TESTO E FOTO DI CESARE ZUCCA
Milano. Felix Lo Basso Restaurant. si trova in una delle location più strepitose della città: all’ultimo piano della Galleria Vittorio Emanuele II, affacciato sul simbolo milanese per eccellenza, il Duomo. Lo Chef Lo Basso ha scelto questo luogo come casa per la sua cucina che ha conquistato immediatamente la Stella Michelin.
Felice (o Felix) Lo Basso nasce a Molfetta e compie il suo apprendistato in grandi ristoranti gourmet in Italia e all’estero. Nel 2011 viene insignito della prestigiosa stella Michelin. Dotato di uno stile raffinato, sempre in gioco tra creatività e ricerca, fa della qualità e del rispetto delle materie prime il suo punto di partenza. La sua cucina, nata al mare e cresciuta in montagna, omaggia la tradizione, cerca la qualità del prodotto, sperimenta forme e colori e si diverte, con allegra fantasia, nel mixare i gusti. Lo Chef ama rispolverare i momenti della sua vita: nei suoi piatti troviamo un po’ di montagna e un po’ di mare, dalla mela verde del Trentino ai canederli di polpo alla sua Puglia, che ha nel cuore.

Gli amouse bouche dello Chef.
Mozzarella in carrozza con crema di alici marinate, il corallo con una chips decorata da salmone marinato, uova di salmone e maionese alla curcuma, il porro al ragù d’anatra, tartare di cervo, una spettacolare cialda al cacao con semi di zucca caramellati e una oliva taggiasca ‘surprise’  in un guscio di burro e cacao al cioccolato. Tutto da mangiare con le  con le mani, ecco  quindi apparire una graditissima tovaglietta asciugamani al profumo di agrumi.
Fantasia  e colori anche nei primi piatti: un risotto mimosa, dal retrogusto un po’ amarognolo, crema di porcini, castemagro 22 mesi, polvere di zucca disidratata, crumble di amaretto, mentre qua e là, spuntano pioppini saltati.
Tra le rivisitazioni vorrei citare la ‘sua’  tiella, tradizionale piatto pugliese di  riso cozze e patate rivisitato con una spuma di patate, cozze in vino bianco, salicornia e riso selvatico canadese, soffiato come se fosse un popcorn, un piatto che lo chef consiglia di mescolare in modo di avere un giusto bilanciamento dei sapori.

Tra gli itinerari dei ‘Profumo di Mare’, vi segnalo un
piatto con l’astice accompagnato da una colorata tavolozza di carote rosse, gialle e viola che ricorda il costume di Arlecchino.
Dessert: il  cavallo di battaglia è chicco cremoso, una rivisitazione del tiramisù al mascarpone, cuore di caffè amaro, chip di tapioca al cacao e gelato di caffè chiaro.
INTERVISTA
Quando è nata la tua passione per la cucina ?
Da piccolo, avevo sei anni e nella mia camera provenivano gli intensi profumi della cucina di mia nonna. Sgaiattolavo in cucina e rimanevo incantato a vederla intenta sui fornelli, un incanto che è continuato nel tempo, fino a oggi, nel mio menu non mancano i ricordi di quei momenti, di quelle persone, di quella terra. Uno dei miei cavalli di battaglia è proprio la ‘parmagiana in un risotto‘, un ricordo di mia mamma Rosa, rielaborando i tre elementi classici della parmigiana.
Com’è stato l’impatto con il tuo primo lavoro ‘ufficiale’ in cucina?
Beh, ero giovane e ho iniziato in grandi cucine di enormi hotels. Mi sembrava di essere in un film, dove tutti si muovevano con un ritmo frenetico. Un ricordo un po’ crudo, se vuoi, perché mi sentivo sempre osservato da chi era sopra di me. Da lì  è nato l’accanimento a fare e fare bene, quasi una sfida con me stesso, e io… amo le sfide.

Raccontami dei tuoi viaggi…
Viaggiare per me è una parola magica, il viaggio stimola la mia creatività. Penso che, come me,  molti chef amino scoprire nuove realtà e altre culture, sempre con un occhio attento alle influenze culinarie del luogo. Ho visitato Shanghai Hong Kong, Giappone, San Francisco, Los Angeles, Dubai, Oman. Sto conoscendo Mosca, Ucraina e i paesi dell’Est. In genere preferisco andare in posti dove ho delle conoscenze, soprattutto degli chef amici, sono una garanzia ed è  bello avere un aggancio locale. In Asia, per esempio, ho tanti ex compagni di scuola; ora sono degli chef quotati e spesso mi accopagnano in giro alla scoperta dei veri sapori locali.

Dai viaggi hai mai portato qualcosa nel tuo menu?
Certo, in alcuni dei miei piatti c’è una certa l’influenza asiatica, non tanto per il gusto, ma piuttosto per le tecniche e il modo di impiattare. E viceversa, anch’io ho portato delle mie cose nell’altra parte. Se dovessi aprire qualcosa all’estero mi indirizzerei senz’altro verso la cucina italiana e non la fusion, in modo da continuare un po’ la tradizione che si assapora del mio ristorante.

Che auto guidi?
Dopo 16 anni di AudI Sono passato alla Porsche.
Cosa cerchi in un’ auto?
Vado spesso In Puglia e a Rimini, dove ho parte della mia famiglia, quindi cerco un’auto che mi garantisca un’ottima prestazione e una ripresa scattante. Sai, faccio circa 85.000 km all’anno…
Guidare non ti stanca?
Assolutamente no, mi rilassa e posso ascoltare la mia musica, un po’ di tutto, dal funky al rock al soul al blues.