COLONIA: NELLO STELLATO ‘NEO BIOTA’ SONJA E ERIK PROCLAMANO: “IL BRUNCH E’ MORTO!”

TESTO E FOTO DI CESARE ZUCCA –

Colonia, Germania. Oggi vi porto da Neo Biota ristorante alternativo e trendy. elogiato per  piatti freschi, sani e comunque ricercati. Ha da poco festeggiato il primo anno di attività e a solo 6 mesi dall’ apertura si è guadagnato una stella Michelin. Entriamo!


Al bancone a vista operano Sonja Baumann e Erik Scheffler, chef-amici-soci del piccolo ristorante che offre un menu semplice e schietto, con molte verdure e pesce e che imperiosamente proclama: Il brunch è morto’ optando per un variopinto breakfast non-stop dalla mattina al pomeriggio.

Mi sono affidato ai consigli degli chef: salmone, asparagi bianchi, 7 erbe e aceto di uova servito su una tartina di pane integrale e accompagnato dal ‘drink del giorno’: anguria, pompelmo, ginger, cetriolo, pepe, paprika e chissà cos’altro… deliziosi tutti e due, come i loro ‘creatori’ che ho incontrato per registrare una simpatica intervista e per ‘rubare’ una loro ricetta.


Congratulazioni per la stella Michelin, quando è iniziata la vostra avventura?
Sonja: Sono nata a Bonn e ho iniziato la mia carriera nel 2004 a Halbedels Gasthaus. Dopo l’apprendistato, sono approdata al ristorante Gut Lärchenhof. E’ seguito il Lärchenhof, dove collabiravocon con Erik., dopo molti anni di lavoro, abbiamo inaugurato NeoBiota che ci ha  dato l’opportunità di sviluppare il nostro stile di cucina. Dopo solo sei mesi è arrivata la stella!


Avete fatto dei viaggi insieme?
Erick: Siamo andati a San Sebastian in Spagna  e poi Olanda, Belgio, Norvegia, Danimarca.
I nostri non sono stati necessariamente viaggi  gastronomici, non ci interessano trends o tendenze di altri paesi, amiano conservare la nostra indipendenza e se un piatto esotico ci ha particolarmente interessatI, amiamo adattarlo a nostri gusti nostrani.

Come nel nostro kimchi, dove fermentiamo il cavolo seguendo parzialmente lo stile coreano e aggiungiendo prodotti e sapori tipici della Germania e quando lo assaggi ti sembra di essere in un’osteria tedesca…
Quindi poco interesse per ‘altre’ cucine?
Forse l’unica cosa che ci attirava nei viaggi erano i posti specializzati nel breakfast. Ne abbiamo provati tanti e lì ci siamo divertiti a studiare come reinventare i piatti della prIma colazione. Non a caso Neo Biota ha un menu-breakfast dalla mattina fino a pranzo, per poi cambiare per cena.

Il vostro menu domenicale è davvero speciale…
S
onja: Non facciamo il brunch che, secondo noi, è luna delle peggiori abitudini a tavola, in quanto vengono usati tutti gli avanzi della settimana e rimescolati nel buffet, anche il gusto è deludente… se arrivi presto è ok, ma se arrivi tardi è tutto secco, non fresco e sa di vecchio.


Un viaggio che vorrese fare?
Sonja: Per una vacanza Australia e Nuova Zelanda, mentre l’Asia per curiosità culinaria.
Erik: Canada e Australia, mi piace il lifestye della loro gente, che ama godersi la vita
Dove ti piace passare un weekend libero?
Erick: A letto! In pieno relax! E se il tempo è bello, una passeggiata lungo il fiume, nei parchi e alla sera un ristorantino con una buona cucina e del buon vino.
Sonja: Se ho abbastanza tempo, direi in Norvegia, Finlandia, Svezia, bellissimi paesaggi e gente semplice. Devo dire che ho due passioni: i paesi nordici e… gli stivali da cowboy.


Mai nel vostro frigorifero …
Erik: cibi già pronti, pre-cotti e… (ride) niente di quanto ti aspetteresti da uno chef stellato, tipo champagne e fois gras…
Sonja: Banane, trovo che al freddo abbiano un odore insopportabile…. in compenso troverai sempre delle birre fantastiche…


Il piatto top di Erick e di Sonjia ?
Sonja: Erick fa una fantastica zuppa thai
Erik: La sujanka di Sonja. E’ una zuppa dell’Est Europa, fatta con avanzi  carni e verdure. Mi piace la sua versione tedesca che utilizza avanzi di salumi come salame e mortadella, insaporiti da cipolle, peperoni rossi, salsa di pomodoro, salamonia di cetrioli e spezie. La  sujanka di Sonja è fantastica, ma anche quella di mia moglie, che però lo fa come lo faceva mamma, ottima, ma diversa da quella di Sonja. Insomma un bel match!

Cosa volevi fare da grande…
Erik: Non riesco a immaginarmi coinvolto in nessun altra professione, non sarei felice.
Sonja:
Da piccola mi piaceva la manualità creativa e amavo fare costruire delle cose con legno e pietre, chissà, forse avrei voluto diventare un’ artista o un architetto, ma mi ha  molto colpito l’abilità in cucina di mia mamma, ottima cuoca e mi sono detta: farò la chef.


Se io fossi bendato, quale piatto mi serviresti?
Erik: Asparagi, confit di grasso di pollo, con salsa e croccantini di pelle di pollo. Visto che non vedi, punterei a conquistarti con l’intenso profumo di arrosto e un sapore vivace.


La vostra ricetta?
“Armer Jan”: un’accoppiata insolita. Il tradizionale toast francese incontra l’ himmel un ääd cioè “Il cielo e la terra”, un tipico piatto tedesco con sanguinaccio, cipolle, purè di patate e salsa di mele. Il nome deriva dagli ingredienti principali: le mele provenienti dagli alberi (il cielo) e le patate (dalla terra.)

“ARMER JAN”
Dosi per 12 persone
PanePre-fermentazione
95 g di farina di grano 405
3 g di lievito
60 g di acqua
Impasto:
2250 g farina di grano 405
8 g sale
5 g lievito
20 g miele
20 g burro
200 g acqua
5 g semi di senape
30 g cipolle arrostite
10 g cipolle in polvere
10 g aglio in polvere
5 g maggiorana
5 g pepe Cayenne
10 g cumino
1. Prepara il pre-fermento e lascialo lievitare per 2 ore.
2. Dopo 2 ore aggiungere tutti gli altri ingredienti e impastarlo in un impasto omogeneo. Lasciare in frigo per una notte.
3. Ungete una padella e stendetela con la carta da forno. Arrotolare l’impasto, metterlo nella teglia e coprirlo con carta stagnola. Lasciatelo lievitare per altre 2 ore.
4. Cuocere a 180 ° C in un forno a convezione coperto con carta stagnola per 25 minuti. Rimuovere la pellicola e cuocere per altri 15 minuti. Il pane dovrebbe avere una temperatura interna di almeno 92 ° C.
Composta di mele
3 mele Pink Lady
2 scalogni
5 g semi di senape
2 cucchiai di olio
2 g maggiorana secca
75 g aceto di mele
Sale, zucchero
1. Tagliare gli scalogni a cubetti molto piccoli e farli saltare in olio insieme ai semi di senape. Aggiungere le mele tagliate a cubetti e saltare insieme.
2. Sfumare con l’aceto di mele, aggiungere la maggiorana e lasciarla cuocere a bassa temperatura. Condire a piacere con sale e zucchero.
Mayonnaise
200 g erba cipollina
500 g di olio
Riscaldare l’olio a 70 ° C e usare un frullatore per mescolarlo con l’erba cipollina. Quindi passalo attraverso un setaccio.
100 g latte
1 g Xantan
30 g succo di limone
Sale, Zucchero
Mescolare latte, succo di limone e Xanthan con un frullatore a immersione. Poi aggiungere con cura l’olio di erba cipollina usando il frullatore per creare una maionese. Mettere la maionese in un sac à poche
Come servire
Sangue di maiale
100 g patatine fritte
100 g cipolle arrostite
Cipollotti e prezzemolo tritati finemente
Suggerimenti per la maggiorana
1. Affettare il pane e immergerlo nel sangue di maiale fino a quando le fette sono molliccie. Friggerlo in padella da entrambi i lati.
2. Mettere una fetta su un piatto, mettere un cucchiaio di composta di mele e sopra qualche goccia di maiones
3. Cospargere le patatine fritte e le cipolle arrostite e decorare con cipollotti, prezzemolo e punte di maggiorana.

INFO
Neo Biota

Cesare Zucca
Milanese di nascita, vive tra New York, Milano e il resto del mondo. Viaggia su e giù per l’America e si concede evasioni in Italia e in Europa.
Per WEEKEND PREMIUM fotografa e racconta città, culture, stili di vita e scopre delizie gastronomiche sia tradizionali che innovative.
Incontra e intervista top chefs di tutto il mondo, ‘ruba’ le loro ricette e vi racconta il tutto qui, in stile ‘turista non turista’.

 




AURORA MAZZUCCHELLI: IL SUO RISTORANTE STELLATO, LA PASSIONE PER L’ AFFUMICATO E L’ANSIA DELL’AUTO…

TESTO E FOTO DI CESARE ZUCCA –

Sasso Marconi (Bologna). Simpatica, schietta, solare. ecco Aurora Mazzucchelli, chef e proprietaria dello stellato Marconi. In sala è aiutata dal fratello sommelier Massimo, che, oltre a gestire anche l’attiguo Forno Mollica, sa raccontare il mondo, i pensieri e gli straordinari piatti della sorella.


Dove ti piace passare un weekend?
Sento il richiamo del mare, anzi di due mari decisamente diversi, ti spiego: mamma è siciliana, il mare siculo è meraviglioso e adoro tutta la provincia di Ragusa. Papà è bolognese e per molti anni è stato chef sull’ Adriatico, quindi, quando i tempi sono stretti, mi sta bene anche una spiaggia della Romagna, giusto per un mordi e fuggi, (ride) magari accompagnato da una buona piadina…


Un viaggio che vorresti fare?
L’ Irlanda e poi ho il mal d Africa, sono stata in Ruanda e Etiopia, ma ho ancora molto da vedere.
La tua auto?
Ti confesso che ho la patente ma non amo guidare… mi mette ansia. Preferisco guidare i fornelli!

Trai ispirazioni gastronominche dai tuoi viaggi?
Si, dai viaggi possono sopravvivere citazioni e tecniche di cucine straniere, anche se poi vengono molto italianizzate, con prodotti nostri. Ad esempio nel menu di oggi trovi il ricordo di un viaggio in Peru, una ceviche, però di frutta.
Quali sono i tuoi primi ricordi della cucina?
L’odore del brodo a casa della nonna bolognese e il profumo del sugo di pomodoro dalla nonna siciliana: ineguagliabile, come lo sapeva cucinare lei…non c’è nessuno…e poi i piatti della domenica come i tortelli che ho sposato a lavanda, noce moscata, mandorle e, ovviamente, parmigiano reggiano.


A proposito di piatti ineguagliabili, chi ti viene il mente ?
Non amo cucinere l’astice o l’aragosta e tempo fa mi è capitato di assaggiare l’ aspic di astice di Nadia Santini a Canneto Sull’Oglio. Ottima succulenza interna, gelatina perfetta.
Cucini a casa?
Spesso, beh, vivo nel piano sopra il ristorante, quindi  cucino sù o giù.


Sempre nel tuo frigo di casa
Tante scorte: prodotti ragusani dalla Sicilia, capperi, bottarga, magari un pecorino sardo portato da un’amica, latti fermentati per i miei esperimenti, tante conserve e basilico che amo congelare, è il basilico dell’orto che circonda il ristorante e che, con la nuova ristrutturazione e le pareti di vetro, abbiamo voluto in un qualche modo far ‘entrare’ nel locale.

Anche il giardino partecipa alla mia cucina, vedi quel grande fico? Tra i miei piatti c’è un polpo con limone salato e latte di fico, letteralmete estratto dalle foglie dell’albero.
Un tuo signature dish?
Il gelato di aringa, un’ idea di qualche anno fa, dopo parecchi studi sui gelati salati. Mi piace la presenza di una nota affumicata, forse ereditata da papà che faceva una fantastica insalata di arringa, finocchio e arancia.


Come hanno reagito i tuoi genitori al tuo ingresso in cucina?
Con un grande gesto d’amore. E’ successo intorno al 2000, sono stati bravi e mi hanno lasciato spazio, anche negli sbagli…e poi certi piatti classici di papà sono intramontabili, come  il risotto al fumetto di pesci, tuttora presente nel menu.
La tua ricetta?
Ti ho parlato della mia passione per l’affumicato, beh rieccoci: maccheroni al torchio, anguilla affumicata, ostriche crude e spinaci.

MACCHERONI AL TORCHIO, ANGUILLA AFFUMICATA, OSTRICHE CRUDE E SPINACI

per 6
ingredienti
gr.400 semola di grano duro rimacinata
gr.100 farina 0
n.3 uova fresche
n.3 tuorli
acqua qb.
gr.200 anguilla affumicata
gr.60 burro
n.1 cipolla rossa
sale grosso per la cottura
gr.500 spinaci freschi
n.12 ostriche
sale olio extravergine d’oliva e pepe.
procedimento
mettere a cuocere in una teglia con del sale grosso la cipolla condita con sale e olio in un cartoccio nel forno a 180 °c per 20 minuti .
mondare gli spinaci ,cuocerli in acqua e frullarli cosi da ottenere una crema.
frullare l’anguilla aff. con il burro a poma cosi da ottenere una farcia
aprire le ostriche mettere da parte il mollusco tagliato grossolanamente e prendere l’acqua che e all’interno del guscio che ci servira per la cottura.preparare dei maccheroni con il torchio e ancora freschi farcirli con l’anguilla chiudendo le due estremita otteremo una sorta di raviolo a forma di maccherone, al momento di servire cuocere in acqua salata i maccheroni , saltarli nella padella con l’acqua d’ostrica e una noce di burro.
mettere a specchio la salsa di spinaci gia calda nel piatto, dei petali di cipolla, il ragu d’ostrica e i maccheroni.

INFO
Marconi
Via Porrettana, 291
Sasso Marconi, Bologna

Cesare Zucca
Milanese di nascita, vive tra New York, Milano e il resto del mondo. Viaggia su e giù per l’America e si concede evasioni in Italia e in Europa.
Per WEEKEND PREMIUM fotografa e racconta città, culture, stili di vita e scopre delizie gastronomiche sia tradizionali che innovative.
Incontra e intervista top chefs di tutto il mondo, ‘ruba’ le loro ricette e vi racconta il tutto qui, in stile ‘turista non turista’.


 

 

 




CHEF IN AEROPORTO

L’iniziativa “chef in aeroporto”  si tiene allo scalo di Orio al Serio e invita tutti i passeggeri in possesso di un biglietto aereo acquistato nel 2019 (da gen a dic) a diventare chef. Si avete capito bene!! Tutti i passeggeri maggiorenni possono cimentarsi nell’arte culinaria preparando e documentando una ricetta della cucina italiana utilizzando principalmente ingredienti lombardi.

L’evento ha lo scopo di coinvolgere tutti i passeggeri del mondo a scoprire attraverso la gastronomia il territorio lombardo.

chef

L’iniziativa ha avuto un enorme riscontro tanto che la scadenza è stata prorogata al 30 settembre per dare modo a tutti gli interessati di partecipare al cooking show che si terrà al Vicook Bistrot.

Dunque aprite i vostri ricettari e iscrivetevi all’iniziativa su www.bgychef.milanbergamoairport.it, inserite i vostri dati anagrafici, copia del biglietto aereo, una breve descrizione della ricetta, alcune foto che descrivono i vari passaggi.

chef

Entro il 20 ottobre una giuria pronuncerà le tre migliori ricette le quali saranno proposte al cooking show del Vicook Bistrot, il bellissimo locale aeroportuale  dello chef Enrico Cerea tristellato chef del famosissimo ristorante Da Vittorio  a Bergamo, oggi a Brusaporto.

Il vincitore avrà il piacere di veder pubblicata, per un anno intero, la propria ricetta nel menù del Vicook Bistrot giudicato tra i migliori ristoranti aeroportuali a livello mondiale.

chef




LORENZO DI GRAVIO: DALLE STELLE DEL CIELO ALLE STELLE DELL’ASSAYE

TESTO E FOTO DI CESARE ZUCCA

Roma: il Ristorante Assaje, Stella Michelin dal 2016, si affaccia sul giardino e sulla piscina dello storico Hotel Aldrovandi Villa Borghese. Al timone, lo Chef Lorenzo dI Gravio, sensibile al richiamo della cucina mediterranea in un menu che unisce tradizione a innovazione.

L’ho incontrato in occasione della presentazione del nuovo menu che non mancava di classicismo e novità, sottolineato dall’armonia della tavola e dalla delicatezza del tovagliolo, leggermente profumato di agrumi.


Come e dove passi un weekend italiano?
Mi piace Arcidosso, in Toscana e  L’Isola d’ Elba, dove sono nato e dove ho trascorso tante estati. Ho poi una grande passione: il paracadutismo.  Mi piace saltare e vado spesso nei dintorni di a Terni, poco lontano da Roma.
L’adrenalina del volo porta qualcosa nel tuo menu?
Ci sono similitudini, come quando esperimento un piatto nuovo, come se mi cimentassi a provare qualcosa che sembra un po’ rischioso, ma è sicuro e che mi da fiducia di ottenere un buon risultato, quasi come la certezza di un atterraggio  ben riuscito.
Viaggi culinari all’estero?
Istambul, Marocco, per incontrare tradizioni diverse e per il piacere di interfacciarmi con qualcosa che esce completamente dall’ordinario


Dai viaggi ‘importi’ qualcosa nella tua cucina?
Solitamente no, anche se ho un grande interesse per la cucina indiana e sto meditando di fare un viaggio in India. Il fatto è che sono legato alla tradizione mediterranea, anche se questo non mi impedisce di assaggiare e sperimentare piatti esotici, ma solo quando sono sul posto.
Guardo i tuoi piatti e avverto dei tocchi pittorici…
C’è una vena tecno-artistica che scorre nella mia famiglia: mia sorella illustra libri per bambini , un’ altra è architetto, un’ altra ingegnere.


Cosa cerca la tua cucina?
Cerca di valorizzare l’Italia intera nella scelta delle materie prime e dei piatti proposti, con un occhio di riguardo al Lazio, in merito alla dislocazione territoriale del ristorante e al mio luogo d’origine.
Un piatto piatto iconico nel tuo menu?
E’ legato al ricordo e ai profumi della domenica di Pasqua: la nonna siciliana si scatenava con i dolci e in famiglia si cucinava l’agnello. Un piatto ‘signature’ del mio menu, entrato forse proprio grazie a quel ricordo. Lombo d’agnello in crosta di erbe con crema di ceci, cipolla rossa e pomodorini,  anche qui un tocco pittorico: l’immagine di un atomo che ha come nucleo la carne.

La tua ricetta?
Ho scelto una pasta, elemento importante nel mio menu. Uso pasta del pastificio Gentile e la candela di Gragnano.
Se tu non fossi diventato Chef?
Papà era maresciallodell’esercito, io paracadutista, probablmente avrei seguito la carriera militare.
Dai ordini in cucIna?
Per forza, la cucina è come una grande brigata, siamo più di 20 persone. Tutto deve marciare dritto, gli ordini non mancano, però ben coordinati…

La ricetta di Lorenzo di Gravio
Candela spezzata con coda alla vaccinara, cioccolato e provolone del monaco

Ingredienti per 4 persone:

– 360 gr. di candele spezzate
– 350 gr. di ragù di coda
– 8 gr. di praline di cioccolato 70%
– Arancia q.b.
– Provolone del Monaco q.b.
– Origano fresco q.b.
– Provolone del Monaco q.b.
– Origano fresco q.b.

Per la cottura della coda di bue:
– 500 gr. di coda di bue
– 10 gr. di concentrato di pomodoro
– 45 gr. di cipolle bianche tagliate a mirepoix
– 100 gr. di sedano bianco tagliato a mirepoix
– 100 gr. di pomodori datterini
– 1 mazzetto di prezzemolo (solo il gambo)
– 1 rametto di salvia
– 1 rametto di rosmarino
– 1 foglia di alloro
– 3 gr. di pepe bianco in grani
– 100 gr. di burro
– 35 ml di vino bianco
– 50 ml di liquore Madeira
– Brodo vegetale q.b.
– Zest di un’arancia intera
– Olio d’oliva q.b.

Cottura della coda:
Salare, pepare, infarinare la coda di bue – precedentemente porzionata – e arrostirla in una pentola con poco olio.
Mettere da parte la coda di bue e deglassare con vino bianco
Far sciogliere il burro, aggiungere le verdure con le spezie e stufarle leggermente.
Unire il concentrato di pomodoro alle verdure stufate.
Aggiungere la coda, sfumando con liquore Madeira, e i datterini precedentemente spadellati. Terminare la cottura in forno a 150°C per circa 90 minuti.
Ultimata la cottura, mettere da parte la coda di bue, filtrare la salsa e farla ridurre.
Spolpare la coda di bue, scartando la cartilagine, e unirla al ragù.

Per completare il piatto:
Cuocere le candele approssimativamente per 9 minuti, dopodiché scolarle e tagliarle in pezzi di circa 8 centimetri ciascuno.
A questo punto, unirle al ragù caldo ed ultimare la cottura per circa 2 minuti, lasciandole al dente.
Mantecare con le praline di cioccolato fondente al 70%, provolone del monaco e origano fresco

INFO
ALDROVANDI VILLA BORGHESE
RISTORANTE ASSAYE

Cesare Zucca
Milanese di nascita, vive tra New York, Milano e il resto del mondo. Viaggia su e giù per l’America e si concede evasioni in Italia e in Europa.
Per WEEKEND PREMIUM fotografa e racconta città, culture, stili di vita e scopre delizie gastronomiche sia tradizionali che innovative.
Incontra e intervista top chefs di tutto il mondo, ‘ruba’ le loro ricette e vi racconta il tutto qui, in stile ‘turista non turista’.

 

 

 

 

 

 

 




MASSIMILIANO ALAJMO: 5 STELLE MICHELIN, 11 LOCALI TOP, PASSIONI E CONTRASTI, UN SOGNO SEGRETO E LA SUA RICETTA DEDICATA A MARIAPIA.

TESTO E FOTO DI CESARE ZUCCA –

Benvenuti nell’ impero Alajmo. Undici locali: Le Calandre, 3 stelle, il Calandrino, il negozio In.Gredienti e poi ancora a Montecchia La Montecchia, 1 stella, curata dal fratello Erminio, il bistrot ABC Montecchia, A Parigi il Caffè Stern di fianco all’Opera, mentre nel cuore di Piazza San Marco il leggendario Gran Caffè Quadri, Quadrino e Ristorante Quadri 1 stella oltre a  Amo, aperto dalla famiglia Alajmo al Fontego dei Tedeschi a cui è seguito, quasi come un discendente, AMOR, un bistro nella trendy location di Corso Como 10, Milano.

E’ nuovo locale ‘casual veloce’ basato sulla pizza al vapore di Massimiliano, che dopo anni di ricerca e sviluppo, ha ricevuto un brevetto per il suo metodo di cottura innovativa.

Una volta che la pasta è completamente lievitata naturalmente, viene cotta in un forno a vapore permettendogli di svilupparsi in maniera estremamente leggera e ariosa, quasi una mollica. 


Il menu comprende pizze classiche come la Margherita o l’ Amatriciana oppure di fantasia come la pizza di acciughe cantabriche, stracciatella, finocchietto e zafferano e, ovviamente, la Vegana  preparata con pasta di riso nero senza glutine e condita con verdure e semi misti,

Le pizzette sono a tranci di misura media, ottima idea per provarne almeno un paio diverse.
La Margherita e la Uovo&Bacon sono servite anche in versione croccante. Ai
mascalzoni (salati) si affiancano i mascalzini (dolci) conditi con crema pasticcera e frutti di bosco freschi o nocciole caramellate e la ‘Eccezionale’, crema spalmabile firmata Alajmo. Artigianlali le bibite, i cocktails e le birre Baladin, mentre il caffè proviene dal Laboratorio Giamaica Caffè di Verona.


Con 11 locali da tener d’occhio e chissà quanti altri nuovi progetti nella mente, è inevitabile che Mr. Alajmo sia praticamente irraggiungile per un’intervista a tavolino, così sono ricorso a the old fashion way, in via epistolare, riportando qui le sue risposte, i suoi appunti, le sue emozioni, le sue passioni.Come è diventato chef?
Aggirandomi sin da piccolo nella cucina del ristorante, divertendomi nel toccare, manipolare il cibo come ad esempio l’impasto dei biscotti.
Qualche appassionato di cucina nella sua famiglia?
Mia madre, Rita Chimetto, chef del Ristorante Aurora, il precedente nome de Le Calandre, alla quale nel 1992 la Guida Michelin ha riconosciuto la prima stella Michelin.
Le Calandre:  tre stelle Michelin. Tre aggettivi per descriverne la cucina.
Fluida, leggera, profonda e aggiungerei ironica.


Dove trova l’ispirazione per creare un piatto?
La nostra fonte principale d’ispirazione è la materia che contiene grandi messaggi. Cerchiamo di perlustrarla. Non esistono comunque regole fisse, ogni cosa, in realtà, può essere uno spunto per capire, per conoscere.
La sua recente avventura AMOR, ce la vuole raccontare?
Siamo partiti dalla pizza già presente in molti dei nostri locali tra cui AMO a Venezia. Con Philippe Starck una sera abbiamo ragionato su un locale che potesse democratizzarla e renderla fruibile a tutti. Da qui è nato AMOR.


Quando libero, dove le piace passare il weekend?
Se sono libero trascorro il tempo in relax ma spesso non significa che non stia al contempo lavorando perché la mente è sempre piacevolmente coccolata dalla cucina e dal mondo dell’accoglienza. Sicuramente amo stare a contatto con la natura.


Nei viaggi passati, ha avuto qualche ispirazione dal cibo locale?
Nel 2015 sono stato invitato in Brasile dall’amico e fotografo Sergio Coimbra per presentare il libro Fluidità di cui aveva realizzato tutte le foto. La visita si è trasformata in realtà in un viaggio conoscitivo e sentimentale che mi ha portato in un percorso di ricerca dei sapori del Brasile e di creazione di nuove ricette. Da questa esperienza è nato il libro “178 ore in Brasile” che, in forma  di diario riporta il racconto di quei giorni e tutte le ricette.


Quale posto le piacerebbe visitare che non ha ancora visitato?
Ci sono moltissimi posti nuovi dove mi piacerebbe andare come Perù, Messico e Israele ma tornerei anche in quelli dove sono già stato perché comunque cambiano e vivono. Il Giappone, ad esempio, è stata sicuramente una delle mete che mi ha ispirato maggiormente. Mi inoltrerei anche nell’entroterra italiano per scoprire la cultura gastronomica delle famiglie italiane e come sappiano interpretare la stessa ricetta in modi diversi.

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Ha un sogno nel cassetto?
Si, ma non si racconta per scaramanzia…
La sua ricetta: perché ha scelto questo piatto?-
Perché racconta i concetti di luce, di mistero, la magia degli ingredienti, le diversità ma anche i punti di contatto, La radice e il fiore, rappresentati dalla liqurizia e dallo zafferano, congiungono le parti più estreme della pianta; l’una bassa, profonda e nascosta; l’altra alta, seducente e luminosa. Quasi fosse un dialogo tra gli opposti: l’origine e la crescita, la nascita e la rinascita.


Due ingredienti con caratteristiche simili ma anche opposte?
Esatto, l’uno entra in bocca amaro e ne esce dolce, l’altro dolce e ne esce amaro; un inseguimento, una reale stafetta del gusto. I colori rispecchiano il contrasto pur mantenendo una verità nascosta. La parte più tenebrosa, ossia la polvere scura, manifesterà riflessi dorati solo alla presenza della luce. Un’analogia forte, un piatto per molti aspetti rassicurante.
Descrizione appassionata… e’ forse un piatto dedicato a qualcuno?
Si, a Mariapia, mia moglie, e alla sua terra, la Calabria.

RISOTTO ALLO ZAFFERANO E POLVERE DI LIQUIRIZIA


Ingredienti per 4
per il ristretto di zafferano
190 gr. di Brodo di gallina
4 gr. di polvere di zafferano
Sciogliere lo zafferano nel brodo di gallina caldo.
Fare sobbollire sino a quando si restringe di un terzo
per il risotto
1,2 lt. di Brodo di gallina
320 gr. di riso Carnaroli
80 gr. di parmigiano grattugiato
70 gr. di vino bianco secco
60 gr. di burro
50 gr. di ristretto di zafferano
15 gr. di cipolla bianca tritata
12 gr. di olio extravergine di oliva
5 gr. di succo di limone
2 gr. di polvere di liquirizia scura
1 gr. di pistilli di zafferano
un pizzico di sale
una percezione di zucchero
Tostare il riso in un fondo di cipolla e olio, sfumare con il vino bianco,
aggiungere il sale e i pistilli di zafferano, unire gradualmente il Brodo di gallina bollente e 30 gr. di
ristretto. Portare a cottura, togliere dal fuoco e mantecare con il burro, il parmigiano e il succo di limone. Emulsionare con un goccino di brodo bollente e allargare il risotto su un piatto piano. Cospargere la superficie con la polvere di liquirizia e guarnire con qualche schizzo e pennellata di
ristretto allo zafferano
accorgimenti
Le quantità di zafferano e di liquirizia impiegate sono soggette a variazione a seconda della loro intensità
note di estrazione
In sostituzione alla polvere di liquirizia, si può cospargere il risotto (mantecato con l’aggiunta di scorze di arancia grattugiata e prezzemolo) con gocce di ristretto di arancia sanguinella

INFO
www.alajmo.it
Le Calandre
AMOR

Cesare Zucca
Milanese di nascita, vive tra New York, Milano e il resto del mondo. Viaggia su e giù per l’America e si concede evasioni in Italia e in Europa.
Per WEEKEND PREMIUM fotografa e racconta città, culture, stili di vita e scopre delizie gastronomiche sia tradizionali che innovative.
Incontra e intervista top chefs di tutto il mondo, ‘ruba’ le loro ricette e vi racconta il tutto qui, in stile ‘turista non turista’.

 




LONDRA: VIP CHEF ENZO OLIVERI: LA ‘SUA’ SICILIA, I COMPLIMENTI DI LADY DIANA, LE POLPETTE CHE HANNO FATTO BALLARE AL PACINO E UNA RICETTA RIGOROSAMENTE SICILIANA

TESTO E FOTO DI CESARE ZUCCA  –

Nato a Palermo, vive a Londra. Una brillante carriera: Presidente della Federazione Chef Italiani nel Regno Unito,  Executive Chef Alitalia UK, Gudice della Nastional Young Chefs e Young Chef Olympiad in India. Negli ultimi cinque anni ha affinato le sue capacità di nutrizionista sportivo, diventando Executive Chef per la Squadra Nazionale Italiana Ciclisti. Con la ‘sua’ Sicilia sempre nel cuore, Enzo promuove le antiche ricette siciliane che nella sua cucina diventano sani piatti di dieta Mediterranea. Televisamente conosciuto come “The Sicilian Chef” ha dato un grande contributo alla diffusione della cucina italiana in molti show inglesi, tra cui “Cucine impossibili” con Michel Roux Jr, Sicily with Aldo & Enzo”con Aldo Zilli, “Go Octopus Hunting in Sicily” con l’amico superstar Gordon Ramsey . Dal Presidente Mattarella è stato proclamato Cavaliere Ufficiale OSI, quale Ambasciatore nel mondo dell’ ospitalità alimentare e culturale italiana e viene regolarmente invitato dal governo italiano per promuovere cibo e vita sana attraverso mostre, show cookings, corsi di perfezionamento, cene di gala. I vantaggi evidenti di una dieta mediterranea hanno portato Oliveri a collaborare con professionisti medici e a unirsi al movimento Slowfood e a prodotti originali come il pistacchio di Bronte, i capperii di Salina e l’olio di Nocellara del Belice. Gioviale, entusiasta, inarrestabile businessman, responsabile di più di sei ristoranti e di una scuola di cucina a Bromley, ha recentemente aperto Il suo nuovo ristorante nel cuore di Piccadilly “Tasting Italy. Enzo’s Kitchen”, dove l’ho incontrato.
Si parte alla grande con un classico fritto misto: arancina con carne (“quella del Commissario Moltalbano” tiene a precisare Enzo). Sul tagliere troviamo le tradizionali panelle e la frittedda, un piatto tipico di Palermo, con fagioli, piselli, carciofi e menta.

Ed ecco il top della casa: caserecce con pinoli di Bronte e un saporito guanciale di suino nero “ lo faccio arrivare direttamente dai monti Nebrodi” sottolinea lo Chef.Da buon palermitano, non potevano mancare gli Involtini di pesce spada con uvetta, pinoli e un delicato carpaccio di polpo maiolino con olive, servito con un’insalata al’arancia.
Più Sicilia di così…
Ristoranti, scuole, TV …quando inizia la tua giornata e quando finisce?
Sveglia verso le 8 e si va avanti fino alle 2 o alle 3 del mattino
Qual è la prima cosa che fai la mattina quando ti alzi?
Come tutti, un’occhiata al cellulare e caffè.
I momenti chiave nella tua cucina di Tasting Sicily
Si inizia con l’apertura  e un rilassato chop chop, battutine, si scherza, si ride.  Poi si parte con il servizio, concentrato e determinato, una macchina. E siamo arrivati alla chiusura, contento (o no, se qualcosa è andata storta ) si fanno pulizie, controll. Se super soddisfatti, si beve qualcosa e si va a casa stanchi.


Come sei diventato Chef?
La  mia passione per la cucina è iniziata alla tenera età di sei anni, dopo aver osservato i panettieri al lavoro nella mia bellissima Sicilia. Trovo che l’autentica cucina italiana sia quella regionale. Da bambino amavo fare da mangiare, ho iniziato con fare il pane, poi la pasticceria, infine la gastronomia a cui è seguito tanto studio e lavoro per diventare Chef. Penso che l’impegno di questo lavoro non finisca mai,
ogni giorno imparo cose nuove anche dai più giovani. Propobabilmente sarò un insegnante/studente finché vivrò..


Nella sua vita da chef, qualche episodio curioso?
Avere un polpo nel lavandino pronto per cucinarlo e non poterlo più’ trovare per più di 10 minuti (era andato a passeggio)
Sei spesso ospite di food show televisi che riscuotono grande successo tra i giovani.  Cosa pensi degli Chef in TV?
La televisione fornisce un concetto un po’ distorto. Uno show televisivo ‘vende’ lo chef come se fosse un Vip e chi tra i giovani non vorrebbere diventare un Vip? Ho detto Vip… e non Chef… Anche certe ‘battaglie’ in cucina sono un po’ fittizie, spesso solo uno spettacolo che piace al pubblico. Nella realtà della cucine, noi  Chef ‘veri’ non facciamo battaglie tra di noi, ma siamo una brigata.


Il tuo viaggio preferito?
In Alaska quando lavoravo nelle crociere. Paesaggi incredibili, wild life unica, poi per uno come me a cui piace la pesca, andare a caccia di salmoni e merluzzi mi rendeva elettrico e nello stesso tempo calmo alla vista di quei paesagi tranquilli.


A proposito di crociere, com’è lavorare in nave?
Una corsa dalla mattina alla sera, senza fermarsi mai, estenuante, però una grande scuola.
Ogni sera menu diverso, ispirato a cucine internazionali. Si, ho girato tutto il mondo e, nonostante l’impegno a bordo, sono riuscito a ritagliarmi qualche momento libero per vedere tanti paesi.
Raccontami della tua esperienza a DisneyWord in Florida
Mi occupavo del Padiglione italiano ed è stata un’ esperienza davvero speciale.  Figurati,  non venivo nemmeno chiamato Chef bensi Primo Protagonista del Cast, insomma un vero e proprio performer, 3500 coperti a giorno, ti assicuro un’esperienza unica.


Un viaggio che vorresti fare?
La Mongolia, perché se ne sa così poco e ha una grande storia, di sicuro la cucina e gli ingredienti saranno molto interessanti.
Dove ti piace passare il weekend?
In Irlanda, posto ideale per me, lì non mancano le provviste per i miei piatti ,adoro la loro musica folk e una buona Guinness.


Che macchina preferisci guidare’?
Una Mercedes S, comoda e affidabile, Quando sono in Italia, Cabriolet, Alfa Romeo, anche se una bella Vespa…


Una destinazione che ispira la tua cucina?
L’ India. Andarci a fare shopping di spezie è un rito. Al mio ritorno faccio tanti piatti fusion e varie marginature, dando dei gusti e sapori unici alle mie pietanze che si trasformano immediatamente in piatti signature. Ho trovato la cucina tailandese molto interessante, dalla loro cultura del cibo agli ingredienti, alle tecniche.


Menu siciliano. C’è qualche similitudine alla cucina inglese?
Trovo che il tradizionale shepherd pie sia molto simile al nostro il gattò di patate, un piatto storico, popolare nientemeno che nel Regno delle Due Sicilie.


Qualche cliente Vip?
Sylvester Stallone, John Travolta, Arnold Swarznegger , Madonna, Tom Cruise, John Travolta,, Kim Basinger tanto per citarne alcuni. Tra tutti, non dimenticheò mai Al Pacino che, dopo aver mangiato i tradizionali spaghetti con le polpette, ha iniziato a ballare in mezzo al ristorante. Comunque la Stella più gloriosa per cui ho cucinato è stata Princess Diana, in occasione di una cena all’ Hilton Park Lane. Ero molto teso, lo puoi immaginare. Tre giorni di preparazione. Ho optato per un menu semplice tra cui un piatto di gamberi serviti su un letto di verdure, che Lady Di ha particolarmente gradito. Semplice e alla mano, Diana ha  voluto ringraziare personalmente me e tutta la squadra per il pasto. E’ stato un momento di grande emozione.


Qualche appassionato di cucina nella tua famiglia?
Professionalmente nessuno, si mia mamma e prima ancora mia nonna erano ottime cuoche, ma per la cucina di casa. Tutto è incominciato con me, poi due dei miei fratelli e una decina dei miei nipoti che hanno intrapreso la strada dell’alberghiero e iniziato a lavorare in cucina.
Quanto è rilevante la tua terra nei tuoi piatti?-
Tanto, è base, espressione e decorazione anche quando cucino piatti non Italiani, un tocco della mia terra è essenziale.


Dove trovi l’ispirazione per creare un piatto?
Dall’ingrediente. Lo vedo, lo toccoi e penso: come lo cucino? Controllo le prenotazioni e mi chiedo cosa preparare. Da lì scatta l’ispirazione che si accompagna a stagionalità,  situazione meteorologica e al momento. Mie regole d’oro: l’aroma per invogliare, il sapore per soddisfare, quindi chele di granchio al profumo di sambuca, capesante allo zenzero, parfait di agrumi
Consigli per un pranzo con vista?
Se vedi il mare accompagnalo con il pesce e insalata.
Se vedi montagne funghi e selvaggina.
Se vedi dei grattacieli food design.


Raffinatezza dei sapori e dei gusti: quale località consigli?
Se parliamo dell’Italia chiaramente Lombardia e Piemonte, se parliamo del mondo, direi Hong-Kong e Singapore.
HaI un sogno nel cassetto?
Si, sono uno skipper, Amo il mare, la mia vita è il ristorante, avere le due cose insieme è il mio sogno.
Nel tuo frigo: sempre e mai
Sempre olive e pomodori. Ketchup e mayonnaise mai!
Il primo piatto che hai cucinato?
Anellini al forno, sotto la guida attenta di mamma.
Da allora non ho mai smesso di amarli e di inserirli in menu.. vuoi la ricetta?

ANELLETTI AL FORNO
(Per 4 persone)
>> Ingredienti:
>> – Olio d’oliva (200 ml)
>> – Melanzane (4 fette)
>> – 1 uovo
>> – Piselli (100 g)
>> – Anelletti (300g)
>> – Pangrattato (200g)
>> – Prosciutto (2 fette)
>> – 1 pallina di mozzarella
>> – Cacio cavallo (50g)
>> Salsa:
>> – Pomodori pelati (latta piccola)
>> – Vino (100 ml)
>> – 1/4 cipolla bianca
>> – Lean trito (200g)
>> – 1 gambo di sedano
>> – 1 carota
>> – Trancio di sale e pepe nero
>> – Olio di oliva (100 ml)
>> Metodo:
1) Per cuocere la salsa, tagliare a dadini la cipolla molto piccola. Metti 2 cucchiai di olio d’oliva nella pentola, quando è caldo. Aggiungi la cipolla a dadini fino a doratura. Tagliare il sedano e la carota a dadini fino a quando non sono piccoli e aggiungere alla cipolla. Quindi dopo la cottura aggiungere la carne tritata e mescolare. Cuocere fino a quando la carne diventa brunastra, aggiungere il vino e quasi lasciarlo evaporare. Frullare il pomodoro pelato nella pentola insieme a sale e pepe per almeno 1 ora a fuoco molto basso. (Mescolare nella durata). A cottura ultimata lascia raffreddare.
2) Lessare i piselli e lasciarli raffreddare.
3) Scolare le 4 fette di melanzana con il sale e il pepe nero per 6 ore. Quindi friggere e lasciarlo raffreddare.
4) Fatturare la pasta fino al ‘dente’ e lasciarla raffreddare.
5) Prendi un fiocco copri l’interno con olio e cospargi il pangrattato fino a quando si attacca
6) Posare le fette di melanzana e mescolare un po ‘di salsa con i piselli e la pasta
7) Riempi fino a mezza ciotola, quindi aggiungi l’uovo tritato, il prosciutto, i piselli interi e un po ‘di salsa, anche il cacio cavallo. Riempilo con pasta mista, finisci con un’altra spolverata di pangrattato e inforna per 20 minuti.
8) Servire sottosopra.

INFO
Tasting Sicily. Enzo’s Kitchen

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Cesare Zucca
Milanese di nascita, vive tra New York, Milano e il resto del mondo. Viaggia su e giù per l’America e si concede evasioni in Italia e in Europa.
Per WEEKEND PREMIUM fotografa e racconta città, culture, stili di vita e scopre delizie gastronomiche sia tradizionali che innovative.
Incontra e intervista top chefs di tutto il mondo, ‘ruba’ le loro ricette e vi racconta il tutto qui, in stile ‘turista non turista’.




BRUNO BARBIERI: IL SUO BAR-BISTRO, LA RICETTA DEL SUO IRRESISTIBILE DESSERT E… LE DONNE, CHE “VANNO E VENGONO” PROPRIO COME LE STELLE MICHELIN. E LUI NE HA 7! (Parte 2)

DI CESARE ZUCCA –
Bologna. Eccomi al Fourghetti, bistro-bar-locanda di Bruno Barbieri. Nome bizzarro: quattro spaghetti? o forse l’inglesismo “forget it” cioè.”dimentica”? In ogni caso ho dimenticato pensieri e stress per tuffarmi nella serena e accogliente atmosfera di questo locale, creato da uno Chef super stellato (7 stelle, record eguagliato solo dal grande Marchesi) e godermi un lunch tutto Bolognese (o quasi)


Cosa troverò nel menu del Fourghetti?
Molta tradizionalità rivisitata con rispetto e creatività. Una cucina contemporanea, ma che strizza l’occhio anche al passato rivisto in chiave moderna, come la tradizionale lasagna, qui croccantemente accartocciata. Assolutamente no rivisitazioni per i classici. iconici tortellini, serviti nel brodo di gallina o nella fonduta di parmigiano. Beh dopotutto siamo a Bologna…

Adoro il pesce, qualche suggerimento?
C’è parecchi pesce in menu, dal polpo brasato che sposa una delicata frisella all’acqua di pomodoro, al brodetto di scoglio, profumo di curcuma, e fregola al burro di crostacei,

dalla pancia di tonno marinato e tartare di spinaci, al rombo chiodato al forno in cannolo di rucola, pecorino e pomodoro. al battuto di gamberi rossi e uova di salmone su un frullato di fiori di zucchini al lemongrass

Il dessert mi riporta a  Bologna, soprannominata la Dotta, la Rossa, la Grassa.
Si chiama Coppa Macchiavelli, dove la Dotta cita il filosofo e drammaturgo fiorentino, la Rossa, (niente politica) sfavilla negli intensi colori della frutta e del lambrusco mentre la Grassa… beh, assaggiatela e capirete…

Il tuo obbiettivo futuro? 
Scoprire nuovi talenti. Mi piace dare spazio ai giovani, metterli in vetrina e dare loro la possibilità di tirar fuori anima e carattere per costruirsi un futuro e spazio nel mondo dell’alimentazione, che sta diventando una forma d’arte e non solo un mezzo per riempirsi la pancia. Fare il talent scout di chef non è facile, devi saper puntare su cavalli che ritieni di razza e quando trovi un talento è giusto fargli capire come e dove va la strada. L’allievo diventa una carta assorbente e un giorno sarà in grado di camminare da solo. Al timone del Fourghetti c’è il mio validissimo ‘collaboratore storico’ Erick Lavacchielli, emiliano come me, che mi segue da 7 anni, dal Cotodie di Londra fino a qui.

Andiamo nel tuo firmamento: 2 stelle Michelin alla Locanda Solarola, 2 al Arquade-Villa,  2 al Trigabolo. 1 al Grotta di Brisighella, totale sette; un traguardo ottenuto solo dal grande Gualtiero Marchesi. Cosa signica una ‘stellatura’ ?
Le stelle sono una storia importante per uno chef, un coronamento della propria passione e sacrificio. Purtroppo vanno e vengono…si gode quando arrivano ma si soffre quando te le tolgono.
A proposito di ‘andare e venire’, in un’intervista hai detto “Non cerco moglie, le donne vanno e vengono”
Sono cresciuto in una casa dove i miei genitori non erano sempre presenti, ho grande rispetto della famiglia, ma con la vita che ho fatto è stato difficile metterne su una. Ho iniziato a 17 anni a girare fuori casa, ora ne ho 57 e a casa ci devo ancora tornare. Con questi ritmi penso che sia impossibile essere un buon marito e crescere i figli in un certo modo, io sono uno che al sabato pomeriggio vorrebbe portare il figlio al catechismo o giocare a pallone nel cortile dell’oratorio.


Hai anche detto che vorresti un figlio prima dei tuoi 60
Ah beh, allora ho ancora tre anni di tempo…Scherzi a parte, penso che un figlio debba stare con un padre giovane, anche se mi sento un trentenne.
Incoraggeresti tuo figlio a diventare Chef?
Uno deve fare quello che si sente. Questo è un lavoro che ti prende anima e corpo. Ho sacrificato la mia vita e la mia famiglia, ed è stata una corsa incontrollabile, irrefrenabile, senza tempo. Proprio ieri mi ha telefonato una mia nipotina e mi ha detto ‘”Zio, ho preso la patente” Sono rimasto scioccato…per me era ancora una bimba.


Ti svegli al mattino e…
MI sveglio e non m’importa se fuori fa caldo o freddo, se c’è pioggia o sole, vento o neve. Cerco di cogliere la bellezza di quello che sono al mio risveglio: un uomo libero, dallo spirito indipendente e sincero, un uomo che non è mai sceso a compromessi e che ha sempre raccontato quello che è nella propria vita. Per me ogni giorno è sempre più buono di quello precedente. Il domani è pieno di aspettative e di emozioni, l’oggi è bello ma mi piace pensare che il giorno che deve arrivare possa esserlo di più.
Un domani ancora più buono…( sorride) beh, potrebbe essere un buon titolo di un libro…

Detesti…
Detesto certi giornalisti che vogliono entrare nel profondo del mio io e scovare quello che c’è nell’anima di Barbieri. Lo si deve capire standomi vicino, parlandomi. Insomma: intuire senza chiedere.
La ricetta di oggi?
Un mio cavallo di battaglia: la Coppa Macchiavelli.
Qualcuno l’ha definita “un volo acrobatico di apocalittica dolcezza’… Fatemi sapere.

COPPA MACCHIAVELLI
Ingredienti per 4 persone:
500 cl di latte
200 gr di tuorli d’uovo
150 gr di zucchero
50 gr di amido di mais
1 baccello di vaniglia Bourbon
1 limone da grattugiare biologico

Per la salsa di ciliegie e frutti di bosco:
1 l di lambrusco
200 gr di zucchero di canna
300 gr di ciliegie snocciolate
300 gr di frutti di bosco
1 foglia di alloro
Un sacchetto in stoffa da infusione di spezie (cardamomo, chiodi di garofano, anice stellato, pepe nero in grani, fave di tonka)
2 fette di arancia

Procedimento:
Aprile la bacca di vaniglia, grattare tutta la polpa e aggiungerla al latte. Portare a bollore inserendo anche la stecca di vaniglia e il limone grattugiato (poi verrà filtrata), a parte unire in una bacinella a secco lo zucchero con l’amico di Mais. Aggiungere i tuorli d’uovo al mix zucchero e amido, mescolare il tutto con una frusta. Filtrare il latte, unirlo al composto di tuorli e riportare il tutto nella casseruola e continuare la cottura.
Terminata la cottura, farla raffreddare o in abbattitore oppure in una vasca capiente. Appena raffreddata porla in un sac a poche.
A parte unire in una casseruola capiente il lambrusco con lo zucchero di canna, l’alloro, il sacchetto di spezie e le fette di arancia. Fare ridurre il tutto. Quando avremo raggiunto una consistenza quasi sciropposa, aggiungervi le ciliegie e i frutti di bosco. Continuare la cottura. Tutta la frutta dovrà risultare appassita. Formare con il gelato alla vaniglia delle palle, 1 a pozione.

Presentazione:
Porre la crema pasticciera in 4 ciotole, sovrapporvi il gelato e nappare con la glassa sciroppata alle ciliegie e frutti di bosco. Guarnire con cime di menta e zucchero di vanigliato.

INFO

Fourghetti, Bologna
Fourghetti/Casa Milan, Milano
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Cesare Zucca
Milanese di nascita, vive tra New York, Milano e il resto del mondo. Viaggia su e giù per l’America e si concede evasioni in Italia e in Europa.
Per WEEKEND PREMIUM fotografa e racconta città, culture, stili di vita e scopre delizie gastronomiche sia tradizionali che innovative.
Incontra e intervista top chefs di tutto il mondo, ‘ruba’ le loro ricette e vi racconta il tutto qui, in stile ‘turista non turista’.

 

 




IL MONDO IN UN BICCHIERE. LIMONCELLO, IL GUSTO DELLA COSTIERA AMALFITANA

Fra Capri, Sorrento e Amalfi si concentra un tratto di costa fra i più suggestivi e famosi al mondo. Mare, spiagge, boutique, hotel di classe, cucina d’eccellenza. Dove, immancabile, trionfa il limoncello.

 Di Micol Bonazzoli

Dove nasce il Limoncello

Non è un caso se profumi e sapori della Costiera Amalfitana si depositano nella memoria attraverso l’olfatto e la gola. Certo, i panorami sono mozzafiato, quel connubio fra terra e mare incanta, l’aria è frizzante, la cucina seduce ma innegabilmente il symbol brand della costiera è il limoncello.

Liquore di consumo familiare, che dagli anni ’80 è diventato un must in tutto il mondo e, ora, viene prodotto a livello industriale su vasta scala. Tant’è che ormai si trova nei market degli Stati Uniti come nel Sudest asiatico.  

Le peculiarità del limoncello

Il limoncello è un liquore dolce, con aroma deciso e gusto forte. Per l’infusione si usa alcol a gradazione di 90%, in cui vengono macerate le scorze (solo la parte gialla) di 10 grossi limoni per ogni litro di alcol.

Il periodo di macerazione varia da ricetta a ricetta e serve per estrarre le caratteristiche aromatiche e gli oli essenziali. Dopodiché viene aggiunto lo sciroppo, nel quale le proporzioni sono di 600-700 grammi di zucchero per litro d’acqua. Il liquore viene quindi filtrato e imbottigliato.

Mediamente dopo un paio di settimane di maturazione il preparato assume il classico colore giallo, ed è pronto da degustare come digestivo a fine pasto. Il limoncello si conserva in frigorifero, oppure anche in freezer, alcol e zucchero gli impediranno di congelare.

Storia e leggende attorno al Limoncello

Il limoncello nasce agli inizi del ‘900, in una piccola pensione di Capri. Qui Maria Antonia Farace curava un rigoglioso giardino di limoni e arance. Il nipote, nel dopoguerra, aprì un’attività di ristorazione e la specialità di quel posto era proprio il liquore di limoni realizzato con la ricetta della nonna. Nel 1988, il figlio Massimo Canale avviò una piccola produzione artigianale, registrandone il marchio.

Ma in realtà, anche a Sorrento e Amalfi, fioccano leggende e racconti. In costiera, ad esempio, la storia narra che le grandi famiglie sorrentine, agli inizi del ‘900, non facevano mai mancare agli ospiti un assaggio di limoncello.

Ad Amalfi c’è chi sostiene che il liquore abbia origini molto antiche, e che il limoncello veniva utilizzato da pescatori e contadini al mattino per combattere il freddo, già ai tempi dell’invasione dei saraceni. Altri che la ricetta sia nata all’interno di un convento per deliziare i frati tra una preghiera ed un’altra.

Come si beve il limoncello

Naturalmente freddo e naturalmente liscio, in bicchieri di piccole dimensioni. Il limoncello infatti non si può miscelare con altri liquori per preparare cocktail. E ne basta un sorso perché’ nella mente si riaccende il magico fascino della costiera amalfitana.

Una variazione interessante può essere la crema di limoncello. In Italia il consumo di limoncello è diventato così massiccio che, nel 2000, l’Istat lo ha inserito nel paniere che viene usato per calcolare l’incremento mensile dell’inflazione. 




SUPER STAR CHEF BRUNO BARBIERI: TUAREG GIRAMONDO DAL CUORE SINCERO E TENERO, PROPRIO COME I TORTELLINI DI MAMMA ORNELLA… (Parte 1)

DI CESARE ZUCCA  –

È lo Chef italiano che ha conquistato il maggior numero di stelle Michelin. In tutto 7.  Viaggiatore instancabile, gira il mondo esibendosi in road show culinari che ama definire “teatri di cucina”. Il giudice di MasterChef, mi ha raccontato della sua vita, dellesue passioni, delle sue avventure gastronomiche e dei suoi mille viaggi a cui ne seguiranno altri mille o forse più.


Sei un viaggiatore?
Da sempre! Da ragazzo mi piaceva essere on the road in pieno stile hippie, zaino e Lonely Planet in tasca. Una volta ho fatto Panama-Forte Iguassu, tutto in autostop.
Sei spesso al volante?
Sono un giramondo e guidare non mi stanca, ricordo di aver fatto 21.000 km in un mese.
Quale auto preferisci ?
Ero pazzo per la Land Rover di papà, quando vivevo in Spagna. Oggi in città guido una Mini e una Jeep, se ho cose da trasportare,. Certo. girare in Ferrari non guasta…

Dove passi un weekend libero?
Al mare, mi piace girare in barca, anche a vela, in fondo la mia carriera è iniziata su una nave da crociera. Per viaggi più lunghi punto verso le isole le isole Pontine e le Eolie all’estero le San Blas e le Antille Olandesi.

Dai tuoi viaggi, cosa entra nei tuoi menu?
La mia cucina ama raccontare la contaminazione con aeree geografiche dove sono stato, senza mai dimentIcare la mia italianità. Si, è bello citare i profumi e i sapori di cucine esotiche ma non dimentichiamoci che siamo il paese gastronomico numero uno al mondo per storia, prodotti e ricette.
Cucini a casa?
SI, spesso. Per me, per gli amici, per la famiglia. Mi piace andare a fare la spesa tre o quattro volte alla settimana, anche se sto registrando in studio e finisco tardi, trovo sempre un supermercato aperto di notte.


C’è un piatto che mangi solo se cucinato da un’altra persona?
Bella domanda…ah si, ma certo… il ‘pollo alla cacciatora’ di mia mamma Ornella!
Tutto sommato, un piatto semplice e popolare in mezzo mondo, Sud America compreso, ma come quello di mamma… E’ davvero un ottima cuoca e il mio dottore preferito…
Cioè?
Si, quando mi ammalo devo andare almeno un paio di giorni a casa di mia mamma, l’ unica che sa farmi guarire con i suoi piatti e sopratutto i suoi brodi.


Se curioso nel tuo frigo troverò…
Sempre frutta e verdura. Il mio lunch a casa è rigorosamente un’insalata, magari sfiziosa, con delle acciughe, e un buon olio extra vergine. Da me non manca mai la pasta, che mangio tutti i giorni, quasi fosse una dieta, hey sono 74 chili, posso dire di essere in forma.

E nel congelatore?
Gli Immancabili tortellini di mamma Ornella, teneri, invitanti e belli pronti per una visita inaspettata di amici o di parenti. Successo garantito.
Wikipedia ti definisce: cuoco, personaggio televisivo, ristoratore italiano.
Tu come ti definisci?
Un cuoco e aggiungo sincero.


I primi ricordi della cucina?
Avevo cinque anni e andavo a trovare papà quando abitava in Spagna. Passavo tante ore nella sua cucina che profumava di mediterraneità e poi a Sasso Marconi, nell’orticello di cui mamma seguiva la stagionalità con meticolosità incredible: le fragole andavano colte solo in certe settimane, I fiori di zucca solo in certi giorni… Insegnamenti pratici che mi sono serviti e che ho adottato con grande rispetto.

Hai un sogno nel cassetto?
(ride) Uno? Ne no una miriade. Fare almeno 3 volte il giro del mondo e visitare tutti i deserti del nostro pianeta magari con un look un po’ berbero, sai con uno di quei turbantoni blu attraverso cui si vede poco…

Spero di riuscirci, il viaggio apre la mente, fa vivere storie diverse, favorisce l’incontro con persone che non avresti mai immaginato di incontrare nella tua vita. Penso che i soldi spesi meglio siano quelli dedicati ai viaggi. Quando finirà tutto questo tram tram della mia vita da Chef, voglio passare anni e anni a girare e scoprire cose nuove. Sono una persona che ha fame, fame di conoscere il domani e cosa c’e dall altra parte del mondo.

Nuova edizione di Master Chef. Un commento sui tuoi colleghi giudici.
Giorgio Locatelli
: grande spirito e immenso talento. Ti confesso che ho spinto parecchio perchè ci fosse, forse sono stato il primo a suggerire il suo nome e non mi sono sbagliato: ha portato un ‘british style’ davvero rimarchevole. Siamo diventati amici, usciamo spesso a cena.
Antonino Cannavacciuolo… beh, un napoletano purosangue: teatrale, al centro di tutto ciò che accade, estremamente intelligente e spiritoso anche se, secondo me, va preso in piccole dosi, perchè non capisci mai se dice davvero o se sta scherzando…Niente da dire quando cucina, come Chef è davvero notevole, sarebbe bello fare un ristorante insieme.

La tua ricetta?
(sorride) Indovina… tortellini alla ‘mia’ maniera, in brodo di gallina,fonduta di parmigiano e noce moscata, così come li servo al Fourghetti, il mio bistro di Bologna.
Perchè non ci vai domani e ci racconti come è stata l’esperienza?
Bruno, ci puoi contare… a domani!

La ricetta di Bruno Barbieri
TORTELLINI IN BRODO DI GALLINA CON FONDUTA DI PARMIGIANO E PROFUMO DI NOCE MOSCATA
Per il ripieno
Ingredienti per 4 persone
100 gr. di lombo di maiale
100 gr. di prosciutto crud
100 gr. di mortadella di Bologna (quella vera
150 gr. di parmigiano 36 mesi (250 gr. se si usa un parmigiano meno stagionato)
1 uovo
profumo di noce moscata
Procedimento
Marinare il lombo di maiale per 48 ore con sale grosso e pepe intero e, terminata la marinatura, cuocerlo intero a fuoco lento con il burro. Una volta cotto, ripulirlo dal pepe e tritarlo finemente insieme al prosciutto crudo e alla mortadella. Unire poi tutti gli ingredienti e mescolare ben, aggiungere l’uovo, il parmigiano e il profumo della noce moscata e continuare a mescolare tutti gli ingredienti fino a che non risulteranno ben amalgamati. Lasciare riposare il composto per 24 ore prima di confezionare i tortellini.
Per la pasta sfoglia
Ingredienti per 4 persone
200 gr. di farina 00
2 uova
Procedimento
Su una spianatoia formare una fontana con la farina, rompere al centro le uova con una forchetta e battere le uova incorporando piano piano la farina finché l’impasto non avrà raggiunto una consistenza tale da poter essere lavorato con le mani, impastando energicamente senza strappare l’impasto. Quando risulterà omogeneo e liscio, avvolgerlo in una pellicola e farlo riposare per circa un ora. Stendere la pasta sottile circa 2 millimetri e realizzare con l’apposita spronella liscia dei quadrati. Aggiungervi al centro il ripieno e confezionare i tortellini.
Per il brodo
Ingredienti per 4 persone
500 gr. di gallina (quella di campagna)
300 gr. di doppione di manzo
1 pezzo di ginocchio di manzo
1 osso con midollo
1 costa di sedano
1 piccola cipolla
mezza cipolla con buccia dorata (di Medicina)
qualche foglia di prezzemolo
10/15 gr. di sale grosso
Procedimento
Per preparare il brodo tostare la cipolla su una piastra calda e unire in una pentola capiente le carni dopo averle lavate e spurgate. Aggiungere 3/ 4 litri di acqua fredda e portare il tutto a bollore, poi aggiungere gli odori e fare sobbollire a fuoco basso per circa 4 ore a pentola semicoperta, ricordandosi di aggiungere un foglio di carta da forno in superficie in modo che il brodo non si schiumi.
Per la glassa di parmigiano
Ingredienti per 4 persone
250 ml di latte
250 ml di panna
15 gr. di maizena
350 gr. di parmigiano reggiano
Procedimento
Unire il latte e la panna in una casseruola e scaldarli senza farli bollire. Aggiungere a pioggia il parmigiano grattugiato e rimestare il tutto con una frusta, poi frullare con l’apposito strumento e filtrare in un altro recipiente. A parte sciogliere la maizena in un goccio d’acqua e unirla alla crema di latte sul fuoco, facendola bollire fino a che risulterà molto setosa.
Presentazione
Cuocere i tortellini nel brodo di gallina per qualche minuto e ripassarli in padella nella fonduta, risaltare il tutto aggiungendo una grattata abbondante di noce moscata e servire ben caldo.

INFO
Bruno Barbieri Blog
Fourghetti, Bologna

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Cesare Zucca
Milanese di nascita, vive tra New York, Milano e il resto del mondo. Viaggia su e giù per l’America e si concede evasioni in Italia e in Europa.
Per WEEKEND PREMIUM fotografa e racconta città, culture, stili di vita e scopre delizie gastronomiche sia tradizionali che innovative.
Incontra e intervista top chefs di tutto il mondo, ‘ruba’ le loro ricette e vi racconta il tutto qui, in stile ‘turista non turista’.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 




WILLIAM ZONFA: “A L’AQUILA UNA STELLA SI È POSATA SULLA MAGIONE PAPALE, MESSAGGIO DI RINASCITA”

DI CESARE ZUCCA

L’Aquila. Scopriamo l’incantevole Magione Papale, un relais con 17 camere e 2 ristoranti, Il Salone dei Granai, vera espressione della tradizione accompagnata dai vini pregiati della cantina e lo stellato Magione Papale Gourmet, piccolo paradiso (solo 5 tavoli) dove gustare l’ alta gastronomia firmata dallo Chef William Zonfa.

Che auto guidi?
Quotidianamente una Smart, ma per i viaggi ho un Audi A6
Dove ti piace passare un weekend libero?
Non ho weekend a disposizione, però siamo chiusi di lunedi e in estate mi piace tuffarmi nel mio mare, in inverno scoprire la mia regione.


Un locale preferito?
Paneolio a Poggio Picenze. Lo chef è Eugenio Maci un mio ex allievo.
Mete all’estero?
Si, approfitto del fatto che siamo chiusi in gennaio per concedermi il piacere di scoprire nuove realtà nel continente asiatico. Bangkok, per esempio, è una città in continuo sviluppo con ristoranti davvero unici. Li trovo eccezionale materia prima, verdure e pesce di grandissima qualità.


Qualche ingrediente che ti ha colpito?
Le spezie: ne ho scoperte alcune poco conosciute in Italia. Uso spesso aromatizzare alcuni dei miei piatti con semi di pepe profumato.

Mi parli di Magione Papale Gourmet?
Dovevo inaugurare nel 2009, l’anno del terremoto. Lavori bloccati, ho aperto nel luglio 2010.
Il dilemma era se sposare una cucina elevata e internazionale oppure una tradizionale, forse più facile all’approccio. Ho optato per la prima idea, perchè volevo dimostrare l’eccellenza della cucina Italiana anche in nuove forme. Per i primi tre mesi mi davano del pazzo, per fortuna nel Novembre 2011 è arrivata la stella Michelin, una vera luce che ha letteralmente illuminato il mio ristorante e incoraggiato la rinascita di questa città.


La tua ricetta?
Molto suggestiva: spaghetti blu alla spirulina. Mi sono nuovamente divertito con i colori e i sapori delle paste alla frutta di Rustichella D’Abruzzo.
Hai già ‘operato’ su queste paste?
Si, le ho provate tutte. Ho usato i paccheri alla frutta per un sushi all’italiana con farciture di varie tartare di pesce crudo, cercando soluzioni accattivanti tipo ananas con tonno lavorato e melograno con salmone e yogurt.


Una pasta non tradizionale: può piacere all’estero?
Rustichella conosce l’artigianità e il prodotto da esportare nel mondo. Piacerà proprio perchè riporta quella certa mediterraneità desiderata dai mercati stranieri.


Sempre nel tuo frigo di casa…
Uova, formaggi, salumi e guanciale tipico delle mie parti, perfetto per una carbonara o una pasta e fagioli.
Mai…
Il dado. Secondo me, un’ orribile invenzione purtroppo adottata anche dalla cucina italiana.


Chi cucina a casa?
Cucino io. Raramente Manuela, la mia ragazza, ma è un po’ sbrigativa, anche se devo ammettere che le sue uova al tartufo sono imbattibili…

LA RICETTA
SPAGHETTI SPIRULINA, DISTILLATO DI BUFALA AL LIMONE E GAMBERI ROSSI


Ingredienti per 4 persone:

320 g spaghetti spirulina “Rustichella d’Abruzzo”
250 g mozzarella di bufala
250 g polpa di gamberi rossi
100 g pomodori gialli
50 g yogurt magro bianco
1 lime
1 limone
20 g maizena
Olio extra vergine d’oliva
Sale

Procedimento
Dividere la mozzarella in 4 parti e portare piano ad ebollizione con il proprio siero.
Eliminare la parte filata e tenere da parte il distillato.
Tenere da parte i gamberi interi, con la restante parte realizzare un carpaccio rettangolare. Condire il carpaccio con qualche gocciolina di yogurt, il sale, l’olio evo ed una leggera grattata di buccia di lime.
In un pentolino con un filo di olio evo aggiungere i pomodorini gialli divisi a metà, salare.
Cucinare a fuoco vivo per circa 5 minuti.
Frullare e setacciare la crema di pomodori gialli.
Aggiungere una grattata di buccia di limone.
Cucinare gli spaghetti in abbondante acqua salata, per la metà della sua cottura.
Far sobbollire nel frattempo il distillato di bufala ed aggiungere un po’ di buccia di limone grattugiata, salare.
Aggiungere qualche cucchiaino di maizena, precedentemente sciolta in un po’ di acqua fredda, addensare leggermente con questo amido.
Terminare la cottura della pasta in padella con il distillato.
A cottura ultimata, lo spaghetto deve risultare glassato da questo composto.
Lucidare con un filo di olio evo a crudo.
Disporre ad un lato del piatto il carpaccio, e dall’altro il gambero intero sulla crema di pomodori gialli.
Terminare sistemando la pasta al centro del piatto.

INFO
Magione Papale Relais
Magione Papale Gourmet

 

 

 

 

 




Roero (CN), un panorama (di)vino, tra vigne e castelli

Un itinerario tra le colline del Roero, Patrimonio dell’Umanità Unesco, in occasione della prima edizione di Vitis – I Grandi Bianchi del Roero, che ha visto protagonisti i celebri bianchi autoctoni abbinati a piatti della cucina piemontesi, nella splendida cornice del Castello Reale di Govone.

Al Castello di Govone la prima edizione di VITIS

Tra i vini protagonisti, l’annata 2018 dell’Arneis insieme all’Arneis Riserva, al Moscato Giallo e all’altro vino autoctono, La Favorita, presentati dall’Enoteca Regionale del Roero 2.0 con i suoi 66 afferenti.

Vini che nascono in questo territorio unico, con un suolo di diversa composizione, a tratti argilloso, poi calcareo e sabbioso, e in un’area climatica semi-arida, su terreni collinari con un’altitudine non superiore ai 400 metri.

Durante la serata, ogni vino è stato raccontato e degustato tra storia e proiezioni e in abbinamento a piatto in grado di esaltarlo. Le bottiglie di Roero Arneis Docg Metodo classico, Langhe Favorita Docg 2018, Roero Arneis Docg 2018, Roero Arneis Docg Riserva e Moscato d’Asti Docg Santa Vittoria d’Alba sono stati serviti nascondendo l’etichetta e, alla fine della serata, insigniti del titolo onorario di Vini dell’anno 2019 dell’Enoteca Regionale del Roero.

Govone e il suo castello

L’evento si è svolto nella splendida cornice del Castello Reale, situato nel piccolo paese di Govone, sulla sponda sinistra del fiume Tanaro, nel cuneese, a metà strada tra Alba e Asti, al confine con il Monferrato e di fronte alle Langhe.

Da vedere il Ponte del Re, fatto costruire da Carlo Felice di Savoia tra il 1819 e il 1820 per evitare il guado della carrozza mentre si recava al Castello di Govone, sua residenza estiva. Merita sicuramente una visita il Castello (www.castellorealedigovone.it) , il cui ingresso è stato realizzato su disegno di Guarino Guarini e decorato con bassorilievi che raffigurano il mito di Ercole.

Entrando nell’atrio, due scaloni gemelli conducono al piano superiore. Prendendo la Galleria di Levante, con affreschi di Andrea Piazza e Carlo Pagani, si arriva agli Appartamenti del Re e agli Appartamenti della Regina. Splendido il Salone d’Onore, affrescano interamente a trompe-l’oil negli anni Venti dell’Ottocento con la raffigurazione del mito di Niobe e altre scene mitologiche.

Simmetrica rispetto al Salone d’Onore, la Galleria di Ponente porta invece alle Sale Cinesi, così chiamate per le tappezzerie di ispirazione orientale, destinate agli ospiti del re e della regina.

Splendido il giardino, dove tra marzo e aprile fioriscono migliaia di tulipani selvatici.

Canale, borgo dei sapori

Facciamo poi tappa a Canale, dove nella centrale via Roma si trova la sede dell’Associazione Enoteca Regionale del Roero 2.0 (www.roeroturismo.it), dove siamo accolti dallo stemma della casata dei Roero per una visita nella storia e nella tradizione del territorio che ne porta il nome.

Nata nel 2017, l’Associazione include 66 afferenti, tutte aziende vitivinicole e nel 2018 ha venduto 9500 bottiglie, dispone di una selezione di 300 etichette e ha generato un fatturato di 256 mila euro. Tra i vini più richiesti, con particolare attenzione dai paesi Scandinavi, dalla Germania e dall’Italia, ci sono il Roero Arneis, seguito dal Roero Arneis Spumante, dal Nebbiolo e dal Roero.

Canale vanta anche un ristorante stellato, il Ristorante l’Enoteca (www.davidepalluda.it) , dello chef Davide Palluda insignito di una stella Michelin, che si trova al primo piano del complesso ottocentesco dove si trova anche la sede dell’Associazione.  Il menù comprende piatti creativi che partono da ingredienti e prodotti piemontesi, ma anche pesce e interpretazioni originali. Più informale, l’Osteria con piatti della tradizione.

Canale è famosa anche per le sue pesche a pasta bianca e buccia spessa, alle quali è dedicata una fiera nel mese di luglio.

Andar per rocche nel Roero

I paesaggi del Roero sono caratterizzati da boschi e vigneti, ma anche da numerose rocche e castelli, che sembrano spuntare all’improvviso tra dirupi, pareti di rocce e burroni, spesso circondati da una fitta vegetazione.

Facciamo tappa nel borgo di Guarene, dove si trova l’omonimo castello (www.castellodiguarene.com), dichiarato dall’UNESCO Patrimonio dell’Umanità. Il maniero sorge in un meraviglioso punto panoramico, un vero e proprio balcone naturale che consente alla vista di spaziare tra il Roero, le Langhe e il Monferrato.

All’imponenza della costruzione, disposta su tre livelli e per un’altezza di circa 25 metri, fanno da contraltare l’eleganza dei giardini, realizzati nella prima metà del Settecento. Oggi, all’interno del castello è stato ricavato un hotel cinque stelle lusso con ristorante e centro benessere.

A Magliano Alfieri si trova invece un castello che ospita due musei, il Museo dei Soffitti in Gesso e il Museo Teatro del Paesaggio delle Langhe e del Roero. Il castello seicentesco riassume un’armonia di stili tra quello tardo rinascimentale, più sobrio e austero, e quello più elegante e decorativo del barocco.

A Monticello d’Alba facciamo una sosta prima al Castello (www.roerodimonticello.it), tra i più importanti e meglio conservati della zona, pur risalendo al 1372. Ciò è dovuto al fatto che il castello, dalle sue origini a oggi, è sempre stato abitato dalla famiglia dei Roero di Monticello, che vi risiedono anche attualmente. Il castello è caratterizzato da tre torri imponenti e da uno splendido parco. Mozzafiato la vista che si gode dalla sua posizione privilegiata.

Prima di lasciare il Roero, facciamo un’ultima sosta alla Cascina La Pranda che, oltre a produrre un vino totalmente biologico, è anche un laboratorio di bioedilizia, che utilizza solo minerali del territorio, tra pietre e argille, senza l’uso di prodotti chimici.

COME ARRIVARE

In auto, A21 Torino-Piacenza con uscita Asti Est, A22 Asti – Cuneo con uscita Alba, oppure A6 Torino-Savona con uscita Marene.

DOVE MANGIARE

*Ristorante Scuderie di Govone, Piazza Vittorio Emanuele II, 17 Govone, tel 0173/328096, www.castellodigovone.it

*Osteria dell’Enoteca, via Roma 57, Canale (CN), tel 338/5622924, www.davidepalluda.it

DOVE DORMIRE

*Castello di Guarene *****, via Roero 2, Guarene (CN), tel 0173//441332, www.castellodiguarene.com

*Foresteria Conti Roero***, Piazza San Ponzio 3, Fraz. Villa, Monticello d’Alba (CN), tel 0173/466226

INFO

www.langheroero.it




Al Palazzo Ducale di Modena, Lara Gilmore ci parla del progetto “Food for Soul”

di Manuela Fiorini

L’occasione è la XX edizione del Premio Internazionale Profilo Donna, la location d’eccezione è il Cortile d’Onore del Palazzo Ducale di Modena, le cui porte sono normalmente chiuse al pubblico perché sede della prestigiosa Accademia Militare.

Grazie a una convenzione tra il Comune di Modena e l’Accademia Militare, il Palazzo Ducale fino a dicembre 2019 apre le sue porte al pubblico, attraverso visite guidate (intero € 8, ridotto € 6) il sabato e la domenica, con turni sia al mattino che al pomeriggio. (info e prenotazioni tel 059/2032660 o 059/220022, info@visitmodena.it)

Il Palazzo Ducale, gioiello del Barocco

Si tratta del primo palazzo d’Europa realizzato secondi i canoni del Barocco. I lavori cominciano tra il 1631 e il 1632. quando Francesco I, fa arrivare da Roma architetti “di grido” come Bartolomeo Avanzini, che ne cura la realizzazione, Gian Lorenzo Bernini, che realizza lo scalone e le grandi finestre della torre centrale, Francesco Borromini, scelto curiosamente per la sua “storica” rivalità con Bernini, e Pietro da Cortona.

Il palazzo spicca per la sua grandiosa facciata, con una parte centrale e due torrioni laterali, abbellita da statue che vanno dal Cinquecento al Novecento che raffigurano personaggi mitologici, condottieri romani, allegorie. Tra le sale interne, alcune sono occupate dal Museo dell’Accademia Militare. Degne di menzione la Sala delle Guardie Nobili con il soffitto seicentesco a cassettoni, la Galleria dello Stringa, con il soffitto dipinto da Francesco Stringa, pittore modenese del XVII secolo, un tempo adibita a Gabinetto di lavoro del duca Francesco IV.

La Sala delle Udienze private spicca invece per le decorazioni a cassettoni in oro zecchino, mentre la Camera d’Oro per il soffitto dorato e con specchi. Dalla Sala dello Stringa si arriva al Salone d’Onore terminato nel Settecento. Passando sul lato destro, dalla Sala del Trono si accede al meraviglioso Salottino d’Oro del 1756 interamente rivestito da pannelli di oro zecchino rimovibili.

A Lara Gilmore, il Premio Profilo Donna 2019

Durante la serata del Premio Profilo Donna, che da trent’anni viene assegnato alle donne che si sono distinte nel loro campo con l’obiettivo di promuovere le eccellenze al femminile e le pari opportunità, abbiamo incontrato Lara T. Gilmore, americana di Washington e moglie dello chef “stellato” Massimo Bottura dell’Osteria Francescana di Modena, tre stelle Michelin e per due volte, nel 2016 e nel 2018, al primo posto sul podio dei World’s 50 Best Restaurants. (terzo podio nel 2015 e secondo nel 2017).

Insieme, Lara e Massimo hanno dato vita e fatto crescere l’Osteria Francescana, di cui da vent’anni cura il marketing e la comunicazione, fino al livello più alto, ma si sono dedicati anche a progetti di cultura e solidarietà, come Food for Soul (www.foodforsoul.it), un’associazione no profit  fondata per combattere lo spreco alimentare e promuovere l’inclusione sociale, di cui Lara è la Presidente.

Food for soul”, tra qualità, bellezza e solidarietà

Condividere con gli altri un pasto caldo, stagionale e delizioso, riuniti intorno alla stessa tavola, è molto di più della somma dei suoi ingredienti. È un gesto d’amore”, ha detto Lara Gilmore parlando di Food for Soul.

L’associazione è nata nel 2016 per incoraggiare organizzazioni pubbliche, private e no profit a creare e sostenere mense comunitarie in tutto il mondo, rendendole luoghi “belli”, ospitali, dove è favorita la socializzazione, attraverso il coinvolgimento di chef, artisti, architetti, designer e distributori alimentari, spesso recuperando il cibo che andrebbe sprecato perché rimasto invenduto, ma ancora buono per essere trasformato in un buon pasto, anche dal punto di vista “visivo”.

Lara, come è nata l’idea di Food for Soul?

“Dall’esperienza e dal percorso fatto da Osteria Francescana, che da piccola osteria è riuscita a diventare un ristorante pluripremiato, “stellato”, sulla scena internazionale. Food for Soul è nato dal nostro desiderio di ospitalità e di qualità, ma anche di bellezza. È nata dalle anime e dalle teste dei nostri 40 dipendenti che lavorano nella sala, nella cucina, in ufficio, nell’orto con un obiettivo condiviso, creare più futuro nel nostro futuro”.

“Nel 2015 abbiamo riposto al tema di Expo “nutrire il pianeta”, con il Refettorio Ambrosiano di Milano, dove architetti, designer e artisti hanno creato un luogo accogliente e più di 100 volontari hanno servito ai tavoli, piatti buoni e sani, di qualità. Dopo sei mesi di Expo, tuttavia, ci siamo accorti che il Refettorio Ambrosiano non aveva bisogno di noi, ma avevamo creato un modello replicabile. Da lì ci siamo impegnati ad aprire altri refettori.

Dopo soli quattro anni abbiamo sette refettori in tutto il mondo: Parigi, Londra, Rio de Janeiro, Modena, Bologna e Napoli. Stiamo lavorando tutti i giorni per creare un sistema di cibo più sostenibile. Nello stesso tempo siamo impegnati a promuovere un’attività culturale, perché dare un pasto non è solo un gesto di sfamare, ma anche un primo passo per cambiare la società. La nostra risposta sono i refettori, che sono anche un modo per migliorare un possibile futuro, per ridurre gli sprechi alimentari, ma anche lavorando con gli altri e dando valore alla bellezza.

Come si coniugano queste due “facce del tuo lavoro”, quello di seguire insieme a tuo marito il primo ristorante al mondo, e quello la solidarietà?

“Osteria Francescana è diventato un laboratorio di cultura. Proprio da lì abbiamo imparato tante cose. Senza Osteria Francescana non avremmo mai avuto l’idea di creare il primo refettorio e Food for Soul. Abbiamo applicato i pilastri di Osteria Francescana, che sono qualità delle idee, potere dell’ospitalità e salvaguardia della bellezza al progetto di mense per i meno fortunati. Per elevare una semplice mensa a qualcosa che in grado di migliorare la società”.

Se tu ci dovessi consigliare un piatto, fatto con materiale di recupero…

“I passatelli modenesi, fatti con il recupero del pane secco che viene grattugiato, anche con le croste di Parmigiano e due uova si ottiene un piatto ricco di alimenti nutrienti e di sapore. Lo stesso pane grattugiato può essere usato con uova, burro e amaretti per fare un’ottima torta. E poi quando tagliamo le verdure, le parti che non vengono mangiate possono essere usate per fare un ottimo minestrone”.

“Il pane è oro”, un libro con 150 ricette “povere” degli chef

Tra i progetti realizzati per sostenere Food for Soul c’è anche il libro “Il pane è oro” (Ippocampo, € 29,90), curato da Massimo Bottura, che raccoglie 150 ricette ideate da 40 grandi chef di tutto il mondo, tra cui lo stesso Bottura, Alain Ducasse, Carlo Cracco, Davide Oldani, René Redzepi e Ferran Adrià. Le ricette hanno tutte un denominatore comune, sono realizzate con ingredienti semplici, “poveri” e di recupero. E per realizzarli non occorre essere dei professionisti della cucina, ma le ricette possono essere realizzate da chiunque e con un costo bassissimo.

Il titolo, per esempio, fa riferimento a un dolce molto amato dallo chef stellato modenese, che gli ricorda la colazione che faceva da bambino con latte, zucchero, caffè e con il pane avanzato della sera prima.  Consiste in un dolce che coniuga sapori caramellati, salati e tostati, arricchiti con una veste dorata e trasparente di zucchero fuso ed è tra i preferiti dei clienti dell’Osteria Francescana.

PASSATELLI MODENESI

Tra le ricette consigliate da Lara Gilmore ci sono i passatelli modenesi, un piatto della tradizione che si consuma di consuetudine in brodo, ma che la fantasia degli chef propone anche in versione “asciutta”. Noi vi lasciamo la ricetta tradizionale.

Ingredienti

·        100 gr di pane grattugiato

·        100 gr di Parmigiano Reggiano grattugiano

·        2 uova medio grandi

·        Noce moscata q.b.

·        500 ml di brodo di carne

In una terrina capiente mescolate a secco il pangrattato con il Parmigiano Reggiano e la noce moscata grattugiata sul momento. Ricavate un “buco” al centro e rompete le uova intere. Impastate gli ingredienti fino a ottenere un impasto morbido e omogeneo. Se dovesse sembrare troppo asciutto e granuloso, potete aggiungere un altro uovo. Passate poi il composto in uno schiacciapatate con i fori larghi e ricavate dei cilindretti lunghi circa 4/5 cm. Mettete a bollire il brodo di carne e lessate poi i passatelli per circa un minuto.

INFO

www.foodforsoul.it

www.visitmodena.it

www.profilodonna.com




ANTONINO CANNAVACCIUOLO, AMBASCIATORE DELLE SOSTE DI ULISSE SI RACCONTA DALLA SICILIA

Noi di WEEKEND PREMIUM l’abbiamo incontrato in Sicilia, a Siracusa, durante l’interessante evento delle SOSTE DI ULISSE, un’associazione di chef delle migliori strutture siciliane. E di questa associazione Antonino Cannavacciuolo ne è l’ambasciatore.

D’altra parte Antonino è quello più adatto ad unire il Belpaese, dalle acque del Lago d’Orta, dove c’è la sua bistellata Villa Crespi, all’ acqua del mare di Siracusa.  Ovviamente passando per Napoli e Sorrento, da cui è partito.

Ambasciatore delle “Soste di Ulisse”, perchè?

Perché mettersi insieme è la cosa giusta da fare, aiutarsi a vicenda, stimolarsi, crescere insieme, proporre le cose migliori di questa fantastica Sicilia. Oramai sono quasi 90, anzi siamo quasi 90, io mi sento molto vicino a loro.

Ho sentito che qualcuno degli chef si chiedeva se è il caso di semplificare il linguaggio, i nomi dei piatti, attenuare la ricerca.

È una domanda che ci facciamo, ma io sono convinto che dobbiamo andare avanti, puntare ancora più verso l’alto, per spingere gli altri, tutti a migliorare.

Così non ci saranno più “Cucine da incubo”… a proposito, cosa succede dopo alle cucine, ai ristoranti, che lei visita, che lei toglie dall’incubo?

La metà va meglio, impara la lezione, ma l’altra metà invece va peggio…

Peggio? Dopo che lei gli insegna tante cose, dopo che gli rimette a nuovo il locale?

Sa perché? Perché in un bel locale, in un bell’ambiente si nota di più se il cibo fa schifo, o meglio continua a fare schifo come prima, perché non vogliono imparare, non vogliono migliorare la qualità.

Parlando di qualità, quali itinerari suggerisce ai lettori di WEEKEND PREMIUM ?

La penisola sorrentina: il paese delle mie origini, in provincia di Napoli. Il tutto, per un’esplosione unica dei sapori e della tradizione del Sud Italia. Dai limoni di Sorrento al basilico fresco, dalle melanzane ai carciofi, dalla pasta fatta in casa al freschissimo pesce di mare.

Una cornice suggestiva nel Nord? “Orta San Giulio, un bellissimo borgo medievale, non molto conosciuto, ma che vanta un paesaggio ed un’atmosfera indimenticabile, tra cui il sacro monte dedicato a San Francesco d’Assisi (patrimonio dell’ Unesco), e l’Isola di San Giulio, raggiungibile dalla Piazza di Orta con un battello.

Qui ho conosciuto mia moglie Cinzia ed insieme abbiamo affrontato l’avventura della gestione dell’Hotel Ristorante Villa Crespi, dove al momento si trova, oltre alle 14 camere in stile moresco, il mio Ristorante due stelle Michelin.

Qualche altra meta speciale?

Stresa, sul lago Maggiore. Bellissima la gita in barca visitando le tre isole Borromee: Isola Bella, Isola Madre e Isola dei Pescatori, che regalano paesaggi e architetture uniche, legate alla natura e a strutture architettoniche eleganti. Bellissimo il palazzo in stile Barocco presente sull’isola Bella e il giardino botanico di quest’ultima, considerato tra i più belli d’Europa.

All’estero?

 In Francia ricordo con piacere i giorni trascorsi a Reims. Bellissime le giornate della vendemmia nelle campagne, la cultura dello champagne, e l’atmosfera che si respira”.

Raffinatezza dei sapori e dei gusti: quale località consiglia? Visitando il Giappone e Tokyo sono rimasto piacevolmente colpito dalla cura e dalla raffinatezza metodica in cui il cibo e le materie prime seguono le tradizioni.

Un punto cruciale di incontri tra cibo e culture?

New York è la città che non dorme mai, dove il cibo ha un’importanza fondamentale, visto come mezzo di incontro tra persone.

Per momenti di puro relax?

Le Maldive sono un posto perfetto ed ideale per il relax. Ho trovato tra la sabbia bianca e il mare caldo e profumato una perfetta oasi di pace.

Lei viaggia tanto, tutti la vogliono tutti la cercano, come fa a spostarsi, che auto usa? I suoi rapporti con il mondo dei motori?

Amo le auto sportive del passato, come la Lancia Delta, la Porsche 911, la 112 Abarth… Tra i tanti modelli che ho guidato, ho ottimi ricordi della Mercedes ML e la Maserati GT.

POLPO CON PATATE RIVISITATO DA ANTONINO CANNAVACCIUOLO

La ricetta dell’insalata di polpo con patate è un piatto ideale per l’estate. La ricetta, proposta nel programma televisivo Cucine da incubo, è di facile realizzazione e il risultato è un piatto decisamente “scenografico” che unisce terra e mare.

Per prima cosa si procede alla realizzazione della crema di patate che viene poi disposta sul fondo del piatto. Il polpo a pezzetti e saltato in padella con olio e rosmarino, viene quindi adagiato sulla crema. Il piatto è arricchito dal colore rosso del frullato di pomodori pelati dal sapore delicatamente acidulo che crea un avvincente contrasto con il dolce sapore della crema di patate. Il tutto viene condito con un filo di profumato olio extravergine di oliva e con l’aggiunta di note di erbe aromatiche a piacere.

Ingredienti per 2 persone

  • Polpo lessato 250 gr.
  • Patate lessate 150 gr.
  • Crema di latte 50 gr.
  • Pomodori pelati 1.
  • Olio extravergine d’oliva 2 cucchiai.
  • Rosmarino q.b.
  • Erbe aromatiche q.b.
  • Sale fino q.b.

Tagliare le patate lessate in tocchetti non troppo grandi, metterle nel mixer con un filo d’olio extravergine d’oliva e alla crema di latte. Frullare fino ad ottenere un composto liscio, omogeneo e cremoso. Tagliare a pezzetti i tentacoli del polpo lessato (immerso in acqua calda, cottura 40 minuti) e condirli con olio extravergine di oliva. Quindi metterlo in una padella antiaderente insieme a qualche ago di rosmarino e farlo saltare in modo che si formi una croccante crosticina. Disporre sul fondo di due piatti singoli la crema di patate e distribuirci sopra i pezzettini di polipo e il frullato di pomodori pelati. Condire con sale e olio extravergine di oliva, guarnire con foglioline verdi di erbe aromatiche e servire in tavola.




IL MONDO IN UN BICCHIERE: LA CACHACA SIMBOLO DEL BRASILE IN FESTA

Di Micol Bonazzoli

Le spiagge sull’Oceano, il delirio per il calcio, la samba e il carnevale, il sole che splende implacabile, l’allegria collettiva della gente e la caipirinha che scorre a fiumi. Bevanda che riassume l’essenza di un Paese unico al mondo, il Brasile. Ed è proprio qui che nasce la cachaca.

LA CACHACA, IL LIQUORE NAZIONALE

Il Brasile è davvero immenso: il più grande dell’America Latina e, per estensione, il quinto al mondo. Conta 200 milioni di abitanti di etnie diverse che convivono nel più vasto melting-pot al mondo.

Saranno anche luoghi comuni ma le mille facce del Brasile – dove ogni occasione è buona per far festa – sembrano convivere nella cachaca (o aguardiente de cana), il distillato nazionale ricavato dalla canna da zucchero, il terzo più bevuto al mondo. Anche se a consumarla è principalmente la popolazione carioca.

Nel Paese si contano 4.500 marche commerciali che distillano, ogni anno, un miliardo e 300 mila litri: il consumo interno ammonta a più di 8 litri a persona, un autentico record.

LE CARATTERISTICHE DELLA CACHACA

Del resto la cachaca è prodotto con la canna da zucchero di cui il Brasile è il primo produttore mondiale. Furono i portoghesi a importarla per ricavare il costoso brown sugar venduto nelle corti d’Europa con guadagni assai elevati.

Non a caso il nome cachaca deriva dal portoghese cagaca, ovvero la schiuma che si forma nella superficie del succo di canna da zucchero in fermentazione. La variabile qualitativa è legata all’uso della melassa o del succo di canna vergine e della distillazione in alambicchi discontinui.

La cachaca normalmente è ruvida, con una forte nota eterea, difficile da bere liscia (ma i brasiliani la preferiscono liscia) e il suo consumo è salito alle stelle quando è diventata l’ingrediente fondamentale per uno dei cocktail più richiesti nel mondo: la caipirinha (che dagli anni ‘80 ha letteralmente spopolato), o nelle famose batidas, rinfrescanti frullati alcolici con mango, cocco, papaja ed altre delizie esotiche. L’eventuale invecchiamento va dai due ai dodici anni e avviene normalmente in legno di quercia bianca brasiliana o in altre essenze tropicali di legni duri.

VIVA IL BRASILE LIBERO

Per correttezza storica, va ricordato che la cachaca divenne anche il simbolo dell’autonomia del Paese, in netta contrapposizione all’imperialismo portoghese, con moti che culminarono nel 1822 nella dichiarazione di indipendenza. Tutto ciò dopo sanguinose rivolte, che coinvolsero le fasce più povere della popolazione, stanca della schiavitù e delle vessazioni nei campi e nelle miniere. Bere cachaca, insomma, significava volersi ribellare ai conquistadores. A coronamento della lunga storia della cachaca è arrivato nel 1994 il riconoscimento di “prodotto culturale rappresentativo del popolo brasiliano”.

COME SI BEVE LA CACHACA

L’unico abbinamento interessante – per gli amanti delle sensazioni forti – è la preparazione di una fresca caipirinha con zucchero di canna, molto lime e ghiaccio ed utilizzarla, alla stregua di un ottimo vino rosso, da sorseggiare con un abbondante grigliata di carne mista. Oppure, come va di moda ora in Brasile, abbinandola a frutta esotica.

 




IL MONDO IN UN BICCHIERE. CHAMPAGNE LE BOLLICINE CHE DA SEMPRE SI BEVONO PER FESTEGGIARE

Quando si celebra un matrimonio, si festeggia una laurea, la nascita di un figlio o promozione di carriera, quando si celebra un evento speciale o si brinda al nuovo anno, la bottiglia più prestigiosa da stappare è immancabilmente lo champagne

Di Micol Bonazzoli

CLIMA E TERRITORIO

Lo champagne – che appartiene alla famiglia dei vini effervescenti ed è indiscutibilmente il più famoso al mondo – si produce esclusivamente nell’omonima regione francese, 150 km a est di Parigi. Delimitata da una legge del 1927, l’area di produzione si estende per poco più di 34.300 ettari.

Il territorio, ricco di fascino, vallate a vigneti e suggestivi paesaggi della tipica campagna francese, comprende 319 comuni suddivisi in 5 dipartimenti. È l’ultimo confine nel quale – per ragioni climatiche – può avvenire la crescita dell’uva, prima dei grandi freddi del nord.

Nella regione della Champagne si organizzano viaggi turistici ed escursioni con visita e degustazione nelle cantine più famose, lungo chilometri di gallerie sotterranee, milioni di bottiglie preziosamente conservate al riparo dalla luce e dal calore. A Reims o a Épernay, le visite alle cantine delle più celebri maison de champagne sono un must.

NATO DAL GENIO DI UN FRATE

Lo champagne è uno dei pochi vini ai quali è stato attribuito un inventore, l’abate benedettino Dom Pierre Pérignon. Intorno al 1670 il giovane monaco benedettino giunse all’abbazia d’Hautvillers, vicino a Épernay, con l’incarico di tesoriere: trovò il convento e le vigne in uno stato di totale abbandono e si adoperò per rimetterle in sesto. Negli anni il processo di produzione ha subito numerosi perfezionamenti che lo hanno reso un prodotto di eccellenza mondiale.

Lo champagne viene prodotto dalla mescolanza di tre uvaggi: pinot noir, pinot meunier e chardonnay.  Il metodo champenoise consiste principalmente nell’operare una doppia fermentazione: la prima del mosto, nel tino, la seconda del vino (ottenuto dalla prima fermentazione), nella bottiglia.

La raccolta è manuale (il disciplinare vieta l’uso delle macchine vendemmiatrici), la spremitura viene effettuata con torchi tradizionali o pneumatici (presse), l’indicazione del millesimo, (possibile ma non obbligatorio) avviene solo quando sono riuniti vini dello stesso anno.

È generalmente segno di una grande qualità. Il tappo di sughero delle bottiglie di champagne è caratteristico per la forma a fungo che assume dopo la stappatura.

CURIOSITÀ SULLO CHAMPAGNE

Lo Champagne è il solo vino che rende una donna bella dopo averlo bevuto, diceva la Marchesa di Pompadour; grande appassionato era anche Napoleone Bonaparte il quale, oltre a contribuire alla sua diffusione nel mondo, sosteneva: “Non posso vivere senza lo champagne, in caso di vittoria lo merito; in caso di sconfitta, ne ho bisogno”.

Divertente la definizione di Winston Churchill, accanito sostenitore il quale raccontava che il miglior champagne “è quello freddo, secco e gratis”.

Con forti picchi di consumo soprattutto durante le feste di fine anno, lo champagne rappresenta un business di proporzioni colossali. Nel mondo se ne stappano ogni anno oltre 330 milioni di bottiglie.

COME BERE LO CHAMPAGNE

Ostriche e champagne, caviale e champagne, aragosta e champagne. Un vino raffinato e indubbiamente costoso – che si abbina a qualunque cibo – ma soprattutto si presta per celebrare eventi festosi e di rilievo.

Lo champagne va servito freddo, ma non ghiacciato, prevalentemente fra o 6 e 10 gradi. Contrariamente alla tradizione che suggerisce di ordinarne una coppa, lo champagne si degusta in un calice a forma di tulipano, per permettere alle bollicine di mostrarsi al meglio e agli aromi di sprigionarsi




Torre di Palme (FM), il Medioevo a strapiombo sul mare

Sorge sulla cima di un colle, a 100 metri sul livello del mare Adriatico, sul quale si affaccia, regalando panorami e scorci mozzafiato. Siamo a Torre di Palme, nella provincia di Fermo, nelle Marche, a metà strada tra due delle località turistiche più rinomate, Porto San Giorgio e Marina di Altidona. A poco più di 20 km si trova anche San Benedetto del Tronto.

Lo sviluppo del borgo, oggi annoverato tra “i più belli d’Italia” di deve ai monaci agostiniani, che costruirono il primo nucleo del castello e del sistema difensivo, dal momento che le coste adriatiche erano spesso battute dai pirati. Nel tempo, alle solide architetture medievali si sono aggiunti anche i raffinati edifici rinascimentali.

A spasso per il borgo antico

Lasciate l’auto nel parcheggio all’ingresso del borgo e incamminatevi nel centro storico, che si può visitare con una rilassante passeggiata di un’ora, tra stradine, chiese, palazzi, ma anche piccoli alberghi e ristorantini dove gustare i piatti gustosi della tradizione culinaria marchigiana.

Gli edifici più interessanti si affacciano su via Piave, che taglia il borgo da est a ovest. Da non perdere la splendida Torre merlata, risalente al XIII secolo, facente parte di un complesso difensivo che comprendeva altre cinque torri e una cinta muraria con camminamenti coperti.

Bellissimo anche il Palazzo Priorale, attuale sede del Municipio, con il suo campanile a forma di vela, un arco a tutto sesto murato nella facciata e una splendida meridiana.

Le chiese ricche di storia

Fermatevi per una visita alla Chiesa di Sant’Agostino, in stile tardo gotico, una bella costruzione in mattoni a vista che custodisce al suo interno tesori come il Polittico di Vittore Cribelli, un sarcofago di età longobarda, una tavola di Vincenzo Pagani e una reliquia della croce.

Poco distante si incontra anche la piccola chiesa di San Giovanni del Mille, che si caratterizza per i suoi archetti pensili. Al suo interno si trovano alcuni pregevoli affreschi del XV secolo.

Proseguendo lungo la via, arriviamo poi alla Chiesa di Santa Maria a Mare, costruita tra il XII e il XIII secolo. L’interno è in stile neoclassico, abbellito con splendidi affreschi della scuola giottesca e di quella dei fratelli Sanlimbeni che raffigurano il volto di Sant’Andrea, San Sebastiano, Santa Lucia, San Nicola da Tolentino, San Francesco e Santa Caterina d’Alessandria.

Di fronte alla chiesa sorge poi l’Oratorio di San Rocco del XII secolo, sulla cui facciata cinquecentesca campeggia lo stemma di Torre di Palma.

Infine, fermatevi in Piazza Amedeo Lattanzi per ammirare dalla terrazza panoramica una vista mozzafiato sul mare Adriatico e su tutto il litorale.

Il Bosco del Cugnolo e la leggenda della Grotta degli Amanti

Tra le escursioni da non perdere c’è quella al Bosco del Cugnolo, che si raggiunge attraverso un facile sentiero di 2 km segnalato dal CAI. La passeggiata si inoltra in un paesaggio di rara bellezza, tra macchia mediterranea e una flora fatta di lecci, corbezzoli e fiori profumati a pochi passi dal mare.

Dal sentiero si arriva alla Grotta degli Amanti, che deve il suo nome alla vicenda di due innamorati, Antonio e Laurina. Durante le guerre coloniali del XX secolo, Antonio tornò a casa per una licenza di pochi giorni, ma, anziché tornare al fronte, fuggì con l’amata Laurina. I due si nascosero in una piccola grotta di arenaria scavata nelle pareti di tufo, circondata dal bosco.

Ricercato come disertore, Antonio si rifugiò con Laurina presso la chiesetta di San Filippo Neri, poi, poco prima di cadere nelle mani delle autorità, i due amanti decisero di morire insieme gettandosi nel fosso di San Filippo.

La Cavalcata dell’Assunta

È la rievocazione storica più antica d’Italia. Risale infatti al 1182 un documento che testimonio come, in occasione della Festa dell’Assunta, il 15 agosto, i castelli assoggettati a Fermo si impegnavano a portare un “palio bellum et bonum”.

Un documento successivo, risalente al 1436, il Missale De Firmonibus, testimonia invece l’importanza della Cavalcata e del suo corteo storico. Momento clou, ancora oggi, è la Corsa del Palio, che si svolge nel pomeriggio di Ferragosto e vede concorrere le dieci contrade, tra cui Torre di Palme. Per l’occasione, il borgo torna alle atmosfere medievali e fa da sfondo al suggestivo corteo storico, alle cene in Contrada e alla cerimonia della Lettura del Bando.

Se siete a Torre di Palme, non mancate di visitare il pittoresco Mercatino dell’Artigianato, che si svolge ogni martedì di luglio e agosto nel centro storico, che per l’occasione viene “invaso” da bancarelle, luci e colori.

Il Brodetto di Porto San Giorgio

Un piatto “povero”, che costituiva il pasto dei pescatori dell’Adriatico. Con il tempo, ha raggiunto un alto valore gastronomico e culturale, al punto che il Comune di Porto San Giorgio, che dista appena 12 km da Torre di Palme, ha codificato il brodetto come De.Co (Denominazione Comunale). Tra le “clausole”, è incluso il divieto di prepararlo con pesce congelato o proveniente da zone diverse del Mare Adriatico. Per essere ancora più “fiscali”, nel vero brodetto si dovrebbero usare solo pesci pescati nel Compartimento Marittimo di Porto San Giorgio, Civitanova Marche e San Benedetto del Tronto. Vi lasciamo la ricetta

Ingredienti

·        1,5 kg di pesce misto tra sgombro, gattuccia di mare, merluzzo, suro, scorfano, pesce di San Pietro, gronco, rosciolo, sogliola, arfanciu, razza, rana pescatrice, tracina, gallinella di mare, pesce prete, cicala di mare, totani, seppie, calamati, moscardini, scampi, gamberi e mazzancolla

·        380 gr di olio extravergine di oliva

·         ½ peperoncino tagliato sottile

·        Acqua di mare o sale marino q.b

·        ¼ di aceto di vino

·        5 spicchi di aglio, 1 rametto di prezzemolo

·        1 cipolla

·        1 peperone

·        Salsa di pomodoro + 2 pomodori rossi

·        Pane raffermo a fette

Tritale finemente il prezzemolo e l’aglio e metteteli a rosolare in una casseruola. Tagliate a cubetti i pomodori rossi e aggiungeteli. Aggiungete le cozze e le vongole pulite e lavate e lasciate bollire finché non si saranno aperti. Unite poi la seppia e i calamari tagliati a pezzetti. Coprite la pentola e lasciate bollire a fuoco medio per circa 10 minuti. Unite quindi tutti i pesci a eccezione degli scampi e delle triglie, che cuociono più in fretta. A questo punto unite l’aceto e la salsa di pomodoro. Aggiungete anche il peperoncino e il peperone tagliato a cubetti e aggiustate di olio. Lasciate cuocere il brodetto per circa 30 minuti, a fuoco moderato e coperto. Nel frattempo, tagliate il pane a fette e servite insieme al brodetto quando sarà pronto e ben caldo.

COME ARRIVARE

In auto: da Nord e da Sud prendere l’A14 con uscita Fermo – Porto San Giorgio. Continuare sulla SS 16, attraversare Porto San Giorgio e seguire le indicazioni per Fermo. Da Ascoli Piceno prendere la SP 235, continuare in direzione della superstrada Ascoli-Mare RA11, seguire per San Benedetto del Tronto – Ancona, continuare sulla SS 16 e, dopo aver attraversato porto San Giorgio, seguire indicazioni per Fermo e per Torre di Palme.

DOVE MANGIARE

*La Fonte di Mosé, via Fonte di Mosé 18, Torre di Palme (FM), tel 0734/53763, www.lafontredimose.it Locale di lunga tradizione che propone un menù di piatti della cucina marchigiana di carne e di pesce con un’accurata selezione di materie prime.

*La Torre, via Duca degli Abruzzi 10, Torre di Palme (FM), tel 339/310 3968. Nel centro storico del borgo, offre piatti della cucina locale e pizza. Buona carta dei vini. Prezzo medio alla carta € 30 a persona.

DOVE DORMIRE

 *Hotel Villa Lattanzi*****, Contrada Cugnolo 24, Torre di Palme (FM), tel 0734/53711, www.villalattanzi.it Ricavata dell’antica dimora dei Conti Adami, la villa sorge a ridosso del mare, circondata dalla macchia mediterranea. Doppia da € 125.

 *La Casa di Torre di Palme, Piazza Amedeo Lattanzi 4, Torre di Palme (FM), tel 338/7697837, www.lacasaditorredipalme.it B&B in splendida posizione panoramica. Doppia da € 90.

INFO

www.comune.fermo.it
www.fermoturismo.it