Alla scoperta del Bello e del Buono in 10 borghi: Rocca Imperiale e Castelsardo

Quinta e ultima puntata del nostro viaggio alla scoperta di 10 borghi italiani “del bello e del buono”, in cui storia, arte, monumenti e tradizione si abbinano alla cucina locale e ai prodotti tipici. Ogni giorno ve ne presentiamo due, per un totale di 5 puntate che vogliono anche essere un suggerimento per un weekend o una gita fuori porta. Oggi vi presentiamo Rocca Imperiale (CS) e Castelsardo (SS)

di Beba Marsano

ROCCA IMPERIALE (Cosenza)

Lo chiamano “il paese dei limoni” questo borgo dell’alto Ionio Cosentino dalle intatte atmosfere medievali, sorvegliato dalla mole formidabile e intimidatoria del Castello Svevo, tutto torrioni, arcate, fornici, scaloni, e scelto da Pupi Avati per ambientarvi Le nozze di Laura, tv movie del 2015 ispirato alle nozze di Cana. A quattro chilometri dal centro storico, la frazione Marina vanta una tra le più belle spiagge di Calabria: una lunghissima lingua di sabbia dorata protesa verso il confine lucano.

Da gustare. Piatto simbolo di Rocca Imperiale (famosa per l’omonimo limone IGP) sono i frizzuli con la mollica al sugo di salsiccia; una pasta lunga di grano duro a sezione quadra insaporita dalla stessa polvere di peperone utilizzata nella preparazione della salsiccia. Popolarissimi anche i laganelli serviti con un condimento a base di ceci e pomodoro e quelle frittelle di pasta lievitata che qui chiamano crispi.

Frizzuli con la mollica

CASTELSARDO (Sassari)

In posizione superba al centro del golfo dell’Asinara, Castelsardo è splendida città d’arte (da vedere la smagliante pala del Maestro di Castelsardo nella concattedrale di Sant’Antonio Abate), famosa nel mondo per i riti della Settimana Santa. Una tradizione secolare, portata avanti dalla confraternita di Santa Croce fin dal XVI secolo. Giornata cruciale è quella del lunissanti, durante la quale si effettua un affollato pellegrinaggio alla vicina basilica di Tergu.

Da gustare. Borgo di pescatori, Castelsardo si distingue per una cucina spiccatamente di mare. Fiore all’occhiello l’aragosta, cucinata alla Castellanese (in un soffritto cui si aggiungono sugo di pomodoro, peperoncino, limone, le uova dell’aragosta stessa più la parte scura della testa) e all’Aragonese (in una salsa cremosa a base di aglio, olio, limone, prezzemolo, capperi e uova sode). Altro piatto tipico Sa Cassola, una zuppa di pesce del golfo. Tutto da accompagnare con un buon Vermentino di Sardegna.

Aragosta alla castellanese




Alla scoperta del Bello e del Buono in 10 borghi: Sant’Agata de’ Goti e Procida

Quarta puntata del nostro viaggio alla scoperta di 10 borghi italiani “del bello e del buono”, in cui storia, arte, monumenti e tradizione si abbinano alla cucina locale e ai prodotti tipici. Ogni giorno ve ne presentiamo due, per un totale di 5 puntate che vogliono anche essere un suggerimento per un weekend o una gita fuori porta. Oggi vi presentiamo Sant’Agata de’ Goti (BN) e Procida (NA).

di Beba Marsano

SANT’AGATA DE’ GOTI (Benevento)

Conosciuta come “perla del Sannio” per l’integrità del centro storico medievale abbarbicato sul ciglione di una rupe di tufo, la città-presepe di Sant’Agata de’ Goti vanta aristocratiche residenze a corte impreziosite da giardini pensili, monasteri e chiese ricche di tesori. Come quella dell’Annunziata, custode di un eccezionale ciclo di affreschi scoperti solo qualche decennio fa dietro una mano di intonaco e considerati tra gli esempi più importanti della pittura tardo-gotica in Campania.

Da gustare. Tipiche di Sant’Agata sono le ‘nfrennule, tarallucci al finocchietto selvatico, ma la cucina è quella sannita, declinata su piatti dai sapori robusti: lo scarpariello (spaghetti alla chitarra con mozzarella, pomodoro, basilico e peperoncino), i paccheri con carciofi di Pietrelcina, arrosti d’agnello di Laticauda, la padellaccia (salsiccette di maiale, peperoni rossi sottaceto, patate, alloro). Tutto annaffiato da vini del territorio, dalla Falanghina all’Aglianico.

Paccheri con carciofi di Pietrelcina

PROCIDA (Napoli)

Con le sue contrade variopinte, le terrazze panoramiche, i cantucci appartati, Procida ha ispirato Elsa Morante (L’isola di Arturo) e fatto da sfondo a più di quaranta film, da Detenuto in attesa di giudizio, con Alberto Sordi in un raro ruolo drammatico, a Il Postino con Massimo Troisi e Philippe Noiret. Da vedere il Museo Civico, l’abbazia di San Michele Arcangelo su un promontorio a picco sul mare e l’antica cittadella carceraria all’interno del formidabile complesso monumentale di Palazzo d’Avalos.

Da gustare. Fiore all’occhiello della cucina locale, l’insalata con i dolci, pregiati limoni di Procida, accompagnati da cipolla, olio, peperoncino, sale e menta. Molto particolare anche la pasta alla “pescatora povera”, condita con alici fresche e peperoncini verdi fritti, due ingredienti immancabili sulle tavole dei pescatori. Tra i dessert della tradizione il casatiello dolce, sorta di ciambella tipicamente pasquale ottenuta con l’utilizzo del lievito madre.

Pasta alla pescatora povera

La quinta e ultima puntata sarà online domani




Alla scoperta del Bello e del Buono in 10 borghi: Città della Pieve e Roccascalegna

Terza puntata del nostro viaggio alla scoperta di 10 borghi italiani “del bello e del buono”, in cui storia, arte, monumenti e tradizione si abbinano alla cucina locale e ai prodotti tipici. Ogni giorno ve ne presentiamo due, per un totale di 5 puntate che vogliono anche essere un suggerimento per un weekend o una gita fuori porta. Oggi vi presentiamo Città della Pieve (PG) e Roccascalegna (CH).

di Beba Marsano

CITTÀ DELLA PIEVE (Perugia)

Perugia celebra con una grande mostra i 500 anni della morte di Pietro Vannucci detto Perugino. Ma è a Città della Pieve, borgo in mattoni a vista su un cocuzzolo ventoso, che il “divin pittore” nacque e lasciò capolavori ancora prodigiosamente custoditi nel silenzio dei luoghi per i quali furono concepiti. Uno per tutti? Il minuscolo Oratorio dei Bianchi, affrescato sulla parete d’altare con una monumentale Adorazione dei Magi, opera tra le più ricche, affollate e preziose di tutto il Rinascimento.

Da gustare. Per rendere in tavole e affreschi il baluginìo dell’oro, pare che Perugino utilizzasse un’eccellenza della sua terra: lo zafferano, che a Città della Pieve si coltiva fin dal XIII secolo e ogni anno, in autunno, è protagonista di Zafferiamo. Una kermesse gastronomica di tre giorni nell’affascinante cornice del centro storico, con show cooking, degustazioni, una mostra mercato e menu a tema nei ristoranti del paese.

ROCCASCALEGNA (Chieti)

Sullo sfondo della Maiella, il villaggio medievale di Roccascalegna (un migliaio di anime) appare come accovacciato ai piedi della scenografica Rocca, costruita su uno sperone di roccia con fianchi a burrone a picco sulla valle del Riosecco, scelta da Matteo Garrone per ambientarvi alcune sequenze del film Il racconto dei racconti – Tale of Tales. Dalla rampa di accesso e dagli spalti del castello si spalanca un’emozionante sequenza di belvedere sullo straordinario paesaggio circostante.

Da gustare. Sulla tavola della zona di Roccascalegna spadroneggiano i cannarozzetti allo zafferano, una pasta corta fatta in casa insaporita con guanciale, ricotta di pecora, pepe e zafferano abruzzese, e la ndocca ndocca, un piatto che nobilita le parti meno pregiate del maiale attraverso una cottura lenta e prolungata e il profumo di spezie locali. I vini sono quelli per cui è nota la regione, dal Pecorino al Trebbiano e al Montepulciano d’Abruzzo.

la ndocca-ndocca si prepara con le parti meno nobili del maiale

La quarta puntata sarà online domani

 




Alla scoperta del Bello e del Buono in 10 borghi: Vigoleno e Piobbico

di Beba Marsano

Seconda puntata del nostro viaggio alla scoperta di 10 borghi italiani “del bello e del buono”, in cui storia, arte, monumenti e tradizione si abbinano alla cucina locale e ai prodotti tipici. Ogni giorno ve ne presentiamo due, per un totale di 5 puntate che vogliono anche essere un suggerimento per un weekend o una gita fuori porta. Oggi vi presentiamo Vigoleno (PC) e Piobbico (PU).

VIGOLENO (Piacenza)

Intatta in ogni sua parte, la minuscola Vigoleno è un esempio di borgo fortificato medievale di assoluta bellezza. Circondata da una cinta di mura merlate su cui corre un panoramico camminamento di ronda, è famosa per il castello che la duchessa Maria Ruspoli de Gramont trasformò tra il 1921 e il 1935 in salotto culturale internazionale, frequentato tra i tanti da Gabriele d’Annunzio e dal pittore surrealista Max Ernst. Fu set del film Ladyhawke con Rutger Hauer e Michelle Pfeiffer.

Da gustare. I sapori sono quelli della cucina piacentina. Quindi una ghiotta declinazione di salumi (coppa, pancetta, salame) e primi piatti, tra i quali giganteggiano i pisarei e faśö, gnocchetti di farina e pangrattato conditi con un sugo a base di fagioli, lardo, cipolla e pomodoro. A seguire la pìcula d’ cavall, carne di cavallo finemente tritata, lo stracotto d’asinina, ammorbidito per parecchie ore nel Gutturnio, e il salame cotto, presentato anche come antipasto.

Pisarei e fasò

PIOBBICO (Pesaro e Urbino)

Perla dell’Appennino umbro-marchigiano, la piccola Piobbico è incastonata in uno scenario aspro e potente, dominato dalla mole del monte Nerone e dal Castello dei Brancaleoni. Un complesso enorme, labirintico, già dimora del capitano di Federico da Montefeltro, impreziosito da affreschi manieristi attribuiti a Federico Zuccari e da stucchi cinquecenteschi della scuola di Federico Brandani. Il borgo è noto per ospitare la sede di un club tutto particolare, quello dei brutti.

Da gustare. Una sagra a settembre celebra il piatto identitario di Piobbico, il polentone alla carbonara. Una polenta rustica ben condita con i “suffrangoli”, un particolare sugo di maiale allevato a ghianda, cui si aggiungono macinato di carne vaccina rigorosamente di montagna, aromi, spezie e una spruzzata di vino bianco. A fine pasto d’obbligo un Pruspino, digestivo ad alto tasso alcolico ottenuto da bacche di spino nero, ovvero le prugne selvatiche.

Polenta alla carbonara

La terza puntata sarà online domani

 




Alla scoperta del Bello e del Buono in 10 borghi: Lovere e Sabbioneta

Un viaggio alla scoperta di 10 borghi italiani “del bello e del buono”, in cui storia, arte, monumenti e tradizione si abbinano alla cucina locale e ai prodotti tipici. Ogni giorno ve ne presentiamo due, per un totale di 5 puntate che vogliono anche essere un suggerimento per un weekend o una gita fuori porta. Nella prima puntata: Lovere (BG) e Sabbioneta (MN)

di Beba Marsano

Torna la primavera. E il piacere di fughe fuori porta alla scoperta di tesori e sapori della nostra bella, inesauribile Italia. Mete privilegiate, questa volta, dieci borghi gioiello ai margini dell’attenzione mediatica, custodi di centri urbani che sembrano ritagliati da un libro di fiabe, di capolavori dell’arte di ogni tempo, di antiche tradizioni della tavola.

Mantova, Palazzo Ducale

Un invito al viaggio dal lago d’Iseo fino al golfo dell’Asinara in paesi che resistono all’usura del tempo anche attraverso una consapevolezza di unicità e processi di buon governo. Un esempio? La nuova Fondazione Sabbioneta Heritage (nata sul modello di Venetian Heritage), con cui la città ideale di Vespasiano Gonzaga si pone l’obiettivo di conservare e valorizzare il proprio patrimonio storico-artistico per poterlo consegnare intatto al futuro.

LOVERE (Bergamo)

Nelle giornate limpide, la chiostra di monti della Valcamonica fa da sfondo al lago d’Iseo, sequenza di piccole spiagge, speroni di roccia e borghi in grado di serbare sorprese inattese. Come Lovere con la sua Accademia Tadini, severo edificio fronte lago, custode delle collezioni del conte Luigi Tadini. Ci sono porcellane di Meissen, Sèvres, Capodimonte, dipinti di Jacopo Bellini, Giandomenico Tiepolo, Francesco Hayez e l’ultimo capolavoro di Antonio Canova, la Stele Tadini per la morte prematura del figlio di Luigi, Faustino.

Da gustare. In cucina trionfano i piatti a base di pesce di lago – trota, coregone, alborella, luccio, tinca – e la polenta con uccelletti, selvaggina o ragù di animali da cortile. Imperdibili i cansonsei (siamo in territorio bergamasco!), le tipiche mezzelune dal sapore lievemente dolciastro, ripiene di carne, salame, formaggio, pere, amaretti e noce moscata. Ottimi i formaggi, come il taleggio e le robiole. I vini sono quelli della vicina Franciacorta.

Un piatto di cansonsei

SABBIONETA (Mantova)

C’è il sigillo di Vespasiano I Gonzaga su Sabbioneta, la piccola Atene padana edificata a metà Cinquecento, in poco più di trent’anni, come sogno umanistico di città ideale. Inalterata da allora, custodisce il Palazzo del Giardino, intarsiato da delicati trompe-l’oeil e collegato alla Galleria degli Antichi, già sede della collezione d’arte greco-romana del duca, e il Teatro all’Antica di Vincenzo Scamozzi, capolavoro assoluto dell’architetto e scenografo vicentino, discepolo e insieme avversario del Palladio.

Da gustare. Piatto principe della cucina mantovana sono i tortelli di zucca arricchiti con amaretti e mostarda (amatissimi da Gualtiero Marchesi); altro grande classico lo stracotto d’asino, con cui condire – volendo – anche i famosi maccheroncini al torchio. Chi predilige i piatti unici scelga, invece, il riso alla pilota, piatto robusto insaporito con pesto di carne di maiale e coronato dal pontèl, braciola di maiale in umido. Dulcis in fundo la torta sbrisolona, a base di mandorle, uova e scorza di limone.

Risotto alla pilota

La seconda puntata sarà online domani




Sulle colline trevigiane: borghi, parchi e buona cucina

Di Vittorina Fellin

Ceneda, Cordigliano, Cappella Maggiore, Sàrmede e Fregona, cinque splendidi comuni su un territorio di colline e boschi fitti. Siamo nell’Alta Marca Trevigiana, a metà cammino tra le rinomate Dolomiti e la Laguna di Venezia. Le Colline del Prosecco di Conegliano e Valdobbiadene, dichiarate dall’Unesco Patrimonio dell’Umanità, sono poco lontane come gli echi che le hanno rese famose.

Prealpi trevigiane

Qui, in questo lembo di terra a ridosso delle Prealpi trevigiane, meno acclamato dalla narrazione turistica, la vera sorpresa è l’autenticità di luoghi ancora da scoprire. Una destinazione perfetta per rallentare e allontanarsi dai ritmi frenetici, perdendosi su sentieri meno battuti, a piedi o in bicicletta, per poi concludere al tavolo di una storica trattoria alternando piatti della tradizione a vini del territorio.

Sàrmede il paese delle fiabe e Colle Umberto, la città di Bottecchia

Il colore dei dipinti murali che campeggiano sulle case accompagna l’occhio del visitatore a ogni angolo del paese. Sàrmede è un museo a cielo aperto scaturito dal pensiero visionario di Stepan Zavrel, artista cecoslovacco nato nel 1932 a Praga e arrivato fin quassù dopo diverse peripezie personali. A Sàrmede ha trovato casa e ha messo radici fino alla sua morte nel 1999, ricambiando l’affetto della comunità con veri e propri capolavori artistici, che oggi sono diventati una tradizione.

Di murales, oggi, se ne contano almeno 70 distribuiti su case private, edifici pubblici, scuole e asili. La tecnica usata era inizialmente quella dell’affresco ma, poi, il maestro finiva per ritoccare i suoi lavori con degli interventi a secco. Nell’edificio, dove ha sede la fondazione dedicata all’artista, è presente anche una mostra che da oltre trent’anni spalanca le finestre sul mondo dell’illustrazione e della narrativa per l’infanzia. A questo si aggiunge una scuola internazionale d’illustrazione dove si incontrano artisti internazionali, pronti a confrontarsi e a imparare tra i banchi di un’aula o alle tavole rotonde di un simposio.

Ma anche i borghi più piccoli possono celare sorprese inaspettate. Come quella raccolta nella piccola comunità di Colle Umberto, il paese natio di Ottavio Bottecchia, l’unico italiano che vinse per due volte il Tour de France nel 1924 e nel 1925, indossando la maglia gialla dalla prima all’ultima tappa. Un campione e un eroe della Grande Guerra, ma soprattutto un uomo fortemente legato al proprio territorio. Allo sportivo è dedicata ogni anno una manifestazione “Inseguendo Bottecchia” che ne celebra il talento e la determinazione (www.comune.colle-umberto.tv.it).

A Fregona, il Torchiato rappresenta il territorio

Secondo la tradizione, l’origine di questo vellutato e rinomato vino da meditazione risalirebbe al Seicento, quando un agricoltore della frazione di Ciser, in seguito al cattivo andamento di un’annata agraria, penso di porre i grappoli d’uva in un ambiente che permettesse loro di raggiungere un adeguato grado di maturazione.

Il lungimirante agricoltore ottenne, così, dopo la torchiatura e la successiva fermentazione, un vino dolce con un’elevata gradazione alcolica. Da allora la produzione del Torchiato si è estesa a tutta la zona del Fregonese fino alla fondazione di un consorzio di tutela che ha contribuito alla diffusione e alla valorizzazione. Oggi la maggior parte dei viticoltori del territorio si sono riuniti in una cooperativa e hanno dato un nome a quel prodotto dolce e ambrato, Piera Dolza, in omaggio alla pietra di cui è costituito lo storico torchio che da sempre rappresenta questo gruppo di produttori e che è ancora esistente in una frazione di Fregona.

Le Grotte del Caglieron e i Parchi tematici

In località Breda a Fregona, meritano una visita le spettacolari Grotte del Caglieron, un’esperienza geologica e storica lunga una profonda forra incisa dall’omonimo torrente e, in parte, anche dalla mano dell’uomo. In queste cavità un tempo si estraeva la famosa “pietra dolza”, utilizzata per contornare la parte superiore di portali e stipiti dei palazzi più importanti. Il percorso si snoda lungo passerelle e ponti che permettono un’ampia veduta della forra sottostante. All’inizio del percorso da vedere una grotta per l’affinamento del famoso formaggio di grotta (grotta di San Lucio) del caseificio di Soligo. (Info: www.prolocofregona.it).

Poco distante, a Cordignano, salendo verso la suggestiva Foresta del Cansiglio, un altro luogo merita una sosta. Si tratta del Parco dei Carbonari, una ricostruzione storica di un villaggio di abitazioni in legno, un tempo utilizzate dai carbonai, e dei “pojat”, i tradizionali cumuli di legno, foglie e terra con cui si produceva il carbone. Un ambiente recentemente rinnovato che offre attività didattiche e spazi ricreativi, inclusa un’area pic-nic (Info: www.cordignanoturismo.it)

Parco dei Carbonari

Il Parco dell’Ulivo a Capella Maggiore, invece, è dedicato alla conoscenza dell’olio extravergine di oliva (le colline sono rigogliose di uliveti), mentre a Sàrmede il Parco della Fantasia attende grandi e piccini con un intenso programma che alterna corsi di formazione, laboratori didattici a itinerari di scoperta (a ottobre si tiene la Fiera del Teatro) (Info: www.sarmede.org )

Palazzo Minucci De Carlo: la perla di Serravalle

Serravalle, uno dei due borghi originari confluiti nel 1866 nel nuovo Comune di Vittorio Veneto, è un luogo che difficilmente si dimentica sia per la bellezza dei palazzi, risalenti all’epoca della Serenissima, che per il dipinto di Tiziano Vecellio custodito nella chiesa di Santa Maria Nova (assolutamente da vedere accendendo l’illuminazione presente).

Una sala di Palazzo Minucci De Carlo

Ma, lasciata alle spalle la piazza, la suggestione più vivace la si ha entrando a Palazzo Minucci De Carlo e ripercorrendo la storia di chi lo abitò.  Attraversando le sue numerose sale, sembra quasi di sentire il chiacchierio degli ospiti nei lussuosi salotti, originalissimi nel loro arredo, il tintinnio dei preziosi servizi da tavola nella sala da pranzo, la musica da ballo nel sontuoso salone; o di percepire il profumo delle pietanze nella cucina, elegantissima anch’essa e al contempo fornita delle attrezzature più moderne per l’epoca, e di intravedere qualcuno assorto in lettura nella pregevole biblioteca o nelle varie camere da letto.

Ambienti a Palazzo Minucce De Carlo

Qui visse Giacomo Camillo De Carlo (1892 – 1968), ufficiale di cavalleria, pilota, eroe pluridecorato nella Prima Guerra Mondiale e attivo anche nella Seconda, agente segreto, Podestà di Vittorio Veneto, diplomatico. Un personaggio eclettico e coltissimo che raccolse nel corso della sua vita e dei suoi avventurosi viaggi, soprattutto in Nord Africa e nell’estremo Oriente, una collezione unica nel suo genere. Le sale che si percorrono al primo piano sono pervase dall’estetica “dannunziana” e dallo spirito del decadentismo novecentesco, pregno della sua forte personalità, dove il fascino dell’antico e la seduzione dell’esotico si uniscono ai ricordi personali.

Impossibile elencare il vastissimo patrimonio di questo palazzo: opere d’arte d’ogni tipo, mobili antichi e tappeti orientali, arazzi e ricami, ceramiche e porcellane, vetri e cristalli, argenterie e pietre preziose. Aperture: sabato e domenica dalle ore 15 alle ore 18 gli altri giorni (escluso lunedì) aperture straordinarie su prenotazione, con almeno 48 ore di anticipo. Biglietti: intero 6 euro ridotto 3 euro

Dove mangiare e dormire

Antica trattoria da Coan a Cordignano da oltre 150 anni punti di riferimento per gustare le specialità del territorio e per dilettarsi tra ricordi vintage ovunque presenti nelle sale. Tel.0438999154 www.trattoriacoan.it.

Agriturismo Da Doro a Sarmede: uno dei luoghi amati da Zavrel, un tempo ospite fisso. D’obbligo l’assaggio del celebre spiedo di Doro, oltre alle grigliate di selvaggina. Tel 0438959138

Trattoria La Cerva a Serravalle: storica trattoria sulla splendida piazza, piatti della cucina veneta elegantemente presentati. Da provare i risotti alle erbe, www.trattoriaallacerva.com

Casa Castelir a Sarmede: casa affrescata situata a mezza collina tra il verde. Merita il soggiorno solo per la vista panoramica. www.casacastelir.it 

INFO

Consorzio Pro Loco Prealpi, www.consorzioprealpi.com

Consorzio Torchiato, www.torchiato.com




I 10 borghi italiani da vedere in inverno

di Benedetta d’Argenzio

Con l’arrivo dell’inverno, la nostra bella Italia regala paesaggi di rara bellezza. Come i borghi che, ricoperti da una soffice coltre bianca, e illuminate dalle luci colorate delle feste, assomigliano a tanti presepi di grandezza naturale. Questa settimana, nella nostra rubrica TOP 10, vi proponiamo i 10 borghi innevati da visitare in inverno, da nord a sud.

1.Castelrotto (Bolzano – Alto Adige)

Splendido borgo medievale altoatesino, Castelrotto fa parte della provincia autonoma di Bolzano. La sua posizione, nella Valle d’Isarco, tra la Val Gardena e la Val Tires, inclusa nel territorio del Parco Naturale della Sciliar, lo rende la meta ideale per una pausa culturale per chi si reca a sciare sulla Marmolada o sull’Alpe di Siusi. Quando i suoi muri antichi si coprono di neve, Castelrotto regala atmosfere da fiaba. Qui si parla ancora il ladino e si possono ammirare pregevoli architetture e testimonianze storiche. Tra queste vi è la Chiesa dei Santi Pietro e Paolo, in stile neoclassico, e il campanile barocco, da cui si può ammirare il borgo e il paesaggio circostante. Splendide anche le antiche rovine del Castello di Castelvecchio, che si può raggiungere a piedi. Ogni inverno, poi, qui rivive la tradizione del “matrimonio contadino”.

2. Canale di Tenno (Trento – Trentino)

Meraviglioso borgo medievale, dove il tempo sembra davvero essersi fermato, Canale di Tenno è inserito nella lista dei Borghi Più Belli d’Italia. Tra case di pietra, strette stradine, volte a botte, vicoli e balconcini custodisce un fascino senza tempo. Immerso tra le colline e affacciato sul versante Trentino del Lago di Garda, fin dal Secondo Dopoguerra per la sua bellezza ha attratto artisti da tutta Europa, che venivano qui per farsi ispirare dai suoi scorci. Tra questi vi è il pittore torinese Giacomo Vittone, a cui è dedicata la Casa degli Artisti, ritrovo e alloggio per pittori, scrittori, fotografi e poeti che visitano il borgo. Da non perdere, nel periodo natalizio, i Mercatini di Natale, che con le mille luci colorate trasformano Canale in un magnifico e suggestivo presepe. Da non perdere, poi, nelle vicinanze, un’escursione al Lago di Tenno, le cui acque turchesi e trasparenti sono incastonate tra i boschi. Qui si trova anche la splendida Cascata del Varone.  

3. Poffabro (Pordenone – Friuli Venezia Giulia)

Per la sua bellezza, soprattutto nella versione invernale, Poffabro, piccola frazione nel Comune di Frissanco, in provincia di Pordenone, sorge a 525 metri di altezza sulle Prealpi Carniche ed è noto anche come “Presepio tra i Presepi”, oltre ad essere annoverato tra i Borghi più Belli d’Italia. Camminare tra le sue vie strette, tra casette di pietra tagliate a vivo, balconcini di legno, corti e scalette regala emozioni e scatti suggestivi. Nel periodo natalizio, poi, per le vie del borgo, finestre e porticati vengono allestite decine di piccoli presepi che donano a Poffabro calde atmosfere. Da non perdere il piatto tipico della zona, il frico, patate rosolate in padella, schiacciate e mescolate a formaggio a cubetti.

4. Bobbio (Piacenza – Emilia Romagna)

Bobbio, importante centro della Val Trebbia, nella provincia di Piacenza, sorge sulla riva sinistra del fiume Trebbia, ai piedi del Monte Penice e vanta una lunga lista di riconoscimenti. Tra questi vanta il titolo di “Borgo dei Borghi 2019”, attribuito dalla trasmissione Kilimangiaro di Rai3, è Bandiera Arancione del Touring e nella lista del Borghi più belli d’Italia. Nota fin dal Medioevo come la “Montecassino del Nord” deve l’appellativo alla sua famosa Abbazia, fondata nel 614 d. C dal monaco irlandese San Colombano. Uno dei simboli del borgo è lo splendido ponte romano, a 11 arcate, noto come “Ponte del Diavolo” per la leggenda che narra che proprio qui San Colombano ingannò il maligno. In inverno, Bobbio si copre di una soffice coltre bianca, che gli dona una veste inedita e suggestiva. Da non perdere una visita all’ex Complesso monastico, con la Basilica di San Colombano, nella cui cripta si trovano le spoglie del santo, il Museo dell’Abbazia e il Museo della città, per vedere la Bobbio del passato attraverso un’esperienza multimediale. Tra le eccellenze anche la cattedrale di Santa Maria Assunto, del 1075 d.C con la piazza del Duomo, e il Castello Malaspina. Presso il Museo Azzolini, invece, si possono ammirare capolavori del Novecento, tra cui alcuni De Chirico, Fontana, Rosai e Giò Pomodoro.

5. Mondavio (Pesaro Urbino – Marche)

Anche Mondavio, in provincia di Pesaro Urbino, vanta un posto tra i Borghi più Belli d’Italia e su di esso sventola la Bandiera Arancione del Touring Club. Sorge su un colle, a 20 km dal Mare Adriatico e si trova tra due fiumi, il Metauro e il Cesano. Ancora più bello in inverno, quando la neve ricopre le sue mura di pietra, Mondavio è famoso per la sua Rocca, fatta costruire da Giovanni Maria della Rovere, sublime esempio di architettura militare considerata inespugnabile. Infatti, non avendo subito attacchi, ancora oggi conserva la sua architettura originaria. Edificata tra il 1482 e il 1492, se la si guarda dall’alto, la sua forma ricorda quella di una balestra. Lungo il fossato, poi, è stato ricavato il Parco delle Macchine da Guerra, un’installazione unica nel suo genere dove poter ammirare le riproduzioni fedeli di catapulte, bombarde, catapulte e altre macchine da assedio. All’interno della Rocca roveresca si trova poi anche il Museo di Rievocazione Storica, con scene del Rinascimento. Splendido anche il piccolo Teatro Apollo in stile Liberty e Palazzo Giorgi Pierfranceschi, che collega piazza della Rovere al Municipio.

6. Abbadia San Salvatore (Siena – Toscana)

Nella nostra TOP 10 della settimana c’è anche Abbadia San Salvatore, splendido borgo medievale in provincia di Siena che sorge a 822 metri sulle pendici del Monte Amiata e con una splendida vista sulla Val d’Orcia. Lo sviluppo del borgo è legato all’antica abbazia, fondata nel 750 d.C da Ratchis, re dei Longobardi, e ben presto divenuta centro del potere monastico della zona. Il centro storico, tra stradine, viuzze e vicoletti che regalano scorci suggestivi sulla Val d’Orcia si sviluppa attorno al complesso monastico. Nel periodo natalizio, poi, Abbadia si trasforma in un presepe. Da non perdere la fiaccolata che si tiene ogni anno la Vigilia di Natale e che le è valso il nome di “Città delle Fiaccole”. Fino alla metà degli anni Settanta, poi, il borgo è stato un importante centro minerario per l’estrazione del mercurio. I resti delle miniere si possono ancora vedere salendo verso la cima del Monte Amiata.

7. Scanno (L’Aquila – Abruzzo)

Tra i Borghi più Belli d’Italia, ancora più belli in inverno, troviamo anche Scanno. Situato a 1050 metri di altezza, nell’Alta Val Nure, appena fuori dal territorio del Parco Nazionale di Abruzzo, Lazio e Molise, ha conquistato per la bellezza dei suoi paesaggi e dei suoi scorci, fotografi del calibro di Henri Cartier-Bresson, Mario Giacomelli, Gianni Berengo Gardin e Ferdinando Scianna. Il borgo si raggiunge attraverso una meravigliosa strada con numerosi tornanti che conduce al centro storico. Qui ci si incammina in un dedalo di stradine che passano davanti a vecchie case medievali, palazzi signorili che coniugano le architetture medievali a quelle barocche. Da non perdere il percorso ad anello, detto “ciambella” che parte dalla chiesa parrocchiale e che porta alla scoperta delle antiche botteghe dove ancora oggi si tramanda l’arte orafa e quella del merletto a tombolo. Da non perdere, poi, una ciaspolata sulla neve alla scoperta del lago di Scanno, dall’inconfondibile forma a cuore, considerato il più grande bacino naturale d’Abruzzo.

8. Pietrapertosa (Potenza – Basilicata)

Quando, con il calar della sera, si accendono le prime luci, il borgo di Pietrapertosa, in provincia di Potenza, assume l’aspetto di un suggestivo presente. Incastonato nella roccia delle Piccole Dolomiti Lucane, nel territorio del Parco Regionale di Gallipoli Cognato, si trova a 1088 metri di altitudine ed è il Comune più alto della Basilicata. Deve il suo nome alla grande rupe forata da parte a parte che domina la cittadina. Da non perdere la parte più antica del borgo, che ancora oggi porta l’antico nome saraceno, Arabat. Qui si passeggia fra stradine strette, vicoli ciechi e case addossate le une alle altre, che sembrano uscire dalla roccia scoscesa, creando una sorta di labirinto. Non dimenticate poi di salire fino al castello per ammirare il panorama circostante. Se poi siete tra coloro che amano le esperienze adrenaliniche, non fatevi mancare il Volo dell’Angelo, che consente di “volare” a 120 km all’ora su uno strapiombo a 800 metri di altezza per raggiungere il vicino borgo di Castelmezzano.

9. Roseto Valfortore (Foggia – Puglia)

Entra nella nostra TOP 10 della settimana anche il borgo di Roseto Valfortore, in provincia di Foggia, che sorge su uno scosceso pendio. Deve il suo nome alla rosa canina, che non solo compare nello stemma comunale, ma ancora oggi si coltiva lungo le strade del borgo. Roseto ha un impianto urbanistico di origine medievale I vicoli del centro storico partono tutti da Piazza Vecchia e sono composti da un vicolo più grande, da cui partono le scalinate che portano alle abitazioni, e uno più stretto, che serve per raccogliere l’acqua piovana, secondo una tecnica longobarda. In fondo a ogni vicolo, poi, un tempo era situata una porta che veniva chiusa al tramonto per proteggere gli abitanti. In ogni scorcio del borgo poi, è possibile ammirare l’arte degli scalpellini rosetani, che costituisce il patrimonio artistico più importante del paese. Portali, colonne, bassorilievi realizzati con la pietra della locale cava sono esempi di rara bellezza. Splendide anche le meridiane, gli orologi e l’antichissimo orologio meccanico che si trova sul campanile della chiesa parrocchiale. Il borgo conta pochissimi abitanti e quando le sue strade si ammantano di neve assume un fascino tutto particolare.

10. Bova (Reggio Calabria – Calabria)

Chiude la nostra TOP 10 della settimana il suggestivo borgo di Bova, in provincia di Reggio Calabria. Adagiato sulle pendici dell’Aspromonte, conta solo 500 abitanti e non è facilissimo da raggiungere. Il suo territorio, infatti, si compone di calanchi, fiumare, colline, coste franose e alture. Bova è considerata la capitale della Calabria Greca e punto di collegamento tra l’Aspromonte e la costa ionica. La sua fondazione è immersa nella leggenda. Si dice infatti che il suo nome derivi dal greco vùa, riferito alla presenza di pascoli e di buoi sul monte omonimo. Sarebbe stata una regina di origini armene a guidare il suo popolo fin quassù, facendo della cittadina da lei fondata un importante crocevia di culture e di lingue. Ancora oggi, infatti, si possono vedere nelle architetture del borgo influenze bizantine, normanne e medievali. Quando, poi, qui scende la neve, tutto assume un alone di magia.




In viaggio con Dante. Sarzana, il cuore della Lunigiana

Nell’anno in cui si celebrano i 700 anni della morte di Dante Alighieri, continua il nostro “Viaggio con Dante” nei luoghi visitati o citati dall’autore della Divina commedia. Questa settimana andiamo insieme a Sarzana, in provincia de La Spezia. In posizione strategica tra Liguria, Toscana ed Emilia Romagna, vanta una storia antichissima, che risale alla città romana di Luni. Qui si susseguirono grandi famiglie, come i Castracani, i Malaspina e i Visconti.

E anche Dante soggiornò nella città, come attesta un atto notarile del 1306, conservato presso l’Archivio di Stato di La Spezia. Tra gli illustri ospiti della città ci sono poi il poeta Pier delle Vigne, citato dallo stesso Dante nell’Inferno, Guido Cavalcanti, San Francesco d’Assisi e, in tempi più recenti, Vittorio Alfieri e Alessandro Manzoni.

L’atto notarile che attesta la presenza di Dante a Sarzana nel 1306

Dante a Sarzana

Durante le sue lunghe peregrinazioni da esule, Dante arrivò a Sarzana il 6 ottobre 1306, con uno scopo ben preciso: siglare la pace tra la potente famiglia dei Malaspina dello Spino Fiorito, e il Vescovo Conte di Luni, il genovese Antonio di Nuvolone da Camilla, che era invece protetto dalla nobile famiglia dei Fieschi, Conti di Lavagna.

Il “ricordo” del passaggio di Dante a Sarzana in piazza Matteotti

Tra le due parti era in atto in atto una controversia che durava da anni, spesso sfociata in episodi di guerriglia e una vera e propria faida familiare. Dante ricevette l’incarico di procuratore dei Malaspina nella Piazza della Calcandola, che oggi è Piazza Matteotti. La nomina fu siglata da un atto formale, stilato dal notaio sarzanese Giovanni di Parente di Stupio, alla presenza del marchese Franceschino di Mulazzo. Dopo la nomina, Dante e il notaio si trasferirono poi a Castelnovo per la sottoscrizione dell’atto di pace con il Vescovo Conte di Luni.

Che cosa vedere a Sarzana: i castelli

Il cuore di Sarzana è la cittadella murata cinquecentesca, racchiusa dalle mura con quattro torrioni, rimasta pressoché intatta. Il centro storico si sviluppa lungo le vie Mazzini e Bertoloni, tra Porta Parma e Porta Romana, che sorgono lungo l’antica via Francigena. Su queste via si affacciano importanti palazzi nobiliari, tra cui il Palazzo Remedi, il Palazzo del Podestà Lucciardi e il Palazzo Municipale.

La fortezza Firmafede

Da non perdere una visita alla Fortezza Firmafede, simbolo della città. Fatta costruire da Lorenzo De Medici su una precedente fortezza del 1249, rimaneggiata da Castruccio Castracani nel 1324, si compone di un corpo centrale a forma di quadrilatero, che racchiude un maschio centrale, ed è circondata da un fossato esterno. Qui si tengono importanti eventi culturali, tra cui il Festival della Mente.

La fortezza durante un evento serale

Vale la pena raggiungere il Colle di Sarzanello, a 2 km dalla città, per ammirare la Fortezza di Sarzanello, che domina la vallata del fiume Magra. Si trova nel luogo in cui sorse il nucleo originario in cui si stabilì la popolazione dall’antica Luni. Si presenta come un borgo murato con all’interno un palazzo fortificato, residenza del vescovo. Si può raggiungere anche a piedi, percorrendo il sentiero Montata di Sarzanello, e attraversando panorami di rara bellezza. La fortezza è visitabile anche al suo interno e ospita eventi e spettacoli.

Le antiche chiese e le pievi

Tornando nel centro storico di Sarzana, in via Rossi si trova la Pieve di Sant’Andrea, la più antica struttura religiosa della città, che risale al X secolo, ma rimaneggiata in quelli successivi. Oggi si presenta come la tipica architettura religiosa medievale, con una torre campanaria e una facciata decorata da un portale cinquecentesco sormontato dal Sidus, una stella a otto punte, simbolo dei consiglieri Anziani del Comune di Sarzana, detentori del potere legislativo.

Il sidus sul rosone della chiesa di Sant’Andrea

Spostandosi in via Nicolò V, vale una visita la Cattedrale di Santa Maria Assunta, originaria del Duecento ma ultimata nel 1474. Papa Nicolò V, nativo di Sarzana, vi fece altri importanti interventi nel corso del Cinquecento. In stile romanico gotico, con una facciata di marmo e un rosone, conserva al suo interno diversi tesori d’arte, come le pale di Domenico Fiasella del 4132 e il crocifisso detto la “Croce di Mastro Guglielmo”, del 1138, considerato unico nel suo genere. Nella facciata, poi, in alto a sinistra, spicca una spada conficcata nel marmo bianco, le cui origini e significato rimangono ancora misteriosi.

La cattedrale di Santa Maria Assunta

Passando in via San Francesco, si notano la chiesa omonima e il Chiostro, che si dice siano stati fondati dal Santo di Assisi, qui di passaggio, nel 1238. Al suo interno ci sono i sepolcri decorati del figlio di Castruccio Castracani, morto bambino nel 1322, e del vescovo Bernardo Malaspina, morto nel 1340.  Nel chiostro si trovano invece due curiose iscrizioni, una in latino e una in lingua austro-bavarese, probabilmente risalente al periodo in cui la Repubblica di Genova si avvaleva di mercenari tedeschi.

Facciata della Chiesa di San Francesco

I palazzi nobiliari di Sarzana

Vale una sosta anche il Palazzo Municipale, in Piazza Luni, del XV secolo, che presenta elementi di stile fiorentino e genovese. Nel porticato del cortile interno sono stati inseriti diversi frammenti provenienti dall’antica città romana di Luni. Splendido anche il grande scalone in stile rinascimentale.

La facciata del Palazzo Municipale

In Piazza Matteotti si trova invece Palazzo Parentucelli Calandrini, del Trecento. Il palazzo prende il nome da Tommaso Parentucelli, divenuto poi papa Nicolò V, fondatore della Biblioteca Vaticana.

Palazzo Parentucelli Calandrini

In via Mazzini si può ammirare il Teatro Impavidi, l’unico di Sarzana. Costruito su un antico convento di frati domenicani nel 1807, si compone tra tre ordini di palchi con un loggione al centro. Splendide le decorazioni e gli stucchi di stampo barocco.

Interno del Teatro Impavidi

Infine, spostatevi in via Mazzini dove si trova la casa dei Bonaparte di Sarzana, la famiglia di Napoleone. Qui visse Gabriele Bonaparte, figlio di Francesco, che nel 1567 si trasferì ad Ajaccio, in Corsica, la città che poi darà i natali al discendente più celebre della famiglia: Napoleone Bonaparte.

Che cosa mangiare a Sarzana

C’è solo l’imbarazzo della scelta tra i piatti di terra e di mare, con influenze emiliane e toscane. Da provare i tordei, ravioli fatti di pasta sfoglia ripiena con un composto di carne di maiale, mortadella, parmigiano, uova, bietole, scarola e borragine, da gustare conditi con il ragù di carne.

I tordei, ravioli di carne e verdura

Tra i primi tipici ci sono anche i testaroli, a base di acqua, farina e sale, conditi con il classico pesto ligure, ma buoni anche con olio e formaggio. Per un aperitivo o uno spuntino, non perdetevi i panigacci o gli sgabei, che assomigliano allo gnocco fritto emiliano, ma di forma allungata, da mangiare da soli oppure con salumi e formaggi.

Passando ai piatti di pesce, provate gli spaghetti con i muscoli, oppure i maccheroncini con tonno e olive taggiasche, o, ancora, gli spaghetti con alici, pinoli e pangrattato. E non dimenticate di accompagnare il tutto con un buon Vermentino o un altro dei vini dei Colli di Luni.

COME ARRIVARE

In auto: A12 Genova-Livorno con uscita Sarzana. Oppure la A15 Parma-La Spezia con la stessa uscita. Si può anche percorrere la SS62 del Passo della Cisa o la SS63 del Passo del Cerreto.

DOVE MANGIARE

*I Fondachi, via dei Fondachi 40, Sarzana (SP); tel 0187/622819. Locale tipico, con menù di piatti tradizionali, tra cui focacce farcite. Ottimo il battuto di baccalà con cipolle in agrodolce e olive taggiasche.

*Il Loggiato, via Bonaparte 11, tel 0187/620165, Sarzana (SP), www.pasticceriagemmi.it In un edificio del Cinquecento, offre un ambiente romantico e raffinato, con una splendida terrazza che si affaccia sul centro storico. Menù con piatti stagionali.

*Osteria dei Sani, via Torrione Testaforte 11, Sarzana (SP), tel 0187/620829, www.osteriadeisani.it . Ricavato in una chiesa sconsacrata del Cinquecento, offre un menù di cucina biologica, piatti di pesce e tipici. Buona carta dei vini.

DOVE DORMIRE

*La Villetta, via Sobborgo Emiliano 24, Sarzana (SP), tel 328/2626440, www.albergolavilletta.net Hotel in posizione strategica tra il centro di Sarzana, le spiagge di Marinella e Bocca di Magra e le Cinque Terre. Camere semplici con tutti i comfort. Animali ammessi.

*Caterina Park Hotel*** , via della Cisa III, Sarzana (SP), tel 0187/622095, www.santacaterinaparkhotel.it Alle porte di Sarzana, circondato da ulivi secolari e giardini, dispone di camere dotate di ogni comfort, tra cui 9 suite, 18 junior suite ideali per le famiglie.

*Al Sant’Andrea***, via Variante Aurelia 34, Sarzana (SP), tel 0187/621491, www.alsantandrea.com A 2 km dalla fortezza Firmafede, dispone di ristorante, camere con arredi in legno, TV satellitare, wi fi e parcheggio gratuito.

INFO

www.ilovesarzana.it

www.comunesarzana.gov.it




5 Borghi da scoprire al Centro Sud per un’estate verde-blu

Di Beba Marsano

Per i nostri weekend estivi (Covid permettendo) ecco cinque tra i comuni al Centro e al Sud tra i più sostenibili d’Italia. Abbiamo scelto Borghi ad alto tasso di verde, ma ricchi di storia, arte e tradizioni. Alcuni sono Spighe Verdi, eco-label che certifica la qualità ambientale delle località rurali con effetto positivo sugli ecosistemi.

Altri sono Bandiere Blu, certificazione di qualità ecologica in nome della sostenibilità ambientale, nel rispetto di ben 32 parametri tecnici, che negli ultimi quattro anni devono risultare “eccellenti” in base ai campionamenti eseguiti dalle Agenzie regionali per la protezione dell’ambiente (ARPA). Vediamoli insieme.

FIESOLE (Firenze)

Tra Otto e Novecento questo borgo affacciato su Firenze diventa buen retiro di artisti e viaggiatori. D’Annunzio ne è ispirato per una delle poesie più belle, La sera fiesolana; Le Corbusier lo trova “una rivelazione” e Böcklin vi si trasferisce fino alla morte. Senza dimenticare Thomas Gray, John Ruskin, Marcel Proust, tutti rapiti dai silenzi mistici, dagli scorci poetici e dal fascino pittorico dei famosi giardini. Nel cuore del borgo, il Museo Bandini custodisce magnetici fondi oro, dove santi, angeli e madonne sfolgorano in una serenità senza tempo.

MONDOLFO (Pesaro e Urbino)

Borgo fortificato tra i più belli delle Marche, “fortezza adriatica” nel lembo orientale della provincia di Pesaro e Urbino, Mondolfo sfoggia da pochi mesi un nuovo look, risultato del progetto Mondolfo galleria senza soffitto. Che, con interventi di arte urbana permanente, ha trasformato il centro storico rinascimentale in museo a cielo aperto. Due i percorsi all’interno della doppia cortina muraria quattrocentesca, opera del genio militare di Francesco di Giorgio Martini. Uno affidato a interventi di street art, firmati da nomi di punta del panorama italiano, l’altro alle gigantografie di un maestro della fotografia internazionale quale Mario Giacomelli (1925-2000).

MONTEFALCO (Perugia)

Si dice Montefalco e il pensiero corre subito al Sagrantino, il grande rosso buono per le tavole, ma anche per gli altari, tanto da derivare il nome proprio dai sacramenti. Indicato dal FAI come “città ideale d’Italia”, il piccolo centro umbro è anche incantevole borgo d’arte, dove visitare il complesso museale di San Francesco, in cui il Perugino ha lasciato una luminosa Natività e Benozzo Gozzoli un mirabile ciclo di affreschi sulla vita del Poverello di Assisi.

POSITANO (Salerno)

Sono infinite le ragioni per una fuga a Positano. Passeggiare lungo il Sentiero degli Dei, inserito da National Geographic tra le 50 strade più belle del mondo. Tuffarsi nel minuscolo arcipelago di Li Galli, storica proprietà di Rudolf Nureyev. Dormire a Villa Tre Ville, già dimora del regista Franco Zeffirelli, trasformata in hotel dal fascino unico in cui le suite hanno i nomi degli ospiti che la frequentarono, da Maria Callas a Leonard Bernstein. E da qui partire alla scoperta della Costiera, “paesaggio incomprensibile” per lo scrittore ottocentesco Astolphe de Custine, dove “solo il mare è orizzontale, e tutto ciò che è terra ferma è quasi perpendicolare”.

OSTUNI (Brindisi)

Famosa come “città bianca” per il pittoresco centro storico intonacato con candida calce, Ostuni srotola su tre colli il suo dedalo di stradine, scalinate, corti e piazzette animate da botteghe artigiane e ristorantini di cucina locale. Al centro del borgo – gioiello della Valle d’Itria, la “Valle dei Trulli” – troneggia la quattrocentesca Concattedrale romanico-gotica, traforata da un rosone a 24 raggi di rara bellezza, il secondo più grande d’Europa dopo quello della chiesa di Santa Maria del Pi di Barcellona.




5 Borghi da scoprire al centro nord per un’estate verde-blu

Di Beba Marsano

Per i nostri weekend estivi (Covid permettendo) ecco cinque tra i comuni al Nord e al Centro tra i più sostenibili d’Italia. Abbiamo scelto Borghi ad alto tasso di verde, ma ricchi di storia, arte e tradizioni, dove l’attenzione al proprio patrimonio si sposa al miglioramento delle pratiche ambientali e a una visione di sviluppo ecosostenibile. Alcuni sono Spighe Verdi, eco-label che certifica la qualità ambientale delle località rurali con effetto positivo sugli ecosistemi (in un processo virtuoso di equilibrio tra ambiente, società ed economia).

Altri sono Bandiere Blu, certificazione di qualità ecologica in nome della sostenibilità ambientale, nel rispetto di ben 32 parametri tecnici, dall’efficienza degli impianti di depurazione alla qualità delle acque di balneazione, che negli ultimi quattro anni devono risultare “eccellenti” in base ai campionamenti eseguiti dalle Agenzie regionali per la protezione dell’ambiente (ARPA).

NEIVE (Cuneo)

Immersa nel paesaggio vitivinicolo delle Langhe, Patrimonio Unesco, la piccolissima Neive è centro medievale dagli intatti scorci incantati, dove tortuose stradine acciottolate salgono ad anello verso la Torre dell’Orologio, simbolo dell’antica municipalità. Qui si viene per una fuga romantica e per le famose cantine, che conquistarono anche Mario Soldati. La Casa della Donna Selvatica custodisce la memoria dell’eccentrico Romano Levi, le cui grappe, anche in virtù delle splendide etichette disegnate a mano, sono diventate veri e propri oggetti da collezione.

MONTAGNANA (Padova)

Inscritta in un rettangolo di mura perfetto, Montagnana è uno dei borghi fortificati più belli e meglio conservati d’Europa. La cinta medievale, lunga circa due chilometri e rinforzata sui lati corti dal Castello di San Zeno da una parte e dalla Rocca degli Alberi dall’altra, è coronata da merlature e cammini di ronda ed è intervallata da 24 torri e quattro porte. Il centro storico, in gran parte porticato, fa perno intorno al Duomo, arricchito dal portale del Sansovino e da una pala del Veronese raffigurante la Trasfigurazione.   

GRADO (Gorizia)

Sospesa tra terra e mare in mezzo alla laguna, l’isola di Grado incanta per il centro storico dal fascino veneziano, tutto vicoli e campielli su cui affacciano le case dei pescatori. Interessante città d’arte, custode di memorie romane e mosaici paleocristiani, è però famosa per il mare, tra i più puliti d’Europa, e gli oltre cinque chilometri di spiagge insignite da 28 anni consecutivi della Bandiera Blu. Un’efficiente rete di piste ciclabili permette piacevoli escursioni nell’entroterra, dal Collio al Carso sui luoghi della Grande Guerra.

BERCETO (Parma)

Piccolo gioiello di pietra in uno scenario naturalistico di grande bellezza, Berceto era l’ultima tappa della Via Francigena in territorio parmense prima del passo della Cisa. L’antica strada attraversa l’abitato con le sue case in sasso, i palazzotti rustici, la parrocchiale romanica di San Moderanno ricca di opere d’arte e i ruderi di un castello del XII secolo. A pochi chilometri, l’appartata frazione di Corchia offre uno scorcio intatto di Medioevo, con il fascino silenzioso di vicoletti selciati, costruzioni in pietra viva e le caratteristiche tegge, le stalle-fienile che costellano l’Appennino.

LERICI (La Spezia)

Perla del Golfo dei Poeti, fin dall’Ottocento Lerici è stata meta d’elezione di artisti e letterati: Lord Byron, i coniugi Percy e Mary Shelley, Sem Benelli, Mario Soldati, che scelse come buen retiro la romantica frazione di Tellaro. Al centro di una piccola insenatura, sorvegliata dal Castello dell’anno Mille (da cui parte una bella camminata fino al castello di San Terenzo), vanta spiagge che si fregiano da anni dell’ambita Bandiera Blu. Dal piazzale della Bellavista si schiude un superbo panorama sull’intero Golfo.

 




Ai viaggiatori piace soggiornare nei borghi. Ecco la TOP TEN delle “Bandiere Arancioni” più prenotate

CaseVacanza.it ha analizzato la ricettività extralberghiera nei 241 borghi premiati con la Bandiera Arancione del Touring e ha stilato una TOP TEN di quelli più gettonati nel 2018 dai turisti. La più presente è la Toscana. La ricerca dimostra anche che i viaggiatori che percorrono lo stivale da Nord a Sud apprezzano sempre di più un turismo non di massa, alla scoperta di piccoli gioielli, tra storia, arte e buoni sapori.

Certaldo, centro storico

I viaggiatori, Italiani e non, vanno pazzi per i borghi. Piccoli gioielli più o meno conosciuti, e per questo tutti da scoprire, di cui è costellata la nostra penisola. Veri e propri scrigni di arte, storia, opere di rara bellezza, paesaggi mozzafiato, senza dimenticare i buoni sapori, piatti e ricette realizzate con ingredienti spesso a km zero, prodotti del territorio e secondo tradizioni antiche.  Ma quali sono i “preferiti” dai turisti? CaseVacanze.it ha stilato una TOP TEN dei borghi insigniti della “Bandiera Arancione” del Touring

La Toscana è la più gettonata

Tra i 10 borghi più richiesti spicca l’alta presenza di paesi della Toscana, ben 7. Di questi, i due appartenenti a Siena, nomi blasonati come San Gimignano e Montepulciano, sono anche tra i più costosi presenti in classifica.

San Gimignano, il borgo delle torri

Per un pernottamento in una casa vacanza a Montepulciano, noto soprattutto per la ricchezza dei suoi vigneti, vengono richiesti in media 53 euro a persona. Per una notte a San Gimignano, città favorita dalla sua dislocazione a metà strada tra Firenze e Siena, servono circa 40 euro.

Veduta di Montepulciano

I borghi più convenienti

Sono, invece, quattro i borghi che rimangono sotto la fascia dei 30 euro a notte: Abetone Cutigliano nei pressi di Pistoia (29 euro), Massa Marittima vicino a Grosseto (28 euro), Trevignano Romano, nel territorio di Roma (27 euro) e Cisternino in provincia di Brindisi, che con 25 euro a notte risulta il più economico tra quelli inseriti in classifica.

Trulli a Cisternino

La natura, il paesaggio, i trulli, l’architettura spontanea del centro storico e la vicinanza al mare rendono Cisternino una meta parecchio ambita soprattutto in estate, periodo durante il quale il paese della Valle d’Itria, così come gli altri borghi a forte stagionalità estiva, vede aumentare le prenotazioni fino al 60% rispetto al resto dell’anno.

I preferiti in autunno e in inverno

E se l’estate è la stagione preferita per visitare Cisternino, nella top 10 sono presenti borghi che invece sono particolarmente richiesti in altre stagioni. Molveno (TN), ad esempio, situato sulle rive dell’omonimo lago ai piedi delle Dolomiti di Brenta, gode di particolare fortuna soprattutto nel periodo più freddo dell’anno: tra autunno e inverno le prenotazioni dei borghi dell’entroterra crescono mediamente del 35%.

Molveno e il suo lago

Trevignano Romano, per la sua collocazione tra il Lago di Bracciano e il Monte di Rocca Romana, è prediletto dai viaggiatori in primavera (+30% di occupazione rispetto al resto dell’anno). Quest’ultimo borgo, analizzando i dati relativi al numero di ospiti medi per ogni soggiorno, risulta essere quello preferito da gruppi numerosi, composti mediamente da circa 6 persone. Certaldo (FI) e San Gimignano, invece, ospitano in media rispettivamente 2,8 e 2,7 persone a soggiorno. Tutti gli altri borghi presentano numeri più omogenei, tra le 3 e le 4 persone di media.

Trevignano Romano

Massa Marittima è il borgo, tra i dieci più prenotati, che registra la durata del soggiorno medio più alta (quasi sette notti). Anche Molveno, così come i fiorentini Certaldo e Barberino Val d’Elsa, vengono scelti per soggiorni superiori alle cinque notti. Risultano, invece, più apprezzati per una toccata e fuga, per il weekend o come tappa di un viaggio più lungo, borghi come Abetone Cutigliano (PT) e Montepulciano.

Scorcio di Abetone Cutigliano

Di seguito la tabella con i dieci borghi Bandiere Arancioni più prenotati per le case vacanza nel 2018 con le informazioni relative alla durata media del soggiorno, ai costi e al numero di viaggiatori.

INFO

www.casevacanza.it

 

 




Da Rango a Canale di Tenno con Opel Grandland X (2° giorno)

Nella seconda giornata del nostro weekend alla scoperta di due tra i borghi trentini annoverati tra “i più belli d’Italia” ci spostiamo da Rango a Canale di Tenno, percorrendo con la nostra Opel Grandland X nella versione Ultimate, la SS421. I due borghi, veri gioielli storico-naturalistici, distano appena 16 km. L’accesso a Canale, tuttavia, è precluso alle auto dei non residenti, che in stagione non turistica sono appena una cinquantina, perciò lasciamo la nostra compagna di viaggio nel parcheggio gratuito che dista appena 100 metri.

In questo periodo, tuttavia, il borgo è molto frequentato dai turisti poiché, come Rango, è sede di uno dei Mercatini di Natale più belli e unici del Trentino, allestiti tra antiche mura medievali perfettamente conservate, vicoli di ciottoli e locande scavate nella pietra.

Il borgo degli artisti

Canale di Tenno sorge su una collina sul versante trentino del Lago di Garda, a 428 metri di altezza ed è uno dei borghi medievali meglio conservati di tutto il Trentino. La sua struttura è ancora quella originale, con due vie principali che si incrociano formando una piazzetta centrale, mentre, tutt’attorno si dipanano intricati vicoli, case in pietra e archi.

Le prime testimonianze sono attestate attorno al 1211, ma è a partire dal Secondo Dopoguerra che diventa meta di artisti, che arrivano qui ispirati dal magnifico paesaggio circostante, ma anche dai pittoreschi scorci del borgo. A “lasciare il segno” forse più di tutti, tuttavia, è stato il pittore torinese Giacomo Vittone, che, innamorato di Canale, ne ha fatto il soggetto di molti suoi quadri.

A lui si deve la fondazione, negli anni Sessanta, della Casa degli Artisti, un luogo pensato per accogliere gli studenti di accademie e istituti d’arte, organizzare laboratori e corsi estivi di diverse discipline artistiche, oppure mostre e convegni.

Vale una sosta anche il bel Museo degli Attrezzi Agricoli, una collezione di oggetti di uso quotidiano raccolti nel tempo per valorizzare il passato contadino di Canale e delle frazioni vicine, oltre che il patrimonio rappresentato dagli antichi utensili conservati dalle famiglie del paese.

Il fascino antico dei Mercatini di Natale

Turisti da ogni parte d’Italia arrivano a Canale per visitare i suoi Mercatini di Natale, che si svolgono durante tutti i fine settimana dalla fine di novembre e per tutte le festività natalizie.

Come quelli di Rango, anche i mercatini di Canale si svolgono nelle cantine e negli antichi anfratti. Le bancarelle con oggetti di artigianato artistico, realizzati da artigiani e hobbisti, addobbi natalizi, abbigliamento e prodotti tipici dell’enogastronomia locale sono immerse in un’atmosfera unica nel suo genere.

Tre imperdibili appuntamenti coinvolgono tutto il borgo, oltre ai mercatini, nel periodo delle festività natalizie. Il 24 dicembre, dalle 22, nella notte della Vigilia si tiene il tradizionale Corteo dei Pastori, che accompagna la Sacra Famiglia fino alla Chiesa di Ville del Monte, dove, durante la Messa di Mezzanotte, si aspetta la nascita del Bambinello.

Il 26 dicembre, dalle 14, Canale si trasforma per un giorno nella cornice della Natività, grazie a uno splendido Presepe Vivente. Oltre ai pastori, ai loro animali, e alla Sacra Famiglia, nelle stalle, sotto i portici e gli archi rivivono gli antichi mestieri, le usanze e le tradizioni di una volta. I festeggiamenti si concludono il 6 gennaio, con la Festa della Befana, quando, dalle 14, la Vecchietta amata dai più piccoli “atterra” con la sua scopa nella piazzetta per donare ai bambini dolci e regali.

In viaggio con Opel Grandland X

Durante questo itinerario, abbiamo avuto modo di conoscere e apprezzare la guida su Opel Grandland X. L’auto, a tratti minimale, ha però tutto il necessario per garantire comfort e praticità nei lunghi viaggi, dimostrando una certa attenzione verso dettagli che fanno la differenza. Opel ha prestato molta cura nella realizzazione dei sedili. Quelli anteriori sono, infatti, ergonomici AGR e sono certificati dall’associazione tedesca esperti di ergonomia. Sono inoltre riscaldabili e ventilabili, adatti per le lunghe percorrenze, specialmente in autostrada.

Sempre per fare riferimento all’attenzione ai dettagli di Opel, al momento di parcheggiare la vettura, oltre alla telecamera a 360 gradi con indicazione dell’angolo di sterzata, arriva in aiuto un particolare di cui forse non ci si accorge immediatamente le prime volte, ma risulta estremamente utile e ingegnoso. Si tratta degli specchietti retrovisori che si inclinano automaticamente verso il basso, per prestare attenzione alla distanza delle ruote dal marciapiede e non rovinare i cerchi impattandolo. Una volta finita la manovra, ritornano all’inclinazione originaria.

Sicuramente questa vettura è pensata per essere pratica e funzionale, forse sacrificando un po’ il design interno. Ma è proprio questa sua razionalità il motivo per cui ci si può innamorare di Grandland X. Si puó scegliere tra quattro versioni di allestimento: Advance, Business, Innovation e Ultimate. La nostra Grandland X è una Ultimate, che oltre a comprendere tutti i comfort delle versioni inferiori, ha sedili anteriori e posteriori riscaldabili, i pacchetti di sicurezza e assistenza al parcheggio Advance park assist. Il prezzo della vettura parte da 26.500 euro nella versione benzina 1.2 130 CV Advance e arriva nella versione top di gamma della nostra compagna di viaggio a 39.100 euro.

I sapori del borgo

Il piatto più tipico di Canale è la carne salada, carne di manzo di prima scelta che viene condita con spezie e servita o cruda, come un carpaccio, o cotta. Viene tradizionalmente accompagnata dai fasoi (fagioli) e la tradizione risale addirittura al 1500. Non si può quindi perdere l’occasione di assaggiare questa squisitezza locale (di cui vi sveliamo anche la ricetta).

Oltre ai tipici canederli, troviamo anche la polenta e peverada, preparata con farina di granoturco e pane raffermo grattugiato, che viene cotto nel brodo di carne pepato. Si serve con il cotechino e una spolverata di formaggio grana. Tra i prodotti tipici da portare a casa troviamo invece l’olio extravergine di oliva del Garda, la grappa, il miele, i marroni.

Carne salada e fasoi

Ingredienti

  • 600 gr di carne salada
  • 200 gr di fagioli secchi
  • 1 cipolla bionda
  • Salvia e rosmarino q.b.
  • Olio extravergine di oliva
  • Sale e pepe

Mettete in ammollo i fagioli secchi per almeno 12 ore in acqua fredda. Affettate la cipolla, poi mettetela a soffriggere nell’olio d’oliva. Appena si sarà ammorbidita, unite i fagioli, la salvia e il rosmarino tritati. Poi coprite il tutto con acqua tiepida, aggiustate di sale e di pepe e portate a cottura. A parte, scottate le fettine di carne salada e conditela con olio extravergine di oliva. Servitela insieme ai fagioli.

COME ARRIVARE

In auto: A22 del Brennero, uscire a Rovereto Sud, seguire poi le indicazioni per Riva del Garda, poi prendere la direzione Tenno-Madonna di Campiglio. A Ville del Monte girare a destra seguendo le indicazioni per Canale, che dista circa 10 km da Riva del Garda.

DOVE MANGIARE

*Trattoria dal Bacon, Loc. Lago di Tenno 5/A, Tenno (TN), tel 347/9461159, www.trattoriadalbacon.it Locale che offre un menù di piatti tipici trentini, tra cui strangolapreti e canederli, secondi a base di polenta e coniglio al forno, costine, goulasch, stinco di maiale con crauti e dolci della casa.

*Ristorante Castello, via per San Lorenzo 29, Tenno (TN), tel 0464/500638, www.ristorantecastellotenno.com In atmosfera familiare e tranquilla, nel borgo antico di Tenno, offre una splendida vista panoramica sulla vallata adiacente e menù di piatti tipici trentini, come “carne salada e fasoi” e canederli.

DOVE DORMIRE

*La Piazzetta di Canale B&B, Villa Canale 35, Canale di Tenno (TN), tel 366/3421338, www.lapiazzettadicanale.it Ricavato in una casa di origini medievali e recentemente ristrutturata, offre camere di diversa tipologia e dimensioni, situate al primo piano, mentre al secondo c’è la sala per la colazione, sempre inclusa nel prezzo. Doppia da € 84.

*Hotel Antica Croce***, via dei Laghi 1, Tenno (TN), tel 0464/500620, www.gardaslowemotion.it. Situato lungo la SS421, di fronte al Castello di Tenno, offre camere confortevoli, con vista sulle colline. Doppia da € 77.

INFO

www.comune.tenno.tn.it

www.gardatrentino.it




Fagagna, dove volano le cicogne (1° giorno)

Quando visitate Fagagna, splendido borgo in provincia di Udine, tra “i più belli d’Italia”, dovete sempre tenere lo sguardo all’insù. Perché con molta facilità potrete posare gli occhi su una cicogna, appollaiata su un camino o accoccolata nel suo nido.

I magnifici uccelli qui sono di casa, al punto che Fagagna è conosciuto come “il borgo delle cicogne”. E questo grazie a un progetto di reintroduzione della cicogna bianche, attivato dall’Oasi Naturalistica dei Quadris, che trovate in via Caporiacco e si può visitare la domenica, dalle 10 alle 12, oppure dalle 14.30 alle 18 da marzo a novembre. Il progetto include anche la riproduzione dell’ibis eremita e dell’uccello dal becco di maschera veneziana.

 Due passi nel centro storico

Come tutti i borghi che hanno conservato le vestigia medievali fino a farle giungere ai nostri occhi, Fagnana, che deve il suo nome al latino fagus, cioè faggio, per i boschi rigogliosi che circondavano la zona, è ricca di chiese e castelli.

Il paese è nato dall’unione di sette antiche borgate, che oggi costituiscono un unico nucleo. La nostra visita parte dal Palazzo Municipale, da qui prendiamo la strada che sale fino al colle del castello, dove scorgiamo i ruderi del maniero, la cui parte più antica risale al XI secolo. In cima al colle si trova anche il Palazzo della Comunità, sede amministrativa e giudiziaria di Fagnana dagli inizi del XVI secolo fino al 1797.

Prendiamo poi via Salizzada e arriviamo alla Pieve di Santa Maria Assunta, del XIII secolo, costruita su una chiesa paleocristiana preesistente, che spicca per il bel campanile. Imbocchiamo poi le suggestive via dei Tigli prima e via della Pieve poi, dove incontriamo una casa forte del XIV secolo, per giungere al Museo della Vita Contadina, che merita una sosta.

 Il Museo della Vita contadina di Ciase Cocél

Il museo si trova in via Lisignana e si può visitare la domenica dalle 14.30 alle 18 (info tel 0432/801887). Costituisce un unicum in Italia per le sue caratteristiche. Si tratta, infatti, di un museo “vivente”, dove, grazie agli importanti lavori di restauro, sono stati riportati in vita non solo l’antico edificio che lo ospita, ma anche tutte le attività umane che si svolgevano.

Sono stati ricreati, infatti, tutti gli ambienti in cui operano filatrici, fabbri, mugnai, osti, merlettaie. Un’esperienza sensoriale che coinvolge anche il senso dell’olfatto. Durante la visita si possono infatti sentire gli odori della stalla per la presenza degli animali, quello del mosto, del carbone della fucina, del pane appena sfornato e della farina macinata al mulino. Si possono osservare gli antichi mestieri “dal vivo”, e gustare un bicchiere di buon vino friulano direttamente all’osteria, proprio come un tempo.

Tra palazzi e castelli

Dal museo ci spostiamo nella vicina chiesa di San Leonardo, del XIV secolo, dove sono conservati alcuni affreschi trecenteschi. Percorriamo vicolo degli Orzinutti e via Umberto I e ci ritroviamo di nuovo nella piazza principale.

Dal municipio, ci dirigiamo verso Borgo Paludo e, lungo il proseguimento di via Umberto I incontriamo Palazzo Asquini, residenza nobiliare del XVII secolo, e Palazzo Pico, antica sede di lavorazione del tabacco. Arriviamo quindi nell’antica borgata, dove si trovano Palazzo Pecile, del XVIII secolo, e alcune case a schiera caratterizzate da splendidi portoni.

Prendendo via Paludo si può poi tornare al castello e percorrere strada Daûr Glesie, una via panoramica che conduce a un fortino militare della Prima Guerra Mondiale. Una volta in cima e dopo una breve sosta, si prende Riva di Cjastenêt, una strada campestre che conduce al borgo di Riolo.

Infine, merita una visita anche il  Castello di Villalta, che si erge in mezzo alla campagna con la sua splendida torre e le mura merlate, risalente al 1216, come attestato dalle cronache del tempo. Il castello è attualmente proprietà privata e si può visitare solo all’esterno.

Si conclude qui il primo giorno del nostro itinerario. Domani ci sposteremo a Palmanova, un altro splendido borgo del Friuli.

Viaggio tra i sapori di Fagagna

Il prodotto forse più famoso è il Formaggio di Fagagna, ottenuto con latte crudo non pastorizzato, dal gusto inconfondibile grazie alle erbe che nascono spontanee dei prati attorno al paese, di cui si nutrono le mucche.

È riconosciuto come Presidio Slow Food, invece, il pestât, un impasto di lardo di suino, carote, sedano, cipolla, salvia, rosmarino, aglio e prezzemolo tritati, sale e pepe, che viene insaccato in un budello naturale e messo a stagionare. Viene poi fatto soffriggere all’occorrenza per aromatizzare molte ricette della cucina friulana, come carne in umido, patate, e la brovada.

Non dimentichiamo, poi, che Fagagna è vicino a San Daniele, patria del celebre prosciutto, e anche qui fin dai tempi di Napoleone venivano allevati e venduti i maialini. Ancora oggi, qui si producono salumi di qualità e si cucinano ricette a base di maiale. Tuttavia, a Fagagna si preparano anche piatti a base di carne di oca e insaccati come il salame d’oca. Tra i vini, da assaggiare il raro e pregiato Picolit, la cui produzione ha avuto inizio nella zona nel 1761 nella tenuta del conte Asquini.

La Brovada, come nasce il prodotti tipico

Le rape bianche dal colletto viola sono uno dei prodotti della tradizione culinaria friulana. Con esse si ottiene la tipica brovada, grazie a un antico e paziente lavoro di fermentazione nella vinaccia. Le rape, dopo essere state raccolte, vengono private delle foglie e messe a fermentare nei tini. Qui vengono ricoperti con la vinaccia di uve nere, sale, acqua mista a vino aceto. Si lasciano poi fermentare dai 40 ai 60 giorni, finché non assumono il tipico colore rosato.

Le rape vengono poi lavate, grattugiate e confezionate. Nel periodo natalizio, sulle tavole friulane non può mai mancare la Brovada e Muset, un insaccato tipico che assomiglia al cotechino. La Brovada, che si fregia della DOP, si gusta anche come ingrediente di zuppe, piatti a base di verdure o per accompagnare secondi di carne.

Brovada e Muset

Ingredienti

  • 500 gr di rape bianche fermentate
  • 2 cotechini dei Friuli
  • 3 spicchi di aglio
  • 4 foglie di alloro
  • Brodo vegetale
  • Olio extravergine di oliva
  • Sale e pepe

Immergete i cotechini nell’acqua fretta e portate a bollore. Abbassate la fiamma e lasciateli bollire per circa 90 minuti. In un tegame, mettere a soffriggere nell’olio EVO l’aglio e le foglie di alloro, poi versate la brovada (le rape fermentate= con un po’ di brodo vegetale. Chiudete con il coperchio e lasciate cuocere a fuoco basso per circa 90 minuti. Sollevate il coperchio, aggiungete il sale e il pepe e un pizzico di farina bianca per fare addensare il composto. Scolate i cotechini, tagliateli a fette e serviteli caldi accompagnati dalla salsa.

 COME ARRIVARE

In auto: da Venezia o Trieste A4-A23, prendere l’uscita Udine Sud, poi proseguire sulla tangenziale e uscire a Spilimbergo. Allo stop girare a sinistra e proseguire per circa 8 km seguendo le indicazioni per Fagagna.

 DOVE MANGIARE

*Ristorante San Michele, via del Castello 33, Fagagna (UD), tel 0432/800185, www.sanmicheleristorante.com In splendida posizione, sulle rovine del castello di Fagagna e con vista sulle Alpi Giulie, offre un menù di stagione, con piatti di carne e di pesce, con ricette di Friuli, Piemonte e Toscana rivisitate dallo chef. Prezzo medio € 65.

*Ristorante Al Castello, via San Bartolomeo 18, tel 0432/800185, www.ristorantealcastello.com

Il menù offre ricette della tradizione rivisitate con maestria ed equilibrio dallo chef, ma non mancano anche piatti particolari e creativi. Presente una carta dei vini e dei formaggi. Prezzo medio € 28.

DOVE DORMIRE

*Villaverde Hotel & Resort****, via delle Acacie 1, Fagagna (UD), tel 0432/812600, www.villaverderesort.com Dispone di 33 camere finemente arredare con vista sul campo da golf e sulle Alpi Giulie. Nell’area wellness a disposizione piscina di 25 m, solarium, idromassaggio, bagno turco. Doppia da € 126.

*Albergo Alle Crosere***, via Spilimbergo 203, Fagagna (UD), tel 0432/800107, www.albergoallecrosere.it . In posizione strategica, tra Fagagna e San Daniele del Friuli, propone camere confortevoli con Tv, wi fi gratuito e bagno privato. Doppia da € 54, colazione € 5.

INFO

www.comune.fagagna.ud.it

www.prolocofagagna.it




Egna, il borgo dei portici (1° giorno)

Stretto tra le rive dell’Adige e i boschi di Monte Corno, Egna – Neumarkt, in provincia di Bolzano, è un borgo medievale di tara bellezza, annoverato tra “i più belli d’Italia”. È proprio qui che vi portiamo questa settimana, tra i vigneti e gli alberi di mele, tra gli edifici in stile veneziano e gli eleganti portici, retaggio del passato commerciale della cittadina, che ha affascinato anche Dürer e Mozart.

Il primo vi soggiorna infatti, nel 1494, durante il suo primo viaggio in Italia. In seguito a un’esondazione dell’Adige, per raggiungere Venezia, devia per Laghetti, una frazione di Egna, e si ferma per ammirare le bellezze del luogo. Ha appena tredici anni, Mozart, quando, nel 1769, insieme al padre Leopold si ferma a dormire presso l’Albergo Corona, oggi non più esistente. Vediamo allora insieme che cosa ha tanto colpito i due artisti.

Il destino nel nome

Le fonti storiche riportano di un piccolo insediamento di origine romana dal nome di Endidae, poco più che una stazione di posta lungo la via Claudia Augusta. Nel 1018 si ha notizia di un paese chiamano Enna, riportato come Enn o Egna nel 1170. Nel 1189 troviamo scritto Burgum novum de Egne, nei documenti che attestano il nuovo assetto urbano sancito dai principi-vescovi di Trento. Ma è nel XIV secolo che la cittadina prospera grazie ai commerci tra Nord e Sud Italia e, in particolare grazie al trasporto del legname per via fluviale. Risale a quel periodo, infatti, il nome Newenmarcht, da cui deriva, oggi, l’attuale nome tedesco di Egne-Neumarkt.

Ancora oggi, il borgo conserva il suo antico assetto a vocazione mercantile. Tutte le abitazioni del centro storico, infatti, sono allineate lunga la strada che era il fulcro degli scambi commerciali. Le attività si svolgevano per lo più sotto i portici, di cui oggi le case sono ancora dotate, al punto che Egna è conosciuta anche come “la città dei portici”.

Un tempo, lungo la via principale scorreva anche il Ritsch, un canale di scolo realizzato con blocchi di marmo bianco, nel quale defluivano le acque del Rio Trodena. Una caratteristica dell’antica strada del mercato, I Portici Inferiori, sono le “case a sala” (in tedesco Saalhäuser) che hanno una facciata principale dotata di porticato, rivolta verso la strada, e un cortile interno con spazi adibiti a magazzino, locali commerciali o agricoli. Un’altra caratteristica di queste abitazioni sono gli Erker, balconi chiusi che sporgono dalle facciate.

Andiamo a fare due passi

Incrociamo via Andrea Hofer, dedicata al patriota che nel 1809 capitanò una sollevazione contro le truppe Napoleoniche e, per questo, venne prima rinchiuso a Egna per poi essere trasferito a Mantova, dove venne infine fucilato.

Merita una sosta il Museo di Cultura Popolare, al civico 50 di via Hofer, che racconto attraverso oggetti di uso quotidiano e la ricostruzione dell’ambiente domestico, la vita di una famiglia borghese tra il 1815 e il 1950. Incontriamo poi la bella chiesa di San Nicolò, in stile romanico e a tre navate e con un campanile del XII secolo. Appena a Sud del centro storico, invece, si può notare quello che rimane dell’antica Chiesa di San Gallo e dell’ospedale ad essa annesso, di cui si ha notizia in un documento del 1202.

Tra i palazzi degni di menzione, c’è Palazzo Zenobio, dimora dei conti che amministrarono il distretto giudiziario tra il 1648 e il 1830. Alcuni begli edifici nobiliari costruiti tra il XV e il XX secolo si incontrano anche percorrendo via Bolzano e via Val di Fiemme. Troviamo per esempio l’Hotel Posta, la sede del Municipio, in stile barocco, e la chiesa dei Quattordici Santi Ausiliatori, databile tra il 1618 e il 1621.

Prendendo via Val di Fiemme si incontrano invece il maso Seeberhof, casa Recordin, palazzo Longo e la residenza Griesfeld, mentre lungo via Bolzano si trova il sito archeologico della mansio Endidae.

Appena fuori dal centro

Continuando a camminare lungo via Bolzano si arriva alla piccola frazione di Villa, dove merita una visita il complesso Klosterhof risalente al XVII secolo, e alla residenza Schloessl che sorge in cima a una collina.Tra gli edifici religiosi più belli c’è invece la chiesa di Nostra Signora, sempre a Villa, in stile tardogotico, che conserva al suo interno opere pittoriche e scultoree di rara bellezza.

In località San Floriano, invece, si trova la chiesetta dedicata al santo, del XII secolo e l’antico ospizio Kloesterle, del XII dove avrebbe dormito Dürer durante la sua tappa “forzata” prima di raggiungere Venezia.

Il Natale a Egna

In occasione del Natale, anche il borgo di Egna si veste a festa. Ogni sabato e domenica di avvento, dalle 16 alle 19 si può ammirare il Presepe Vivente, mentre le vetrine dei negozio esporranno la loro versione della Natività.

Sempre nei weekend di Avvento, dalle 10 alle 19 si potrà visitare il mercatino del centro storico con installazioni luminose e musiche natalizie. Inoltre, sarà possibile visitare il paese in carrozza per ristorarsi presso gli stand gastronomici che offriranno specialità locali e bevande calde.

Il borgo in tavola

La cucina di Egna fonde sapori tirolesi, trentini e mediterranei. Tra le specialità troviamo i canederli, nelle varianti con formaggio, speck o fegato. Con gli squisiti formaggi locali si accompagna anche la polenta, mentre i vegetariani potranno apprezzare i tipici Schlutzkrapfen, la pasta ripiena con ricotta e spinaci a forma di mezzaluna.

Per scaldare le giornate invernali sono da gustare le zuppe, tra cui quella di orzo e a base di verdure e pancetta. Tra i secondi troviamo il corposo spezzatino di carne e funghi e le Gröstl, patate arrosto con pezzetti di carne.

Il “piatto forte” sono i dolci, tra cui il tipico Strudel, ripieno di mele, pinoli e uvetta. Da provare gli Strauben, un impasto di latte, uova e farina che viene servito con marmellata di mirtilli rossi. Tra le specialità troviamo anche i Topfenknödel. i canederli dolci alla ricotta, i Kaiserschmarren, omelette in pezzi con l’uvetta¸e i Marillenknödel, ravioli dolci ripieni di marmellata di albicocche o di prugne, serviti con una spolverata di zucchero e cannella, di cui vi suggeriamo la ricetta.

Marillenknödel (Canederli di albicocche)

Ingredienti

  • 1 kg di patate
  • 180 gr di burro + 80 di burro morbido
  • 50 gr di semolino
  • 1 uovo intero + 2 tuorli
  • 250 gr di farina
  • 150 gr di pangrattato
  • Marmellata o composta di albicocche
  • Sale
  • Zucchero
  • Cannella

Mettete a bollire le patate con la buccia. Scolatele, sbucciatele quando sono ancora calde, poi passatele nello schiacciapatate. Lasciatele raffreddare poi mescolate con il burro, il pangrattato, il sale, l’uovo intero e i due tuorli. Setacciate poi la farina sopra l’impasto e lavoratelo fino a ottenere un composto liscio e omogeneo. Fatelo riposare per circa 30 minuti. Cospargete il piano di lavoro con la fraina, poi stendete la pasta con uno spessore di circa ½ cm. Ricavate dei quadrati di circa 7 cm di lato. Riempite ogni quadrato di pasta con la marmellata o la composta di albicocche e richiudetelo su se stesso. Mettete a cuocere i canederli in abbondante acqua salata per circa 10 minuti. Scolateli, poi in una padella sciogliete 80 gr di burro e mettete i canederli a saltare. Sgocciolateli, girateli nel pangrattato e servite con una spolverata di zucchero e cannella.

 

COME ARRIVARE

In auto: A22 del Brennero, uscita Egna-Ora-Termeno e poi seguire le indicazioni per Egna.

DOVE MANGIARE

*Ristorante Piazzetta, Piazza Principale 8, Egna, tel 0471/813715, www.dasalterathaus.com Locale con 35 coperti, offre piatti della cucina mediterranea e altoatesina, anche vegetariani. Pesce, carne, pasta ripiena sono accompagnati da vini di alta qualità. Prezzo medio € 45.

* Ristorante Engelkeller, via Ballhaus 41, Egna, tel 0471/813271, www.ristoranteengelkeller.it In posizione strategica, nei pressi dell’uscita dell’autostrada e appena fuori dal borgo, propone piatti di carne e di pesce, anche pizza, accompagnati da birre artigianali e vini da cantine locali. A pranzo menù fisso.

 DOVE DORMIRE

*Hotel Andreas Hofer***, via Delle Vecchie Fondamenta 21, Egna, tel 0471/812653, www.hotelandreashofer.com Albergo ricavato in una struttura storica. Le camere hanno dimensioni e disposizioni diverse, alcune dispongono di doccia, altre di vasca, alcune di balcone. Doppia da € 100; tripla da € 130.

*Albergo Villnerhof***, via Villa 30, Egna, tel 0471/812039, www.villnerhof.com. Struttura a conduzione familiare immerso tra i frutteti, al centro di un grande parco. La camere sono state recentemente ristrutturate. A disposizione piscina e giardino. Ottima e abbondante colazione tradizionale. Doppia da € 90, tripla da € 110.

Vedi su mappa | Dettagli

INFO

www.comune.egna.bz.it

www.castelfeder.info

 




Vallo di Nera, benvenuti nel Medioevo (1° giorno)

Un dedalo di viuzze che si arrampicano lungo mura e case di pietra, edifici antichi che si fondono l’uno all’altro e si aprono a ventaglio tra la cinta muraria e le torri, chiese che racchiudono tesori inimmaginabili. Siamo a Vallo di Nera, in provincia di Perugia, borgo medievale tra “i più belli d’Italia”, un luogo dove il tempo sembra essersi fermato al Medioevo.

Dal toponimo, Castrum Valli, si pensa che qui ci sia stato un primo insediamento già in epoca romana. Ma è nel 1217, quando la vicina città di Spoleto, da cui dipendeva il piccolo centro di Vallo, acconsente alla costruzione di un castello e di mura difensive, che il borgo prende la connotazione attuale.

Ancora oggi, infatti Vallo di Nera ha la forma di una fortezza medievale con un impianto urbanistico a pianta ellittica, che sorge su un colle che si affaccia sul versante sinistro del fiume Nera. Al borgo si può accedere solo a piedi.

Nei silenzi del borgo

La prima cosa che ci colpisce, entrando da Portella, la porta di accesso al borgo, simmetrica a Portaranne, dalla parte opposta delle mura, è il silenzio. Nel senso che mancano tutti quei rumori a cui siamo abituati nella nostra quotidiana modernità: quello delle auto e dei clacson, dei mezzi di trasporto e dei telefonini.

Tutt’attorno a noi sembra fermo al Medioevo. Ci inoltriamo lungo vicoli stretti, passaggi angusti, sbirciamo il paesaggio dalle feritoie, ci arrampichiamo su ripide salite di pietra, mentre sulle nostre teste svettano archi e loggette. Spicca la casa torre di Petrone, che osò guidare la rivolta dei castelli della valle contro la “matrigna” Spoleto.

I gioielli del borgo sono tre chiese romaniche, che conservano tesori artistici di inestimabile valore. È alquanto singolare che ben tre edifici religiosi, e di tal fatta, siano concentrati in un borgo proporzionalmente così piccolo. Le tre chiese sono disposte ai lati di un triangolo immaginario il cui vertice corrisponde al castello.

Il giro delle tre chiese

Cominciamo la nostra visita dalla Chiesa di San Giovanni Battista, situata sulla parte più alta del colle che domina il borgo. Il nucleo originario è romanico e risale al XIII secolo. Successivamente, la chiesa è stata ampliata e ricostruita nel 1575, come testimonia la data incisa sull’angolo sinistro della facciata.

Sono rinascimentali, infatti, la facciata, il rosone, il portale e il campanile. Entriamo e ammiriamo lo splendido affresco di Jacopo Siculo del 1536, che si trova nel catino absidale e raffigura la Morte della Madonna. Un altro dipinto dello stesso autore, raffigurante l’Annunciazione e il Santi Sebastiano e Rocco a grandezza naturale è situato sul fronte dell’arco.

La tappa successiva è la chiesa francescana di Santa Maria, il cui primo nucleo risale al 1273. Successivamente rimaneggiata, spicca per il suo bel portale gotico e il campanile. L’interno è un vero e proprio scrigno di affreschi preziosi, opera di artisti di scuola giottesca.

Uno dei più belli e interessanti è la Processione dei Bianchi  di Cola di Pietro del 1401, che ha anche un valore storico e antropologico, poiché testimonia usi e costumi del movimento penitenziario del Bianchi, che nel 1399 ha attraversato tutta l’Italia. Di notevole pregio anche il Martirio di Santa Lucia di un pittore di Camerino del XV secolo.

Splendida la torre campanaria, massiccia e a pianta quadrata, dove le campane vengono ancora suonate a mano. La terza chiesa che vale una visita è quella dedicata a Santa Caterina, risalente al 1354.

Tra le curiosità, spicca La Casa dei Racconti, un centro di ricerca sulla letteratura popolare, che conserva e raccoglie materiale cartaceo, editoriale, audiovisivo e digitale con lo scopo di preservare e diffondere la cultura popolare. Attraverso il sito internet www.laterradeiracconti..it si possono depositare le proprie storie e consultare quelle degli altri.

Nei mesi di luglio e agosto, poi, ogni anno si tiene la manifestazione La Terra dei Racconti, che prevede una rassegna di teatro di piazza, incontri con autori, storie itineranti per le vie del borgo e un concorso letterario.

Fuori le mura

Uscendo dalle mura di Vallo si trovano alcuni piccoli gioielli che vale la pena visitare. Tra questi c’è il minuscolo borgo di Santa Maria con la chiesa francescana, e il borgo di Casali la cui fondazione risale al Cinquecento. Qui si trova un microcosmo antico con edicole campestri, torri colombaie, antiche botteghe artigiane e fontane. C’è la piccola chiesa di San Rocco e l’Eremo di Sant’Antonio. Nella frazione di Piedipaterno, invece, si trova l’abbazia benedettina di Santa Maria.

Il viaggio nel tempo prosegue poi a Meggiano, dove si trovano la Pieve di Paterno e la chiesa di San Michele Arcangelo, che meritano una visita, ma anche atmosfere antiche che si perdono tra portali di pietra, balconcini sporgenti, orti e forni per cuocere il pane.

La prima tappa del nostro itinerario si conclude qui. Domani partiremo alla volta di Spoleto.

I piaceri della tavola

L’autunno in Valnerina regala frutti preziosi, come i tartufi neri, i porcini e le castagne. Tuttavia, questa terra antica porta in tavola anche squisiti salumi, il formaggio pecorino, le lenticchie, i legumi, il farro e l’orzo, ma anche le trote di fiume.

Tra i piatti della tradizione, ci sono gli strangozzi al tartufo o le tagliatelle, le minestre e le zuppe, (come la Zuppa di farro e castagne che trovate nella nostra ricetta) a base di farro, castagne e legumi, le torte salate, come il tortino con zafferano e funghi.

Tra i primi piatti, ci sono gli gnocchi al castrato o la polenta al tartufo, mentre tra i secondi di carne troviamo l’agnello tartufato, l’anatra al forno, le polpette ai funghi e zafferano.

La ricotta è l’ingrediente di molti dolci. Nel periodo natalizio, si prepara invece la Torta di Natale, a base di mele cotte, cioccolato, cannella, noce moscata e frutta secca, che vengono avvolti nella pasta sfoglia.

Zuppa di farro e castagne

Ingredienti

  • 150 gr di farro
  • 200 gr di castagne
  • 1 spicchio di aglio
  • 1 foglia di alloro
  • 1 ciuffetto di prezzemolo
  • 4 fette di pane casereccio
  • Olio extravergine di oliva
  • Sale e pepe

Mettete il farro in una ciotola di acqua fredda e lasciatelo per qualche minuto in ammollo. Incidete le castagne con un coltello e fatele bollire per circa 40 minuti in acqua salata a cui avrete aggiunto la foglia di alloro. Scolatele e sbucciatele. Lavate e tritate il prezzemolo, sbucciate l’aglio e affettatelo finemente. Prendete una casseruola, versateci 2 cucchiai di olio EVO e fate rosolare l’aglio e il prezzemolo. Aggiungete il farro e le castagne, regolare di sale e di pepe e coprite il tutto con acqua. Lasciate cuore la zuppa per circa un’ora, mescolando di tanto in tanto. Abbrustolite le fette di pane e disponetele in una zuppiera, versateci sopra la zuppa e conditela con un filo di olio crudo prima di servire.

COME ARRIVARE

In auto: da Roma, A1 con uscita Orte, da Terni e da Spoleto uscita Cascia-Norcia. Poi prendere la SS Valnerina e uscire a Castel San Felice. Seguire le indicazioni per Vallo di Nera. Da Firenze: A1 con uscita Valdichiana, poi prendere la Perugia-Foligno con uscita Cascia-Norcia e seguire per Vallo di Nera. Da Pescara, A14 in direzione di Ascoli Piceno, poi prendere la SP 476 in direzione Norcia e la SS Valnerina in direzione Borgo Cerreto-Piedipaterno, seguire poi per Vallo di Nera.

DOVE MANGIARE

*La Taverna del Bordone, Piazzale Pianillo Fantucci, Vallo di Nera (PG), tel 334/1764842, in splendida posizione con vista sulla Valnerina, offre un menù di piatti tradizionali umbri, preparati con ingredienti genuini da fornitori locali. Ottimo rapporto qualità prezzo. Prezzo medio € 22 p.p.

*Locanda Cacio Re, loc. I Casali, Vallo di Nera (PG), tel 0743/617003, www.caciore.com Agriturismo e ristorante ricavati in un antico casale del Cinquecento. Gli ingredienti dei piatti preparati quotidianamente dalle mani degli chef sono stagionali e del territorio. Menù degustazione da € 28 a € 40.

DOVE DORMIRE

*Agriturismo Valnerina, loc Piedilacosta 5, Vallo di Nera (PG), tel 335/6455708, www.agriturismovalnerina.it Mette a disposizione quattro appartamenti con area salotto, TV con canali satellitari, angolo cottura attrezzato, bagno privato e macchina da caffè. Splendida vista sulle montagne e, in estate, piscina all’aperto. Colazione all’italiana. Da € 65.

*Hotel Umbria***, via Valnerina 48, Vallo di Nero (PG), tel 334//3194568, www.hotelumbriavalnerina.it In splendida posizione, offre camere di diversa tipologia con bagno privato, wi fi gratuito, riscaldamento regolabile, TV a led. Il ristorante propone piatti della cucina umbra. Doppia con colazione da € 50, tripla da € 60.

INFO

www.comune.vallodinera.pg.it




Viggianello, il paese delle ginestre

In primavera il paesaggio attorno a Viggianello si dipinge di un caldo giallo acceso grazie alla copiosa fioritura di ginestre. Incastonato tra i monti del massiccio del Pollino, a strapiombo sulla Valle del Mercure, Viggianello ci accoglie con le sue case disposte a gradinate, che sembrano arrampicarsi sul monte Serra.

Il centro storico vanta alcuni splendidi palazzi nobiliari, come Palazzo Mastropaolo, dal XVII secolo, il complesso di Palazzo De Filpo e Palazzo Caporale, del XVII secolo. Tra gli edifici religiosi più importanti c’è la chiesa madre dedicata a Santa Caterina di Alessandria, in stile gotico, che conserva un fonte battesimale del Cinquecento, uno spettacolare organo a canne del 1880 e una reliquia della santa patrona insieme a una sua raffigurazione lignea.

Merita una sosta anche la Chiesa di San Francesco, risalente al Settecento, con la facciata incorniciata da due lesene e da un timpano che funge da campanile. La Chiesa dell’Assunta è invece tra le più antiche di Viggianello. Risale infatti al XVI secolo ed è stata edificata dai Principi di Sanseverino. Bella anche la cappella di San Sebastiano di origine bizantina.

Camminando fino al punto più alto del borgo si possono ammirare le vestigia del castello normanno svevo costruito da Guglielmo il Guiscardo su una precedente struttura difensiva longobarda. Oggi, si possono vedere i resti dell’antica cisterna. Passando alla parte più gustosa della nostra visita, tra i primi piatti da provare consigliamo la rappasciona, una zuppa di fagioli e cereali, la Minestra ‘mbastata, con patate e verdure, i Tappicèdd ku i cìciri (pasta e ceci) e i Tagghjulìni ku u làtt (tagliolini al latte). Tra i secondi, troviamo la Brasciòla, involtini di carne di maiale, A scòrza du pùorcu (cotica di maiale) e la la Frittata ku zzafaràni e sauzìzzu, frittata con peperoni e salsiccia.

Per quanto riguarda i prodotti tipici, ricordiamo i fagioli, le patate, i pomodori, i ceci, il mais, ma anche funghi e tartufi. Dal latte dei bovini locali provengono formaggi come il pecorino, il caprino, la ricotta e il paddaccio, morbido e cremoso, fatto con latte di pecora e di capra. Tipica della zona è anche la melanzana rossa

 

SECONDO GIORNO: L’area Faunistica del Cervo e le Sorgenti del Mercure

Nei pressi dell’anfiteatro comunale, appena fuori dal centro storico di Viggianello, prendiamo a piedi il sentiero che sale verso la Serra Mauro, utilizzato un tempo dai pastori per la transumanza. Dopo circa 1 km arriviamo all’Area Faunistica del Cervo, dove vivono in libertà circa 60 esemplari, introdotti nel 2002 grazie a un progetto della Regione Basilicata. Gli animali si possono ammirare dalle capannine di avvistamento, oppure con visite guidate.

Un’altra bella escursione che parte sempre da Viggianello, è quella che conduce alle sorgenti del Mercure, nel cuore dell’Oasi del Pollino. Dal paese, si segue la strada provinciale in direzione Rotonda, che, in primavera, si inoltra in un paesaggio colorato dalle fioriture. Dopo circa 2,5 km si arriva a un vialetto in discesa che conduce alla sorgente, un gioiello naturale che sembra uscito da una fiaba.

Proseguendo ancora si arriva alla centrale idroelettrica dei Fratelli Tancredi, del 1929, ancora funzionante. Qui si può assistere a una lezione di archeologia industriale per capire come l’acqua della sorgente viene trasformata in energia.

Rappasciona

Piatto vegetariano, gustoso e leggero con ingredienti della tradizione povera contadina. È oggetto di una gustosa sagra e ha ottenuto il marchio Parco del Pollino

Ingredienti

  • 100 gr di granoturco
  • 100 gr di fagioli bianchi di Rotonda DOP secchi
  • 100 gr di grano
  • 1 spicchio di aglio
  • 1 cucchiaio di peperone di Senise IGP macinato
  • Olio extravergine di oliva
  • Sale
  • 2 cucchiai di prezzemolo tritato

La sera prima, mettete a bagno il granoturco, il grano e i fagioli in recipienti separati. Il mattino successivo, riempite una grossa pentola di acqua e mettere a cuocere il grano a fuoco lento per circa 1 ora e mezzo. Fate la stessa cosa per il granoturco, facendolo cuocere 45 minuti e i fagioli, per 40 minuti, allungando con acqua calda se necessario. Quando tutti e tre saranno cotti, in una padella mettere a soffriggere l’olio, l’aglio e il peperone in polvere, poi versate il granoturco, il grano e i fagioli cotti. Mescolate, aggiustate di sale e, a piacere, unite il prezzemolo tritato. Servite con un filo di olio EVO a crudo.

Il vino:. Aglianico del Vulture DOC, dal colore rosso rubino granato, dal profumo fragrante e sapore asciutto. Si abbina anche a carni e selvaggina, salumi e formaggi stagionati.

DOVE COMPRARE

*Pezzo La Corte, Contrada Pezzo La Corte, Viggianello (PZ), tel 0973/665468, www.pezzolacorte.com . Produce e vende salumi tipici lucani, anche con una linea bio, senza lattosio e conservanti.

*Azienda Agricola Serra del Prete, Contrada Voscari 7, Viggianello (PZ), tel 349/5608340, www.serradelprete.it/ , Azienda agricola dove poter acquistare non solo ottimo miele di produzione propria, ma vivere la splendida esperienza dell’apicoltura.

COME ARRIVARE

In auto: da Nord, A3 con uscita Lauria Sud-Laino Borgo, poi seguire indicazioni per Viggianello. Da Sud, A3 con uscita Campotenese, poi seguire per Viggianello. Per chi viene da Taranto, SS106 fino a Policoro, poi SS Sinnica con uscita Valle Frida, e SP4 fino a Viggianello.

DOVE MANGIARE

*Il Ristoro del Carbonaio, loc. Croce Pantana, Viggianello (PZ), tel 349/3514332, https://carbonaio.wordpress.com . Situato tra Viggianello e San Severino Lucano, è ricavato in una casa cantoniera ristrutturata. Il menù offre piatti autentici della cucina locale, tra cui pappardelle al cinghiale, rappasciola, trippa e patate. Prezzo medio € 25.

*Oro Verde, via Guglielmo Marconi 7, Viggianello (PZ), tel 0973/664101 Ristorante pizzeria con specialità funghi e tartufi, oltre a ottime pizze e piatti della cucina locale. Prezzo medio sui 20 €.

DOVE DORMIRE

*La Dimora Antica, Corso de Filpo Senatore 64, Viggianello (PZ), tel 349/5825572, www.ladimorantica.com- Nel centro storico del borgo, la struttura ricettiva è ospitata in un palazzo gentilizio del XIX secolo. Le camere sono dotate di comfort moderno, ma immerse in un’atmosfera d’altri temp. Singola con colazione da € 45, doppia da € 70.

*Locanda San Francesco ***, via San Francesco 47, Viggianello (PZ), tel 0973/664384, www.locandasanfrancesco.com . Bella struttura di 20 camere arredate in arte povera, ma dotate di tutti i comfort. L’hotel dispone di un balcone panoramico sul Parco Nazionale del Pollino. Il ristorante propone piatti della cucina tipica lucana. Singola con colazione da € 45, doppia da € 70. Possibilità di mezza pensione e pensione completa.

INFO

www.comune.viggianello.pz.it