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Pompei (ben diretta) torna al suo antico splendore

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Doveva essere certamente splendida Pompei, colonia romana alle pendici del Vesuvio, prima che l’eruzione del 79 d.C la cristallizzasse per sempre nella sua immota ed eterna quotidianità e trasformandola, di fatto, in un sito archeologico unico al mondo, visitato ogni anno da milioni di visitatori.

Qualche anno fa, tuttavia, a causa di una catena di errori politici, burocratici, ma anche gli sprechi, l’incuria e l’incompetenza hanno trasformato Pompei nel simbolo di un’Italia “incapace di difendere il proprio patrimonio culturale”, come riportò il New York Times.

La classica “goccia che fece traboccare il vaso”, tra cani randagi che dimoravano tra gli scavi, furti di frammenti e oggetti da rivendere al mercato nero, sfregi e bagarinaggio dei biglietti per aggirare il “numero chiuso” degli accessi, fu il crollo, nel 2010, della Schola Armaturarum, sotto il peso della copertura piana in cemento armato, voluta alla fine della Seconda Guerra Mondiale da Amedeo Maiuri, e attribuito, come si legge nei documenti ufficiali allo ““smottamento di un terrapieno a ridosso della costruzione per effetto delle abbondanti piogge”. In quell’occasione, molti quotidiani e riviste estere, tra cui la prestigiosa Traveller, lanciarono il grido di allarme, invitando a “visitare Pompei prima che crolli”.

Tuttavia, negli ultimi anni, qualcosa è cambiato, e sta continuando a cambiare. E l’artefice di questo cambiamento positivo ha un nome e un volto: si tratta di Massimo Osanna, archeologo, dal 2014 Soprintendente e dal 2016 Direttore Generale del Parco Archeologico, a cui si è affiancato il lavoro del generale dell’Arma dei Carabinieri Giovanni Nistri, direttore del progetto “Grande Pompei”.

Grazie al loro lavoro e alla loro competenza, sono riprese le assunzioni di archeologi e architetti e di una cinquantina di operai addetti alla manutenzione ordinaria quotidiana degli edifici e delle domus. A ciò si è aggiunta la scoperta di nuovi affreschi e mosaici e, soprattutto, la riapertura della Schola Armaturarum, che sarà possibile visitare attraverso visite guidate ogni giovedì, dal 3 gennaio 2019. E il numero di visitatori stimati quest’anno, dopo il record negativo di quattro anni fa, quando furono “appena” 2,4 milioni, si aggira attorno ai 3,2 milioni.

La riapertura della Schola

Si tratta della sede di un’associazione militare di rappresentanza, nota anche come “casa dei gladiatori”. È stata riportata per la prima volta alla luce tra il 1915 e il 1916 da Vittorio Spinazzola, tuttavia, la sua storia è molto travagliata. In seguito al bombardamento alleato della fine di agosto del 1943, alla ricostruzione voluta da Amedeo Maiuri e dal crollo del 2010 e le conseguenti lungaggini burocratiche, finalmente, dopo un paziente lavoro di recupero e di minuziosa ricostruzione, sarà di nuovo possibile visitare la schola.

Negli ultimi anni, tuttavia, sono stati tanti i nuovi ritrovamenti che hanno dimostrato come Pompei sia ancora uno scrigno prezioso e un bene da tutelare con tutte le risorse e la professionalità possibile. Tra questi c’è il famoso affresco di Leda e il cigno, riportato alla luce nello scorso mese di novembre e subito diventato protagonista delle cronache mondiali per la grandiosità della scoperta.

A esso di aggiunge il mosaico “Il mito di Orione” e, due anni fa, la scoperta della tomba di Gnaeus Alleius Nigidus Maius, probabilmente il personaggio più importante e ricco di Pompei, come riporta un’iscrizione lunga quattro metri, disposta su sette righe, che celebra la benevolenza dell’uomo nei confronti dei suoi concittadini, elargita tramite donazioni di cibo in occasione di una carestia e l’organizzazione di banchetti luculliani per 6840 ospiti, in occasione del raggiungimento della maggiore età, e giochi degni di quelli romani, con la partecipazione di 416 gladiatori.

Il cavallo del comandante, l’ultimo ritrovamento

A ulteriore dimostrazione di come Pompei nasconda ancora tanti tesori da scoprire, lo scorso mese di dicembre, è venuto alla luce nella stalla di Civita Giuliana, all’interno degli scavi archeologici nella zona nord appena fuori le mura del sito, un cavallo con una ricca bardatura militare.

Già i lavori avevano fatto riemergere dall’oblio del tempo una grande villa suburbana conservata in maniera eccezionale, con i relativi ambienti di servizio e reperti, tra cui anfore, utensili da cucina e un letto di legno. Tra gli ambienti annessi era stata individuata anche la stalla. Qui, durante la prima fase degli scavi, era stata identificata una mangiatoia per gli animali, la sagoma intera di un cavallo e le zampe di un secondo animale.

Ulteriori scavi cominciati nel mese di luglio 2018 hanno consentito di riportare alla luce anche il resto del corpo del secondo animale e un terzo cavallo, che aveva addosso una ricca bardatura militare. In particolare, sul torace sono stati individuati quattro reperti di legno rivestiti con una lamina bronzea a forma di mezzaluna. Sotto il ventre, in prossimità degli arti anteriori, è stato invece ritrovato un altro oggetto in bronzo, formato da tre ganci con rivetti collegati da un anello a un disco.

Alla luce dell’egregio lavoro di questi ultimi anni e dell’impegno di archeologi, architetti, operai manutentori e delle eccezionali scoperte visitare Pompei sarà sempre più un piacere.

INFO: http://pompeiisites.org/