Il Parmigiano Reggiano fa bene all’intestino. Lo dice una ricerca pubblicata su Nature

Il Parmigiano Reggiano è il formaggio che tutto il mondo ci invidia (e ci imita, con i nomi più strampalati e fantasiosi, primo tra tutti l’irriso Parmesan), ma ora una ricerca coordinata dal professor Marco Ventura e dalla professoressa Francesca Turroni dell’Università di Parma, pubblicata sulla prestigiosa rivista Nature Communications, ha dimostrato che il “Re dei Formaggi” non solo svolge un ruolo nutrizionale importante nell’ambito della dieta, ma arricchisce anche il microbiota, cioè la “comunità di microbi” presente nell’intestino umano, con effetti benefici sulla salute.

Si tratta del primo studio che ha rilevato in maniera molto dettagliata la composizione delle comunità batteriche presenti nel Parmigiano Reggiano, rilevando la presenza di specie di batteri benefici presenti in tutta la produzione, sia di differenze legate al sito di produzione.

Ricordiamo, infatti, che la produzione di Parmigiano Reggiano DOP è strettamente legata alla zona di origine, stabilita per disciplinare nelle province di Parma, Reggio Emilia, Modena, Bologna e sinistra del fiume Reno e Mantova nell’area a destra del Po. A farne un prodotto unico al mondo, con un passato secolare, è anche questo microclima ideale.

Sono 330 i caseifici che lo producono, senza aggiungere additivi e conservanti e senza sottoporre il latte impiegato ad alcun trattamento termico, che non solo conserva i batteri benefici presenti, ma contribuisce a trasmettere al prodotto finale il sapore e il profumo dei foraggi assunti dalle mucche.

A ciò si aggiunge la scoperta evidenziata dallo studio: i batteri benefici presenti nel latte vaccino vengono trasmessi all’uomo attraverso l’assunzione di Parmigiano Reggiano. Tra questi ceppi batterici ci sarebbero alcune specie di bifidobatteri, microrganismi probiotici in grado di correggere e arricchire il microbiota intestinale umano.

La ricerca apre la porta a ulteriori studi sui cosiddetti “batteri degli alimenti”, cioè quella tipologia di batteri presenti in alcuni cibi e legati alla loro origine ambientale e alla possibilità di essere trasmessi all’uomo attraverso la filiera alimentare. Non solo, lo studio specifico sul Parmigiano Reggiano spinge ad approfondire come, considerato il ruolo centrale dell’intestino e del suo benessere per quello di tutto l’organismo, si possano ottenere da questo prezioso alimento ulteriori effetti benefici per la salute.

INFO: www.parmigiano-reggiano.it




Una tazzina di caffè al giorno allunga la vita

Una buona notizia per gli italiani, che hanno fatto di questa bevanda un rito irrinunciabile e un fenomeno culturale, per tutti gli amanti del caffè del mondo e non solo. Anche per i viaggiatori, per chi percorre chilometri per raggiungere la meta preferita, la pausa caffè o il termos sono decisamente un must.

Chi consuma caffè riduce il rischio di mortalità per una serie di cause come ad esempio malattie cardiovascolari, ictus e problemi di fegato: questo è in sintesi ciò che due recenti studi statistici dimostrano associando il caffè, anche decaffeinato, e l’allungamento della vita, senza però stabilire la causa degli effetti benefici del suo consumo.

Entrambi gli studi sono stati pubblicati sulla rivista Annals of Internal Medicine. Nel primo Veronica Wendy Setiavan della Keck School of Medicine della University of Southern California dimostra che bere una tazza di caffè (americano, non espresso) al giorno diminuisce del 12% il rischio di mortalità per tutte le cause (disturbi cardiaci, cancro, ictus, diabete, problemi respiratori e renali), berne tre o più lo fa diminuire del 18%. Gli effetti benefici sono correlati agli antiossidanti e ai composti fenolici della bevanda che hanno un ruolo importante nella prevenzione dei tumori. La ricerca si basa sull’analisi del comportamento di 21500 soggetti adulti di età compresa tra i 45 e i 75 anni.

Il secondo studio è firmato da 48 ricercatori da tutto il mondo. Il professor Elio Riboli, direttore della School of Pubblic Health dell’Imperial College di Londra, è il coautore della ricerca e Marc Gunter, epidemiologo dell’International Agency for Research on Cancer, ne è il coordinatore. Prima su larga scala in Europa, l’analisi associa l’assunzione di caffè al ridotto rischio di morte per problemi circolatori o digestivi. Secondo lo studio bere più caffè riduce i tracciatori delle infiammazioni e migliora i tracciatori delle funzioni epatiche. Lo studio è stato condotto sulle abitudini di più di mezzo milione di europei.

I risultati di queste scoperte non devono farci pensare al caffè come elisir di lunga vita, serve sempre prudenza e moderazione. La cosa certa è che bere qualche tazzina in più (senza superare le cinque al giorno) potrebbe darci qualche beneficio. Una caratteristica curiosa è che i suoi benefici non derivano dalla caffeina: sembrano sia altre le sostanze contenute nel caffè ad avere l’effetto salutare, per la fortuna dei consumatori del dec.