Sette nuovi cocktail nella drink list dell’Armani Bamboo Bar di Milano

di Benedetta D’Argenzio

È un omaggio alla collezione permanente ospitata da Armani/Silos, la nuova carta cocktail di Armani/Bamboo Bar. Suddivisa in tre distinte tematiche – Senza Tempo, Suggestioni e Stars – Silos si compone di sette drink inediti che raccontano un universo creativo e ispirazionale.

SENZA TEMPO

Greige
A base di rum, è un drink sofisticato e naturale che racchiude l’essenza stessa della mixability e della capacità di combinare stili e sensazioni diversi. Lo Zacapa 23 unito alla Mamajuana bianca, chiarificata e pungente, accompagna la morbidezza del latte d’avena e mandorle tostate.

Destrutturato

Servito in una flûte senza stelo, questo cocktail presenta colori e texture che emergono in tutta la loro singolarità. La Tequila Blanco, la crema cacao bianco e il Vermouth Carpano Antica Formula si combinano per creare un cocktail leggermente alcolico, dolce e vellutato, bilanciato da un accurato sour mix.

SUGGESTIONI

Kagemusha
Un cocktail dalle chiare note asiaticheche racchiude i profumi dei fiori di sakura presenti nel gin Jinzu. L’acidità dello yuzu, le note speziate dello zenzero e del daikon in combinazione con il tè matcha completano l’esperienza di gusto.

Matisse

Il gin Tanqueray e l’infuso alle pere e cannella incontrano il vino liquoroso francese per eccellenza, il Sauternes. Le note vivaci della Chartreuse gialla accendono una spuma di Calvados in superficie. Una pera viola cristallizzata decora il cocktail richiamando le calde nature morte di Matisse. Un cocktail dal sapore dolciastro e leggermente speziato.

STARS

Red Carpet

Frizzante e avvolgente, questo cocktail combina liquore al caffè, crème de cassis, sciroppo di amarena e caffè con l’aggiunta di Champagne. Le bollicine creano un’elegante emulsione dorata in superficie, a simboleggiare le luci della ribalta. Un drink ben bilanciato tra il dolce e l’acido.

Hollywood

Questo cocktail, a base di Bulleit Bourbon, sciroppo di popcorn e bitter al cioccolato, viene affumicato e finito di preparare al tavolo. È servito in una coppa di champagne con sfera di ghiaccio. L’affumicatura al pompelmo disidratato conferisce profumi unici alla bevanda.

SILOS

Infine, Silos, un cocktail speciale dedicato all’omonimo spazio espositivo. È realizzato con un infuso ai fiori di pisello blu, lime, cannella, anice stellato e miele a cui viene aggiunto una porzione di Ketel One Vodka. Il drink viene poi gassato e servito senza garnish, offrendo il gusto nella sua essenza.

Armani/Bamboo Bar è aperto dalla domenica al mercoledì dalle 11.00 alle 24.00 e dal giovedì al sabato dalle 11.00 alle 01.00.

Per informazioni e prenotazioni:

Ph: +39.0288838703 – armanibamboobar.milan@armanihotels.com




IL MONDO IN UN BICCHIERE: LA CACHACA SIMBOLO DEL BRASILE IN FESTA

Di Micol Bonazzoli

Le spiagge sull’Oceano, il delirio per il calcio, la samba e il carnevale, il sole che splende implacabile, l’allegria collettiva della gente e la caipirinha che scorre a fiumi. Bevanda che riassume l’essenza di un Paese unico al mondo, il Brasile. Ed è proprio qui che nasce la cachaca.

LA CACHACA, IL LIQUORE NAZIONALE

Il Brasile è davvero immenso: il più grande dell’America Latina e, per estensione, il quinto al mondo. Conta 200 milioni di abitanti di etnie diverse che convivono nel più vasto melting-pot al mondo.

Saranno anche luoghi comuni ma le mille facce del Brasile – dove ogni occasione è buona per far festa – sembrano convivere nella cachaca (o aguardiente de cana), il distillato nazionale ricavato dalla canna da zucchero, il terzo più bevuto al mondo. Anche se a consumarla è principalmente la popolazione carioca.

Nel Paese si contano 4.500 marche commerciali che distillano, ogni anno, un miliardo e 300 mila litri: il consumo interno ammonta a più di 8 litri a persona, un autentico record.

LE CARATTERISTICHE DELLA CACHACA

Del resto la cachaca è prodotto con la canna da zucchero di cui il Brasile è il primo produttore mondiale. Furono i portoghesi a importarla per ricavare il costoso brown sugar venduto nelle corti d’Europa con guadagni assai elevati.

Non a caso il nome cachaca deriva dal portoghese cagaca, ovvero la schiuma che si forma nella superficie del succo di canna da zucchero in fermentazione. La variabile qualitativa è legata all’uso della melassa o del succo di canna vergine e della distillazione in alambicchi discontinui.

La cachaca normalmente è ruvida, con una forte nota eterea, difficile da bere liscia (ma i brasiliani la preferiscono liscia) e il suo consumo è salito alle stelle quando è diventata l’ingrediente fondamentale per uno dei cocktail più richiesti nel mondo: la caipirinha (che dagli anni ‘80 ha letteralmente spopolato), o nelle famose batidas, rinfrescanti frullati alcolici con mango, cocco, papaja ed altre delizie esotiche. L’eventuale invecchiamento va dai due ai dodici anni e avviene normalmente in legno di quercia bianca brasiliana o in altre essenze tropicali di legni duri.

VIVA IL BRASILE LIBERO

Per correttezza storica, va ricordato che la cachaca divenne anche il simbolo dell’autonomia del Paese, in netta contrapposizione all’imperialismo portoghese, con moti che culminarono nel 1822 nella dichiarazione di indipendenza. Tutto ciò dopo sanguinose rivolte, che coinvolsero le fasce più povere della popolazione, stanca della schiavitù e delle vessazioni nei campi e nelle miniere. Bere cachaca, insomma, significava volersi ribellare ai conquistadores. A coronamento della lunga storia della cachaca è arrivato nel 1994 il riconoscimento di “prodotto culturale rappresentativo del popolo brasiliano”.

COME SI BEVE LA CACHACA

L’unico abbinamento interessante – per gli amanti delle sensazioni forti – è la preparazione di una fresca caipirinha con zucchero di canna, molto lime e ghiaccio ed utilizzarla, alla stregua di un ottimo vino rosso, da sorseggiare con un abbondante grigliata di carne mista. Oppure, come va di moda ora in Brasile, abbinandola a frutta esotica.

 




IL MONDO IN UN BICCHIERE: TEQUILA, TUTTO IL FASCINO DEL MESSICO

Dai templi aztechi ai deserti, dalle spiagge assolate alle feste dei campesinos, la tequila che è distillato di agave sintetizza colori, paesaggi e sapori di un Paese magico nell’immaginario collettivo

Di Micol Bonazzoli

Il Messico è uno dei Paesi più visitati al mondo. Le bellezze naturali e storiche sono tante: dalle rovine dei templi atzechi alle spiagge di Tuloum, dalle megalopoli come Mexico City e Cancun, dalla perla di Acapulco alle zone desertiche ai villaggi dei campesinos che traboccano di bar con musica, cibi piccanti e tequila.

Bevetela in qualsiasi parte del mondo ma la tequila accende, nel palato e nell’inconscio, innumerevoli immagini di quel Paese straordinario. Perché’ la tequila è lo spirito del Messico e la sua origine si intreccia con la storia delle popolazioni azteche, che abitavano il Paese prima dell’arrivo dei conquistadores di Cortez.

Come si produce

La tequila è un distillato ottenuto dalla fermentazione e distillazione dell’agave blu. Il processo produttivo prevede che le agavi Azul cresciute per 6 anni (spesso anche dagli 8 ai 12), al raggiungimento della maturità “sessuale”, vengano tagliate prima che incomincino a produrre il caratteristico stelo, alto anche 5 metri, con in cima il tipico fiore giallo.

I jimadores, contadini specializzati nel taglio delle agavi, eliminano le foglie esterne liberando così il cuore della pianta che assomiglia ad un gigantesco ananas o pigna chiusa che pesa dai 10 ai 50 kg. Queste pigne vengono ancora tagliate e cotte a vapore, in modo che gli zuccheri si possano liberare. Prodotta da oltre un centinaio di aziende con 130 brand diversi, la tequila messicana si suddivide in diverse tipologie: Premium, Mixto, Blanco, Joven, Reposado, Anejo, extra Anejo.

Qualche curiosità sulla Tequila

Prima dell’arrivo dei conquistadores spagnoli nel 1500 i sacerdoti consumavano succo di agave fermentato, per entrare in una sorta di trance necessario per “parlare” con Dio. Con gli spagnoli e la distruzione della casta sacerdotale e nobile, il consumo si diffuse fra gli strati più bassi della popolazione, mentre gli spagnoli non apprezzarono mai tale bevanda.

Nel 1753 viene fondata la “Antigua Cruz”, prima distilleria della storia che verrà chiusa non per suoi demeriti ma per decreto spagnolo nel 1785. Paradossalmente questo divieto, decaduto dieci anni dopo, permise di avere eccezionali acquaviti in vendita nei locali. Difatti le taverne non gettarono il distillato ma lo stoccarono dentro le botti in attesa di tempi migliori, cosa che si rivelò vincente per l’invecchiamento. La tequila ha avuto un successo planetario grazie al turismo americano ed europeo, che riversava ogni anno, lungo le coste assolate migliaia di vacanzieri in cerca di sole e divertimento.

Altro momento importante fu la Seconda Guerra Mondiale: poiché era impossibile approvvigionarsi di pregiati distillati dall’Europa e le industrie americane erano impegnate ad ottenere alcol per autotrazione e per il sostentamento dell’esercito, la tequila divenne il prodotto più consumato nei locali, specie di confine, per la mancanza di Bourbon e Gin.

Come si consuma la Tequila

Tradizionalmente in bicchieri piccoli, con sale e lime da spalmarsi sul dorso della mano e sulle labbra. A parte quelle invecchiate, da bere lisce, i cocktail a base di tequila hanno avuto un’importanza fondamentale per la diffusione del distillato negli Stati Uniti (da solo assorbe il 60% della produzione), e dunque per la preparazione di cocktail.

Tra i più famosi il Margarita, Tequila Sunrise e Long Island. Senza dimenticare i mitici chupitos, o tequila bum bum (con 1/3 di acqua tonica), sbattuti sul tavolo e inghiottiti tutto d’un fiato.




IL MONDO IN UN BICCHIERE: COGNAC, TUTTA LA GRANDEUR DELLA FRANCIA

Cognac è una cittadina del nord-ovest della Francia, sopra Bordeaux. Che merita un viaggio per scoprirne il fascino antico, e ogni fase di produzione del loro liquore nazionale, difeso con legittimo orgoglio.

Di Micol Bonazzoli

COGNAC, UN AROMA E UN GUSTO RICCHI DI STORIA

Versatene due dita in un bicchiere tipo balloon impugnandolo con il palmo della mano, fatelo oscillare per alcuni secondi: il calore delle mani aiuta a liberare gli aromi. Assaporateli, poi sorseggiatene un sorso facendolo prima roteare sul palato.

D’incanto, la vostra immaginazione si accenderà di sequenze abbaglianti. Le armate di Napoleone in marcia, i moschettieri in difesa della regina, i Miserabili dei bassifondi parigini, i bateaux-mouche che sfilano sulla Senna sfiorando la tour Eiffel che domina la metropoli, le verdi e tranquille campagne francesi, i ristorantini curati in ogni dettaglio e, in sottofondo, le note della Marsigliese.

Se esiste al mondo un liquore che, già all’olfatto, identifica il Paese madre, questo è il cognac. Per la verità Cognac è una deliziosa cittadina in pietra calcarea, accarezzata dal fiume Charente dove dominano le possenti torri del castello. Non a caso il calcare e il fiume ne sono gli elementi essenziali.

DOVE E COME NASCE IL COGNAC

Per capire cosa significa il cognac va detto che le viti – per la produzione del vino bianco base – si estendono su 800 mila ettari, la produzione occupa 50 mila addetti suddivisi fra 200 produttori di vino e un centinaio di distillerie. Il cognac è un distillato di vino prodotto sulla costa occidentale della Francia, a nord di Bordeaux.

La prima distillazione di cognac viene fatta risalire al 1549, quando gli olandesi, che acquistavano vino e sale in queste contrade, insegnarono agli abitanti a distillare il vino mentre la coltura della vigna è decisamente più antica e prosperava all’interno delle abbazie per ragioni legate alla liturgia della messa e per l’uso alimentare che si faceva del vino. Nel 1909 fu stilato un disciplinare per bloccare il proliferare delle imitazioni (brandy, tanto per capirci) in molti paesi di tradizione enologica come Italia e Spagna.

LA QUOTA DEGLI ANGELI

Il primo e più importante segreto per produrre un cognac pregiato è il vino di base che deve essere bianco, molto fresco, pulito, non aromatico e con una bassa gradazione alcolica. Anche le botti in legno rappresentano un ingrediente che contribuisce alla determinazione della qualità del prodotto.

Per le tempistiche solitamente un brandy riposa per non meno di 3/5 anni in botte; ma esistono distillati che raggiungono la piena maturazione con 10 anni di affinamento, fino ad arrivare a 30/40. L’evaporazione libera nell’aria – ogni anno – circa il 2% di tutta la produzione, pari a circa 20 milioni di bottiglie. Per sottolinearne l’enfasi i produttori hanno coniato il poetico nome, la “Part des anges”, la parte degli angeli.

COME DEGUSTARE IL COGNAC

Il cognac è un liquore da meditazione, magari da accompagnarsi con cioccolato amaro o un buon sigaro. In alcuni ma rari casi viene utilizzato per cocktail, il più famoso si chiama Sidecar.

Si può anche bere a tavola con carne di cacciagione, speziata e preparata in maniera da avere una struttura pari a quella del cognac. In Francia si preparano ottime scaloppine o gamberi stufati cucinati sfumando un bicchiere di distillato.




IL MONDO IN UN BICCHIERE: IL GIN OLANDESE CHE SPOPOLA A LONDRA

Nella Londra dell’800 come in quella di oggi, un mix di splendori architettonici e strutture di avanguardia, con il suo aroma di ginepro il gin è il liquore nazionale. Anche se è nato in Olanda 

Di Micol Bonazzoli

Il clima e l’atmosfera

Cielo quasi sempre plumbeo, pioggia spesso incessante, umidità che penetra nelle ossa, umore al ribasso. Le auto che circolano a sinistra, i bus a due piani, i taxi tipicamente riconoscibili. Nonostante Londra sia una delle metropoli più affascinanti del mondo, ricca di capolavori architettonici e strutture all’avanguardia, viverci non è facile e neppure farci una vacanza.

Ecco perché’ i londinesi spesso si rifugiano nei pub, per una tradizionale birra ma anche per tirarsi su con un gin tonic o un gin fizz. Perché, come sosteneva Churchill “Il gin tonic ha salvato più vite e menti di inglesi che tutti i medici dell’Impero”.

La nascita del gin

Secco e incolore, il gin si ottiene dalla distillazione di un fermentato di frumento e orzo in cui viene messa a macerare una miscela di spezie, erbe, radici, e le famose bacche di ginepro, che ne conferiscono quel preciso profumo e gusto. Di origine olandese, ebbe una svolta storica con la caduta di Anversa, nel 1585.

La metà della popolazione fuggì portando con sé il proprio gin. L’Inghilterra inviò una spedizione tentando invano di salvare la città, ma fu così che gli inglesi scoprirono il gin, che chiamarono Dutch Courage, il goccetto che dava coraggio ai soldati olandesi. In realtà il gin è uno dei liquori più antichi al mondo, nonché una delle bevande più conosciute ed apprezzate.

La diffusione in Inghilterra

Il gin divenne popolare in Inghilterra nel 1688, quando Guglielmo d’Orange salì al trono portando con sé “l’acqua aromatizzata” dall’Olanda. Nel diciottesimo secolo a Londra il gin era considerato come una droga: era economico, riscaldava le pance vuote e procurava sollievo da una vita dura e brutale.

L’eccessivo consumo creò problemi sociali: le bettole londinesi che vendevano gin, per la prima volta concessero alle donne di bere insieme agli uomini e il gin ebbe l’appellativo di “Mother’s Ruin”, la rovina delle madri, perché si credeva che questa nuova abitudine inducesse le madri a trascurare i figli e condurle alla leggerezza di costumi sotto gli effetti dell’alcol.

Il gin, un fenomeno pericoloso

Nel 1730, a Londra si trovavano circa settemila negozi di gin. La classe operaia di quel periodo consumava il distillato senza controllo e in grandi quantità. In quegli anni una parte del salario degli operai veniva corrisposta in liquore e le conseguenze furono disastrose: l’incremento dell’alcolismo raggiunse livelli molto pericolosi.

Qualche curiosità sul gin

I soldati britannici che occuparono il continente indiano intorno al 1800, dovettero fronteggiare un nemico a loro sconosciuto, la malaria. Per arginare i primi decessi i medici ricorsero al chinino antimalarico, derivato dalla corteccia degli alberi di Cinchona, efficace ma dal gusto orribile. I soldati lo mischiarono con zucchero e aggiunsero del gin per smorzare l’intensa amarezza. E fu così che nacque il gin tonic, uno dei cocktail più apprezzati.

Come si beve il gin

Il gin è un liquore che non si consuma liscio. Serve quale base per vari cocktail: tra più famosi il Gin tonic, long drink a base di gin (1/3) e acqua tonica (2/3), con aggiunta di ghiaccio e fettina di limone. Molto diffuso anche il gin lemon o gin fizz (6/10 di gin), 4/10 lemon soda e 4 gocce d’angostura (opzionale). Servire con ghiaccio.




IL MONDO IN UN BICCHIERE. DALLA SCOZIA AI CONFINI DELLA TERRA CON UN SORSO DI WHISKY

Il vento gelido dell’oceano, i profumi di torba, i cereali tostati con l’acqua limpida dei ruscelli, il fascino dei castelli medioevali e delle Highlands. È qui che è nato il liquore più conosciuto e consumato al mondo  

Di Micol Bonazzoli

DOVE NASCE IL WISKY

C’è un viaggio speciale che si programma da anni con religiosa regolarità, ed è quasi sempre full. Si chiama Scotland Whisky Tour e vi accompagna alla scoperta della selvaggia bellezza della Scozia, con visite guidate nelle più famose distillerie di whisky. Già, perché’ il liquore più conosciuto e consumato al mondo è nato qui, e viene prodotto da oltre 100 distillerie che sfornano, ciascuna, un milione di bottiglie l’anno.

Lo Scotland Whisky Tour si snoda fra Edimburgo, il lago di Inverness e quello di Loch Ness, i resti dei castelli medioevali, le Highlands, le colline verdi popolate da milioni di pecore. Con soste spesso allegre in brand quali Oban, McCallan, Cutty Sark, Johnny Walker, J&B, White Horse.

E la distilleria Talisker, costantemente sferzata dalle onde gelide dell’oceano. Assaporate una sorsata di Talisker all’aperto, in riva il mare, magari degustando frutti di mare crudi e sarà un’esperienza indimenticabile.

Anche se dovunque, dalle rocce a picco sul mare, lungo i limpidi ruscelli, nei porticcioli, nei pub dove ancora si fa musica con le cornamuse, l’olfatto si impregna dei sentori amarognoli e speziati dell’whisky, che ormai appartiene a tutto il mondo ma vanta orgogliosamente le sue origini qui, in Scozia.

LE SUE CARATTERISTICHE

Il nome sembra derivi dal gaelico scozzese uisge (cioè acqua di vita), e si suddivide in tre tipologie. Di malto, cioè ricavato dalla distillazione di solo orzo, dunque single malt, blended ottenuto dalla miscelazione di whisky di cereali e single grain, oppure di cereali ovvero fatto con orzo, mais e frumento.

Da non dimenticare il torbato, ovvero con quel sapore tipico di carbone vegetale che si forma sui fondali d’acqua. Dopo la distillazione viene più o meno invecchiato in botti di rovere vecchie per un certo numero di anni.

UNA STORIA UNIVERSALE

In Scozia la prima registrazione ufficiale di una distilleria risale al 1494, ma molte distillavano clandestinamente, così come succedeva in Irlanda che ne contesta la primogenitura e perfino la definizione (loro lo chiamano whiskey).

Ma il whisky, che oggi viene prodotto in tutto il mondo, conobbe grande espansione quando divenne uno dei simboli dell’indipendenza americana. Pochi sanno che George Washington, primo presidente degli Stati Uniti, lasciata la politica, investì i suoi risparmi in una distilleria che ebbe subito fortuna, producendo 4.000 litri di distillato all’anno.

BEVETELO COSI’

Secondo i cultori va consumato assolutamente liscio, con qualche accorgimento. Essendo liquore da meditazione, grande importanza ha il bicchiere (tradizionale old fashioned) che ne sprigiona aromi e sapore in quanto la degustazione comincia dal naso. Niente ghiaccio perché’ lo annacqua e lo raffredda troppo, mentre è consigliabile alternarlo a sorsate di acqua di qualità.

Il sapore è così particolare che è anche difficile coniugarlo con altri liquori per farne dei cocktail. Il più famoso è l’Irish Coffe, seguito dal Manhattan inventato dalla madre di Winston Churchill e infine GodFather, nato negli anni 30 per celebrare in padrini della nuova mafia italo-americana.




Il MONDO IN UN BICCHIERE. CARAIBI, COME E DOVE GUSTARE IL MIGLIOR RHUM

Una vacanza nei Caraibi fra spiagge tropicali, mari da favola, isole dei pirati, pescado fresco non può prescindere dal rhum, bevanda storica che ora trionfa nei cocktail party di tutto il mondo

Di Micol Bonazzoli

LE ISOLE DEL RHUM

Molti giurano che sia la collana più preziosa al mondo, e infatti vengono chiamate perle del Caribe quella manciata di isole e isolette sparse nei mari che separano l’America del Nord da quella del Sud. Luoghi da sogno per spiagge, acque cristalline, clima tropicale, cibo gustoso, musica, allegria della gente, tradizioni e storia. Non c’è che da scegliere fra Cuba, Jamaica, Repubblica Dominicana, Haiti, Guadalupa, Antigua, Cayman, Grenada, Virgin Island, Trinidad e Tobago, Saint Martin e Santa Lucia.

Oasi che ventano un comune fil rouge: quel sapore di rhum che, invecchiato o miscelato in una varietà infinita di cocktail, sprigionano un aroma e un sapore che accende la fantasia. Sorseggiatelo e chiudete gli occhi. Come in un film di Johnny Depp avrete visioni di assalti navali, duelli di spada, spingarde, pirati con l’uncino o la benda sull’occhio.

Il rhum o ron (come lo chiamano gli spagnoli) era la bevanda in assoluto negli anni d’oro della pirateria dei Caraibi. Ma l’origine è lontana: la distillazione della canna da zucchero iniziò nell’antica India e Cina. Il merito della sua diffusione nei Caraibi è di Cristoforo Colombo che nel 1493, durante la seconda spedizione, portò canna da zucchero da trapiantare. Humus e clima erano così favorevoli che la pianta si diffuse massicciamente in tutto il Sud America.

LA CARTA D’IDENTITA’

Il rhum nasce dalla distillazione della melassa di canna da zucchero o dal suo succo. Il termine pare derivi da saccharum officinarum, nome scientifico che i monaci davano alla pianta. Prodotto in tutti i Paesi del Centro e Sud America (7 milioni di bottiglie l’anno), il rhum può essere bianco (trasparente, leggero, profumato), oro (di color rame chiaro per la maturazione in botti di quercia), scuro (corpo pieno e ricco di caramello) anejo (cioè invecchiato in quanto miscelato da diverse annate) o anche speziato (con aggiunta di frutta o spezie). La gradazione alcolica minima è 37,5 gradi.

TRA STORIE E LEGGENDE DI PIRATI

In epoca di bucanieri il rhum era l’immancabile protagonista di vittorie, razzie, conquiste di vascelli e orge che ne seguivano. I più famosi pirati della storia marinara, Sir Francis Drake, Capitan Kidd, Sir Henry Morgan e Sir John Hawkins, ne distribuivano due pinte al giorno a ogni marinaio. Quando lord Nelson morì nella vittoriosa battaglia di Trafalgar, per trasportarlo a Londra il suo corpo venne messo in una botte di rhum. Piena. All’arrivo la botte era vuota: con dei forellini i marinai avevano bevuto il rhum e anche il sangue di Nelson.

COME SI BEVE

Il posto più famoso per degustarlo è la Bodeguita del Medio all’Avana, dove Hemingway era di casa. Il rhum invecchiato va consumato liscio: come un cognac. Magari con un buon sigaro Cohiba. Il più famoso è il Matusalem.

Oppure viene usato come base per una quantità infinita di cocktail e long drink. Tra i più famosi il Daiquiri: versare in uno shaker il rhum bianco (45ml), il succo di lime (25ml) sciroppo di zucchero (10ml), aggiungere il ghiaccio a cubetti e shakerare.

Famosissimo anche il Mojito (rum bianco e profumato con foglie di menta pestate assieme a zucchero di canna, succo di lime, ai quali aggiungere angostura, ghiaccio e soda).

Per non dimenticare Cuba Libre (versare nel tumbler alto dei cubetti di ghiaccio, 5 cl. di rhum bianco, qualche goccia di succo di lime e di angostura. Completare con 10 cl. di coca, mescolare e guarnire con fettina di lime). L’origine del nome è curiosa: potete invertire le dosi, tanta Coca e pochissimo rhum ma sarà sempre il sapore del rhum a prevalere. Nei lunghi anni della guerra fredda fra Cuba e Usa simboleggiava l’orgoglio del ribelle caraibico che si oppone alla prepotenza Usa.




IL MONDO IN UN BICCHIERE: RUSSIA, QUEL SENTORE GHIACCIATO DI VODKA

Di Micol Bonazzoli

Ormai tra aperitivi, cene, e degustazioni alcune bevande e cocktail sono entrati a fare parte della nostra quotidianità, ma vi siete mai chiesti da dove vengono? Cominciamo con questa rubrica un viaggio attorno al mondo alla scoperta delle origini di quelle più famose E se vi capita di viaggiare in questi luoghi, non potete non togliervi il gusto e il piacere di gustare il migliore il liquore o il cocktail proprio nel luogo da cui ha avuto origine.

Iniziamo dalla Russia, che ha dato i natali alla Vodka, poi declinata in molteplici versioni aromatizzate o come ingrediente di colorati e sfiziosi cocktail, alcuni dei quali sono diventati famosi almeno quanto la bevanda principale. Nel grande Paese delle meraviglie di San Pietroburgo, Mosca, Odessa, delle steppe sterminate e innevate la vodka non evoca solo sapori magici, ma è una vera e propria icona che affonda le radici nella storia

Ogni viaggio nella grande Russia, scriveva Puskhin, è una raccolta di emozioni che ci si porta per sempre nel cuore. Non solo perché è il Paese più grande del mondo (6 fusi orari, 314 etnie, 9 confini), ma perché’ vanta una assoluta varietà di arte, cultura, tradizioni, capolavori architettonici, storia, profumi e sapori.

Un magico affresco che si dipana fra distese innevate, boschi imbiancati, steppe infinite, i capolavori di San Pietroburgo che ne fu per secoli capitale e sede degli zar, l’austera Mosca, la seducente Odessa affacciata sul mar Nero, la gelida Vladivostock, oppure la transiberiana che ancora oggi, in una settimana di viaggio, collega gli Urali alla Siberia.

A parte il caviale (prelibatezza per pochi) sapori e profumi di Russia sono abbastanza simili dovunque, dal mitico borsci alle zuppe di cavolo con panna acida, ma il comune denominatore assoluto è la vodka (termine derivato da “voda”, acqua), il cui profumo inebria tutti da secoli. Dai servi della gleba ai nobili, dai rivoluzionari bolscevichi ai papaveri del potere. Tanto da essere diventata un’icona della tradizione russa.

LA SUA “CARTA DI IDENTITA’”

Distillato di cereali (orzo, segale, grano) o patate fermentate, la vodka è cristallina e incolore, con una gradazione alcolica minima di 40 gradi. Viene prodotta anche in varianti aromatizzate; con miele, spezie, ciliegie, pesca o frutta esotica. La sua diffusione in Europa è dovuta a Napoleone e, nel mondo, ai nobili zaristi rifugiati all’estero dopo la rivoluzione bolscevica. Molti brand portano nomi altisonanti come Smirnoff, Eristoff, Keglevich, Romanoff.

LA VODKA TRA STORIE E LEGGENDE

Primo ad autorizzarne la distillazione fu Ivan il Terrribile, ma i contadini potevano produrla e berla solo se autorizzati dal padrone. Durante l’invasione francese del 1812, per sostenere il morale delle truppe russe congelate dal Grande Inverno, vennero inviate al fronte 5 milioni di bottiglie. Narra una leggenda che i cavalieri cosacchi, durante una battaglia, si trovarono di fronte un lago che ne bloccava la marcia. Un pope che li accompagnava benedisse l’acqua del lago trasformandola in vodka: cavalieri e cavalli la bevvero, attraversarono il lago e sconfissero il nemico.

COME SI BEVE

I russi sostengono a temperatura ambiente (7 gradi sottozero), prima e dopo i pasti. Ma ogni occasione è buona: una sosta sulla Piazza Rossa, una visita al Palazzo d’Inverno di San Pietroburgo, ammirando le cupole della chiesa di San Basilio, durante una sosta nelle steppe. La vodka si può consumare liscia o come base per cocktail.

Tipo il Bloody Mary (vodka neutra ghiacciata, succo di pomodoro e di limone, tabascosalsa Worcester, sale e pepe), oppure il Black Russian (5,0 cl di vodka, 2,0 cl di liquore al caffè, versare gli ingredienti nel bicchiere old fashioned con cubetti di ghiaccio).

Oppure il Vodka Martini, cocktail reso famoso da James Bond. La vodka serve a rinforzare il sapore delicato di erbe del vermut e la scorza schiacciata per rilasciare gli oli essenziali. Niente olive.




Il giro d’Italia in sei cocktail! Provateli per le feste

Che siano francesi o italiane, le bollicine sono da sempre un ingrediente fondamentale per l’alta miscelazione. La storia narra di cocktail a base di Champagne sin dall’Ottocento, quando, poche gocce di Angostura su una zolletta di zucchero, rendevano ancor più piacevole la pregiata bevanda.

In Italia invece i cocktail con il prosecco si legano al rito dell’aperitivo. Il Negroni Sbagliato, nato a Milano nello storico Bar Basso, o il celebre Spritz sono solo due esempi della grande varietà di drink che si possono preparare con questo versatile prodotto. Ogni distillato ha poi la sua ricetta; il gin – magari un italianissimo Ginepraio – nell’antico French ’75 (con Gin Ginepraio, succo di limone, zucchero e champagne) o il Bourbon nel Bourbon & Bubbles, preparato con il tradizionale ‘whisky del Kentucky’, il Jim Beam (con bourbon Jim Beam, sciroppo di zucchero, succo di limone, angostura e champagne).

Seguendo le tappe italiane segnalate dall’app gratuita scaricabile online, la Guida ai migliori cocktail bar d’Italia di BlueBlazer, si scoprono queste sei varianti di grandi classici che vedono, come protagoniste, proprio le bollicine.

Da Venezia, con il celebre Bellini, ispirato al colore utilizzato dal pittore in un suo famoso quadro, a Roma, dove il cocktail trova la sua espressione in ricerca e sperimentazione, fino a Torino, dove il recente Salone del Gusto, ha ospitato, per la prima volta e con grande successo, uno spazio dedicato esclusivamente ai cocktail.

E la miscelazione è sempre più al femminile, con barlady di livello internazionale come la romana Giulia Castellucci, di cui vi proponiamo una ricetta, o l’ucraina, naturalizzata italiana, Solomiya Grytsyshyn, unica finalista al recente Premio Strega Mixology e protagonista dell’unico programma televisivo italiano dedicato alla miscelazione, Spirits – I Maestri del Cocktail, in onda sul Gambero Rosso Channel.

Un bere bene e con responsabilità che è sinonimo di qualità, che è paragonabile all’alta gastronomia, come spesso ricordato e proposto da manifestazioni ormai di grande respiro internazionale che si tengono in Italia, da ShowRUM al Roma Whisky Festival. Come vi proponiamo di seguito, ce n’è per tutti i gusti…

L’AVION

BARMAN: Mario Farulla del Ristorante Baccano di Roma

INGREDIENTI:

  • 30 ml Liquore H Theoria Hystérie
  • 30 ml Seedlip Garden
  • 10 ml Sciroppo di mandarino chiarificato
  • 1 drop Bitter alla liquirizia
  • 0.5 gr Acido Citrico
  • Top Champagne Jacquart

PREPARAZIONE

Versare tutti gli ingredienti in un mixing glass precedentemente raffreddato. Mescolare leggermente. Filtrare il liquido in una coppa contenente un unico blocco di ghiaccio. Completare con un top di Champagne Jacquart.

CANEVA (drink veneto del mixology bar del Salone del Gusto 2018)*

REALIZZATO DA: I MAESTRI DEL COCKTAIL BlueBlazer

INGREDIENTI

  • 10 ml grappa Casta
  • 30 ml Liquore delle Sirene
  • Fill di Prosecco
  • Top Soda

PREPARAZIONE
Versare tutti gli ingredienti in un bicchiere da vino rosso. Colmare il bicchiere di ghiaccio e mescolare delicatamente il liquido. Completare riempiendo il bicchiere di prosecco. Decorare con una buccia di limone.

*Caneva è uno dei drink ideati da I Maestri del Cocktail – BlueBlazeR per il Salone del Gusto Terramadre 2018. In omaggio allo spirito di Slow Food, il mixology bar dell’enoteca di Palazzo Reale è stato infatti dedicato al tema: cocktail internazionali, materie prime regionali. Globale e locale al tempo stesso, proprio come il Salone del Gusto, la drink list proponeva sette grandi cocktail classici (Boulevardier, Collins, Negroni, Americano, Ti’ Punch, Mule, Spritz) rivisitati con liquori, distillati e materie prime provenienti da altrettante regioni. Il Caneva è una variante dello Spritz, preparato però con una grappa di nuova generazione veneta, Casta e un bitter proveniente dal lago di Garda, il Liquore delle Sirene.

OUR FAMOUS BELLINI (considerato dagli esperti il miglior Bellini di Venezia)

BARMAN: Marino Lucchetti del Londra Palace di Venezia

INGREDIENTI

  • Polpa di pesca bianca
  • 1 lampone
  • Fill di Prosecco

PREPARAZIONE

Spremere a mano la polpa di una pesca bianca insieme ad un lampone. Versare il contenuto in un flute ben freddo. Colmare con il prosecco.

FLY ME TO THE MOON

BARMAN: Marco Ricetti dell’Inside di Torino

INGREDIENTI

  • 20 ml China Martini
  • 10 ml di Martini Bitter Riserva Speciale
  • 2 barspoon di polpa di passion fruit
  • 3 dashes di bitter al tabacco
  • 60 ml di Berlucchi 61 Brut

Tecnica: Throwing

THE ORIGINAL CHAMPAGNE COCKTAIL

BARMAN: Alessandro Antonelli dello Sky Stars Bar dell’A.Roma Lifestyle Hotel di Roma

INGREDIENTI

  • Una zolletta di zucchero
  • 20 ml di Hine Cognac
  • Alcune gocce di Angostura Bitter
  • Champagne Jacquart

PREPARAZIONE

Posizionare la zolletta sul fondo di un flute ben freddo. Imbevere la zolletta di zucchero con le gocce di bitter ed il cognac. Colmare il bicchiere di champagne.

SARTO SBAGLIATO

BARLADY: Giulia Castellucci del bar Co.So. Cocktails&Social di Roma

INGREDIENTI

  • 40 ml di Liquore Biancosarti
  • 40 ml di Martini Riserva Speciale Ambrato
  • 1 cucchiaino di Riduzione di aceto di lamponi
  • Top di Prosecco

PREPARAZIONE
Il drink è nato per la manifestazione “Vinoforum” di Roma, alla quale Co.So. ha partecipato, si presenta come una rivisitazione del classico Negroni Sbagliato bianco. L’elemento che lo caratterizza è la presenza della riduzione di aceto di lamponi, in quanto per la manifestazione romana si doveva usare un prodotto come il vino o un suo derivato. Il drink, in pieno stile Co.So., rappresenta la contaminazione tra cucina e bar, avendo utilizzato una preparazione come la riduzione di aceto di lamponi nel bar.

 




Sushi a Milano – 5 posti Top

La Sushi-mania ha ormai preso piede un po’ ovunque. In Italia questo fenomeno si può riscontrare soprattutto a Milano, che come sempre si distingue per curiosità e cosmopolitismo. Ecco che allora da qualche anno sono spuntati, un po’ come funghi, ristoranti giapponesi in ogni dove. Per venire incontro alle diverse tipologie di cliente sono nati ristoranti che propongono la formula “All you can eat”, ovvero un prezzo fisso col quale si potrà ordinare fino a sazietà. I ristoranti più sofisticati mantengono invece il solo menù alla carta, o al massimo propongono un menù fisso.

Allora come destreggiarsi in questa moltitudine di possibilità?

Ecco le nostre 5 proposte che di sicuro accontenteranno ognuno di voi:

 

#Iyo – Via Piero della Francesca, 74

Cominciamo alla grandissima. Se è l’unico ristorante giapponese in Italia ad avere una stella Michelin un motivo ci sarà.

Il termine “iyo” deriva da “ukiyo”, ossia “mondo fluttuante”. Ed è proprio così che ci si sente in questo ristorante: sospesi nel tempo. Tutto è pensato per regalare emozione e creare un’esperienza indimenticabile.

Piatti prelibati e profumatissimi escono dalla spettacolare cucina a vista, guidata da Michele Biassoni, mentre al centro del locale troneggia il banco del sushi, capitanato dal Maestro Haruo Ichikawa.

Il ristorante offre una serie di proposte che – partendo dai classici del Sol Levante – si estende ad interpretazioni fusion, creative e occidentalizzate, il tutto realizzato con le migliori materie prime italiane. A completare il quadro, un servizio attento e premuroso.

02 454 76 898
info@iyo.it
Orari: 12.30-14.30 | 19.30-23.30
chiuso il lunedì pranzo e cena e il martedì a pranzo

Prezzo medio:80-100 euro

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#Bomaki – Corso Sempione,10 / Largo la Foppa,1 / Via Sanzio, 24 

Il capostipite, aperto nel 2013, è quello di Corso Sempione. L’idea è risultata vincente e nel corso degli anni sono stati aperti altri due ristoranti. Il Bomaki ha conquistato i palati più esigenti con l’innovativa proposta di una food&drink experience nipponica accostata ai profumi e ai colori brasiliani, in un’atmosfera easy-chic. Un continuo gioco di sapori e ingredienti creativi ed inediti tutti da scoprire, da abbinare a rinfrescanti pestati di frutta fresca tipica del più grande Paese del Sud America.

In zona Garibaldi, nasce #BomakiFoppa il secondo della famiglia che offre in più alcune chicche davvero gustose come i deliziosi burritos in stile jap, ovvero crepes di soia leggerissime che avvolgono salmone, pollo o picanha grigliata con ingredienti insoliti come guacamole, jalapeno o il cheddar cheese. Ottimo nel Bomaki Sanzio il Salmone spicy burrito, farcito con tartare di salmone, spicy cream, gambero in tempura, guacamole, insalata e pesca.

Bomaki Sempione:

Orari: 12.30-15.00 / 19.30-24.30 (chiuso sabato a pranzo) Tel. 02 3360 3346

Bomaki Foppa:

Orari: 12.30-15.00 / 19.30-24.30 Tel. 02 39 66 33 08

Bomaki Sanzio:

Orari: 12.30-15.00 / 19.30-24.30 Tel. 02 39 56 33 18

 

collagebomaki

#Temakinho – Ripa di Porta Ticinese, 37 / Corso Garibaldi, 59

Un’altra fusione tra Giappone e Brasile, che tanto piace ai milanesi.

Temakinho è diventato uno dei locali più chiacchierati di Milano. Di conseguenza, è sempre pieno e si fa fatica trovare posto, quindi è caldamente consigliata la prenotazione anche con qualche giorno di anticipo.

L’attenzione per la materia prima, il processo e la sostenibilità è quasi maniacale.Il pesce e gli accostamenti sono ottimi, è vero. Eppure, esiste una cosa ancora più fantastica: accompagnare dell’ottimo sushi con una Caipirinha bella carica ai gusti più disparati o, in alternativa, con un frullato. Chiaramente consigliatissimi i Temaki.

Temakinho Navigli:

Chef Marcia Nunes Costa / Aperto tutti i giorni 12-15; 19-24  Tel.02 8356134

Temakinho Brera:

Chef Gustavo Dore Vieira / Aperto tutti i giorni 12-15; 19-24 Tel.02 7201 6158

temakinho

 

#Poporoya – Via Bartolomeo Eustachi, 17-20


Primo ristorante giapponese a Milano. Fondato nel 1987 dal maestro Hirazawa Minoru, detto Shiro, come negozio di alimentari, affiancato da un piccolo ristorante sotto forma di “yatai”, il chiosco che si trova per le strade in Giappone. Cenare in questo ristorante vuole dire sentirsi catapultati in un cartone animato o film giapponese, per la sua atmosfera tipicamente nipponica. Il personale di sala è cortese e preparato. 
Poporoya è un’istituzione e andarci a cena è un’esperienza da fare. 

Orari: Negozio
Mattina: 9.30 – 14.00 – Pomeriggio: 17.30 – 21.30

Ristorazione
Mattina: 11.30 – 14.00 – Pomeriggio: 18.00 – 21.30

Chiusi domenica e lunedì a pranzo.

Non accetta prenotazioni

Ristorante Shiro Poporoya

Aperto da Lun. a Sab. 12:00 – 14:30 / 19:30 – 23:00

Chiuso Mercoledì a pranzo e Domenica

Per prenotazioni: 02.29512635

Prezzo medio: 30 euro

poporoya

 

#Fukurou – Via Antonio Tolomeo Trivulzio, 16

Entrando in questo ristorante si respira decisamente l’aria del Giappone vero. Il locale, gestito dall’ex pilota di motociclismo Noriyuki Haga e da sua moglie Yurie, è piccolo e raccolto. I camerieri sono estremamente cordiali, parlano poco l’italiano, ma niente di grave, questo può semplicemente farci sentire semplicemente un po’ più lontani da Milano per qualche ora.

Lo Chef Ninomiya Yoshikazu propone una cucina tradizionale giapponese, per assaporare la vera cucina nipponica.

Orari: 12–14:30, 19–22:30 (chiuso il lunedì)

Per prenotazioni:02 4007 3383

Prezzo medio: 35 euro

fuku




Milano da bere: 5 locali imperdibili

Milano abbonda di cocktail bar, birrerie e quant’altro. Insomma, c’è l’imbarazzo della scelta. Ma dove andare sul sicuro per gustare un ottimo drink?

Ecco i locali da non perdere!

#Nottingham Forest – viale Piave, 1 (zona Indipendenza)

Un’istituzione. Il Nottingham Forest offre ogni volta un’esperienza elettrizzante, quasi mistica. Celebri le creazioni del geniale Dario Comini. Tra le più apprezzate il Gold Martini: gin, sauternes e decorazione in polvere d’oro. I riconoscimenti verso questo monumento dell’Eccellenza milanese non si contano più. Dal 2008 il Nottingham Forest di Milano è entrato a far parte dei “Great 50 bars of the world”, la prestigiosa compilation stilata da “Class magazine” di Londra. Costo medio 7/10 euro.

Agrodolce

#Pravda Vodka Bar Milano – Via Vittadini, 6 (zona Bocconi)

Questo piccolo ma accogliente locale rappresenta senza dubbio il paradiso per gli amanti della vodka. Se odiate i drink annacquati e timidi il Pravda è senza dubbio il posto giusto per voi. I cocktail strong e l’atmosfera distesa ve ne faranno innamorare. Costo medio 8 euro.

pravda#Birrificio Lambrate – Via Adelchi, 5 (Brewpub); Via Golgi, 60 (Pub Ristorante)

Non poteva mancare nella nostra lista quella che è considerata la miglior birreria della città. Dal 1996 nel cuore di Lambrate produce birra non pastorizzata e non filtrata. Un ambiente rustico e informale dove passare la serata in compagnia sorseggiando ottima birra artigianale. Nel 2011 il birrificio ha scommesso anche sull’apertura di un Pub Ristorante, non lontano dal birrificio.

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#Lacerba – via Orti, 4 (zona Porta Romana)

Il locale, arredato in stile anni ’70 con particolari che vanno dal futurismo all’art decò è il posto giusto per un ottimo happy hour. Da non perdere il delizioso Bloody Mary e il cocktail della casa Maria L’Acerba, con tabasco verde e vodka al peperoncino. Se vi dovesse venire fame vi basterà spostarvi nella sala attigua, dove potrete gustare le specialità di pesce. Costo medio 8 euro.

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#Bar Basso – Via Plinio, 39 (zona Lima)

Locale storico di Milano. Il Bar Basso apre i battenti nel lontano 1947 e rivoluziona il concetto di Bar. Si deve infatti a questo pilastro cittadino la diffusione del gusto per i cocktail con nuove invenzioni e ricette. Uno su tutti il Negroni sbagliato, che diventerà un classico intramontabile. Costo medio 8 euro.

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