Andrea Farinetti: Il Rinascimento verde parte dal vino

Di Raffaele d’Argenzio

Questa settimana abbiamo intervistato Andrea Farinetti, figlio di Oscar Farinetti, oggi a capo del Villaggio Fontanafredda di Serralunga d’Alba (CN).

Il Villaggio Fontanafredda è un anche un pezzo di storia: qui il Re Vittorio Emanuele II visse la sua storia d’amore con la Bella Rosina, e qui oggi si producono milioni di bottiglie degli ottimi vini della Langhe, ma anche ospitalità per chi vuol vivere un weekend green.

Andrea è alto, fluente nel raccontare, con un gran sorriso amichevole, ma poi ti accorgi che in quel sorriso c’è la determinazione di un giovane manager e anche la forza della passione per le Langhe e per vino biologico in sintonia con la natura.

E, a guardarci bene, quel sorriso ricorda anche quello di papà Oscar Farinetti, buon sangue non mente.  L’intervista avviene in un angolo del Villaggio, sotto una gigantesca sequoia e poco lontano dal ristorante Guido, condotto dallo chef stellato Ugo Alciati. Un weekend green d’eccezione.

Andrea, come hai vissuto il lock-down, come hai utilizzato questi mesi?

“Sono stati mesi molto strani: abbiamo visto il mondo fermarsi, ma il tempo è stato utilizzato per creare nuove possibilità, opportunità. Abbiamo preso coscienza del fatto che le catastrofi possono esistere. Abbiamo altrettanto capito che solo noi, come esseri umani, abbiamo la capacità di posticiparle e annullarle. Infatti se stiamo 2 mesi a casa, il pianeta si rigenera. Quindi abbiamo anche capito che ne va del nostro futuro rispettare il nostro pianeta e, con le crisi sociali in atto, rispettare le persone. Abbiamo ragionato sul rispetto della Terra e quindi sul rispetto delle persone, dandogli poi un nome: Rinascimento verde.

Questo nome perché abbiamo analizzato il periodo storico del Medioevo che poi porta al Rinascimento, col quale troviamo grandi parallelismi. Medioevo come crisi finanziaria del 2008, peste nera come COVID-19, oggi come il Rinascimento. Quindi cambiare prospettiva e rinascere. E abbiamo cercato di farlo ragionando su tutto. Dalla produzione di vini all’ospitalità, che è come ci rapportiamo, come ci raccontiamo al mondo. Rispetto al Rinascimento ci sono similarità, ma differenze. Al contrario del Rinascimento la terra va messa al centro dell’uomo, come primo elemento di riflessione.

Secondo: nel primo Rinascimento si usava la bellezza come valore, che è fiducia in se stessi. Forza e fiducia nel singolo. Oggi non è più la bellezza a guidarci ma senso di comunità: da soli si può fare tanto, ma insieme si può fare meglio. La comunità servirà per sollevare lo spirito globale di rispetto della Terra. Poi abbiamo ragionato sullo strumento, ognuno ha il suo. Per noi il vino e l’ospitalità. Vino non più come bevanda, come oggetto di consumo. Ma come sogno che si arricchisce di valori nuovi.

Convivialità, armonia, incontro e confronto che generano la comunità. Siamo un marchio conosciuto, dal 1858. E vogliamo aprirci al mondo, per creare questo spirito di rinascimento verde. Questo si è traslato anche nella nostra produzione. Dalla materia prima al non spreco”.

Il mondo del vino, di solito, è un mondo di “anziani”. Cosa conti di portare tu, come giovane?

“Il mondo del vino non è proprio un mondo di anziani. Degli anziani ci voleva, ci vuole la loro grande esperienza. Noi come giovani riusciamo a partire da un livello alto, grazie proprio a questa loro preziosissima esperienza, grazie a chi ha insegnato un mestiere, una cultura. L’obbiettivo è aggiungere alla grandissima qualità, che già abbiamo, un sentimento nuovo: il rispetto. Far sì che il nostro vino non parli solo di gusto e territorio, ma porti un messaggio più ampio che riguarda l’eticità: rispetto per la terra e per il sociale.

Abbiamo 120 ettari biologici certificati. Tutto è eco-friendly, dalla bottiglia (85% riciclabile) alla carta, al tappo (100% naturale). Stiamo per imbottigliare il primo vino che con un tappo, riesce a crearne un altro. Tutto questo sta alla base.  A livello di ospitalità, abbiamo anche lavorato su un lago che restituisce depurate tutte le acque reflue del villaggio Fontanafredda.  La natura viene restituita migliore di come l’abbiamo trovata. L’energia nel 2022 sarà auto-prodotta al 100%.  Tutto questo, applicato alla nostra azienda, per creare vini che non rientrino solo nel superfluo, ma che parlino e dicano qualcosa di più”.

Queste sono idee tue, non delle generazioni precedenti!

“Si! Ma le generazioni precedenti non hanno colpe. Non esistevano consapevolezza e conoscenza, che oggi esistono e che abbiamo il dovere di seguire”.

Cosa può trovare un giovane nel mondo del vino?

“Tutto quello che vuole, se ha passione nel mestiere. Sei a contatto con la terra, produci la materia che la terra ti dà. È tempo di produttori, non di imbottigliatori e trasformatori. Il giovane può riuscire a dare il suo pensiero in un prodotto, che poi offre al mondo. Offre se stesso al mondo tramite una bottiglia, la bottiglia che produce”.

Come conti di riportare tu, come mondo dell’eno-turismo, gli stranieri in Italia?

“Intanto abbiamo pensato a come riportare gli italiani. Nel passato ci siamo dimenticati di noi, degli italiani. E ora riscopriamo il nostro retaggio. Ma gli stranieri sono indubbiamente fondamentali. L’Italia vive sul turismo.  Per primo si fa comunicando al mondo questo sentimento del rispetto.  Si fa comunicando che l’Italia è etica, che in Italia si vuole bene a se stessi e al mondo. Aggiungendo questo al nostro enorme patrimonio storico, culturale e artistico. Quindi convincere il turista che qui non trova solo bellezza, ma etica e stile di vita che ne deriva”.

Perché un giovane dovrebbe venire qui a Fontanafredda?

“Noi siamo una comunità aperta a tutti e per tutti, con formule per tutti. Tutto è qualità e sostenibilità, per tutte le tasche. Dalla ristorazione al soggiorno. E chiaramente trova la cultura del vino. Ma ripeto, l’offerta è differenziata e per tutti. Anche un giovane può godere di un soggiorno nelle langhe, anche solo per il weekend, spendendo il giusto e stando bene”.

Qual è il programma per un weekend giovane, qui a Fontanafredda?

“Si arriva il venerdì sera: aperitivo al Garden con musica, dormire alla “Foresteria delle Vigne” Sabato: al mattino, 4 passi nei 12 km di percorso nel “Bosco dei pensieri”, dove illustriamo flora e fauna, con scritti di Fenoglio e Pavese, che raccontano di una natura persa. Pranzo, aperitivo nella tenuta, visita alle cantine …poi, o sei distrutto e vai a dormire, o cena easy sempre all’interno della tenuta”.

Domanda personale, alcuni luoghi sono magici e danno sensazioni di felicità…le hai mai provate e dove?

…la risposta e i cinque punti nella seconda pagina…

Domanda personale, alcuni luoghi sono magici e danno sensazioni di felicità…le hai mai provate e dove?

“Il luogo conta per il 40%, il resto lo mette l’uomo. Il luogo ti mette in predisposizione verso l’esterno verso ciò che incontriamo. All’estero il mio luogo magico è Stoccolma, che per il mondo è tristezza e austerità, ma che al contrario mi ha dato gioia e serenità, non per il luogo in sé, ma per le persone!

In Italia, invece, un luogo dove ho provato felicità è “Castelbuono” in Sicilia, subito sopra Cefalù. Luogo, paese anarchico con il più grande festival di-vino (31 luglio, 1-2 agosto), cui segue festival di musica indie-rock (6-9 agosto). Un posto magnifico, per tutti”.

INFO: www.fontanafredda.it

I 5 PUNTI PER RIPARTIRE SECONDO ANDREA FARINETTI

CORAGGIO: Avere coraggio di affrontare l’ignoto, avere coraggio di affrontare le nuove sfide, avere coraggio di darsi da fare anche nei momenti più difficili, quando tutto sembra perduto. Avere e dare coraggio è una nobile qualità d’animo che ci permette di affrontare pericoli e difficoltà quotidiane. Qui a Fontanafredda da oltre 160 anni.

FIDUCIA: La fiducia è la base dei rapporti umani, senza di essa verrebbe meno la sopravvivenza della nostra specie. Non può esistere una comunità se non c’è fiducia e condivisione.

UMILTÀ: Essere riservati, umili e controllati nelle proprie azioni sono caratteristiche e qualità abituali del nostro essere piemontesi, «Langhetti», in particolar modo.

VERITÀ: Il punto di partenza dei contenuti della nostra narrazione sono i processi, le azioni, le strategie vere sui quali lavoriamo ogni giorno. La differenza nella narrazione la si fa solo se alla base ci sono: verità, qualità e rispetto.

RISPETTO: Dal 1858 siamo una comunità, qui nel “paese” di Fontanafredda, dove da generazioni vivono e lavorano famiglie intere, dove il rispetto sociale sta alla base dei rapporti umani. Ci uniamo intorno ai valori della terra aprendoci a tutti coloro che vorranno farne parte, generando una nuova comunità mondiale costruita sul rispetto del pianeta, riscoprendo il gusto della fiducia negli altri

VERDE: Quando il rispetto per la terra diventa rispetto per le persone. Valori che hanno un colore ben preciso: verde.




Weekend a Barolo: dove nacque il vino dei re

Nella seconda parte del nostro weekend a Barolo vogliamo andare più in profondità nella storia di questo borgo. Il vino che vi si produce, una delle autentiche eccellenze italiane, racchiude l’intera cultura del bere bene, del piacere della vita. Un sorso da questi calici è un’esperienza particolare, da assaporare non solo in senso letterale. E’ interessante quindi sapere cosa c’è dietro, come si arriva a quella bottiglia e a quel calice.

Partiamo allora dal Castello Falletti di Barolo, l’edificio simbolico di questo comune; borgo che fa parte delle 39 “Città del vino” nazionali, i luoghi dove nascono i migliori vini d’Italia. Visiteremo poi una delle cantine che rappresentano il cuore stesso della zona: i Marchesi di Barolo. Se volete rileggere la prima parte del nostro weekend a Barolo, cliccate qui per la nostra visita al Museo dei Cavatappi e al ristorante annesso. Infine, se vi servisse un suggerimento su una buona automobile per fare un giro da quelle parti, potreste leggere il nostro servizio sulla Peugeot 308 SW, nostra compagna in questo viaggio.

 

WEEKEND A BAROLO: IL CASTELLO FALLETTI

Weekend a Barolo

Il Castello Falletti di Barolo appartiene alla famiglia omonima fin dal XIV secolo. Nell’Ottocento, dopo una ricostruzione, ne diventò la residenza di campagna. Fra i vari personaggi illustri che lo hanno frequentato, si ricorda lo scrittore Silvio Pellico, il quale diresse anche la biblioteca della famiglia. L’ultima marchesa fu Juliette Colbert, moglie di Carlo Tancredi Falletti. Alla sua morte nel 1864, per sua volontà venne istituita l’Opera Pia Barolo, fra le cui attività ci fu anche l’omonimo collegio, attivo fino al 1958. L’esigenza di ospitare la scuola comportò notevoli modifiche al Castello. Nel 1970 venne acquistato dal Comune.

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Nel 2010 è stata compiuta una profonda ristrutturazione. Oggi il Castello ospita l’enoteca comunale, che ha status regionale. Essa rappresenta tutti gli 11 comuni nella zona d’origine del vino Barolo. Le aule che ospitavano il collegio oggi sono sede della scuola professionale alberghiera. Nel 2010 è stato aperto il Wine Museum, WiMU. Un vero e proprio viaggio nella cultura e tradizione del vino.

 

I MARCHESI DI BAROLO: DOVE TUTTO E’ NATO

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Le antiche botti di rovere risalenti ai tempi di Juliette Colbert

Il Castello, la famiglia Falletti e Juliette Colbert. Il Barolo nasce nelle cantine della dimora nobiliare per un’intuizione della Colbert, discendente del ministro del re francese Luigi XIV Jean-Baptiste Colbert, la cui politica avviò nel Seicento la fase economica del mercantilismo.

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Due delle bottiglie di Barolo più antiche esistenti, XIX secolo

Juliette, meglio conosciuta come Giulia di Barolo dopo il suo matrimonio col marchese Carlo Tancredi Falletti nel 1807, fu la prima a capire che il vino prodotto a Barolo, il Nebbiolo, aveva delle potenzialità inespresse. Perché i vigneti della zona godevano di un microclima particolare dovuto alla posizione; infatti le colline circostanti offrivano una buona protezione dalle intemperie violente.

La marchesa allora fece costruire delle cantine all’avanguardia, in cui procedere a fermentazione e affinamento di lungo periodo in botti di legno di rovere pregiato; ciò permise al vino di esprimere pienamente le sue caratteristiche uniche ed esclusive. Giulia diede allora al nuovo vino il nome del luogo d’origine, come da tradizione francese.

Dopo la morte di Juliette Colbert nel 1864 la dinastia dei Falletti si estinse. Successivamente Pietro Abbona, figlio del cavaliere Felice, proprietario di un’altra cantina situata vicino al Castello, acquistò proprio le cantine dei Falletti. Fu lui, successivamente nominato commendatore, a creare la reputazione del Barolo nel mondo, esportandolo e facendolo conoscere in ogni luogo del pianeta.

Oggi le Antiche cantine Marchesi di Barolo sono in piena attività, sempre ad opera della famiglia Abbona. E tramandano di generazione in generazione quel patrimonio di vigne, cantine e, soprattutto, conoscenze costruito in quasi due secoli.

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Una rarissima bottiglia di Barolo del 1861

Perché i processi di produzione, salvo le inevitabili evoluzioni organizzative e tecnologiche, sono ancora molto simili a quelli avviati ai tempi della marchesa. Ad esempio si usano ancora oggi per l’invecchiamento le prime botti, le stesse fatte installare proprio dalla Colbert.

L’enoteca conserva bottiglie di lunghissima data, vari decenni, del cui vino è garantita la bevibilità, poiché viene accuratamente eseguita la manuntenzione periodica (come la sostituzione dei tappi, oltre ad altre procedure specifiche). Infine c’è anche la collezione privata della famiglia Abbona, che comprende bottiglie risalenti al XIX secolo. Comprese le prime mai prodotte, la cui data è del 1859.

La visita alla cantina, situata in via Roma, frontalmente rispetto alla facciata laterale del Castello, è certamente da raccomandare. Come ovviamente la degustazione del Barolo, re dei vini, vino dei re.




Weekend a Barolo: cultura a tavola e in cantina

Passeggiando nel cuore del borgo, a ridosso del castello, si notava appeso ad un balcone il seguente cartello: “Sorridi, sei a Barolo. Qui si mangia e si beve”. Frase perfetta, non si potrebbe riassumere meglio l’essenza di questo paese. Ovunque ti giri, puoi degustare gli eccellenti vini prodotti in questa zona e assaggiare le tante specialità gastronomiche tradizionali. Se si volesse scegliere un esempio del più classico Made in Italy, la sapienza artigianale nel suo senso originario, appunto quello di arte, basterebbe fare un salto in questo piccolo comune piemontese nel cuore delle Langhe, in provincia di Cuneo. Che non a caso è sempre affollato di turisti.

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Proprio la sua particolarità ha fatto classificare Barolo nella lista compilata dall’Unesco dei patrimoni dell’umanità da tutelare. Inoltre è anche segnalato con la significativa “bandiera arancione” del prestigioso Touring Club Italiano. Le bandiere arancioni costituiscono un’iniziativa per mettere in evidenza i più caratteristici borghi italiani, quelli meglio conservati e ospitali. Attualmente ce ne sono 230.

 

COSA VEDERE A BAROLO: IL MUSEO DEI CAVATAPPI

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Come la stappate una bottiglia del vostro vino preferito? Quando poi si tratta di vini di alta eccellenza come il Barolo, si deve fare un po’ di attenzione, non vorrete certo rovinare il prezioso contenuto. Quindi un accessorio come il cavatappi diventa fondamentale. E’ allora una conseguenza logica che un luogo come il Museo dei cavatappi potesse nascere proprio in questo luogo.

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Paolo Annoni, fondatore del Museo dei Cavatappi di Barolo

Aperto nel 2006 nei locali di un’antica cantina accanto al castello comunale, origina da un’iniziativa di Paolo Annoni, farmacista torinese trasferitosi nelle Langhe vent’anni fa. La sua passione per questo utensile lo ha portato a mettere insieme una collezione di 500 esemplari antichi provenienti da tutto il mondo e realizzati a partire dalla seconda metà del XVII secolo.

Il percorso di visita del museo è suddiviso in 19 sezioni. Cavatappi decorativi e figurativi, tascabili, pubblicitari, multiuso, a tema manuale e perfino erotico. Nell’epoca in cui profumi e medicinali venivano venduti in bottigliette di vetro, vennero prodotti anche cavatappi appositi, che possiamo vedere in questo museo. Materiali di ogni tipi: legno, ferro, alluminio, ottone, osso, bronzo, avorio, argento, tartaruga e la lista prosegue ancora lunga. Non mancano nemmeno i cavatappi preziosi costruiti per aristocratici, religiosi e altri facoltosi personaggi.

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Poi libri, cartoline, pubblicazioni, souvenir vari. E naturalmente un’esposizione di bottiglie di Barolo e altri vini di Langa dei produttori locali. Il cavatappi ha una storia affascinante, che viene ripercorsa dalle sezioni del museo. Questo utensile deriva da un attrezzo metallico a punta attorcigliata che nel Seicento serviva ad estrarre le pallottole dalle canne delle armi.

In origine il tappo di sughero era usato per chiudere recipienti non necessariamente contenenti vino. Ad esempio in Italia fino al 1728 era vietato il commercio del vino in contenitori di vetro, perché le tecniche di produzione delle bottiglie non consentivano di ottenere una capacità sempre uguale, per cui le frodi sulla quantità erano comuni.

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Il primo brevetto di cavatappi risale al 1795, registrato dall’inglese Samuel Henshall. Furono infatti gli inglesi, grandi commercianti e viaggiatori, a sviluppare l’invenzione, poi estesa al resto del mondo, soprattutto in Francia e Italia.

Info: Museo dei cavatappi, piazza Castello 4, Barolo, Tel. 0173.560539, info@museodeicavatappi.it

 

DOVE MANGIARE A BAROLO: RISTORANTE WINEBAR BAROLO FRIENDS

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Lo chef Imer Pegoraro al lavoro

Naturalmente il borgo di Barolo è costellato di ottimi luoghi dove ristorarsi, uno meglio dell’altro. Ne segnaliamo uno. Il ristorante winebar Barolo Friends. Situato in un locale anticamente adibito a forno per grissini e pane, il ristorante si basa sui grandi prodotti del territorio, selezionati e preparati con cura e passione dallo chef Imer Pegoraro, coadiuvato da Federico Ramello e Luca Mana.

E’ sempre affascinante vedere un cuoco di classe al lavoro dal vivo. Tutta un’altra cosa rispetto ai lustrini e agli artifici dei programmi televisivi. Qui si lavora sul serio e bene. E anche in fretta, perché non si possono far aspettare troppo i clienti. In pochi minuti nasce un piatto prelibato come i “Tajarin” al ragù di salsiccia, un tipo particolare di tagliatelle. Sembra semplice, quando lo fa lo chef.

Weekend a Barolo
Tajarin al ragù di salsiccia e Infuori di fassona

Oppure un altro piatto tradizionale, squisito e veloce, adatto alla stagione estiva: si chiama “Infuori di fassona”, carne cruda dell’omonimo vitello piemontese con una spolverata di pregiato tartufo nero; d’altra parte Alba è qui vicino. E queste sono le ricette di viaggio:

INFUORI DI FASSONA
-Infuori di vitella fassona piemontese 140 grammi;
-fleur de sel quanto basta;
-olio extravergine q.b.;
-succo di limone q.b.;
-pepe q.b.;
-tartufo nero q.b.;

Procedimento:
battere al coltello la carne cruda, condire a piacere e mettere nel piatto, finire con tartufo nero a fette.

TAJARIN AL RAGÙ DI SALSICCIA
-1 cipolla rossa;
-1/2 chilo di salsiccia di Bra;
-2 rametti di rosmarino;
-500 g di passata di pomodoro;
-sale q.b.;

Procedimento:
tritare la cipolla ed il rosmarino e far rosolare in padella. Una volta rosalata la cipolla, aggiungere la salsiccia e rosolare sgranandola. Aggiungere la passata di pomodoro, salare e portare a fine cottura.

Naturalmente non finisce qui. Vengono proposti anche piatti internazionali, di cucina creativa e pesce, sempre scegliendo materie prime di alta qualità, rispettando anche le stagioni. Non è solo mangiare, si tratta di un’esperienza da ricordare. Cucina sempre aperta dalle 11 alle 22, ideale per i turisti. E da bere? Siamo a Barolo, provate un po’ ad immaginare.

Info: Ristorante winebar Barolo Friends, piazza Castello 3, Barolo, 0173.560542, winebar@barolofriends.it

Il primo giorno del nostro weekend a Barolo termina qui. Ma sul web il tempo è relativo. Infatti passiamo subito alla seconda parte della nostra visita, parlando dove parliamo del Castello (nella foto di copertina, autore Bruno Murialdo) e di una delle cantine che rappresentano l’essenza stessa di questo luogo: i Marchesi di Barolo. Già che ci siamo, un’ottima automobile per il viaggio, capace anche di caricare i preziosi souvenir vinicoli che sicuramente comprerete? Ad esempio la Peugeot 308 SW, di cui potete leggere la nostra prova, effettuata proprio nel borgo piemontese.




Weekend nelle Langhe con la Citroën C3

Weekend nelle Langhe – Castelli che vegliano su valli punteggiate da borghi e pievi antiche, trattorie ed enoteche dove assaporare i prodotti della tradizione piemontese.

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L’itinerario che vi proponiamo parte da Barolo, nella provincia di Cuneo, che dà il nome al celebre vino. Lungo la strada che conduce al borgo si affacciano vigneti sterminati. Il centro è adagiato nel mezzo di un altopiano circondato da un an teatro di colline. La mattina si visita il Castello dei Marchesi Falletti, con una sosta sulla terrazza panoramica per scattare qualche foto al panorama delle Langhe. Qui vissero i Marchesi Carlo Tancredi e Juliette Colbert, nota come Giulia di Barolo, e Silvio Pellico, protagonista del Risorgimento. Nel castello si trova anche il Museo del Vino dove poter ripercorrere la storia delle storiche cantine dove, a metà del XIX secolo, nacque il celebre “rosso”. Non si può lasciare il museo senza avere degustato una delle etichette storiche di uno degli undici paesi della Langhe che producono il Barolo.

E’ d’obbligo concedersi una pausa pranzo in una delle trattorie tipiche. Tra gli antipasti locali si consiglia il salame al cinghiale o al tartufo oppure la carne cruda battuta al coltello con tartufo. Si può poi proseguire con un risotto ai funghi porcini o con un piatto di tajarin al sugo d’arrosto. Tra i dolci, c’è la classica torta di nocciole o il bonét, budino di antica tradizione piemontese.

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Si può dedicare il primo pomeriggio alla visita del curioso Museo dei Cavatappi, che conserva 500 esemplari provenienti da tutto il mondo e realizzati a partire dalla seconda metà del 1600. Si risale poi in macchina e si percorre la Provinciale 157 per raggiungere Grinzane Cavour, che dista solo pochi Km. Su una piccola collina circondata dai vigneti spicca il suggestivo castello dove, a novembre, si tiene l’Asta Mondiale del Tartufo di Alba. Il maniero del XIII secolo è stata la residenza di Camillo Benso di Cavour, che fu anche sindaco del paese.

Nel castello ha sede il Museo Etnografico, che racconta la storia dell’economia delle Langhe. La sera, ci si riscalda con un buon bollito misto con le salse tradizionali e contorno di patate, cipolle e carote Il tutto accompagnato da un rosso come il Barbera d’Alba.

Secondo Giorno

La mattina successiva ci si sposta in auto verso Serralunga. Dalla strada si gode dello splendido panorama alpino. Si lascia poi l’auto e si prosegue a piedi verso il centro abitato, dominato dal castello costruito nella metà del XIV secolo. Al suo interno, spicca il Salone dei Valvassori con in suoi affreschi del 400 che raccontano il martirio di Santa Caterina d’Alessandria. Ci si ferma poi per il pranzo in uno dei ristorante con vista su vigneti.

Tra le proposte da non perdere, gli agnolotti del plin, la tipica pasta ripiena delle Langhe, al burro e salvia, il tradizionale brasato al Barolo accompagnato dall’omonimo vino e l’ottima torta al cioccolato. Nel primo pomeriggio, si guida fino a La Morra, a 500 metri di altezza. Il “balcone delle Langhe” regala una vista mozza ato a 360°. Nel borgo meritano una visita la seicentesca Chiesa di San Martino con la sua facciata barocca e la Chiesa della SS Annunziata.

La compagna di viaggio: Citroën C3

Citroen_C3_amazon_donna_Copyright Susanne STEMMER @ Continental Productions

Sulla fiancata ci sono gli “air-bump”, come sulla C4 Cactus, nonostante siano ridotti. I colori esterni sono moltissimi, negli allestimenti top è possibile avere il tetto e i gusci degli specchietti di colore diverso rispetto al resto della carrozzeria, donando possibilità di personalizzazioni vastissime.

Gli interni, rispetto alla dimensione esterna offrono una spaziosità sorprendente, inoltre sono rivestiti con materiali di alta qualità. La plancia è molto minimale, prende a piene mani dalla più grande Cactus, ma le differenze sono varie. Il tachimetro, al contrario della Cactus, non è digitale ma analogico, con un’illuminazione led molto gradevole e chiara. La parte più importante sono però i sedili, comodi e larghissimi, possono essere rivestiti con materiali molto piacevoli e originali. Sono la componente su cui Citroën conta espressamente, perché parte integrante del comfort in viaggio.

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Sono tre gli allestimenti previsti per la nuova Citroën C3: Live, Feel e Shine. Il più completo è naturalmente l’allestimento Shine, che comprende cerchi da 16”, fendinebbia, “clima” automatico, display “touch” da 7 pollici, airbump, tetto e specchietti in colore diverso da quello del resto della carrozzeria e sensori di parcheggio posteriori. Ci sono anche optional di sicurezza avanzati, come gli avvisi per abbandono involontario di corsia, di veicolo in arrivo alle spalle (angolo cieco dei retrovisori) e di eccessiva stanchezza del guidatore.

La scocca e le sospensioni sono ereditate dalla Peugeot 208, mentre le motorizzazioni comprendono un 1.0 da 68 CV, un 1.2 con 82 e un 1.2 turbo da 110 tutti a tre cilindri. A gasolio, invece, ci sono i BlueHDi nelle versioni da 75 e 99 cavalli. Importante novità è il cambio automatico a sei rapporti EAT6, che sostituisce il precedente robotizzato ETG, che era più lento.

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Questa C3 è senza dubbio un’auto-weekend adatta anche alle donne, per la ricerca di borghi e ricette storiche, perchè anch’essa viene da una tradizione, quella unconventional della Citroën, ed entrerà nella piccola “storia” dell’auto.