio. Unite anche gli albumi montati a neve, continuando a mescolare delicatamente. Regolate di farina se l’impasto risulta troppo liquido. Se, al contrario, risulta troppo duro, aggiungete un altro albume. Ricavate i biscotti a forma di lettera a mano o con l’ausilio di un sac-à-poche e riponeteli su una teglia rivestita di carta da forno. Fate cuocere a 150 °C per circa 15 minuti.

COME ARRIVARE

In auto: da Nord e da Sud, autostrada A1 seguendo una delle quattro uscite per Firenze. Per chi arriva dalla costa Tirrenica, A11 Firenze-Pisa-Livorno.

DOVE MANGIARE

*Trattoria Il Porcospino, Piazza di Madonna degli Aldobrandini 11, tel 055/21770, www.il-porcospino.it/ . Cucina tradizionale

*All’Antico Ristoro di Cambi, via S.Onofrio 1R, tel 055/217134, www.anticoristorodicambi.it

DOVE DORMIRE

*Hotel Principe****, Lungarno Vespucci 34, tel 055/284848, www.hotelprincipe.com . Hote di charme in centro.

*Hotel De La Ville****, Piazza Antinori 1/r, tel 055/2381805, www.hoteldelaville.it/ 

INFO

www.visitflorence.com




Tremosine, diciotto piccole perle a picco sul lago

È uno dei Comuni più grandi del Garda bresciano, ma è distribuito in ben diciotto frazioni. Tremosine, si erge a strapiombo sul lago di Garda, tra speroni di granito e la macchia mediterranea, nel cuore del Parco Alto Garda Bresciano. È attraversato dalla Strada della Forra, “la strada più bella del mondo”, che corre lungo la forra del torrente Brasa regalando panorami e scorci mozzafiato che spuntano dalle gallerie.

È anche la zona dove i sapori del lago si fondono con quelli di montagna, dando vita a un’enogastronomica unica. I boschi donano alla tavola funghi e pregiati tartufi, il Garda il pesce di lago. Dalla sapienza contadina nascono il miele, l’Olio extravergine del Garda Dop, latticini come la Formaggella di Tremosine, il burro di malga, la ricotta e il Lattecrudo.

Da assaggiare, piatti tipici come la polenta cusa, a base di farina nera, burro e formaggio, i capù, l’antipasto a base di coste ripiene, il gustoso spiedo, ma anche il coniglio e il capretto. Tra i dolci, da assaggiare lo spongadì, una ciambella dalla forma di chiocciola.

Arriviamo nel comune di Tremosine percorrendo la Strada della Forra, incastonata nella montagna. Ci fermiamo nella frazione di Pieve, che funge da capoluogo. Visitiamo a piedi la parte più alta, e antica della città. Qui si scorge la bella chiesa parrocchiale, rifacimento settecentesco di un’originaria pieve romanica. Al suo interno, sono custodite pregiate opere lignee seicentesche del Luchini e di Francesco Barbieri. Degno di nota la “macchina del triduo”, una scenografia settecentesca in legno dipinto che port 365 candele e che per tre giorni all’anno, all’inizio della Quaresima, viene posta sull’altare maggiore.

Proseguiamo fino a Piazza Cozzaglio, da cui si ammira un superbo panorama sul lago e sul Monte Baldo. Sulla piazza si affacciano la casa natale di Arturo Cozzaglio e l’antico palazzo comunale. Nelle vicinanze dell’Hotel Paradiso si trova poi la Terrazza del Brivido, un “balcone” sospeso nel vuoto a 350 metri di altezza da cui si può ammirare un inedito e adrenalinico panorama.

SECONDO GIORNO: Verso Campione del Garda

Poco più di 8 km separano Pieve da Campione del Garda che si affaccia direttamente sul lago. La raggiungiamo in auto percorrendo la SP38 e poi la SS45 bis. La frazione sorge sul delta del torrente San Michele, e sale in un incredibile canyon che si fonde nella faglia rocciosa.

Tra le peculiarità del paese, c’è Villa Archetti, che prende il nome della famiglia che, nel XVIII secolo, diede vita alla filanda su cui si basò l’economia di Campione fino alla seconda metà dell’Ottocento. Dopo un periodo di crisi, grazie all’intervento di Giacomo Feltrinelli, nel 1896, il borgo si ripopolò grazie alla costruzione di un villaggio operaio, di cui rimangono le vestigia.

Oggi, Campione ammalia per la sua atmosfera rilassata, per le sue spiaggette sul lago e per il clima mediterraneo. È anche un piccolo paradiso per gli sportivi, che possono praticare il kitesurf e altri sport a vela. La profonda gola del torrente San Michele è perfetta per il canyoning, mentre i sentieri 202 e 207 si inerpicano lungo il canyon e collegano Campione a Pregasio e a Tignale, dove si trova lo splendido Santuario di Montecastello. Il sentiero 201, invece, sale lungo il canyon della Forra e arriva fino alla Terrazza del Brivido di Pieve.

Capù

Il tipico antipasto della tradizione di Tremosine, un piatto povero ma gustoso, a base di ingredienti semplici.

Ingredienti

  • 500 gr di coste (biete)
  • 1 mazzolino di prezzemolo
  • 1 spicchio di aglio
  • 2 panini secchi grattugiati
  • 3 cucchiai di Parmigiano grattugiato
  • 3 uova
  • 2 pizzico di sale

Tagliate le coste sottilissime e lasciate da parte alcune foglie grandi. Tritate insieme l’aglio e il prezzemolo. In una terrina mescolate il trito di aglio e prezzemolo, i panini secchi grattugiati, il parmigiano, le uova, il sale e le coste tagliate fini. Dividete poi il composto in parti uguali e distribuitelo nelle foglie grandi. Arrotolatele e legatele con del filo bianco per alimenti. Mettete i capù a cuocere nell’acqua bollente senza sale per circa 20 minuti. Scolateli, poi metteteli su un piatto di portata, tagliateli a fette e conditeli con un filo di olio di oliva.

Il vino: Garda Classico DOC Chiaretto, un rosé con riflessi rubini, dal profumo fine, intenso e con sentori floreali e fruttati. Di sapore fresco, fine e con un leggero retrogusto di mandorle accompagna bene tutto il pasto

DOVE COMPRARE

*Cooperativa Alpe del Garda, via Provinciale 1, Tremosine, tel 0365/953050, www.alpedelgarda.it . Azienda agricola e caseificio con vendita al dettaglio, offre formaggi tipici del Garda, come la Formaggella di Tremosine, anche aromatizzata e senza lattosio, Lattecrudo, formaggio in olio di oliva e torte ai formaggi.

*Cooperativa Agricola Possidenti Oliveti, via Campaldo 2, Limone sul Garda, tel 0365/954148, www.oleificiolimonesulgarda.it Vendita al dettaglio di Olio Extravergine di Oliva Garda Bresciano DOP e di prodotti tipici tra cui formaggi, salumi, vino e grappe.

COME ARRIVARE  

In auto: A22 del Brennero con uscita Rovereto Sud. Proseguire seguendo le indicazioni per Riva del Garda e Limone sulla SS45 bis (strada Gardesana) fino al bivio per Tremosine. Oppure A4 Milano-Venezia con uscita Brescia Est, seguire indicazione per Lago di Garda, poi proseguire sulla Tangenziale Est fino a Salò e poi indicazioni per Riva del Garda. Mantenersi sulla Gardesana fino a Limone e prendere a sinistra il bivio per Tremosine.

DOVE MANGIARE

*La Forra, via Benaco 24, Tremosine sul Garda (BS), tel 0365/918166, www.laforra.com

Ristorante e pizzeria che offre piatti a base di carne e di pesce tipici del territorio. Buona carta dei vini. Ambiente elegante, tranquillo e rilassato. Prezzo medio alla carta € 30/35.

*Ristorante Panorama, via Coste 19, loc. Le Valli, Tremosine, tel 0365/953178, www.panoramadelgarda.it Offre un ricco menù con i piatti della tradizione italiana e locale, tra cui zuppe, secondi di carne e di pesce. Prezzo medio alla carta € 30/35

DOVE DORMIRE

*Hotel Le Balze****, via Delle Balze 8, Tremosine sul Garda (BS), tel 0464/557809, www.hotellebalze.it In posizione panoramica con vista sul lago di Garda, la struttura è provvista di centro benessere con piscina coperta, ristorante, centro sportivo. Doppia con colazione da € 81, con trattamento ½ pensione da € 110.

*Hotel Garni Bel Sito***, via Castelgarda 1, loc, Voltino di Tremosine (BS), tel 0365/917114, www.belsitohotel.it A 5 km da Tremosine, offre una vista panoramica sul lago, piscina scoperta con lettini, ristorante e bar. Le camere dispongono di balcone, bagno privato con doccia, set di cortesie, wi fi, asciugacapelli. Colazione a buffet con prodotti dolci e salati della tradizione. Doppia con colazione da € 34 a € 54.

INFO

www.infotremosine.it www.comune.tremosine.bs.it




Chiusa, la cittadina degli artisti

Il suo nome, Chiusa, deriva dallo stretto paesaggio naturale formato dalla rupe Sabiona, dal torrente Tinne e dal fiume Isarco. Questo splendido borgo medievale, è conosciuto anche come Künstlerstädtchen, cioè “cittadina degli artisti”. Grazie alla nuova ferrovia del Brennero, nel 1867, infatti, scoprì la sua vocazione turistica e proprio gli artisti furono i suoi frequentatori più assidui, attratti dal luogo che aveva dato i natali al poeta medievale Walther von der Vogelweide e immortalato da Albrecht Dürer nella sua incisione Nemesis.

Il centro storico ci accoglie con i suoi edifici dalle facciate con mura merlate e i tipici Erker, le architetture poligonali che “proiettano” all’esterno le finestre. Percorriamo la lunga via che attraversa il nucleo antico, dalla Città Alta alla Città Bassa. Ammiriamo Casa Wegmacher, un bell’edificio storico, e la Chiesa degli Apostoli, in stile gotico. Incontriamo poi splendidi edifici tardo medievali, come il Municipio, la Dogana Vescovile, sulla cui facciata spiccano dieci dipinti araldici dei vescovi di Bressanone e il Complesso dell’Albergo Leon d’Oro.

Conservano il loro fascino antico anche l’Albergo Walther von der Vogelweide, con la sua facciata merlata, l’Albergo Agnello, le cui origini risalgono al 1460. La Città Alta termina in piazza Parrocchia, su cui si affaccia la Chiesa di Sant’Andrea, in stile tardogotico, considerata una delle più belle del Sud Tirol, la Torre del Sagrestano e la Cappella della Cripta.

Ci incamminiamo alla volta della Città Bassa, percorrendo pittoreschi vicoli che hanno i nomi delle antiche attività artigianali. Qui si trova l’ex Albergo Orso Grigio, la cui presenza è attestata fin dal 1335, e il Caffè Nussbaumer, l’ex Albergo Croce Bianca, che conserva al suo interno una galleria di opere d’arte. La Città Bassa finisce in Piazza Tinne. È il momento di una pausa golosa a base dei piatti tipici della tradizione altoatesina.

Vi consigliamo un antipasto a base di speck e formaggi, come un primo piatto potete scegliere tra i canederli o i ravioli della Valle Isarco. Come secondo, a voi la scelta tra il carré di maiale e crauti e il tipico gulasch di manzo. E, per finire in dolcezza, regalatevi una bella fetta di strudel o di torta di grano saraceno e mirtilli rossi.

SECONDO GIORNO: Dal Convento dei Cappuccini al Monastero di Sabiona

Il mattino è dedicato alla visita dall’ex Convento dei Cappuccini, sede della Biblioteca Civica e del Museo Civico, che conserva dipinti di esponenti della Colonia Artistica di Chiusa, databili tra il 1874 e il 1932 e il Tesoro di Loreto, una collezione di opere che Padre Gabriel Pontifeser, confessore della Regina Maria Anna di Spagna, ha ricevuto in dono dalla famiglia reale, tra porcellane, arredi sacri, mobilio dipinti del Cinque e Seicento.

Attraverso il chiostro si arriva alla Chiesa dei Cappuccini, eretta tra i 1699 e il 1701, che custodisce due pale d’altare di Paolo Pagani. Nel pomeriggio, partiamo dall’Ufficio Turistico per una passeggiata che in 40 minuti ci porta al Monastero di Sabiona, oggi ancora abitato dalle suore benedettine. Il percorso tocca alcuni dei luoghi più importanti tra cui Castel Branzoll, sulla sponda ovest dell’Isarco, di cui rimangono la duecentesca Torre del Capitano e poche altre vestigia. La strada sale ancora per mezz’ora e attraversa le stazioni della via Crucis per arrivare al complesso monastico che svetta su una rupe da cui si gode di uno splendido panorama su Chiusa e la Valle Isarco.

LA RICETTA: Torta di grano saraceno e mirtilli

Uno dei dolci tipici dell’Alto Adige, di antica tradizione tedesca che include negli ingredienti i prodotti tipici regionali, come le mele e i mirtilli.

Ingredienti

  • 200 gr di burro morbido
  • 6 uova
  • 150 gr di nocciole spellate e tritate
  • 150 gr di farina di grano saraceno
  • 1 mela grattugiata
  • 30 gr di maizena
  • 1 bustina di lievito per dolci
  • 200 gr di zucchero semolato
  • Composta di mirtilli rossi o neri q.b
  • Scorza di limone grattugiata
  • Zucchero a velo

Dopo aver fatto ammorbidire il burro, lavoratelo con la metà dello zucchero. Quando il composto sarà cremoso, unite i tuorli delle uova, mettendo da parte gli albumi. Amalgamate bene e unite, poco per volta, la farina di grano saraceno, la mela grattugiata, il lievito, la maizena, il resto dello zucchero, la scorza di limone grattugiata e le nocciole. Montate gli albumi a neve e aggiungeteli al composto mescolando delicatamente. Versate l’impasto in una tortiera dal diametro di circa 24 cm. Infornate a 170°C per circa 40/45 minuti. Sfornate, lasciate raffreddare la torta, poi mettetela su un piatto, tagliatela a metà e distribuite la composta di mirtilli. A piacere, potete mettere la composta anche nella parte superiore, oppure spolverare la torta con lo zucchero a velo.

COME ARRIVARE  

In auto: Prendere l’A22 Verona- Brennero e prendere l’uscita Chiusa-Val Gardena. Seguire le indicazioni per Chiusa/Klausen, che si raggiunge dopo pochi chilometri.

DOVE MANGIARE

*Ristorante Turmwirt, Gudon 50, Chiusa (BZ), tel 0472/844001, www.turmwirt-gufidaun.com

Locale storico ricavato in una stube di legno del 1678. Offre piatti della cucina tirolese, come tris di canederli, zuppa al vino bianco della Valle d’Isarco, manzo tiepido alle cipolle e dolci locali. Prezzo medio alla carta € 40. Menù di tre portare € 30.

*Stadtlcafé, via Tinne 11, Chiusa (BZ), tel 0472/847 592, www.stadtlcafe.com

Offre piatti della cucina tirolese, tra cui salumi e formaggi, bruschette, canederli, ravioli e dolci della tradizione. Anche pizza. Prezzo medio alla carta € 15.

DOVE DORMIRE

*Hotel Goldener Adler****, Piazza Fraghes 14, Chiusa (BZ), tel 0472/846111, www.goldeneradler.it Nella piazza principale, ha camere spaziose e arredate con stile e una zona benessere. La colazione è a base di prodotti tipici locali, mentre la mezza pensione “itinerante” consente di cenare presso i ristoranti convenzionati. Doppia da € 62, suite da € 78.

*Hotel Spitalerhof***, ad appena 10 minuti da Chiusa, ha un giardino con piscina e camere accoglienti arredate in stile tirolese. È anche azienda vinicola e distilleria. Doppia da € 40.

INFO

www.chiusa.info www.comune.chiusa.bz.it

www.klausen.it




Con Ricette di Viaggio a Bormio per i Pasquali (e i Pizzoccheri!)

La Pasqua a Bormio, rinomata stazione sciistica dell’Alta Valtellina in inverno e affascinante meta estiva per gli escursionisti e chi desidera trascorrere qualche giorno immerso nella natura, si festeggia con la tradizione dei Pasquali, la manifestazione di origine antica che si rinnova ogni anno.

L’appuntamento è per il prossimo 1° aprile, quando per le vie del paese sfileranno le tradizionali portantine a tema religioso, dette appunto “Pasquali”. La tradizione ha antiche origini contadine e consiste nella creazione di colorate ed elaborate portantine, che vengono progettate e costruite dai giovani nel corso dei mesi invernali. La loro costruzione richiede fantasia, ingegno e abilità artigianale, ma anche una dose di sana competizione.

Ogni “pasquale” è infatti realizzato da una squadra che fa capo a uno dei quartieri del paese: Buglio, Combo, Dossiglio, Dossorovina e Maggiore. Ogni gruppo è formato da falegnami, fabbri e artigiani, che, sotto la guida di un capo progetto, studiano nel dettaglio il loro “pasquale”, che deve essere un connubio tra simbolo religioso ed espressione artistica.

La mattina di Pasqua i “Pasqualisti” portano a spalla la loro portantina e sfilano per le vie del paese, accompagnati da gruppi folkloristici, bambini, donne e famiglie in abiti tradizionali. Una giuria avrà poi il compito di eleggere il vincitore tenendo conto del significato religioso, del lavoro artigianale, artistico e culturale. Dopo la sfilata, i Pasquali rimangono esposti in Piazza del Kuerc fino al lunedì di Pasquetta.

Una tradizione antica

La tradizione dei Pasquali è attestata attorno al XVII secolo quando alle famiglie era imposto di cucinare un agnello da distribuire in Piazza del Kuerc il giorno di Pasqua. Alla fine del XIX secolo alla tradizione culinaria si sostituisce quella della benedizione di un agnello vivo. Da qui, nasce la competizione tra i “reparti” (quartieri), di adornare il proprio animali.

Il passo successivo è quello di posizionare il proprio agnellino su portantine addobbate. Fino ad arrivare alla moderna manifestazione dei Pasquali

Il programma di domenica 1° aprile prevede, invece, prima delle 9 del mattino, il raduno dei partecipanti in piazza V Alpini. La sfilata avrà invece inizio alle 10, con percorso via Al Forte, via San Vitale, Via Roma, piazza Cavour/Kuerc. Alle 11.30, qui ci sarà la benedizione degli agnelli e dei Pasquali, che resteranno in esposizione fino alle 19 di Pasquetta. La premiazione del Pasquale vincitore è prevista per le 17.

La tradizione nel piatto

Sapori antichi e gusto deciso caratterizzano la tradizione enogastronomica dell’Alta Valtellina. Fate una tappa in una delle trattorie tipiche e cominciate con un antipasto a base di bresaola di manzo o di cervo, magari accompagnata dagli sciatt, frittelle di grano saraceno ripiene di formaggio, oppure dai taroz, un purè a base di patate, fagiolini, burro e formaggio.

Come primo piatto è quasi d’obbligo assaggiare i pizzoccheri, tagliatelle grossolane di grano saraceno condite con verza, patate, formaggio e burro fuso. In alternativa, o come piatto unico, da non perdere la polenta taragna, a base di farina nera, burro e formaggio, da gustare accompagnata da cacciagione, funghi porcini o cervo in salmì.

Chi preferisce “stare leggero” può scegliere invece le manfrigole, crespelle di grano saraceno ripiene di bresaola o formaggi. Tra questi, ricordiamo la Casera, il Bitto e lo Scimudin.

E, per finire in dolcezza, potete ordinare una fetta di bisciöla, un panettone con noci, uvetta e fichi. Il tutto accompagnato dai pregiati vini valtellinesi, come il Grumello, la Sassello, lo Sfursat o l’Inferno. 

Pizzoccheri alla valtellinese

Ingredienti

  • 200 gr di farina di grano saraceno
  • 100 gr di farina bianca
  • 300 gr di coste di bietole o verza
  • 250 gr di formaggio Casera
  • 200 gr di burro
  • 150 gr di patate
  • 3 spicchi di aglio

Preparare un impasto con le farine, il sale e l’acqua. Ricavate una sfoglia di 2 cm e tagliatela a listarelle. Tagliate le verdure a pezzetti e fatele cuocere per 10 min. Aggiungete i pizzoccheri. Finita la cottura, togliete pizzoccheri e verdure con una schiumarola e metteteli in una pirofila. Cospargeteli con il formaggio Casera a cubetti e ripetete formando due o tre strati. Sciogliete il burro e fatelo imbiondire con l’aglio schiacciato e condite.

INFO

www.bormio.eu

DOVE MANGIARE

*Kuerc, Piazza Cavour 8, tel 0342/910787. Menù con piatti tipici.

*Vecchio Borgo, via Monte Braulio 3, tel 0342/904447. Cucina tipica valtellinese

DOVE DORMIRE

*Miramonti Park Hotel****, via Milano 50, tel 0642/903312, www.miramontibormio.it Con centro wellness.

*Alpi & Golf***, via Milano 78, tel 0342/902734, www.alpigolf.it. Posizione panoramica.




Rasiglia, il borgo nato dalle acque

Più che un borgo, sembra una miniatura o un presepe. A Rasiglia, frazione montana del Comune di Foligno, in provincia di Perugia, il tempo sembra essersi fermato e ha dipinto una cartolina che sembra uscita da una favola: case di pietra in cui vivono appena 50 abitanti, viuzze strette, mulini ad acqua e l’abbraccio di boschi verdeggianti.

Tuttavia, l’aspetto che più caratterizza Rasiglia sono i ruscelli e le sorgenti di cui è circondata e che penetrano tra le abitazioni disposte ad anfiteatro e collegate tra loro da ponticelli di legno, formando cascatelle e rivoli che donano al borgo un aspetto unico.

Un fascino che arriva da lontano

Proprio all’acqua è dovuta la nascita e la storia di Rasiglia, che sorge tra le sorgenti di Capovena, Alzabove e Venarella. La sua esistenza è attestata già nel XII secolo, mentre è attorno al XIV che la famiglia Trinci, signori di Foligno, vi fa costruire un Castello e altre fortificazioni. Ma è grazie all’abbondanza di acque, proveniente dai ruscelli e soprattutto dal fiume Menotre, che nel XV secolo cominciano a nascere i primi mulini e gli opifici tessili.

L’economia artigianale basata sulla forza dell’acqua si sviluppa sempre di più, finché, nell’Ottocento, Rasiglia arriva a contare otto mulini, due lanifici, quattro banche e un ufficio postale. Spiccano il Mulino Angeli, il Mulino Silvestri, il Mulino Accorimboni con annesso lanificio, il lanificio Tonti, attività che prosperano fino al Novecento.

È dopo la Seconda Guerra Mondiale che inizia la decadenza. I lanifici si trasferiscono nella più comoda ed economica Foligno. Le ultime aziende chiudono nel 1980. Nel 1997 il terremoto contribuisce allo spopolamento di Rasiglia, dove oggi rimangono a vivere poco più di 50 abitanti.

Una passeggiata nel borgo

La riscoperta di Rasiglia parte proprio dal turismo, grazie alla sua singolare bellezza e al fascino antico, che la fa assomigliare a una piccola Venezia medievale. Passeggiando tra le vie del borgo, si può ammirare quel che resta del Castello, che domina la sorgente del Capovena, a 636 metri slm. Il maniero aveva sì funzioni difensive, ma era anche la residenza estiva della nobile famiglia dei Trinci.

Oltrepassando l’antico lavatoio e salendo poco sopra si trova invece il Santuario di Santa Maria delle Grazie, fondato nel 1450 dopo il ritrovamento di una statuetta della Vergine col Bambino, oggetto di eventi prodigiosi. Pare infatti che, nonostante la statuetta fosse stata spostata in altre diocesi, ritornava sempre nel luogo di origine. Da qui la decisione di erigere un santuario dedicato alla Madonna.

All’esterno dell’edificio spicca un crocifisso alto tre metri, mentre all’interno sono conservati affreschi del XV secolo, tra cui la Madonna della Misericordia che protegge i fedeli dalla peste circondandoli con il suo mantello.

Nei dintorni del borgo, poi, consigliamo una visita alle Cascate del Menotre e alle Grotte dell’Abbadessa, con suggestive formazioni carsiche. Nelle vicinanze, si trova anche il Castello di Scopoli e il Parco dell’Altolina.

Il borgo in festa

Alcune manifestazioni annuali assai suggestive contribuiscono a diffondere il fascino di Rasiglia tra i turisti. Tra queste c’è il Presepe Vivente, nel periodo natalizio, che anima di figuranti in costume la già suggestiva ambientazione.

Nei primi giorni di dicembre si tiene invece la Festa della Venuta, che illumina le vie del borgo con grandi falò. Infine, nel mese di giugno, è in programma “Penelope a Rasiglia”, una manifestazione dedicata agli antichi mestieri, tra cui la tessitura. Per l’occasione, gli antichi telai tornano a funzionare e il tempo scorre all’indietro.

La tradizione a tavola

Nel territorio di Foligno, la tradizione enogastronomica conserva ancora in sé il retaggio medievale. Gli ingredienti principali sono quelli offerti dalla natura: cereali e verdure, ma anche funghi, tartufi e cacciagione.

Lasciatevi tentare dai corposi antipasti, come la schiacciata al rosmarino o le bruschette, servite con cavoli e fagioli, le frittelle di baccalà o i pomodori ripieni. Tra i primi piatti, provate la pasta fatta in casa al tartufo, la zuppa di farro o di lenticchie, la minestra di lumache o i bucatini al Sagrantino.

Passando ai secondi, i carnivori possono optare per il cinghiale alla cacciatora, per l’agnello al tartufo nero, per la lepre al forno o per il piccione ai funghi. Ottima anche la torta al formaggio e la fojata, una versione salata della Rocciata a base di foglie di cavolo.

I veri protagonisti della tavola sono i dolci, come la fregnaccia, simile a una frittella. Nel periodo pasquale si cucina la pizza di Pasqua, che ricorda un panettone, o la miaccia, un sanguinaccio decorato con i canditi, che si consuma immergendolo nel vino Sagrantino.

Altri dolci della tradizione sono la cicerchiata, il panpepato, a base di cacao, mandorle e pepe nero, le pere al Sagrantino, gli struffoli, palline di pastafrolla ricoperte di miele, il castagnaccio e la Rocciata, uno strudel di mele a cui viene aggiunto cacao e noci. E se volete mettervi alla prova in cucina, eccovi la ricetta.

ROCCIATA

 Ingredienti per la sfoglia

  • 500 gr di farina
  • 300 gr di acqua
  • 2 cucchiai di olio evo
  • 1 pizzico di sale
  • 1 spruzzata di Alchermes

Per il ripieno

  • Zucchero
  • Cacao
  • Cannella
  • Anice
  • Scorza di ½ limone
  • 2 manciate di noci
  • 1 manciata di pinoli
  • 3 o 4 mele
  • 1 manciata di uvetta

Preparate la sfoglia setacciando la farina a fontana. Poi impastatela con gli altri ingredienti fino a ottenere un impasto morbido ed elastico. Coprite con una pellicola e lasciate riposare mezz’ora. Poi stendete a pasta con il mattarello fino a ottenere una sfoglia sottile. Mettetela su una tovaglia per agevolare l’arrotolamento successivo. A questo punto mettere sopra alla sfoglia, distribuendo in maniera uniforme: una spolverata di zucchero, una di cannella e una di cacao. Poi aggiungere una manciata di anice e la buccia del limone grattugiata, continuate con le mele tagliate a dadini, l’uvetta, le noci spezzettate grossolanamente e i pinoli. Arrotolate la sfoglia dai due lembi opposti verso l’interno, aiutandovi con a tovaglia. Trasferitela poi in una teglia ricoperta di carta da forno e date alla Rocciata la forma di una C. Cuocete a 200°C per circa 25 minuti. Sfornate e spruzzate sulla sfoglia l’Alchermes.

COME ARRIVARE

In auto: Da Nord A1 con uscita “Cesena Nord” o “Valdichiana”. Da Sud A1 con uscita “Orte”. Da Est A14 con uscita “Ancona” o “Civitanova Marche”. Poi per tutti percorrere la SS77 della Val di Chienti con uscita Casenove-Rasiglia

DOVE MANGIARE

*Ristorante Casaletto, Casaletto di Sellano (PG), tel 0743/97146

*Ristorante da Angelo, Ponte Santa Lucia 46, Foligno (PG); tel  0742/660216, www.ristorantedaangelo.com

DOVE DORMIRE

*Residence Menotre, via del Bosco, Rasiglia di Foligno (PG), tel 0742/670383, 335/1264096, www.sanpotente.it/residence-menotre

*B&B Il Casale del Borgo, loc. Casale di Morro 15 . Foligno (PG), tel 320/8433939. www.bbilcasaledelborgo.it




Sassello, il borgo degli amaretti

Al confine tra Piemonte e Liguria, nella provincia di Savona, si trova il pittoresco borgo di Sassello, che a gennaio di quest’anno ha festeggiato vent’anni di Bandiera Arancione, il prestigioso riconoscimento per il turismo di qualità assegnato dal Touring Club. Il borgo può, inoltre, vantare il primato di essere stato il primo Comune italiano a ricevere il riconoscimento.

Noto fin dal Medioevo per la lavorazione del ferro, è poi diventato un importante centro turistico per le bellezze paesaggistiche e il clima mite. Il borgo vecchio è diviso tra la Bastia Soprana, del XII secolo, e la Bastia Sottana, fondata nel Quattrocento dalla potente famiglia Doria, che qui ha lasciato ricche chiese barocche e palazzi affrescati.

Facciamo due passi in centro

Il centro storico di Sassello è particolarmente ricco d architetture religiose. Merita una visita la Chiesa di San Giovanni Battista, risalente al XI secolo, che conserva al suo interno preziose tele e affreschi del Cinquecento e del Seicento. Poco distante, si trovano anche l’Oratorio del Disciplinanti del XVII che custodisce un gruppo ligneo del Maragliano, e la chiesa della SS Trinità.

Fermatevi poi un paio d’ore al Museo Civico Perrando, al civico 33 dell’omonima via. Il polo museale ospita, nella sezione etnografica, una mostra permanente di strumenti agricoli, attrezzature provenienti dalle antiche ferriere e dalle fabbriche dei celebri amaretti ed elementi di archeologia industriale.

Al piano superiore di Palazzo Perrando, invece si trova la sezione dedicata alla Storia Naturale, che vanta una collezione di fossili, reperti paletnologici, litici e relativi alle misteriose incisioni rupestri del Monte Beigua, oltre a beni appartenuti al castello della Bastia Soprana.

Nell’ex complesso del convento francescano, ristrutturato di recente, si trova il Museo Napoleonico, dedicato alla campagna del 1800 e, in particolare, ai sette giorni della Battaglia di Sassello. Qui si trova anche la prestigiosa collezione Bianchi di arte contemporanea, con opere di Mirò, Schifano e Francis Bacon.

Secondo giorno: alla scoperta del Parco del Beigua

Il borgo di Sassello si trova all’interno del Parco del Beigua, una delle aree più ricche di biodiversità della Liguria. Si estende per novemila ettari tra le province di Genova e Savona e include un paesaggio eterogeneo, fatto di prateria d’alta quota, zone umide, foreste di faggi, castagni e roveri, macchia mediterranea. Qui vivono lupi, cinghiali, caprioli, rapaci come l’aquila reale e il biancone, e uccelli notturni. Il patrimonio geologico del parco, poi, è tutelato dall’UNESCO.

Il sentiero natura nella Foresta della Deiva

Se siete appassionati di passeggiate nella natura, potete sfruttare la seconda giornata del weekend per esplorare la splendida Foresta della Deiva, che si trova alle spalle di Sassello ed è attraversata da uno dei Sentieri Natura del Parco del Beigua. Il percorso ad anello si snoda attorno alla Cima della Deiva, in un paesaggio fatto di pini e faggi e con una vista mozzafiato sulla valle sottostante. Lungo il percorso, poi, si incontrano il Castello Bellavista, una villa ottocentesca circondata da una rigogliosa vegetazione, e la Casa della Giumenta, sede di un antico essiccatoio ristrutturato che consente di conoscere storia, culture e tradizioni dell’economia della castagna.

Dal geosito del Lago dei Gulli alle incisioni rupestri di Piampaludo

Con una passeggiata attraverso la Foresta della Deiva, oppure in auto percorrendo la SP334 per circa 2,5 km si arriva al Lago dei Gulli, che prende il nome dialettale con cui sono chiamati i pesci che lo abitano. In realtà, non si tratta di un vero e proprio lago, ma di un’ansa del Torrente Erro.

Proprio l’azione delle acque, nel corso del tempo, ha dato origine alle lherzoliti, rocce a forma di sfera dal colore brunastro, con un diametro di alcuni metri, che sorgono all’interno delle rocce serpentiniche.

Un’altra bella escursione è quella che da Sassello porta alla frazione di Piampaludo, che si raggiunge in circa 25 minuti passando prima per la SP 49 e poi sulla SP31. Qui si possono ammirare esempi interessanti di “pietra scritta”, cioè “messaggi” che hanno origine nella notte dei tempi, incisi sulla dura roccia ofiolitica, che le ha tramandate fino a noi.

Si tratta di disegni fusiformi, canalette, forme geometriche, croci, dischi solari e figure antropomorfe dal significato ancora sconosciuto, che sono state lasciate in prossimità di corsi d’acqua e delle antiche aree di pascolo.

Prodotti tipici da gustare

La posizione geografica di Sassello rende particolarmente abbondante la produzione di castagne e di funghi. Per chi fosse in zona, il mercoledì si tiene nella piazza centrale del borgo il mercato dove poter acquistare direttamente i funghi freschi.

Tra le altre specialità, troviamo il patè di lardo, il prosciutto cotto alle erbe e il Salame cotto e crudo di Sassello, preparato secondo una ricetta tipica sassellese. La versione cotta prevede l’utilizzo delle parti meno pregiate del maiale, che vengono insaccate in budelli di manzo insieme a spezie, noce moscata e sale e sottoposte a cottura a 70° per 6 ore.

La versione cruda è costituita invece dall’80% di carne magra e dal 20% di grasso, che viene amalgamata con pepe intero, sale di Cervia e Barbera e insaccata in budelli di suino e sottoposta a stagionatura variabile da 1 a 8 mesi.

Un altro prodotto tipico di Sassello è il Tirotto, un pane la cui origine risale al 1900, a base di frina di grano e patate, dalla caratteristica forma tirata e leggermente arrotolata. Ne esistono diverse versioni, dalla più semplice, senza grassi aggiunti, a quella all’olio a quella con olio e patate.

Gli amaretti di Sassello

Sono famosi, ed esportati in tutto il mondo e sono preparati seguendo un’antica ricetta che risale all’Ottocento. L’ingrediente che ne rende unico il sapore sono le armelline, le mandorle dal sapore amarognolo racchiuse nel nocciolo delle albicocche. La forma è rotonda e un po’ schiacciata, la crosticina esterna nasconde un cuore morbido e profumato.

Ogni singolo amaretto viene incartato nella tradizionale carta a fiocco. Alla versione tradizionale si affianca una ricca varietà di sapori, tra cui quello ai frutti misti, al rum, al cioccolato, alle nocciole, ma anche mandarino, cocco e limone. E se volete provare a uguagliare la maestria dei pasticceri sassellesi, qui sotto vi proponiamo la ricetta degli amaretti.

Amaretti di Sassello

Ingredienti

  • 200 g mandorle pelate
  • 140 g zucchero
  • 125 g zucchero a velo
  • 50 g albumi
  • 15 g mandorle armelline amare

Nel forno preriscaldato a 200°C tostate le mandorle per un paio di minuti, poi tritatele in un mixer insieme alle armelline, allo zucchero semolato e a quello a velo, fino a ottenere una specie di farina. Setacciate il composto in una ciotola, poi aggiungete gli albumi. Mescolate con una spatola fino a ottenere un composto liscio e omogeneo. Coprite l’impasto e lasciatelo riposare in frigorifero per circa due ore. Ricavatene poi delle palline della grandezza di una noce e schiacciatele leggermente per dare la tipica forma degli amaretti. Disponeteli poi su una teglia rivestita di carta da forno e infornate a 170°C per circa 20 minuti.

INFO

www.comune.sassello.sv.gov.it/

COME ARRIVARE

In auto:  dalla Riviera Ligure, A10 Genova-Ventimiglia con uscita Albisola. Appena usciti dal casello girate a sinistra e proseguite per circa 20 km seguendo le indicazioni per Sassello. Da Torino, A6 Torino-Savona, uscire ad Altare, poi proseguire sulla SP12 e sulla SP41 fino a Pontivrea. Da qui svoltare sulla SS542 e poi sulla SS334 e seguire per Sassello. Da Asti, A33 Asti-Cuneo, proseguire sulla SS456 Asti Mare fino a Castelnuovo Calcea. Alla rotonda prendere per Nizza Monferrato e seguire le indicazioni per Aqui Terme, poi proseguire sulla SS334 per Sassello.

DOVE MANGIARE

*Ristorante Palazzo Salsole, Piazza Concezione 1, Sassello, tel 019/724359, www.palazzosalsole.it

*Agriturismo Cà del Busco, Loc. Piano 1, Sassello, tel 019/724311

DOVE DORMIRE

*Hotel Pian del Sole***, Loc. Pianferioso 23, Sassello, tel 019/724255. www.hotel-piandelsole.com

*B&B Cascina Granbego, Loc. Colla 3, Fraz. Maddalena, Sassello, tel 347/7810778

DOVE COMPRARE

*Amaretti Giacobbe, loc. Pianferioso 4, Sassello, Tel 019/724860, www.amarettigiacobbe.it

*Amaretti Virginia, loc. Prapiccinin 6, Sassello, tel 019/724119, www.amarettivirginia.com

*L’Artigiana del Fungo, Loc. Aicardi 9, Sassello, tel 019/724860, www.lartigianadelfungo.it




Bienno, bellezze e dolcezze della Valcamonica

Sorge nella media Val Camonica, in provincia di Brescia, e può vantare l’appartenenza ai “Borghi più belli d’Italia” e fregiarsi della “Bandiera Arancione” del Touring. Bienno è un delizioso gioiello di circa 4000 abitanti, incastonato nella verdissima Val Grigna e posizionato sul lato settentrionale dell’omonimo corso d’acqua. Il centro storico è un pittoresco gioiello di pietre, tegole, viuzze e piazzette che raccontano un glorioso passato.

Un passato laborioso

I corsi d’acqua e le rigogliose foreste hanno contribuito a fare prosperare una fiorente economia. Si ipotizza che già attorno all’anno Mille sia iniziata la costruzione del Vaso Re, un canale artificiale che convogliava le acque del Grigna e ne faceva la forza motrice per segherie, mulini, ma anche per i pesanti magli della forgiatura del ferro. Il corso d’acqua, poi, era anche il mezzo attraverso il quale la fiorente produzione locale veniva commerciata nei paesi vicini.

La ricchezza data dal commercio ha consentito, a poco a poco, di abbellire il centro storico di palazzi signorili, chiese, gradinate, piazzette, archi e portali, testimonianze che ancora oggi rimangono a ricordo del fiorente passato.

La visita al borgo

Percorrendo via Contrizio, alla fine della salita si arriva in Piazza Mendeni, dove si affaccia lo splendido Palazzo Simoni Fé, del Quattrocento, con la sua facciata simmetrica di tre piani con cornici in arenaria e ringhiere di ferro battuto. Sulla facciata che si affaccia su via Contrizio spicca un affresco del Fiamminghino. Ricchissimo l’interno, a cui si accede da una grande sala coperta da sei volte a crociera, che conduce, attraverso uno scalone di granito, ai piani superiori.

Sul soffitto si trova l’affresco che raffigura la scena mitologica del Dio Vulcano, intento a forgiare antiche armature insieme ai Ciclopi, omaggio alla tradizione “ferraia” di Bienno. Salendo al primo piano, nel grande salone, sono custodite due statue lignee quattrocentesche raffiguranti l’Annunziata e l’Arcangelo Gabriele.

Uscendo sulla piazza e procedendo poco più avanti, si incontra la Torre Avanzini, che risale al 1075. Da qui parte una viuzza che conduce alla piazza principale, sulla quale domina la Chiesa di Santa Maria Annunziata, del XV secolo. La facciata è caratterizzata da un grande rosone gotico e da pilastri in pietra a vista. Al suo interno conserva preziosi dipinti quattrocenteschi di Giovan Pietro da Cemmo. È del Fiamminghino, invece, la pala d’altare del 1632.

Da via Contrizio, il nostro tour prosegue sino a Casa Bettoni, un palazzo rinascimentale che conserva la sua struttura originaria. Alla fine della via si incontra anche il portale medievale della Torre Rizzieri. Un’altra torre medievale, Torre Mendeni, si trova invece in Piazza Castello.

In cima a via Castello si trova invece la bella chiesa dei Santi Faustino e Giovita, che spicca per il portale in arenaria di Sarnico con due imponenti statue dei santi posti ai lati, che sembrano osservare i fedeli che entrano in chiesa. L’interno è a navata unica, sormontata da una volta affrescata dal Fiamminghino. Degna di nota la pala d’altare raffigurante il martirio dei santi, realizzata dall’artista veneziano Giovan Battista Pistoni.

Lungo via Ripa, tramite una scalinata in selciato si arriva al Mulino Museo, risalente al Seicento, che conserva ancora le originarie macine di pietra con cui un tempo si produceva la farina da polenta. Continuando sulla stessa strada si arriva poi al Lavatoio, un’altra fucina. Da qui, alcuni tratti di canale sopraelevati conducono al punto di partenza del Vaso Re.

Bienno da gustare

Il piatto tipico di Bienno sono i Casoncelli, ravioli di grandi dimensioni dalla forma di mezzaluna che vengono preparati con la sfoglia tirata a mano e con un ripieno di carne lessa o arrosto, salsiccia, pane, formaggio grattugiato, uova, sale ed erbette. Ogni famiglia ha la sua tradizione che si tramanda da madre in figlia e conta diverse varianti. I casoncelli si servono conditi con burro buso, salvia e abbondante parmigiano grattugiato. La pasta viene lasciata particolarmente croccante.

In tutta la Valcamonica è poi diffusa la polenta, accompagnata da carne e cacciagione. Ottimi anche i formaggi locali, preparati col latte di malga e i salumi.

Il dolce tradizionale è invece la Spongada, dalla preparazione laboriosa, ma dal risultato assicurato. Si tratta di una soffice focaccia a base di farina, uova, zucchero, burro, latte e lievito. Volete provare a prepararla? Allora provate con la nostra ricetta.

Spongada

Dolce della tradizione che si preparava durante il periodo pasquale, quando veniva distribuito ai poveri. Oggi si consuma tutto l’anno.

Ingredienti
Per la pasta base

  • 130gr. di lievito di birra
  • 200gr. di farina bianca
  • 1/2lt. di latte

Per il primo impasto:

  • 400gr. di zucchero
  • 280gr. di burro nostrano
  • 5 uova intere e 4 tuorli
  • 900gr. di farina bianca
  • 1 bustina di vaniglia
  • sale

Per il secondo impasto

  • 400gr. di zucchero
  • 280gr. di burro
  • 5 uova intere e 4 tuorli
  • 30gr. di lievito di birra
  • 900gr. di farina bianca
  • sale

Sciogliete il lievito di birra nel latte in un pentolino, poi versate il tutto nella farina e formate l’impasto base, che farete lievitare al caldo per 45 minuti. Nel frattempo, preparate il “primo impasto” lavorando insieme il burro, lo zucchero, le uova intere, i tuorli, la farina e un pizzico di sale. Quando l’impasto sarà ben amalgamato unite il panetto di pasta lievitata che avevate messo a riposo. Mettete l’impasto ottenuto a riposare al caldo.

Preparate ora il “secondo impasto” lavorando con cura lo zucchero, il burro, le uova intere, i tuorli, il lievito di birra, la farina e un pizzico di sale. Quando sarà pronto, unitelo al resto che avevate messo a riposare. Lasciate il tutto a lievitare per circa 3 ore. Quando sarà ben lievitato dividetelo in panetti di circa 150 gr cadauno e metteteli a lievitare fino al doppio del loro volume su un tagliere di legno infarinato. Praticate su ogni panetto un’incisione longitudinale con un coltello, poi metteteli a cuocere in forno preriscaldato a 180° per circa 25 minuti. Sfornate e spolvera le spongate con zucchero a velo.

INFO

www.bienno.inf

COME ARRIVARE

In auto, da Milano, prendere l’A51 e procedere verso la Tangenziale Est, poi continuare sull’A4 e prendere l’uscita Ospitaletto. Continuare lungo la SP19 in direzione Concesio-Valcamonica-Paderno-Lumezzane. In prossimità di Rodegno-Saiano svoltare sulla SS510/SP510 verso Edolo-Valcamonica, continuare ancora per Pian Camuno, e poi sulla SS42 fino a Bienno

DOVE MANGIARE

*Ristorante Victoria, via Mazzini 45, Bienno (BS), tel 0364/40589, www.victoriabienno.it

*La Caldera dei Noscent, via Fontana 3, Bienno (BS), tel 0364/300474, www.lacalderadenoscent.com

DOVE DORMIRE

*Hotel Oasi Verde***, via dei Tornanti 4, Prestine (BS), tel 0364/300813, www.hoteloasiverde.it

*Hotel Belvedere, Loc Campolaro 1, Prestine (BS), tel 0364/300649, www.albergobelvederedifantilara.it

DOVE COMPRARE

*Pasticceria Quadretto, via Contrizio 32, Bienno, tel 0364/406051. Nel centro storico del borgo, offre i dolci tipici della tradizione, tra cui spongade e biscotti.

*Al Mulino, via Ripa 125, Bienno, tel 0364/300561. Qui si possono trovare prodotti tipici locali, tra cui casoncelli di produzione propria, formaggi e salumi.




Un weekend ad Anghiari, tra storia e sapori della Valtiberina toscana

Ad Anghiari, borgo dal fascino antico che sorge nella Valtiberina Toscana, in provincia di Arezzo, il Medioevo è ancora vivo tra le mura di cinta del Duecento che portano ancora addosso i segni delle incursioni e degli assesi, nel labirinto di vicoli che invitato a perdersi nell’atmosfera lenta e fascinosa.

La città è stata resa celebre dall’opera di Leonardo da Vinci “La Battaglia di Anghiari”, andata perduta, che raffigura la battaglia combattuta il 29 giugno 1440 tra i Fiorentini e i Milanesi e che vide i toscani prevalere sulle truppe viscontee. Ogni anno, il 29 giugno, si rievocano quelle vicende nel suggestivo Palio della Vittoria.

“Ricette di Viaggio” ha scelto questo borgo, annoverato tra “I più belli d’Italia” e insignito della Bandiera Arancione del Touring Club, per suggerirvi una meta weekend, all’insegna della storia e dei buoni sapori toscani.

Quattro passi nel borgo antico

Assaporiamo le atmosfere medievali cominciando il nostro itinerario con una visita al borgo antico, che si affaccia su uno sperone panoramico che domina la Valtiberina, tra case in mattoni, strade lastricate e palazzi rinascimentali. I primi ad arrivare qui, e a cui si deve lo sviluppo originario del borgo, furono i monaci Camaldolesi, nell’XI secolo.

Tra il XII e il XIII secolo avviene invece la costruzione dell’imponente cinta muraria, a cui si accedeva alla città attraverso tre porte: Sant’Angelo, San Martino e Fiorentina. Il nostro percorso di visita parte invece da Piazza Mameli, un tempo piazza del Borghetto.

Qui si affacciano Palazzo del Marzocco e Palazzo Teglieschi, che ospitano due musei che valgono senz’altro una tappa. Nel primo troviamo il Museo della Battaglia di Anghiari (www.battaglia.anghiari.it) che ripercorre la vicenda storica e artistica del dipinto “perduto” di Leonardo da Vinci oltre che al fatto storico di cui la città è stata teatro. Le collezioni archeologiche consentono di comprendere la storia del borgo dalla Preistoria, all’Età Romana al Medioevo, e termina con una sezione dedicata alle antiche armi da fuoco, arte in cui Anghiari era famosa.

Il Museo Statale di Palazzo Teglieschi (www.sbappsae-ar.bebniculturali.it ) si trova invece all’interno di un palazzo rinascimentale ed è disposto su quattro livelli. A pian terreno si possono ammirare frammenti architettonici e di affreschi del Trecento e Quattrocento, che testimoniano l’importanza del culto mariano in Valtiberina. Al piano nobile, invece, è custodito il capolavoro di Jacopo della Quercia del 1420 Madonna con Bambino.

Seguendo il perimetro delle mura arriviamo poi in Piazza Baldaccio. Da qui saliamo fino alla Chiesa di Santa Maria della Grazie per ammirare l’Ultima Cena di Giovanni Antonio Sogliani, del 1531. Salendo ancora, giungiamo invece a Piazza del Popolo, su cui si affaccia il Palazzo Pretorio, sede del Comune, le cui origini risalgono al Trecento. Uscendo invece dal circuito delle mura, oltrepassiamo la Galleria Girolamo Magi per visitare il complesso settecentesco di Palazzo Corsi, che include le sedi della Biblioteca e dell’Archivio Comunale, il Teatro e una cappella votiva.

Il fascino senza tempo delle Botteghe d’arte

Anghiari è famosa per la sua produzione artigiana, le cui origini coincidono con quelle della fondazione della città. Furono gli abati camaldolesi, infatti, che tra il XII e il XIV secolo incentivarono il lavoro di vasai, tessitori, calzolai, mugnai, pietrai e armaioli. Successivamente, si affermarono anche le produzioni di ferro battuto e armi da fuoco, i cui pezzi oggi fanno parte di importanti collezioni private e di musei nazionali e internazionali.

Tra le attività in cui la città eccelleva c’erano anche quelle dei lanifici, della concia delle pelli, dei fabbri ferrai, dei cestai e dei tintori. Ancora oggi, Anghiari è famosa in tutta Italia per il suo antiquariato, in particolare del mobile antico, una peculiarità sviluppatasi grazie all’abile maestria dei restauratori del mobile.

L’arte dei maestri di Anghiari oggi si può scoprire nelle botteghe di artigianato artistico che vivacizzano le vie del borgo. Chi, invece, si decidesse di visitare la città alla fine di Aprile, potrà fare un salto alla Mostra Mercato dell’Artigianato della Valtiberina Toscana.

La ricchezza enogastronomica

Da Anghiari passa la Strada dei Vini e dei Sapori della Valtiberina Toscana (www.stradadeisaporivaltiberina.it) che unisce più di novanta realtà tra aziende agricole, strutture ricettive, artigiani, commercianti, enti e comuni, dislocati lungo 155 km della Valle del Tevere, dove la provincia di Arezzo confina con la Romagna, l’Umbria e le Marche.

Nel “paniere” troviamo la celebre carne di Chianina, l’Olio della Valtiberina, il Prosciutto del Casentino Dop, gli ottimi formaggi di capra, ma anche funghi, tartufi, castagne, miele e prodotti dell’orto.

Tra i piatti tipici della cucina aretina troviamo invece la polenta, condita con sughi a base di carne, cacciagione o funghi. Tra i primi piatti ci sono gli gnocchi del Casentino, i tortelli di patate rosse di Cetina, la zuppa di Tarlati e i bringoli di Anghiari, di cui vi proponiamo la ricetta.

Tra i secondi, non può mancare la tagliata di chianina, i grifi all’aretina, un piatto che utilizza parti del muso del vitello che vengono cotte in umido con una salsa di pomodoro, spezie e odori. Tra i dolci, troviamo invece il Gattò aretino, dalla forma di tronchetto, che viene farcito con crema, cioccolato e imbevuto nell’Alchermes.

BRINGOLI AL SUGO FINTO DI ANGHIARI

Sono il piatto tipico del borgo di Anghiari. Le sue origini sono contadine, testimoniate dalla semplicità degli ingredienti della pasta, spaghetti grossi e rustici, e dal sugo “finto”, poiché privo di carne, considerata un ingrediente costoso.

Ingredienti

Per la pasta

  • 350 gr di farina
  • Acqua
  • Sale

Per il sugo

  • 500 gr di pomodori freschi o pelati
  • 170 gr di cipolla
  • 170 gr di carote
  • 130 gr di sedano
  • 5 cucchiai di olio extravergine di oliva
  • Una spruzzata di vino rosso
  • Sale e pepe

Preparate i bringoli mescolando acqua, sale e farina. Impastate fino a ottenere un impasto omogeneo. Ricavatene dei pezzetti e tirateli a mano sulla spianatoia realizzando degli spaghetti molto grossi. Mettete poi i bringoli ad asciugare su un vassoio cosparso di farina e lasciate seccare. Nel frattempo, preparate il sugo sminuzzando il sedano, la carota e la cipolla con una mezzaluna. Mettete a soffriggere le verdure nell’olio EVO. Quando la cipolla comincerà ad appassire unite una spruzzata di vino rosso e fatelo evaporare. A questo punto aggiungete anche i pomodori tagliati a pezzetti. Aggiustare di sale e di pepe e lasciate cuocere per circa 30/35 minuti. Lessate i bingoli in abbondante acqua salata, scolateli e condite con il sugo “finto”.

COME ARRIVARE

In auto: da Nord, Autostrada del Sole A1, poi continuare sull’A14, uscire a Cesena Nord e seguire in direzione prima di Ravenna, poi di Cesena Nord. Continuare sulla SS3 Bis/E45, uscire a San Sepolcro e continuare sulla SS73 fino a Santa Fiora, poi seguire le indicazioni per Anghiari.

Da Sud: prendere l’A1, uscire a Orte, poi seguire per Cesena e continuare sulla SS204, poi sulla SS675 in direzione di Cesena. Continuare sulla SS3 Bis/E45, uscire a San Sepolcro, poi continuare sulle SS73 in direzione di Arezzo, passare Santa Fiora e proseguire per Anghiari

DOVE MANGIARE

*Cantina del Granduca, Piazza Mameli 13, Anghiari, tel 0575/788275

*Locanda al Castello di Sorci, via San Lorenzo 25, Anghiari, tel 0575/789066, www.castellodisorci.it

DOVE DORMIRE

*Hotel La Meridiana, Piazza 4 novembre, Anghiari, tel 0575/788102, www.hotellameridiana.it

*Agriturismo Val della Pieve, via della Fossa 8, Anghiari, tel 0575/788593, www.agriturismovaldellapieve.it

DOVE COMPRARE

L’Olio della Valtiberina: Antico Frantoio Ravagni, Loc Ravagni 4, Anghiari (AR), tel 0575/789244. Punto vendita: Piazza Matteotti 79, Anghiari. www.anticofrantoio.it

I formaggi: ABCheese, loc Toppole 25, Anghiari, tel 0575/788103, www.valledimezzo.com

INFO

Ufficio Turistico – Pro Loco Anghiari, Corso Matteotti 103, Anghiari (AR)

tel 0575/749279 – www.anghiari.it




SAPPADA, Carnevale con maschere di legno e Ricette di Mohnkrapfen

Dal 2007 mantiene ben saldo il marchio di qualità del Touring Club “Bandiera Arancione”, confermato anche per quest’anno. Ma Sappada, Plodn in dialetto tedesco sappadino, può vantare un’altra peculiarità: nel novembre 2017, dopo una “battaglia” durata dieci anni, ha ottenuto di poter passare dalla provincia di Belluno, in Veneto, a quella di Udine, in Friuli Venezia Giulia, dopo una “lontananza” di 165 anni.

Questo comune di 1322 abitanti, situato tra Cadore e Carnia, in un paesaggio dolomitico di rara bellezza, tra cime fiabesche, boschi di conifere e valli attraversate da corsi d’acqua cristallina, è anche un’isola linguistica germanofona e importante stazione turistica sia invernale che estiva.

Perché visitarla proprio in questo periodo? Per il suo Carnevale, una tradizione antica e molto sentita, con peculiarità uniche. Tra queste ci sono le maschere, vere e proprie opere d’arte che valorizzano l’arte di intagliare il legno a mano, di questa valle. Le maschere sono realizzate in modo da coprire totalmente il volto di chi li indossa. La tradizione vuole, infatti, che durante i giorni del Carnevale sappadino la maschera non venga mai tolta e si possano improvvisare scherzi e scenette, magari “vendicandosi” di piccoli torti subiti, senza svelare la propria identità.

Anche la voce viene alterata dalla maschera di legno, in modo da rendere ancora più difficile il riconoscimento di chi la porta. C’è poi tutta una tradizione teatrale, con frasi studiate apposta in dialetto sappadino.

Il Rollate

Il simbolo del Carnevale di Sappada è il Rollate, il cui nome deriva dalle rolln, pesanti sfere di ferro indossate in vita con una catena. Il suo aspetto è a metà tra uomo e orso. Di alta statura, indossa una pelliccia con cappuccio e pantaloni a righe, confezionati con la hile, una tela utilizzata per ricoprire gli armenti durante il periodo invernale. Ai piedi indossa pesanti scarponi ferrati, mentre sul volto porta una maschera in legno dall’espressione austera e severa, per ricordare la “rudezza” degli uomini di montagna.

In mano brandisce una scopa, che spesso utilizza in modo scherzoso o minacciosa. Una curiosità: se il Rollate è sposato, al collo indossa un fazzoletto rosso, se “libero” ne indossa uno bianco.

L’origine di questa maschera è molto antica, e risale ai riti agresti di protezione delle messi e dei contadini. In passato, il travestimento veniva anche utilizzato per “sanare” antichi rancori e regolare qualche conto rimasto in sospeso. Oggi, invece, il Rollate apre simbolicamente il corteo carnevalesco.

Il calendario del Carnevale

La tradizione, poi, vuole che ognuna delle tre domeniche di festa che precedono la Quaresima sia dedicata a un ceto sociale. Lo scorso 28 gennaio, in Borgata Cima Sappada si è celebrata la Domenica dei Poveri (Péttlar), che vuole che si indossino abiti sporchi e trasandati e maschere dall’espressione triste. Domenica 4 febbraio sarà invece, nella Borgata Kratten, è stata la volta della Domenica dei Contadini (Paurn), per celebrare la forte tradizione agricola alpina.

L’8 febbraio, Giovedì Grasso, dalle 14.30, i Rollate sfileranno per le vie del borgo con partenza da Borgata Cimasappada. Domenica 11 febbraio si festeggia invece la Domenica dei Signori (Hearn) con maschere che, attraverso i loro abiti riccamente decorati, ricordano la classe più abbiente. La sfilata parte da Borgata Granvilla.

Lunedì 12 febbraio, è ancora la volta dei Rollate, mentre Martedì Grasso, 13 febbraio, il Carnevale si chiude con una divertente gara di sci in maschera per grandi e piccini. La premiazione è prevista in località Campetti-Nevelandia. Durante tutto il periodo di Carnevale, poi, si tiene anche il corso di intaglio di maschere giunto alla sua 21 esima edizione.

I sapori di Sappada

La cucina di Sappada è quella tipica di montagna, fatta di antipasti corposi a base di salumi e formaggi di malga. Tra i primi piatti spiccano i gustosi gnocchi alle erbette e, soprattutto, i canederli, le sfiziose “palle” di pane raffermo, uova e speck montanaro, ma disponibili anche in fantasiose varianti con patate, ricotta, spinaci, e rape rosse. Tra i secondi, domina la carne, selvaggina soprattutto, accompagnata da contorni di funghi.

Da non perdere i dolci, tra cui la Torta di Rose, il Dolce alle Mele e, durante il periodo di Carnevale, le Orecchiette di Coniglio, i Crostoli  e i Mohnkrapfen, deliziosi tortelli ripieni e fritti, che vengono distribuiti dai Rollate durante le sfilate. E se volete provarli, ecco, di seguito, la nostra ricetta.

Mohnkrapfen

Ingredienti

  • 500 gr di farina
  • 2 uova
  • ¼ di litro di latte tiepido
  • 200 ml di olio di semi di girasole
  • 1 pizzico di sale

Per il ripieno

  • 125 gr di semi di papavero macinati
  • 40 gr di pangrattato
  • 30 gr di miele
  • 50 gr di zucchero
  • ½ bicchiere di latte
  • Scorza di limone
  • 1 cucchiaino di cannella
  • 1 mela piccola grattugiata
  • Olio di arachidi per friggere

Amalgamate bene insieme gli ingredienti per la pasta fino a ottenere un composto liscio e omogeneo. Lasciate riposare sotto a uno strofinaccio per circa 1 ora. Nel frattempo, preparate l’impasto facendo bollire nel latte i semi di papavero macinati con il miele e lo zucchero. Aggiungete anche il pangrattato, la scorza di limone grattugiata, la cannella e, per ultima, la mela grattugiata. Lasciate raffreddare. Stendete la pasta fino a ricavare una sfoglia sottile. Con un tagliapasta ricavate dei quadrati di circa 10 cm di lato. Mettete al centro di ognuno un cucchiaio di ripieno, poi ripiegate i quadrati su se stessi premendo bene i bordi. Metteteli poi a friggere nell’olio bollente. Scolateli e serviteli con una spolverata di zucchero a velo.

INFO

www.sappadadolomiti.com

COME ARRIVARE

In auto: chi arriva dal Veneto può prendere l’A27 Mestre Belluna con uscita Longarone, poi si continua per Pieve di Cadore. In prossimità di Auronzo di Cadore prendere la deviazione per Santo Stefano e seguire per Sappada. Chi arriva dal Friuli Venezia Giulia, A28 Palmanova-Tarvisio, uscire al casello di Carnia-Tolmezzo, poi continuare sulla SS52 in direzione di Ovaro-Rigolato – Forni Avoltri. Seguire indicazioni per Sappada.

DOVE MANGIARE

*Agriturismo Zaine¸B.ta Soravia 32, Sappada, tel 0435/66057 – 327/7754978, www.agriturismozaine.it

*Ristorante Pisa Nera, B.ta Palù 98, tel 0435/469760, www.baitapistanera.it

DOVE DORMIRE

*Hotel Haus Michaela****, Borgata Fontana 40, Sappada, tel 0435/469377, www.hotelmichaela.com

*Hotel Corona Ferrea***, Borgata Kratten 11, Sappada, tel 0435/469103, www.corona-ferrea.it/




A Étroubles per il carnevale della “Coumba Freida”

Nel periodo di Carnevale, sono molte le manifestazioni che si svolgono in tutta Italia, ognuna con le sue tradizione e caratteristiche. Abbiamo scelto per voi lo storico carnevale della Coumba Freida, che si tiene ogni anno, nei giorni di Giovedì e Venerdì Grasso, (l’8 e 9 febbraio), ne borgo medievale di Étroubles , in provincia di Aosta, un piccolo gioiello incluso sia nei Borghi più Belli d’Italia che nei borghi Bandiera Arancione.

Le maschere e i costumi della Coumba Freida evocano il passaggio dell’esercito di Napoleone del maggio del 1800, durante la campagna d’Italia. I vestiti, chiamati landzette sono caratterizzati da nastri e paillettes e richiedono una lunga preparazione.

La manifestazione comincia la mattina del Giovedì Grasso, quando le maschere si radunano all’interno di una casa. Al suono di una fisarmonica e di un sax inizia ufficialmente il Carnevale. La “benda” comincia a sfilare il primo giorno nelle frazioni più basse del borgo, il secondo in quelle alte, accompagnata da canti e balli.

Il corteo si apre con un portabandiera, seguono i musicisti, poi un Arlecchino e una demoisella. È poi la volta elle tipiche landzette, che sfilano a due a due giocando e scherzando con i passanti. Ci sono anche il Diavolo con il suo forcone, che si diverte a infastidire la gente, l’Orso e la coppia formata da toque e dalla tocca, due anziani dagli abiti singolari.

Un viaggio nella storia

Le manifestazioni carnevalesche sono anche una buona occasione per visitare un borgo di rara bellezza, con un patrimonio storico inestimabile. Situato a metà tra la Valle del Gran San Bernardo e la Svizzera, in posizione strategica per i pellegrini che percorrevano la via Francigena, fin dal Medioevo ha presieduto una delle più importanti vie di comunicazioni del nord, finché, a fine Ottocento, non ha scoperto la sua vocazione turistica.

Oggi il borgo conserva il suo impianto medievale ed è interamente pedonale, con strade strette di ciottoli e fontane da cui sgorga acqua freschissima, proveniente dal monte Vélan. Le casette in legno in stile valdostano spiccano per i balconi colorati e i tetti spioventi.

Merita una visita la bella chiesa parrocchiale ottocentesca, che conserva al suo interno il Trésor de la Paroisse, una raccolta di oggetti sacri di epoca compresa tra il XIV secolo e oggi. Il campanile, invece, risale alla fine del Quattrocento. Nella vicina frazione di Vachéry invece, si trovano le vestigia di una torre del XII secolo, costruita su fondamenta romane.

Da vedere anche la prima latteria turnaria della Valle d’Aosta, risalente a metà Ottocento e oggi trasformata in museo. Qui si trova anche la Centrale Bertin, la prima centralina elettrica della Valle del Gran San Bernardo e l’ultimo degli antichi forni utilizzati per la cottura del pane nero

Le bellezze nei dintorni del borgo

Nelle piccole frazioni sparse tra i campi si possono ammirare anche cinque cappelle: la settecentesca cappella Bezet decorata con affreschi, la cappella di Echevennoz del Quattrocento, con i suoi muri dipinti, la cappella di Eternod ricostruita su una precedente del seicento, Vachèry, del 1509, ma ristrutturata nel 1999 con il suo altare ligneo settecentesco, e Saint Roch, che sorge vicino al cimitero.

Grazie al progetto À Etroubles, avant toi sont passés, poi, è possibile ammirare un percorso artistico di opere e sculture di artisti di fama internazionale che sono esposte tutto l’anno tra il borgo e la natura circostante.

Il prodotto tipico di queste vallate, assolutamente da non perdere, è la Fontina DOP, realizzato con latte intero di mucche valdostane. Nelle trattorie e nei ristoranti si possono invece gustare il caratteristico pane nero di segale e frumento, la seuppa fréida, grigliate di carne, e i golosi dolci a base di lamponi cresciuti nei boschi locali. Durante il Carnevale, invece, vi consigliamo i panzerotti alla marmellata valdostana, che potete preparare anche voi seguendo la nostra ricetta.

Panzerotti valdostani alla marmellata

Ingredienti

  • 200 gr di farina
  • 200 gr di patate
  • 20 gr di lievito di birra
  • 150 gr di burro fuso
  • 60 gr di zucchero
  • Latte tiepido
  • Sale
  • Marmellata di gusti a piacer

Mettete a lessare le patate con la buccia. Poi scolatele, sbucciatele ancora calde e passatele nello schiacciapatate. Sciogliete il lievito di birra nel latte tiepido, poi aggiungetelo alla farina e alle patate schiacciate. Unite anche l’uovo, lo zucchero, un pizzico di sale e il burro fuso. Impastate e formate una palla, poi mettetela a lievitare sotto a un tovagliolo per circa un’ora in un luogo tiepido. Stendete poi la pasta con il mattarello, poi ricavatene dei quadretti. Mettete al centro di ognuno mezzo cucchiaio di marmellata, chiudete i quadretti formando delle mezzelune. Disponeteli su una teglia imburrata e infarinata e lasciateli lievitare per altri 30 minuti. Spennellate i panzerotti con il tuorlo di un uovo sbattuto con un cucchiaio di latte freddo e metteteli a cuocere per circa 30 minuti in forno preriscaldato a 180°.

INFO

www.comune.etroubles.ao.it

COME ARRIVARE

In auto: Si raggiunge prima Aosta. Da Torino, prendere l’A5 in direzione di Aosta con uscita Aosta Est. Da Milano A4 imboccando il raccordo a Santhià in direzione di Aosta. Dal capoluogo, prendete la SS 27 in direzione della Valle del Gran San Bernardo. Étroubles si trova a circa 16 km dal capoluogo.

DOVE MANGIARE

*Ristorante Croix Blanche, Route Nationale G.s.B 10, tel 0165/78328. www.croixblanche.it

*Trattoria Le Vieux Bourg, Rue Albert Deffeyes 22, tel 0165, 789642

DOVE DORMIRE

*Hotel Beau Sejour***, Route Nationale G.s.B 3, tel 0165/789907, www.beausejour.it

*Hotel Col Serena***, Rue des Vergers 5, tel 0165/78218, www.hotelcolserena.com




Avesa, nei giardini di Villa Scopoli

Un gioiello tutto da scoprire è Villa Scopoli, che si trova nell’antico borgo di Avesa, ad appena 2 km da via Goffredo a Mameli a Verona. Il complesso, che vanta ottocento anni di storia comprende la casa padronale, circondata dalla campagna che si estende dalle pendici del colle al fondovalle, un rigoglioso giardino, un brolo e una splendida peschiera, alimentata dalle acque del fiume Lorì.

La villa deve il suo nome a Ippolito Scopoli, che l’acquistò nel 1849. Tuttavia, le origini di questo luogo unico risalgono al XIII secolo, quando qui era sorto un monastero camaldolese attorno alla chiesa della Camaldola. Dal XVI secolo si trovano documenti che attestano la presenza di un giardino ben curato dai monaci guidati da frate Ventura Minardi.

Nel 1598, il complesso passa alla nobile famiglia veronese dei Del Bene di Sant’Eufemia che costruiscono la villa sul precedente edificio trecentesco e, soprattutto, ampliano il giardino rendendolo uno dei più belli esempi di giardino rinascimentale del veronese. Nel 1849 la proprietà passa a Ippolito Scopoli, che realizza la passeggiata romantica che si snoda lungo le pendici della collina. Nel 1994, grazie a un lascito della contessa Laura Spropoli, la villa passa alla Pia Società di Don Nicola Mazza.

Oggi, la villa è abitata dagli attuali proprietari, ma si può visitare il giardino (intero € 3,50, ridotto € 2, ragazzi fino a 12 anni e over 65 gratis), ammirando la peschiera seicentesca dove nuotano le anatre e le carpe, e il viale dei cipressi che sale fino alla collina. Qui, tra la vegetazione spontanea tra carpini e roverelle, sambuchi e alberi di Giuda, erbe spontanee e monumenti realizzati dall’uomo vivono scoiattoli, faine, gatti selvatici, ricci, volpi, rondini, passeri e cuculi. Una parte del parco fa parte di un’azienda agricola che ha adibito la parte pianeggiante a orti e frutteti e la parte collinare a viti e ulivi.

Golosità veronesi

I dolci del veronese non sono solo buoni, ma storici! Nel capoluogo, infatti, è nato il celebre Pandoro, creazione del pasticcere Domenico Melegatti del 1894. Da sempre antagonista del panettone, con cui si contende le tavole natalizie italiane, deve il suo nome “pane d’oro” a un omaggio che il suo creatore volle fare agli antichi pani delle ricche famiglie veneziane, che venivano decorati con sfoglie dorate.

Il pandoro ha tuttavia, un antenato nel Nadalin, dolce della tradizione contadina a forma di stella a cinque punte ricoperta di mandorle croccanti e zucchero, che ancora oggi si può trovare nelle pasticcerie. Nel periodo di Carnevale, invece, si preparano le fritole, frittelle che si possono preparare con il riso, la polenta, le patate o le mele, farcite con crema pasticcera, cioccolato, marmellata o lasciate a naturale.

La Torta di Verona, o Torta Russa ha la tipica forma che ricorda un colbacco ed è a base d pasta sfoglia farcita con un impasto di mandorle e amaretti. Da non perdere anche le Sfogliatine di Villafranca, dolci soffici e fiabili diffusi in tutta la provincia, la cui origine risale alla fine dell’800. I risini sono invece una specie di bigné di pasta frolla ripiena con un impasto di riso dolce alla vaniglia, ma disponibile anche in diverse fantasiose, e golose, varianti. Di seguito vi proponiamo invece la ricetta della Torta di Paparele, altro goloso dolce della tradizione scaligera.

Torta di paparele

È un dolce tipico del veronese caratterizzato dalla tipica forma a strati, che alterna le tagliatelle a un composto di mandorle.

Ingredienti

  • 320 gr di farina bianca
  • 200 gr di zucchero
  • 200 gr di burro
  • 3 uova
  • 150 gr di mandorle dolci tostate
  • 50 gr di mandorle amare tostate
  • Scorza grattugiata di 2 limoni
  • 20 ml di liquore dolce
  • 1 pizzico di sale

Preparate prima le “paparele” mescolando la farina, e uova, 50 gr di burro fuso e un pizzico di sale. Tirate una sfoglia sottile e lasciate riposare finché non si sarà asciugata. Nel frattempo, tritate insieme le mandorle dolci e quelle amare, aggiungete la scorza di limone e lo zucchero. Tagliate poi la pasta a striscioline sottili, ricavando così le “paparele”. Prendete uno stampo per dolci, imburratelo e infarinatelo. Stendete un primo strato di “paparele”, poi uno di mandorle e ripetete l’operazione alternando gli strati fino a raggiungere l’altezza desiderata. L’ultimo strato deve essere di “paparele”. Fondete 150 gr del burro e mescolatelo al liquore, poi ricoprite la torta con il composto. Infornate per circa 45 minuti in forno preriscaldato a 170°C.

COME ARRIVARE

In auto: Da Milano, A4 in direzione Verona, uscita Verona Nord, poi SS12 in direzione di Avesa. Da Bologna, A14 Adriatica poi proseguire su A1/E35 e A22 in direzione della SS12 a Verona. Uscita Verona Nord. Continuare su SS12 in direzione di via Podgora e Avesa. Da Roma, A1 in dir. E35 da via Salaria, continuare su E35. Poi A1 e A22/E35 in direzione di SS12 Verona. Uscita Verona Nord, poi continuare su SS12 in direzione via Podgora e Avesa

DOVE MANGIARE

*Trattoria Amarone, via Campagnetta 9A, Avesa (VR), tel 045/913727.

*Antica Trattoria da Milio, via Benini 2, Avesa (VR), tel 045/9236652, www.anticatrattoriadamilio.it.

 DOVE DORMIRE

*B&B Casa Magnani, via Messer Ottonello7, Avesa (VR), tel 338/4022579, www.casamagnani.it

*La Camaldola B&B, via Camaldola 1, Verona, tel 349/4287867.

DOVE COMPRARE

*Pasticceria Cordioli, via Cappello 39, (VR), tel 045/8003055, www.pasticceriacordioli.com

INFO

www.associazionevillascopoli.it