I 10 paesaggi invernali più belli del mondo

La neve trasforma i paesaggi donando loro una veste insolita e affascinante. Ma vi siete chiesti quali sono i paesaggi invernali più belli del mondo? Noi sì. E vi diciamo la nostra nella nostra TOP 10 della settimana. Ecco, allora, secondo noi quali sono.

1. Dolomiti (Italia)

Perdonateci la vena patriottica, ma secondo noi al primo posto tra i paesaggi innevati più belli del mondo ci sono le nostre meravigliose Dolomiti. Dichiarate dall’UNESCO Patrimonio dell’Umanità nel 2009, questa catena montuosa situata a nord est della nostra penisola vanta una storia antichissima. Le rocce infatti, si sono formate ben 250 milioni di anni fa grazie all’accumulo di conchiglie e coralli sul fondo di quello che allora era un grande oceano che ricopriva la maggior parte della superficie terrestre. Il risultato sono rocce di colore chiaro, sulle quale si riflettono i raggi del sole che regalano tramonti rossi e rosati che si vedono solo qui. Senza contare la varietà di paesaggi unici, tra laghi cristallini, guglie scolpite dal vento, vallate ammantate di neve su cui sono disseminate baite e paesini, ma anche località diventate famose in tutto il mondo, come Cortina d’Ampezzo, Corvara o la Val Gardena.

2.Parco Nazionale di Banff (Canada)

Tra le meraviglia della natura in inverno annoveriamo anche il Parco Nazionale di Banff, situato nella provincia dell’Alberta, in Canada. Anch’esso Patrimonio dell’Umanità UNESCO dal 1984, è situato nel cuore delle Montagne Rocciose Canadesi, a 150 km da Calgary e si estende su una superficie di 6641 kmq. Il suo territorio è caratterizzato da ghiacciai, guglie, foreste di conifere e paesaggi alpini che in inverno assumono un aspetto da fiaba. È uno dei parchi nazionali più visitati del mondo per la bellezza dei suoi paesaggi. Sono circa 3 milioni i turisti di tutto il mondo che ogni anno arrivano qui per ammirarli in tutte le stagioni. Il parco, infatti, è percorso da una fitta rete di sentieri che consente di ammirarlo a piedi, in bici o a cavallo. In estate, poi, si possono anche fare immersione nei suoi laghi cristallini.

3.Isole Svalbard (Norvegia)

Il loro nome significa “costa fredda”. Infatti, il territorio delle Isole Svalbard è interamente ricoperto dai ghiacci. Situate nel Mar Glaciale Artico, appartengono alla Norvegia e contano appena 2940 abitanti. Sono le terre abitate più a nord del pianeta Terra. Tuttavia, le isole sono toccate da una corrente nord atlantica che ne mitiga il clima artico e mantiene le acque circostanti navigabili per gran parte dell’anno. Il principale centro è Longyearbyen, da cui partono le escursioni in barca e da dove si possono organizzare anche quelle per ammirare i ghiacciai. I paesaggi delle Svalbard sono caratterizzati infatti da maestose cime dai ghiacci perenni, grandi iceberg che galleggiano sull’acqua e una fauna affascinante, tra cui orsi polari, balene, foche, trichechi, l’elusiva volpe artica e la renna delle Svalbard. Tra le mete più affascinanti ci sono i villaggi “dimenticati” di Pyramiden, dove si trova il ghiacciaio Nordenskjöldbreen, tra i più belli del mondo, e di Barentsburg, ai confini della Terra. Senza dimenticare lo stupefacente spettacolo dell’Aurora Boreale.

4. Perito Moreno (Argentina)

Tra gli spettacoli invernali più belli della Terra c’è anche il Ghiacciaio Perito Moreno, considerato l’ottava meraviglia del mondo e terza riserva di acqua dolce del globo. Situato nel Parco Nazionale Los Glaciares, nella provincia di Santa Cruz, in Argentina, si trova a 78 km dalla località turistica El Calafete e prende il nome dall’esploratore Francisco Moreno, che lo scoprì nel XIX secolo. Si estende per 250 kmq e ha una lunghezza di 30 km. La sua particolarità è quella di essere un ghiacciaio “in movimento”. La sua lingua ghiacciata anteriore, lunga 5 km, infatti, si estende sul lago Argentino e l’avanzamento di circa 3 metri al giorno è dovuto a un cuscinetto di acqua alla base del ghiacciaio che lo tiene staccato dalla roccia. Questo gioiello della Patagonia argentina attira al suo cospetto milioni di visitatori all’anno che amano soprattutto il facile minitrekking di un’ora e mezzo. Un’altra splendida esperienza è la navigazione di un’ora e mezzo attorno al ghiacciaio per ammirare le sue spettacolari pareti di ghiaccio, alcune alte fino a 60 metri!

5. Harbin (Cina)

Capoluogo della provincia dello Heilongjiang, nella Cina nord orientale, al confine con la Siberia, Harbin è nota in tutto il mondo come la “città di ghiaccio” per il suo originalissimo e spettacolare festival, l’Harbin Ice and Snow World. Nato nel 1963, ma istituito a cadenza annuale nel 1983, il festival si svolge su una superficie di 700 mila mq da dicembre a febbraio, quando le temperature si mantengono sotto ai -20°C. Qui arrivano artigiani, scultori e mastri proveniente da tutta la Cina per dare vita a gigantesche e spettacolari sculture di ghiaccio, tra castelli, villaggi, draghi, piramidi, sfingi, pagode e treni a vapore. All’interno di ogni scultura, poi, sono collocate delle splendide luci che si accendono appena tramonta il sole per rendere tutto ancora più magico.

6. Nagano (Giappone)

Nagano, splendida città della regione di Chubu, sull’isola di Honshu, è una delle destinazioni invernali più importanti del Giappone e la più grande stazione sciistica del Paese. Tuttavia, la zona è famosa anche per le sue sorgenti termali. A Yamanouchi, a nord della città principale, si trova il Parco delle Scimmie Jigokudani, dove poter ammirare e fotografare uno spettacolo unico al mondo: i macachi delle nevi che fanno il bagno nei laghetti termali bollenti. Spesso, poi, nelle piscine si immergono anche altri animali per riscaldarsi dalle rigide temperature. Qui, infatti, la neve è presente per quasi un terzo dell’anno. A poca distanza dal parco si trova lo splendido resort Shibu Onsen che si affaccia sulle sorgenti termali, ciascuna con proprietà diverse a seconda del contenuto di minerali. Un’altra splendida attrazione nella zona è il Castello di Mutsumoto.

7. Abisko (Svezia)

Abisko, nella Lapponia svedese, ad appena 200 km dal Circolo Polare Artico, è chiamata anche la “Capitale dell’Aurora” poiché chi si reca qui ha il 95% di possibilità di ammirare lo splendido e unico fenomeno dell’Aurora Boreale. E la ragione è la mancanza di inquinamento luminoso e l’aria secca, la più secca di tutto il paese. La città sorge nel cuore dell’omonimo Parco Nazionale e, più si sale di quota, più le luci dell’Aurora sono definite e suggestiva. Dalla Mountain Station di Abisko si trova l’osservatorio e la seggiovia più lunga di tutta la Svezia, ben 2 km, che porta alla cima del Monte di Nuolja, a 1174 metri di altezza. La stazione fornisce anche tute e stivali termini per affrontare le temperature che qui sfiorano i – 30°C. Ne vale tuttavia la pena per ammirare le “luci danzanti” che compaiono all’improvviso, cambiando dal giallo al verde, dal rosa al viola, cambiano forma e allungandosi nelle limpide notti polari. Da non perdere anche il grande lago ghiacciato e il valico “Porta dei Lapponi”, a forma di sella, che il popolo Sami attraversa insieme alle sue renne.

8. Deserto dei Gobi (Mongolia)

È l’unico luogo al mondo in cui si possono ammirare i cammelli nella neve. Il Deserto dei Gobi, il cui nome significa “luogo senza acqua” è una regione semidesertica che si estende per un terzo della superficie della Mongolia e parte della Cina del Nord. Il terreno è arido e sassoso, ricoperto di arbusti, e le dune di sabbia ricoprono solo il 3% della sua estensione. Tuttavia, quando si ricoprono di neve regalano uno degli spettacoli più belli del mondo. Qui, infatti, in inverno le temperature possono toccare i – 40°C, mentre durante l’estate i + 40°C. Da non perdere un’escursione a Tsagaan Suvarga, con le sue spettacolari formazioni calcaree ricoperte di striature colorate alte 30 metri.

9. Kirkjufell (Islanda)

Uno spettacolo della natura talmente bello da essere scelto come set cinematografico da celebri serie TV, come Games of Thrones e Vikings. Kirkjufell è sicuramente la montagna più fotografata d’Islanda. Alta 463 metri, sorge sulla costa nord, nella penisola di Snæfellsnes, vicino alla città di Grundarfjörður posta nell’ omonimo fiordo. Il nome significa “campanile” per la sua somiglianza con il campanile di una chiesa. La sua caratteristica forma a cono è dovuta all’erosione delle pareti da parte dei ghiacci. Splendide le cascate nelle vicinanze e, soprattutto le notti artiche durante le quali le luci dell’Aurora boreale danzano in cerchio vicino alla cima della montagna.

10. Midway (Utah, USA)

Chiude la nostra TOP 10 la cittadina di Midway, nello Utah, Stati Uniti. Questa piccola città di montagna in inverno si trasforma grazie ai suoi paesaggi ghiacciati e allo splendido Ice Castle, un castello di ghiaccio realizzato disponendo a mano centinaia di migliaia di stalattiti. All’interno, poi, si trovano tunnel intagliati nel ghiaccio, fontane, scivoli e molto altro ancora, illuminato da fantastici giochi di luci al LED. Da non perdere poi una visita all’Horsehead Crater, un cratere a forma di cono di rara bellezza. E, per gli amanti dello sci, ci sono le piste di Park City.




Cinque weekend per girare il mondo senza uscire dall’Italia

In un periodo difficile come quello che stiamo vivendo, in cui i viaggi all’estero sono sconsigliati e molte frontiere stanno verosimilmente per chiudere, possiamo scegliere di continuare a visitare, scoprire e ammirare la nostra bella penisola. L’Italia, infatti, da Nord a Sud vanta paesaggi variegati e affascinante, molti dei quali non hanno nulla da invidiare alle blasonate mete estere che si vedono nelle pubblicità e sulle riviste, anzi, si assomigliano proprio!

Ci avete mai fatto caso, per esempio, che il foliage alle pendici delle nostre Dolomiti e nei parchi non ha nulla da invidiare a quello del Canada o degli Stati Uniti? O che le spiagge e il mare della Sardegna sono i nostri Caraibi?

E perché andare fino ad Atene, quando la Valle dei Templi di Agrigento può ugualmente farci viaggiare nella storia?

In questo nuovo appuntamento, vi presentiamo allora le mete italiane che hanno un “gemello” all’estero. E magari, quando potremo tornare a viaggiare, ci verrà la voglia e la curiosità di visitarli entrambi.

1. Genova, sul Trenino di Casella come sul Trenino Rosso del Bernina

Salire sul Trenino Rosso del Bernina, Patrimonio dell’Umanità UNESCO, è una delle esperienze da fare almeno una volta nella vita. Ma anche Genova ha il suo trenino storico. È quello di Casella, che parte dal centro città e si addentra per 25 km tra il crinale appenninico compreso tra la Valle Scrivia e la Val Polcevera, in un territorio di rara bellezza, tra valli e boschi, ma con i primi 6 km con una splendida vista mare.

Si arriva a 458 metri di quota, con un procedere lento che non supera mai i 30 km/h e, in alcuni tratti, affronta pendenze del per mille. La ferrovia Casella, il cui progetto risale al 1907 e la costruzione al 1921, consente di raggiungere i paesi di Sant’Olcese, Casella e altri Comuni dell’entroterra. Alla stazione di Campi, poi, si intercetta il percorso escursionistico del Parco delle Mura e dei Forti, che porta al Forte Diamante e poi al Forte Righi.

Il “gemello” svizzero del trenino Casella, è il celebre Trenino Rosso del Bernina, che si muove lungo la Ferrovia Retrica, che collega l’Italia alla Svizzera, dal Comune di Tirano, in provincia di Sondrio, a St Moritz, rinomata località di villeggiatura delle Alpi svizzere frequentata dal jet set internazionale. Nel 2008, è stato inserito dall’UNESCO tra i siti Patrimonio dell’Umanità per entrambe le sue tratte, quella dell’Albula, che collega Thusis a St Moritz, inaugurata nel 1904 e lunga 67 km, tra 42 tunnel e 144 ponti e viadotti, e la tratta del valico del Bernina, di 61 km.

Quest’ultimo è annoverato tra i tratti ferroviari più alti d’Europa e tra i più ripidi del mondo, con una pendenza fino al 70% senza uso di cremagliera. Durante la sua corsa, il Trenino Rosso attraversa la Valtellina, la Val Poschiavo e l’Engandina, per poi arrivare al capolinea, nella “Montecarlo delle Alpi”.

Per saperne di più leggi qui il nostro articolo 

2. In Liguria come in Islanda per il whale watching

Non bisogna andare troppo lontano per vivere una delle esperienze più emozionanti che ci siano: l’avvistamento di balene e cetacei. Se si dice whale watching, la mente va subito al Canada o all’Islanda. Invece, i “giganti del mare” si possono ammirare anche in Liguria, cuore del Santuario dei Cetacei nato con il Progetto Pelagos negli anni Novanta.

Nel 1999 è stato ufficialmente istituito il Santuario Internazionale dei Cetacei del Mar Ligure, un’area protetta di 100 mila km quadrati che si estende tra Tolone, in Francia, Capo Falcone, nella Sardegna occidentale, e Fosso Chiarone, in Toscana. In questo tratto di mare si possono effettuare escursioni guidate per avvistare le balenottere comuni, delfini e stenelle, un delfino di piccole dimensioni. Dalla primavera all’autunno si parte per le escursioni dai porti di Camogli, Genova, Varazze, Savona, Loano, Andora, Laigueglia, Bordighera, Sanremo e Imperia. Le gite durano spesso tutta la giornata, ma le emozioni di fronte a un incontro ravvicinato sono davvero ineguagliabili.

Se invece ci si vuole ritagliare una vacanza più lunga e volare direttamente in Islanda, uno dei punti di partenza migliori per l’avvistamento di balene e delfini è Hùsavik, nell’Islanda settentrionali, nota come “la capitale europea dell’osservazione delle balene”. I tour partono dalla cittadina, che si affaccia sulla baia di Skjálfandi.

La baia costituisce un habitat particolarmente adatto per la vita dei cetacei, grazie alle particolari condizioni e all’abbondanza di nutrimento. Qui si incontrano facilmente una decina di specie, tra cui la balenottera azzurra, il più grande animale vivente al mondo.

Altre belle escursioni per avvistare i cetacei partono da Akurery, dalla penisola di Snæfellsnes e dalla capitale Reykjavík. In particolare, la penisola di Snæfellsnes è uno dei luoghi migliori per incontrare le orche, soprattutto nei mesi invernali. In queste acque si possono incontrare anche capodogli, balene Minke, balenottere rostrate, megattere, focene e diverse specie di delfini.

3. A Votigno di Canossa (RE) c’è un piccolo Tibet

Il Tibet è sicuramente uno dei paesi più affascinanti del mondo, per la sua spiritualità e per la sua travagliata storia millenaria. Non è, tuttavia, molto facile da raggiungere, tra viaggio e visti necessari per entrare. Niente paura, però, perché anche in Italia c’è un “piccolo Tibet”, dove poter sperimentale la stessa atmosfera mistica.

La Casa del Tibet  si trova a Votigno di Canossa (RE), sulle colline reggiane, ed è una struttura unica in Italia e la prima in Europa, dove visitatori e monaci possono pregare, seguire convegni, visitare il piccolo museo e prendere parte a iniziative culturali e convegni sulla cultura tibetana.

Inaugurata nel marzo del 1990 sotto gli auspici del Dalai Lama, che l’ha visitata il 25 ottobre del 1999 e in quell’occasione ha inaugurato il museo, si presenta come un borgo medievale ristrutturato. Alle antiche pietre si alternano statue del Buddha, campane, bandiere e altri simboli della cultura tibetana. A Votigno vive anche una famiglia tibetana, quelle del musicista e flautista Nawang Dhundup. Il borgo, invece, per la sua storia e il suo perfetto stato di conservazione, è incluso nei siti Patrimonio dell’Umanità UNESCO. Si può anche pernottare nel delizioso B&B.

Se, invece, volete visitare il Tibet, a emergenza sanitaria finita, non potete perdervi una visita al palazzo del Potala di Lasha, simbolo del paese, che con i suoi colori bianco e rosso domina la cima di una collina e custodisce tra le sue sale preziose statue di Budda. Imperdibile poi una visita al Tempio Jokhang, il più sacro del buddismo tibetano e meta di pellegrini provenienti da tutto il paese.

Inoltratevi poi lungo Barkhor Street, la strada che conduce al tempio, sulla quale si affacciano bancarelle e negozi di artigianato. Presso il Monastero Sera, invece, si può assistere al dibattito dei monaci sui testi sacri del buddismo. Il primo monastero costruito in Tibet è invece Samye, che si trova a due ore di auto dalla città di Tsetang, immerso in un paesaggio quasi surreale, tra alte montagne, dune sabbiose e distese desertiche. Non perdetevi poi il meraviglioso Lago Yamdrok, il più fotografato del Tibet, con i suoi colori mozzafiato e gli yak che pascolano sulle sue rive. Si raggiunge in due ore di auto da Lasha.

4. A Castelluccio di Norcia come in…Mongolia

Se avete spesso sognato di visitare la lontana Mongolia, con i suoi splendidi paesaggi e le vestigia del regno di Gengis Khan, sappiate che potete averne un assaggio visitando Castelluccio di Norcia, in provincia di Perugia, nel periodo compreso tra la fine della primavera e l’estate.

Le case del borgo sono appollaiate a nido d’aquila a 1450 metri di altezza e da qui si può raggiungere il meraviglioso Pian Grande, un altipiano che, tra giugno e luglio, si colora dei colori della fioritura delle celebri lenticchie. Il paesaggio si trasforma in una colorata tavolozza di sfumature da fare invidia ai quadri di qualsiasi Impressionista. I colori dei fiori di lenticchie si mescolano a quelli di papaveri, fiordalisi e brassici gialli, e il risultato è davvero spettacolare.

L’altopiano umbro ricorda le vaste steppe della Mongolia, un paese con un’estensione cinque volte più grande dell’Italia, ma dalla densità di popolazione bassissima. Per secoli i nomadi hanno viaggiato con il bestiame allo stato semi brado attraverso le immense pianure. Le stesse che oggi in primavera si colorano delle fioriture di efedra, rabarbaro, artemisia, peonia e dell’ormai raro giglio selvatico, da secoli utilizzato per scopi medicinali e nei riti sciamanici.

Se desiderate visitare la Mongolia, mettete in conto almeno tre settimane. Tra le eccellenze da non perdere c’è un’escursione del Deserto dei Gobi, nell’antica capitale di Gengis Khan, Erdene Zuu, nella capitale Ulan Bator, alle sorgenti termali di Tsenkher e nella valle di Orkhon, alla “perla blu dell’Asia”, il lago Hovsgol, nell’area vulcanica di Khorgo-Terk e allo splendido Tsagaan Nuur.

Potete leggere il nostro approfondimento qui.

5. Palermo, alla Vucciria come al souk di Marrakech

Per vivere le magiche atmosfere di un autentico souk, nell’attesa di volare a Marrakech, potete visitare la Vucciria di Palermo, che si estende tra via Roma, La Cala, il Cassaro, via Cassari, piazza del Garraffello, via Argenteria Nuova, piazza Carracciolo, via Maccheronai e all’interno del mandamento Castellammare e si snoda tra stretti vicoli e stradine contorte. Le atmosfere non hanno nulla da invidiale ai souk orientali.

Qui, infatti, si trova davvero di tutto, dal pesce fresco a frutta e verdura, ma anche i piatti tipici della cucina siciliana, anche in versione street food. Tra questi si possono gustare i deliziosi polpi, bolliti al momento e serviti con una spruzzata dei deliziosi limoni di Sicilia, oppure le sarde, che vengono pulite davanti agli occhi dei visitatori e cotte alla brace. E poi panelle, stigghiole, panini con la milza, olive e pomodori secchi. Dagli anni 2000 la Vucciria è diventata uno dei centri della movida palermitana.

Dal tardo pomeriggio fino a tarda notte, infatti, si possono trovare diversi spazi e locali che vendono bevande e “cibo di strada”. Non mancano nemmeno le eccellenze artistiche. Nella zona del mercato, infatti, si possono ammirare imponenti palazzi nobiliari, come il Palazzo Mazzarino, appartenuto alla famiglia del celebre cardinale che tenne le sorti della politica francese, palazzo Gravina Filangeri di Rammacca e la fontana del Garraffello.

Stesse atmosfere, ma altri profumi e sapori, si trovano invece nel grande souk di Marrakech, che si estende in un dedalo di viuzze e stradine nella parte settentrionale della centrale Piazza Jamaa el Fna, Patrimonio dell’Umanità UNESCO.

Dalla piazza, più caotica e assolata, attraverso vicoletti stretti, si accede alla zona più ombreggiata, sui cui si affacciano negozi che vendono di tutto, dalle spezie, alla frutta secca, dai tappeti ai cesti e cappelli di paglia, dalle babbucce agli oggetti di artigianato in legno e ferro battuto, agli abiti alle borse. Il tutto, in un’atmosfera colorata, vivace e chiassosa, dove a fare la parte del leone è la contrattazione.

A poche ore dall’Italia, Marrakech è una delle più famose città imperiali del Marocco. Oltre al souk, sono da non perdere una visita alla Medina, ai giardini Majorelle e alla Moschea Koutobia.

Leggi il nostro articolo di approfondimento qui 

Non perdetevi la seconda puntata per scoprire altri luoghi in Italia che hanno un “gemello” all’estero…




MONGOLIA, la terra del cielo blu

Stanchi dei soliti viaggi? Siete alla ricerca di un viaggio esperienziale fuori dalle consuete rotte turistiche? Voglia di natura selvaggia vivendo quasi da nomade? La Mongolia, tra Russia e Cina, è il luogo ideale.

I motivi di un viaggio in questa terra, ricca di scenari meravigliosi, sono veramente tantissimi ma alla base ci deve essere l’amore per la natura, il silenzio, la solitudine e la voglia di tornare alle origini dimenticandosi per un po’ delle comodità cui siamo abituati.

È un viaggio che può regalare forti emozioni, un viaggio che fa meditare, un viaggio che almeno una volta nella vita andrebbe fatto.

Mongolia

La Mongolia ha un territorio immenso, 5 volte l’Italia, ed è il secondo stato più grande del mondo. Ciononostante ha una densità di popolazione bassissima, anzi considerata la più bassa al mondo. Solo tre milioni di persone su 1.566.000 km quadrati.

Abbiamo scovato per voi un tour che permette  di visitare le zone considerate tra le più belle della Mongolia. È organizzato da  Evaneos, https://www.evaneos.it/ la compagnia che mette in contatto diretto con un operatore locale. Ed è questa la particolarità perché in questo modo è possibile   personalizzare ogni dettaglio del viaggio: scegliendo alloggi, itinerario e attività .

Il viaggio richiede qualche settimana così da poter scoprire il deserto del Gobi, l’Erdene Zuu costruito sulle macerie della capitale di Gengis Khan, la valle di Orkhon e le bellissime sorgenti termali di Tsenkher. Per finire con la ex area vulcanica di Khorgo-Terk e il meraviglioso Tsagaan Nuur per concludere con il famoso lago Hovsgol, soprannominato anche la perla blu dell’Asia.

Mongolia

Arrivati in Mongolia si andrà a conoscere quello che viene chiamato lo “Stupa Bianco” (Tsaagan Survaga). Siamo nel deserto del Gobi, nel territorio di Ulziit Sum, ed è qui  che a causa dell’opera di erosione di acqua e vento si è venuto a creare  un canyon alto 30 metri. Questa roccia di calce e tutto il contesto intorno lo rende un luogo molto suggestivo.

Mongolia

Viaggiando per tre ore circa ci si trova nella Valle di Yolyn Amm (Valle del Gipeto), all’interno del Parco Nazionale di Gobi Gurvansaikhan. La particolarità? Nonostante l’ecosistema desertico, c’è un  ghiacciaio perenne. Anomalo vero? Qui si ammirano vallate verdi, montagne e ghiacciai e tutto in un deserto. Questo è il magico mondo della Mongolia.

Ma un altro spettacolo della natura sono le dune di sabbia di Khongor e farlo a dorso di un cammello battariano mongolo è qualcosa di indimenticabile. Scalare una delle dune di sabbia per arrivare in cima e ammirare il paesaggio sottostante è qualcosa di meraviglioso che lascia a bocca aperta. Bisogna però armarsi di tanta buona volontà perché scalare una duna di sabbia richiede impegno e forza fisica. Ma la fatica sarà ripagata, una volta in cima, da uno spettacolo unico.

MONGOLIA

La vacanza prosegue verso il sito di Bayanzag, conosciuto anche con il nome di Flaming Cliff per il fatto che le rocce presenti sono di colore rosso fuoco. I colori hanno dell’incredibile dal bianco sabbia al rosso mattone creando un magico contrasto.

MONGOLIA
Flaming Cliff

È il momento di andare a conoscere la Mongolia centrale e in particolare le rovine del monastero di Ongi andato quasi distrutto durante la supremazia russa. Bellissimo da ammirare durante il calar del sole quando tutto diventa suggestivo e misterioso. Sembra che i fantasmi dei bambini e dei monaci regolarmente appaiano ai visitatori. Dunque in Mongolia non manca proprio nulla. Lasciato il monastero ci si dirige verso la provincia del Ôvôrhangaj, nella valle dell’Orkhon, per visitare Harhorin, l’antica capitale mongola. Il paesaggio culturale della valle dell’Orkhon è Patrimonio dell’Umanità. Si trova a un’altitudine di 1.463 metri sul livello del mare ma la particolarità è che nelle sue vicinanze si trovano gli scavi dell’antica Karakorume il monastero di Erdene Zuu. Con la visita al museo presente  si ha quindi modo di comprendere, attraverso le riproduzioni con i modellini, di come fosse questo luogo prima della caduta dell’impero di Gengis Khan.

MONGOLIA
Monastero di Erdene Zuu

Erdene Zuu è un antico monastero buddista tibetano eretto nel 1585 dopo la diffusione, in Mongolia, del buddismo tibetano. Parzialmente distrutto dalle autorità comuniste nel 1937-40 fu ricostruito nel XVIII secolo.  È l’unico monastero al mondo circondato da 108 stupa (monumento buddista che conserva reliquie). Per la sua costruzione furono usate le pietre delle rovine della città di Karakorum. Il numero 108 delle stupe non è casuale: per i buddisti il numero 108 è  sacro. Infatti si ritrova molto spesso come ad esempio nei grani del mala (rosario buddista).

Mongolia

Nei giorni successivi altre grandi emozioni da vivere attraverso una visita alle cascate di Orkhon, nella valle omonima; con un leggero trekking si può scendere fino alla riva più vicina così da poterle osservare dall’alto.

MONGOLIA

Dalle cascate si può proseguire verso il Monastero di Tuvkun. Eretto intorno al 1650, è uno dei più antichi monasteri buddisti della Mongolia. Si trova in cima alla montagna Shiveet a 2.000 metri d’altezza e al suo interno alcune cave, o meglio impronte scolpite nella roccia, raccontano attraverso i simboli la vita nel monastero. Il monastero non è raggiungibile con una jeep e i mezzi per arrivarci sono, a scelta, una lunga camminata o a cavallo.

Mongolia

Non si possono perdere nemmeno le terme di Tsenker dove regalarsi un po’ di riposo dopo tanti giorni di tour faticoso.  La posizione delle terme è assolutamente incantevole, con animali e gurs che punteggiano le colline circostanti. Molto famose e amate dai mongoli sono  conosciute come un’ottima cura contro i reumatismi. In alcuni periodi dell’anno è possibile usufruire anche del servizio massaggi che sembra il perfetto coronamento della giornata di relax.

Giunti a metà vacanza non resta che una lunga visita al Parco Nazionale Khorgo Terkh diventato famoso per i 13 vulcani e per le sue formazioni rocciose. Qui, nell’era preistorica, il canyon di Chuluut eruttò creando un meraviglioso paesaggio. Un luogo a dir poco incredibile.

MONGOLIA

È il momento di spostarsi verso Moron, un’area famosa per templi, monumenti e musei. A livello di attrazioni e luoghi di interesse, la zona di Moron offre davvero l’imbarazzo della scelta!

Merita una visita il lago Hovsgol dalle acque tanto limpide da vederne il fondo. Questo lago si estende tra la Mongolia e la Russia e la particolarità è che i suoi bacini rappresentano il 3% dell’acqua presente sulla Terra. Dagli anni Novanta tutta l’area è diventata Parco Nazionale. È il  luogo ideale per gli amanti della natura.

MONGOLIA

È il momento di visitare il Monastero di Amarbaysgalan costruito tra il 1727 e il 1736 e conosciuto anche con il nome di Monastero della felicità e tranquillità. Si tratta  del terzo monastero più grande di tutta la Mongolia. Fu saccheggiato e semidistrutto negli anni Quaranta ma fu poi riportato ai suoi antichi splendori da alcuni buddisti tibetani. All’origine fu costruito per conservare le spoglie del primo Buddha mongolo, Bogd Khan Zanabar, poi però ha ospitato numerosi monaci. Questo edificio in mezzo alla steppa è anomalo in tanto costruito con tanti stili diversi, cinese, mongolo e tibetano, stili diversi ma che si sposano armoniosamente tra loro. Molte le statue e i tanka da ammirare o almeno quelle sopravvissute ai saccheggi comunisti del passato.

Mongolia

Vicino al monastero, sulla collina, si erge un bellissimo stupa che al tramonto è qualcosa di imperdibile ed emozionante.

Si prosegue alla volta di Ulan Bator (che tradotto significa “Eroe Rosso”), la capitale della Mongolia, nella valle del fiume Tuul. Una città dove l’insediamento e l’occupazione sovietica è visibile nei suoi edifici che convivono perfettamente con monasteri dando vita a un connubio di stili tradizionali e contemporanei di tutto rispetto. È ancora fuori dalle normali rotte turistiche e questo permette alla città di conservare il suo fascino. Abbiamo iniziato l’articolo dicendovi che la Mongolia è un Paese con una bassissima densità di popolazione anzi vi abbiamo precisato che è considerata la più bassa al mondo e se pensate che un milione e mezzo di abitanti vivono nella capitale vi rendete conto che circa la metà di tutti gli abitanti della Mongolia vive qui. Incredibile vero? Gli altri abitanti, circa il 30 % è nomade o seminomade quindi vive in maniera itinerante tra le steppe allevando capre, pecore e cavalli.

Mongolia

Ma torniamo alla capitale che non lascia sicuramente indifferenti. Alcuni la amano altri la odiano.  Per molti è una delle città più brutte mai visitate. Per noi invece Ulan Bator può offrire tanto e se non ci si sofferma ai semplici grattacieli ultramoderni costruiti negli ultimi decenni e si visita il centro della città si possono ammirare vere meraviglie:  edifici, monumenti, musei e le abitazioni tradizionali, le yurte che lasciano a bocca aperta. Il cuore di Ulan Bator è la sua Piazza Chinggis Khaan, meglio conosciuta come Gengis Khan. Nel centro della piazza si erge una grande statua  dedicata  all’eroe della rivoluzione mongola Damdinii Sükhbaatar e vicino il Palazzo del Governo.

MONGOLIA
Ulan Bator

Ma ciò che non si deve perdere è la visita al Palazzo d’Inverno del Bogd Khan, residenza dell’ultimo sovrano mongolo Jebtzun Damba Hutagt VII. Un capolavoro architettonico di grande fascino che conserva al proprio interno gli arredamenti originali. Intorno al palazzo ci sono sei templi di grande bellezza.  Non si può dire di aver visitato Ulan Bator senza aver visitato il Monastero di Gandan che ospita quasi 600 monaci. Il monastero ha resistito alla distruzione in epoca comunista quando furono trucidati 30.000 monaci e distrutti quasi tutti i templi. La meraviglia di questo luogo è sicuramente però una statua di 26 metri rivestita completamente di lamine d’oro all’interno del Migjid Janraisig Sum. La statua rappresenta Migjid Janraisig Sum, meglio conosciuto con il suo nome sanscrito: Avalokiteshvara. Nelle sue mani uno specchio, una sciarpa, una nave, un paio di palle. Notate i lunghi lobi allungati delle orecchie perché hanno un significato: sono un segno di saggezza e compassione. A destra della Avalokiteshvara c’è la statua di Tara, la sua consorte. Sulla sinistra la statua che rappresenta un demone. Molte statuette di Amitabha sono alloggiate su scaffali. Si tratta del Buddha della longevità.  Forti le emozioni che si vivono in questo luogo dove tutto sa di spiritualità, di incenso e di candele di burro di yak.

MONGOLIA
La capitale Ulan Bator

Una volta vissuta l’esperienza di una vita da nomadi, tuffati in una natura selvaggia, alloggiati in tende mongole, in luoghi che ospitano 2 abitanti per chilometro quadrato, dove si respira spiritualità in ogni angolo sarà molto difficile tornare alla realtà occidentale. Il luogo della semplicità, della purezza e della contemplazione dove ritrovare se stessi segna per sempre.

MONGOLIA

 

Informazioni utili

Come arrivare: Un volo di andata e ritorno dall’Italia può costare circa 900,00

Documenti necessari: passaporto con validità di almeno sei mesi e un visto turistico.

Vaccinazioni: non è necessaria nessuna vaccinazione  ma ci sentiamo di rimandarvi al vostro medico sulla possibilità di fare una profilassi colera e peste.

Assicurazione: Sempre consigliata in particolar modo per un rientro d’urgenza in Italia

Moneta locale: La moneta locale è il tugrug. Una volta arrivati in aeroporto vi consigliamo di cambiare gli euro con il tugrug. Al di fuori della capitale sono pochi i posti che accettano le carte di credito.

Cosa portare con in valigia: Abbigliamento molto pratico e anche pesante. Giacca a vento, maglioni ma anche magliette di cotone. Un abbigliamento definito a cipolla. Trousse dei medicinali, scarpe comode.

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Dall’Italia alla Mongolia in Van: Oltre la taiga verso il confine mongolo

Mappa del tragitto da Tyumen, Russia, a Dalanzadgdad, Mongolia.

Con il Master Renault (seconda parte)

Superata Ekaterinburg, dove venne uccisolo zar Nicola II e la famiglia Romanof, abbiamo proseguito costeggiando la Transiberiana con alcuni tratti di strada interessati da cantieri di ammodernamento che ci costringevano a frequenti cambi di corsia, e passaggi a livello che comportavano soste inaspettate e allungamento dei tempi di percorrenza. Le tappe notturne sono state nelle onnipresenti aree di servizio con parcheggio custodito. Tratti di taiga, l’immensa foresta siberiana di betulle, si alternavano a tundra e campi coltivati.

Lungo il percorso dal finestrino abbiamo potuto ammirare piccoli villaggi composti di case di legno dalle finestre scolpite, alternati a importanti città. Abbiamo fatto tappa a Tyumen, Tobolsk e Tomsk per vedere le chiese ortodosse di Tyumen, il Cremlino di Tobolsk, che dall’alto della collina domina il centro storico, e il museo della repressione politica di Tomsk, un luogo dove approfondire la storia dei gulag.
Ci siamo quindi diretti a Novosibirsk, la terza più grande città russa dopo Mosca e San Pietroburgo famosa per il teatro dell’opera e del balletto, il più grande del mondo per le sue dimensioni. Abbiamo proseguito verso Irkutsk e costeggiando il Lago Baikal siamo arrivati ad Ulan Ude.

In questa città, nota per la più grande testa di Lenin esistente al mondo nei giardini del centro cittadino, si respira già aria di Mongolia: la popolazione ha i tratti mongoli e non mancano i monasteri buddisti che visitiamo, in particolare quello sopra la collina che sovrastra la città. Con una sorpresa inaspettata: nel grande piazzale del monastero erano parcheggiati una ventina di camper cinesi! Chiacchierando con loro abbiamo scoperto che il turismo in camper in Cina si sta sviluppando e sono sorte parecchie associazioni che organizzano viaggi in camper per i soci. Loro avevano in progetto di arrivare fino a Mosca.
Ma ormai la frontiera è vicina.

Mongolia arriviamo!

La mattina dopo ci siamo diretti verso la frontiera. Sulla strada abbiamo incontrato un grande cantiere di lavori in corso che al nostro ritorno un mese dopo era terminato e ci ha permesso di viaggiare su un asfalto nuovo di zecca. Una vera pacchia per il nostro Renault Master! Siamo così arrivati in frontiera e dopo aver espletato tutte le formalità e salutato i poliziotti siamo usciti dalla Russia e fatti pochi metri ci siamo presentati ai poliziotti mongoli con in mano il visto già richiesto all’ambasciata mongola in Italia.


Le procedure sono state rapidissime e in breve ci hanno dato il benvenuto nel paese. Appena varcato il confine abbiamo provveduto a stipulare, in uno dei numerosi botteghini presenti in frontiera, una polizza assicurativa per il mezzo, dato che la Mongolia non era coperta dalla nostra assicurazione.

La situazione viaria in Mongolia, strade e sterrati, cavalli, cammelli e aquile

E dopo le ottime strade russe attraversato il confine ed entrati in Mongolia siamo tornati a percorrere strade a corsia singola, a volte un po’ dissestate e a volte abbastanza sconnesse. Nel paese il sistema viario è in via di ammodernamento ma a parte le direttrici principali come quella nord-sud che dalla Siberia conduce fino al confine cinese, sono ancora molte le piste sterrate da percorrere con cautela e in diversi casi solo in fuoristrada. Con un po’ di attenzione abbiamo proseguito il nostro percorso verso la capitale e abbiamo potuto apprezzare e ammirare la bellezza selvaggia degli spazi sconfinati dove l’aquila è la padrona indiscussa. La Mongolia, che nell’immaginario collettivo è il paese dei grandi spazi, tra la Siberia e la Cina, è chiamata anche Alta Asia, perché si sviluppa sopra i 1500 metri con altipiani stepposi, grandi praterie e montagne.

Regno delle aquile e di una natura incontaminata, è un territorio dove vivono allo stato brado cavalli, yak, cammelli e altri piccoli animali. E’ proprio dai cavalli Takhi Prewalsky, il cavallo selvatico mongolo, che sono discese tutte le razze equine. In Mongolia la vita nomade è ancora una caratteristica praticata dalla maggior parte della popolazione e l’unica vera città, con circa un milione di abitanti, è la capitale, Ulan Baatar.

La capitale Ulaan Baatar

Le tradizioni di un popolo fiero

Il nostro itinerario prevedeva di arrivare nella capitale, che avremmo visitato al ritorno, e continuare verso sud, per raggiungere il deserto del Gobi a Dalanzadgdad. Abbiamo percorso così un paesaggio che, abbandonate le distese di praterie a perdita d’occhio e le colline dalle varie sfumature di verde che si univano a cieli limpidissimi, si faceva sempre più arido. Lungo il tragitto mandrie di cammelli e di cavalli allo stato brado e ai bordi delle strade numerosi “ovoo”, il tumulo sacro sciamanico. Lo sciamanesimo è un elemento fondamentale della spiritualità locale e chi passa accanto ad un ovoo si ferma, aggiunge una pietra sopra quelle già ammucchiate che sostengono dei rami da cui pendono gli scialli colorati, fa tre giri attorno all’ovoo in segno di buon augurio e lascia un’offerta ai piedi del tumulo prima di ripartire.

Ovolo, il tumulo sacro sciamanino

Dalanzadgdad, una distesa di gher (il termine con cui i mongoli indicano la “yurta”, la tenda mobile che è la loro casa e che smontano e rimontano durante i trasferimenti al seguito dei loro greggi e mandrie) e 25mila abitanti, l’ultima cittadina mongola raggiungibile con strada asfaltata e in aereo.

Il deserto del Gobi la divide dalla Cina. Siamo stati molto fortunati perché nei giorni del nostro arrivo a Dalanzadgdad si svolgeva il Naadam, la più importante festa tradizionale mongola, espressione della cultura nomade. Si tratta di danze tradizionali, gare di lotta e di arco e corse di cavalli. Le donne possono partecipare sia alle corse che alle gare di tiro con l’arco e noi abbiamo assistito ad una gara dove a vincere è stata proprio una donna!

Nel cuore del Gobi

Da Dalanzadgdad al mattino a bordo di un fuoristrada a noleggio, il mitico UAZ (Ulyanovsky Avtomobilny Zavod) russo, siamo partiti per il deserto del Gobi, depressione di circa 2mila km da est a ovest e di circa mille km da nord a sud. E’ riserva della biosfera Unesco perché ospita le ultime rarissime specie endemiche della Mongolia ed è ricchissimo di giacimenti fossili. Con il fuoristrada abbiamo percorso circa 450 km di sterrato in un paesaggio unico al mondo.

La prima tappa è stato il Parco Nazionale di Gurvan Saikhan e Yolin Am, una valle ad un’altezza di 200 mt sul livello del mare chiamata “Valle delle aquile”. La sua peculiarità è il fiume che scorre al suo interno e che rimane in parte ghiacciato anche durante la prima parte dell’estate in contrasto con l’arido deserto. Aguzzando gli occhi si riescono a vedere le aquile che volteggiano, gli stambecchi e gli enormi gipeti.


Il compagno di viaggio

Camper in vetroresina su meccanica Renault master 150 cavalli, con cellula allestita da Aiesistem, una ditta semi-artigianale veronese. Non abbiamo avuto nessun inconveniente tecnico e la meccanica ha risposto bene ai diversi tipi di terreno, ad esclusione degli sterrati estremi per i quali il nostro mezzo non è adatto ed è necessario l’uso di un 4×4. Sul lungo rettilineo il motore ha risposto ottimamente, su tratti misti e con buche causa cantieri di ammodernamento il mezzo ha resistito alle sollecitazioni. Nelle curve tutto bene e il 150 cavalli tira che è un piacere.

Dati nuovo RENAULT MASTER

Cilindrata                                          2464 cm3
Numero e disposizione cilindri       4 in linea
Numero valvole per cilindro            4
Dispositivo di sovralimentazione    turbocompressore
Potenza                                             150 CV
Coppia Massima                               300,0 Nm
Normativa Euro                                 Euro 4
Serbatoio                                           100 litri
Trazione                                             anteriore
Cambio                                               meccanico
Numero di marce                               6
Passo                                                  357 cm
Velocità max (Km/h)                          144 Km/h
Consumo Misto (litri/100 km)           8,8


Domani la terza parte del nostro viaggio: La scoperta dei dinosauri e la mitica capitale di Gengis Khan. 

Continua la lettura con la terza puntata.




Dall’Italia alla Mongolia in van, attraverso la Russia verso il paese di Gengis Khan

Perché in Mongolia?

Un viaggio sognato e finalmente realizzato. Quando abbiamo deciso di andare nel paese di Gengis Khan abbiamo voluto farlo con il camper per essere liberi di fermarci e di visitare tutto quello che volevamo. Quando siamo partiti ai primi di giugno di quest’anno ci sembrava impossibile raggiungere la nostra meta: ci aspettavano 12mila chilometri all’andata e altri 12mila al ritorno. Ma ce l’abbiamo fatta e il 30 agosto abbiamo rimesso piede in Italia.

L’itinerario di avvicinamento si è sviluppato in 25 giorni di viaggio fino al confine russo. Da qui siamo entrati in Mongolia dove siamo rimasti circa un mese. Il percorso è continuato fino al deserto del Gobi e il confine con la Cina per poi risalire a nord e tornare verso la Russia. E questo è il resoconto del viaggio.

La partenza e le tappe di avvicinamento

Tutto ha avuto inizio il 6 giugno quando abbiamo messo in moto e al volante del nostro camper su Renault Master 150 cavalli abbiamo lasciato Trieste e varcato il confine con la Slovenia su autostrada a doppia corsia abbiamo proseguito verso l’Ungheria. I vantaggi dell’Unione Europea si sono fatti sentire, sia per l’ingresso in Slovenia che in Ungheria non abbiato dovuto far fronte a nessuna formalità di frontiera, ad eccezione dell’acquisto delle vignette autostradali di entrambi i paesi. Entrati in Ungheria sempre in autostrada costeggiando velocemente il lago Balaton e superando la capitale, Budapest, abbiamo proseguito fino a Nyiregihaza dove termina l’autostrada M3.

Da qui la E573 ci ha condotto a Zahony e alla barriera con l’Ucraina dove abbiamo superato una lunga fila di TIR in attesa per metterci in coda tra le auto. Arrivato il nostro turno una rapida occhiata ai passaporti ci ha dato il via libera all’entrata nel paese che da alcuni anni ha abolito il visto di ingresso ai cittadini italiani per una permanenza non superiore ai 90 giorni, come il nostro caso. Necessario però essere in possesso di un passaporto valido con la scadenza della validità di almeno 3 mesi oltre la data di viaggio.

Un paese fuori dal tempo, l’Ucraina

Entrati nel paese, ahimè, è peggiorata notevolmente la condizione della strada e ci siamo incamminati su singola corsia con tratti a volte dissestati. Ma la meccanica a 6 marce ha risposto senza problemi ad ogni tipo di sollecitazione. Campi coltivati e villaggi rurali si sono susseguiti lungo il tragitto in questo paese, il più esteso d’Europa dopo la Russia, che si è lasciato alle spalle ecenni di giogo sovietico e procede faticosamente sulla strada della modernizzazione. Dai finestrini abbiamo ammirato un paesaggio bucolico, istantanee dimenticate alle nostre latitudini, carretti di contadini che si recavano nei campi, distese di grano da mietere che hanno a ragione dato al paese il soprannome di granaio d’Europa.

Superata Leopoli, la romantica città ucraina dal centro storico acciottolato, abbiamo continuato verso Kyev, l’antica capitale della Rus. E’ qui, in questa nobile città che è nata la Russia.

La città, disseminata di cupole dorate, è stata la prima tappa importante del viaggio. Ci siamo fermati per vedere la statua della grande madre Ucraina che si specchia sulle acque del Dnper e il Pecerska Lavra, un complesso di chiese e catacombe che è la più importante meta di pellegrinaggio ucraina.

In frontiera verso la Russia, dove il gasolio costa 50 centesimi

Ci siamo quindi avviati verso la frontiera e dopo il rapido controllo da parte ucraina abbiamo affrontato la barriera con la Russia, con in mano il visto fatto in precedenza in Italia. Avevamo un visto di tre mesi con doppio ingresso, dato che al ritorno saremmo di nuovo transitati nuovamente per la Russia. L’entrata nel paese ha richiesto più tempo, poiché c’erano da compilare i moduli di ingresso per noi e per l’importazione temporanea del mezzo. Alcuni per fortuna da poco sono stati tradotti anche in inglese ma altri sono ancora in cirillico. Il personale è stato gentile e con i cani antidroga ha effettuato i controlli di rito al mezzo .Tutto è filato liscio e siamo entrati in Russia.

Varcato il confine subito è migliorata la qualità delle strade, ottime sotto tutti i punti di vista, e con nostro piacere abbiamo scoperto che il gasolio costava soltanto circa 50 centesimi e nei distributori più moderni, ormai diffusi ovunque, potevamo pagare con carta di credito.

L’unico inconveniente è che devi pagare in anticipo specificando quanti litri vuoi e questo ti costringe a calcoli al ribasso per non rischiare di chiedere più del necessario con eventuali travasi su una tanica di scorta.

Nel Paese degli Zar

Ed eccoci quindi a percorrere questo immenso paese che è una distesa infinita di campi di grano, girasoli, luppolo, patate, colza, ecc. Abbiamo viaggiato con una temperatura costante di 15 gradi su strade ottime, spesso a doppia corsia, accompagnati da centinaia e centinaia di TIR.

Il trasporto su gomma in Russia regna sovrano e lungo il viaggio è stata una continua fila di questi immensi camion che percorrono il paese da est ad ovest e viceversa lungo la strada che costeggia il percorso della Transiberiana, la mitica ferrovia che parte da Mosca e attraversa Europa e Asia fino a terminare a Vladivostok. Era nata per collegare le nascenti città industriali della Siberia e le regioni orientali dell’impero alla Russia Europea. Un suo braccio secondario si stacca dal principale a Irkutsk nei pressi del Lago Baikal e prosegue fino a Pechino.

A casa di Lenin e nella capitale sovietica dell’auto

Nonostante i tanti chilometri da fare non abbiamo voluto rinunciare alla visita dei luoghi più interessanti lungo il percorso e così la nostra prima tappa russa è stata Uljanovsk, città natale di Lenin. Ovviamente il centro storico è dedicato al padre della rivoluzione. Abbiamo visitato quindi il museo che ripercorre la sua vita e un paio delle case dove ha abitato.

La casa di Lenin

Dopo ci siamo spostati a Togliattigrad per vedere l’immenso stabilimento automobilistico nato nel dopo lo storico accordo del 1966 tra l’URSS e la Fiat per la produzione di 600mila auto l’anno in Russia.

La città all’epoca era un anonimo paesino sul Volga in ottima posizione per il trasporto delle merci via fiume e divenne la capitale sovietica dell’auto con il nome del leader italiano del partito comunista morto in Crimea nel 1964. Il modello di partenza delle vetture in produzione era la storica 124 modificata per rispondere ai rigidi climi russi. Fu chiamata Zhiguli, nome trasformato in seguito in Kopeka .

La vita su strada lungo la Transiberiana

Con ancora parecchi chilometri da percorrere per giungere al confine mongolo, superato il Volga ci siamo avviati verso Samara, Ufa e Celjabinsk, tutte città che sono grossi centri industriali. La strada sempre perfetta, alternando tratti di doppia corsia a tratti singoli ma sempre ben tenuti e sempre in compagnia degli onnipresenti TIR. Lungo il tragitto abbiamo incontrato, e utilizzato, numerose aree di servizio attrezzate con parcheggio custodito, ristorante, servizio toilette, doccia e a volte perfino parrucchiere e lavanderia, a conferma di quanta parte della vita degli autisti di questi immensi camion si svolga su strada.

Era la metà di giugno e man mano che ci siamo inoltrati verso la Siberia e varcato gli Urali, spartiacque tra Europa e Asia, ci siamo resi conto che qui la primavera era appena iniziata e sui monti c’era ancora la neve.

Confine Asia-Europa

Nugoli di farfalle volteggiavano nell’aria e nei campi sconfinati era un tripudio di fiori. Ai bordi della strada numerosi venditori ambulanti di miele, fascine di betulla per la “banja”, il corrispettivo russo della sauna finlandese, patate, cestini in corteccia di betulla e alambicchi per la produzione artigianale di vodka. Ce n’era davvero per tutti i gusti.

Ekaterinburg, dove venne ucciso l’ultimo zar Nicola II

Con la strada che si inerpicava sulla catena degli Urali abbiamo continuato il percorso di avvicinamento alla Mongolia. Altra tappa importante è stata Ekaterinburg, la prima città asiatica dopo il confine tra Europa e Asia. E’ passata alla storia perché qui vennero uccisi l’ultimo zar Nicola II insieme a tutta la famiglia.

Gli ultimi discendenti dei Romanov, dinastia caduta sotto la scure della Rivoluzione d’Ottobre, dopo l’arresto e la detenzione vennero uccisi in una notte del luglio 1918 in questa città, in una casa che non esiste più. Al suo posto ora c’è una chiesa che abbiamo visitato insieme all’interessantissimo museo di geologia degli Urali dove sono esposti oltre 500 minerali e rocce locali insieme ad una collezione di meteoriti.

Domani la seconda parte di questo lungo viaggio: Oltre la taiga verso il confine mongolo.

Prosegui con la seconda puntata.