UGO ALCIATI, AL RISTORANTE “ DA GUIDO” NELLA TENUTA REALE DI FONTANAFREDDA UNA CUCINA DA RE

Di Raffaele d’Argenzio

Per un ristorante che ha sede niente meno che nella Villa Reale della Tenuta di Fontanafredda di Serralunga d’Alba (CN), nel cuore delle Langhe, dove avvenivano gli incontri amorosi tra Vittorio Emanuele II e la Bella Rosina, ci vuole “uno chef da re”, erede di una dinastia dedita all’arte dell’haute cuisine. Come Ugo Alciati, classe 1967, nato praticamente in un ristorante. Sette anni prima della sua nascita, infatti, ha aperto i battenti il ristorante Guido, poi divenuto insegna storica. Figlio di Guido e Lidia, punti di riferimento dell’alta cucina italiana, e fratello “di mezzo” di Pietro e Andrea, muove i primi passi in cucina a 15 anni, anche se la prima meringa l’ha preparata a 9, come ama raccontare.

La sua carriera comincia al Guido di Costigliole, poi, nel 2003, si trasferisce a Pollenzo, nell’agenzia che ospita l’Università delle Scienze Gastronomiche, per poi approdare, nel 2013, insieme al fratello Pietro, che cura sala e cantina, al Ristorante Guido di Villa Reale, insignito di una Stella Michelin, dove l’abbiamo incontrato.

Buongiorno, chef, prendiamola alla larga. L’ho vista accanto alla sua Range Rover…Cominciamo parlando di auto?

“Negli ultimi 18 anni ho solo avuto Range Rover Sport. Il primo modello nel 2005. Ogni quattro anni esce un modello nuovo e ogni 4 anni la cambio.  Contando che ci faccio tantissimi km per recuperare e cercare le materie prime. Faccio circa tra i 50.000 e 65.000 km all’anno. Essendo molto legati a territorio e ai piccoli fornitori, che sono sparsi per il Piemonte. Essendo molto piccoli come produttori, molti non consegnano quindi si guida!”

E quando deve guidare per piacere, nei weekend?

“Per noi i weekend sono domenica e lunedì essendo ristoratori. Si, qualche volta riesco ad allontanarmi per un paio di giorni. È raro, quindi uso la macchina per andare a trovare qualche collega con il quale non ci si vede mai. Ma non riesco ad allontanarmi molto dalla ricerca di materie prime”.

Ma, scusi mi dica un weekend che vorrebbe fare o che si ricorda, staccato dai sapori e dalla cucina.

“Allora, non amo troppo il caldo e non amo la folla. Quindi è la montagna o il lago la meta mia preferita. Amo la Val di Susa, amo la neve e lo sci. In cima c’è il Lago Nero, sopra Cesana Torinese. Quello è uno dei miei posti preferiti”.

Viaggio all’estero? Che si ricorda o che vuole fare?

“I più importanti in Giappone, anche dal punto di vista eno-gastronomico. Il più bello nel 2003, durante un’apertura di un ristorante in costruzione qui in Italia sono riuscito a ritagliarmi un mese. Facevo delle dimostrazioni, di fatto lezioni di cucina italiana (tipica piemontese), ma con mezza giornata libera tutti i giorni. Venivo trasportato nei luoghi meno turistici del Giappone. I mercati del pesce chiusi ai visitatori che non fossero del settore, i ristoranti nascosti. Ho visto Hokkaido, quindi la parte più rurale, con la loro cultura di precisione ed ordine, che adoro”.

Quindi in questo viaggio ha anche imparato qualcosa?

“C’è sempre da imparare qualcosa. Non si può pensare di non farlo, soprattutto in un luogo come il Giappone. Dall’affilatura dei coltelli alle materie prime. Frutta, verdura eccezionali, con tecniche di agricoltura completamente diverse. Da una cultura diversa non si può che imparare”.

Lei è figlio d’arte. Se dovesse descrivere il suo percorso in step, in traguardi?

“Sono stati pochissimi, in realtà e concentrati in un unico luogo. La cucina del ristorante “Guido”, dei miei genitori, aperto prima che io nascessi. Ho tre fratelli, ma sono l’unico ad aver seguito le orme di mia mamma, cuoca del ristorante. Mio padre e i miei fratelli sono da sempre in sala, si occupano del servizio. Io giocavo in cucina con mia mamma e ho capito che mi piacevano molto i dolci. Avevo appena 10 anni quando ho iniziato. A 14 anni ho scelto la mia strada, dopo le scuole medie. Potevo andare in Franca, ma mi sono fermato a casa e ho imparato da mia mamma e mia nonna.  I dolci sono per me una rincorsa al miglioramento. E in questo sono autodidatta, in una continua ricerca alla perfezione, di fatto cosciente che sia impossibile da raggiungere”.

Poi nel 2002, da Castiglione, abbiamo deciso di cominciare a pensare a un posto dove spostare il ristorante, già famoso, ma in una vecchia palazzina degli anni ’60, che non piaceva a mio padre, voleva qualcosa di più affascinante per i clienti che ci visitavano da tutto il mondo.  Proprio in quell’anno sono finiti i lavori all’Agenzia di Pollenzo, sotto la regia di Carlin Petrini (presidente Slow Food), che ci ha chiesto di spostarci li. Noi abbiamo accettato, subito, con grande entusiasmo”.

“Ci rimaniamo per 10 anni fino a quando Oscar Farinetti ci chiede di venire in questa storica Villa Reale di Vittorio Emanuele II, nella tenuta di Fontanafredda. Siamo stati un po’ titubanti all’inizio, ma poi con le sue capacità seduttive (ride), Oscar ci ha convinto.  In ogni caso ci siamo evoluti grazie a questa opportunità, abbiamo raggiunto uno step diverse. Questa Villa nel quale ci troviamo adesso era una casa, non un ristorante. Ed è questa sensazione che ci mancava. E questo è sempre stato lo spirito insegnato, tramandato dai nostri genitori. Quindi non clienti, ma ospiti a casa. E i clienti di oggi lo percepiscono. Finalmente servizio e location si completano a vicenda. Questa è casa nostra””.

La sua cucina si riferisce al territorio piemontese…

“Si, la mia cucina si discosta molto poco dal territorio. Se non per la scelta del miglior prodotto possibile. Quindi limone della Costiera o dalle Cinque Terre. Un esempio sono le acciughe, prodotto famosissimo piemontese, dove importante è la lavorazione, non la provenienza. Insomma, tutto quello che possiamo prendere dal Piemonte, lo prendiamo. Sia per economia circolare, sia per km0 (comunque concetto che va ragionato e non utilizzato fine a se stesso). In ogni caso, però sfruttiamo la ricchezza del nostro paese per intero, che offre eccellenze ineguagliabili. Insomma non siamo campanilisti, se la qualità è migliore noi la preferiamo: quale paese nel quale farlo se non l’Italia? Anche la biodiverstà italiana fa parte del nostro ristorante”.

Il rapporto con i giovani: come possiamo fare “inorgoglire” i ragazzi per questa nostra Italia cosi preziosa? Per esempio, la tradizione gastronomica…

“Dovrebbero conoscerla, il problema dell’Italia è molto legata alla poca educazione alimentare. Siamo in paese con la più vasta bio diversità agro-alimentare del mondo. E tra le più riconosciute al mondo per la gastronomia e turismo. In Italia non esiste educazione alimentare, ma a partire dalle scuole e senza questa non esiste cultura del cibo. Noi abbiamo fortunatamente tantissimi clienti che portano i bambini a mangiare qui. Questo per cultura. Io infatti faccio parte dell’associazione “Ambasciatori del gusto”, nata durante Expo 2015, dove portiamo la cultura alimentare nelle scuole dell’obbligo, non solo in quelle alberghiere”.

“Molte volte i ragazzi non riescono a scegliere perché a loro volta non hanno i mezzi. Nel cambio culturale e sociale degli ultimi 50 anni sono finite quelle figure tradizionali come “la nonna che fa la pasta in casa”. Quindi c’è stato un accavallarsi di priorità che hanno fatto quasi sparire la cultura alimentare casalinga (soprattutto nelle grandi città). Per noi è importantissimo, perché se sparisce la cultura culinaria, prima o poi spariremo anche noi. La gastronomia di eccellenza e la produzione di eccellenza rischiano di sparire”.

I vari programmi televisivi sono positivi?

 “Ci sono sicuramente diversi aspetti. È importante il fruitore, ma anche chi è il fruitore. Se l’aspirazione è essere “come Cracco”, non funziona. Non tutti possono diventare “Cracco in televisione”, questa è la parte distorta. L’aspirazione non deve essere la voglia di fama e visibilità, ma la passione per la cucina. Da una parte, questa esposizione mediatica è positiva perché dona grande visibilità e credibilità al nostro mestiere. E da qui parte il dibattito sulle scuole alberghiere in Italia, dove mancano fondi, eccellenze e buone materie prime. Le scuole fanno sempre più fatica ad avere i giusti consulenti e i giusti mezzi. E in questa nazione, proprio non capisco”.

Come migliorare, come sfruttare al meglio le nostre risorse?

“Be’ le eccellenze sono molto territoriali. Quindi sfruttare le diversità di ogni territorio”.

Riguardo a questo ho una riflessione che mi assilla da tempo. La ricerca di voi stellati, non rischia di allontanarsi dal territorio? Non rischia di diventare solo una firma uguale in tutto il mondo e quindi staccata dalla cultura territoriale più prossima?

“Ogni professionista dovrebbe concentrarsi sul territorio, non tanto per la tutela dei prodotti, ma per diversificare. Non che ci sia meglio o peggio. Ognuno ha la propria scuola di pensiero. Non esistono limiti e vincoli. Ognuno sfrutta le materie e la cultura, anche personale come vuole. Ma esistono grandissimi limiti, che diventano di tipo organizzativo ed economico. Una vera eccellenza in Italia per sopravvivere e crescere deve obbligatoriamente differenziare, sia come cucina che come locazione. In Italia il costo del lavoro è altissimo”.

Non capisco la cucina “personale”, quindi non personalizzare.

 “Le faccio un esempio. Mia nonna ha rivoluzionato la ricetta del vitello tonnato, che da bollito è diventato arrostito. In Piemonte, a oggi, nessuno fa bollire più il vitello. Quindi ci sono delle personalizzazioni che poi ognuno può trascinare. Ma proprio partendo da questo esempio nel territorio: in 10 ristoranti diversi, si mangia in 10 maniere diverse. La diversità è la ricchezza e la personalizzazione ne fa per forza parte. Ma certo è fondamentale la biodiversità”.

Certo, questa è una ricchezza da salvaguardare. Dico sempre che abbiamo 22 stati diversi. Lei cosa farebbe per il nostro turismo? Se fosse ministro, per esempio…

“Per prima cosa non vorrei mai essere Ministro del Turismo (ride)! Ma se proprio dovessi dare una risposta, la prima cosa è credere nella nostra categoria. Se non credi in quello che fai… Noi siamo in una categoria un po’ particolare, perché da una parte produciamo per fare ricchezza (PIL), dall’altra parte trasmettiamo cultura, facendo di fatto promozione dell’Italia anche all’estero. E molte volte siamo noi in prima persona che dobbiamo difendere il nostro patrimonio proprio all’estero. Dove chi di dovere non è presente abbastanza per la tutela del nostro patrimonio, si culturale, ma anche economico. Dobbiamo creare visibilità nel mondo. Dobbiamo svegliarci e puntare sul nostro futuro”.

IL VITELLO TONNATO di UGO ALCIATI

 Ingredienti per 6 persone

 Per la salsa

  • 200 gr di tonno sott’olio
  • 120 gr di maionese fatta in casa
  • 15 gr di aceto bianco
  • 5 gr di capperi di Pantelleria
  • 2 filetti di acciuga

Per la carne

  • 800 gr di girello
  • 100 gr di burro
  • 30 gr di olio di oliva
  • 1,5 l di brodo di carne o vegetale
  • 50 gr di cipolla
  • 80 gr di carota
  • 50 gr di sedano
  • 1 rametto di rosmarino

Preparazione

Per la salsa: frullate i vari ingrediente e aggiungete al composto ottenuto la maionese, amalgamando il tutto con delicatezza.

Per la carne: soffriggete in un tegame l’olio, il burro e i vari aromi. Unite il girello e fatelo dorare su tutti i lati a fiamma vivace. Innaffiatelo con il brodo, coprite con un coperchio e passatelo in forno a 150°C per circa 20 minuti. Lasciatelo raffreddare, ripulitelo dalla crosta di cottura, tagliatelo a fette sottili e disponetelo nel piatto guarnendolo con la salsa. Aggiungete a piacere un letto di valeriana micro. Decorate con gocce di olio frullato con dei capperi.

INFO

Ristorante Da Guido

Tenuta di Fontanafredda, via Alba 15, Serralunga d’Alba (CN)

Tel 0173/626162

www.guidoristorante.it




Dalle Eolie al mondo per celebrare il buon cibo. Il talento e la vivacità di Martina Caruso, DONNA CHEF DELL’ANNO, partono da Salina

Di Vittorina Fellin

È in occasione della presentazione dell’Associazione de Le soste di Ulisse a Siracusa, che ho modo di incrociare lo sguardo vulcanico di Martina Caruso, appena incoronata dalla Guida Michelin e dalla maison Veuve Clicquot Donna Chef del 2019 entrando, di diritto, a far parte dell’Atelier des Grandes Dames, la prestigiosa rete di donne chef impegnata nella valorizzazione del talento femminile.

Martina è una giovane donna di 29 anni ed il suo primo importante riconoscimento, la stella Michelin, è arrivato quando lei di anni ne aveva appena 26.  Oggi è una delle 43 chef a capo di ristoranti stellati in Italia: in tutto il mondo le chef sono 169 e l’Italia è il primo paese al mondo per ristoranti a guida femminile.

Il ristorante di famiglia Signum nell’Isola di Salina, è il suo approdo lavorativo per sette mesi all’anno, ma d’inverno gira il mondo. Me la presentano e la trovo subito piacevolissima, un mix tra l’esuberanza siciliana e la riservatezza nordica. Nel darle la mano mi assale un sentimento di orgoglio – perché lei è donna proprio come me con pregi e difetti connaturati alla nostra natura – ma anche di ammirazione per quella sua tenacia che l’hanno portata ad eccellere.

Esperienze vissute all’estero, mi raccontano di lei, che non le hanno impedito di tornare e di raccontare i sapori della sua Isola attraverso la sua personale visione del mondo, anche a tavola. Quello ottenuto è un riconoscimento prestigioso, ma anche un fardello pesante da portare per un giovane talento, perché dopo una cosa così niente può essere come prima. Di lei vorrei sapere tutto, ma mi limiterò a scoprire come fa a conciliare quell’attività ai fornelli che l’ha portata tanto lontano e quella voglia di libertà che traspare dai suoi occhi.

Quando hai ricevuto la stella Michelin te l’aspettavi? C’è una formula segreta che può essere replicata?

Non c’è una ricetta ma è l’insieme di elementi che fanno la differenza. La mia vita è improntata al vivere alla giornata, sia sul lavoro che nelle scelte personali.  Ma la dedizione e la professionalità sono totali. Sono concentrata sull’obiettivo e sul lavoro che sto facendo in quel momento. L’altro elemento fondamentale è il gioco di squadra, quell’intreccio di professionalità che ha visto me in cucina e mio fratello Luca ad occuparsi della sala e della cantina. La stella Michelin si ottiene così, grazie all’unione di queste due cose. A tutto va aggiunta anche una buona dose di umiltà e la capacità di rimanere con i piedi per terra. E poi ci sono la mia amata Sicilia e Salina in particolare, che mi hanno regalato il resto. Se fossi nata a Milano o in un altro luogo, non so se avrei potuto ottenere gli stessi risultati.

Quando non lavori quali sono le tue mete preferite?

Riesco a viaggiare solo nei mesi invernali, nel periodo di chiusura del Signum. Mi piace andare in posti dove riesco a imparare qualcosa di nuovo, da applicare anche alla mia professione. Recentemente sono stata a Copenaghen, in Francia, Spagna, Australia a Bangkok, dove tornerò in autunno per lavoro, ma anche in luoghi esotici come Mauritius. Quando sono in paesi che non conosco amo girare per i mercati locali per comprare prodotti di ogni genere, vaniglia, te, granaglie per esempio negli ultimi.  Durante un viaggio non si finisce mai di imparare. È la curiosità che muove l’azione.

Sei stata molto all’estero per la tua professione. Che cosa ti ha insegnato viaggiare?

In questi anni ho viaggiato molto e questo è stato essenziale per la mia crescita. A diciannove anni sono partita per Londra, principalmente per imparare la lingua ma anche per affinare le tecniche in cucina. Poi sono volata a Lima in Perù nel ristorante di Pedro Miguel Schiaffino, il Malabar, dove ho trascorso un periodo interessante. Ho passato una settimana anche nella foresta Amazzonica alla ricerca di sapori e profumi nuovi. Un mondo diverso, ricco di biodiversità che si mantiene in perfetto equilibrio. In Perù ho imparato tecniche nuove sulla conservazione, sulle cotture veloci sulla fermentazione dei prodotti. La cucina peruviana ha un potenziale evolutivo enorme, sapori molto forti che assomigliano, per caratteristiche, alla tradizione gastronomica siciliana. Mi sono portata a casa tutto questo e ho cercato di metterlo a frutto.

Tradizione o innovazione. Quale termine preferisci in cucina?

La tradizione come base, abbinata alla possibilità di giocare sui contrasti e sui sapori. L’innovazione non deve essere intesa nel senso classico del termine, ma come libertà di giocare in cucina.

Indicami un posto lontano, in cui “per una volta” vorresti andare?

Dopo l’esperienza del Perù, mi affascina molto il Sud America. Con questa parte del mondo, pur lontana, ho in comune l’uso delle spezie e degli agrumi.

I Weekend in Italia che vorresti fare?

Mi sono ripromessa di visitare meglio la mia Sicilia perché voglio conoscerne ogni luogo. L’Etna, per esempio, è un’emozione unica, in ogni stagione per i colori e le sensazioni che può trasmettere. Lo stesso vale per l’entroterra, per quella parte ancora agricola e il territorio dei Nebrodi, per i suoi innumerevoli prodotti.

Martina Caruso ci ha regalato una sua ricetta golosa fatta di ingredienti preziosi come il formaggio Ragusano D.O.P. Un condimento straordinario che parla della sua Sicilia per un primo piatto da mettere in tavola per il pranzo in famiglia o in situazioni più formali.

Pasta mista con crema di zucchine, cozze scapece e ragusano D.O.P.

Ingredienti per preparare la pasta

320 gr pasta mista di Gragnano

3 zucchine verdi

Olio extra vergine d’oliva

Pepe nero

1 kg di cozze

Brodo di pesce

Ingredienti per preparare le cozze Scapece (salsa)

500 gr acqua delle cozze

100 g olio extra vergine d’oliva

50 gr aceto di vino bianco

2 cucchiai di paprika

4 chiodi di garofano

3 foglie di alloro

1 cucchiaio di concentrato di pomodoro

Ingredienti per preparare la spuma al Ragusano D.O.P.:

225 gr latte

110 gr panna fresca

225 gr Ragusano D.O.P. tritato

Pepe nero

Procedimento

Preparazione della crema di zucchine In padella soffriggere le zucchine tagliate a fette, aggiungere un mestolo di acqua e farle cucinare.  Al termine frullarle. Regolare il composto di sale e pepe nero.

Preparazione delle cozze

In una padella a parte procedete con la preparazione delle cozze. Mettere 1 kg di cozze in padella e chiudere con il coperchio tenendo la fiamma alta per farle aprire. Al termine raffreddarle e sgusciarle.

Preparazione della salsa Scapece

In un pentolino portare ad ebollizione gli ingredienti indicati sopra e aggiungere l’acqua delle cozze filtrata e le cozze senza guscio.

Preparazione della spuma di Ragusano D.O.P.

In un pentolino portare ad ebollizione il latte e la panna. Aggiungere al composto il formaggio Ragusano D.O.P. tritato facendolo sciogliere bene. Aggiungere il pepe nero.

Preparazione della pasta mista di Gragnano

In una pentola portare ad ebollizione del brodo di pesce aggiungere la pasta mista e cucinarla aggiungendo, di tanto in tanto, qualche mestolo di brodo. Negli ultimi minuti di cottura aggiungere la crema di zucchine. Terminata la cottura, lasciando la pasta al dente, mantecare con l’olio extra vergine d’oliva e il parmigiano fino a ottenere un’emulsione cremosa. Servite la pasta, aggiungendo un cucchiaio di Ragusano D.O.P. e le cozze leggermente scolate dal condimento. Un rinforzo di pepe nero e voilà la Sicilia è nel piatto.

I nostri consigli per l’abbinamento

Per questo piatto è perfetto un vino bianco fermo, di media struttura, rigorosamente siciliano come un Grillo Sicilia DOC o un Alcamo Catarratto DOC o, in omaggio alla nostra amica Chef, un Salina bianco IGT




Con Ricette di Viaggio a San Sebastián, la capitale dei ristoranti stellati e dei pinchos.

Se vi piace “fare l’aperitivo” spostandovi da un locale all’altro, assaggiando di volta in volta stuzzichini, mini sandwich, crocchette e altre prelibatezze in miniatura, sappiate che questa tendenza arriva dalla Spagna, dove questi piccoli capolavori culinari dalle dimensioni ridotte si chiamano tapas. Ricette di Viaggio vi porta invece a Donostia San Sebastián, dove le tapàs si chiamano pintxos o pinchos e sono un vero e proprio fiore all’occhiello della tradizione enogastronomica. Sono considerate, infatti, le migliori di tutta la Spagna.

Pinchos o tapas?

Entrambi seguono la filosofia del finger food, cioè il cibo da mangiare con le dita, la differenza sta nella complessa elaborazione, nella fantasia nel proporre combinazioni di ingredienti sempre diversi e il risultato, anche visivo di questi capolavori gastronomici in miniatura.

Un pincho può essere uno spiedino, una crocchetta, un crostino, una tartina con acciughe, olive e peperoni sottaceto, ma nella città basca vengono privilegiati gli ingredienti locali, come baccalà, prosciutto, acciughe, funghi, maiale e formaggio. Il nome, poi, deriva dallo stuzzicadenti con cui in genere sono servite le mini pietanze.

La capitale dei ristoranti “stellati”

In tutta la Spagna ci sono sette ristoranti che possono vantare le prestigiose 3 stelle Michelin. Di questi, tre si trovano a San Sebastiàn. Considerando anche i locali “decorati” dalla famosa “guida rossa” con 2 stelle o 1 sola, la città ha nel suo medagliere un totale di 17 stelle Michelin, che la rendono una delle municipalità con la più alta concentrazione di Stelle Michelin per metro quadrato.

Ma che cos’ha di speciale la cucina basca? L’arte culinaria si è sviluppata nel corso dei secoli e la posizione “di frontiera” della città di Donostia – San Sebastiàn ha concentrato nelle sue ricette tradizionali influenze spagnole e francesi, in particolare quella della nouvelle cuisine.

Un’ influenza importante ha avuto anche la tradizione culinaria importata dagli ebrei in fuga da Spagna e Portogallo nel XV secolo. In seguito alla scoperta dell’America, poi, sono arrivati ingredienti quali le patate, il peperoncino ed il merluzzo, in particolare nella sua versione “conservata”, il baccalà. Dal mare antistante il Golfo di Biscaglia arrivano altri tipi di pesce, mentre, dall’entroterra, le verdure, i funghi, i legumi e la carne bovina, che viene cucinata alla brace e al sangue.

I piatti tipici di San Sebastiàn

Tra i piatti di pesce, assai diffuso è il marmitako, una zuppa di patate e tonno bianco. Ottima anche la zurrukutuna, una crema di baccalà, uova e peperoni. Il baccalà si trova spesso cucinato anche in umido, oppure accompagnato da deliziose salse, come il bacalao al pil-pil , oppure “a la vizcaina” . Ottime anche le txipirones, seppioline in salsa a base del loro inchiostro, e le celebri kokostas, una specialità a base di guance di pesce.

I baschi, poi, hanno un vero e proprio culto per la cottura alla brace. Sulla griglia si preparano le sardine, il pagello e la ventresca, ma anche enormi costate di manzo ed il villagodio, un particolare tagli ricavato dalla parte alta del lombo del bovino. Dalla tradizione dell’entroterra arrivano i piatti a base di selvaggina, verdure e funghi (perretxikos), come la piperrada, preparato con pomodori, cipolle e peperoni verdi, con l’aggiunta di olio di oliva e pepe. Si tratta di un piatto molto amato e “patriottico”, poiché i colori dei suoi ingredienti, il rosso, il bianco ed il verde, sono quelli della bandiera nazionale.  Il talau, invece, è un tipo di pane fritto, servito con le uova.

I prodotti della terra costituiscono la base di squisiti dolci e dessert. Con il latte coagulato si prepara la mamía, oppure la intxaursalsa, crema di latte e farina di noci. Da non perdere i cannoli alla crema fritti e la pantxineta, una millefoglie alla crema. Assai simile, ma preparato con crema di mandorle e scaglie di torrone è il franchipán, mentre, la sopa cana, è una robusta zuppa di pane, latte, miele, cannella e grasso di cappone. Legato alla tradizione è anche il Gateau Basco, un dolce a strati che alterna pasta di farina di mandorle ad un ripieno di crema pasticcera e ciliegie sciroppate.

Che cosa vedere in città: la Parte Veja

Nel 2016, San Sebastiàn è stata Capitale Europea della Cultura. La sua storia, la sua posizione invidiabile, a mezzaluna sulla Bahia de La Concha, che si affaccia sull’Oceano Atlantico, i suoi musei, le sue splendide architetture e i suoi locali ne fanno una città tutta da scoprire.

Vi suggeriamo di cominciare la visita alla città dalla Parte Vieja, che si sviluppa attorno alla centrale Plaza de la Constitución, caratterizzata da uno splendido colonnato e da palazzi dai colori vivaci e balconi che. Sulla piazza di affaccia il Palazzo del Municipio che, durante la Belle Époque, è stata la sede del Grand Casino e ritrovo per artisti, scrittori e notabili. Proseguendo in direzione nord est, merita una visita il Museo San Telmo (www.santelmomuseoa.com), ospitato in un antico convento domenicano risalente alla metà del XVI secolo. Splendido il chiostro che espone dipinti dal Rinascimento al Barocco. Nelle vicinanze, si trova la Iglesia de San Vicente, il più antico luogo di culto della città.

Attraversando, invece, Plaza de la Constitución è muovendosi in direzione est si incontra la Iglesia de Santa Maria del Coro che spicca per l’imponente facciata barocca, sulla quale si staglia una statua di San Sebastiano Martire. La cattedrale, inaugurata nel 1897, è in stile neogotico ed è l’edificio religioso più grande di San Sabastian. La torre campanaria, alta 75 metri, è il simbolo della città.

Passeggiando sul lungomare

Dalla Parte Vieja parte il lungomare che costeggia la superba Playa de La Concha, una delle spiagge urbane più famose, spettacolari e fotografate d’Europa. Proseguendo in direzione ovest, la collinetta del Pico del Loro segna il confina tra la Playa de La Concha e la Playa de La Ondarreta, un’altra splendida striscia di sabbia bianca di circa 500 metri, racchiusa tra i lussureggianti giardini del Palacio Real Miramar, che domina la collina, e il Monte Igueldo.

Non si può visitare all’interno, ma vale la pena fermarsi per scattare qualche bella foto, il Palacio Real Miramar, costruito per la regina Maria Cristina nel 1888. Oltre all’edificio principale, fanno parte del complesso anche la Casa de los Oficios, il Cuerpo de Guardia e la Porteria.  Sono invece accessibili i giardini, opera di Pierre Ducasse, che sembrano scivolare dolcemente verso la baia, come un tappeto di fiori colorati e aiuole variopinte.

Proseguendo ancora verso ovest, si trovano le indicazioni per la Funicular del Monte Igueldo, la più antica dei Paesi Baschi, attiva dal 1912, che conduce sulla cima del monte omonimo, uno dei punti panoramici più suggestivi della città.

Nelle vicinanze della stazione di arrivo si può ammirare il Torreón de Igeldo, un antico faro del XVIII secolo, con una terrazza panoramica dove ammirare una superba vista della baia e dell’Isola di Santa Clara. Una volta presa la funicolare per tornare a livello del mare, vale la pena proseguire la passeggiata fino a Punta Torrepea, l’estremità occidentale della spiaggia, per ammirare il Peine de Viento (Il pettine del vento), opera dello scultore Eduardo Chillida (1924 – 2002), una scultura astratta in ferro che nelle giornate ventose, quando il vento penetra nei fori emettendo un suono musicale.

Verso est, il porto e l’Acquario

Tornando nella Parte Vieja, un altro bell’itinerario è quello che conduce nella parte est della città, compresa tra l’estremità orientale della Bahia de La Concha ed il Parco del Monte Urgull. Da qui, attraversando il Ponte di Zurriola, si attraversa il fiume Urumea e si raggiunge il Gros, la parte nuova di San Sebastián, dove si trovano diversi ristoranti, locali, edifici moderni e la bella e più isolata Playa de Gros.

Poco distante, una delle attrazioni più interessanti della città è l’Acquario ( www.aquariumss.com); uno dei più moderni musei oceanografici d’Europa. Il pezzo forte è il tunnel subacqueo, completamente realizzato in vetro, che consente di effettuare una vera e propria “passeggiata marina” circondati da squali, mante, razze ed altri pesci.

Dal retro dell’Acquario parte un sentiero che conduce alla cima del Monte Urgull, dalla quale si può ammirare uno splendido panorama. Sulla vetta si trovano le mura difensive e quel che resta del Castello de La Mota. Sul lato nord del monte si può vedere anche il Cimitero degli Inglesi, mentre, sulla cima, si trova la scultura del Sagrado Corazón, un’imponente statua di Cristo alta 12 metri, opera di Federico Coullaut del 1950.

Il Gros, la parte nuova della città

Per raggiungere, invece, il Gros, la parte nuova della città, dal porto occorre prendere Calle Mayor e poi voltare in Alameda del Boulevard. Al civico 5, si trova il singolare Museo del Whisky (tel www.museodelwisky.com) un locale su due piani che ospita un bar e, al piano superiore una collezione di 3000 bottiglie di whisky provenienti da tutto il mondo.

Dal museo, si prosegue fino a Blv Reina Regente, per poi arrivare al Puente de Zurriola, che attraversa il fiume Urumea a conduce al Gros.  Sulla destra, in Plaza de la  República Argentina, si può ammirare lo splendido Teatro Victoria Eugenia ( www.victoriaeugenia.com), del 1912, che spicca per la superba facciata in arenaria decorata con colonne doriche e quattro gruppi scultorei che rappresentano la Tragedia, la Commedia, l’Opera ed il Dramma.

Dopo aver attraversato il ponte, procedendo sempre dritto, si arriva in Avenida. de la Zurriola, dove si trova il Kursaal (www.kursaal.org,), il Centro Congressi, che ospita, ogni anno, oltre 300 tra eventi, festival e manifestazioni. Capolavoro dell’arte contemporanea, il Kursaal è opera dell’architetto Rafael Moreo ed è il simbolo della città che guarda al futuro.

Dove passa il Camin de Santiago

L’ultima tappa dell’itinerario parte da una passeggiata sul Paseo de la Zurriola, il lungomare che costeggia la suggestiva Playa de Zurriola, la più amata e frequentata dai surfisti di tutto il mondo.

Percorrendo tutta la spiaggia fino alla sua estremità orientale, si giunge al Monte Ulia, un vero e proprio parco naturale “cittadino” che offre una splendida vista sulla città e sulla baia, grazie a due punti panoramici, utilizzati, in passato, per l’avvistamento delle balene, la Peña del Ballenero e la Peña del Rey.

Dal Monte Ulia passa anche il Camino de Santiago, che attraversa la città da est a ovest, passando dalla Bahia de la Concha .  Ritornando verso il Gros, a poca distanza dalla Stazione Nord della Renfe, merita una visita anche lo splendido Parque Cristina Enea (www.cristinaenea.org), un giardino di 94.960 mq, con sentieri, specchi d’acqua, boschetti. Nel parco sono ospitati anche pavoni, picchi, diverse specie di anfibi ed insetti e alberi di pregio come sequoie, ginko biloba e cedri del Libano.

Che dite, vi abbiamo fatto venire fame, o voglia di visitare San Sebastiàn? Nell’attesa, vi proponiamo di seguito una delle ricette più famose e facili da preparare: la Pipperada

PIPERRADA

Ingredienti

  • 2 peperoni rossi
  • 4 pomodori maturi
  • 1 peperone verde
  • 4 cipolle
  • 2 spicchi di aglio
  • ½ cucchiaio di origano
  • 4 fette di pane casereccio tostato
  • 4 uova
  • Olio EVO
  • Sale e pepe

Lavate e pulite i pomodori e i peperoni, sbucciate le cipolle e l’aglio, poi tritate grossolanamente il tutto e mettete le verdure in una padella grande insieme all’olio di oliva, il sale e il pepe. Lasciate cuocere a fuoco medio e senza coperchio per circa 20-25 minuti. Nel frattempo, tostate le fette di pane. Poco prima di ultimare la cottura, ricavate nella verdura, aiutandovi con un cucchiaio, quattro piccole conche. Rompete le uova e versatene uno per ogni conca portandolo a cottura. Spolverate le uova con sale e pepe. Servite disponendo una fetta di pane casereccio su ogni piatto e disponendo sopra di esso la piperrada.

DOVE MANGIARE

*Arzak, Av. Alcalde J.Elosegi 273, tel 0034 943 28 55 93, www.arzak.es. Con le sue tre Stelle Michelin è considerato da molti il miglior ristorante di tutta la Spagna grazie all’estro dello chef Juan Mari Arzak, che propone piatti tipici della tradizione basca, della nouvelle cuisine e piatti all’avanguardia.

*Akelarre, P. Padre Orkolaga 56 (Igeldo), tel 0034 943 31 12 09, www.akelarre.net . Tre Stelle Michelin anche per questo prestigioso locale situato su un lato del Monte Igueldo con vetrate panoramiche e vista sull’oceano. Menù degustazione € 170 a persona, bevande incluse.

*Martin Berasatequi, Loidi Kalea 4, Lasarte-Oria, tel 0034 943 36 64 71, www.martinberasatequi.com Terzo “tre stelle” di San Sebastian, si trova a circa 8 km dal centro e offre una cucina fantasiosa e leggera, con ingredienti locali e fantasia. Prezzo medio € 185

I MIGLIORI PINCHOS BAR

*La Cepa, 31 de Agosto 7, tel 0034 943 42 63 94, www.barlacepa.com, è uno dei locali più popolari con possibilità di mangiare anche seduti oltre al tipico aperitivo in piedi. Oltre ai pinchos offre anche piatti di carne e di pesce

*A Fuego Negro (31 de Agosto 31, tel 0034 650 135 373, www.afuegonegro.com. Locale alla moda molto caratterizzato dall’arredamento total black. Offre diverse ed innovative varietà di pinchos alla carta o sotto forma di piccoli menù, ed un’ampia scelta di vini e bevande.

*Meson Martin, Elkano 7, tel 0034 943 42 28 66 , www.mesonmartin.com) Locale specializzato in piatti della cucina tradizionale basca preparati con ingredienti di stagione. Ampia varietà di pintxos sia caldi che freddi

DOVE DORMIRE

*Astoria 7****, Sagrada Familia 1, tel 0034 943 44 50 00, www.astoria7hotel.com A pochi minuti dalle principali attrazioni turistiche e dalle vie dello shopping. Tutte le stanze sono provviste di aria condizionata, minibar, asciugacapelli, accesso a internet wireless gratuito. Doppia da € 67

*Hotel Barcelò Costa Vasca***, Paseo de Pio Baroja 15, tel 0034 943 31 79 50, www.barcelocostavasca.com) Hotel di design situato nella zona residenziale di Ondarrera, a soli 300 metri dalla spiaggia. Doppia da € 90.

INFO

www.sansebastianturismo.com

www.donostiasansebastian.com




Antonia Klugmann, la Masterchef che promuove la Stelvio

Venezia è una città unica al mondo, una meraviglia, un miracolo sull’acqua, un museo all’aria aperta e noi Amiche di AutoeDonna questa volta abbiamo un appuntamento speciale con chef Antonia Klugmann, una stella Michelin, prima donna giudice dell’ultima edizione di Masterchef Italia, che è stata invitato qui in una tra le location più prestigiose di Venezia: la Scuola grande di Santa Maria della Misericordia per l’appuntamento dedicato alla presentazione del progetto Ambassador di Alfa Romeo “A chi ci mette le mani”. E’ così che Alfa Romeo celebra l’eccellenza del “saper fare italiano.
Amiche di AutoeDonna eccoci a bordo della Stelvio senza menù con Antonia…


Cosa ci fai seduta su una Alfa Romeo Stelvio Quadrifoglio?
E’ un sogno diventato realtà, ho potuto guidare questa auto nei mesi scorsi e me ne sono innamorata. Io guido tantissimo perchè molto spesso devo uscire dalla nostra sede, il mio ristorante L’Argine a Vencò, tra orti e frutteti, al confine tra Italia e Slovenia in un luogo nella natura, ma un po’ sperduto. La Stelvio c’è stata di grande aiuto nei mesi scorsi con la neve…
E’ vero, l ‘auto ci aiuta proprio ad andare a cercare le bellezze della nostra Italia ma anche le eccellenze delle nostra cucina, delle nostre ricette…
Quindi “Ricette di viaggio”, ci sono state ricette storiche, ingredienti tipici ad influenzare le tue scelte?
Tutti i ricordi dei nonni sono legati in qualche modo alle antiche ricette; mio nonno pugliese è stato fondamentale per le ricette con il pomodoro, e ingredienti locali come il pesce crudo, l’olio extra vergine…; la nonna emiliana mi ha insegnato le ricette con la pasta fresca, l’amore per la manipolazione della pasta; poi c’è il nonno Klugmann di origine ebraica … Devo ringraziare i nonni per i bei ricordi e insegnamenti che mi hanno lasciato e i genitori per la libertà che mi hanno dato. Così che con il tempo, diventata una chef, e ho pensato agli ingredienti in maniera libera, secondo le mie scelte.

La cucina è femmina?
No, la cucina non ha sesso, la creatività non ha sesso, una volta erano gli uomini i padroni della creatività perchè noi donne non potevamo scegliere niente; in realtà la creatività è figlia della libertà
quindi bisogna aspettare che le donne abbiamo la stessa libertà pratica degli uomini e alla fine ci saranno tante donne e uomini a occuparsi di cucina
Antonia, cosa fai fuori dalla tua cucina, quali sono le tue passioni oltre alla guida?
La vela è stato un episodio importantissimo per me perchè mi ha riconciliato con la natura: le domeniche passate a fare regate sono un ricordo indelebile.

Sport, gusto, natura e natura ancora che torna nei tuoi piatti?
Da triestina, ho scelto di abitare in campagna, sono sempre stata attratta da questo luogo magico, il Collio, dove si produce il vino a cavallo con la Slovenia e resta ancora una natura incontaminata da scoprire, io adoro avere un ristorante in campagna..

Il tuo piatto preferito, la ricetta tipica preferita?
In punto di morte mangerò sicuramente la pasta al pomodoro, ma amo tutte le verdure, il pesce, la carne, le frattaglie…

Le tue ricette hanno una personale interpretazione degli ingredienti del territorio attraverso la costante ricerca di nuovi accostamenti e sensazioni, dove le troviamo?
Ho scritto il mio libro come “Di cuore e di coraggio” come un menù per tutti, quindi potete trovarle in quelle pagine.

Il ristorante di Antonia Klugmann
L’Argine di Vencò
Località Vencò, 34070 Dolegna del Collio GO
Telefono: 0481 199 9882




Singapore: World Gourmet Summit

Dal 26 Marzo al 5 Aprile Singapore ospiterà la 18° edizione della kermesse culinaria dedicata alle esperienze gastronomiche più esclusive; molti saranno gli chef ospiti e gli eventi in programma che catalizzeranno l’attenzione sulla Città-Stato asiatica.
Manca meno di un mese all’apertura del World Gourmet Summit, evento culinario con cui Singapore confermerà ancora una volta la propria vocazione internazionale, trasformandosi nel palcoscenico mondiale della gastronomia.
Si accendono i riflettori sui migliori ristoranti e hotel della città che brilleranno ancor di più grazie agli chef di fama internazionale che prenderanno parte ai numerosi eventi in programma. Considerato uno degli eventi di maggior successo degli ultimi anni, il World Gourmet Summit richiama ogni anno oltre 20.000 visitatori provenienti da tutto il mondo.

World Gourmet Summit

L’edizione di quest’anno promette di innalzare il livello qualitativo della scena culinaria internazionale focalizzandosi su un tema ambizioso come “The Classics”, ovvero la celebrazione e rivisitazione dei Classici, intesi nella loro accezione più ampia. Non solo quindi eccellenze gastronomiche e vinicole, ma anche esperienze culinarie raffinate ed eleganti.
Il World Gourmet Summit è, per antonomasia, celebrazione della creatività e del talento; i visitatori avranno la possibilità di vedere all’opera chef stellati di tutto il mondo che dimostreranno la loro maestria durante workshop ed eventi dedicati.
Tra gli ospiti brilleranno lo Chef Thomas Bühner, premiato con 3 stelle Michelin e conosciuto per la sua abilità di introdurre influenze esterne nella cucina francese, e lo Chef spagnolo Sergi Arola, 2 stelle Michelin, considerato fra i più talentuosi sulla scena spagnola contemporanea.
Gli appuntamenti di quest’anno comprendono randez vous con i più importanti chef del mondo, degustazioni di vini pregiati, cocktails, charity events e il prestigioso Award of Excellence, che premierà non solo i migliori vini e le eccellenze gastronomiche, ma anche meritevoli professionisti ed aziende del settore hospitality.
Da non perdere sono le cene a tema che svilupperanno il filo conduttore della manifestazione e forniranno una panoramica delle diverse accezioni di “classico”.

World Gourmet Summit

Alcune di esse sono dedicate a materie primesenza tempo, come il caviale, il whisky e il foie gras, emblemi di raffinatezza, eleganza e buon gusto. Non mancherà l’occasione per conoscere i talenti provenienti dai migliori hotel e ristoranti di Singapore, che disporranno di stand per la promozione delle location e dei prodotti in un ambiente raffinato.
Il World Gourmet Summit rappresenta una tappa fondamentale non soltanto per gli esperti del settore, ma anche per appassionati in cerca di esperienze culinarie uniche.

World Gourmet Summit

Per maggiori informazioni:
www.worldgourmetsummit.com
 www.yoursingapore.com