Da Roccascalegna (CH) a Pacentro (AQ) con la Toyota Yaris Hybrid

Un itinerario nel cuore dell’Abruzzo, quasi un viaggio nel tempo, alla scoperta di due tra i borghi medievali più belli e suggestivi, Roccascalegna, in provincia di Chieti, e Pacentro, in quella dell’Aquila.

La nostra compagna di viaggio in questa “avventura medievale” sarà la Toyota Yaris Hybrid, la citycar giapponese piccola, silenziosa e al passo con i tempi, non a caso è diventata famosa grazie al suo soprannome: “Il piccolo genio”. Amata dalle donne per il suo aspetto ammiccante e il suo carattere innovativo, che esalta il comfort e il rispetto per l’ambiente, trova nelle strade di città il suo habitat naturale, ma, nonostante le piccole dimensioni, Yaris Hybrid si dimostra confortevole anche per qualche weekend fuori porta.

Saliamo quindi a bordo e guidiamo fino a Roccascalegna, un borgo medievale talmente scenografico da essere scelto come set della serie TV Rai “Il nome della Rosa”, del 2019, tratta dal capolavoro di Umberto Eco, e per il film di Matteo Garrone del 2015 “Il racconto dei racconti”.

Roccascalegna, tra leggende e scorci medievali

La rocca medievale domina il vallone del Rio Secco e la Vallata del Sangro ed è visibile già a distanza. Il suo profilo caratteristico, arroccato su uno sperone di roccia, rievoca i castelli delle fiabe.

A mano a mano che ci avviciniamo al borgo, il castello ci appare in tutto il suo fascino antico. L’origine, infatti, è Longobarda (V/VI secolo), ma, nei secoli, è passato sotto il dominio degli Svevi, degli Angioini e degli Aragonesi, che hanno lasciato il loro segno nell’architettura della rocca.

A essa è legata anche la leggenda della “mano di sangue”, che narra di come un signorotto del luogo, tal Annibale Corvo, avesse introdotto nel borgo lo ius primae noctis e sarebbe stato ucciso a pugnalate (secondo alcune versioni da una sposa, secondo altre dal marito di lei, travestito da donna), e gettato da uno dei torrioni. Nel cadere, avrebbe lasciato l’impronta della sua mano insanguinata, impossibile da cancellare nei secoli.

Ma lasciamo le leggende e la nostra Toyota Hybrid e cominciamo la nostra salita al castello, il cui nome deriverebbe dalla scala di legno che bisognava salire per raggiungerlo partendo dal borgo. Oggi, invece, si sale da una scalinata di pietra, che parte dal centro del borgo, nei pressi della chiesetta di San Pietro e arriva al cortile interno della rocca.

La magnifica visuale che si gode dalla cima delle torri vale la fatica di arrivare fin quassù. Lasciamo spaziare lo sguardo sui monti della Majella per poi tornare ad ammirare i locali visitabili a cui si accede dal cortile. Splendida la Sala delle Armi, che custodisce un curioso “lanciafiamme” e la sala delle torture, con in mostra gli strumenti “persuasivi” dell’epoca. Il castello è aperto nel weekend e nei giorni festivi dalle 10 alle 13 e dalle 15 alle 18. Tutti i giorni in luglio e agosto.

Le chiese e le grotte

Nel borgo valgono una visita anche la Chiesa di San Pancrazio, la cui prima pietra risale all’829, mentre la struttura attuale al 1205. Visitate il chiostro, il campanile, e l’interno con i tre altari e le cappelle laterali.

La Chiesa dei Santi Cosma e Damiano, invece, ha origine cinquecentesca e nel 1737 è stata oggetto di rimaneggiamenti che le hanno dato caratteristiche barocche. Pregevoli le volte a vela con gli affreschi a forma circolare.

Riprendiamo la nostra Toyota Hybrid e imbocchiamo la SS 84. Dopo circa 25 km arriviamo alle Grotte del Cavallone (www.grottedelcavallone.it) nel Comune di Taranta Peligna, nel cuore del Parco Nazionale della Majella.

Il percorso di visita che si inoltra nelle viscere della terra consente di ammirare uno scenario unico di stalattiti e stalagmiti, tra cui ambienti naturali con nomi suggestivi, come “Sala degli Elefanti”, “Foresta incantata” o “Sala delle Statue”.

Verso Pacentro, il paese di Madonna, e il suo castello

Risaliamo sulla nostra Toyota Hybrid e imbocchiamo la SP 110 in direzione di Pacentro. Annoverato tra i “Borghi più belli d’Italia”, è famoso soprattutto negli Stati Uniti per essere il paese di origine della famiglia della celebre cantante Madonna, al secolo Louise Veronica Ciccone.

Il borgo si trova a 700 metri di altezza, abbracciato dalle Montagne del Morrone, che lo riparano dai venti. Il castello Caldora si erge a sentinella della Valle Peligna e ci ricorda la sua funzione difensiva già dal X secolo, quando fu posata la prima pietra.

Ulteriori aggiunte all’architettura sono state fatte nel XIII e nel XV secolo. In quest’epoca il castello fu ingrandito dalla nobile famiglia dei Caldora che aggiunsero le due torri e una zona residenziale. Gli Orsini, successivamente, aggiunsero altre due torri cilindriche.

Passeggiando tra atmosfere medievali e palazzi signorili

Archi, scalinate, vicoli di ciottoli, porticati e camminamenti vi proietteranno indietro nel tempo. Passeggiando per le strade di Pacentro potrete scoprire alcuni luoghi inediti. Tra questi c’è il canaje, un antico lavatoio pubblico in pietra o la Preta Tonna, “la pietra dello scandalo”, dove i debitori venivano subivano un’umiliazione pubblica che li costringeva a sedersi nudi davanti ai passanti.

Splendidi e ricchi di storia anche gli edifici religiosi, tra cui la Chiesa Madre del Cinquecento, che spicca per la sua facciata imponente, su cui troneggia una meridiana, e ornata con un elaborato cornicione. Il campanile che fiancheggia la chiesa è superato in altezza, in tutta la valle, solo da quello di Sulmona.

La chiesa più antica di Pacentro è invece quella dedicata a San Marcello, del 1047. Degni di nota il portale di legno intagliato e i pregevoli affreschi.

Passeggiando per Pacentro si possono poi scoprire alcuni splendidi palazzi signorili, come Palazzo La Rocca, sede del Municipio, Palazzo Avolio, Palazzo Massa, Palazzo Simone e Palazzo Granata con il suo massiccio portale.

Fermatevi poi in via del Castello, oppure in via di Sotto o in Porta della Rapa per immortalare con la macchina fotografica qualche imperdibile scorcio. Se potete, rimanete anche la sera, quando il borgo si accende di luci calde e si anima di ombre suggestive, creando l’atmosfera giusta per dare spazio alla fantasia.

Se siete arrivati fin qui, infine, non perdete una visita alla Grotta di Colle Nusca, a poca distanza dal borgo, che custodisce preziose pitture rupestri di epoca preistorica. Realizzati in ocra rossa, rappresentano otto figure maschili armate di archi e frecce, impegnate in una scena di caccia.

Sediamoci a tavola

Per coronare il nostro weekend con gusto, dovete assolutamente assaggiare i piatti della tradizione abruzzese. Il piatto tipico di Pacentro, per esempio, è la polta a cui è dedicata anche una sagra che si tiene nel mese di agosto. Si tratta di un piatto contadino a base di fagioli, patate, cavoli che vengono saltati in padella con aglio, olio e peperoncino.

Da provare anche i maccheroni alla chitarra con sugo di castrato, oppure le polpettine di castrato, i ravioli alla ricotta, o la pecora bollita a lu cutter. Senza dimenticare i formaggi, le grigliate a base di carne bovina, ovina e suina proveniente dagli allevamenti locale, e il pregiato olio extravergine di oliva.

COME ARRIVARE

In auto: A14 Adriatica da Nord in direzione di Ancona, da Sud in direzione Pescara. Uscire a Val di Sangro e seguire per Villa S. Maria. Prendere poi la SS652 Fondovalle Sangro e seguire le indicazioni per Roccascalegna. Da qui si procede per Pacentro percorrendo la SP110 (circa 73 km).

DOVE DORMIRE

*B&B del Castello, via Duca degli Abruzzi 18, Roccascalegna (CH), tel 366/4246846, www.bbdelcastello.com . Nel centro del borgo, dispone di tre ampie camere, cucina, camino, sala da pranzo e salottino con TV. Wi fi gratuito. Sono ammessi anche gli animali.

*B&B San Marco Pacentro, Piazza Umberto I, Pacentro (AQ), tel 349/2661558, www.bbsanmarcopacentro.it/. In centro storico, mette a disposizione mini appartamenti di diverse dimensioni con bagno e cucinotto. Buon punto di partenza anche per le escursioni nel Parco della Maiella.

DOVE MANGIARE

*La Locanda del Corvo, via Codacchie 10, Roccascalegna (CH), tel 338/1570622, www.facebook.com/LaLocandadelCorvo/ Ristorante con menù tipico abruzzese, tra cui tagliere di salumi e formaggi, carne alla griglia, polpette e dolci della tradizione.

*Taverna de li Caldora, Piazza Umberto I, Pacentro (AQ), tel 0864/41139, www.facebook.com/TavernadeliCaldora/ Locale ricavato nelle cantine di un antico palazzo del Cinquecento con ambienti caratteristici e accoglienti. Il menù propone piatti della tradizione abruzzese, anche rivisitati.

INFO

www.castelloroccascalegna.com/

www.comune.pacentro.aq.it

COMPAGNA DI VIAGGIO: TOYOTA YARIS HYBRID

A prima vista si apprezzano le linee bombate della carrozzeria e i gruppi ottici che disegnano una Ypsilon. La calandra si estende per quasi tutta la larghezza del muso e ha un pregevole disegno in plastica. Internamente, si fa notare il cockpit con il misuratore di energia al posto del contagiri e lo schermo di bordo che segnala tutte le informazioni utili al guidatore.

Nonostante le dimensioni, Yaris ha una buona organizzazione degli spazi con numerosi vani porta oggetti nella parte anteriore. Il bagagliaio ha una capacità di 268 litri, non di certo uno spazio ampissimo, ma permette di stivare il necessario per trascorrere un weekend fuori città. Ma se viaggiate solamente in due e avete bisogno di più spazio, basterà abbattere il divanetto posteriore per arrivare fino a 950 litri.

Sono due i motori che spingono la nostra piccola compagna di viaggio, uno termico e uno elettrico, quest’ultimo permette soltanto un paio di chilometri di autonomia ma vi assiste sempre nelle partenze, permettendovi di scattare istantaneamente ai semafori. Il motore a benzina è un 1.5 4 cilindri da 73 Cv, mentre quello elettrico porta 61 CV per una potenza di 101 CV complessivi e una coppia di 111 Nm. I consumi sono moderati e in città si riescono a percorrere 18 chilometri con un litro, mentre diventano 20 in autostrada.

Yaris è una vettura che predilige il comfort e il rispetto dell’ambiente alle prestazioni, ma nonostante ciò, risulta molto piacevole e rilassante da guidare. In particolare, i sedili sono molto comodi, anche durante le lunghe percorrenze. Molto utile nell’uso cittadino è sicuramente la telecamera posteriore per aiutarvi nelle manovre. Mentre, tra i sistemi di sicurezza troviamo l’assistente di corsia e il sistema di anticollisione, molto utili durante le gite fuori porta percorrendo i tratti autostradali.

Nei prossimi mesi arriverà nelle concessionarie anche la nuova versione di Toyota Yaris, caratterizzata da un look più sportivo e dalle ultime innovazioni sotto l’aspetto tecnologico, come l’head up display a colori. Inoltre, è prevista una versione tutta nuova del sistema ibrido che aumenterà del 15% la potenza complessiva del propulsore.

LA SCHEDA

Dimensioni: 3,950 mm, 1,700 mm, 1,510 mm

Bagagliaio: 286 litri

Alimentazioni: benzina/elettrico

Prezzo: da 15.520 euro




NELL’INCANTO DEL CILENTO, LO CHEF STELLATO MARCO RISPO SI RACCONTA

DI CESARE ZUCCA  –

Ristorante Le Trabe, una stella Michelin incastonata nel meraviglioso Cilento e guidata dal nostro top Chef di oggi: Marco Rispo. Scopriamo insieme il fiume Trabe, dove ci attende la Tenuta Capodifiume, a pochi passi dal sito archeologico di Paestum.Il Trabe alimentò i quattro mulini costruiti dagli operosi monaci benedettini, nel tardo Medioevo, per la macina dei grani coltivati. Agli inizi del Novecento vennero trasformati in una piccola ma funzionale centrale idroelettrica, capace di generare energia pulita. Le tracce del passato sono presenti all’interno del parco che custodisce i resti di un antico tempio dedicato a Persefone.Il ristorante conserva lo stile di un’ elegante casa di campagna e un suggestivo pavimento trasparente  con l’acqua che scorre sotto di voi.
Qui ho incontrato Marco Rispo per una breve intervista.

Dove passi un weekend libero?
A bordo della mia Mito 155 cavalli, mi spingo nella parte meridionale o nell’interno del Cilento dove trovo una bellissima natura e eccellenti tradizioni culinarie, sopratutto sulla costa.Hai viaggiato tanto?
Si, viaggiato e lavorato: Germania, Spagna, Italia.
Un viaggio che hai in mente?
Messico e Centro America, un itinerario gastronomico alla ricerca delle tradizioni e delle innovazioni.Dai viaggi porti qualcosa nel tuo menu?
Certo, i viaggi insegnano al palato quindi, tornato a casa, studio qualche modo di abbinare ciò che ho appreso al prodotto locale.
Sempre e mai nel tuo frigo di casa…
(ride) Sempre un buon Franciacorta, mai salumi e insaccati.
Il tuo primo ricordo in cucina?
Avevo 12 anni, ero stato preso come lavapiatti in un’azienda che serviva banchetti e comunioni.
Un inizio poco brillante…mi sono ammalato il primo giorno di lavoro, febbre a 40 e me ne sono tornato a casa.
Quando è nata la scintilla di fare lo chef?
Più che scintilla direi la necessità: venivo da Napoli, grande disoccupazione giovanile. una delle soluzioni più naturali era appunto quella di lavorare in cucina, una prospettiva naturale.
Se non fosssi diventato chef?
Da sempre ho avuto passione per l’architettura e l’arte. Chissà, forse sarei diventato un designer.
C’è qualche ‘tendenza design’ nei tuoi piatti?  
Mi piace una presentazione essenziale e pulita, anche se non convenzionale, forse nei miei piatti  c’è un qualcosa di post moderno.La parola chiave del tuo percorso?
Essere apprezzato. Ho lavorato sodo e in tanti luoghi, al Don Alfonso con Alfonso Iaccarino, allo Zaranda con Fernando Arellano, in Spagna con Fernando Pérez Arellano e poi gli ultimi tre anni accanto a Marco Sacco al Piccolo Lago di Verbania e tanta gavetta. Ho sempre desiderato di poter ritornare nella mia Campania entrando dalla porta principale e sentirmi appagato e soddisfatto. Penso di appartenere a una categoria di persone che assomigliano a certe macchine che non si arrestano mai. Devo dire che sono contento di quello ho fatto finora, ma non mi fermo qui.

La tua ricetta?
“Scarola attaccata”, una ricetta di poche righe, un piatto facile dai sapori sani e veraci.

SCAROLA ATTACCATAIngredienti
Scarola liscia n°2 grandi
Soluzione 3l
Salsa mou
Capperi
Soluzione:
Portare a bollore
500g di vino bianco
2 lt di acqua
300g di olio
65g sale
5 spicchi d’aglio
5 coste sedano.
Scarola:
Cuocere in metà soluzione per 17min precedentemente legata con dello spago da cucina. Raffreddare nell’altra metà di soluzione.
Salsa mou:
Sciogliere 50g di zucchero ed aggiungere 100g di panna, 200g di crema di scarola e n°30 capperi.

INFO
La Tenuta Capodifiume è un’oasi naturale di 10 ettari attraversata dal fiume Trabe. Si trova ai piedi del monte Calpazio, all’ombra dei santuari del Getsemani e della Madonna del Granato.

Come arrivare
Da Napoli lasciare la Salerno Reggio a Battipaglia e proseguire in direzione Paestum-Agropoli. Lungo la variante, poco prima di Vannulo, c’è l’incrocio di Capaccio Scalo, uscite e prendete la direzione Roccadaspide, proseguite tre chilometri e a destra trovate l’indicazione Capodifiume. Sulla destra, dopo la prima curva, c’è la tenuta.

Le Trabe Tenuta Capodifiume
Via Capo di Fiume, 4
Capaccio, Salerno

Cesare Zucca
Travel, Food, Lifestyle
Milanese di nascita, vive tra New York, Milano e il resto del mondo. Viaggia su e giù per l’America e si concede evasioni in Italia e in Europa.
Per WEEKEND PREMIUM fotografa e racconta città, culture, stili di vita e scopre delizie gastronomiche sia tradizionali che innovative. Incontra e intervista top chefs di tutto il mondo, ‘ruba’ le loro ricette e riporta il tutto qui, in stile ‘turista non turista’.




Da Fontanellato a Langhirano (PR), tra rocche e antichi sapori con la nuova Opel Corsa

È iniziato l’anno di Parma Capitale della Cultura Europea e questa settimana abbiamo scelto proprio un itinerario nella provincia parmense, culla di arte, storia e sapori tra i più rinomati. Qui nascono prelibatezze come il Prosciutto di Parma, il Culatello di Zibello, la Coppa, il Parmigiano Reggiano e i Vini dei Colli.

La compagna di viaggio di questo tour dalla bassa alla collina parmense sarà la nuova Opel Corsa, un’utilitaria dalle forme aggraziate e dalle dimensioni contenute, tecnologica ed essenziale solo come una tedesca può essere. È una citycar ideale per muoversi nel traffico cittadino e affrontare la quotidianità con stile, ma è anche una vettura che piace molto al pubblico femminile e ai giovani e che con la versione elettrificata riduce sensibilmente i costi di manutenzione, oltre che le emissioni.

Fontanellato e la sua splendida rocca

Percorriamo la A1 e usciamo a Parma Ovest. Raggiunto il capoluogo, ci immettiamo prima sulla via Emilia e poi sulla SP 11 in direzione di Fontanellato. La nostra Nuova Opel Corsa ci consente di viaggiare in sicurezza anche in autostrada grazie al Lane keep assist che permette il mantenimento della corsia.

Arriviamo quindi a Fontanellato, splendido borgo della Bassa parmense situato tra i fiumi Taro e Stirone, che si fregia dei titoli di “Bandiera Arancione” del Touring, “Citta Slow” e “Città di Arte e cultura”. Lasciamo la nostra nuova Opel Corsa e cominciamo la nostra visita da piazza Matteotti, dominata dalla massiccia Rocca San Vitale, costruita nel XIV secolo.

La fortezza è circondata da un ampio fossato ancora oggi pieno d’acqua, che ci fa immaginare come doveva essere ai tempi in cui era la dimora dei Conti Sanvitale, che hanno abitato la fortezza per sei secoli. Venduta dalla famiglia al Comune nel 1948, oggi è sede municipale e dell’associazione Castelli del Ducato di Parma e Piacenza (www.castellidelducato.it)

Particolare della camera picta

Entriamo per la nostra visita e rimaniamo subito affascinati dalla Camera picta, uno dei capolavori del manierismo, affrescata dal Parmigianino nel 1524 con scene del mito di Diana e Atteone. La sala era lo studio privato di Paola Gonzaga, che qui si ritirava in solitudine e preghiera per piangere il figlio morto prematuramente.

Il nostro tour della rocca prosegue nell’ ’appartamento nobile dei Sanvitale. Visitiamo poi la Sala delle Armi, la Galleria degli Antenati, la Sala dei Ricevimenti e la Camera Nuziale. Nella Sala dello Stendardo si trova lo Stendardo della Beata Vergine di Fontanellato, risalente al periodo tra il 1654 e il 1656. Le sue imponenti dimensioni (5 m di lunghezza e 4 di altezza) fanno pensare al suo utilizzo come bandiera di una nave capitanata da un membro della nobile famiglia Sanvitale.

Splendida anche la Camera Ottica, l’unica ancora funzionante in tutta Italia, con il suo complesso sistema di specchi che riflette su uno schermo l’immagine della piazza. Infine, la Sala del Teatrino, era una stanza dedicata ai giochi dei figli della duchessa Maria Luigia d’Austria.

Il Labirinto più grande del mondo

Saliamo di nuovo sulla nostra Opel Corsa e ci immettiamo su Strada Masone. Dopo circa 4 km arriviamo al Labirinto della Masone, il più grande del mondo, ospitato in un grande parco. La sua pianta a stella copre infatti quasi 7 ettari di terreno.

Al suo interno, sono ricavati spazi culturali per più di 5000 mq, dove sono conservate circa 500 opere databili tra il Cinquecento e il Novecento, della collezione del celebre editore Franco Maria Ricci. Qui si trova anche la sua preziosa biblioteca che conserva opere grafiche e tipografiche, tra cui alcune di Giambattista Bodoni e l’intera produzione di Alberto Tallone.

Assaggiando la Bassa Parmense

Non possiamo ripartire senza aver assaggiato i pregiati prodotti tipici della Bassa parmense, tra cui il Culatello di Zibello, la Spalla Cotta, la Culaccia di Fontanellato e il celebre Prosciutto Crudo di Parma. Qui si produce, poi, anche il Parmigiano Reggiano, da assaggiare in uno dei tanti caseifici che offrono visite guidate con degustazione.

Il fascino romantico di Torrechiara

La seconda giornata del nostro tour ci vede percorrere la SP665 e raggiungere la collina. Stiamo guidando verso Torrechiara, uno dei borghi più romantici d’Italia, scelto come set per il celebre film Lady Hawke, con Michelle Pfeiffer, nel 1985.

Mentre la strada sale, ammiriamo gli splendidi panorami della collina, sulla quale domina la sagoma imponente della fortezza, fatta costruire tra il 1448 e il 1460 da Pier Maria II Rossi per l’amata Bianca Pellegrini. Già l’origine è romantica, ma la sensazione di stare per entrare in una fiaba si ha ancora di più mentre si sale a piedi la strada in salita che porta alla cerchia di mura fortificate, delimitate da quattro torrioni.

Una lunga entrata coperta ci porta al Cortile d’Onore, dove si trova una piccola chiesa dedicata a San Nicomede e sul cui portone si trovano i monogrammi dei due amanti, Bianca e Pier Maria.

Entriamo nel castello e visitiamo la cucina, la Stanza di Giove, il Pergolato, la Stanza della Vittoria, degli Angeli e del Velario con gli affreschi di Cesare Baglione. Saliamo al primo piano dove spicca la Sala degli Acrobati, con decorazioni di artisti della scuola del Baglione e del Paganino ma, soprattutto, la superba Camera d’Oro, che prende il nome dalle foglie d’oro che un tempo rivestivano le formelle alle pareti.

Qui si rimane a bocca aperta osservando gli affreschi di Benedetto Bembo che raffigurano scene di amore cavalleresco, simbolo dell’amore di Bianca e Pier Maria Rossi, tra le quali si intravedono frasi di amore eterno in lingua latina.

Una volta lasciata la fortezza e rivolto un pensiero a Bianca e a Pier Maria, continuiamo la passeggiata sulla riva del torrente Parma, dove si trova la Badia Benedettina di Santa Maria della Neve, voluta anch’essa da Pier Maria Rossi per il figlio naturale Ugolino, già abate a Parma.

Costruita nel 1471 su una struttura preesistente, è ancora oggi dimora dei monaci che accolgono il visitatore volentieri. Il complesso comprende anche una chiesa romanica e un bel chiostro rinascimentale. Sotto al porticato del chiostro si può vedere un’antica campana con una dedica di Pier Maria Rossi.

Affacciatevi al meraviglioso Belvedere con la ringhiera in ferro battuto per ammirare un panorama mozzafiato sul torrente Parma e sulla vallata. Spostando di poco la vista, si possono vedere i vigneti e gli orti curati dai frati. Nella badia si può anche mangiare e pernottare. Non mancate una visita al punto vendita di prodotti erboristici e cosmetici realizzati dai monaci.

Langhirano e il Museo del Prosciutto

Riprendiamo la SP665 e da Torrechiara arriviamo in circa un quarto d’ora a Langhirano, che si può considerare la culla del Prosciutto di Parma. In quest’area tra le valli dell’Enza e dello Stirone, infatti, fin dall’epoca dei Celti e poi nel Medioevo si è sviluppato l’allevamento dei suini, favorito dalla presenza dei boschi di ghiande, di cui gli animali si alimentavano allo stato brado.

Siamo qui per visitare il Museo del Prosciutto, ultima tappa del nostro itinerario. Il museo, che fa parte del network dei Musei del Cibo della Provincia di Parma, è stato ricavato nell’ex Foro Boario, splendido esempio di architettura industriale del primo Novecento restaurata.

Il percorso di visita si articola in otto sezioni. Si comincia con il conoscere la storia dell’agricoltura parmense per poi conoscere le diverse razze suine, la loro origine e diffusione, con particolare attenzione a quelle utilizzate per produrre il Prosciutto di Parma. Vi è poi una sezione dedicata al sale, indispensabile per la conservazione degli alimenti. È proprio grazie alla presenza di pozzi di acqua salina che si sviluppò l’arte della salumeria. Si possono vedere Sali provenienti da tutto il mondo e un filmato sull’estrazione del sale dai pozzi di Salsomaggiore.

La quarta sezione è dedicata all’arte della norcineria con documenti storici e oggetti per la lavorazione della carne. Nelle altre sezioni si trovano invece testimonianze storiche della produzione degli altri celebri salumi del territorio parmense, approfondimenti sull’impiego del prosciutto in cucina e l’attività del Consorzio del Prosciutto di Parma, che garantisce e tutela la qualità del prodotto in tutto il mondo.

Al termine della visita, si può effettuare una golosa degustazione presso la Prosciutteria del Museo e fare acquisti presso il negozio dei prodotti d’eccellenza del territorio. A fianco del museo, poi il ristorante offre un menù degustazione alla carta a base di prodotti tipici.

INFO: https://prosciuttodiparma.museidelcibo.it/),

COME ARRIVARE

In auto: A1 Milano-Bologna, uscita Parma Ovest da Bologna o Fidenza da Milano. Seguire indicazioni per Fontanellato. A15 della Cisa da La Spezia con uscita Parma Ovest. Fontanellato dista circa 8 km. Da Parma, SS9 (via Emilia) e poi SP11 per Fontanellato. Da qui l’itinerario prosegue sulla SP 665 fino a Torrechiara e sempre sulla SP665 si arriva poi a Langhirano (circa 10 km).

DOVE MANGIARE

*Ristorante 12 Monaci, via Roma 1, Fontevivo (PR), tel 0521/610010, www.12monaci.it . Il menù propone elaborazioni originali della cucina parmense, nate dall’estro dello chef Andrea Nizzi e preparati con ingredienti freschi e selezionati. Non mancano salumi tipici come il pregiato Culatello di Zibello e il Prosciutto di Parma, Parmigiano reggiano e paste fresche, secondi di carne e dolci al cucchiaio.

*Taverna del Castello, via del Castello 25, Torrechiara (PR), tel 0521/355015, www.tavernadelcastello.it All’interno del borgo medievale, è ricavato in un locale del 1400. Il menù propone prodotti tipici parmigiani, con salumi e vini locali, e un menù stagionale. Anche pesce. Prezzo medio a persona € 25-35.

*Osteria Dolce Sale, via Cascinapiano 15, Langhirano (PR); tel 0521/522042, http://dolcesale.mystrikingly.com/#1 . Locale che fonde la filosofia del cocktail bar con i sapori della cucina tipica parmense. Prezzo medio a persona € 25.

DOVE DORMIRE

*Albergo Tre Pozzi****, via Emilia 129, Fontanellato, tel 0521/825347, www.albergotrepozzi.it Nella zona di produzione del Culatello di Zibello e vicino ai luoghi verdiani, dispone di 36 camere finemente arredate e ristorante con menù tipico.

*Hotel Ristorante Ai Tigli***, via Parma 44, loc. Pilastro di Langhirano (PR), tel 0521/639006, www.hotelaitigli.it . Vicino al Castello di Torrechiara, dispone di stanze e junior suite dotate di ogni comfort. A disposizione ristorante tipico, parco privato e piscina. Doppia con colazione da € 70.

*Agriturismo Cardinali, via Acquedotto 5, Loc. Vidiana, Langhirano (PR), tel 0521/863571, www.agricolacardinali.it . Sulle colline parmensi, vicino al castello di Torrechiara, dispone di 7 camere con servizi. A disposizione ristorante con menù tipico e possibilità di acquistare direttamente i prodotti dell’azienda. Doppia con colazione da € 70.

INFO

www.fontanellato.org

www.portaletorrechiara.net

COMPAGNA DI VIAGGIO: NUOVA OPEL CORSA

Pur conservando le misure da utilitaria, nuova Opel Corsa accresce leggermente nelle dimensioni e nella sua capacità di carico del baule. La vettura è lunga 406 cm e permette di stivare 309 litri nel bagagliaio. Il design di Opel Corsa è molto dinamico, con una linea del tetto che rimanda allo stile di una coupé. Salendo a bordo, invece, colpisce da subito il profondo rinnovamento tecnologico e a livello di dotazioni, uno tra tutti il tappetino di ricarica wireless.

Per l’impiego cittadino consigliamo il 1.2 benzina 75 cv che stiamo provando, che risulta essere scattante il giusto e dai consumi limitati. Ma del resto, tutti i motori in dotazione risultano avere dei consumi pacati. Ma se proprio volete azzerarli, basterà attendere un paio di mesi, fino a quando arriverà finalmente Corsa-e, che con una potenza di 100 kW (136 CV) permetterà di avere una coppia istantanea massima di 260 Nm per scattare rapidamente a tutti i semafori, con uno 0 a 50 km/h in soli 2,8 secondi. L’autonomia è di 330 km, non molti, ma del resto sono perfettamente sufficienti se girate principalmente in città.

La vettura ha un peso contenuto, che parte da 980 kg, i quali rendono la vettura molto reattiva sia in fase di accelerazione che di frenata e risultando molto agile nello stretto e nelle curve. Per quanto riguarda i sistemi di sicurezza, troviamo il riconoscimento dei cartelli stradali, cruise control adattivo e sistema di protezione della fiancata. Il sistema di allerta dell’angolo cieco, insieme a quelli di assistenza al parcheggio, come la telecamera posteriore a 180 gradi, permettono di parcheggiarla praticamente ovunque, senza alcuna difficoltà.

Ma Opel Corsa è una buona compagna di viaggio anche fuori città e vi permette di viaggiare in sicurezza anche in autostrada, grazie al Lane keep assist che permette il mantenimento della corsia. L’auto tedesca è progettata per garantire anche la sicurezza degli altri, i suoi fari anteriori adattivi IntelliLux LED matrix, infatti, non abbagliano le vetture che ci vengono incontro.

La vettura ha una forte vocazione alla tecnologia e permette al guidatore e i passeggeri di essere sempre connessi e godere del migliore intrattenimento grazie al sistema di infotainment con schermo da 7 o 10 pollici. Opel Connect, poi, rende disponibile anche i servizi telematici.

LA SCHEDA

Dimensioni: 4.060 mm l x 1.770 mm x 1.430 mm

Motore: benzina 1.2 da 75 CV

Cambio: manuale

Consumi: 17,2 km/l

Prezzo: a partire da 15.550




LUCA MARCHINI, QUANDO L’ERBA DEL RE DIVENTA’POMPOSA’…

TESTO E FOTO DI CESARE ZUCCA  –

Modena: un ristorante stellato e un tributo alla tradizione.
L’Erba del Re
e la Trattoria Pomposa al Re Gras, ecco i gioielli di Luca Marchini, che in un’intervista schietta e sorridente (proprio come lui) si racconta e ci regala una sorprendente ricetta, il tutto all’ombra della maestosa Abbazia della Pomposa.

Diversi in spirito e target, i due ristoranti di Marchini sono praticamenti attaccati uno all’altro, come pure l’attigua Scuola di Cucina Amaltea che offre Corsi Amatoriali e Corsi Team Building, logistica che permette di attuare tante sinergie ed economie, dal personale al magazzino, alla cantina, all’importante presenza dello Chef.

Ottima soluzione per ridurre i costi e quindi mantenere i prezzi contenuti.
Il menu dell’ Erba del Re, stella Michelin, vibra di un rispettoso approccio al passato e di un’equilibrata visione del presente.

L’ arredamento è curato con gusto e attenzione. Molta arte, sculture e quadri importanti ma discreti fanno sì che il cliente trovi un’atmosfera accogliente e familiare.

Accanto all’Erba del Re, Luca ha voluto rendere omaggio alle eccellenze della cucina modenese e ha aperto la Trattoria Pomposa al Re Gras, un’accessibile (sopratutto nei prezzi) locanda dall’arredamento che ricorda i locali di un tempo. a cominciare dagli utensili di cucina appesi sui muri.

Nel menu ritoviamo alcuni piatti poveri della cucina contadina come la paneda, densa zuppa di pane, cibi storici come il friggione, una sostanziosa salsa a base di peperoni la cui ricetta originale viene addirittura conservata presso la Camera di Commercio di Bologna. Non mancano i calzagatti  di polenta e fagioli, un’antica, e quasi scomparsa, specialità deile nonne modenesi.

  E naturalmente i piatti della tradizione, come il bollito misto con la classica salsa verde e giardiniera, gli immancabili tortellini in brodo di gallina e i ravioli verdi con crescenza, burro, menta e un’abbondante pioggia di parmigiano reggiano.

Come ama passare un weekend libero?
Con un tuffo nell’arte. Prendo la famiglia e me la porto in un museo, può essere a Milano, Roma Firenze, Venezia oppure Londra, Parigi o Berlino.
Arte che traduce nei suoi piatti?
Amo l’arte anche se non mi sento in obbligo di doverla tradurre nei miei piatti. E’ semplicemente un approccio culturale, una forma mentis.


Il viaggio preferito?
Forse l’itinerario di questa estate: Madrid, Siviglia, Marrakech, destinazioni diverse ma con approcci culturale interessanti, proiettati verso una cultura mediterranea.
Un viaggio che vorrebbe fare?
In Kazakistan perché ritengo possa riservare sorprese, bellezza e una cultura da cui trarre spunti interessanti e ispirazione.


Lei guida?
Tantissimo, ho una Discovery Land Rover,  ideale per la mia famiglia numerosa, mia moglie Antonella e i miei figl,  Emanuele Chiara e Niccolò, il più piccolo nonchè… (sorride) la peste di casa
Qualcuno dei familiari è coinvolto nei suoi ristoranti?
Mia moglie Antonella gestisce i rapporti esterni, le risorse umane, controlla che il gruppo sia lineare e trova anche il tempo di  accompagnare per le campagne modenesi un cliente che magari la sera prima ha assaggiato un meraviglioso risotto al parmigiano reggiano e il giorno dopo esprime il desiderio di visitare un casello dove lo si produce. Ci tengo a sottolineare che questo è importante non solo per l’Erba del Re ma soprattutto per il mio territorio.

Il suo primo ricordo in cucina ?
Non cucinavo io, ma ero immancabilmente presente quando nonno Mario preparava la panzanella. Non era un cuoco professionista ma era abilissimo: pane raffermo bagnato e strizzato, pomodori. cetrioli, cipolla e aceto di vino bianco. Un piatto che potrei mangiare per un mese di seguito, senza mai stancarmi.


il primo piatto che si ricorda di aver cucinato?
Ricordo benissimo, avevo circa 13 anni quando ho chiesto a mia madre la ricetta delle verdure gratinate e mi sono industriato a cucinarle da solo. Risultato? Non male per un principiante…
Qualche ‘ricordo’ nel menù dell’Erba del Re?
MI è piaciuto giocare con un ricordo della mortadella, ma che, in realtà è una purea di fragole, gelatina vegetale e gocce di panna che nascondono un altro ricordo: il pane tostato con burro e zucchero che si mangiava da bambini per merenda.

Un piatto che vale un viaggio?
A Parigi, il foie gras di Jean-Louis Nomicos con cui ho avuto il piacere di lavorare nel suo ristorante, che prima si chiamava Les Tablettes e ora porta il suo nome.
Eros e cibo è una combinazione collaudata, Il suo piatto afrodisiaco?
Un piatto collegato una buona bollicina e poi penso che vinca non tanto il piatto, bensì il contesto di una serata meravigliosa con una persona a cui si vuole bene.

La tua ricetta?
I tortellini bugiardi, un piatto dal buon equilibrio gustativo tra rotondità, sapidità e punte acide.
Perchè bugiardi?
Perchè sono senza ripieno, Una tradizione antica, perché spesso i contadini non avevano la possibilità economica di riempirli di carne. La forma è quella del tortellino, ma il ripieno non c’è.

“TORTELLINO BUGIARDO”, COZZE, EMULSIONE ALLA BISQUE E PANNA ACIDA
Ingredienti per 4 persone: 2 uova, 200 gr di farina 00; ½ kg di cozze, 50 gr di panna fresca, succo di limone, 50 cl brodo di crostacei ristretto (bisque), 300 gr di olio di semi, sale, olio evo, brodo vegetale, germogli, polvere di caffè e cacao
Per i tortellini bugiardi: impastare lungamente le uova con la farina, far riposare e tirare la pastella meglio con il mattarello, deve risultare sottile ed omogenea. Tagliare dei quadrati da 3×3 cm e chiuderli come se fossero dei tortellini, ma privi di ripieno (bugiardi). Lasciarli essiccare per 15 minuti e congelarli. Cuocerli in acqua salata per un minuto per poi brasarli in brodo vegetale, acqua di cottura delle cozze, olio evo.
Per le cozze: rosolare per pochi secondi le cozze con olio in una padella. Appena si aprono toglierle via una ad una al momento dell’apertura stessa. Sgusciarle, mettere da parte l’acqua che si crea per i tortellini, tenerle al caldo.
Per l’emulsione alla bisque: inserire in un contenitore cilindrico piccolo il fondo di crostacei ristretto. Unire un po’ di succo di limone, poco sale e iniziare a fare una maionese mettendo a filo l’olio di semi.
Per la panna acida: unire panna e succo di limone. Iniziare a mescolare lentamente con i rebbi di una forchetta la panna. Lasciare riposare in frigorifero.
Per la polvere di caffè e cacao: unire la polvere di caffè e cacao in parti uguali, unire alcune gocce di olio evo, salare.
Procedimento: mettere alla base l’emulsione alla bisque. Adagiare sopra i tortellini bugiardi e poi in sequenza cozze, panna acida, polvere di caffè e cacao

INFO
L’Erba del Re
Trattoria Pomposa al Re Gras
Scuola di Cucina Amaltea




Trequanda (SI), tra mura antiche, vigneti e sapori toscani con la Peugeot e-208

Inserito tra i borghi Bandiera Arancione” del Touring e nel circuito delle Città dell’Olio”, Trequanda è la meta del nostro weekend con gusto insieme alla nostra compagna di viaggio, la Peugeot e-208, nuova versione 100% elettrica della citycar del Leone. Si tratta di una vettura ideale per l’utilizzo urbano, dal design molto accattivante che permette di muoversi a zero emissioni e nel pieno comfort.

Lasciamo l’auto nel parcheggio e ci incamminiamo a piedi per assaporare passo dopo passo, pietra dopo pietra, questi muri antichi, che trasudano storia e ancora hanno tanto da raccontare.

Trequanda, nel cuore del borgo

Accediamo al centro storico oltrepassando Porta del Sole e arriviamo al cospetto dello splendido Castello Cacciaconti, che spicca per la sua torre in pietra bianca adornata da merlature.

All’interno, custodisce un elegante giardino all’italiana e una bella corte spaziosa. Fa parte del complesso anche la Chiesa della Compagnia dell’Immacolata Concezione.

Oltrepassiamo il torrione del castello e ci troviamo in Piazza Garibaldi, cuore del borgo, sulla quale si affaccia la chiesa dei Santi Pietro e Andrea, in stile romanico. Risale al Duecento e spicca per la sua facciata a scacchi di pietra bianchi e neri. Al suo interno, custodisce le spoglie della beata Bonizzella Cacciaconti, racchiuse in un’urna decorata magistralmente da artisti senesi cinquecenteschi.

Altri tesori che meritano una menzione sono il polittico di Giovanni di Paolo, sull’altare maggiore, una Trasfigurazione del Sodoma e un rilievo in terracotta della Madonna e il Bambino attribuita ad Andrea Sansovino.

Passeggiamo ancora, assaporando le atmosfere e gli scorci offerti dalle viuzze di pietra del borgo medievale e dai panorami che si intravedono dalle porte del Sole e del Leccio. Poco fuori le mura facciamo una sosta alla chiesa della Madonna del Sodo, quattrocentesca, e ammiriamo il suo presbiterio affrescato con un’immagine della Madonna con Bambino.

Poco lontano dal centro si trova la singolare Torre del Molino a Vento, la cui costruzione risale alla fine del Settecento. La sua particolarità è che si tratta di un’antica colombaia e al suo interno possono ancora vedersi gli oltre cinquecento nidi di terracotta disposti a scacchiera che un tempo accoglievano i colombi.

Verso Castelmuzio

Riprendiamo la nostra Peugeot e-208 e ci dirigiamo verso la frazione di Castelmuzio, altro gioiello medievale, il cui nucleo è di origine etrusca, che sorge sul crinale di un colle di tufo, su cui veglia il Monte Lecceto, mentre, ai suoi piedi, si estende la verde vallata della Trove.

Il nucleo medievale è costituito da un castello cinto da mura e bastioni, mentre il borgo è attraversato da un’unica strada, lungo la quale si affacciano suggestive case in pietra, che al tramonto assumono un caldo color miele.

Salendo verso il borgo, prima della porta di accesso, ci soffermiamo davanti al Monumento ai Caduti, di cui fa parte una pietra su cui si dice era solito riposare San Bernardino da Siena.

Arriviamo poi alla piazza centrale, dove si concentrano i monumenti più interessanti. Tra questi c’è Palazzo Fratini, ricavato in una torre, e l’antico Spedale di San Giovanni Battista, che un tempo ospitava orfani, ragazze senza dote e orfani.

Sulla piazza si affaccia anche la sede della Confraternita della SS Trinità e di San Bernardino, un complesso che include anche una farmacia e un ospizio che ospitava i pellegrini che percorrevano l’antica via Francigena, risalente al 1450. Qui si trova un bel Museo di Arte Sacra, dove si trovano reperti di età etrusca e capolavori d’arte della scuola di Duccio da Boninsegna e di quella del Beccafumi.

Uscendo dal paese, sulla strada che porta a Montisi, si trova invece la Pieve di Santo Stefano in Cennano, paleocristiana, costruita su un antico tempio romano.

Petroio e le sue terrecotte

Percorriamo poi la splendida strada panoramica che da Castelmuzio porta a Petroio, che offre una splendida vista su boschi, vigne, campi coltivati e cipressi. In lontananza, si scorgono Montalcino, Pienza e la sagoma del monte Amiata.

Il borgo, di origine etrusca, come suggerisce il nome, è costruito in pietra arenaria che sembra fondersi a spirale con il colle su cui sorge. Ci si arriva percorrendo un’antica strada a spirale, che si inerpica tra vecchie mura, case di pietra, palazzi, chiesette e scale che arrivano fino al punto più alto, rappresentato dall’antica torre medievale.

Salta subito agli occhi la caratteristica del borgo: l’uso decorativo dei suoi originali e preziosi manufatti di terracotta, che vengono prodotti ancora oggi dai suoi abili artigiani. Balconi, comignoli, architravi, grondaie recano tutti figure di animali, vasi, fiori, pigne, orci e richiami alla vita agreste.

L’arte della terracotta, la sua storia e la sua evoluzione, tra sapienza antica e innovazione, si può conoscere visitando il Museo della Terracotta di Petroio, che fa parte del Sistema dei Musei Senesi ed è ospitato presso il Palazzo Pretorio. Proprio l’arte della terracotta, infatti, fa parte della storia del borgo e per secoli ha costituito la principale fonte economica di tutto il paese.

Poco dopo il museo e la fabbrica di terrecotte, incontriamo la chiesa romanica di San Giorgio, che conserva preziose tele del XVII e del XVII secolo.

Tra i monumenti di sicuro interesse, invece, lungo la strada che conduce al centro del borgo, sulla sinistra, ci fermiamo nella piccola Chiesa di Sant’Andrea, sede dell’Antico Spedale. Sulla porta di accesso spicca una croce scolpita dai Templari.

Atmosfere medievali e delizie toscane

Inserite nel circuito delle Città dell’Olio, Trequanda e le sue frazioni si vantano del loro prezioso e unico olio extravergine di oliva, orgoglio della cucina locale, che accompagna i deliziosi piatti della cucina toscana e senese.

Sono piatti dal sapore antico, come il pane senza sale, i pici senesi, da gustare nelle diverse varianti, tra cui con ragù di chianina, cacio e pepe, alle briciole o all’aglione. E poi, ancora, da non perdere, il pecorino da gustare fresco o stagionato, accompagnato con miele, marmellate e mostarde, e il panunto, la tipica bruschetta, ottima con l’olio locale.

E poi gli i salumi di cinta senese, la cacciagione e la carne chianina, da gustare in tutte le stagioni. Il tutto accompagnato dai deliziosi vini, sui quali spicca il Sangiovese che nasce dalle uve nate nei filari delle colline della Val di Chiana.

Per una degustazione dei prodotti tipici della Val di Chiana, potete fare una sosta alla Bottega di Trequanda Valdichiana Eating, in via Taverne, (www.valdichianaeating.it)

COME ARRIVARE

: prendere l’A1 Autostrada del Sole e uscire a Val di Chiana. Imboccare poi la superstrada Perugia-Siena e uscire a Sinalunga. Seguire le indicazioni per Torrita di Siena, poi per Chianciano Terme. All’incrocio con Rigaiolo si trovano le indicazioni per Trequanda.

DOVE DORMIRE

*La Casa dei Fiordalisi, via IV novembre 37, Trequanda (SI), www.ifiordalisi.com. Piccolo borgo antico da sogno che include un corpo centrale e due più piccoli, in grado di ospitare 12 persone tra camere e suites, in un’atmosfera senza tempo.

, Corso Matteotti 4, Trequanda (SI), tel 346/5210115, www.azienda-trequanda.it/ . In un antico palazzo del centro storico, dispone di 19 appartamenti arredati in maniera semplice e funzionale, da 2 a 5 posti letto. Inclusi cucina, TV, wi fi gratuito e biancheria.

DOVE MANGIARE

via Taverne 40, Trequanda (SI), tel 0577/662079, www.contematto.it Locale che offre un menù di piatti tipici toscani e proposte della cucina rinascimentale rivisitate. Il tutto accompagnato dallo squisito olio biolgico dop delle colline di Trequanda e da vini locali. Anche camere.

, Piazza Garibaldi 23, Trequanda (SI), tel 0577/662054, www.facebook.com/CirieraOsteriaCaffe/ Ristorante con menù vegan, ma con sapori in grado di soddisfare tutti i palati.

INFO

www.trequandaproloco.it/

www.comune.trequanda.si.it

COMPAGNA DI VIAGGIO: Peugeot e-208

 Le sue dimensioni permettono una maneggevolezza ottimale nel traffico e la coppia istantanea del motore elettrico permette un buono scatto. La vettura nasce sulla piattaforma modulare di ultima generazione eCMP (Common Modular Platform), definita multienergia, in quanto permette di scegliere la tipologia di alimentazione, sia essa benzina o diesel o interamente elettrica.

Ma a sorprendere di più sono gli interni con una forte vocazione tecnologica, piacevoli e moderni al primo sguardo. Troviamo ovviamente il modernissimo i-cockpit 3d, ubicato dove di solito troviamo il quadro strumenti. Abbiamo a disposizione anche un altro schermo in mezzo alla plancia che ci fornisce informazioni e aggiornamenti sulla batteria e sull’utilizzo dell’energia.

della nuova Peugeot e-208 ci si sente immediatamente a proprio agio. Grazie alla copia istantanea fornitaci dal propulsore elettrico la vettura è molto piacevole da guidare, soprattutto in città, dove si può scattare rapidamente ai semafori. Anche fuori città la guida dinamica di e-208 si può apprezzare grazie al suo baricentro basso e alla risposta rapida delle batterie che permettono di gestire al meglio l’entrata e l’uscita in curva. Lo sterzo, inoltre, risulta molto diretto e morbido. Il bagagliaio ha una capacità di 311 litri.

Il motore elettrico sviluppa una potenza di 100 kW, ovvero 136 CV e una coppia di 260 Nm, disponibili istantaneamente, che rendono la vettura molto scattante e piacevole da guidare. Le batterie che alimentano il propulsore sono al litio e hanno una capacità di 50 kWh, in grado di garantire un’autonomia complessiva di 340 km in WLTP. La ricarica è molto rapida grazie a un innovativo sistema di regolazione termica che garantisce allo stesso tempo una vita più lunga della batteria: si parla, infatti, di 8 anni e 160.000 km.

Tre sono le modalità di guida disponibili su e-208: Eco, Normale e Sport. Quest’ultima si focalizza sulle prestazioni e sul piacere di guida e garantisce una accelerazione da 0 a 100 km/h in soli 8 secondi. La leva del cambio permette anche la selezione di due differenti modalità di frenata che fungono anche da rigenerazione della batteria.

Nei mesi più freddi come gennaio, Peugeot e-208 vi viene incontro con un sistema di riscaldamento ad alta potenza, alimentato dalla batteria ad alto voltaggio che permette di scaldare la vettura molto velocemente anche in modalità programmata. In questo modo potrete azionarle questo sistema qualche minuto prima di mettervi al volante per andare a lavorare la mattina e godervi a pieno il comfort che questa city car è in grado di fornire.

LA SCHEDA

4.060 mm l x 1.750 mm x 1.430 mm

: 100 kW (136 CV)

260 Nm

: 340 km

: 0-10 km/h 8,1 secondi

da 33.400 euro a 38.200 euro

 




VALENCIA: BERND KNOLLER, IL SUO RISTORANTE STELLATO E LA SUA INSALATA “ANTI PIOGGIA”

Una coloratissima e sana insalata, piatto ideale per sopravvivere alle abbuffate natalizie e per sentirsi già in estate, anche se fuori piove…
“ALIOLI” CON VERDURE

Per l “alioli”:
1 patata cotta con buccia, ancora calda
1 tenda d’aglio,
2 tuorli d’uovo
200 ml di olio extra vergine di oliva di ottima qualità
Sale marino non raffinato
Verdure
2 piccole carote
4 pomodori piccoli
8 tirabeques
4 pezzi di broccoli
4 pezzi di cavolfiore
4 ravanelli
Diversi fiori
Sale marino non raffinato
Le verdure vengono sbiancate in acqua salata e raffreddate con acqua salata con ghiaccio.
Viene preparato, con l’aiuto della patata pressata, i tuorli, un po ‘di purea d’aglio (occhio, non troppo), una maionese con olio extra vergine di oliva e, se necessario, con un po’ di acqua di cottura delle verdure
La maionese (alioli) viene messa sul piatto e le verdure, i fiori e le gemme vengono posate sopra.
INFO
RIFF
Conde De Altea, 18 Valencia, Spagna
Locale minimalista, intimo, luminoso. Grandi tendaggi d’argento separano, su richiesta, i pochi tavoli, il personale è cordiale, presente, mai invadente e sportivamente in scarpe da ginnastica.  La musica? Beh, credeteci o no, è proprio lo Chef che, nei momenti liberi, diventa DJ e suona musica rock, rigorosamente in vinile… Uno che ama il contatto con il cliente, esce spesso dalla cucina, intratteresi con il cliente, sentirne i gusti e definire insieme le ordinazioni.

A Valencia si può arrivare via terra, mare e aria. Il centro è collegato alle principali città spagnole ed europee. L’aeroporto di Valencia, situato a soli 8 chilometri da Valencia, offre voli regolari giornalieri per le destinazioni nazionali e internazionali più importanti. La città possiede due stazioni ferroviarie, la stazione del Norte, dove opera soprattutto il servizio ferroviario metropolitano (Cercanías), e la stazione Joaquín Sorolla dell’alta velocità, da cui partono gli AVE per Madrid, Cuenca, Siviglia e Cordova. Dalla stazione Joaquín Sorolla partono anche i treni Alvia ed Euromed di lunga percorrenza che uniscono Valencia a Barcellona e ad altre città.


Il Porto di Valencia è uno dei più importanti del Mediterraneo in quanto a traffico commerciale. Il porto collega Valencia via nave alle isole Baleari e all’Italia, ed è una meta sempre più richiesta dalle navi di crociera, che attraccano nel molo di Ponente per consentire ai passeggeri di visitare la città per qualche ora.  Per raggiungere Valencia in macchina, una moderna rete stradale la collega alle principali città spagnole. In particolare, la AP-7, che percorre da nord a sud tutta la costa levantina, unendo Valencia a Barcellona e Alicante, e la A-3, che attraversa il centro della penisola per raggiungere Madrid.

IINFO
Visit Valencia

Cesare Zucca
Milanese di nascita, vive tra New York, Milano e il resto del mondo. Viaggia su e giù per l’America e si concede evasioni in Italia e in Europa.
Per WEEKEND PREMIUM fotografa e racconta città, culture, stili di vita e scopre delizie gastronomiche sia tradizionali che innovative.
Incontra e intervista top chefs di tutto il mondo, ‘ruba’ le loro ricette e riporta il tutto qui, in stile ‘turista non turista’.




ALESSANDRO INGIULLA, IL NOSTRO PRIMO CHEF DEL 2020 E LA PRIMA (E UNICA) STELLA MICHELIN A CATANIA

TESTO E FOTO DI CESARE ZUCCA  –

Catania: mi trovo da Sàpìo, primo e unico ristorante catanese premiato con la stella Michelin 2020. Ambiente solare e minimalista: pochi tavoli, un ‘prive’ per 4 persone, sul raffinatissimo portatovagliolo in pelle, leggo “L’estetica del Gusto’. Un’estetica che si esprime in infinite possibilità, colorate dalla soggettività dello Chef. L’ ‘Artista’ è il giovanissimo Chef Alessandro Ingiulla, aiutato da Roberta Cozzetto, sua compagna nella vita e nel lavoro e splendida sommellier recentemente insignita del titolo ‘Sommellier dell’Anno’.

In latino Sàpìo significa “sapore” e “sapere” definendo il  cibo appagamento sensoriale e attivatore di sfere inesplorate dove il “mangiare” diviene metafora del “pensare”.
Basta con la filosofia e … a tavola!
Arriva il benvenuto dello chef, davvero ‘I love Sicily’: tagliolino di calamaro e zenzero candito, cestinetto di frolla salata, stecchino con crema di cipolla rossa caramellata e gambero, crema di melanzana e naturalmente, un arancino in crosta di nero di seppia.

Il viaggio ci porta verso l’ Etna, dove all’ ombra di un alberello di ulivo si coccola un croccante di rapa rossa, maionese di scampo, polvere di nocciole e ricotta.

Tra gli ‘indimenticabili’ dello Chef : lo spaghetto artigianale mantecato ai ricci di mare, crema di latte cagliato, profumo di limone, gli scampi appena scottati, gnocchi di latte, crema di cozze e tartufo, la più robusta ventresca di tonno, crema di radici, sugo forte di pesce e tartufo

e un ricco piatto di carne (che Alessandro ama particolarmente cucinare): fetta di manzo tiepida lisciata con salsa al nero d’Avola nella sua gelatina, foie gras  e giardiniera agrodolce.

Ecco Alessandro.
Congratulazioni per la stella!
Si, io e Roberta siamo molto contenti sia per la città perché se lo merita e anche per noi, visto che sono tornato da lunghe permanenze in Austria e Francia, dove ho avuto la fortuna di lavorare al Le Park 45 sotto la guida di Sébastien Broda che ha mi ha insegnato una visione diversa, una nuova tecnica e la materia prima messa il centro del piatto.
Il tuo primo ricordo in cucina?
(sorride) Ero bambino … Patate da pelare dalla mattina alla sera… in un ristorante di amici di famiglia. Le pelavo e le friggevo, pensa, ero così piccolo che facevo fatica a arrivare al pentolone..
La cucina per me è sempre stato un luogo incantato. Ricordo che assieme a nonna Alfina impastavo il pane e la pasta. Gli ingredienti prendevano forma e si trasformavano in cibo, mi sembrava di fare una magia.


Un viaggio all’estero paese che vorresti?
Mi intriga la cultura gastronomica del Nord Europa e mi affascina il Medioriente, la cui cucina  ha condizionato molto la cucina del nostro territorio.
Un piatto che mangi solo se cucinato da un’altra persona?
Non ho dubbi: la mellassata, specialità di mia mamma Piera. Un tradizionale piatto di recupero, una specie di robusta frittata fatta con pane avanzato, ammollato nel latte, uova. Viene poi sbriciolata e versata su un sugo di pomodoro per condire la pasta. Unica!
Quanto c’è di  ‘green’nella tua cucina?
Molto, perché la materia prima utilizzata arriva in parte dai fornitori che trattano solo eccellenze, locali e non. Gran parte di quella vegetale è di produzione propria. Infatti, la mia famiglia possiede dei terreni a Santa Maria di Licodia dal 1904. Lì produciamo anche olio, che da qualche anno imbottigliamo. Abbiamo trasformato la produzione in funzione del ristorante.

Guidi?
Si, una Jeep, indispensabile per la campagna e certe strade qui intorno. Vado spesso nella zona meridionale dell’Etna, trovo ancora certe zuppe tradizionali come pasta e fave o il brodo con i tenerumi, pomodoro cipolle e…
Uova?
Certo! Una nostra consuetudine ‘sbagliata’ ma tradizionale. Quando si cucinava una zuppa, si sfruttava l’acqua calda per far bollire le uova…e i ciciulii pasquali, dove le uova venivano nascoste da pasta di pane decorata da fiori e ricami. Sono ricordi che mi porto dentro nel cuore,

Quanto è la tua terra rilevante nei tuoi piatti?
Molto… La mia è una cucina creativa. Io ho grande rispetto per la materia prima, che rispetto e che amo utilizzare facendo accostamenti inediti, per preparazioni innovative. Nelle mie ricette utilizzo prevalentemente gli ingredienti del mio territorio esaltandoli con le varie tecniche acquisite nelle mie esperienze internazionali e contaminandoli con ingredienti di altri territori per dar vita a preparazioni uniche per gusto e per  intensità.


Il primo pensiero alla mattina, quando ti svegli ?
(ride) Naturalmente il caffè. A Catania l’ “Andiamo a prenderci un caffè?” è un gesto di cortesia, di amicizia, una scusa per fare quattro chiacchere al bar.
Ci regali un ricetta ‘festiva’ adatta all’Epifania? .
Certo, il mio tortello in acqua di zucca. Auguri!

TORTELLO CON GUANCE DI MAIALINO DEI NEBRODI, ACQUA DI ZUCCA, PISTACCHIO E PORCINO

Ingredienti per 4 persone:
300 gr. guancia di maialino
1 kg di zucca
50 gr. pistacchio di Bronte intero naturale
200 gr funghi porcini
10 cl di brodo pollo
1 cipolla
scorza e succo di un’arancia
2 gr. anice stellato
Olio evo q.b.
Sale q.b.
Pepe q.b.
Per la pasta
500 gr di farina bianca
8 tuorli
25 gr (1 cucchiaio) di olio evo
15 gr di acqua

Procedimento:
Per la pasta:

Nella planetaria con un gancio mescolare farina, acqua, tuorli, olio impastare per 5 minuti, completare a mano e formare un panetto, avvolgerlo nella pellicola e far riposare in frigo 24 ore.
Per la zucca:
Sbucciare, tagliare e lavare la zucca, aggiungere sale, pepe, anice stellato, il succo e la scorza grattugiata dell’arancia e far macerare per un giorno in frigo in modo che rilasci l’acqua di vegetazione.
Il giorno dopo versare l composto della zucca in una pentola, far cuocere a fiamma bassissima fino a che la zucca non risulti completamente cotta. Frullare grossolanamente la zucca, abbatterla congelandola. Quindi filtrare tutto con un panno di cotone nuovo mettendo un peso di sopra in modo che coli tutta l’acqua di vegetazione della zucca, formando un liquido chiaro e trasparente, che verrà ridotto prima del servizio per intensificare il sapore della zucca.
Per la farcitura
Pulire le guance, rosolare in padella con olio evo, una volta pronte metterle da parte a scolare. Nella stessa padella soffriggere un po’ di cipolla, aggiungere il brodo di pollo e filtrare il tutto. Inserire le guance e il liquido ottenuto in un sacchetto di cottura sottovuoto, condizionare con vuoto a 100% e cuocere a 78° per 12 ore.
Dopo aver cotto le guance far ridurre il liquido di governo e glassare le guance così da ottenere il ripieno del tortello sfaldando le guance con le mani. Aggiungere un po’ di granella di pistacchio e erba cipollina, formare delle palline delle dimensioni volute e mettere da parte in frigo. Stendere la pasta più finemente possibile e formare i ravioli con il ripieno in precedenza preparato e mettere da parte.
Per la polvere di porcini:
Pulire, tagliare a fette, asciugare e disidratare i funghi. Una volta asciutti tostarli in padella per eliminare l’umidità e intensificare il sapore e ottenere una polvere.
Cottura e assemblaggio del piatto:
Mettere a scaldare l’acqua di zucca. In una pentola a parte cuocere i ravioli, passarli in padella con un po’ di acqua di zucca e un filo di olio evo. Completare la cottura in padella, montare su un piatto fondo i ravioli, aggiungere una crema di pistacchi ottenuta frullando i pistacchi, precedentemente preparata, cospargere un po’ di polvere di porcini sui ravioli, ultimare il piatto versando l’acqua di zucca davanti ai commensali.

INFO
Sàpìo
Via Messina, 235, 95129 Catania
+39 095 097 5016
info@sapiorestaurant.it

 

CESARE ZUCCA
Travel, food & lifestyle.
Milanese di nascita, vive tra New York, Milano e il resto del mondo. Viaggia su e giù per l’America e si concede evasioni in Italia e in Europa.
Per WEEKEND PREMIUM fotografa e racconta città, culture, stili di vita e scopre delizie gastronomiche sia tradizionali che innovative.
Incontra e intervista top chefs di tutto il mondo, ‘ruba’ le loro ricette e vi racconta il tutto qui, in stile ‘turista non turista’.

 




È il weekend dell’Epifania! Ecco tre eventi e tre ricette per festeggiare insieme la Befana

Se l’Epifania “tutte le feste si porta via”, consoliamoci pensando che quello del 6 gennaio sarà “ponte” di cui approfittare per regalarsi un altro weekend lungo, magari partecipando a una delle tante manifestazioni che, da Nord a Sud, celebrano la “Befana”, la vecchina tanto amata dai bambini. Tuttavia, al periodo che ruota attorno al 6 gennaio, ci sono tante feste la cui origine si perde nella notte dei tempi, suggestive e uniche. Noi ne abbiamo scelte tre, e, per ognuna, vi lasciamo una ricetta tipica della zona.

Bellano (LC) festeggia con la Pesa Vegia

Una festa tra sacro e profano che si ripete da ben 400 anni, il 5 di gennaio. È la Pesa Vegia, un grande evento che si svolge a Bellano (LC) tra ambientazioni suggestive, ricche scenografie, meravigliosi costumi e oltre 200 figuranti.

Le sue origini risalirebbero al 1605, quando, sotto la dominazione spagnola, il Governatore Pedro Acevedo, Conte di Fuentes, con una grida annullava un suo precedente provvedimento e, di fatto, ripristinava le vecchie unità di misura (da qui il nome Pesa Vegia!), evento che venne visto come una sciagura da parte dei commercianti di Bellano, che avevano deciso, durante una concitata riunione in municipio, di fare appello al Governatore affinché ritirasse il provvedimento.

Una delegazione venne quindi mandata al Conte di Fuentes. Nell’attesa, i bellanesi si erano radunati sin dal primo pomeriggio sulla spiaggia al di là del fiume Pioverna, che attendevano il ritorno dell’imbarcazione con la risposta. Il sit-in durò fino a notte inoltrata, con le persone sedute attorno a grandi falò.

A un tratto, una gondola con a bordo gli emissari del Governatore spuntò all’orizzonte. In coro, i bellanesi domandarono allora “Pesa vegia o pesa nova?”. “Pesa vegia!” fu la risposta. Il Governatore aveva accolto la loro richiesta. Per la felicità, visto che era il 5 gennaio, giorno prima dell’Epifania, tutto il paese accorse al molo per accogliere i messi spagnoli, venne inscenata la rappresentazione dei Re Magi e un corteo sfilò per le vie del borgo, con tappe per mangiare e bere nelle taverne fino al mattino.

Da allora, la tradizione si rinnova ogni anno. Si comincia alle ore 11 con l’apertura dell’Orrido, mentre, dalle 12, i ristoranti bellanesi offriranno menù tipici. Dalle 14, apriranno gli stand dei mercatini, l’Oasi dei Re Magi al Lido, mentre dalle 16, si potranno visitare il Presepe Vivente presso l’Eliporto, il Castello di Re Erode (presso l’ex cotonificio), la Corte del Podestà a San Nicolao, e prendere parte al Consiglio Comunale Storico presso la Sala Consiliare del Municipio.

Dalle 18 entrerà in funzione la navetta. Alle 21.30, traino delle pese per le vie della città, alle 22 è invece previsto l’arrivo al molo del Podestà e della Gondola dei Messi. Alle 22.30, lettura dell’Ordinanza dal balcone del Municipio con spettacolo di fuochi d’artificio. Gran finale, alle 23 con il corteo dei Magi su tre splendidi cammelli e accensione dei falò sul molo.

INFO: www.turismobellano.com e www.comune.bellano.lc.it

LA RICETTA: MIASCIA

Si tratta di un dolce povero tipico della zona del lago di Como, a base di frutta secca o fresca e poco zucchero. In passato si preparava in occasione di feste, ricorrenze o per ospiti di riguardo. Perché non provarla in occasione dell’Epifania?

Ingredienti

  • 500 gr di pane raffermo
  • ½ litro di latte
  • 2 uova
  • 3 amaretti
  • 1 mela e 1 pera
  • 20 gr di pinoli
  • 50 gr di uvetta
  • 1 bicchierino di liquore
  • 30 gr di burro
  • 1 cucchiaio di farina
  • 50 gr di cioccolato fondente
  • 75 gr di zucchero

Tagliate il pane raffermo a fette e irroratelo con il latte in una zuppiera, facendolo riposare per circa due ore. Quando sarà ben morbido preparate un impasto con il pane, le uova, l’uvetta, i pinoli, la mela e la pera tagliate a fettine sottili, lo zucchero, gli amaretti sbriciolati e il liquore. Lavorate bene il tutto con un cucchiaio, poi versate il composto in una tortiera imburrata e infarinata. Spolverate con lo zucchero e il cioccolato a scaglie e guarnite con qualche ricciolo di burro a fiocchi. Infornate a 200°C per 15 minuti, poi proseguite la cottura a 150°C per altri 15. Sfornate e servite tiepida.

Urbania (PU), la “Capitale della Befana”

Si dice che Urbania, in provincia di Pesaro Urbino, nelle Marche, sia il luogo dove la Befana risieda tutto l’anno per riposarsi dalle fatiche della notte tra il 5 e il 6 gennaio. Qui, infatti, per 365 giorni si può visitare la Casa della Befana, che conserva al suo interno giochi d’epoca, il calderone dove la vecchina prepara le sue pozioni, l’Ufficio Postale dove riceve le lettere da tutti i bambini del mondo e dove è possibile consegnare la propria.

Ma è dal 4 al 6 gennaio, che Urbania diventa la “Capitale della Befana” con una grande festa a cui partecipano visitatori provenienti da tutta Italia e non solo. Arrivata alla sua 23° edizione, la Festa della Befana di Urbania quest’anno presenta tante novità e graditi ritorni.

Per l’occasione, il centro storico della città si anima con migliaia di calze e centinaia di figuranti vestiti da Befana. Ricchissimo il calendario degli appuntamenti. Non può mancare la tradizionale sfilata della Calza più lunga del Mondo, (tutti e tre i giorni alle 17) accompagnata da parate luminose e sui trampoli.

Altro appuntamento imperdibile (tutti i giorni della festa alle 18) è la calata della Befana dalla Torre Campanaria del Palazzo Comunale. Un “volo” da 36 metri che sarà accompagnato da lancio di caramelle e dolci e, novità, da uno spettacolo di luci, musica ed effetti speciali.

Tra gli eventi in calendario, ben dieci laboratori creativi, che si alterneranno nei tre giorni della festa per imparare a costruire la propria Befana di cartapesta, lavorare la ceramica, camminare sui trampoli, ma anche costruire la propria scopa portafortuna e molto altro.

Tutti i giorni, dalle 10 alle 12, si potrà poi visitare il Palazzo Ducale di Urbania accompagnati da una guida d’eccezione, il grande architetto del Rinascimento Donato Bramante (ingresso € 5). Inoltre, si potrà partecipare alle attività del Paese dei Balocchi, costruire sculture con i mattoncini Lego presso lo spazio MarcheBrick o scattarsi selfie divertenti nel Photobox della Befana.

Tra gli eventi clou, il 4 gennaio, alle 14.30, si comincia con il Palio delle Befana con giochi tradizionali tra i rioni. Il 6 gennaio, alle 15.30, in piazza Duomo, si tiene la divertente Battaglia dei Cuscini.

INFO: www.festadellabefana.it

LA RICETTA: IL CROSTOLO DI URBANIA

Una ricetta semplice, tipica dei paesi della Valle del Metauro, inclusa nell’abbondante “colazione della Befana” della mattina del 6 gennaio, accompagnato da salumi e formaggi locali. Esiste anche una versione a base di polenta. Qui riportiamo la ricetta tradizionale. Il crostolo ricorda un po’ come aspetto la piadina romagnola.

Ingredienti per 4 persone

  • 800 gr di farina
  • 4 uova
  • 100 gr di strutto
  • ¼ di litro di latte
  • Sale e pepe q.b.

Mettete la farina su una spianatoia e disponetela “a fontana”. Rompetevi al centro le uova intere e aggiungete anche lo strutto dopo averlo fatto ammorbidire a temperatura ambiente. Unite anche un pizzico di sale e di pepe. Versate il latte e amalgamate il tutto prima con una forchetta, poi impastando con le mani fino a ottenere un impasto morbido e omogeneo. Lasciatelo riposare in una terrina, coperto da uno strofinaccio, per almeno un’ora.

Riprendete l’impasto e tagliatelo in due o tre pezzi. Da ognuno ricavate una sfoglia sottile. Ungete la superficie di ogni sfoglia con lo strutto morbido. Disponete le sfoglie su una tovaglia infarinata e coperti da un canovaccio. Staccateli e ungete con lo strutto anche l’altro lato. Passate poi i crostoli per qualche minuto su una griglia rovente. Quando assumeranno un colorito dorato saranno pronti da gustare accompagnati da salumi e formaggi, o come sostituto del pane.

A Montescaglioso (MT) per la Notte dei Cucibocca

Una suggestiva e antica tradizione, le cui origini si perdono nella notte dei tempi. È quella della Notte dei Cucibocca, che si tiene nel suggestivo borgo di Montescaglioso, in provincia di Matera.

Nella notte del 5 gennaio, le misteriose figure dei Cucibocca partono dall’Abbazia benedettina di San Michele Arcangelo. Indossano un lungo mantello o un cappotto nero, grandi occhiali fatti di bucce di arancia, un enorme cappello realizzato con i dischi di canapa dei frantoi e hanno una lunga barba.

Alle caviglie hanno una catena; tra le mani tengono una lanterna in un canestro, un cesto per raccogliere le offerte e un grande ago, con il quale minacciano di cucire la bocca ai bambini che non si sono comportati bene.

Tante le leggende sorte attorno a queste figure. Una di queste vuole che i Cucibocca siano le anime dei defunti che nella notte che precede l’Epifania tornino sulla terra per visitare le case dove hanno vissuto. Un’altra bella leggenda vuole che nella notte tra il 5 e il 6 gennaio gli animali acquisiscano il dono della parola e possano predire il futuro o maledire coloro che non si sono comportati onestamente o hanno maltrattato le bestie.

Si inizia alle 20.30 del 5 gennaio, con la vestizione dei Cucibocca presso l’abbazia e la sfilata lungo le vie del centro storico. Dopo la sfilata si aspetta la Befana assaggiano i 9 bocconi dei Cucibocca, secondo la tradizione, che intende celebrare la fine delle festività natalizie e prepararsi alla Quaresima.

INFO: www.comune.montescaglioso.mt.it/ e www.basilicataturistica.it/

LA RICETTA: PETTOLE DOLCI DI MATERA

Tra i 9 bocconi dei Cucibocca si trovano altrettante prelibatezze della collina Materana, tra cui struffoli, cartellate e pettole.

Ingredienti

  • 800 gr di farina
  • 1 cubetto di lievito di birra fresco
  • Acqua q.b.
  • 2 cucchiai di olio
  • Un pizzico di sale
  • Olio per friggere

Sciogliete il cubetto di lievito in un bicchiere di acqua tiepida, poi impastate insieme la farina, il sale, il lievito e regolate l’acqua in modo da ottenere un impasto elastico e omogeneo. Ricavatene una palla e lasciate riposare per una notte a temperatura ambiente. Ricavate dall’impasto dei pezzetti irregolari di pasta e immergeteli nell’olio bollente. Quando si saranno gonfiati e dorati, scolateli e riponeteli su un piatto foderato di carta assorbente. Cospargeteli con lo zucchero e gustateli tiepidi.




CAPODANNO: I ‘RIFERIMENTI’ CLASSICI Di MASSIMILIANO POGGI: ANGUILLA E ARTUSI

TESTO E FOTO DI CESARE ZUCCA –

I “riferimenti“ di Massimiliano Poggi (bel titolo per un libro…) li potrei paragonare a una specie di ‘amarcord’ che ci porta al mare di Rimini, alla signora dei “Bomboloni!”, all’ infarinata presenza di di nonno Gino, al tortellino ‘rubato’, alla storia del ragù, all’incomparabile accoglienza romagnola,
Mi trovo da Massimiliano Poggi Cucina, un ristorante di campagna, in località Trebbo di Reno.
Qui vi aspetta l’accoglienza e l’estetica di un grande ristorante contemporaneo e l’intimità di una tipica casa bolognese. Eleganza, gusto minimal, luce naturale di giorno e soffitto stellato di sera, atmosfera accohliente , a cominciare dai simpatici centrotavola creato dalla scultrice Marcella Renna:  tante ragazze ammiccanti che sembrano darti il benvenuto.

La cena è iniziata con un tagliere di amuse-bouche che citano con un certo umorismo alla cucina romagnola, a partire dai buon bombolone farcito e dalla tazzina di ‘Mare di Rimini, che ricorda un po’ il colore scuro del mare). E’ un brodo intenso di cannolicchi, passatelli e limone, Sensazionale! Voto 10. Ho chiesto il bis…
Tra i piatti signature di Poggi:  fusilli di grano Senatore Cappelli Selezione Felicetti, mantecati con salsa di parmigiano, cipolla un tocco finale di rucola. giusto per farla appassire sul piatto. Quasi alla fine caramello di cipolle cipolle bruciata. Voto 8

Essendo un fan del porro’ (non a caso il mio amico francese Philip mi chiama Monsieur Poireau, parafrasando il celebre detective di Agatha Christie…) quando ho letto  il “porro bruciato” sono letteralmente impazzito. E’ cotto nel carbone, le fogle esterne sono piacevolmente bruciacchiate, condito da una  guarnizione di burro e da  un ragù di mandorle salate, Voto 10

Tutto un capitolo a parte dovrebbe essere dedicato all’ “insalata russa” al caviale. Un allegro gioco di colori dall’ atmosfera carnevalesca, servito in una scatoletta d’oro marchiata M.

È seguito un ‘riferimento’ al mare, una salsa ricreata con i pesci che di solito vengono grigliati in maniera tradizionale, spiedino di gambero viola crudo, seppia alla brace e una polvere di limone bruciato. Voto 8

E poi lo chef in persona mi ha servito un piatto con l’anguilla che omaggiava il grande Pellegrino Artusi: un riferimento storico che conferma nuovamente  la cultura e la curiosità dello chef. Accompagnava un fantastico brodetto al limone. Voto: un meritatissimo 9

Arrivano le lumache. o meglio le locali ‘lumache bolognesi’, allevate nel territorio e protagoniste del  piatto ‘lumache alla cacciatora’. Preparazione relativamente semplice: solito soffritto di carote, sedano e cipolla, vengono messe le lumache a stufare, in aggiunta aggiunti porcini essiccati, pomodori, erbe romantiche e una spuma di una salsa burro, limone , mentre alla base del piatto, è in attesa una sorniona una galletta di polenta. Premettendo che le lumache non sono ‘ my cup of tea’  il mio voto è  6.


Le votazioni tornanano stelleri con il gran finale ‘amarcord’ e un dolce tributo all’iconica Amarena Fabbri su frutti rossi. Una delizia che merita un bel 9.

Come vuola la tradizione, Massimiliano fa capolino dalla cucina pronto a chiedermi “Tutto bene?” Ne approfitto per una simpatica intervista.

Dove vai quando hia del tempo libero?
Da
poco, oltre al ristorante, gestiamo  l’ Antica Locanda Il Sole, un hotel adiacente a Cucina, quindi tempo libero ben poco, ma, se possibile, mi infilo sulla mia  HSE Dynamic Range Rover
e vado a riscoprire i colli bolognesi, i piatti del territorio. Sempre interessante riscoprire i piatti di una volta. E’ una ricerca della vera. autentica tradizione.
Controcorrente con le nuovi ‘rivisitazioni’?
P
enso ci sia un equivoco che stia caratterizzando questo nostro ultimo ventennio: considerare il ‘tradizionale’ banale e vecchio. Per me questo concetto è una ferita aperta e quando tengo delle classi per giovani chef, cerco sempre di educarli ad apprezzare la tradizione, rispettarla e non scervellarsi troppo a volerla modificare…


Un esempio?
Il ragù, buono e intelligente. Era un modo per recuperare i tagli di carne avanzata, anche le parti meno tenere, ha attraversato secoli e penso che
debba rimanere quello classico, nonostante spesso voglia essere rivisitato. L’ equivoco è considerare il ‘tradizionale’ qualcosa di semplice, di naif. Io non sono un cuoco tradizionalista, sono abbastanza critico riguardo la tradizione ma dopo tanti anni di lavoro ho raggiunto la consapevolezza che se qualcosa è già perfetto è inutile cambiarlo.
Ragù sovrano quindi?
Puoi ben dirlo! A Bologna il piatto è determinato prorio dal ragù. Quando dicono ‘spaghetti alla bolognese’ è un equivoco. E’ il ragù che comanda, la pasta lo segue, e poi lascia stare gli spaghetti, semmai cita le tagliatelle…
A proposito, hai due altri ristoranti: Vicolo Colombina e Al Cambio, in entrambi i menu ci sono le tagliatelle al ragù…Quali sono le migliori?
(ride) Ottime in tutti e due…Forse il ragù piu storico e casalingo è quello del Cambio, mentre Vicolo Colombina presenta un ragù realizzato con carne di faraona, proprio cone si faceva un tempo, visto nel cortile si tenevano galline, conigli, maiali e appunto faraone.


Dove ama viaggiare la tua brigata?
C’è stato il periodo in cui era quasi d’obbligo fare la cucina orientale, poi la giapponese, poi la spagnola poi è arrivato il Nord Europa adesso c’è il Sudamerica… di conseguenza si viaggiava nei paesi di tendenza. Oggi alcuni dei miei ragazzi, quando hanno le ferie, vanno a Copenhagen o in Perù o in Brasile, insomma dove c’è tendenza.


Tua destinazione preferita all’estero?
La Francia, dove, anche nelle locaità turistiche, anche nel localino o nel piccolo bistrò, riesco a trovare il piatto giusto e  Incontrare una certa professionalità. anche se talvolta i gestori un po’ sbrigativi nel farti accomodare, però quando ordino un carré d’agnello, mi arriva in tavola un vero carré d’agnello, ben dorato, cotto alla perfezione.


I tuoi primoi ricordi in cucina?
Tortellini e bignè… ( ride) Ti spiego: sono bolognese, ma ho vissuto sette anni in Romagna tra Ravenna, Faenza, Rimini e Riccione, quindi il mio primo ricordo sono ovviamente i tortellini.
Li preparava nonno Gino nella panetteria di un cortile. Io avevo 7 anni e lo aiutavo, senza farmene mancare qualcuno crudo, che rubacchiavo appena possibile….I bignè invece venivano fatti nella panetteria artigianale del Signor Pino, dove venivano riempiti di crema attraverso un macchinario tipo grande siringa. Io facevo da aiutante, e più ne riempivo, più me ne venivano regalati a fine lavoro.
Un piatto per tavole di Capodanno ?
Ho voluto rispettare la tradizione che in queste feste vuole un piatto di pesce, come simbolo benaugurale. Ho scelto l’anguilla e mi sono ispirato a una ricetta storica di Pellegrino Artusi, la numero 495 ‘Anguilla in umido all’uso di Comacchio’ del suo ineguagliabile libro ‘La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene,’


Una ricetta del grande Artusi. Com’è diventata tua ?
Sostanzialmente mi sono limitato a renderla moderna. Cercavo un piatto che raccontasse al massimo la nostra cucina rimanendo aderente alla mia terra, e in qualche modo rappresentasse anche Trebbo di Reno che è un paese fluviale. Trovo che questa ricetta rappresenti al massimo la mia filosofia che è territorio, campagna e tradizione.

ANGUILLA IN UMIDO ALL’USO DI COMACCHIO


Ingredienti:

1 anguilla da circa 1 kg
Per acqua di pomodori affumicati:
1 kg di pomodori pelatiSale e pepe q.b.
Per la salsa di soffritto:
200 gr di cipolla di Medicina
150 gr di carote
710 gr di sedano bianco
40 gr di olio evo
Zeste di limone
Per guarnire: 4 foglie di edera terrestre
Preparazione:
Pulire l’anguilla dalla pelle e dalle interiora e ricavarne due filetti.Tagliarli a metà arrotolare ciascun filetto su se stesso condito con sale e pepe,infilzarlo con uno spiedino per tenere la forma. Cuocere i pomodori pelati in unateglia all’interno del barbecue avendo cura di aggiungere nel carbonedei legnetti bagnati (cedro o ciliegio). Chiudere il barbecue con il coperchio per affumicare i pomodori. Lasciarli per circa 40 minuti per asciugarli. Passare i pomodori all’estrattore ed ottenere il succo, filtrare con uno straccio fineper ottenere acqua di pomodoro affumicato. Saltare le verdure per il soffritto, tagliate a cubetti, in una padella capiente, con olio evofino ad appassirle.Passare le verdure all’estrattore ed ottenerne un succo, filtrare con uno straccio fine mettere sul fuoco fino a bollore, aggiustare di sale e pepe, aggiungere l’agar agar e lasciare attivare qualche istante, filtrare e mettere a rapprendere in frigorifero. Una volta rappreso frullare fino adottenere una crema. Cuocere gli spiedi di anguilla sulcarbone a fuoco deciso in modo da arrostirla bene;in una fondinamettere unagocciaabbondante disalsa di soffrittoe qualche zeste di limone, disporre unfiletto disteso di anguillae irrorare il tutto con acqua di pomodoro affumicato.

INFO
Antica Locanda del Sole
Ristorante Massimiliano Poggi Cucina
A circa 8 km da Bologna, e raggiungibile in auto o con bus 92 dalla Stazione di Bologna.

 CESARE ZUCCA
Travel, food & lifestyle.
Milanese di nascita, vive tra New York, Milano e il resto del mondo. Viaggia su e giù per l’America e si concede evasioni in Italia e in Europa.
Per WEEKEND PREMIUM fotografa e racconta città, culture, stili di vita e scopre delizie gastronomiche sia tradizionali che innovative.
Incontra e intervista top chefs di tutto il mondo, ‘ruba’ le loro ricette e vi racconta il tutto qui, in stile ‘turista non turista’.




Da Nord a Sud, buone feste…con dolcezza

In occasione delle festività natalizie, questa settimana la nostra consueta rubrica dedicata agli eventi si arricchisce con alcune ricette della tradizione natalizia della nostra penisola. Abbiamo selezionato tre appuntamenti a tema nelle più belle località italiane, e a ognuna di esse abbiamo abbinato una ricetta di un dolce tipico della tradizione. Potete gustarlo in loco, oppure, se la cucina è la vostra passione, potete preparato per i vostri cari. Buone feste…e buon appetito!

In Val Gardena (BZ) tra sculture di neve e atmosfere natalizie

Chi per queste festività ha scelto la Val Gardena, in Alto Adige, non ha che l’imbarazzo della scelta per immergersi nella magica atmosfera del Natale.

Per esempio, a Selva di Val Gardena, in località Pra de Nives, dal 27 al 30 dicembre si tiene la 23°edizione del Concorso di Sculture nella neve, il cui tema è dedicato al “Nadel – Natale”. Per tre giorni, scultori e artisti che di solito scolpiscono il legno, realizzano le loro opere partendo da enormi cubi di neve ghiacciata. Uno spettacolo di estro e creatività a cui tutti possono assistere. Una giuria di qualità esaminerà i lavori dei sei finalisti e decreterà il vincitore. Ma è previsto anche un premio da parte del pubblico. La premiazione avrà luogo il 30 dicembre, alle 16, sul prato di Nives.

Ma non è tutto, perché Selva di Val Gardena, fino al 6 gennaio, si trasforma in una vera e propria città del Natale, con una striscia di luci lunga ben 350 metri, alla quale saranno appese piccole cabine della funivia realizzate in legno. Si ha così l’impressione di vedere le piste da sci anche nel centro del paese. Non mancheranno nemmeno gli stand dove gustare un ottimo vin brulè e gustare i tipici dolci natalizi con la “colonna sonora” dei canti tradizionali.

Spostandosi a Santa Cristina, fino al 30 dicembre, invece, si potranno trovare diverse casette con prodotti locali di vario genere, giochi per bambini e iniziative per fare divertire tutta la famiglia.

Nell’ambito del mercatino natalizio “Magic Town”, poi, si potrà visitare “lo zoo delle carezze” con i teneri alpaca. Non mancheranno le specialità culinarie, tra cui vin brulé rosso e bianco con schiuma di cannella, caffè aromatizzati e di qualità, cioccolata calda, zuppe e krapfen.

INFO: www.valgardena.it

LA RICETTA: Spitzbuben (Occhi di bue)

Sono una ricetta tipica del periodo natalizio. I biscotti hanno forma circolare, composta da due dischetti di pasta frolla e farciti con confettura di albicocca o di fragola, anche se ne esistono diverse varianti, con gusti diversi di confettura oppure con crema gianduia o cioccolato.

Ingredienti

  • 300 gr di farina
  • 2 uova
  • 150 gr di burro
  • 125 gr di zucchero
  • ½ bustina di lievito per dolci
  • ½ bustina di zucchero vanigliato
  • ½ punta di scorza di limone grattuggiato
  • 1 pizzico di sale
  • Confettura di albicocche q.b.
  • Zucchero a velo

Lasciate ammorbidire il burro a temperatura ambiente, poi mescolatelo energicamente con lo zucchero a velo. Unite anche lo zucchero vanigliato, la scorza di limone e il sale. Unite anche le uova, la farina e il lievito per dolci e impastate. Ricavate una palla e lasciate riposare in frigorifero per 30 minuti. Stendete poi la pasta con uno spessore di mezzo cm.

Dividetela a metà e da una di esse ricavate dei cerchietti per le basi. Dall’altra metà dei cerchietti forati della stessa circonferenza. Metteteli in una teglia ricoperta di carta da forno e metteteli a cuocere nel forno preriscaldato a 180° per circa 10 minuti. Sfornate, lasciate raffreddare, poi spalmate la confettura di albicocche sulle basi. Cospargete i cerchietti di pasta forata con lo zucchero a velo e sovrapponeteli alle basi premendo delicatamente.

A Natale regalati…Orvieto (TR)

Per chi ama l’Umbria e le sue suggestioni, fino al 6 gennaio c’è la 3° edizione di “A Natale regalati Orvieto”, un ricco contenitore di eventi a tema natalizio per scoprire la storia, la cultura, la tradizione e l’enogastronomia della Città della Rupe, resa ancora più suggestiva dalle luci natalizie che decorano e illuminano le stradine, le piazzette, i vicoli e i monumenti, tra cui la Fortezza Albornoz, il Palazzo del Capitano del Popolo e la Torre del Moro. Il tutto sotto la “supervisione” del grande albero allestito in piazza della Repubblica.

Da non perdere una visita allo splendido Duomo. L’occasione è davvero unica. Dopo 122 anni, infatti, tornano nella cattedrale di Orvieto l’Annunciazione di Francesco Mochi, primo capolavoro della scultura barocca, e le imponenti statue dei dodici Apostoli e Santi protettori della città, realizzate tra il 1500 e il 1700. Il duomo si può visitare tutti i giorni dalle 9.30 alle 17, la domenica dalle 13 alle 16.30. (www.opsm.it)

Da non perdere una visita all’Albero di Luce nel Pozzo di San Patrizio, che illumina il cuore della rupe di tufo, creando bagliori e suggestioni uniche. Per raggiungerlo bisogna scendere i 248 gradini che conducono nel cuore di questa splendida opera di ingegneria scavata nella terra. Dalle 10 alle 17. Dal 28 al 30 dicembre e il 4 e 5 gennaio apertura prolungata fino alle 19.

Da visitare anche il Presepe nel Pozzo, allestito nei sotterranei del Pozzo della Cava fino al 12 gennaio (dalle 9 alle 20) con personaggi meccanici a grandezza naturale, con un narratore d’eccezione: Giuda Iscariota. La 31° edizione è arricchita con una mostra sulle monete al tempo di Gesù.

Sempre in tema di presepi, il 26 dicembre e il 6 gennaio, nei Giardini di San Giovenale, alle 17.30, si tiene la rappresentazione del Presepe Vivente rivivendo le atmosfere di una notte a Betlemme, tra i giardini, le piazzette e le grotte ai piedi della chiesa di San Giovenale. Infine, fino al 5 gennaio, si può percorrere il Circuito Cittadino dei Presepi dei Quartieri.

Non possono mancare nemmeno i tradizionali Mercatini Natalizi. Fino al 6 gennaio, le piazze del centro storico, Piazza della Repubblica, Piazza Fracassini e Piazza Gualterio, si trasformano in un villaggio di Natale con stand di artigianato artistico e prodotti tipici, a cui si affiancano oltre 200 esercizi commerciali dove effettuare gli acquisti delle feste.

Tra gli eventi da non perdere, infine, c’è Umbria Jazz Winter (www.umbriajazz.it) , che dal 28 dicembre al 1° gennaio animerà Orvieto con più di novanta eventi, trenta band e più di 150 musicisti che si esibiranno in sette diverse location della città. Il 1° gennaio, poi, in Duomo, si dà il benvenuto al nuovo anno con una messa e la magia del gospel.

INFO: www.comune.orvieto.tr.it e www.liveorvieto.com

LA RICETTA: “Maccheroni” dolci

Un piatto dalle origini antiche e contadine, che si prepara in occasione di Ognissanti e delle festività natalizie. Al posto dei classici sughi, questa versione abbina la pasta alle spezie, al cioccolato e alla cannella.

Ingredienti

  • 100 gr di farina
  • 50 cc di acqua
  • 70 gr di zucchero
  • 40 gr di pangrattato
  • 50 gr di noci
  • 1 cucchiaino di cacao amaro
  • 1 cucchiaino di cannella in polvere
  • Buccia di 1 limone grattugiata
  • 1 pizzico di noce moscata
  • 40 gr di cioccolato fondente

Unite la farina all’acqua e impastate fino a ottenere un composto uniforme. Fate riposare per circa 30 minuti, poi stendete una sfoglia alta circa 1 mm. Arrotolate la sfoglia tagliate i “maccheroni” appena più larghi delle normali tagliatelle. Cuoceteli in abbondante acqua salata. Preparate un trito di noci, pan grattato, buccia di limone grattugiata, cacao magro, cioccolato fondente, cannella. Scolate la pasta e conditela con il preparato. Rigiratela e servite tiepida.

Al Giardino della Kolymbethra (AG) rivive il Presepe Contadino

Chi per queste festività sceglie la Sicilia e l’agrigentino in particolare, può fare una tappa allo splendido Giardino della Kolymbethra, fiore all’occhiello del Parco della Valle dei Templi. Grazie alla collaborazione tra il parco archeologico e il FAI – Fondo Ambiente Italiano, anche quest’anno rivive la tradizione natalizia del presepe contadino, realizzato secondo le consuetudini della Sicilia rurale, tra prodotti natalizi delle campagne e antiche novene.

Protagonisti saranno gli agrumi. Nell’antica tradizione, infatti, mandarini, aranci e limoni venivano utilizzati per decorare gli altarini delle Natività allestiti a ogni angolo della vecchia Girgenti. Tutto il vicinato, poi, si radunava attorno a essi in preghiera, accompagnato da canti natalizi. I festeggiamenti si concludevano il 5 gennaio, con l’arrivo dei Re Magi, che erano impersonati da vecchi pastori.

A Kolymbethra, questa tradizione antica rivive nella grotta che in epoca paleocristiana era stato un santuario rupestre. Qui viene ricostruita la grotta dove nacque Gesù con il fogliame spinoso della pianta di asparago e decorata con arance, mandarini, limoni, fiocchi di cotone e tanti altri frutti delle campagne agrigentine. Di fronte al presepe, un gruppo di musici ripropone le antiche novene del Natale, regalando ai visitatori del parco un’esperienza toccante e indimenticabile.

Il programma prevede, fino al 6 gennaio, dalle 10, visite guidate al Giardino della Kolymbethra. Dalle 11.30 alle 13.30, ogni 30 minuti, Novena dei contadini, con musiche e canti tradizionali siciliani. Dalle 10 alle 14 Mercatino dei Dolci natalizi con degustazioni offerte dai produttori locali. Dalle 10.30 alle 15.30, Sicily Street Food con il meglio della tradizione del cibo siciliano di strada. L’ingresso costa € 3 per gli iscritti al FAI, intero € 6, ridotto ragazzi 4-18 anni e residenti ad Agrigento € 4.

INFO: www.fondoambiente.it o biglietteria Giardino della Kolymbetra (dalle 10 alle 14), tel 335/1229042

LA RICETTA: Cous Cous dolce

Si tratta di una tipica ricetta agrigentina natalizia che ha origine nella Badia Grande del Monastero dello Spirito Santo delle suore di Agrigento, che ancora oggi lo preparano secondo l’antica ricetta, che trovate di seguito

Ingredienti

  • 500 gr di semola di grano duro
  • 100 gr di cioccolato
  • 100 gr di pistacchi
  • 100 gr di mandorle abbrustolite e tritate
  • 50 gr di zuccata
  • 10 gr di cannella in polvere
  • 30 gr di zucchero a velo

In un recipiente versate la farina di semola e manipolatela in senso orario con le dita fino a ricavarne delle minuscole paline. Lasciatele asciugare per circa tre ore su una tovaglia, fino a ottenere il cous cous. Cuocetelo a vapore in una “couscousseria” mettendo la semola al centro del tegame quando l’acqua comincerà a bollire. Coprite con una tela bagnata e cuocete per circa 40 minuti. Scolate la semola, rimettetela nella couscoousseria, spruzzatela con acqua fredda e lasciate riposare per 15 minuti. Rimettete di nuovo il cous cous nel tegame e cuocetelo per altri 20 minuti. Toglietelo dal fuoco, lasciatelo raffreddare, po aggiungete 2 o 3 cucchiai di zucchero a velo, le mandorle, il cioccolato a scagli, i pistacchi sgusciati e tritati, la zuccata a pezzettini. Mescolate, con una spatola date una forma regolare, servite freddo e con una spolverata di cannella.

 

 

 

 




LONDRA. CHEF SRIRAM AYLUR E LA RAFFINATA CUCINA INDIANA DEL QUILON.

TESTO E FOTO DI CESARE ZUCCA –

London Calling! The Best Indian Restaurant.
Quilon, piccola città nella provincia di Kerala in India del Sud  si è spostata nel cuore di Londra, nella elegante zona di Westminster. Perlomeno con il nome: Quilon è infatti il rinomatissimo ristorante di alta cucina indiana condotto dallo Chef Sriram Aylur, stella Michelin dal 2008 e tuttora insignito del prestigioso riconoscimento.


Quilon condivide gli spazi con il lussuoso Hotel Taj 51 Buckingham Gate e spicca per il suo   design rigoroso ed essenzale, ad eccezione dei suggestivi quadri che tappezzano le pareti. dai colori netti e dalle forti emozioni.

Sono tutte opere di Paresh Maity, un apprezzato artista indiano e caro amico di Sriram.

La cucina di Quilon ci porta nell’India meridionale. All’inizio del pasto mi è stata servita selezione di chutney, speziati si , ma sorprendentemente poco piccanti. Ho trovato che  a  volte le spezie sembravano essere attenuate e ravvicinate a sapori occidentali.


Le cimette di cavolfiore fritte erano croccanti e avevano un sapore gradevole, condite con foglie di curry, yogurt e peperoncino verde, I gamberetti al pepe erano teneri e ben speziati, serviti con salsa di mango e menta.
Ho poi gustato il pollo mangaloreano è un piatto dello stato costiero di Kamataka, aromatizzato con cocco e una gamma di spezie tra cui fieno greco, peperoncini rossi e chiodi di garofano.

  Il merluzzo nero cotto nelle spezie era abbastanza piacevole, ma ho preferito i gamberi al peperoncino con grani di pepe rosa macinati.

l Il mio piatto preferito? il tradizionale agnello biryani , servito dentro una grande pentola ben sigillata per conservarne profumo e sapore.


Quando è nata la tua passione per il cibo?
Dalla prima volta che sono entrato entrato nella cucina di mio padre, chef anche lui, è stato l’inizio di una lunga ricerca, di una passione senza limiti e della continua conoscenza del cibo. Studiavo legge e ho abbandonato gli studi per entrare nell’Istituto alberghiero e tecnologia della ristorazione.
La passione continua in famiglia?
Si, amo cucinare a casa e i miei ragazzi se la cavano benissimo, Il più grande punta sulla cucina giapponese, il più piccolo ama il cibo italiano, quando sono in vena di una buona pasta… ho un ristorante italiano in casa.
Cosa spicca nel tuo menù?
E’ un menu molto ricco e può soddisfare qualunque richiesta: carni , pesce, frutti di mare, gamberi. I miei preferiti: pollo al mango, merluzzo al forno, rombo macerato in coriandolo, menta, limone, aceto, capesante  al cocco e ogni giorno la ‘fisherman catch’, un pesce freschissimo che presento sempre i modo diverso.


Se ha del tempo libero, quali cittò ami visitare?
Tra le mie preferite: Barcellona, Milano, New York San Francisco e poi scopro sempre nuove città in India. Amo l’arte e l’architettura e naturalmente l’approccio con la cucina locale,
Prossimi viaggi?
Giappone, Australia, Turchia… una lista molto lunga,


La ricetta di Sriram Aylur
COSCE DI QUAGLIA RIPIENE
Ingredienti
Per 4 persone
Per la quaglia
4 quaglie (disossate e scuoiate della pelle)
1 cipolla tritata finemente
Un pezzo di zenzero da 2 cm
1 rametto di foglie di curry
1/4 cucchiaio di curcuma
1/4 cucchiaino di Chaat Masala
Pizzico di polvere di Aamchoor
1/4 cucchiaino di finocchio in polvere
Sale qb
50 g di coriandolo fresco
15 ml di olio
Per la salsa
500 ml di quaglie
15 ml di olio
1 cucchiaio di semi di finocchio
1 cipolla tritata finemente
Zenzero tritato finemente
1 rametto di foglie di curry
1/4 cucchiaino di curcuma
1/4 cucchiaino di peperoncino in polvere
2 pomodori tritati finemente
50 g di coriandolo fresco
Sale qb
Preparazione
Per la quaglia

Tritare grossolanamente la carne di quaglia in un mixer e tienila da parte. Pulire l’ala e l’osso della gamba, tagliare le articolazioni in due, dovreste riuscire a mettere insieme 8 ossa. Arrostire per alcuni minuti e tenere da parte.
Scaldare l’olio in una padella e soffriggere la cipolla fino a doratura. Aggiungere lo zenzero, le foglie di curry, il masala chaat di curcuma, la polvere di amchoor, la polvere di finocchio, il sale e il coriandolo fresco e cuocere per un minuto a fuoco lento. Aggiungere questo composto in otto dimensioni uguali e ricostruirlo in una gamba di quaglia, attacca ogni gamba con un pezzo di osso in modo che mantenga la forma.
Scaldare un po ‘d’olio in una padella o piastra e scottare la quaglia. Posizionare sulla teglia e arrostire per 3-4 minuti. Servire caldo con la salsa.
Per la salsa
Scaldare l’olio in una padella e aggiungere foglie di finocchio, cipolla, zenzero e curry, mescolare e aggiungere la curcuma, il peperoncino e il pomodoro. Cuocere fino a quando i pomodori sono morbidi e aggiungere il gambo di coriandolo insieme al brodo. Regolare il condimento. Portare a ebollizione e far sobbollire per 5-10 minuti. Togliere dal fuoco e battere in un frullatore a immersione. Passare attraverso il filtro. Scaldare la salsa e servirla con la quaglia.

INFO
Quilon
41 Buckingham Gate | St James, nella zona di Westminster, rinomata per il Palazzo di Westminster, l’iconico Big Ben e la Piazza del Parlamento.

CESARE ZUCCA
Travel, food & lifestyle.
Milanese di nascita, vive tra New York, Milano e il resto del mondo. Viaggia su e giù per l’America e si concede evasioni in Italia e in Europa.
Per WEEKEND PREMIUM fotografa e racconta città, culture, stili di vita e scopre delizie gastronomiche sia tradizionali che innovative.
Incontra e intervista top chefs di tutto il mondo, ‘ruba’ le loro ricette e vi racconta il tutto qui, in stile ‘turista non turista’.

 




ALESSANDRO TROVATO, IL LUSSO DEL GRAND HOTEL DA VINCI E LA MAGIA DI CESENATICO (ANCHE D’INVERNO…)

Il Grand Hotel Da Vinci

DOVE ALLOGGIARE A CESENATICO
Per una notte indimenticabile, vi consiglio il Grand Hotel Da Vinci dove spiccano la bellezza degli arredi, i materiali pregiati, la qualità dei servizi, la Dolce Vita SPA, il rigoglioso giardino con spettacoare piscina e la spiaggia privata.

In occasione del cinquecentenario della sua scomparsa, il Grand Hotel Da Vinci propone un mini tour sulle orme di Leonardo in Romagna e nel Montefeltro, alla scoperta de “I paesaggi della Gioconda” Un piccolo viaggio che ripercorre i luoghi appuntati nei suoi taccuini e che vi farà sentire ancora più vicini al grande Maestro.


A tavola, l’eccellente gastronomia del ristorante Monnalisa, guidato dallo Chef Alessandro Trovato la cui passione per la cucina è nata quando era giovanissimo, in un viaggio a Malta, dove è rimasto incantato da quel mare e da quei pescherecci che scaricavano continuamente pesce e poi a Vulcano, dove era cameriere in un ristorantino a conduzione familiare.
Racconta Trovato: “Il ragazzo che aiutava in cucina si era infortunato e cosi presi il suo posto, è cominciato tutto da quel momento”

Alessandro ama trascorrere i week liberi con la famiglia, in collina, in montagna o al Miramonti, una delle proprietà Batani che si affaccia sul Lago Acquapartita, tra i meravigliosi colori dei boschi dell’Alta Valle del Savio.
“Amo viaggiare, aggiunge Trovato, la prossima tappa importanta sarà il  Giappone, ho lavorato con degli chef giapponesi che mi hanno invitato. Non ti nascondo che sono molto interessato, sopratutto alle loro tecniche naturali con il pesce fresco

Il pesce freschissimo nei piatti di Chef Trovato, che ci regala la ricetta della sua “tartare di gambero rosso”


Una prerogativa del Monnalisa sono le verdure freschissime provenienti dall’orto della Famiglia Batani. La politica è semplice: quando è il periodo delle castagne arrivano  le castagne, e così zucchine,verze, zucche, tutto rigorosamente stagionale.


“Adoro le gelatine di agrumi, dalle arance ai limoni, dal bergamotto, al mandarino
. Ah,
per il cenone di Capodanno ho in mente una gelatina di sanguinelle siciliane, sarà rossa e afrodisiaca” “Qui a Cesenatico continua Alessandro, Natale e Capodanno sono davvero speciali. La città allestisce un Presepe galleggiante a bordo di coloratissime imbarcazioni come bragozzi, battane, lance  e barchét.

Io lo festeggerò con un piatto ricco e esuberante, dai colori e sapori in perfetta armonia con le feste, i fuochi d’artificio e i brindisi augurali. Vuoi la ricetta?”
Non me lo faccio ripetere due volte e inIzio a gustare le prelibatezze delle Feste.

TARTARE DI GAMBERO ROSSO, CARPACCIO DI SCAMPO, QUINOA ALLE UOVA DI BALIK, CREMOSO DI PAPAYA, ZENZERO MARINATO WASABI E CAVIALE DI ACETO BALSAMICO

Ingredienti per 2
N° 2 Scampo grosso (circa 250 g)
N° 4 Gamberi rosso Sicilia (circa 250 g)
Semi di quinoa 100 g
Zenzero una radice circa 50 g
N°1 papaya
Perle di aceto balsamico un vasetto da 50 g
Wasabi in pasta 10 g
Uova di balik 10 g
N° 1 lime
Preparazione :
Pulire i crostacei, tritare i gamberi per fare la tartare e battere delicatamente gli scampi con un batticarne.
Fare cuocere la quinoa in acqua una volta cotta lasciare asciugare tutta l’acqua e condirla con sale pepe e un filo di olio extra vergine di oliva.
Adagiare sul piatto la tartare di gambero dando la forma con un coppapasta  il carpaccio di scampo  la quinoa e le uova di balik .
Pulire la papaya e passare al passa verdure per creare una purea.
Finire il piatto con tutto il resto degli ingredienti che servono come condimenti per i crostacei, definire il piatto con la scorza di lime grattuggiata.

INFO
www.cesenatico.it
Grand Hotel Da Vinci 
Monnalisa

CESARE ZUCCA
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Milanese di nascita, vive tra New York, Milano e il resto del mondo. Viaggia su e giù per l’America e si concede evasioni in Italia e in Europa.
Per WEEKEND PREMIUM fotografa e racconta città, culture, stili di vita e scopre delizie gastronomiche sia tradizionali che innovative.

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Il Grand Hotel Da Vinci

Il pesce freschissimo nei piatti di Chef Trovato, che ci regala la ricetta della su “tartare di gambero rosso”

WHERE TO STAY IN CESENATICO, ITALY
For an unforgettable night, I recommend the Grand Hotel Da Vinci, known for the beauty of the furnishings, the precious materials, the quality of services, the Dolce Vita SPA, the lush garden with a spectacular swimming pool and the private beach

On the occasion of the 500th anniversary of his death, the Grand Hotel Da Vinci offers a mini tour in the footsteps of Leonardo in Romagna and Montefeltro, to discover “The landscapes of the Mona Lisa” A short journey that retraces the places noted in his notebooks and which it will make you feel even closer to the great Master


At the table, the excellent gastronomy of the Monnalisa restaurant, led by Chef Alessandro Trovato, whose passion for cooking was born when he was very young, on a trip to Malta, where he was enchanted by that sea and by those fishing boats that continually unloaded fish and then to Vulcano, where he was a waiter in a family-run restaurant.
Trovato
tells: “The boy who helped in the kitchen was injured and so I took his place, it all started from that moment”

Alessandro loves to spend his free weekends with his family, in the hills, in the mountains or at Miramonti, one of the Batani properties that overlooks Lake Acquapartita, among the wonderful colors of the woods of the Alta Valle del Savio. “
“I love to travel, adds Trovato, the next important stop will be Japan, I worked with Japanese chefs who invited me. I do not hide that I am very interested, especially in their natural techniques with fresh fish “
A prerogative of Monnalisa are the very fresh vegetables from the Batani family’s garden. The policy is simple: when it is the chestnut season, chestnuts arrive, and so are zucchini, cabbage, pumpkins, all strictly seasonal.


“I love citrus jellies, from oranges to lemons, from bergamot to mandarin . Ah, for the New Year’s Eve dinner I have a Sicilian blood jelly in mind, it will be red and aphrodisiac ”“ Here in Cesenatico, Alessandro continues, Christmas and New Year’s are really special. The city sets up a floating nativity scene aboard colorful boats such as bragozzi, battane, lance and barchét.”

“I will celebrate it with a rich and exuberant dish, with colors and flavors in perfect harmony with the holidays, fireworks and good wishes. Do you want the recipe? ” I

RED SHRIMP TARTARE, SCAMPO CARPACCIO, BALIK EGG QUINOA, PAPAYA CREAM, WASABI MARINATED GINGER AND BALSAMIC VINEGAR CAVIAR

Ingredients for 2
N ° 2 Large scampi (about 250 g) N ° 4 Sicilian red prawns (about 250 g) Quinoa seeds 100 g Ginger one root about 50 g N ° 1 papaya Pearls of balsamic vinegar a jar of 50 g Wasabi paste 10 g Balik eggs 10 g 1 lime

Preparation :
Clean the shellfish, chop the prawns to make the tartare and gently beat the scampi with a meat mallet. Cook the quinoa in water once cooked, allow all the water to dry and season with salt, pepper and a drizzle of extra virgin olive oil. Arrange the prawn tartare on the plate, giving the shape of the prawn carpaccio, quinoa and balik eggs with a pastry cutter. Clean the papaya and pass through the vegetable mill to create a puree. Finish the dish with all the rest of the ingredients that serve as toppings for the shellfish, define the dish with the grated lime zest.

INFO
www.cesenatico.it
Grand Hotel Da Vinci 
Monnalisa

CESARE ZUCCA
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Milanese di nascita, vive tra New York, Milano e il resto del mondo. Viaggia su e giù per l’America e si concede evasioni in Italia e in Europa.
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“Terrammare”, lo chef Peppe Barone porta a Milano i sapori siciliani di Modica e Scicli

di Raffaele D’Argenzio

“Terrammare”, un connubio tra quell’entroterra che ogni siciliano ama, quella casa a cui aspira sempre a tornare quando è lontano, e il sole e la salinità del mare, per un racconto che fa toccare con mano secoli di culture e tradizioni.

Il nuovo ristorante al 100% siciliano che esplora la cucina di Modica e Scicli dello chef Peppe Barone e Stefania Lattuca, dopo l’esperienza ventennale di Fattoria delle Torri a Modica, di Ammare a Scicli e di 5 anni itineranti nelle sedi italiane di Eataly, approda a Milano (in via Giuseppe Sacchi all’8), nel cuore di Brera.

“Dopo le numerose esperienze per l’Italia ho voluto portare a Milano una cucina siciliana contemporanea, al passo con i cambiamenti, fatta di tanto pesce azzurro, nel rispetto della bio sostenibilità del Mediterraneo, creando un’ideale unione tra terra e mare”, racconta lo chef Peppe Barone.

“Un’isola nell’isola, l’emozione di essere in cima allo stivale, con le radici ancora ancorate alla nostra terra e al nostro mare per raccontare un’identità fatta di memoria, gioco, esperienza, ambizione, percezione del bello e del buono, di una magia che unisce amore e passione”, dice invece Stefania Lattuca, co-proprietaria e restaurant manager di Terrammare. Siciliane anche le maestranze e i materiali che hanno costruito il locale, la brigata della cucina e il personale di sala, per un grande tripudio della Trinacria.

Da Terrammare una cucina creativa e mediterranea

“Un progetto di cucina creativa e mediterranea, che è partito 25 anni fa come riscatto sentimentale e sociale per le donne modicane in cucina e ha trovato terreno fertile nel ristorante Fattoria delle Torri a Modica, a cui si aggiungono gli insegnamenti di Luigi Veronelli, mio mentore ormai 35 anni fa” racconta ancora lo chef Peppe Barone.

Tra i primi chef della “Sicilia Contemporanea” che non scimmiottava la cucina francese e che si differenziava dai canoni rigidi di quella tradizionale popolana. “La materia prima deve raccontare di sé, ho quindi strutturato insieme a Stefania Lattuca un menu che racconti dei tesori della nostra terra con una cucina che sia tangibile, facile, di gola, di emozioni”.

“Ritengo che il cuoco deva fare da mediatore tra l’ospite e l’agricoltore condividendo il suo saper cercare e il suo know how culinario: sta nascendo negli ultimi 5 anni un movimento di nuova ripresa agricola siciliana dove i giovani hanno iniziato a tornare a casa per coltivare i prodotti locali, autentici; questi sono quelli che vorrei portare sulla tavola di Milano” continua ancora Barone.

“La carta dei vini, poi, tocca gran parte del panorama enologico siciliano. Un occhio attento verso i piccoli produttori emergenti e realtà biodinamiche tra le eccellenze di fama internazionale. Immancabile una selezione di bollicine tra spumanti e champagne e uno spazio dedicato alle altre regioni d’Italia e ai vini esteri” aggiunge Stefania Lattuca.

I piatti iconici del menù di Terrammare

Tra i piatti più iconici dello chef Peppe Barone la pasta con le sarde che ha rivisitato in chiave moderna. Il “risotto milanese portato al mare” è invece il simbolo della sintesi tra la cucina siciliana e quella meneghina ovvero carnaroli riserva, zafferano, gamberi bianchi di nassa, limone interdonato e polvere di capperi. Non può poi mancare l’Arancino siciliano, ovviamente in versione gourmet

Tra i secondi, da provare il cosciotto di coniglio glassato alla stimpirata, ovvero in agrodolce tipico della caponata e la “milanese secondo noi” che vuole essere una provocazione al classico milanese e il biancomangiare, preparato con lombo di vitello in crosta di mandorla Pizzuta d’Avola, Maionese di Semi di Finocchio e Rucola. Da non perdere poi il “Capone Accaponato”, a base della tipica “caponata” siciliana

Per chi preferisce i secondi di pesce, da provare il “pesce stocco alla messinese”, o il “Morro in Padella” con pesto di pomodorini secchi, zucca gialla e pane nero.

Dulcis in fundo, concludete con il cannolo e la “nuvola di cassata” per la delizia del palato.

Il design tutto siciliano di Terrammare

“L’idea è stata quella di ricreare un ambiente dove l’accoglienza fosse sovrana, come nella migliore cultura siciliana, ma che uscisse dal linguaggio canonico della ristorazione, raccontando l’esperienza della Trinacria” raccontano Viviana Pitrolo e Danilo De Maio di Dark2, architetti non a caso sciclitani.

“Abbiamo utilizzando delle cementine di recupero da antiche residenze siciliane, simbolo della nostra tradizione da utilizzare in un linguaggio moderno, per realizzare una sorta di tappeto che si abbina a un moderno pavimento di microcemento che imita l’effetto tattile del velluto.

Dall’entrata si incontrano una serie di cerchi perfetti simili a un cannocchiale che indirizzano alla sala principale dall’effetto materico e dai colori scuri, a cui abbiamo aggiunto tavoli di legno di frassino ulivato a interi pezzi singoli, per creare quel rapporto diretto con la natura tipico della cultura siciliana”.

Boiserie e carta da parati sono sempre un’interpretazione della tradizione con un tocco moderno: i tipici ricami siciliani vengono ricreati con una maglia di microcemento ad effetto 3d, con effetto anticato nei bagni.

La tavola è apparecchiata in modo da esaltare l’effetto materico degli elementi in particolare il legno, il ferro, il verde acqua, che riprendono idealmente i colori del Mediterraneo e la terra e il mare che danno nome al locale. Un tocco barocco non poteva mancare in singoli elementi come l’enorme candelabro dei saloni antichi ripensato in chiave moderna o i paralumi in vetro diverse una dall’altra, a richiamo dei bicchieri. Appena si entra si approda con lo sguardo alla cucina a vista, nucleo centrale e creativo del ristorante.

Le maestranze e i materiali usati per Terrammare sono siciliani al 100%: dalle sedie dal design moderno scelte in quattro tonalità in contrasto per creare quella nota fuori riga che dà una nota frizzante e pop all’ambiente, alle ceramiche di Cerruto di Modica che arricchiscono il ristorante; dai piatti fatti a mano da Alessandro De Rosa di Thalass all’artigiano Roberto Savarino per il legno fino al menu realizzato da Pietro Bonomo della tipografia storica Molithus di Modica.

INFO

Terramare, via G. Sacchi 8, Milano, tel 348/8074828, www.terrammare.rest

Aperto tutti i giorni dalle 12.30 alle 15 e dalle 19.30 alle 22.30.




Il mondo in un bicchiere. Absolut Comeback, la Vodka che “fa bene” all’ambiente

Absolut Comeback, la nuova Limited Edition di Absolut è un invito a costruire un futuro migliore, incoraggiando il riciclo e uno stile di vita circolare.

Di Giuseppina Serafino

Absolut Vodka è una delle vodka più conosciute al mondo. Dopo la sua commercializzazione negli Stati Uniti nel 1979, ha ridefinito il panorama delle vodka premium (in linea quindi con la nostra linea editoriale), diventando sinonimo di arte, cultura e vita notturna.

Viene prodotta con frumento invernale e acqua del sud della Svezia, il paese “più green d’Europa”. L’acqua, proveniente da un pozzo di Ahus, località di origine, è esente da impurità e il frumento utilizzato cresce sotto la neve germinando in grani robusti, con uso di fertilizzanti ridotti al minimo.

La sostenibilità fa parte della mission di Absolut che ormai da tempo si impegna per un mondo circolare, in cui le risorse vengano utilizzate a vantaggio delle economie locali, delle comunità e degli ecosistemi.

Coerentemente con la propria mission, la nuova edizione limitata che ha reso le bottiglie Absolut dei veri e propri oggetti da collezione, è realizzata con più del 41% di vetro riciclato e con il tipico design iconico del brand. Il look originale della nuova bottiglia è dato da un pattern tridimensionale dalle mille sfaccettature, ottenuto grazie a una particolare molatura del vetro. La nuova bottiglia in edizione limitata è disponibile in più di 80 paesi.

Nei rifiuti Absolut riconosce potere e bellezza e crede che basti un po’ di creatività per donare una nuova vita a qualcosa che risulti desueto. Absolut Comeback vuole dimostrare ciò con una bottiglia di vodka, divenendo così il manifesto della campagna Create a Better Tomorrow, Tonight.

#recyclinghero-Insieme per un futuro migliore!

Absolut crede che sia possibile costruire un mondo più aperto sfruttando la creatività per innescare un cambiamento positivo. Si tratta di una dichiarazione di responsabilità e dell’impegno a lavorare per migliorare, sulla base della convinzione che tutti i marchi debbano agire in modo trasparente per dar vita a un mondo più aperto. Absolut vuole invitare tutti a prendere parte alla sua iniziativa #RecyclingHero-insieme possiamo costruire un futuro migliore.

Una guida per diventare dei veri recycling heros

In occasione del lancio della nuova bottiglia in edizione limitata, Absolut ha stilato una guida alla vita circolare in collaborazione con un gruppo di ispiratori che lavorano nel campo della sostenibilità e della creatività.

La guida raccoglie trucchi, conoscenze, aneddoti di personaggi come l’influencer e attivista per uno stile di vita a spreco zero Lauren Singer, la giornalista Lucy Siegle, che scrive di temi ambientali, e molti altri creativi progressisti. Il risultato è un vademecum che accompagna, giorno dopo giorno, nel viaggio verso uno stile di vita più circolare. Prosit!

INFO

www.absolut.com




Davide Oldani, “Mangia come parli”

Di Camilla Rocca

L’arte di diffondere la cucina pop in un ristorante stellato. È Davide Oldani che ha saputo raccontare la sua filosofia basata sulla semplicità e sull’utilizzo delle materie umili anche a quel pubblico abituato alle gran tables francesi, portando appassionati gourmand a San Pietro All’Olmo, frazione di Cornaredo, paesino alle porte di Milano nord, nel suo ristorante D’O.

Ambassador per Expo 2015, tra i 50 chef ambasciatori della cucina italiana nel mondo, nel 2008 ha ricevuto l’ambito Ambrogino d’Oro dal Comune di Milano, ha partecipato al programma The Chef su La5 e canale 5. Autore di numerosi libri di cucina, è uno dei Marchesi Boys, discepolo del Gran Maestro Gualtiero Marchesi, e oggi lo ascoltiamo su Radio24 nel programma “Mangia come parli”.

Qual è il tuo primo ricordo in cucina?

Quando pulivo i ricci da Gualtiero Marchesi, in via Bonvesin della Riva a 18 anni. Rimanevo fuori dalla cucina, come si usava allora, entrare e stare ai fornelli era un premio che bisognava conquistarsi. Al massimo completavo i piatti, assemblavo, mi occupavo delle preparazioni. E osservavo gli altri cucinare, sognando un giorno di trovarmi al loro posto.

Se tu fossi un piatto del tuo menu, saresti…

Sicuramente un menu fatto da piatti che offrono contrasti ed equilibri, un esempio su tutti un mio piatto signature, la cipolla caramellata, con il suo tipico agrodolce.

Un piatto che preferisci mangiare se cucinato da un’altra persona?

Qualsiasi piatto, purché preparato con passione. Certo posso sembrare anche un giudice severo, ma quando c’è qualcosa che spinge a migliorarsi sempre, non posso che partire dal 10 in su.

Un weekend che ricordi

L’ultimo weekend a Londra, ho rivissuto quando a 20 anni ho lavorato al tristellato Le Gavroche. Sono ovviamente andato a cenare a quel ristorante e ho rivisto il mio chef.

Il miglior weekend per te sarebbe …?

Sicuramente in montagna insieme a tutta la famiglia, stando insieme vicino a un caminetto durante una nevicata. Cucinerei? Anche, ma amo anche visitare nuovi ristoranti che propongano sia cucina da fine dining che bistrot.

Il tuo miglior un viaggio in Europa in cui hai imparato qualcosa per la tua cucina?

A Barcellona al Bar Brutal, perché, anche se si tratta di un semplice bar, ha una vasta selezione di vini biodinamici su cui inizialmente ero un po’ scettico e una vasta selezione di prodotti del territorio con una forte attenzione alla stagionalità. Non mancava un tocco di italiano come un riso mantecato e una bella selezione di tapas in stile Ferran Adrià, il grande chef spagnolo che qui ha formato una generazione di cuochi contemporanei.

Qualche input da un viaggio in Oriente?

Prendo sempre spunti da ogni viaggio che faccio, mi ha affascinato in particolare il Bahrein (Golfo Persico) dove ho conosciuto l’uso del limone nero essiccato. Sempre in Oriente ho sperimentato diverse erbe che vanno a comporre una particolare miscela che uso spesso nei miei piatti.

Che auto usi?

Ne uso due: una Mercedes classe G e una Toyota IQ elettrica: la prima per i viaggi lunghi, la seconda per il quotidiano. Come per la cucina, che oggi è assolutamente sostenibile e totalmente elettrica, sto cercando di spostarmi in modo ecologico e sostenibile.

GRANA PADANO RISERVA CALDO E FREDDO: CIPOLLA CARAMELLATA

Ingredienti per 4 persone

Per il Grana Padano

  • 500 g panna
  • 200 g Grana Padano riserva
  • 3 g gomma Xantana
  • 2 g sale
  • 2 g zucchero

Per la cipolla

  • 50 g cipolle bianche tagliate in piccoli pezzi
  • 20 g zucchero
  • 20 g burro

Per il biscotto

  • 250 g farina
  • 250 g burro
  • 100 g acqua
  • 10 g sale

PROCEDIMENTO

Per il grana

Portare a bollore il latte e la panna con sale e zucchero. Togliere dal fuoco ed unire il Grana Padano. Frullare e setacciare. Mantecare una metà nella gelatiera, l’altra parte unire la polvere di xantana e conservare al caldo in un sifone.

Per la cipolla

Far sciogliere il burro, unire lo zucchero e far caramellare poi aggiungere la cipolla sbianchita in acqua fredda e cuocere per circa 30 minuti. Tenere da parte.

Per il biscotto

impastare tutti gli ingredienti assieme, stendere sottile e cuocere in forno a 180°C. togliere dal forno e frullare.

Per la finitura

Disporre la crema calda di Grana, poi la cipolla, il biscotto ed in fine il gelato.

INFO

Ristorante D’O, Piazza della Chiesa 14, San Pietro all’Olmo, Cornadero (MI), Tel 02/9362209, www.cucinapop.do/




Stefano Righetti, il giovane chef della cucina alpina

Di Vittorina Fellin

Se mai esistesse un’accezione nobile del verbo coccolare, è stata coniata qui allo Chalet del Sogno di Madonna di Campiglio e Stefano Righetti e Alberto Schiavon ne sono i sorridenti interpreti. Il primo, un plurimedagliato atleta della nazionale italiana di snowboard cross e patron del luxury boutique hotel 5 stelle, il secondo l’executive chef che ogni sera intrattiene clienti ed appassionati al ristorante gourmet Due Pini dell’hotel.

I trascorsi del giovane chef parlano di maestri prestigiosi come Leandro Luppi, ma è la qualità della sua cucina che merita la nostra attenzione. Orientata soprattutto alle materie prime del territorio, la sua personale interpretazione della cucina trova la sua espressione con piatti ben presentati e creativi, basati su dettagli curati votati alla massima soddisfazione del gusto.

Che si tratti di pesce (la trota iridea salmonata marinata con acqua di gazpacho di melone, sabbia di nocciole salate e cioccolato bianco), carni (il toro bio delle Dolomiti nel vaso ne è un esempio) o piatti vegetariani, Righetti sa dare il giusto significato ad ogni materia prima. Orto, fattoria, bosco, fiumi e laghi, pascoli, così sono classificati i diversi menu del ristorante e ovunque si decida di approdare, l’executive chef dei Due Pini sa realizzare un itinerario elegante e misurato.

Certo la ricchezza gastronomica del territorio contribuisce molto a realizzare quel connubio di perfezione e di stile di chi il talento lo possiede per davvero. L’area che va dal Garda alle Dolomiti di Brenta è un luogo perfetto per realizzare prodotti con un mix di sapori influenzati dal lago e dalle montagne.

Prodotti unici come la carne salada De.Co. (Denominazione di origine comunale) dell’Alto Garda; il pesce di lago Igp, le susine Dop di Dro, i broccoli di Torbole (presidio Slow Food). Non mancano il tartufo e lo zafferano del Monte Baldo, il delicato Olio Extravergine d’Oliva Dop del Garda Trentino. E poi i vini dal Nosiola al nobile Vino Santo Trentino (presidio Slow Food).

Che cosa ti ha condotto alla cucina?

Diciamo che era nel mio patrimonio genetico. Vengo da una famiglia che ha una forte tradizione nel mondo della gastronomia fin dal 1901. Pur appartenendo a quel mondo però, in giovane età ho avuto una piccola deviazione di percorso frequentando un istituto per geometri. Ma terminata la deriva giovanile, ho iniziato a frequentare l’istituto alberghiero di Brescia, mia città d’origine, e a 16 anni ho cominciato a muovere i primi passi nelle cucine. Prima in Trentino, poi a Sirmione e infine al ristorante stellato la Vecchia Malcesine dove ho incontrato il mio mentore, Leandro Luppi, e dove mi sono fermato per ben sei anni. Ho continuato all’Antica Osteria del Teatro di Filippo Chiappini e al Combal.Zero di Davide Scabin, dopo sono stato un anno e mezzo. Esperienze piene, basilari, di crescita umana e professionale,

Quindi se ti chiedessi chi ha influito di più sulla tua formazione cosa mi risponderesti?

Che Leandro Luppi è stato il mio “padre putativo”, lui ha dato forma alla mia passione e ha ispirato la mia cucina.

Sei stato anche in altri paesi fuori dall’Italia?

Per chi come me vuole fare questo mestiere e alzare il livello qualitativo professionale, la permanenza all’estero è necessaria. Concluse le esperienze in Italia, sono partito per Abu Dhabi dove sono approdato al Cipriani Yas Island e successivamente al Locals Only di Ibiza. Alberto Schiavon mi ha trovato lì e mi ha portato a Madonna di Campiglio.

Quindi ti ha strappato al mondo scintillante di Ibiza per portati nel glamour dell’internazionale Madonna di Campiglio. Come ti ha convinto a tornare?

Ero ormai stanco dell’esperienza isolana e sentivo il desiderio di lanciarmi in una nuova avventura professionale. Fin da subito ho trovato una certa sintonia con la proprietà dell’Hotel Chalet del Sogno gestito dalla famiglia Schiavon. Alberto in particolare, voleva dare un’identità più marcata al ristorante, in linea con gli alti standard offerti dall’hotel. A me sarebbe stata concessa l’opportunità di interpretare la mia idea di cucina alpina attingendo ad un patrimonio di materie prime senza eguali.

Mentre ti trovavi in questi iconici luoghi all’estero, riuscivi a dedicare del tempo alla visita e alla scoperta delle bellezze naturali e artistiche?

Purtroppo meno di quanto avrei voluto. Le cucine, in particolare quelle che si possono fregiare di qualche stella, ti assorbono completamente. Risulta difficile fare altro, stabilire confini e creare rapporti che non siano solo quelli di lavoro.

Oggi che sei tornato a casa e ti sei riappropriato della tua vita, come impegni il tuo tempo libero?

Sono uno sportivo, amo la bicicletta, fare delle passeggiate e qui posso trovare tutto quello che posso desiderare.

Dove vorresti passare in tuo weekend ideale?

Non ho mai visitato la Grecia, vorrei tanto vedere il Partenone, assaporare la cucina greca, incontrare persone autentiche.

E in Italia cosa vorresti visitare che non hai già visto?

La Sicilia prima di tutto. Poco tempo fa ho incontrato un agricoltore che ci fornisce delle materie prime eccezionali e mi ha invitato a visitare le sue tenute. Sono affascinato da questo territorio così ricco di prodotti e di sapori.

E all’estero dove vorresti andare?

In Islanda con un Volkswagen California così posso caricarmi tutto compresa la bicicletta e assaporare quella libertà che spesso mi manca. Un viaggio in un posto così estremo è la mia idea di libertà.

Come vedi il tuo futuro professionale e cosa ti aspetti ancora?

La crescita è sempre necessaria e se arrivasse una stella a completamento di un percorso ne sarei felice. Un riconoscimento tanto prestigioso fa sempre bene sia allo chef che al ristorante perché premia gli sforzi e l’impegno di tutto il team. Ma non ci voglio perdere il sonno. Lo scopo è sempre di dare il meglio delle nostre possibilità.

Tartar di coregone, carpaccio di rapa rossa all’arancio e chutney di pompelmo

Ingredienti per 4 persone

  • 1 kg coregone già pulito
  • 1 rapa rossa
  • 1 rapa di Chioggia
  • 3 Pompelmi
  • 2 scalogni
  • 30 g sale
  • 120 g zucchero
  • 50 g aceto bianco
  • Pepe q.b
  • Salsa di soia q.b
  • Olio evo q.b
  • Buccia e succo d’arancia, zenzero, aneto

Per preparare la tartar di coregone

Mettere a marinare il coregone pulito e spinato con sale, zucchero e gli aromi per almeno 18 ore. Toglierlo dalla marinatura, sciacquarlo e tagliarlo a tartar. Mettere in frigo in attesa di preparare il resto degli ingredienti e comporre il piatto.

Per il carpaccio di rapa rossa all’arancio

  • 1 rapa rossa
  • 1 rapa Chioggia

Lavare e pelare le rape con un pela patate. Tagliarle sottili con un’affettatrice e metterle a marinare in un dressing di soia, succo d’arancia e pepe. Il composto deve macerare nel dressing per almeno 20 minuti.

 Per il chutney di pompelmo

  • 2 scalogni
  • 3 pompelmi
  • 50 g di aceto bianco
  • 100 g di zucchero
  • Olio evo q.b.

Far dorare lo scalogno con dell’olio evo in una padella. Nel frattempo sbucciare i pompelmi curando di togliere tutta la buccia bianca amara, tenere tutto il succo che si produce durante la lavorazione, tagliare gli spicchi a pezzetti e aggiungerli in padella con lo zucchero. Sfumare con l’aceto bianco. Cuocere per 5-7 minuti, aggiungendo del brodo se necessario per completare la cottura.

Composizione

Procedere alla composizione del piatto aiutandosi con un coppapasta per la tartar, aggiungendo sopra le fettine di carpaccio di rapa rossa all’arancio e il chutney di pompelmo.

Tempo di preparazione 50 minuti

Il consiglio di Weekend Premium

Questo è un super piatto per la grande quantità di elementi nutritivi presenti, come il pesce e le rape rosse preservati, nella loro qualità, dall’assenza di cottura. Un piatto leggero e colorato da proporre nelle prossime feste.

INFO

Hotel Chalet del Sogno

Via Spinale, 37b, Madonna di Campiglio TN

www.chaletdelsogno.com

www.ristoranteduepini.com