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Quel caffè con Maradona a Napoli

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In una vita on the road capita di incontrare persone che non si dimenticano. A me è capitato di conoscere quel campione ancora ragazzo che sapeva buttare il cuore oltre se stesso, colui che il mondo avrebbe conosciuto come “el pibe de oro”, anche se io gli ho stretto solo la mano.

Ero a Napoli, credo alla Mostra d’Oltremare per un evento. Allora dirigevo Intrepido Sport, ed Enrico, un giovane e intraprendente giornalista, me lo ha presentato. La prima cosa che me lo rese simpatico fu la sua spontaneità e il fatto che fosse alto come me, cioè “poco alto”.

Presi un caffè con quel ragazzo, sì un ragazzo come forse è rimasto per tutta la vita. Con la sua gloria e anche con i suoi errori, ma mai in male fede, mai per far male a qualcuno.

Chi è stato il più bravo calciatore del mondo, Maradona o Pelè?  Non sono certo io a poterlo dire. Ma so che mentre Pelè è stato la bandiera di se stesso, Maradona ha preso da terra la bandiera della sua nazione, l’Argentina, e della “sua” città, Napoli e le ha sollevate, sbandierate, nel cielo del mondo intero.

E ha regalato loro finalmente il sapore della vittoria. Era solo calcio? No, era anche dignità, orgoglio, vittoria di popolo e non di un singolo. Lui prima che un campione sapeva essere argentino e napoletano.

Allora in Argentina c’era la dittatura militare e Napoli, era una città per certi aspetti poverissima. Diego diventò subito l’alfiere che trascinava in alto sia l’Argentina che Napoli. Lui sapeva amare e far amare. Non ho dati alla mano, ma posso tranquillamente affermare che, grazie a Diego Armando Maradona, sia l’Argentina che Napoli forse cominciarono ad avere più turisti, ad essere più amate.

Lui sapeva buttare il cuore oltre se stesso, sapeva battersi per gli altri.  Un esempio? Doveva ricevere un premio nei ricchi e potenti Stati Uniti e uno a Cuba. Diego andò nella Cuba di Fidel Castro che aveva liberato un pezzo d’America dalla dittatura di Battista. Diego era sempre dalla parte del più debole, per dargli un po’ della sua forza.

Oltre che mettersi in gioco negli stadi, si metteva in gioco anche nella vita. Per far vincere il più debole, e se sbagliava perdeva per se stesso. Si vergognava dei suoi errori, come confessare che era schiavo della cocaina, una maledizione da cui non si sarebbe liberato mai. Maradona sapeva fare del bene agli altri e, se faceva del male, lo faceva solo a se stesso.

Maradona amava il calcio, ci ha insegnato ad amarlo, ma ci ha insegnato anche a volere bene alla propria terra, alle proprie radici, alla propria città e a spendersi per farla amare anche agli altri.