Franco Noriega, lo chef più sexy del mondo

Nella foto: Franco Noriega in cucina.

Sfida in cucina: stelle Michelin e ricette elaborate contro addominali mozzafiato e una faccia da Hollywood… Chi vince ?
di Cesare Zucca   –

For the full version in english CLICK HERE

Sfida in cucina: stelle Michelin e ricette elaborate contro addominali mozzafiato e una faccia da Hollywood… Chi vince ?
Per me la risposta è semplice: vince il cibo sano e un piatto saporito fatto con ingredienti selezionati e intelligenti scelte organiche. In più, se ai fornelli c’è Franco Noriega, definito dalla stampa internazionale ‘lo chef più sexy del mondo’,  il gioco è fatto!

Franco Noriega, peruviano di origine, ha sfilato nelle passerelle di Burberry e Dolce & Gabbana, è popolarissimo su YouTube grazie al suo show “Chef Nudo” ed è richiestissimo dai più popolari talk show americani, come “Ellen”, Noriega è il fondatore e ristoratore di BABY BRASA, gruppo di ristoranti organici e servizi di catering con sede a New York.

Baby Brasa si ispira alle classiche pollerías peruviane e si concentra sul servire pasti sani e di provenienza responsabile per una cucina peruviana contemporanea, piatti fusion, cocktail d’autore e una ‘caliente’ musica live.

Dove ti piace passare un weekend libero?
Amo il sole, il mare, la spiaggia, le palme, quindi le mie destinazioni preferite sono Miami, che è a poche ore di volo da NY oppure Rio do Janeiro, per un weekend lungo: viaggio di notte, e quando arrivo alla mattina… sono già in spiaggia!

Come modello, hai viaggiato tanto?
In tutto il mondo, Italia compresa, naturalmente. Mi piace scoprire nuovi posti, e nuove culture, Sono un gran curioso e aper a nuove sensazioni. Ero in Messico a Tulum, in uno dei nostri Hotels Casa Pueblo, dove mi hanno servito un chilcano, tradizionale drink peruviano con ginger ale e pisco, tipico brandy prodotto in Perù che però lì avevano sostituito con il mezcal messicano. Ottimo, adottato!

Il tuo piatto preferito della cucina italiana?
La pasta al ragù, una vera delizia, ma anche la semplicissima aglio, olio e peperoncino…
il tuo primo ricordo in cucina ?
La cucina era un po’ il centro della casa.  Ero spesso tra i fornelli con nonna Delfina, lei cucinava, io curiosavo dovunque e l’aiutavo a pelare le patate. Provengo da una famiglia di ristoratori, i miei hanno sempre avuto locali in Perù e e sono cresciuto con un concetto del cibo concentrato non solo sul gusto e sulla bellezza, ma anche su cosa potesse significare in termini di lavoro, di carriera e di business.

Un business che, a causa del covid, ora sta attraversando una brutta crisi, anche a New York. Cosa dici a proposito?
Ti rispondo con un messaggio di speranza. In cinese la parola ‘crisi’ è tradotta in 危机 (Wei Ji), composta da due caratteri. Il primo è Wei, che significa ‘pericolo’, il secondo è Ji, che significa ‘opportunità’. È giunto il momento di pensare a quale sarà il nostro prossimo passo.
Il risorante è chiuso, però i nostri clienti rimangono affezionati, anche Sse solo per il ‘to go ‘.

Molte consegne a domicilio?
Si, devo dire che a New York il delivery è popolarissimo da anni, qui la gente cucina poco e preferisce farsi portare la cena a casa. Con lo slogan ‘Baby, we deliver’ ci siamo affidati a ottimi servizi di consegna, come Caviar, Seamless, Grubhub, che ci garantiscono recapiti rapidi e professionali in tutte le zone di Manhattan.

Tu cucini a casa?
Mangio quasi sempre nel mio ristorante, dove so che il cibo è fresco, naturale, pulito, ben curato, senza grassi o additivi poco salutari. Per esempio, i miei chicken wraps on greens, involtini di pollo, serviti come dei burritos messicani, ma in una foglia di lattuga, freschi, sani e super semplici da realizzare.
Ti dò la ricetta, provali!

Ti consideri uno chef green ?
Non amo classificarmi nè amo qualunque tipo di definizione: sono un paladino del cibo sano e di ingredienti organici e sono un sostenitore della politica no waste per ridurre al minimo lo spreco in cucina. L’impegno di prendersi cura dell’ambiente è essenziale

Per tenerti in forma segui una dieta speciale?
Si, posso dire che la mia dieta la faccio qui, semplicemente mangiando… e ballando: al weekend ospitiamo una band che suona musica latina ‘muy caliente’: cumbia, bachata, reggaeton, salsa, merengue… impossibile restare fermi…

Cosa c’è sempre nel tuo frigo?
Tanto verde: verdure, piselli e uova per il breakfast.
Tutto sanissimo dunque…
Si, anche se devo confessare che ogni tanto mi lascio tentare da qualche junk food. Un paio di giorni fa a Miami sono passato davanti un KFC e non ho saputo resistere a un piatto di pollo fritto. (ride) Nessuno è perfetto….

La ricetta più buona del mondo?
(ride) Penserai che voglio fare della promozione ma, credimi, non è così…
Il roasted baby chicken del mio ristorante è davvero il migliore che io abbia mai mangiato…e non sono il solo: ho molti amici chef che la pensano come me e quando hanno del tempo libero vengono qui a gustarsi il mio polletto.

Un piatto insuperabile? 
Non ho dubbi: il mitico risotto allo zafferano di mia nonna Natalina, originaria prorio di Milano.
Guidi?
Solo se sono in viaggio, qui a New York giro in bici o vado di skateboard.

il cibo più sexy?
Trovo piuttosto erotico un piatto con ostriche e avocado, eh si, devo confessarti che su di me l’avocado ha un effetto definitivamente afrodisiaco…

La ricetta di Franco Noriega
Chicken wraps on greens – Involtini di pollo su verdure
• Petti di pollo senza pelle disossati da  230 gr
• 1/2 tazza di maionese
• 1/4 tazza di parmigiano grattugiato
• 2 tazze di lattuga romana tritata
• 2 pomodori, ognuno tagliato in 6 fette
• 16 foglie di basilico fresco
• 1/2 tazza di crostini di pane, leggermente tritati
• 1 mango
• 1 grande lattuga intera
Preparazione
In una padella da 25 cm sciogli il burro a fuoco medio-basso.
Aggiungi il pollo e cuocilo, girandolo solo una volta, per 13-18 minuti o fino a quando la temperatura interna del pollo raggiunge i 75° e  entrambi i lati sono dorati.
Punzecchiali con una forbice per far uscire tutto il liquido.
Rimuovi dalla padella; tagliato a strisce sottili.
Mescola maionese e parmigiano in una ciotola. Distribuisci su ogni tortilla.
Usa la lattuga come se fosse una tortilla, quindi aggiungi il pollo, il pomodoro, il basilico e i crostini.
Avvolgi e crea un involtino, simile un burrito messicano.
INFO
info@babybrasa.com
Baby Brasa
173 7TH Ave. South, West Village New York
CESARE ZUCCA
Travel, food & lifestyle.
Milanese di nascita, vive tra New York, Milano e il resto del mondo. Viaggia su e giù per l’America e si concede evasioni in Italia e in Europa. Per WEEKEND PREMIUM fotografa e  racconta città, culture, stili  e scopre delizie gastronomiche sia tradizionali che innovative. Incontra e intervista top chefs di tutto il mondo, ‘ruba’ le loro ricette e vi racconta il tutto qui, in stile ‘Turista non Turista’
For the English version, go to next page
Click NEXT

A duel in the kitchen: Michelin stars and elaborate recipes versus breathtaking abs and a Hollywood ‘superstar like’ face … Who is the winner?
Here’s my answer: the winner is a healthy cuisine, tasty dishes, selected ingredients and intelligent organic choices . In addition to that, if ‘the sexiest chef in the world’ Franco Noriega is in the kitchen, well, that’s it!
Noriega: has been modeling on the Burberry and Dolce & Gabbana catwalks, his YouTube show “Naked Chef” is a hit, he has been featured in popular American talk shows, such as” Ellen “.
Noriega is the founder and restaurateur of BABY BRASA, a group of organic restaurants and catering services based in New York. Baby Brasa is inspired by the classic Peruvian pollerías and focuses on serving healthy and responsibly sourced meals for contemporary Peruvian cuisine, fusion dishes, signature cocktails and ‘hot’ live music.

Where do you like to spend a free weekend?
I love the sun, the sea, the beach, the palm trees, so my favorite destinations are Miami, which is a few hours away from NY or Rio do Janeiro, for a long weekend: I travel at night, and when I arrive in the morning. .. I’m already on the beach!

As a model, have you traveled a lot?
All over the world, including Italy, of course. I like to discover new places, and new cultures, I am very curious and open to new sensations. I was in Mexico in Tulum, in one of our Casa Pueblos Hotels, where they served me a chilcano, a traditional Peruvian drink with ginger ale and pisco, a typical brandy produced in Peru which, however, they had replaced there with the local mezcal. Excellent, adopted!

Your favorite dish of Italian cuisine?
Pasta with meat sauce, a real delight, but also the simple aglio, olio ,peperoncino (garlic, oil and chilli pepper)
Your first memory in the kitchen?
The kitchen was somewhat the center of the house. I was often there with Grandma Delfina, she cooked, I was snooping everywhere and I helped her to peel the potatoes. I come from a family of restaurateurs who always had restaurants in Peru and I grew up with a concept of food focused not only on taste and beauty, but also on what it could mean in terms of work, career and business.
A business that, due to the covid, is now going through a bad crisis, even in New York. What do you say about it?
I ‘d like to answer with a message of hope. In Chinese the word ‘crisis’ is translated into 危机 (Wei Ji), consisting of two characters. The first is Wei, which means ‘danger’, the second is Ji, which means ‘opportunity’.The time has come to think about what our next step will be.
The restarant is closed now, but our costumers remain faithful, at list for pick up or delivery.

I have to say that delivery is very popular in New York, people here rarely cook  at home and they prefer to have dinner brought home. With the slogan ‘Baby, we deliver’ we use several excellent delivery services, such as Caviar, Seamless, Grubhub, all of them guarantee rapid and professional deliveries in all areas of Manhattan.

Do you cook at home?
Rarely, I prefer to eat in my restaurant, where I know that the food is fresh, natural, clean, well cured, without fat or unhealthy additives. For example, my ‘chicken wraps on greens burrito style’ served in a lettuce leaf, fresh, healthy and super simple to make.
I’ll give you the recipe, try !
Do you consider yourself a ‘green’ chef?
I don’t like to classify myself, neither any type of definition: I am a big fan of healthy food, organic ingredients and I support the ‘no waste’ policy to minimize waste in the kitchen.

You are definetely fit. Do you follow a special diet ?
My diet is here: eating healthy in my restaurant and… dancing.
On weekends we host a band that plays some “muy caliente” Latin music : cumbia, bachata, reggaeton, salsa, merengue. Let’s dance!

What’s always in your fridge?
A lot of greens, vegetables, peas and eggs for breakfast.
Very healthy ...
Yes, although I must confess that sometimes I let myself be tempted by some junk food. A couple of days ago in Miami I passed by a KFC and I couldn’t resist a plate of fried chicken. (smiles) Please forginve me , but hey ‘Nobody is perfect? ….
The best recipe in the world?
Well, It may looks that I want to do some promotion… but. believe me, it’s not like that … ‘Baby Brasa roasted chicken’ is really the best I’ve ever eaten … and I’m not the only one, There are many friends chef who think the same and when they have some free time, they like to come here to enjoy my chicken.

A dish to remember?
I have no doubts: the legendary ‘saffron risotto’  cooked by my grandmother Natalina, originally from Milan.
Do you drive?
Only if I’m traveling, In New York I ride a bike or a skateboard.

The sexiest food?
I find a plate with oysters and avocado rather erotic Yes, I must confess that avocado has a definitely aphrodisiac effect on me …
Franco Noriega’s recipe
Chicken wraps on greens – Involtini di pollo su verdure
Ingredients
  • 1/2 pound boneless skinless chicken breasts 
  • 1/2 cup mayonnaise or salad dressing 
  • 1/4 cup shredded Parmesan cheese 
  • 2 cups shredded romaine lettuce 
  • Roma tomatoes, each cut into 6 slices 
  • 16 fresh basil leaves 
  • 1/2 cup Italian-flavored croutons, slightly crushed 
  • 1 Mango
  • 1 big whole lettuce 

Preparation

  1. Melt butter in 10-inch skillet over medium-low heat until sizzling.
  2. Add chicken; cook, turning once, 13-18 minutes or until internal temperature of chicken reaches 165⁰F, is golden brown on both sides and juices run clear when pierced with a fork. Remove from skillet; cut into strips.
  3. Mix mayonnaise and Parmesan cheese in bowl. Spread onto each tortilla. Use the lettuce like tortilla, then add the chicken, tomato, basil and croutons.
  4. Wrap up burrito-style                                                                                                                   INFO
    Baby Brasa
    info@babybrasa.com
    173 7TH Ave. South, West Village New York
CESARE ZUCCA
Travel, food & lifestyle.
Milanese by birth, she lives between New York, Milan and the rest of the world. He travels up and down America and allows himself to escape to Italy and Europe.
For WEEKEND PREMIUM he photographs and narrates cities, cultures, lifestyles and discovers traditional and innovative gastronomic delights. Meet and interview top chefs from all over the world, ‘steal’ their recipes and tell you everything here, in the ‘non-touristy’ style



ITALIA DEL GUSTO. Tre TOP RICETTE da Monterosso (SP), Torre di Palme (FM) e Alghero (SS)

Stiamo per ri-partire. Molte regioni dal prossimo 18 maggio apriranno le spiagge e, se tutto andrà bene, dal prossimo 1°giugno potremo pensare a programmare le vacanze. Anche se saranno diverse, con qualche precauzione in più, potremo viaggiare e godere dei paesaggi e dei sapori della nostra bella Italia. Intanto, nella nostra rubrica “ITALIA del Gusto” vi diamo un assaggio, come sempre con tre TOP RICETTE da altrettante località a Nord, Centro e Sud.

Monterosso (SP) e la “sua” Torta di riso

Amata da Montale, Byron e Shelley, che a Monterosso, hanno lasciato segni del loro passaggio, la più occidentale delle Cinque Terre è un gioiello incastonato tra alte scogliere, un mare cristallino e un ricco entroterra fatto di terrazzamenti dove crescono viti, olivi e alberi di limone.

Da non perdere le sue spiagge, belle in tutte le stagioni. Chi arriva in treno si troverà, appena fuori dalla stazione, sul lungomare Fegina. Qui si trovano subito due piccole spiagge libere di sabbia e ciotoli, mentre altre dotate di stabilimenti si trovano presso l’attracco dei traghetti che portano alle altre Cinque Terre e al Golfo dei Poeti.

Camminando fino alla fine del lungomare di Fegina, in direzione di Levanto, invece, si incontra un’altra spiaggetta. Alla fine di questa, dove comincia il piccolo porto, si trova l’imponente scultura del Gigante, un’opera di ferro e cemento armato di 14 metri, opera di Arrigo Minerbi e dell’ingegner Levacher del 1910. La gigantesca scultura è stata commissionata da Giovanni e Juanita Pastine, due monterossini tornati in patria dall’Argentina.

La passeggiata nel centro storico può invece partire dalla duecentesca Chiesa di San Giovanni Battista, con la facciata di marmo bianco e serpentino verde e un rosone gotico traforato in marmo. Dietro la chiesa si trova l’Oratorio della Confraternita dei Neri, in stile barocco. che risale al XVI secolo, quando, durante la Controriforma, nacquero confraternite laiche dedite alle opere di bene. Poco distante si trova anche l’Oratorio della Confraternita dei Bianchi, che deve il suo nome al colore dell’abito utilizzato durante le cerimonie dagli adepti.

Vale una visita anche il Castello di Monterosso, con le sue belle torri merlate. La posizione è davvero mozzafiato. Sorge infatti su uno sperone roccioso a strapiombo sul mare. Visitatelo al tramonto, è ancora più suggestivo.

Tra le escursioni da non perdere, invece, c’è quella a Punta Mesco, a cui si arriva attraverso un sentiero panoramico che passa dal vecchio semaforo. Quasi sulla cima, si incontra la villa “Delle due Palme” di Eugenio Montale, dove il Premio Nobel per la Letteratura amava trascorrere lunghi periodi e nella quale ha scritto capolavori come Ossi di Seppia, Mediterraneo e Meriggi di Ombre.

Altre due belle escursioni sono quelle che portano al Colle dei Cappuccini, dove, nella Chiesa di San Francesco è custodita una Crocifissione attribuita a Van Dick. La seconda invece porta al Santuario di Nostra Signora di Soviore, appena sopra Monterosso, il più antico santuario mariano di tutta la Liguria.

Tra i sapori di Monterosso, invece, c’è la tipica torta di riso, che potete fare anche voi con la nostra ricetta.

Torta di riso di Monterosso

Ingredienti
• 400 gr di farina
• 300 gr d riso
• 3 uova
• 100 gr di grana grattugiato
• 2 cucchiai di olio extravergine di oliva
• 150 gr di ricotta
• 15 gr di funghi secchi
• Sale q.b

Mettete a bagno i funghi secchi in acqua tiepida. Lessate il riso in acqua salata e scolate al dente. Lasciatelo raffreddare, poi versatelo in una terrina e unite la ricotta, le uova, i funghi tritati e un pizzico di sale. Amalgamate il tutto. Preparate l’impasto per la base con la farina, il sale e un cucchiaio di olio di oliva. Ricavatene 4 sfoglie sottili. Stendetene due in una teglia unta di olio. Ungete anche le sfoglie, poi versatevi sopra il composto e livellatelo. Ricoprite con le altre due e richiudete facendo un orlo. Ungete la superficie con una pennellata di olio e infornate a 180° per circa 45 minuti.

INFO
www.lecinqueterre.org

Torre di Palme (FM) e il Brodetto di Porto San Giorgio

Sorge sulla cima di un colle, a 100 metri sul livello del mare Adriatico, sul quale si affaccia, regalando panorami e scorci mozzafiato. Siamo a Torre di Palme, nella provincia di Fermo, nelle Marche. Lasciate l’auto nel parcheggio all’ingresso del borgo e incamminatevi nel centro storico, che si può visitare con una rilassante passeggiata di un’ora. Gli edifici più interessanti si affacciano su via Piave, che taglia il borgo da est a ovest.

Da non perdere la splendida Torre merlata, risalente al XIII secolo, facente parte di un complesso difensivo che comprendeva altre cinque torri e una cinta muraria con camminamenti coperti. Bellissimo anche il Palazzo Priorale, attuale sede del Municipio, con il suo campanile a forma di vela, un arco a tutto sesto murato nella facciata e una splendida meridiana.

Fermatevi per una visita alla Chiesa di Sant’Agostino, in stile tardo gotico, una bella costruzione in mattoni a vista che custodisce al suo interno tesori come il Polittico di Vittore Cribelli, un sarcofago di età longobarda, una tavola di Vincenzo Pagani e una reliquia della croce.

Proseguendo lungo la via, arriviamo poi alla Chiesa di Santa Maria a Mare, costruita tra il XII e il XIII secolo. L’interno è in stile neoclassico, abbellito con splendidi affreschi della scuola giottesca e di quella dei fratelli Sanlimbeni.

Di fronte alla chiesa sorge poi l’Oratorio di San Rocco del XII secolo, sulla cui facciata cinquecentesca campeggia lo stemma di Torre di Palma. Infine, fermatevi in Piazza Amedeo Lattanzi per ammirare dalla terrazza panoramica una vista mozzafiato sul mare Adriatico e su tutto il litorale.

Tra le escursioni da non perdere c’è quella al Bosco del Cugnolo, che si raggiunge attraverso un facile sentiero di 2 km segnalato dal CAI, dal quale si arriva alla Grotta degli Amanti, che deve il suo nome alla vicenda di due innamorati, Antonio e Laurina. Durante le guerre coloniali del XX secolo, Antonio tornò a casa per una licenza di pochi giorni, ma, anziché tornare al fronte, fuggì con l’amata Laurina. I due si nascosero in una piccola grotta di arenaria scavata nelle pareti di tufo, circondata dal bosco.

Tra i piatti di mare da non perdere, c’è il Brodetto di Porto San Giorgio, un piatto “povero” che costituiva il pasto dei pescatori dell’Adriatico. Con il tempo, ha raggiunto un alto valore gastronomico e culturale, al punto che il Comune di Porto San Giorgio, che dista appena 12 km da Torre di Palme, ha codificato il brodetto come De.Co (Denominazione Comunale).

Il Brodetto di Porto San Giorgio

Ingredienti

  • 1,5 kg di pesce misto tra sgombro, gattuccia di mare, merluzzo, suro, scorfano, pesce di San Pietro, gronco, rosciolo, sogliola, arfanciu, razza, rana pescatrice, tracina, gallinella di mare, pesce prete, cicala di mare, totani, seppie, calamati, moscardini, scampi, gamberi e mazzancolla
  • 380 gr di olio extravergine di oliva
  • ½ peperoncino tagliato sottile
  • Acqua di mare o sale marino q.b
  • ¼ di aceto di vino
  • 5 spicchi di aglio, 1 rametto di prezzemolo
  • 1 cipolla
  • 1 peperone
  • Salsa di pomodoro + 2 pomodori rossi
  • Pane raffermo a fette

Tritale finemente il prezzemolo e l’aglio e metteteli a rosolare in una casseruola. Tagliate a cubetti i pomodori rossi e aggiungeteli. Aggiungete le cozze e le vongole pulite e lavate e lasciate bollire finché non si saranno aperti. Unite poi la seppia e i calamari tagliati a pezzetti. Coprite la pentola e lasciate bollire a fuoco medio per circa 10 minuti. Unite quindi tutti i pesci a eccezione degli scampi e delle triglie, che cuociono più in fretta. A questo punto unite l’aceto e la salsa di pomodoro. Aggiungete anche il peperoncino e il peperone tagliato a cubetti e aggiustate di olio. Lasciate cuocere il brodetto per circa 30 minuti, a fuoco moderato e coperto. Nel frattempo, tagliate il pane a fette e servite insieme al brodetto quando sarà pronto e ben caldo.

INFO

www.comune.fermo.it
www.fermoturismo.it

Alghero e l’aragosta alla catalana

 Viene chiamata anche Barceloneta per la sua storia, ma anche per le architetture e persino nel dialetto, retaggio della dominazione spagnola. Alghero è una delle perle della Sardegna, tra monumenti, paesaggi mozzafiato, un mare da sogno e una cucina che risente degli influssi regionali e spagnoli, come la celebre aragosta alla catalana.

La visita alla città comincia con una passeggiata lungo i Bastioni, per ammirare le torri difensive tra cui San Giacomo, San Giovanni, Vincenzo Sulis e della Maddalena. Dopo aver ammirato il panorama dalla Torre di Sant’Elmo, una scalinata conduce alla Piazza Civica, sulla quale si affacciano Palazzo de Ferrera, Casa de la Ciutat, e la Duana Real.

Nel centro storico si trova la Cattedrale di Santa Maria, in stile catalano. Tra gli edifici religiosi, meritano una sosta anche la Chiesa di San Michele con la cupola policroma e la Chiesa della Misericordia. Da visitare anche il suggestivo Museo del Corallo, ospitato nell’elegante Villa Costantino. Splendida anche la passeggiata serale sul Lungomare Dante e Valencia, circondati da ville in stile liberty.

Tra le escursioni da non perdere c’è quella alle Grotte di Nettuno, formazioni naturali di origine carsica, che si raggiungono scendendo una scalinata di 654 gradini chiamata la Escala del Cabirol. In alternativa, dal porto turistico partono i traghetti che consentono di raggiungere le grotte via mare.

Le Grotte di Nettuno si snodano per 4 chilometri sotto il Promontorio di Capo Caccia, un’altra eccellenza naturalistica da non perdere, ma non solo. Qui, infatti sono stati rinvenuti importanti reperti archeologico, mentre i fondali sono un paradiso per gli amanti delle immersioni. Sotto le acque cristalline si trova infatti la Grotta di Nereo, la più estesa grotta sommersa di tutto il Mediterraneo, culla del prezioso corallo rosso. Il promontorio fa parte dell’Area Marina di Capo Caccia che ha tra i suoi “abitanti”, il regale grifone.

Tra le bellezze naturali da non perdere c’è anche Punta Giglio, un promontorio di roccia calcarea dove si trovano diverse roccaforti con postazioni per i cannoni usati durante la Seconda Guerra Mondiale. Qui si trovano alcune grotte marine, che si possono visitare con un’immersione. Se amate il mare, dirigetevi invece verso Porto Conte, che fa parte di un parco naturale di oltre 5000 ettari e ospita diverse specie di animali.

Tra le spiagge più famose ci sono Le Bombarde, Il Lazzaretto, Mugoni, Cala Dragunara, la Spiaggia della Speranza, Punta Giglio e la Spiaggia del Porticciolo.

Non dimentichiamo, poi, che la zona è ricca di complessi nuragici, come quello di Palmavera, che include insediamenti successivi. La parte più antica è stata realizzata tra il 1600 e il 1300 a.C, la seconda tra il 1300 e il 1150 a.C, mentre la più recente attorno all’anno 1000 a.C.

Da non perdere anche una visita alla Necropoli di Anghelu Ruju, la più grande necropoli della Sardegna con 31 tombe a ipogeo. L’altra sua caratteristica è quella di essere una Domus de Janas, cioè una “casa delle fate” (o delle streghe) con la tipica forma a pozzetto.

Durante gli scavi per costruire l’acquedotto di Alghero, poi, è emersa la Necropoli di Santu Pedru, composta da dieci tombe, tra cui spicca la Tomba dei Vasi Tetrapodi, composta da nove celle. Di seguito, invece, vi sfidiamo a preparare la celebre aragosta alla catalana.

Aragosta alla catalana

Ingredienti

  • 2 aragoste da 500 gr cadauna
  • 300 gr di cipolle
  • 600 gr di pomodori
  • 1/3 di litro di olio extravergine di oliva
  • Succo di limone q.b
  • Sale e pepe nero macinato

Mettete a bollire le aragoste in acqua bollente per circa 45 minuti. Affettate le cipolle, mettetele a bagno in e tagliate i pomodori a spicchi. Preparate la vinaigrette sbattendo l’olio, il limone, il sale e il pepe macinato. In una pirofila mettete uno strato di cipolle e pomodori e versate sopra una parte della vinaigrette. Tagliate l’aragosta in pezzi ed eliminate il carapace. Versate sull’aragosta il rimanente delle vinaigrette. Lasciate riposare un paio d’ore prima di servire.

INFO

www.algheroturismo.eu




Santa Maria di Leuca: le vacanze sul Tacco d’Italia

Prosegue il nostro viaggio alla scoperta della costa salentina. Dopo aver visitato la splendida Otranto, per il secondo giorno del vostro weekend vi proponiamo un itinerario lungo la litoranea Otranto -Leuca, una delle più belle e importanti strade panoramiche d’Italia. Realizzata a ridosso del mare, consente di ammirare scorci e panorami mozzafiato. Quindi, non dimenticate la macchina fotografica!

Partiamo, quindi, da Otranto e prendiamo la litoranea in località Orte, nelle vicinanze della base americana. La strada costeggia poi la scogliera della Palascia a un’altezza di circa 100 mslm consentendo di ammirare la costa da Punta Facì all’estremità orientale di Capo d’Otranto.

Proseguendo ancora, arriviamo a Torre Sant’Emiliano, che prende il nome dalla torre di avvistamento che domina tutto il Canale d’Otranto, circondata da un mare blu intenso. Ancora qualche centinaio di metri e arriviamo alla località balneare di Porto Badisco. Nei pressi di Cala Badisco si trova la Grotta dei Cervi, uno dei luoghi più antichi d’Europa frequentati dall’uomo preistorico.

Lasciamo il territorio del Comune di Otranto ed entriamo nel territorio di Santa Cesarea Terme, nota per le sue acque benefiche e per i singolari fanghi all’interno delle grotte Fetida e Sulfurea, dove la strada comincia a salire fino a 130 mslm. Superata la Grotta Zinzulusa, ricca di stalattiti, arriviamo a Castro, splendida cittadina a picco sul mare, che gode di una caratteristica unica: grazie alla sua posizione riparata dai venti, le acque in cui si specchia sono quasi sempre calme.

Da Marittima a Santa Maria di Leuca

Proseguiamo ancora fino a raggiungere la marina di Marittima, dove si trova la splendida insenatura di Acquaviva, con le sue sorgenti di acqua fredda che sgorgano direttamente dalla roccia. Arriviamo quindi alla marina di Andrano, nota per le sue celebri località balneari di Grotta Verde e La Botte. Ancora qualche km e arriviamo a Tricase Porto, una delle località più rinomate della costa orientale della Puglia. Degna di una sosta anche Marina Serra.

Porto Santa Maria di Leuca

Da qui affrontiamo gli ultimi 14 km della strada litoranea, che ci conduce alla nostra meta finale: Santa Maria di Leuca. Prima, però, incontriamo la marina di Tiggiano dove ci fermiamo su un meraviglioso punto panoramico per scattare qualche foto. Ci facciamo poi incantare dalla bellezza di Novaglie per poi arrivare al ponte del Ciolo, che si affaccia su un’insenatura di rara bellezza.

Continuiamo ancora per un lungo rettilineo, finché non vediamo spuntare, all’orizzonte, la sagoma del faro di Santa Maria di Leuca.

Santa Maria di Leuca, la splendente

Leukos, cioè bianco, è l’aggettivo che i marinai greci diedero a questa terra illuminata dal sole. Il resto del nome, Santa Maria, si attribuisce invece a San Pietro, che secondo numerose testimonianze, sbarcò proprio qui dall’Oriente per cominciare la sua evangelizzazione e consacrò la città alla Vergine.

Panorama di Santa Maria di Leuca

La città sorge nell’insenatura tra Punta Ristola e Punta Meliso, su un tratto di costa che alterna frastagliate scogliere a piccole calette di sabbia finissima, tra le quali di insinuano affascinanti grotte.

La Basilica Santuario di Santa Maria de Finibus Terrae

Cominciamo la nostra visita alla città proprio dal Santuario (www.basilicaleuca.it)  dedicato alla Madonna, che si raggiunge salendo una scalinata di ben 184 gradini.

La Basilica Santuario di Santa Maria de Finibus Terrae

Ne vale tuttavia la pena, poiché la posizione sopraelevata su cui sorge il santuario consente di ammirare panorami superbi, lasciando spaziare la vista dal porto alla costa. Lungo la scalinata si incontra anche una grande cascata d’acqua che celebra l’Acquedotto Pugliese, la cui costruzione iniziò nel 1906 per concludersi solo nel 1939. La Cascata Monumentale compie un salto di 120 metri e ha una portata d’acqua verso il mare di mille litri al secondo. Il salto d’acqua viene attivato solo in occasioni particolari, mentre rimane viva una cascata più piccola alla base della struttura.

Arriviamo quindi al cospetto della basilica, che sorge sulle vestigia di un antico tempio dedicato a Minerva. L’edificio attuale risale al Settecento, dopo diverse distruzioni e ricostruzioni in seguito alle incursioni di turchi e pirati. La chiesa è a croce latina e a un’unica navata. Sull’altare maggiore è collocata un’immagine della Vergine, mentre sono presenti altri sei altari minori

Il faro e il porto di Santa Maria di Leuca

A pochi metri dal santuario si trova il maestoso Faro di Santa Maria di Leuca, alto 47 metri e situato a 102 mslm. Si tratta di un’opera monumentale, in funzione fin dal 1866, con una lanterna fatta di 16 lenti che proietta il fascio di luce a 50 km di distanza.

Il faro e il porto di Santa Maria di Leuca

Una scala a chiocciola di 254 gradini conduce a un terrazzo circolare da cui si può godere della superba vista del mare Adriatico e dello Jonio. Nelle giornate limpide si possono scorgere anche l’isola di Corfù, i monti dell’Albania a oriente e quelli della Calabria a occidente.

Merita una visita anche il porto, che si estende a Sud Ovest del faro, tra Punta Meliso e Punta Ristola. Il consiglio è di dedicargli una passeggiata dopo il tramonto, per ammirare le imbarcazioni da pesca “disegnate” da magnifici colori.

Il fascino delle ville

Una caratteristica peculiare di Santa Maria di Leuca sono le sue ville, testimonianza di una vocazione turistica che risale al XIX secolo e che ha attirato qui le famiglie nobili e facoltose. Alcune sono in stile liberty, altre in stile moresco o pompeiano, a seconda dell’estro e dei desideri dei “padroni di casa”, si affacciano sul mare e conferiscono al paesaggio un fascino antico.

La più antica della città è Villa Romasi, che risale alla fine del Settecento. Villa Meridiana, che prende il nome dall’orologio solare posto sulla facciata, risale invece al 1874 ed è stata fatta costruire da Giuseppe Ruggeri. Per le torrette dotate di cornicioni sporgenti ricorda invece una pagoda cinese la raffinata Villa Episcopo, mentre Villa Fuortes richiama il gusto neoclassico per le sue colonne doriche. È conosciuta anche come Villa dei Misteri perché, si dice, dopo anni di abbandono è diventata dimora di elusive presenze.

Passeggiando per le strade di Leuca incontriamo anche Villa Colosso che spicca per la sua elegante balaustra centrale, e Villa Daniele, con il suo stile moresco, detta anche “La nave” per le sue dimensioni e la sua caratteristica forma.

Le grotte lungo la costa

Sia la costa di Levante, alta e frastagliata, bagnata dall’Adriatico, che quella di Ponente, bagnata dallo Ionio, si presentano ricche di grotte e cavità, che si possono visitare attraverso un’escursione in barca.

Tra le grotte più significative della costa di Levante vi segnaliamo la Grotta della Cazzafre, la Grotta del Pozzo, la Grotta del Brigante  e quella di Montelungo. Lungo la litoranea che porta a Gallipoli, invece, si trovano la Grotta Porcinara, antico luogo di culto romano, e la Grotta del Diavolo, luogo sacro fin dalla preistoria.

Lungo la costa di Ponente troviamo invece, la Grotta dei Giganti, dove sono stati trovati denti e ossa di pachidermi preistorici, e la Grotta del Bambino, dove è stato trovato un molare di un fanciullo preistorico. Da questa grotta si accede alla suggestiva Grotta delle tre Porte, con i suoi accessi dal mare. Splendida anche la Grotta del Presepe, con stalattiti disposte in un modo che ricordano la rappresentazione della Natività, e la Grotta Cipollina.

Si conclude così il nostro itinerario sulla costa del Salento, ma non quello gastronomico, alla scoperta dei piatti tipici e dei prodotti della terra e del mare.

I sapori del Salento

La vocazione contadina e quella marinara trovano il perfetto connubio sulle tavole salentine. Tra i piatti più rinomati troviamo il polpo alla pignata, dal nome del recipiente di terracotta dove viene cucinato in umido con abbondante sugo, gli spaghetti con le cozze, la taieddhra, un timballo a base di cozze, patate e riso cotto al forno, i panzerotti e a pitta, di cui vi abbiamo svelato ieri la ricetta.

Semplice e gustoso l’acqua e sale è un piatto povero a base di pane raffermo condito con olio, pomodorini, cipolla, aceto, sale e origano. Una variante più “nobile” è la frisa, fatta con un pane biscottato  e condito con pomodoro, sale e olio. Ottime anche le pittule, frittelle di pasta lievitata, e le pucce, i panini con le olive. Non dimentichiamo poi le paste fatte in casa, come le orecchiette, i minchiareddi, le sagne ritorte, condite con sugo, ricotta oppure alici e frutti di mare.

Tra i dolci, non si può mancare il pasticciotto, a base di pastafrolla e ripieno di crema pasticcera, lo spumone, un gelato ai frutti misti solidificato, i mustazzoli, biscotti alla cannella, e la cupeta, una specie di croccate di mandorle ricoperta di caramello.

E, naturalmente, i piatti salentini vanno accompagnati dagli ottimi vini locali. Tra i rossi ricordiamo il Primitivo di Manduria e il Salice Salentino. Tra i rosati c’è il celebre Negramaro, mentre tra i bianchi spicca il Liverano.

Senza dimenticare, come condimento o anche da gustare solo sul pane, il rinomato Olio Extravergine di Oliva, tra i migliori d’Italia.

Dove acquistare prodotti tipici

*Azienda Agricola Settembre, SP366, Km 34, Otranto, tel 0836/802789.Produce e vende olio extra vergine di oliva DOP Terra d’Otranto di alta qualità. Presso il punto vendita si possono acquistare, oltre ai prodotti dell’Olearia Settembre, anche vino, prodotti sottolio e prodotti tipici salentini.

*Azienda Agricola e Vitivinicola Tenuta Merico, via Frassanito, Otranto, tel 333/7190074, www.tenutamerico.it Nata nel 2001, produce e vende vini pregiati tra cui il Don Paolo DOC Galatina, ed il Musivo Rosato IGT Salento, e lo Stafìda Aleatico DOC. Possibilità di visite guidate con degustazione di vini abbinati a prodotti tipici pugliesi.

*Azienda Vitivinicola Castel di Salve, via Salvemini 32, Tricase (LE); tel 0833/771041, www.casteldisalve.com Storica azienda fondata nel 1885, produce a vende vini selezionati da vitigni autoctoni del Salento, primo tra tutti il Negramaro.

Dove dormire a Santa Maria di Leuca

*Massapia Hotel & Resort****, Contrada Masseria Li Turchi, Marina di Leuca (LE), tel 0833/750027, www.messapia.com A 1 km, dal centro di Leuca, a 800 metri dal mare, dispone di 110 sistemazioni tra camere hotel e residence. A disposizione: piscina, vista panoramica, animazione, navetta gratuita per le spiagge. Doppia con colazione continentale da € 116.

*Hotel L’Approdo****, via Panoramica 1, Santa Maria di Leuca (LE), tel 0833/758548, www.hotellapprodo.com Struttura con 52 camere, recentemente ristrutturata e con vista panoramica sul porto turistico di Santa Maria di Leuca. Prestigioso ristorante L’Approdo segnalato dalle principali guide gastronomiche. Doppia da € 130.

Dove Mangiare a Santa Maria di Leuca

*Boccondivino, Via Enea 33, Santa Maria di Leuca (LE), tel 0833/758174. Propone un menù con piatti tipici della cucina salentina, ma anche ricette di mare a base di pesce fresco in un ambiente rilassante e familiare.

*Hosteria Del Pardo, via Doppia Croce 1, Santa Maria di Leuca (LE) tel 0833/758603, www.hosteriadelpardo.it Locale immerso nel verde ideale anche per un aperitivo. Il menù propone piatti tipici della cucina salentina e ricette di mare.

INFO

www.viaggiareinpuglia.it




Un weekend a Otranto, la città più orientale d’Italia

I Greci la chiamavano ùdor kai derento (acqua a monte), i Romani Hydruntum, e da qui sono passati, nel corso dei secoli, bizantini, goti, normanni, svevi, angioini e aragonesi che hanno lasciato testimonianze storiche e artistiche della loro presenza.

Siamo a Otranto, annoverata tra i “Borghi più belli d’Italia” e Bandiera Blu del Touring, che vanta anche il primato di “città più orientale d’Italia”. La città e la sua costa, tuttavia, colpiscono per gli scorci naturali, per le scogliere candide su cui si riflette la luce del sole, regalando riflessi di rara bellezza, per il mare cristallino che non ha nulla da invidiare alle mete esotiche. Senza dimenticare la ricca e gustosa tradizione culinaria salentina, un perfetto connubio di ingredienti di terra e di mare.

Visitiamo il Castello d’Otranto

Prima di dedicarci alle bellezze naturali e al mare azzurro della costa salentina, dedichiamo il primo giorno alla visita del centro storico di Otranto, ricco di testimonianze storico artistiche secolari. Entriamo in città attraverso la Porta Alfonsina, un varco che si apre tra le imponenti mura difensive fatte costruire dagli Aragonesi dopo l’invasione turca del 1480.

Ci troviamo immersi in un’atmosfera senza tempo, fatta di stradine lastricate di pietre, vicoli minuscoli che corrono fino al mare e scorci dai quali irrompono all’improvviso la luce e i colori del Mediterraneo.

Immancabile una visita al castello aragonese (orario: mar-dom 9-13 e 16-19), che ha ispirato il primo romanzo gotico della storia, Il castello di Otranto di Horace Walpole, scritto nel 1764. La costruzione della fortezza, invece, iniziò su impulso di Alfonso d’Aragona, duca di Calabria, dopo il Sacco di Otranto da parte dei Turchi, nel 1480. Del periodo aragonese, oggi rimangono solo parte delle mura e un torrione. L’aspetto attuale, invece, risale ai Viceré spagnoli che ne fecero un esempio d’eccellenza di architettura militare.

Nel 1535, Don Pedro da Toledo, il cui stemma campeggia sul portale di ingresso e sulla cortina esterna, fece aggiungere opere di difesa straordinaria. Nel 1578 furono aggiunti due bastioni poligonali sul versante che volge verso il mare. Un’ulteriore aggiunta difensiva venne aggiunta alla metà del secolo successivo. Oggi, il castello che ci troviamo ad ammirare è un massiccio edificio a pianta pentagonale, scandito da quattro torri difensive, mentre sul lato scoperto spicca il ponte levatoio. Il castello è circondato da un ampio fossato.

La basilica di San Pietro, gioiello bizantino

Ci fermiamo poi a visitare la basilica bizantina di San Pietro, costruita tra i X e l’XI secolo. L’interno è a croce greca, suddivisa in tre navate scandite da quattordici colonne di granito sormontate da capitelli romanici. La cripta è decorata sulle pareti da pitture bizantine. Nell’abside della navata destra, invece, sono custodite le spoglie degli 800 abitanti uccisi dai turchi per non aver voluto rinnegare la fede cristiana.

Splendido il mosaico del 1166 che ricopre il pavimento della chiesa suddiviso in tre parti: “L’albero della vita”, che va dalla navata centrale alle due laterali, il “Pavimento musivo”, che va dal transetto all’altare maggiore, e le Figure disposte attorno al primitivo altare circolare.

Percorrendo la litoranea in direzione di Santa Maria di Leuca, a circa un chilometro e mezzo dal centro storico, si arriva all’abbazia di San Nicola di Casole, di cui non rimangono che poche vestigia a causa dell’attacco dei turchi.

Il litorale e le spiagge più belle di Otranto

Se Otranto è la città più orientale d’Italia, c’è un luogo che potremo definire “il più a est della città più a est”. È Punta Palascìa, nota anche come Capo d’Otranto. In estate, il sole sorge alle 5.30 del mattino colorando il cielo e il mare di riflessi multicolori di rara bellezza, per poi ripetersi al tramonto. Una curiosità: la notte di San Silvestro, il 31 dicembre, qui si radunano residenti e turisti per salutare il nuovo anno al cospetto del maestoso faro che svetta tra le rocce.

Non possiamo, poi, dimenticare le favolose spiagge di sabbia candida, lambite da un mare di cristallo. Tra le più belle c’è la Spiaggia degli Alimini, circondata da dune di sabbia finissima e dalla macchia mediterranea. Famosissima la Baia dei Turchi, una lingua di sabbia bianca che regala atmosfere tropicali, e Porto Badisco, un’insenatura dove, secondo la leggenda, approdò Enea dopo la fuga da Troia in fiamme.

La seconda parte del nostro itinerario sarà on line domani, intanto, di seguito vi sveliamo la ricetta della Pitta di patate Salentina.

PITTA DI PATATE SALENTINA

È una delle ricette salentine più antiche e non manca mai sulle tavole. Le massaie del Salento si sono tramandate la ricetta nel corso degli anni utilizzando sempre gli stessi ingredienti, semplici e genuini.

Ingredienti

  • 1 kg di patate a pasta gialla
  • 2 uova
  • 200 gr di pecorino o parmigiano
  • 2 cipolle grandi
  • 1 bicchiere di passata di pomodoro
  • Una manciata di capperi e olive senza nocciolo
  • 2 o 3 acciughe sottolio
  • Olio EVO, sale e pepe q.b.
  • Pangrattato q.b.
  • 2-3 foglioline di mentuccia

Affettate le cipolle e soffriggetele in abbondante olio EVO, poi aggiungete i capperi, le olive, l acciughe, il sale e il pepe. Mescolate poi unite anche la passata di pomodoro e fate cuocere il tutto per circa 20 minuti. Nel frattempo lessate le patate, sbucciatele e schiacciatele, unite le uova, il formaggio grattugiato, sale, pepe e le foglie di mentuccia tritate fini. Amalgamate bene fino a ottenere un composto omogeneo. Con un filo di olio ungete il fondo di una pirofila antiaderente, poi bagnatevi le mani e stendete uno strato del composto di patate, poi uno strato del composto di cipolle e pomodoro. Spolverate con il formaggio grattugiato e stendete poi un altro strato di composto di patate. Livellate bene la superficie e completate con una spolverata di pangrattato. Infornate a 200°C per circa 20 minuti.

Come arrivare a Otranto

In auto: Autostrada A16 con uscita Bari Nord. Proseguite poi lungo la superstrada per Brindisi, poi ancora in direzione di Lecce. Poco prima di entrare in città, imboccate la tangenziale Est con direzione Otranto-Santa Maria di Leuca – Maglie

Dove dormire a Otranto

*Hotel Palazzo Papaleo*****, via Roncadi 1, Otranto, tell 0836/802108, www.hotelpalazzopapaleo.com Nel centro storico di Otranto, a pochi metri dal mare, dispone di camere di diversa tipologia con vista mare, una splendida terrazza con piscina jacuzzi e centro benessere. Doppia con colazione da € 136.

*Vittoria Resort & SPA****S, via Catona, Otranto, tel 0836/237280, www.vittoriaresort.it . A pochi passi dal centro storico, dispone di 66 camere disposte su tre piani. A disposizione centro benessere, palestra, piscina e servizio navetta per la spiaggia. Doppia con colazione da € 98

Dove mangiare a Otranto

*Peccato Divino, via Roncadi 7, Otranto, tel 0836/801488, www.peccatodivino.com. Nella città vecchia, a pochi passi dalla cattedrale, offre piatti della cucina tradizionale pugliese con ingredienti a km zero. Il menù varia ogni giorno. Buona carta dei vini provenienti da cantine locali. Prezzo medio, bevande incluse € 46 pp.

*Vecchia Otranto, Corso Garibaldi 96, Otranto, tel 0836/801575.Locale caratteristico con volte a botte e muri in pietra  nel centro storico. Propone piatti di pesce fresco, ma anche di terra, della tradizione pugliese, ma anche creativi.

Info su Otranto

www.comune.otranto.le.it

 




A Linguaglossa (CT) con Elia Russo. Al “Dodici Fontane” di Villa Neri un piatto soddisfa tutti i cinque sensi

Di Vittoria Fellin

Un’escursione sull’Etna vale un viaggio in Sicilia in qualsiasi periodo dell’anno. Un modo per godersi una natura potente, primordiale, carica di energia. Ma se si passa da queste parti è d’obbligo fermarsi a mangiare a Linguaglossa, al Dodici Fontane, dove ospitalità e ristorazione hanno alte ambizioni.

Il ristorante, annesso all’elegante Villa Neri, è guidato dal 2015 da Elia Russo, classe 1987, esperienze a Rimini e Londra. Dopo 8 anni passati in qualità di sous chef accanto ad un maestro come Massimo Mantarro, del bistellato Principe Cerami presso l’Hotel San Domenico di Taormina, è chiamato a ricoprire il ruolo di executive chef. Al Dodici Fontane di Villa Neri ha elaborato uno stile personale che parla di territorio e stagionalità esaltando l’esperienza sensoriale in ogni piatto.

Ritiene che sarà più facile per la ristorazione di alto livello uscire dalla crisi? Difficile dirlo. Il nostro è un hotel che accoglie una clientela internazionale, per il 70% circa, mentre la restante parte arriva dalla Sicilia e dal resto d’Italia. Proprio per differenziare la clientela, è nato nei mesi scorsi, il progetto Casa Arrigo. La struttura, affiancata all’Hotel, intende soddisfare un tipo di clientela più incline all’esperienza tradizionale, lasciando invece all’Hotel e al ristorante Dodici Fontane quella più sofisticata e gourmet.

Parliamo della sua cucina. Nella Guida 2020 di Identità Golose dicono che le sue creazioni sono “piatti, spesso ad alto rischio che si distinguono per golosità e plenitudine gustativa”. Si ritrova ? Sì, In cucina mi piace osare senza esagerare. Faccio sempre riferimento al territorio, stravolgendo qualche elemento con i giusti abbinamenti. Mi piace lavorare sull’acidità, la sapidità, la consistenza di un piatto usando ingredienti inediti come lo zenzero, o la maionese di piselli, come nella ricetta che vi suggerisco.

Lei associa spesso la sua cucina ai cinque sensi. Intende richiamarsi al modo in cui elabora i piatti o alle suggestioni che intende far percepire ? Entrambe le cose. Nella ricetta che propongo, per esempio, vi sono molti elementi da percepire in maniera sensoriale, come la parte croccante che deriva dalle cialde di tapioca soffiata al nero di seppia o le sensazioni che nascono dalla forma sferica dei gamberi rossi. Un piatto è sempre un insieme ben combinato di immagini, suoni, odori, sapori che partono da chi li crea e arrivano a chi li consuma.

Negli ultimi anni lei ha ottenuto numerosi riconoscimenti. Quali sono i prossimi obiettivi? La stella Michelin. Quest’anno ci speravo molto e per questo abbiamo lavorato ad un progetto importante sia in cucina che nella suddivisione degli spazi nella struttura. Ma l’emergenza sanitaria ha rallentato il tutto.

Cosa cambierebbe per lei e per il ristorante l’ottenimento di una stella? La filosofia che mi muove da sempre è di far stare bene il cliente, di coccolandolo fin dove è possibile. Per questo la mia cucina deve essere un’esperienza gustativa e visiva. Indipendentemente dalla stella. Ma spesso è il cliente che ricerca questo tipo di riconoscimento, al quale associa un valore.

E ora parliamo di viaggi. Lei si considera un viaggiatore? Per lavoro, purtroppo meno di quanto avrei voluto. Ai ragazzi che intraprendono questa professione, consiglio di fare anche esperienze formative lontano dall’Italia. Negli ultimi anni invece ho viaggiato più che altro per turismo in paesi come la Francia, la Slovenia e l’Austria.

Nella scelta di una destinazione privilegia la possibilità di conoscere anche aspetti legati alla sua professione? Anche, ho apprezzato la Francia per la boulangerie, essendo un amante dell’arte della panificazione. E in Francia sono dei maestri.

Il suo viaggio ideale in Italia e all’estero. Dove andrebbe? Vorrei tornare a Roma, una città che mi ha rapito, ma anche in Friuli Venezia Giulia, in Trentino dove ho degli affetti ma soprattutto tornerei a Merano dove sono stato in occasione di uno show coking per il Merano Wine Festival. E poi vorrei vedere Ginevra.

Se le chiedessi se la sua cucina possiede un lato green cosa mi risponderebbe? Il territorio etneo è un ambiente di grande interesse botanico. Con le erbe spontanee che raccogliamo, creiamo autentici capolavori della tradizione gastronomica, come la minestra di campagna.

O ci suggerisce un weekend ideale nella sua Sicilia?  La Sicilia è un continente e ogni luogo è una scoperta. A chi non l’avesse mai visitata consiglio Taormina, una delle città più belle e conosciute. Chi invece già conosce i luoghi più iconici, può scoprire i Nebrodi, l’Etna, le Gole dell’Alcantara, autentici gioielli naturalistici.

WEEKEND PREMIUM si occupa anche di auto: quale guida e perché l’ha scelta?  Ho una Kia Sportage. Avendo un bambino piccolo, ho privilegiato elementi che sappiano darmi sicurezza, praticità e spazio senza trascurare l’estetica.

Villa Neri Resort & Spa

Il Resort, affiliato al prestigioso brand internazionale Small Luxury Hotels of the World”, si compone di una struttura inserita nella natura etnea. Gli ampi spazi verdi perfettamente curati, i colori tipici delle case siciliane, ne fanno un ambiente elegante e raffinato dalla forte impronta tradizionale. I richiami alla tradizione sono sapientemente miscelati con elementi moderni che arricchiscono il contesto senza tradirlo. La piscina scoperta fruibile quasi tutto l’anno, la moderna Spa, la sauna, la sala massaggi e la ristorazione d’eccellenza completano i servizi luxury di questo buen retiro da intenditori.

INFO

Hotel Villa Neri Resort & Spa, C/da Arrigo 95015 Linguaglossa Catania, tel. +39 095 8133002

www.hotelvillanerietna.com

Da vedere nei dintorni

Il Parco dell’Etna, lo straordinario paesaggio che circonda il vulcano attivo più alto d’Europa diventato dal giugno 2013 Patrimonio Mondiale dell’Umanità, è l’attrattiva maggiore. A quota 3.340 m s.l.m, si trovano i quattro crateri principali, l’area è raggiungibili con la funivia sino ai 2.900 m s.l.m o accompagnati da guide specializzate partendo da un livello più basso. Meritano una sosta anche i centri abitati che fanno da corona ‘a Muntagna“ come Bronte, Castiglione di Sicilia, Giarre, Linguaglossa, Randazzo, Zafferana Etnea e naturalmente le vicine Catania e Taormina. E non dimentichiamoci che siamo in una zona di eccellenza per i vini e una sosta nelle numerose cantine è d’obbligo.

Seppia tritata al coltello e il suo nero, gambero rosso all’acqua di pomodoro e limone candito, maionese di piselli e furikake di seppia

Ingredienti per 4 persone

  • 600 grammi seppia fresca
  • 400 grammi gamberi rossi di Mazara
  • 600 grammi pomodori verdi
  • 200 grammi fumetto di pesce
  • 20 grammi gelificante vegetale

Ingredienti per la preparazione del furikake di seppia

  • 20 grammi scarti di seppia disidratati
  • 20 grammi sesamo bianco
  • 20 grammi sesamo nero
  • 20 grammi alga Nori disidratata
  • 4 grammi sale Maldon

Ingredienti per la preparazione della maionese di piselli

  • 300 grammi piselli freschi;
  • 30 grammi patate
  • cipollotto tritato 10 gr;
  • brodo vegetale q.b.
  • gelespessa q.b.
  • aceto bianco q.b.
  • olio di semi di girasole q.b.

Ingredienti per la preparazione della decorazione

  • piselli sbollentati q.b.
  • germogli di pisello q.b.
  • zeste di limone candito q.b.
  • zenzero in agrodolce q.b.
  • polvere di pomodoro q.b.
  • cialda di tapioca soffiata al nero di seppia.

Procedimento

Pulire le seppie, disidratare le ali e conservare la sacca del nero. Tritare finemente al coltello la polpa del corpo della seppia e condire con sale, pepe, un goccio di olio EVO e mettere il tutto negli stampi da lollipop per poi abbattere il composto. Pulire i gamberi di Mazara, tritarli finemente e condirli con sale, pepe, un pizzico di zucchero e poi mettere il tutto sempre negli stampi da lollipop per poi abbatterli. Frullare i pomodori verdi, quindi metterli a gocciolare con un canovaccio avendo cura di raccogliere l’acqua che fuoriesce.

In un pentolino, preparare un fondo il cipollotto, le patate, i piselli e il brodo vegetale e portare a cottura. Frullare il tutto quindi passarlo al setaccio. In un frullatore, montare la crema di piselli con olio di girasole, un goccio di aceto e l’addensante necessario ad ottenere la consistenza di una maionese. Aggiustare con sale e pepe, quindi far riposare il tutto dentro una sac à poche in frigo. Arrostite l’alga Nori sulla piastra rovente quindi polverizzare con i restanti ingredienti del furikake.

In un pentolino, scaldare 200 grammi di acqua di pomodoro con 10 grammi di gelificante vegetale, portare ad ebollizione quindi glassare le sfere di gamberi congelate e lasciarle decongelare in frigo. In un pentolino scaldare 200 grammi di fumetto di pesce con il nero di seppia e 10 grammi di gelificante vegetale. Portare tutto a bollore quindi glassare le sfere di seppia congelate e lasciarle decongelare in frigo.

Presentazione del piatto

Sistemare sul piatto, partendo da una striscia di maionese di piselli sulla quale vanno adagiate le sfere di gambero e di seppie glassate alternandole tra loro.

Continuare con un filettino di scorza di limone condito su ogni sfera di gambero, uno di zenzero in agrodolce su ogni sfera di seppia. Adagiare sulla maionese i piselli sbollentati e conditi, decorare infine con i germogli di pisello, i fiori eduli, la polvere di pomodoro sulle sfere di gambero, il furikake di seppia su tutte le sfere. Ultimare con la cialda di tapioca soffiata.

E voilà il piatto è servito.




Amici della Ratta e Dulcis in Fundo: piccolo è green

green

Il mondo del turismo è in grave crisi. Una crisi che riverbera i suoi effetti negativi soprattutto sulle piccole realtà:  agriturismi, ristoranti, locande, attività che ancora oggi sono prevalentemente a conduzione familiare.  E’ per questo motivo che ho aderito con grande entusiasmo all’iniziativa “X Ri-Partire Insieme” perché convinta che sono queste piccole realtà  l’essenza del turismo slow e green. Condivido con voi due esperienze vissute, diverse tra loro ma egualmente interessanti  e soprattutto premium. La  prima è un bellissimo agriturismo “Amici della Ratta“, un buen retiro che ti fa sentire in famiglia.  Il secondo, Dulcis in Fundo, un ristorante molto speciale ricavato dalla riqualificazione di un ex spazio industriale.

Amici della Ratta, il verde a portata di mano

Amici della Ratta si trova a poco più di un’ora da Milano, immerso in una natura incontaminata in una parte della Lombardia poco battuta dal traffico, il Parco Regionale di Montevecchia e della Valle del Curone. Siamo in un’area naturale protetta situata nel territorio  di Merate, nella Brianza lecchese.

green
L’ingresso dell’agriturismo Amici della Ratta

Ed è proprio all’interno di questa oasi di serenità che sorge “Amici della Ratta”, l’abitazione di Cinzia e Maurizio che da diversi anni loro hanno trasformato in un agriturismo familiare mantenendo però, ed è questa la particolarità e bellezza della location, le caratteristiche tipiche della casa con l’atmosfera calda e accogliente che si vive in famiglia. Avete mai provato quel senso di sicurezza e di appartenenza rientrando a casa dopo un lungo viaggio?. Ecco è un po’ la sensazione che si percepisce sedendosi alla tavola di Cinzia e Maurizio. Una sosta ristoratrice.

green

L’atmosfera è rallegrata da candeline e tanti piccoli oggetti che regalano un’atmosfera quasi fiabesca. La casa non è grandissima ma le due ampie sale da pranzo, una al piano terra, l’altra al piano superiore e la saletta del camino, riescono a mantenere intatta quella giusta misura che permette di pranzare o cenare con tranquillità lontani da chiasso e chiacchiericcio. È il luogo perfetto per una cena romantica ma anche per un pranzo divertente con gli amici  o per organizzare una comunione o un battesimo. Anche il piccolo giardino, messo a disposizione degli ospiti, dietro accordi, può essere utilizzato per un aperitivo o una festa.

green
Uno scorcio del giardino Amici della Ratta

Ma entriamo nel vivo di questa azienda agricola familiare per scoprire cosa offre la cucina. Piatti realizzati con prodotti del territorio rispettando quasi sempre le tradizioni locali. Ma la capacità di Cinzia, perché è lei che si occupa in prima persona del cibo, è quella di utilizzare i prodotti della tradizione ma azzardando con rivisitazioni e accostamenti originali che danno vita a piatti straordinari.

green
Risotto al melograno, uno dei piatti dell’agriturismo

Cinzia e Maurizio propongono un menù composto da antipasti misti (ad esempio: giardiniera, salame nostrano, crostini con lardo, formaggi di capra, insalata russa, muffin salati, verdure in pastella, fiori di sambuco o fiori di salvia passati in pastella e poi fritti). Nei  primi piatti spicca il risotto  ma viene servita anche dell’ottima pasta corta seguita da arrosti o frittate  con contorno. Non mancano certo i dolci, semplici ma buonissimi.

green
Gli ottimi dolci di Cinzia e Maurizio

Se decidete di fare visita a Cinzia e Maurizio per il pranzo arrivate sul posto un po’ prima dell’appuntamento e approfittatene per fare una bella passeggiata seguendo i sentieri all’interno del Parco. Per organizzarvi fare una bella chiacchierata con Cinzia che è sempre disponibile a dare consigli sui punti interessanti da scoprire.

green
Calde atmosfere all’interno della struttura

In questo periodo di pandemia, dove la struttura è momentaneamente chiusa, Cinzia e Maurizio non si sono abbattuti e hanno fatto in modo che i propri amici continuassero ad assaporare i loro prodotti portandoli direttamente sulle loro tavole. E’ nata infatti  l’iniziativa “Il nostro menù a casa tua”. Con una semplice telefonata il pranzo è..servito!!

green

Ma l’esuberanza dei due proprietari li ha spinti a non limitare il tutto al cibo ma ad offrire ai propri ospiti anche serate particolari denominate “Libera Associazione d’idee”. La   creatività viene presentata attraverso mostre, incontri, serate a tema. Gli eventi sono molto apprezzati perché chi organizza è amante di quello che propone: un viaggio verso la Namibia? Ecco che si trasforma in una serata dove attraverso immagini, video, foto si presenta il territorio africano con l’aggiunta delle sensazioni vissute, delle cose che non si possono perdere una volta arrivati, tradizioni, usi e costumi.   È uno   spazio aperto  a tutti, con lo scopo di   fare conoscere   idee,   sentimenti ed emozioni. La particolarità è che sono i clienti che propongono l’evento e con l’aiuto di Cinzia e Maurizio questo viene messo in scena.

green
L’agriturismo Amici della Ratta è ideale per serate con gli amici

Per le giornate di apertura, per i costi vi rimandiamo al sito internet www.amicidellaratta.it o potete scrivere a: info@amicidellaratta.it.

Gli Amici della Ratta – Via Curone, 7, 23888 La Valletta Brianza LC

Continua sulla seconda pagina e scopri il Dulcis in Fundo

Dulcis in Fundo, il green è servito

Dulcis in Fundo invece è il nome di un locale di Milano non molto lontano dalla Stazione Centrale. Un nome perfetto per questa bellissima struttura che sa regalare ricordi indelebili. Si tratta di uno spazio piccolo ma grande  nel servizio, rispettoso della natura ed ecosolidale. E’ questo che piace a noi di Weekendpremium attività piccole ma…..premium dove la qualità è al primo posto.

green

Qualche mese, cercavamo una location dove organizzare un evento aziendale. Abbiamo scoperto che a pochi passi dalla Stazione Centrale di Milano era possibile affittare i locali di un ex spazio industriale destinato proprio a ospitare avvenimenti come feste private, corsi di formazione, shootings e riprese, laboratori. Siamo andati a visitarlo e ce ne siamo innamorati. Spazi accoglienti, piacevoli, rilassanti e molto intimi. Una location arredata come una casa con mobili colorati di design, tappeti, un pianoforte, ritratti alle pareti e oggetti che ricordano il passato. Un’atmosfera calda, famigliare e curata. Due ampie stanze e un piccolo giardino. Dulcis in Fundo è la misura giusta per non perdere personalità e rimanere in una situazione di intimità.

green
L’atmosfera intima del Dulcis in Fundo

Saverio, con la preziosa collaborazione di Francesco, si occupa della cucina, semplice, sfiziosa ma ricercata, che offre specialità quali il crostino con stracciatella di burrata e acciughe, lo sformato di melanzana con salsa al coriandolo, riso mele e cozze, insalatina di pere e noci con formaggio tartufato, linguine al pesto di peperoni e feta, zuppa di farro e legumi, orecchiette e cime di rapa, crêpe alle castagne con ripieno di vitello, tonno alla griglia con caponata alle mandorle, tagliata di controfiletto con topenade e pomodori secchi, polpette in umido con fagiolini saltati, teglia di finocchi al gratin e tanto tanto altro.

green

I dolci? Un tripudio con una ricca scelta tra torta cachi e castagne, tiramisù cheerios e cioccolato bianco, crostata di frutta e l’intramontabile Tarte Tatin che qui viene cucinata divinamente.

green
La deliziosa crostata di frutta del Dulcis in Fundo

La carta dei vini è dedicata a quanti hanno compreso che non si beve per dimenticare ma per ricordare. Una carta che nasce dall’incontro con i produttori di vino, per la maggior parte a conduzione biologica, nelle serate mensilmente dedicate alla degustazione guidate. Per chi è astemio il locale utilizza acqua sanificata così da eliminare il problema dello smaltimento di vetro o plastica.

green

Il locale in questo momento è chiuso a seguito della situazione sanitaria e i gestori ne approfittano per sanificare il locale e prepararlo all’apertura con il rispetto delle nuove normative emanate. Quando riapriranno al pubblico lo faranno dal martedì al venerdì per pranzo, ogni giovedì sera invece aprirà le porte anche per cena con una proposta di piatti che cambiano in funzione delle stagioni. Il sabato e la domenica a mezzogiorno è il momento del brunch all’americana, con buffet salato e buffet dolce. Organizza inoltre avvenimenti esterni con proposte confezionate su misura. Volete organizzare una cena a tema? Classica ed elegante? Simpatica e insolita? Ecco che Saverio e il suo staff vi vengono in aiuto preoccupandosi dell’organizzazione, dell’attrezzatura e del cibo. Lo slogan infatti è “prima di tutto le esigenze dei clienti”.

green

Il progetto di questo locale fin dall’inizio è stato dedicato alle loro capacità e all’ecosostenibilità: ecco l’idea di riqualificare un ex struttura industriale, arredando gli spazi con mobili vintage che erano destinati allo smaltimento. Saverio mi racconta che di quei pezzi di mobilio vecchio se ne è da subito innamorato e li ha  recuperati dandogli nuovamente vita. Pensate che i tavoli non sono numerati, come nei ristoranti classici, ma ogni tavolo ha un suo nome “di battesimo”. L’illuminazione del locale? Rigorosamente a led con un basso impatto ambientale e un ridotto consumo energetico che garantisce un effetto migliore in termini di colori e luminosità a tutta la location. I componenti dei led poi sono riciclati per il 99% apportando così ulteriori vantaggi all’ambiente.

E in attesa di poter sedere alla loro tavola chiamate e fatevi consegnare, a domicilio, le loro delizie rigorosamente con lunch-box eco-friendly.

Dulcis in Fundo – Via Gianfranco Zuretti, 55 -Milano  Tel. +39 02 66 71 25 03

Cellulare 349 4462088   www.dulcisinfundo.it   mail: info@dulcisinfundo.it




UNESCO con Gusto. San Gimignano, la città delle torri

“Capolavoro del genio creativo umano, porta la testimonianza unica di una civiltà del passato e l’eccezionale esempio di un complesso architettonico e paesaggistico, testimonianza di importanti tappe della storia umana.”

Con questa motivazione, l’UNESCO ha inserito il centro storico di San Gimignano, in provincia di Siena, nell’elenco dei siti “Patrimonio dell’Umanità”, nel 1990. Questa splendida cittadina medievale, che sorge a 56 km da Firenze, tra i colli della Val d’Elsa, nella Toscana del Chianti e della buona cucina, ha infatti conservato intatto il suo impianto trecentesco.

La sua caratteristica principale, tuttavia, sono le sue torri, che ne caratterizzano il paesaggio e la storia. Fino alla metà del Trecento, infatti, San Gimignano visse un periodo particolarmente prospero, grazie alla posizione favorevole lungo la via Francigena. Le famiglie si arricchirono e, per dimostrare il loro prestigio e concorrere tra loro, facevano a gara a chi costruiva la torre più alta e più bella. La torre comunale, detta “La Rognosa”, doveva comunque essere la più alta, ma attorno a essa ne sorsero più di 70. Oggi, ne rimangono solo tredici.

Nel centro storico di San Gemignano

Tutta la storia e l’arte di San Gimignano si concentrano nel centro storico, circondato da mura del Duecento. Basta circa un’ora e mezzo per percorrere il perimetro a piedi, e anche meno per il centro storico. Ma il consiglio è quello di soffermarsi più a lungo per ammirare ogni scorcio e ogni singolo particolare di questa cittadina veramente unica.

Cominciate la vostra visita da Piazza Duomo, dove si trova il Duomo, noto anche come Collegiata di Santa Maria Assunta. L’esterno è in stile romanico ma all’interno custodisce preziosi cicli di affreschi che ricoprono tutta la superficie delle tre navate. Tra gli artisti spiccano i nomi del Ghirlandaio, Taddeo di Bartolo, Memmo di Filippuccio, Lippo Memmi e Benozzo Gozzoli.

Uscite poi per ammirare Piazza Duomo, dove si incrociano le strade che conducevano a Pisa e la Francigena. Sulla piazza trapezoidale si affacciano il Palazzo Comunale, sede dei Musei Civici e della Pinacoteca. Sul lato opposto, invece, si trovano il Palazzo del Popolo, le Torri Gemelle dei ghibellini Salvucci, rivali della famiglia guelfa degli Ardinghelli, che hanno le loro torri in Piazza della Cisterna.

Se Piazza Duomo era il centro della vita politica e religiosa, Piazza della Cisterna era in centro commerciale ed economico. Qui si trovavano botteghe e taverne e vi si teneva il mercato. La piazza si raggiunge dall’entrata sud ovest, presso la porta dell’Arco dei Becci e dei Cugnanesi.

Tra palazzi e rocche

In piazza della Cisterna si affaccia Palazzo Salvestrini, che sovrasta in altezza tutti gli altri edifici. Il complesso, un tempo noto come Palazzo Braccieri, ospitava un tempo lo Spedale di Santa Maria della Scala, e serviva per prestare assistenza ai pellegrini che si spostavano lungo la Francigena. Nel Cinquecento è stato trasformato in un orfanatrofio e ha assunto il nome di Spedale degli Innocenti, mentre oggi è stato trasformato in albergo. Il vicino Palazzo Razzi, invece, che oggi ospita una banca, risale al Duecento.

Resta ben poco, ma vale la pena farci un salto, invece, della Rocca di Montestaffoli, che sorge sulla collina omonima, oggi parco pubblico. Da qui si gode una splendida vista sulla città.

Le chiese di San Gimignano, scrigni d’arte

Assolutamente da non perdere una visita alla Chiesa di Sant’Agostino, considerata tra le più belle della Toscana. Si può raggiungere attraversando Porta San Matteo e percorrendo via Cellolese. La chiesa, costruita nel 1280 dai monaci agostiniani, è in stile romanico con elementi gotici ed è stata completata in vent’anni.

Le opere custodite al suo interno, invece, sono di epoca rinascimentale e si devono al mecenatismo di Frà Domenico Strambi che assoldò Benozzo Gozzoli, artista fiorentino, che già aveva realizzato gli affreschi della Cappella dei Magi a Palazzo Medici Riccardi di Firenze. Al ciclo di affreschi dedicato alle Storie della vita di Sant’Agostino, nella cappella del coro, hanno collaborato anche Pier Francesco Fiorentino e Giusto di Andrea.

Splendida anche la Cappella di San Bartolo, scolpita in marmo da Benedetto da Maiano e dall’allievo del Ghirlandaio Sebastiano Mainardi, autore anche di alcuni affreschi alle pareti e sulla volta. Il pavimento in maiolica invece è opera di Andrea della Robbia. Degno di nota anche l’altare maggiore del Pollaiolo.

Recentemente recuperata, la Chiesa di San Lorenzo in Ponte, è una delle più antiche di San Gimignano e deve il suo nome dal ponte levatoio che dal castrum del vescovo di Volterra consentiva di arrivare in Piazza della Cisterna. Costruita nel 1240, è in stile romanico con l’interno a navata unica, sormontato da un tetto a capriate.

La chiesa custodisce l’immagine votiva della Madonna del Prato dipinta da Simone Martini nel 1310, di cui oggi rimane solo lo splendido volto. Gli affreschi che ricoprono tutta la navata e il presbiterio sono invece quattrocenteschi e si rifanno a scene di ispirazione dantesca e ai santi.

L’antica Spezieria di Santa Fina

Una “chicca” davvero imperdibile è la Spezieria di Santa Fina, che si trova al primo piano del polo museale del Conservatorio di Santa Chiara. Qui si possono ammirare vasi e recipienti risalenti dal Quattrocento al Settecento, destinati a contenere farmaci, preparati e medicamenti provenienti dallo Spedale di Santa Fina, fondato nel 1253.

Importantissima anche la figura di Santa Fina, patrona della città, nata nel 1238 e morta a soli 15 anni dopo un lungo calvario. La sua casa natale si trova in via del Castello, mentre nel Duomo si trova una cappella a lei dedicata dove sono custodite anche le sue reliquie, decorata con splendidi affreschi del Ghirlandaio sulla sua vita.

…continua nella 2° pagina…

San Gimignano e la Vernaccia

La zona è famosa per il Chianti, ma a San Gimignano si produce la Vernaccia, tra i migliori “bianchi” del mondo, che detiene un record: è stato il primo vino italiano a fregiarsi della D.O.C (Denominazione di Origine Controllata), nel 1966. Nel 1993 si è aggiunta anche la D.O.C.G.

Se volete visitare i vigneti, si trovano sulla strada che da San Giminiano porta a Poggibonsi, mentre nella Villa della Rocca di Montestaffoli si trova il Museo della Vernaccia.

La corposa cucina senese

Ricca di sapore e di antica tradizione, la cucina senese è in grado di stuzzicare anche i palati più esigenti. Tra i piatti tipici, ottima la focaccia con i friccioli, cotta al forno e con pezzetti di pancetta di maiale. Come antipasto o merenda, si possono gustare le bruschette con aglio e olio extravergine di oliva, oppure i crostini di carne o di fegato.

Tra gli insaccati, troviamo il Capocollo di maiale e spezie, il buristo, scuro e morbido, preparato con il sangue di maiale impastato in cubetti di grasso, acque, spezie, sale e pepe, oppure la finocchiona, un salame morbido fatto con parti pregiate del maiale a cui vengono aggiunti semi di finocchio. Tra i formaggi, troviamo il Pecorino delle crete senesi, il Pecorino di Pienza e il Raviggiolo, tenero e dolce, fatto con il latte di pecora.

Chi si ferma in una trattoria e desidera assaggiare i piatti locali, come primo può ordinari i pici, spaghetti grossolani di acqua e farina, accompagnati da sughi di carne o di verdure. Un altro piatto della tradizione povera è la Ribollita, o minestra di pane, fatta anche con fagioli e cavolo nero. Ottime anche le Pappardelle alla lepre e la Panzanella, una zuppa fredda di pane, pomodoro, cipolla e basilico.

Tra i secondi di carne, ci sono i piatti a base di chianina, oppure l’arista di Cina Senese cotta sul mattone. Da provare la scottiglia, un misto di carne di manzo, pollo, agnello e coniglio a piccoli pezzi soffritti in olio, aglio e pomodoro.

Celebri i dolci, tra cui il Panforte, il Castagnaccio, con farina di castagne, i biscotti beriquocoli e i Ricciarelli, fatti con le mandorle e dalla tipica forma a rombo.

Gli altri siti UNESCO in Toscana

Sono 7 i siti toscani inclusi nella lista “Patrimonio dell’Umanità UNESCO”. Oltre a San Gimignano troviamo il Centro Storico di Firenze (dal 1982), primo sito toscano e quarto italiano a meritare il riconoscimento, la Piazza del Duomo a Pisa (1987) con la Piazza dei Miracoli, la Torre Pendente, il Duomo e il Battistero, il Centro Storico di Siena (1995) con Piazza del Campo, tra le più belle piazze del mondo, il Centro Storico di Pienza (1996), la Val d’Orcia (2004) e le Ville e giardini medicei (2013) che conta ben 14 luoghi diversi.

COME ARRIVARE

In auto: da Nord, A1 Milano-Roma, uscire a Firenze Impruneta, poi prendere la superstrada Firenze-Siena con uscita Poggibonsi Nord e seguire le indicazioni per San Gimignano. Da Sud: A1 Roma-Milano, uscire in Valdichiana, prendere la superstrada Siena- Firenze con uscita Poggibonsi Nord e seguire per San Gimignano. Da Pisa: SGC Firenze-Pisa-Livorno in direzione Firenze, uscire a Empoli Ovest, seguire indicazioni per Castelfiorentino-Certaldo. Raggiunta Certaldo seguire le indicazioni per San Gimignano.

DOVE MANGIARE

*Osteria delle Catene, via Mainardi 18, San Gimignano (SI), tel 0577/941966, www.osteriadellecatene.it/. Locale tradizionale con soffitti a volta e archi. Offre un menù a base di piatti tipici toscani, tra cui pappardelle, ribollita, stracotto del chianti e salumi. Disponibile menù a degustazione e alla carta.

*Il Ceppo Toscano, via delle Romite 13, San Gimignano (SI), tel 0577/940594, www.ilceppotoscano.it/ Ristorante specializzato in piatti di carne, tra crudi, tartare, filetti e carne in umido. Tra i primi: pici senesi, spaghetti al Chianti o al ragù d’anatra.

*Gelateria Dondoli, Piazza Della Cisterna, 4, 53037 San Gimignano SI, tel 0577 942244,  www.gelateriadondoli.com Famosissima gelateria citata tra le più importanti guide mondiali e visitata continuamente da televisioni nazionali e internazionali è unica nel suo genere.

DOVE DORMIRE

*Hotel Leon Bianco***, Piazza della Cisterna 12, San Gimignano (SI), tel 0577/941294, www.leonbianco.com. Nella piazza medievale di San Gimignano, a soli due minuti dal Duomo e dalla Torre Grossa, dispone di 26 camere immerse in atmosfera storica.

*Hotel La Cisterna***, Piazza della Cisterna 23, San Gimignano (SI), tel 0577/940328, www.hotelcisterna.it Struttura ricavata in un palazzo del XII secolo con arredi fiorentini. Ad appena due minuti dal Palazzo Comunale e sei dalla Chiesa di Sant’Agostino e con vista sulle colline toscane. Ristorante con menù toscano.

INFO

www.comune.sangimignano.si.it




ITALIA DEL GUSTO. Bellezze e sapori di San Leo (RN), Rasiglia (PG) e Polignano a Mare (BA). Con tre TOP RICETTE

Seconda puntata del nostro nuovo appuntamento settimanale alla scoperta dell’Italia del Gusto, tra le bellezze del nostro paese e i piatti da mettere in tavola, con altre tre TOP RICETTE dal Nord, dal Centro e dal Sud. Se in questo periodo in cui i nostri spostamenti sono ancora limitati non si è ancora pronti a partire, nell’attesa potremo dire “Pronto in tavola!”.

San Leo (RN) e la Pasticciata alla Cagliostro

Per chi ama i misteri e gli intrighi di ambientazione medievale, San Leo, in provincia di Rimini, è uno dei luoghi assolutamente da non perdere. La storia, e le leggende, del borgo ruotano attorno alla figura del Conte di Cagliostro, avventuriero, alchimista e sedicente mago, ma tante sono le bellezze da scoprire.

Potete cominciare dalla possente rocca, che domina la valle del Marecchia e sembra in bilico sullo sperone di roccia che domina il centro abitato. Queste mura hanno assistito all’assedio del Re d’Italia Berengario da parte di Ottone I di Germania, ai domini dei Malatesta e dei Montefeltro che ampliarono la rocca. Nel 1631, con il passaggio di San Leo allo Stato Pontificio, la fortezza militare diventa carcere. Infine, qui vi fu rinchiuso il Conte di Cagliostro, dal 1791 alla morte, avvenuta nel 1795.

Scendete poi nel cuore del borgo per una visita all’antica pieve, di epoca carolingia e successivamente ricostruita in stile romanico tra il VIII e il X secolo. Splendida anche la cattedrale in pietra arenaria e con elementi romani, in stile romanico longobardo, con la vicina torre campanaria in stile bizantino.

Arrivando in Piazza Dante si ammira invece Palazzo Della Rovere, residenza dei conti di Montefeltro prima e dei duchi di Urbino poi, oggi sede del Municipio, Palazzo Nardini, che nel 1213 ha ospitato San Francesco, e il Palazzo Mediceo, che ospita oggi il bel Museo di Arte Sacra, che conserva dipinti, sculture e arredi dal XIV al XVIII secolo. In fondo alla piazza si trova la bella chiesa della Madonna di Loreto.

E proprio il Balsamo di Cagliosto si chiama il digestivo a base di liquirizia ed erbe tipico di San Leo, che si produce ancora artigianalmente. Tra gli altri prodotti da non perdere ci sono anche il miele, il formaggio alle foglie di noce, le ciliegie e le patate della Valmarecchia, il Mandolino del Montefeltro, un salume ricavato dalla spalla del maiale stagionata, il tartufo bianco e nero e i celebri vini di Romagna Sangiovese e Trebbiano. Tra i piatti della tradizione troviamo il coniglio al finocchio selvatico, i Tortelloni di San Leo e la pasticciata alla Cagliostro di cui trovate qui sotto la ricetta.

Pasticciata alla Cagliostro

Ingredienti

  • 1,5 kg di girello di manzo
  • 1 l di vino Sangiovese di Romagna
  • 1 l di passata di pomodoro
  • sale e pepe q.b.
  • 2 dl di olio extra vergine di oliva
  • 6 chiodi di garofano
  • 2 kg di spinaci
  • 200 gr di pistacchi sgusciati
  • 200 gr di uva passa
  • 200 gr di burro

Mettete il girello di manzo a marinare nel vino per circa 12 ore. Toglietelo poi dalla marinatura, conditelo con sale e pepe, rosolatelo in una padella con olio extra vergine di oliva a fuoco medio alto. Quando avrà raggiunto una doratura scura, levatelo dalla padella e sistemate il girello in una pentola in cui avrete precedentemente messo il vino della marinatura con la passata di pomodoro. Unite poi i chiodi di garofano e fate cuocere a fuoco lento per circa 2 ore. Ultimata la cottura, tagliate la carne a fette sottili e servite coprendo con la salsa di cottura. Decorate con gli spinaci scottati e saltati in padella con il burro, l’uvetta e i pistacchi.

INFO

www.san-leo.it

www.comune.san-leo.ps.it

Rasiglia (PG) e la sua Rocciata

La tappa nel centro Italia è Rasiglia, splendido borgo montano nel Comune di Foligno (PG) che sembra uscito da una fiaba tra case di pietra, mulini ad acqua e boschi verdeggianti ma, soprattutto sorgenti e ruscelli che sembrano penetrare nelle abitazioni disposte ad anfiteatro, formando cascatelle e rivoli che donano al borgo un aspetto unico.

Passeggiando tra le vie del borgo, si può ammirare quel che resta del Castello, che domina la sorgente del Capovena, a 636 metri slm. Oltrepassando l’antico lavatoio e salendo poco sopra si trova invece il Santuario di Santa Maria delle Grazie, fondato nel 1450 dopo il ritrovamento di una statuetta della Vergine col Bambino, oggetto di eventi prodigiosi.

Nei dintorni del borgo, poi, vi consigliamo una visita alle Cascate del Menotre e alle Grotte dell’Abbadessa, con suggestive formazioni carsiche. Nelle vicinanze, si trova anche il Castello di Scopoli e il Parco dell’Altolina.

Per una pausa golosa, poi, lasciatevi tentare da una schiacciata al rosmarino o dalle bruschette, servite con cavoli e fagioli, dalle frittelle di baccalà o dai pomodori ripieni. Tra i primi piatti, provate la pasta fatta in casa al tartufo, la zuppa di farro o di lenticchie, la minestra di lumache o i bucatini al Sagrantino.

Passando ai secondi, i carnivori possono optare per il cinghiale alla cacciatora, per l’agnello al tartufo nero, per la lepre al forno o per il piccione ai funghi. Ottima anche la torta al formaggio e la fojata, una versione salata della Rocciata a base di foglie di cavolo.

I veri protagonisti della tavola sono i dolci, come la fregnaccia, simile a una frittella, oppure cicerchiata, il panpepato, a base di cacao, mandorle e pepe nero, le pere al Sagrantino, gli struffoli, palline di pastafrolla ricoperte di miele, il castagnaccio e la Rocciata, uno strudel di mele a cui viene aggiunto cacao e noci. E se volete mettervi alla prova in cucina, eccovi la ricetta.

ROCCIATA

 Ingredienti per la sfoglia

  • 500 gr di farina
  • 300 gr di acqua
  • 2 cucchiai di olio evo
  • 1 pizzico di sale
  • 1 spruzzata di Alchermes

Per il ripieno

  • Zucchero
  • Cacao
  • Cannella
  • Anice
  • Scorza di ½ limone
  • 2 manciate di noci
  • 1 manciata di pinoli
  • 3 o 4 mele
  • 1 manciata di uvetta

Preparate la sfoglia setacciando la farina a fontana. Poi impastatela con gli altri ingredienti fino a ottenere un impasto morbido ed elastico. Coprite con una pellicola e lasciate riposare mezz’ora. Poi stendete a pasta con il mattarello fino a ottenere una sfoglia sottile. Mettetela su una tovaglia per agevolare l’arrotolamento successivo. A questo punto mettere sopra alla sfoglia, distribuendo in maniera uniforme: una spolverata di zucchero, una di cannella e una di cacao. Poi aggiungere una manciata di anice e la buccia del limone grattugiata, continuate con le mele tagliate a dadini, l’uvetta, le noci spezzettate grossolanamente e i pinoli. Arrotolate la sfoglia dai due lembi opposti verso l’interno, aiutandovi con a tovaglia. Trasferitela poi in una teglia ricoperta di carta da forno e date alla Rocciata la forma di una C. Cuocete a 200°C per circa 25 minuti. Sfornate e spruzzate sulla sfoglia l’Alchermes.

Polignano a Mare (BA) e la Tiella Barese

Il viaggio a sud fa tappa invece a Polignano a Mare, il borgo marittimo che ha dato i natali a Domenico Modugno, la cui statua situata sul lungomare, lo ritrae a braccia spalancate, intento ad abbracciare la città o, forse, quel “blu dipinto di blu” in cui si fondono il cielo e il mare.

La visita al centro storico comincia dall’Arco della Porta Marchesale, fino al XVII secolo unico punto di accesso alla città. Merita una sosta la bella chiesa Matrice, del 1295, dedicata all’Assunta, che si trova accanto alla bella Piazza Vittorio Emanuele II.

Da non perdere una passeggiata sul Ponte dei Due Lungomari che unisce il Lungomare Ardito al Lungomare Cristoforo Colombo, per una visione superba della costa. Tra i monumenti naturali più suggestivi c’è lo Scoglio dell’Eremita, un isolotto divenuto emblema cittadino.

Andando per spiagge, tra le più belle c’è Lama Monachile, una distesa di sassi bianchi che si trova a due passi dal centro storico e prende il nome dal ponte che la sovrasta, vestigia dell’antica via Traiana. La selvaggia Cala Grottone è invece meta degli appassionati di tuffi, che amano cimentarsi in evoluzioni dalla scogliera.

Per chi invece preferisce le immersioni, c’è Cala Incina, dai fondali spettacolari. Al punto che molte coppie li scelgono per un insolito matrimonio sottomarino con muta e bombole! Per le famiglie, invece, l’ideale sono le spiagge sabbiose di Porto Cavallo e Lido San Giovanni, a tre km dal centro.

Polignano è anche un borgo tutto da gustare: è Presidio Slow Food per le sue celebri carote, che spaziano dall’arancione alle diverse gradazioni di giallo fino al viola. Questa è anche la zona in cui si produce il Negramaro, il celebre rosso pugliese, senza contare l’olio, i formaggi e il gelato, per cui Polignano è famosa.

Il piatto tradizionale della provincia di Bari, poi esteso a tutta la Puglia, è la Tiella barese, che si consuma come piatto unico per la ricchezza dei suoi ingredienti che ne fanno un pasto completo. Volete provare?

Tiella barese

Ingredienti per 6 persone

  • 300 gr di riso Carnaroli
  • 500 gr di cozze
  • 500 gr di patate
  • 3 pomodori tondi
  • 2 spicchi d’aglio, prezzemolo tritato
  • ½ cipolla bianca
  • 50 gr di Parmigiano Reggiano grattugiato
  • 30 gr di pangrattato
  • 5 cucchiai di olio EVO
  • Sale e pepe nero

Pulite bene le cozze. Pelate le patate, i pomodori e le cipolle e tagliateli a rondelle sottili. Tritate anche l’aglio e il prezzemolo. Oliate una pirofila tonda in ceramica del diametro di circa 28 cm e cominciate a comporre la tiella mettendo sul fondo la cipolla, l’aglio e le patate disposte a raggiera coprendo tutto lo spazio, fate lo stesso con i pomodori, salate, pepate e spolverate con il prezzemolo e un filo di olio EVO. Disponete anche le cozze crude e una manciata di riso crudo, ricoprendo tutta la superficie. Versate due cucchiai d’acqua per agevolare la cottura. Realizzate un altro strato di patate e pomodori, aglio e prezzemolo. Salate, pepate e irrorate con l’olio evo. Terminate gratinando con il parmigiano e il pangrattato, Versate altra acqua da un lato della pirofila fino ad arrivare appena al di sotto della gratinatura. Infornate a 200° per 60 minuti.

INFO

www.polignanoamare.com




UNESCO CON GUSTO: alla scoperta di Siracusa e della necropoli rupestre di Pantalica

Continua il nostro viaggio alla scoperta dei siti UNESCO italiani. Questa settimana andiamo a Siracusa, in Sicilia, fondata nel 743 a.C dai Corinzi e definita da Cicerone, “la più grande e la più bella città greca”. Per la sua posizione strategica, la città è stata una delle più importanti della Magna Grecia, arricchendosi e passando attraverso la dominazione romana, bizantina, borbonica, ma anche araba, normanna, aragonese, per poi fare parte del Regno delle Due Sicilie prima dell’Unità d’Italia. Una storia lunghissima, che ha lasciato testimonianze preziose e uniche.

Il sito UNESCO

Comprende la città storica di Siracusa, con Ortigia, il centro storico della città, un’isola abitata da circa 3000 anni, l’area archeologica di Neapolis e la necropoli rupestre di Pantalica, a circa 40 km dalla città. Il sito è stato incluso nella lista “Patrimonio dell’Umanità” UNESCO nel 2005, con la seguente motivazione:

“L’iscrizione del sito “Siracusa e le necropoli rupestri di Pantalica” si giustifica in quanto la colonia di Siracusa, che occupò il territorio dove si era precedentemente sviluppata la civiltà preistorica di Pantalica, divenne presto il più importante centro della cultura greca del Mediterraneo, primeggiando anche sulle rivali Cartagine ed Atene. A Siracusa vissero ed operarono importanti personaggi del pensiero e dell’arte dell’antichità, quali Pindaro, Eschilo e Archimede, il cui nome è rimasto legato a quello della città. La stratificazione umana, culturale, architettonica ed artistica che caratterizza l’area di Siracusa dimostra come non ci siano esempi analoghi nella storia del Mediterraneo, che pure è caratterizzato da una grande diversità culturale: dall’antichità greca al barocco la città è un significativo esempio di un bene di eccezionale valore universale”.

Ortigia, alla scoperta del cuore antico di Siracusa

Il primo nucleo di quella che diventerà Siracusa è sorto sulla piccola isola di Ortigia, dove si trova la fonte Aretusa, in grado di fornire acqua ai primi coloni. In seguito, attorno al IV sec. a.C si aggiunsero i quartieri di Acradina, Epipoli, Neapolis e Tyche, tanto che Siracusa era conosciuta come la Pentapoli.

Il nostro itinerario parte proprio da Ortigia, ancora oggi il cuore più antico, un’isola collegata al resto della città dal Ponte Umbertino. A metà del ponte si trova il monumento ad Archimede, celebre cittadino e matematico, la cui scienza e furbizia, si dice, riuscì a sconfiggere la flotta romana.

Da qui si raggiunge il Tempio di Apollo, in Piazza Pancali. Costruito nel VI sec. a.C è il tempio più antico di tutta la Sicilia e, nel tempo, è diventato prima una chiesa bizantina, poi una moschea durante la dominazione araba. Infine è tornata una chiesa durante la presenza dei Normanni per poi essere adibito a caserma.

Prendendo a sinistra dal tempio si arriva all’Antico Mercato di Ortigia, una tappa che vale per respirare la vera atmosfera di un mercato siciliano, tra sapori e profumi tipici. Alcuni banchi propongono anche cibo da asporto e street food, tra panini, fritture, dolci e gelati.

Il Duomo barocco e il Castello Maniace

Proseguite ancora lungo via Matteotti fino alla Fontana di Diana e poi ancora fino a Piazza Duomo che spicca per la pavimentazione bianca e lucente e per i palazzi che vi si affacciano, dalle pareti chiare che riflettono la luce e la trasformano in un capolavoro di luce argentea, tant’è che è stata definita “la più bella piazza di Sicilia”.

Qui sorgeva il tempio di Atena, sul quale è stato costruito lo splendido Duomo di Siracusa, capolavoro del barocco. L’edifico è stato danneggiato durante il terremoto del 1693 ed è stato in parte ricostruito e restaurato nella prima metà del Settecento. L’interno a tre navate, invece, mantiene parte del colonnato dorico del tempio greco di Atena, e comprende alcune meravigliose cappelle barocche e un altare del 1659.

Sulla piazza si affacciano anche il Municipio, il Palazzo Vescovile, il Palazzo Borgia, il Palazzo Beneventano e la Badia di Santa Lucia, che custodisce al suo interno di Caravaggio, “Il seppellimento di Santa Lucia” di Caravaggio, che giunse in città dopo essere fuggito dal carcere di Malta.

Uscendo dalla chiesa e prendendo la strada sulla destra si arriva all’estremità più meridionale di Ortigia, dove si trova il cuore della città: la fonte Aretusa che, secondo il mito greco, prende il nome da una ninfa, che chiese alla dea Artemide di trasformarla in una fonte per sfuggire alle attenzioni sgradite di Alfeo. Oggi, lo specchio d’acqua si affaccia sul lungomare.

Continuando ancora verso l’estrema punta dell’isola si arriva al Castello Maniace, fatto costruire da Federico di Svevia nel 1239. È dedicato all’ammiraglio bizantino Giorgio Maniace, che nel 1038 riuscì a strappare la città ai dominatori arabi.

Ritornando verso nord, vale una sosta il Foro Italico, accanto al quale si trova il Porto Grande, splendido sia di giorno, tra yacht e barche di pescatori, sia di sera, tra ristoranti, bar, locali e musica dal vivo.

…il viaggio continua a pag 2

I segreti dell’antica Neapolis

Da non perdere una visita al Parco Archeologico della Neapolis, che si trova nella parte nord occidentale di Siracusa e si estende per circa 240 mila chilometri con testimonianze che vanno dalla Preistoria all’età Bizantina.

Tra i monumenti di spicco ci sono il meraviglioso Teatro Greco, che ospita ancora oggi rappresentazioni di commedie e tragedie classiche, e l’Anfiteatro romano.

Da non perdere una visita alle Latomie della Neapolis, cave di pietra che venivano usate come prigione per gli schiavi. Le più antiche sono le Latomie dei Cappuccini, che si trovano all’interno di un boschetto e si inoltrano fin sotto il livello del mare e sono state sede prima di un orto botanico poi di un teatro.

Tra le curiosità c’è poi l’Orecchio di Dioniso, una grotta dalla forma di padiglione auricolare.

La necropoli rupestre di Pantalica

La Necropoli di Pantalica, anch’essa inclusa nel sito UNESCO, dista circa 40 km da Siracusa e si raggiunge percorrendo la SS114. Sorge su un altopiano dei Monti Iblei e comprende più di 5000 tombe scavate nella roccia, risalenti a un periodo che va dal XIII al VII secolo a.C. Si presume, infatti, che su queste alture avessero trovato rifugio le popolazioni sicule prima dell’arrivo dei colonizzatori greci.

Dopo un primo periodo di abbandono, durante la dominazione greca, Pantalica è stata ripopolata dai bizantini, che hanno trasformato le tombe rupestri in abitazioni, ma anche in chiese e oratori. Fa parte del complesso anche lo splendido Anaktoron o Palazzo del Principe, che ricorda i grandiosi palazzi micenei e domina la cima della collina.

Non sfugge all’occhio anche lo splendido contesto naturalistico di Pantalica, un’oasi naturale dove si possono trovare orchidee, anemoni, platani orientali, carubbi e oleandri, habitat perfetto per la volpe, il falco pellegrino e il granchio di fiume.

Gli altri siti UNESCO in Sicilia

Siracusa e la Necropoli rupestre di Pantalica è uno dei cinque siti “Patrimonio dell’Umanità” in Sicilia. Gli altri inclusi nella lista sono l’Area Archeologica di Agrigento, la Villa Romana del Casale a Piazza Armerina a Palermo, dal 1997, le Isole Eolie, dal 2000 e le città tardo barocche della Val di Noto, in Sicilia sud orientale, dal 2002.

I sapori antichi di Siracusa, tra terra e mare

Infine, come da nostra consuetudine, non possono mancare i nostri gustosi suggerimenti su che cosa assaggiare o mettere in tavola durante la vostra visita a Siracusa, dove secoli di storia si riflettono anche nei piatti di terra e di mare. Tra i primi piatti, c’è la pasta alla siracusana un piatto “povero”, semplice e gustoso, a base di acciughe, pan grattato e olio extravergine di olive. Ottima anche la pasta con la salsa moresca, in cui si mescolano bottarga di tonno, succo di agrumi e cannella.

Con la bottarga di tonno di Marzameni si condiscono anche i cavateddi, con l’aggiunta di pomodori ciliegini di Pachino, mentre i ravioli casarecci utilizzano il pesce per il ripieno. Non manca nemmeno la zuppa di pesce, che si prepara con gamberi, sgombri, cozze e vongole, calamari, accompagnata da fette di pane raffermo e condita con olio e peperoncino.

Tra i secondi di mare, ricordiamo il tonno alla ghiotta, con peperoni, cipolle, patate e pomodori, e la cernia alla matalotta, accompagnata da capperi di Pantelleria, aglio, olive, prezzemolo e cipolla. Per chi preferisce i secondi di carne, da non perdere il farsumagru (falsomagro), un rotolo di carne farcito con formaggio, salumi e uova sode e cotto al forno, oppure le sfiziose polpette al sugo o il coniglio alla stemperata, fritto con un sugo di capperi, olive, sedano e pomodori. Tra i contorni di verdura, c’è la famosa caponata e la parmigiana di melanzane.

Dulcis in fundo…tra i dolci siracusani da non perdere ci sono quelli a bade di pasta di mandorle, le granite, (ottime alle mandorle e al limone), e la cuccia, un dolce al cucchiaio che si prepara in onore di Santa Lucia, a base di ricotta dolce, grano bollito, canditi, cioccolato fondente e mandorle. Legati alle feste ci sono poi i buccellati, biscotti alle mandorle glassati, i totò siracusani, biscotti con la glassa al cioccolato o al limone, che si preparano in occasione della Festa dei Morti, o la cassata siracusana, con strati di Pan di Spagna.

COME ARRIVARE

In aereo: l’aeroporto più vicino è quello di Fontanarossa di Catania, che dista circa 45 minuti. Volano su Catania Ryanair (www.ryanair.com) , Air Italy (www.airitaly.com), Alitalia (www.alitalia.com), Easyjet (www.easyjet.com). In auto dalla Sicilia, per chi viene da Nord l’autostrada Messina -Catania, poi autostrada Catania – Siracusa. Da Sud, prendere l’autostrada Siracusa – Gela, da ovest autostrada Palermo – Catania poi autostrada Catania – Siracusa.

DOVE MANGIARE

*Ristorante Don Camillo, via Delle Maestranze 96, Ortigia (SR), tel 0931/67133, www.ristorantedoncamillosiracusa.it Nel cuore di Ortigia, offre un menù raffinato di piatti di terra e di mare, con un’ampia carta dei vini. Menù degustazione € 60, bevande escluse. Alla carta da € 40 a € 92.

*Monzù Sicily, Piazza Minerva 6, Ortigia (SR), tel 0931/1756593, www.monzusicily.com A pochi passi dalla cattedrale, vanta una tradizione familiare risalente al 1786. Offre una cucina di buon livello di terra e di mare in un ambiente raffinato. In estate si può mangiare del dehors. Prezzo medio p.p € 60.

DOVE DORMIRE

*Grand Hotel Ortigia*****, viale G.Mazzini 12, tel 0931/464600, www.grandhotelortigia.it Albergo storico, costruito alla fine dell’Ottocento, conserva al suo interno le Mura Spagnole e altri reperti archeologici in un’area chiamata “piccolo museo”. I comfort invece sono tutti moderni in atmosfere liberty. Doppia da € 180.

*Albergo Domus Mariae***, via Vittorio Veneto 76, tel 0931/24854, www.domusmariaebenessere.com/ In un palazzo di inizio Novecento, si affaccia sul mare, comodo alle principali attrazioni, dispone di camere arredate nei colori mediterranei, piscina interna e centro benessere. Doppia da € 152.

INFO

www.siracusaturismo.net




STEFANIA PEDUZZI:”PORTO L’ABRUZZO NEL MONDO E LE ‘VIRTU” IN TAVOLA… NON SOLO IL 1 MAGGIO! ECCO LA MIA RICETTA

TESTO E FOTO DI CESARE ZUCCA

1 Maggio: le Virtu’ in tavola!

Ogni 1° Maggio gli abruzzesi rendono omaggio alla tradizione contadina con Le Virtu’, un piatto storico fatto con 7 tipi di legumi, 7 tipi di verdure, 7 specie di aromi, 7 varietà di carni, 7 tipi di pasta e preparato (perlomeno, tanto tempo fa tempo…) da 7 vergini. Questa leggendaria ricetta abruzzese oggi vi sarà raccontata da una Chef d’eccezione: Stefania Peduzzi, proprietaria e anima creativa della rinomata fabbrica di pasta Rustichella d’Abruzzo e docente di cooking classes in Italia e all’Estero.

Buongiorno Stefania, ci racconta dei suoi viaggi?
Tanti, in tutto il mondo. Appena possibile riprenderò a viaggiare. Prossima tappa il Cile, un viaggio di svago e anche di lavoro, per conoscere il nostro distributore a Santiago e per incontrare chef locali. Sono curiosa di scoprire come la cucina cilena interpreti i nostri prodotti e la cucina italiana.


Una destinazione speciale?
E’ stata la Giordania. A parte Petra, che comunque fa parte del percorso turistico, ho amato il deserto del Vadi Rum, che mi ha infuso un senso di libertà e di appartenenza al mondo. In quel grande silenzio, ho vissuto momenti di solitudine che non mi hanno intristita, al contrario, mi hanno regalato inaspettate sensazioni di grande conforto.
Ho avuto la fortuna di mangiare a casa della nostra guida e ho scoperto la comune e quotidiana cucina locale, abilmente speziata, ricca di verdure e ottima carne di agnello, che io, da buona abruzzese amante degli arrosticini, ho apprezzato moltissimo.
Una destinazione preferita?
Madera, in Portogallo, spero di tornarci al più presto.


Un consiglio per un weekend in Abruzzo?
Abito nella provincia di Pescara e tutt’intorno ci sono luoghi interessanti e località poco conosciute. Tanta bellezza e tanta storia.  Sto studiando e scoprendo le antiche abbazie medioevali di queste zone montane, strutture storicamente importanti perchè un tempo controllavano il passaggio dall’ Abruzzo verso il Tirreno.

Tra le mie preferite, la splendida San Giovanni in Venere, San Clemente a Casauria e San Bartolomeo, poco conosciuta e meno visitata, a Carpinedo della Nora.

Altra visita storica da non perdere è l’antica Abbazia del Vescovo a Penne, un borgo incantevole.
Forse una delle zone più belle dell’ Abruzzo, senz’altro una delle più suggestive è la Costa dei ‘trabocchi’, strutture che si alzano come sentinelle sul mare, paragonate da D’Annunzio a “colossali ragni” e descritti nella tragedia “Il trionfo della morte” “come “macchine che sembravano vivere della propria vita“.

Qualche ristorantino da scoprire?
In questi ultimi tempi c’è stata una grande crescita di agriturismi dove si si trova a mangiare quasi dentro casa propria, dove si preparano cibi abruzzesi del passato, come se cucinassero le nonne.


Come occupa il suo tempo libero?
Trovo che ognuno debba mettere un po’ d’arte in tutto quello che fa, dalla musica al teatro, all’arte visiva… Non mi reputo un’ artista, ho semplicemente delle visioni che traduco al computer; sono delle citazioni vive e vagamente tridimensionali che si inseriscono in quadri famosi e ne rivisitano l’essenza,  come i personaggi della Primavera del Botticelli, che ho vestito come hippies di Woodstock.

Ho scherzato anche con il famoso ‘Bacio’ di Hayez,  la ‘Dama con l’ermellino’ e Frida Kalo, tutti messaggi universali che ho rivisitato con un occhio a certe atmosfere contemporanee.

Le sue ‘master classes’ sono ormail famose…
Ho portato la mia ‘chitarra cooking class’  a San Francisco, New York, Los Angeles, Dubai.
Inizio illustrando la storia della ‘pasta alla chitarra’ e poi si passa alla realizzazione, usando  questo tipico strumento abruzzese che, secondo le mie ricerche storiche, potrebbere essere stato un vero strumento musicale, forse un’arpa da tavolo, finchè un bel giorno la padrona di casa pensò di utilizzarlo per creare dei lunghi spaghetti. E’ una classe che ha  grande successo, forse perché dimostra quanto sia facile fare una cosa che si pensava essere estremamete difficile.
Porta l’Abruzzo nel mondo…
(ride) Assolutamente si… e, ci tengo a dirlo, la ‘chitarra’ è solo abruzzese… diffidate dalle imitazioni! Ora, a causa del coronavirus, il mondo si è tristemente fermato, spero possa rinascere al più presto e che io possa riprendere a portare nuovamente la storia, la cultiura e la gastronomia abruzzese in tutto il mondo. Amo la mia meravigliosa terra!

Mi racconta ‘Le Virtù’?
E’ una tradizionale ricetta povera, un piatto del recupero che utilizzava il  vecchio e il nuovo.
La storia delle ‘virtù’ nasce proprio in questa area geografica, dove ogni 1 maggio, la tradizione vedeva il riunirsi dei contadini che portavano tutto ciò avevano conservato in casa, dai legumi secchi, alle ossa del prosciutto, alle erbe essiccate a cui aggiungevano le verdure appena colte e cucinate (perlomeno, così dice la leggenda…) da 7 vergini.

Niente pasta?
L’aggiunta della pasta è arrivata in tempi più recenti. Inizialmente veniva fatta in casa, mentre chi aveva disponibilità, la comprava nei primi pastifici del territorio.  iI 1 Maggio era un’occasione per riutilizzare la pasta avanzata durante l’anno. Fedele a questa tradizione, ho voluto produrre una pasta chiamata ‘Virtù’ che è un insieme di 7 diversi formati di pasta, che, grazie a una trafila speciale,  richiedono lo stesso tempo di cottura. Trovo che sia un piatto gustoso e un omagggio alle tradizioni, da mettere in tavola… tutto l’anno!


Ricetta classica o riivisitata?
La mia ricetta è un’interpretazione della tradizione, in maniera originale, con fave fresche, guanciale croccante, pecorino e pasta di grano 100% abruzzese. Buon 1 Maggio!

LE VIRTU’, FAVE, GUANCIALE E PECORINO

Ingredienti per 4 persone:
320 g di Virtù PrimoGrano Rustichella d’Abruzzo
200 g di fave secche
50 g di pecorino dolce grattugiato
500 g di fave fresche
120 g di guanciale
1 cipollotto fresco
1 l di Brodo vegetale
Olio extravergine d’oliva
Sale fino q.b.
Pepe nero q.b.
Preparazione:
Iniziate dai baccelli di fave fresche: apriteli, rompendo il picciolo superiore, e poi sgranate le fave con le mani. Una volta estratte, eliminate la piccola escrescenza posta a lato di ognuna di esse. Tagliate il guanciale a strisce sottili e ponetelo, senza alcun condimento, in un tegame antiaderente a rosolare a fuoco lento fino a che il grasso si scioglierà e il guanciale risulti dorato. Preparate ora le cialdine di pecorino: riscaldate una padella antiaderente, e adagiate sul fondo il pecorino aiutandovi con un coppapasta o semplicemente utilizzando un cucchiaio.
Distribuitelo in modo uniforme e fatelo sciogliere a fiamma bassa: dopo poco inizierà a fondersi e si indurirà. Spostate la padella staccate delicatamente la cialda con una paletta e giratela dall’altro lato fino a che non diventa dorato.
Una volta pronte le cialde adagiatele su un piano liscio e uniforme e fatele raffreddare da parte. Mondate e tritate un cipollotto , unite anche 4 cucchiai di olio extravergine di oliva e fatelo rosolare.
A questo punto unite le fave sgranate, mescolate.
Dopo qualche minuto, aggiungete un paio di mestoli di brodo vegetale (preparato in precedenza) e lasciate cuocere a fuoco dolce per circa 20-25 minuti.
Durante la cottura, aggiungete, ogni qual volta serva, del brodo vegetale fino a che le fave risulteranno cotte; aggiustate di sale e pepe, quindi mescolate e spegnete il fuoco.
Mettete a lessare le Virtù in abbondante acqua bollente salata e, arrivati a metà cottura, scolateli tenendo da parte un po’ della loro acqua di cottura.
Uniteli alle fave e continuate la cottura, mescolando e aggiungendo, quando serve, l’acqua di cottura tenuta da parte per renderlo più brodoso. Quando la pasta e fave sarà al dente, spegnete il fuoco, aggiungete un paio di cucchiai di olio extravergine d’oliva crudo.
Unite il guanciale e completate con la cialdina di pecorino.

INFO
Abruzzo Turismo
Rustichella d’Abruzzo
Ristorante Convivio Girasole,  Loreto Aprutino (PE)

CESARE ZUCCA
Travel, food & lifestyle.
Milanese di nascita, vive tra New York, Milano e il resto del mondo. Viaggia su e giù per l’America e si concede evasioni in Italia e in Europa.
Per WEEKEND PREMIUM fotografa e racconta città, culture, stili di vita e scopre delizie gastronomiche sia tradizionali che innovative. Incontra e intervista top chefs di tutto il mondo, ‘ruba’ le loro ricette e vi racconta il tutto qui, in stile ‘Turista non Turista’




Italia del Gusto. Chiusa (BZ), Spoleto (PG) e San Vito lo Capo (TP) svelano splendori e sapori con tre TOP RICETTE

L’impossibilità di uscire di casa per l’emergenza coronavirus ci ha fatto scoprire (o riscoprire!) la passione per i fornelli. E, avendo più tempo a disposizione, siamo tentati di esplorare nuovi orizzonti del gusto. Vi proponiamo allora tre ricette da altrettanti luoghi d’Italia (Nord, Centro e Sud), illustrandovene, allo stesso tempo, le bellezze. Potrete così assaporare i piatti regionali del nostro Belpaese, e programmare magari un weekend quando potremo uscire.

Chiusa (BZ) e la “Torta di grano saraceno e mirtilli”

Il nostro viaggio inizia da Nord, da Chiusa, splendido borgo medievale in provincia di Bolzano conosciuto anche come Künstlerstädtchen, cioè “cittadina degli artisti”, poiché tra gli affezionati visitatori ci sono stati poeti, scrittori, pittori, tra cui Albrecht Dürer che ha immortalato Chiuso nella sua incisione Nemesis.

Il centro storico presenta splendidi edifici dalle facciate con mura merlate e i tipici Erker, le architetture poligonali che “proiettano” all’esterno le finestre. Partendo dalla Città Alta, si possono ammirare Casa Wegmacher, un bell’edificio storico, e la Chiesa degli Apostoli, in stile gotico. Incontriamo poi splendidi edifici tardo medievali, come il Municipio, la Dogana Vescovile, sulla cui facciata spiccano dieci dipinti araldici dei vescovi di Bressanone e il Complesso dell’Albergo Leon d’Oro.

Percorrendo pittoreschi vicoli si arriva invece alla Città Bassa, dove si trovano l’ex Albergo Orso Grigio, la cui presenza è attestata fin dal 1335, e il Caffè Nussbaumer, che conserva al suo interno una galleria di opere d’arte.

Meritano una visita anche l’ex Convento dei Cappuccini, sede della Biblioteca Civica e del Museo Civico, che conserva dipinti di esponenti della Colonia Artistica di Chiusa, databili tra il 1874 e il 1932 e il Tesoro di Loreto, una collezione di opere che Padre Gabriel Pontifeser, confessore della Regina Maria Anna di Spagna, ha ricevuto in dono dalla famiglia reale, tra porcellane, arredi sacri, mobilio dipinti del Cinque e Seicento. Attraverso il chiostro si arriva alla Chiesa dei Cappuccini, eretta tra i 1699 e il 1701.

Con una passeggiata di 40 minuti che parte dall’Ufficio Turistico si raggiunge lo splendido Monastero di Sabiona. Lungo il percorso si incontrano alcune eccellenze del territorio, tra cui Castel Branzoll, sulla sponda ovest dell’Isarco, di cui rimangono la duecentesca Torre del Capitano e poche altre vestigia. La strada sale ancora per mezz’ora e attraversa le stazioni della via Crucis per arrivare al complesso monastico che svetta su una rupe da cui si gode di uno splendido panorama su Chiusa e la Valle Isarco.

INFO: www.klausen.it

Squisitezze altoatesine

Per una pausa golosa, vi consigliamo un antipasto a base di speck e formaggi, come un primo piatto potete scegliere tra i canederli o i ravioli della Valle Isarco. Come secondo, a voi la scelta tra il carré di maiale e crauti e il tipico gulasch di manzo. E, per finire in dolcezza, regalatevi una bella fetta di strudel o di torta di grano saraceno e mirtilli rossi, che potete preparare anche a casa con la nostra ricetta.

Torta di grano saraceno e mirtilli

Uno dei dolci tipici dell’Alto Adige, di antica tradizione tedesca che include negli ingredienti i prodotti tipici regionali, come le mele e i mirtilli.

Ingredienti

  • 200 gr di burro morbido
  • 6 uova
  • 150 gr di nocciole spellate e tritate
  • 150 gr di farina di grano saraceno
  • 1 mela grattugiata
  • 30 gr di maizena
  • 1 bustina di lievito per dolci
  • 200 gr di zucchero semolato
  • Composta di mirtilli rossi o neri q.b
  • Scorza di limone grattugiata
  • Zucchero a velo

Dopo aver fatto ammorbidire il burro, lavoratelo con la metà dello zucchero. Quando il composto sarà cremoso, unite i tuorli delle uova, mettendo da parte gli albumi. Amalgamate bene e unite, poco per volta, la farina di grano saraceno, la mela grattugiata, il lievito, la maizena, il resto dello zucchero, la scorza di limone grattugiata e le nocciole. Montate gli albumi a neve e aggiungeteli al composto mescolando delicatamente. Versate l’impasto in una tortiera dal diametro di circa 24 cm. Infornate a 170°C per circa 40/45 minuti. Sfornate, lasciate raffreddare la torta, poi mettetela su un piatto, tagliatela a metà e distribuite la composta di mirtilli. A piacere, potete mettere la composta anche nella parte superiore, oppure spolverare la torta con lo zucchero a velo.

Spoleto (PG) e le “braciole alla spoletina

La seconda tappa golosa di questa settimana è Spoleto, superbo borgo medievale dell’Umbria e a lungo capitale del regno dei Longobardi, con una ricchezza storico-artistica che lascia senza fiato.

Le cose da vedere sono veramente tantissime, ma se avete a disposizione solo un weekend, partite dalla Rocca Albornonziana, che domina la città con le sue mura imponenti. La Rocca si divide in due aree, il Cortile d’Onore, che ospita il Museo Nazionale del Ducato, e il Cortile delle Armi, sede di un teatro all’aperto.

Da qui parte il Giro della Rocca, una passeggiata panoramica da cui si ammira la splendida valle e la Cattedrale, e tocca la cima del Colle Sant’Elia. Poco dopo l’inizio del percorso segnalato si arriva a una corta galleria che porta sia alla Rocca che alla parte bassa del centro storico, collegato da un suggestivo sistema di otto blocchi di scale mobili che, in poco più di 8 minuti, collegano questa zona al Quartiere della Ponzanina, a Corso Garibaldi, alla Basilica di San Salvatore, dichiarata dall’UNESCO Patrimonio dell’Umanità, e alla Chiesa di San Ponziano con annesso il Monastero.

Non perdetevi poi il Ponte delle Torri, uno dei simboli di Spoleto e uno dei monumenti più belli e impressionanti. Unisce la Rocca e il Monteluco e ha misure uniche nel suo genere: 230 metri di lunghezza e 82 di altezza, con una visuale a strapiombo su un orrido boscoso. La sua costruzione è stata completata tra il Duecento e il Trecento, a seguito del saccheggio della città da parte di Federico Barbarossa.

Scendendo verso il centro visitiamo quindi il bel Teatro Romano, risalente al I secolo, dove ancora si tengono spettacoli e concerti. Prendendo poi via Monterone fino a un incrocio, sulla destra ci troviamo Palazzo Mauri, sede della Biblioteca Comunale, mentre a sinistra ci sono la Chiesa di Sant’Ansano e la Cripta di Sant’Isacco, risalenti ai secoli XI e XVIII. Più avanti troviamo anche l’Arco di Druso e Germanico, di epoca romana.

Arriviamo finalmente in Piazza del Duomo, dominata dalla splendida Cattedrale di Santa Maria Assunta. Nelle vicinanze c’è anche la Casa Romana, che si dice sia appartenuta a Polla, madre dell’imperatore Vespasiano.

INFO: www.comunespoleto.gov.it

Bontà spoletine in tavola

Il re della tavola è sicuramente il tartufo nero, con il quale si gustano gli spaghetti al tartufo, gli stringozzi, la pasta tipica di Spoleto. Gli stringozzi, oltre che con il tartufo, si possono gustare “alla spoletina”, cioè conditi con un sugo a base di aglio, olio e peperoncino.

Tra i secondi di carne, troviamo la coratella di agnello, che viene preparata in padella con olio e cipolla tritata e insaporita con sale, pepe, rosmarino, vino bianco e pelati a cubetti. Ottime anche le braciole di castrato “a scottadito”, cotte alla griglia dopo essere state spalmate con un composto di lardo macinato, grasso di prosciutto, aglio, salvia, rosmarino, sedano, cipolla e maggiorana. Da gustare rigorosamente caldissime per non fare rapprendere il condimento. Le braciole si gustano anche “alla spoletina”, come nella nostra ricetta, cioè cotte con una salsa di olive, alloro, peperoncino e rosmarino.

Braciole alla spoletina

Ingredienti

  • 4 braciole di maiale con l’osso
  • 1 bicchiere di vino bianco secco
  • 50 gr di olive verdi snocciolate
  • 2 cucchiai di pasta di olive verdi
  • 2 foglie di alloro
  • 1 pizzico di peperoncino macinato
  • 1 rametto di rosmarino
  • Farina q.b.
  • Olio extra vergine di oliva
  • Sale e pepe

Pestate le braciole per assottigliarle e praticate qualche taglio sui bordi per non farle arricciare durante la cottura, poi infarinatele leggermente e fatele rosolare in una padella con 4/5 cucchiai di olio EVO. Aggiungete le foglie di alloro e il rosmarino. Giratele un paio di volte e fatele dorare a fuoco basso per circa 10 minuti. Unite anche le olive, il peperoncino e il paté di olive verdi. Lasciate cuocere ancora per qualche minuto, regolate di sale e di pepe e servite calde.

San Vito lo Capo (TP) e le “Busiate al pesto”

La terza tappa del nostro viaggio settimanale nell’Italia del gusto è San Vito lo Capo, in provincia di Trapani, da cui dista circa 39 km. Racchiusa nella baia compresa tra la Riserva Naturale dello Zingaro e la Riserva Naturale di Monte Cofano, vanta un territorio di rara bellezza, che si affaccia su un mare cristallino dalle intense tonalità del blu.

Il nucleo storico si snoda attorno a via Savoia, la strada principale, che conduce direttamente al mare. Fate una prima sosta al Santuario di San Vito, in stile arabo normanno, dalle dimensioni imponenti: ben 104 metri base e 16 di altezza, con mura spesse da 2 metri e mezzo a 20 centimetri. Poco distante, si può vedere anche il tempietto di Santa Crescenzia, dedicato alla nutrice del santo.

Procedendo ancora lungo via Savoia vale la pena fare una visita al Museo del Mare, che conserva importanti reperti archeologici recuperati dai fondali marini, tra cui i resti della nave arabo-normanna che giace ancora nella zona antistante il Faro. Proprio questo è un altro dei simboli di San Vito lo Capo. Si tratta, infatti, di uno dei fari più importanti della Sicilia. La sua potente luce, di notte, arriva oltre le venti miglia marine.

Un altro edificio degno di nota è Palazzo La Porta, sede del Municipio. Costruito nel XIX secolo, conserva ancora oggi gli antichi pavimenti di maiolica e l’atrio basolato con pietra locale secondo l’uso ottocentesco. Lo splendido giardino alle spalle del palazzo ospita ogni anno mostre e iniziative culturali.

I dintorni di San Vito lo Capo sono una meraviglia della natura. Non solo un mare cristallino, ma montagne, sentieri, calette e grotte e due Riserve Naturali tutte da scoprire. Tra queste c’è la Riserva Naturale dello Zingaro, che si estende per 7 chilometri nel tratto di costa che va da San Vito lo Capo a Castellamare del Golfo e ha un’estensione di 1700 ettari che occupano gran parte della penisola di San Vito lo Capo.

La zona costiera si compone di calette pittoresche che si affacciano su un mare cristallino dalle mille sfumature dell’azzurro e del verde. In pochi minuti a piedi dalla biglietteria si arriva alla Tonnarella dell’Uzzo, una delle spiagge più frequentate nella stagione estiva, ma che offre il meglio in autunno e in primavera.

Chi ama andare alla scoperta delle spiagge più “segrete”, può prendere il sentiero della costa che tocca Cala Torre dell’Uzzo, Cala Marinella, Cala Beretta, Cala della Disa, Cala del Varo, fino a Cala della Capreia, che tocca il territorio di Scopello.

INFO: www.sanvitoweb.com

I sapori del trapanese

Il piatto principe di San Vito lo Capo è il cous cous alla trapanese, che abbina la semola al pesce fresco. Impossibile resistere alle arancine di riso, alla carne, al burro o in fantasiose varianti. Tra lo street food locale ci sono le panelle, frittelle di farina di ceci racchiuse in un panino. Con le melanzane si preparano la caponata e le cotolette.

Tra i primi piatti abbondano i condimenti a base di pesce, come la pasta con le sarde, gli spaghetti alle vongole o al nero di seppia. Tra le paste al forno troviamo la ‘ncaciata, citata anche nel celebre serial “Il Commissario Montalbano, e il timballo di anellette, Da non perdere la celebra pasta alla Norma e le busiate al pesto alla trapanese, di cui trovate qui sotto la ricetta.

Busiate al pesto alla Trapanese

Ingredienti

  • 600 gr di busiate (pasta tipica trapanese)
  • 500 gr di pomodori da salsa
  • 40 gr di mandorle pelate
  • 4 spicchi di aglio
  • 1 mazzetto di basilico
  • 100 gr di pecorino grattugiato
  • Olio EVO
  • Sale e pepe q.b.

Tritate poi pestate insieme le mandorle, l’aglio e il basilico, aggiungendo un filo di olio di oliva. Quando sarà il tutto ben amalgamato, unite anche il pecorino grattugiato e mescolare. Mettete poi i pomodori a sbollentare nell’acqua calda per qualche minuto, poi pelateli, puliteli dai semi, tagliateli grossolanamente a pezzettoni e passateli nel mortaio. Unite anche gli altri ingredienti, il sale e il pepe. Aggiustate di olio. Cuocete la pasta in acqua salata, scolatela quando è al dente e versatela nel tegame con il sugo. Mescolate e servite.




UNESCO con Gusto. La Napoli del centro storico e la sua Arte pizzaiuola

di Marina Cammarota

Attraversata e arricchita da tante culture, Napoli si rivela al mondo nella grandiosità del suo centro storico. Antico di quasi tremila anni è dal 1995 Patrimonio dell’Umanità UNESCO. Mai come in questo caso il connubio Unesco con gusto è perfetto, essendo anche l‘arte dei pizzaioli napoletani nella lista dei Beni Immateriali Patrimonio dell’Umanità.

Tra le motivazioni e i criteri del riconoscimento del Centro storico si fa riferimento al “valore universale e senza uguali della ricchezza del tessuto urbano, degli edifici e delle strade che conservano e testimoniano una storia millenaria ricca di eventi, che ha visto succedersi ed incrociarsi popoli e culture provenienti da tutta Europa”.

Dal Duomo a Piazza Bellini, una staffetta tra i tesori artistici

“Entrata grandiosa: si scende per un’ora verso il mare attraverso un’ampia strada, scavata nella roccia tenera, sulla quale la città è costruita. Solidità dei muri. Parto. Non dimenticherò né la via Toledo né tutti gli altri quartieri di Napoli; ai miei occhi è, senza nessun paragone, la città più bella dell’universo.” (Stendhal)

La città delle 400 chiese, dominata dai Greci e nata ancor prima che si formasse Roma, è un caleidoscopio di bellezza, un’alchimia di arte antica e architettura che convive con l’arte moderna e street art di noti writers, in una sinergia artistica alla quale si aggiunge l’altro bene tutelato come patrimonio Unesco: l’arte dei pizzaiuoli nelle pizzerie più note dei vicoli del centro. Conoscere la Napoli autentica sarà quindi un’esperienza sensoriale a 360° senza limiti e delusioni.

Tra monasteri, chiese, obelischi, musei, catacombe, palazzi storici e chiese, con un tour per ora virtuale, ci inoltriamo nel centro storico di Napoli (diviso in due dalla nota strada Spaccanapoli), dalla sua porta quattrocentesca: porta Nolana. Attraversiamo il mercato e ci dirigiamo verso via Forcella.

Attraversando Corso Umberto ci ritroveremo in via dell’Annunziata e quindi al Convento e Orfanotrofio dell’Annunziata, dove si trova la Ruota degli Innocenti (o dei gittatelli) i bambini abbandonati e accolti nel convento che divenivano poi ‘esposti’ cioè entravano a parte dell’orfanotrofio. Ancora oggi si possono visionare gli archivi degli Esposti.

Dal Duomo a Port’Alba

Tornando verso Forcella e attraversando via Pietro Colletta sbucheremo in via Vicaria Vecchia e qui all’incrocio con Via Duomo si erge una delle chiese più antiche: la Basilica di San Giorgio Maggiore (IV secolo) ristrutturata da Cosimo Fanzago.

Appena due isolati più in là, troviamo il maestoso Duomo, voluto da Carlo I d’Angiò nel 1272 con le decorazioni dorate nella navata opera del genio barocco Luca Giordano, gli affreschi alla cupola di Lanfranco e, i mosaici antichi nel Battistero.

Ed è qui che si ripete per ben tre volte l’anno il miracolo di San Gennaro, e alla cui cappella aperta nel 1637 sul lato destro della navata, lavorarono gli artisti più famosi, creando un vero capolavoro barocco.

Nascosto dietro l’altare vi è il busto d’argento che custodisce il teschio di San Gennaro e le ampolle con il sangue miracoloso. Accanto al Duomo si trova il Museo del tesoro di San Gennaro, con i doni offerti al Santo.

Tornando su via Duomo ci inoltriamo in via dei Tribunali (decumanus maior per i romani, parallela al decumanus inferior di Spaccanapoli) e saremo nel cuore storico di Napoli. Tuttavia, prima di svoltare a destra, uno stop è d’obbligo alla chiesa Pio Monte della Misericordia (in via dei Tribunali 253) per ammirare al di sopra dell’altare il capolavoro di CaravaggioLe Sette Opere di Misericordia”.

Da via dei Tribunali, superato l’incrocio con via Duomo, si arriva in Piazza San Gaetano 76 con la Basilica di San Paolo Maggiore, e la sacrestia barocca, meraviglia nascosta di Napoli. Di fronte alla piazza si trova il complesso monumentale di San Lorenzo Maggiore (via dei Tribunali 316) la cui meravigliosa basilica gotica si trova proprio su un sito archeologico di epoca romana.

Articolato su più livelli, gli appassionati di storia e architettura troveranno sia la Basilica, una delle strutture medievali più belle di Napoli, che le rovine sottostanti la stessa con antichi panifici, taverne e lavatoi greco-romani, di una meraviglia insuperabile.

Dopo tanta bellezza storica e architettonica l’itinerario prosegue in via San Gregorio Armeno tappezzata dalle botteghe di artigiani presepiali.

I palazzi storici, il Cristo Velato e Santa Chiara

Dopo la nota via dei pastori e presepi, ci ritroviamo in piazzetta Nilo e da qui, i n pochi passi, saremo nella bellissima piazza di San Domenico Maggiore, con Il Palazzo di Sangro dove venne assassinata Maria d’Avalos.

Dopo il palazzo, proprio dietro l’angolo sbucando in via de Sancits, al numero 19, si trova la Cappella Sansevero che custodisce il gioiello scultoreo del Cristo Velato di Giuseppe Sanmartino .

Prima di concederci il meritato premio tra le pizzerie napoletane del centro abbiamo ancora da ammirare, sempre nelle vicinanze, Palazzo Carafa della Spina, in via Benedetto Croce, realizzato da Domenico Fontana alla fine del Cinquecento e restaurato nel Settecento, con il portone barocco tra i più belli di Napoli. Appena più avanti incontriamo subito la Basilica di Santa Chiara, imponente struttura gotica progettata nel XV secolo e ricostruita dopo la Seconda Guerra Mondiale.

Nella vicina Piazza del Gesù si affaccia la chiesa del Gesù Nuovo, gioiello architettonico del XVI secolo di Giuseppe Valeriani con decorazioni barocche di Luca Giordano e Cosimo Fanzago, che custodisce le spoglie dell’amatissimo santo locale Giuseppe Moscati, un medico che dedicò la sua vita a curare i poveri; al centro della piazza si erge l’alta Guglia dell’Immacolata di Giuseppe Genuino.

Nella piazza resta ancora da ammirare il palazzo Pandola, al numero 33, che compare anche nella scena del film di Vittorio De Sica “Matrimonio all’italiana”. Tornando indietro e girando a sinistra verso via San Sebastiano, e poi ancora a sinistra in via Port’ Alba, ci troveremo in una via tappezzata di librerie dove scovare copie originali di classici e libri introvabili, e che conduce attraverso l’omonima porta del 1625 , a piazza Dante .

Appena a sud di via Port Alba, in via San Sebastiano c’è la più grande concentrazione al mondo dei negozi di strumenti musicali.

Prendendo a destra di Port’ Alba si sfocia in Piazza Bellini con i suoi tanti caffè. Qui lo spritz è impreziosito dalle antiche mura greche risalenti al IV secolo che fanno da cornice ad uno dei posti più suggestivi di Napoli, frequentato da intellettuali e ragazzi universitari.

….continua a pag 2 con l’arte della pizza…

Il centro storico, custode dell’arte della pizza

Dopo l’arte nei luoghi storici sarà un piacere autentico conoscere l’arte della pizza napoletana, Patrimonio dell’Umanità da condividere e soprattutto testimoniare con l’esperienza personale.

La Pizza è alta espressione dell’identità culturale napoletana e sebbene la sua storia sia antica e famosa, risalente al XVI secolo, è stata riconosciuta come bene immateriale Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO solo nel Dicembre 2017 .

Nelle motivazioni per il riconoscimento si legge: “il know-how culinario legato alla produzione della pizza, che comprende gesti, canzoni, espressioni visuali, gergo locale, capacità di maneggiare l’impasto della pizza, esibirsi e condividere è un indiscutibile patrimonio culturale. I pizzaiuoli e i loro ospiti si impegnano in un rito sociale, il cui bancone e il forno fungono da “palcoscenico” durante il processo di produzione della pizza. Ciò si verifica in un’atmosfera conviviale che comporta scambi costanti con gli ospiti. Partendo dai quartieri poveri di Napoli, la tradizione culinaria si è profondamente radicata nella vita quotidiana della comunità. Per molti giovani praticanti, diventare Pizzaiuolo rappresenta anche un modo per evitare la marginalità sociale“.

Le pizzerie che esprimono la premiata “arte pizzaiuola” nel mondo

Tra le pizzerie del centro storico che mantengono alto questa primato (la prima pizzeria di Napoli è sorta proprio a Port’ Alba nel 1738 con ‘Port Alba pizzeria’ ed è’ ancora in attività) c’è la Pizzeria Gino Sorbillo (via dei Tribunali 32) di Sorbillo si dice che sia il “re della pizza”, il locale è sempre affollato, le pizze sono giganti con farina e pomodori biologici , una vera squisitezza.

Un’altra storica pizzeria è La Masardona (in via Giulio Cesare Capasso 27). Qui si viene per assaggiare la pizza fritta napoletana con ciccioli, salame prosciutto, provola affumicata e ricotta accompagnata da Marsala dolce. Ma c’è anche la versione scarola, olive e provola. Tutti martedì è servito il tortaniello, un delizioso rustico ripieno con pecorino, salame, ciccioli e uova sode. Una bomba di bontà.

Anche la Pizzeria di Matteo (in via dei Tribunali 94) è una delle pizzerie storiche di Napoli. Il banco sì affaccia in strada per servire fritture deliziose, dalla pizza fritta agli arancini, ma ci si può accomodare anche all’interno alla mano e caratteristico.

Alla Pizzeria Vesi (in via dei Tribunali 388), le pizze sono buonissime anche qui e in primavera è un piacere mangiare all’aperto osservando i vivai.

La pastiera e la leggenda di Parthenope

Infine, come non inserire nelle delizie partenopee, la grandiosa, elaborata e perfetta Pastiera napoletana. Le sue strisce decorative di pasta frolla devono essere necessariamente sette e richiamare la struttura del centro storico per rispettare l’antica leggenda secondo la quale la pastiera era il dolce offerto a Parthenope.

Si racconta infatti che la sirena, ogni primavera, intonava un canto meraviglioso per la città. Un anno in cui il suo canto fu particolarmente ipnotico e splendido, i napoletani le vollero offrire doni preziosi come zucchero, uova, grano, ricotta, spezie, farina e acqua di fiori d’arancio, e cioè gli ingredienti del dolce delizioso.

La decorazione a “grata” greca, quattro in un senso e tre nel senso trasversale, formerebbero invece l’antica “planimetria” di Neapolis, con i tre Decumani e i Cardini che li attraversano in senso trasversale; rappresentando così, in maniera simbolica, l’intera città che in quel preciso momento offrì alla Sirena i sette doni.

COME ARRIVARE

In auto: da Nord autostrada A1, da Sud Autostrada A3 Napoli-Reggio Calabria, dall’Adriatico A16 Napoli-Canosa con uscita Napoli. Per il centro storico seguite poi le indicazioni Centro-Porto-Stazione Marittima – Stazione Centrale.

DOVE MANGIARE

*Pizzeria Sorbillo, via dei Tribunali 32, Napoli, tel 081/446643, www.sorbillo.it la più centrale delle tre pizzerie con lo storico marchio. Per provare l’ebbrezza e il gusto unico della vera pizza napoletana.

*La Masardona, via G.C Capaccio 27, Napoli, tel 081/281057, www.facebook.com/lamasardona/ Dal 1945, pizza, pizza fritta e calzoni, da gustare nella sala recentemente rimodernata o anche da asporto.

*Pizzeria Di Matteo, via dei Tribunali 94, Napoli, tel 081/45562, www.pizzeriadimatteo.com Cinque sale disposte su due piani per questa storica pizzeria famosa in tutto il mondo.

DOVE DORMIRE

*Hotel Palazzo Carracciolo****, via Carbonara 112, Napoli, tel 081/01600111, www.palazzocarracciolo.com Boutique hotel in un palazzo cinquecentesco in zona centrale. Comodo a tutte le principali attrazioni.

*Hotel Vergilius Billia****, via Pica 16, Napoli, tel 081/5635594, www.hotelvergiliusbillia.it . A 15 minuti a piedi dal Duomo e a 200 metri dalla stazione centrale, offre camere confortevoli con bagno privato e minibar. Colazione continentale.

INFO

www.visit-napoli.com




SCOPRIAMO LA CUCINA ‘GREEN’, MA CHI SARA’ IL ‘TOP GREEN CHEF’ 2020?

DI CESARE ZUCCA

Cucina green: top chefs di tutto il mondo hanno aderito a questa corrente che sta questo  avendo moltissimi seguaci, compresi noi di Weekend Premium , che siamo strati fra i primi già dal 2014. Lo dimostra il nostro ‘TOP GREEN CHEF’ Weekend Premium Award che ogni anno celebra gli Chef che si sono distinti in questo settore.  L’anno scorso il Premio è andato a Franco Aliberti del Ristorante Tre Cristi di Milano.


La redazione ed i nostri preziosi collaboratori  hanno già indicano dei nomi che abbiamo messo mettiamo in nomination, ma i giochi sono ancora aperti: Saranno infatti i nostri followers e i nostri lettori a votano o anche indicarci degli ulteriori nomi. E potranno farlo fino al primo settembre. L’esito si saprà in seguito, quando Raffele D’Argenzio, Direttore di Weekend Premium consegnerà l’ambito trofeo nel corso del rituale evento a Milano, alla presenza della stampa e di varie personalità.
Chi sarà il Top Green Chef 2020?
L’elenco dei nominati è prestigioso e la lista è ancora aperta.
Potete votare per uno dei nominati o segnalare un vostro preferito.
La premiazione avverrà a Settembre, quindi.. votate, votate!
Ecco i nominati:
Pino Cuttaia, Licata, AG
Philipp Hillebrand, Merano,
Alessandro Martellini, Valgardena,
Fabio Pisani e Andrea Negrini, Ristorante Aimo & Nadia, Milano
Simone Zanon, Ristorante Al Ronchettino, Milano
Maicol Izzo, Ristorante Piazzetta Milù, Castellammare, Napoli
Simone Basello Ristorante El Fogolar, Udine
 
Cosa significa essere un ‘green chef’?
Essere un cuoco green significa considerare la terra e fare scelte rispettose nel modo in cui prepariamo il cibo, una ricetta che possiamo seguire tutti noi per colazione, pranzo e cena.
In qualità di consumatori attenti all’ambiente, possiamo optare su utensili e elettrodomestici green o trasformare in green l’arredamento dell’ambiente dove cuciniamo giornalmente, ma sono soprattutto le cose che facciamo ogni giorno, come mangiare, che hanno il maggiore impatto sull’ambiente.


Tutto inizia in cucina…
Ecco le innovazioni e le idee design ideali per una cucina green.
Molte finestre azionabili per luce naturale e ventilazione libera.
I pavimenti preferibili sono in legno, facilmente lavabili con acqua e sapone.


Un raccoglitore per materiali compostabili vicino all’area di lavoro.
Uno spazio adeguato per tutti i materiali riciclabili.
Un valido frigorifero/congelatore ad alta efficienza energetica.
Uno spazio dove coltivare le votre erbe preferite.


Una dispensa facile da gestire che non incoraggi l’accumulo.
Un contenitore, che mantenga fresca frutta e verdura, senza richiedere refrigerazione.


Iniziamo con uno spazio di lavoro pulito. Se cucinare verde è l’ obiettivo, che si inizi con la pulizia green. Le stufe e i forni a induzione si scaldano più rapidamente e sono più del doppio efficienti nel trasferimento del calore rispetto ai bruciatori a gas e circa il 20% migliori rispetto alle primitive opzioni elettriche. Ecco perché cucinare green è una decisione importante e un modo davvero efficiente per iniziare a risparmiare energia in cucina e non solo, la cucina green infatti è sinonimo di salute.

7 consigli per cucinare green
1) Durante la cottura, coprire il cibo che state cucinando con un coperchio bollente che aiuterà la circolazione dell’aria e quello che state cucinando bollirà in minor tempo
2) Utilizzare pentole a fondo piatto  non troppo sottile (onde evitare che che il fondo venga piegato o addirittura fuso) per aderire meglio al piano cottura e rendere uniforme la diffusione del calore. Il calore, omogeneo e costante, evita che i cibi si attacchino al fondo e riduce l’utilizzo di condimento e grassi.
3) Non usare pentole grandi per dosi piccole.
4) Spegnere il fuoco qualche attimo prima della cottura desiderata. Il calore terminerà la cottura.


5) Gli avanzi richiedono meno energia per riscaldarsi. Quindi preparare abbastanza per un prossimo pasto.
6) Certi cibi che vengono preparat in pentola, come stufati, cassaroles o ratatouilles, sono compatti e meno soggetti a spazi d’aria, quindi  necessitano di meno energia per essere cucinati.
7) Nel menu aumentare l’uso di verdure, insalate e frutta. Perchè? Semplice: non richiedono alcuna cottura!

E ricordatevi che ….
Il foglio di alluminio è utile in molti modi in cucina e usarlo saggiamente può aiutarti a fare meglio per il pianeta. Alcuni tipi di fogli di alluminio sul mercato sono realizzati con materiali riciclabili, il che li rende ancora più ecologi.

E’ utilizzabile sia su cibi freddi che caldi, sostituisce pentole da forno che richiedon spesso tempo e  acqua caldo per essere pulite e dopo l’uso può essere nuovamente appiattito e riutilizzato in maniera intelligente e creativa: da salvamanglia anti pittura, quando si tinteggiano le porte, a fonte di calore salva tessuto nella stiratura di capi delicati, posizionato sotto il tessuto e passando il ferro sospeso  a qualche centimetro dal capo, per non parlare di utilizzi decorativi, dagli addobbi natalizi alla copertura di oggetti a cui vorrete dare un effetto specchio.

Cucinare in modo ecologicamente responsabile dipende anche dal modo in cui si utilizza il frigorifero. Se hai intenzione di conservare qualsiasi alimento cotto nel tuo frigorifero, dovresti lasciarlo raffreddare a temperatura ambiente per un po ‘in modo che la temperatura all’interno del tuo frigorifero non debba aumentare e consumare più energia  
È anche importante controllare la guarnizione di gomma del tuo frigorifero per accertarti che stia fornendo un isolamento adeguato.

No plastica!
Tra le celebrità italiane, Massimo Spigaroli, famoso ristoratore di Polesine di Zibello, è promotore di una curiosa iniziativa  per ripulire il Po, il bistellato Pino Cuttaia del ristorante stelato La Madia a Licata, Agrigento, è il creatore di “Nnumari”, un progetto dedicato alla sostenibilità della filiera agroalimentare nel Mediterraneo, da sempre luogo di incontro, contaminazione e integrazione, mentre Mauro Colagreco, recentemente eletto Miglior Chef del Mondo, è stato il primo a ottenere la Plastic Free Certification per aver eliminato la plastica dal suo ristorante tristellato Mirazur a Mentone. Colagreco vuole dare l’esempio e ha invitato alcuni celebri colleghi a raccogliere la sfida: Dominique Crenn, Royer, Narisawa, Atala, Roellinger.

Molti chef stellati, paladini del Km.0 coltivano frutta e verdura nei pressi del proprio ristorante. Bruno Barbieri al Fourghetti di Bologna,  Terry Giacomello a Inkiostro, Parma e Aurora Mazzucchelli (nella foto) al Marconi di Sasso Marconi, giusto per citarne alcuni dell’ Emilia e Romagna e tanti, tanti altri su e giù per l’Italia.

Quando le  stelle diventano green
Mossi dall’emergenza climatica, numerosi top chef stellati diventati paladini dell’ambiente.
Vorrei citare due piatti ‘signature’ creati da due indiscusse eccellenze della gastronomia italiana: ‘Lattuga’ di Heinz Beck e ’21-31-41′ di Enrico Crippa.
Heinz Beck è da anni pioniere della ricerca nel campo delle diete salutari, sostenitore di una cucina salubre e studioso del rapporto cibo-medicina. A Roma è al timone del ristorante “La Pergola”, certificato Green Key e da ben 10 anni premiato con 3 stelle Michelin, nella sua cucina ha adottato soluzioni green e all’avanguardia per ottimizzare al meglio i consumi energetici delle varie attrezzature.

” La protezione dell’ambiente in cui viviamo è una priorità”, ha dichiarato in un’ intervista all’ANSA. “Ritengo giusto sensibilizzare le persone, a livello globale, a fare del proprio meglio per limitare i danni e modificare gli atteggiamenti sbagliati che abbiamo o abbiamo avuto in passato e che hanno contribuito al peggioramento della situazione. Studio costantemente, insieme allo staff, per cercare di rendere ogni piatto il più sostenibile possibile, limitando gli sprechi e cercando di sfruttare anche gli scarti delle materie prime. Ad esempio nel mio “Fontana o Pomodoro” del pomodoro… non si butta via nulla.”


Uno dei suoi piatti signature si  chiama semplicemente ‘Lattuga’, ed è un omaggio alla serenella, una lattuga digestiva, ricca di potassio e magnesio, fornita da due agricoltori di Rieti. Viene cotta a 46 gradi e servita tiepida in un brodo di pollo cresciuto con fichi secchi e poi arricchita con polvere di porcino, maionnese di soya grigliata, cipolla, ravanello in carpione. Bontà inenarrabile!

Alba, Piemonte. Nell’incanto delle Langhe Enrico Crippa, executve Chef del tristellato Ristorante Piazza Duomo. ha fatto dei vegetali la punta di diamante della sua cucina. Con il prezioso aiuto dai giardinieri-ortolani Fabio Miglio, Nicola Borio e Enrico Costanza, ha realizzato uno spettacolare sistema di serre e orti dove coltiva molteplici varietà  di insalate e ortaggi, germogli di cavolo e daikon, piante marine come la martensia e la salicornia e tanta frutta. E non mancano le riscoperte, come sisaro, un antica varietà di carota tipica del Roero.

Tutte le coltivazioni vengono gestite nella totale assenza di prodotti chimici e fertilizzanti di sintesi, ma solo con preparati ammessi in coltivazione biologica e con metodo biodinamico, secondo una filosofia già applicata da anni ai vitigni Ceretto.

Il piatto green più famoso dello Chef si intitola ’21-31-41′ ed è una straordinaria (ripeto straordinaria) insalata il cui nome sta a indicare il numero di germogli, fiori e foglie che la compongono, nei diverse stagioni, Un numero sempre in variazione che in maggio tocca il top: più di 100 varietà. Crippa, persona tranquilla e affabile, sdrammatizza cosiì questa ‘opera d’arte’: ” E’ una semplice insalata, niente di cucinato, cosa strana per un cuoco, ma sempre una grande emozione”.

INFO
La Pergola, Roma 
Piazza Duomo, Alba

CESARE ZUCCA
Travel, food & lifestyle.
Milanese di nascita, vive tra New York, Milano e il resto del mondo. Viaggia su e giù per l’America e si concede evasioni in Italia e in Europa.
Per WEEKEND PREMIUM fotografa e racconta città, culture, stili di vita e scopre delizie gastronomiche sia tradizionali che innovative. Incontra e intervista top chefs di tutto il mondo, ‘ruba’ le loro ricette e vi racconta il tutto qui, in stile ‘Turista non Turista’

 

 




UNESCO con Gusto. Tarquinia e Cerveteri, alla scoperta di usi e sapori etruschi

Questa settimana, nella nostra rubrica dedicata ai siti UNESCO con Gusto andiamo insieme nel Lazio settentrionale, alla scoperta delle Necropoli di Tarquinia (VT) e Cerveteri (Roma), dichiarate Patrimonio dell’Umanità nel 2004. Si legge nella motivazione che le ha incluse nella prestigiosa lista.

“Le Necropoli di Cerveteri e Tarquinia rappresentano un capolavoro del genio creativo dell’uomo: i dipinti murali presenti su vasta scala a Tarquinia, sono eccezionali sia per qualità formali che per il contenuto delle raffigurazioni che rivelano aspetti della vita quotidiana, della morte e delle credenze religiose degli antichi Etruschi. Il contesto funerario di Cerveteri riflette gli stessi schemi urbanistici e architettonici della città antica. Le due Necropoli costituiscono una testimonianza unica ed eccezionale dell’antica civiltà etrusca, l’unico tipo di civiltà urbana dell’Italia pre-romana. Inoltre, la rappresentazione della vita quotidiana nelle tombe affrescate, molte delle quali riproducono nello schema architettonico la tipologia delle case etrusche, è una testimonianza unica di questa cultura scomparsa. Molte delle tombe di Tarquinia e di Cerveteri rappresentano tipologie di costruzione che non esistono più in nessuna altra forma. Le Necropoli, repliche degli schemi urbanistici della città etrusca, sono tra le più antiche nella Regione.”

La civiltà Etrusca, infatti, costituisce ancora oggi, per molti aspetti, un mistero. Di probabile origine indoeuropea, gli Etruschi si stabilirono nell’Italia centro settentrionale, tra le odierne Toscana e Lazio, a partire dal IX secolo a.C, dando vita a una civiltà avanzata, con un sistema legislativo e urbanistico moderno, una cultura ed espressione artistica arrivata fino a noi attraverso, soprattutto, alle testimonianze funerarie.

Arrivati al culmine della loro espressione storica, attorno al VI secolo a.C, gli Etruschi sono poi scomparsi, probabilmente assorbiti dalla potente civiltà romana. Gli studiosi, tuttavia, sono ancora alla ricerca delle origini di questa popolazione per molti versi ancora misteriosa. Ecco, allora, perché le necropoli di Tarquinia e Cerveteri rappresentano un prezioso unicum.

Cerveteri e la necropoli della Banditaccia

La bella cittadina di Cerveteri sorge a circa 40 km a nord di Roma, tra il Lago di Bracciano e il litorale tirrenico. Qui a circa 7 km dal mare, sorgeva l’antica città di Caere il cui primo nucleo risale all’Età del Ferro (IX-VIII a.C).

La necropoli della Banditaccia, invece, risale al IX secolo a.C e si estende su 20 ettari, dove sono stati rinvenuti circa 20 mila camere funerarie. Quello che la rende unica è la disposizione delle tombe, organizzate secondo un piano urbanistico simile a una città, con strade, quartieri, piazzette.

Ogni sepoltura, poi, ha caratteristiche diverse, a seconda sia del periodo storico che dello stato sociale della famiglia a cui apparteneva. Alcune hanno la forma di capanne o casette, altre sono estremamente dettagliate e decorate, altre ancora sono scavate nella roccia o sono “tombe di famiglia” a tumulo. Tra le più belle c’è la Tomba dei Vasi Greci, del VI secolo, a cui si accede attraverso un corridoio che ricorda un tempio etrusco.

La Tomba della Cornice, invece, è introdotta da un breve camminamento che conduce all’ingresso. È suddivisa in un’ampia stanza centrale, sulla quale si affacciano tre stanze funerarie principali, e due camere minori con altrettanti letti funebri.

La Tomba dei Capitelli, invece, deve il suo nome alle fattezze del tetto, che riproduce quello delle case con una struttura di travi di legno.

La sepoltura più celebre, tuttavia, è la Tomba dei Rilievi del IV secolo a.C a cui si accede da una lunga scala scavata nella roccia, che conduce a una grande sala con un soffitto sorretto da due colonne con capitelli eolici. Nella sepoltura si trovano ben tredici nicchie funerarie matrimoniali, realizzate in stucco dipinto con oggetti domestici, animali, fiori e cuscini rossi, a testimonianza del rango della famiglia, vissuta tra il IV e il III secolo a. C.

Il Museo Nazionale di Cerite e l’odissea delle ceramiche greche

Per un quadro completo sulla civiltà etrusca, e non solo, vale la pena visitare anche il Museo Nazionale Cerite, che si affaccia si Piazza Santa Maria, nel centro storico di Cerveteri. Il Museo è ospitato nelle sale del Castello Ruspoli e le sue collezioni sono disposte su due livelli.

È possibile quindi ammirare testimonianze delle necropoli della zona, tra cui il Sepolcreto di Sorbo, risalente all’Età Villanoviana, e dalla Necropoli della Banditaccia, in particolare dalla Tomba dei Sarcofagi e dalla Tomba di Tasmie. Qui si trovano anche numerose ceramiche in bucchero, vasi funerari, anfore, coperchi scolpiti di sarcofagi e oggetti di uso quotidiano.

Fiore all’occhiello del museo, tuttavia, sono il Cratere e la Krilyx di Eufronio, due ceramiche a figure rosse su sfondo nero risalenti al V secolo a.C, entrambe espressione della raffinata arte ceramica ateniese.

I due preziosi pezzi hanno una storia molto travagliata. Sono stati infatti trafugati durante scavi illegali nell’area di Cerveteri e portati all’estero. Per lungo tempo sono stati esposti, rispettivamente, al Metropolitan Museum di New York e al Getty Museum di Malibù. Finalmente restituiti all’Italia, sono stati prima esposti al Museo Etrusco di Villa Giulia e, dal 2015, al Museo di Cerveteri.

…continua a pag 2…

La necropoli di Monterozzi a Tarquinia (VT)

Poco più di 50 km separano Cerveteri da Tarquinia, dove si trova la necropoli di Monterozzi, che con i suoi 130 ettari è la più estesa che si conosca a tutt’oggi. Qui sono stati rinvenuti 6000 sepolcri scavati nella roccia.

La sua peculiarità sono le circa 200 tombe dipinte, la più antica delle quali risale al VII secolo a.C, che letteralmente “disegna” uno spaccato delle credenze, della vita quotidiana e dei costumi degli Etruschi. Tra le più belle è famose c’è la Tomba delle Leonesse, del IV secolo, una piccola camera sepolcrale con un tetto a doppio spiovente e affrescata con raffigurazioni di uccelli e delfini, oltre che con scene di vita quotidiana della classe nobiliare.

La Tomba del Cacciatore, invece, è stata realizzata proprio come se si trattasse di una tenda da caccia, con addirittura la medesima struttura interna in legno.

Splendida anche la Tomba della Caccia e della Pesca, che si compone di due camere, nella prima delle quali sono raffigurate scene della danza dionisiaca all’interno di un bosco sacro, mentre nella seconda ci sono i ritratti dei defunti e scene di caccia e di pesca.

Il Museo Archeologico Nazionale di Tarquinia

Come per Cerveteri, anche la necropoli di Tarquinia ha il suo completamento nel Museo Archeologico Nazionale Tarquiniense, ospitato nell’antico Palazzo Vitelleschi, il più importante della città, risalente al 1436, che si affaccia su Piazza Cavour.

Le collezioni si articolano su tre piani. A piano terra è possibile ammirare una serie di sarcofagi in pietra della metà del IV secolo a.C, tra cui spiccano i sarcofagi Laris e Velthur e i sarcofagi del Magistrato, del Sacerdote, del Magnate e dell’Obeso.

Al primo piano, invece, è possibile fare un interessante viaggio nella storia, dall’epoca villanoviana a quella romana. Si parte dall’ultima stanza, che conserva i reperti più antichi del periodo Villanoviano (IX-VIII secolo a.C) e si prosegue nelle stanze successive con i cimeli della civiltà Fenicia ed Egizia. Si passa poi alle ceramiche corinzie del VII-VI sec. a. C e ai buccheri etruschi, fino alle ceramiche attiche del VI secolo.

Splendida la collezione di ex voto proveniente dall’Ara della Regina, un tempio che sorgeva sul punto più alto dell’acropoli etrusca di Pian della Civita, cioè l’antica città di Tarchna, una delle più importanti di tutta l’Etruria. Al secondo e ultimo piano, invece, sono custodite alcune importanti tombe e affreschi, tra cui la Tomba del Triclino, la Tomba delle Biche, la Tomba della Nave e la Tomba delle Olimpiadi. 

Tuttavia, il pezzo più prezioso e unico al mondo è l’altorilievo dei Cavalli Alati, una lastra di 1,15 metri di altezza e 1,25 di lunghezza che era posto sul frontone dell’Ara della Regina. Datata tra il V e il VI secolo a.C, all’epoca del suo ritrovamento era frammentata in centinaia di pezzi ed è stata ricostruita grazie a una minuziosa opera di restauro, che ha consentito anche di riportare alla luce i colori originali dei cavalli, ocra e rosso.

Una tavola dal sapore antico

Alcuni dei prodotti tipici di questa zona del Lazio sono quelli di cui potevano godere anche gli Etruschi. Tra questo ci sono l’olio e il vino. Di qui passa infatti la Strada del Vino e dei Prodotti Tipici delle Terre Etrusco Romane, mentre la zona è costellata di vigneti e cantine che producono vino di qualità.

Le uve trebbiano, malvasia e chardonnay producono eccellenti bianchi, mentre il Montepulciano, il Sangiovese e il merlot regalano altrettanto ottimi rossi. Due le DOC, Cerveteri e Tarquinia, a cui si aggiunge la IGT Costa Etrusco Romana.

Dall’antico cardo etrusco sono derivati i carciofi IGT di Ladispoli, a cui si aggiungono il Broccoletto di Anguillara, il finocchio di Tarquinia e la Carota di Maccaresi, mentre tra la frutta primeggia il pesco. Dai monti Ceriti arrivano i prelibati tartufi, senza contare l’alta qualità del miele.

Dagli allevamenti di Fiumicino, Cerveteri e Bracciano e dai pascoli dei Monti della Tolfa arriva la carne del Vitellone di Maremma, mentre dagli allevamenti ovini si ricava il latte per il Caciofiore di Columella, che ancora si prepara come nel I secolo d. C.

Un altro prodotto tipico è il pane storico di Canale Monterano, presidio Slow Food, che viene cotto al forno con le bucce di mandorle e nocciole. Il lago di Bracciano e il lago di Martignano forniscono il pesce d’acqua dolce, mentre dal mare arriva il pesce per il celebre fritto di paranza e per la zuppa di pesce civitavecchiese.

Per un autentico pasto tradizionale, potete cominciate dagli antipasti, scegliendo mozzarella di bufala, ricotta romana e prosciutto laziale. Tra i primi, il più celebre e celebrato sono gli Spaghetti alla Carbonara. Ma sono da assaggiare anche le Pappardelle al sugo di Cinghiale o le Fettuccine ai porcini.

Tra i secondi, il piatto principe è la porchetta, oppure potete variare con la selvaggina, tra cui piatti a base di cinghiale e lepre. Dulcis in fundo, assaggiate le celebri ciambelle al vino, da sole o inzuppate in un buon vino bianco.

COME ARRIVARE

In auto: per arrivare a Cerveteri, da nord A1 in direzione Roma. Prendere la diramazione Roma Nord e imboccare l’entrata 10 del Grande Raccordo Anulare. Proseguire poi sulla Flaminia-Cassia e prendere l’uscita 1 in direzione di Civitavecchia. Proseguire fino a Cerveteri. Da sud, A1 in direzione Roma, imboccare l’entrata 19 del Grande Raccordo Anulare in direzione Aurelia-Cassia, poi prendere l’uscita 30 in direzione di Fiumicino e proseguire verso Civitavecchia. Uscire al casello Cerveteri-Ladispoli. Per Tarquinia, da Roma prendere l’A12 fino a Civitavecchia, poi proseguire sulla Statale Aurelia fino all’uscita Tarquinia. Per andare da Tarquinia a Cerveteri passare per la A12/E80 (circa 54 km).

DOVE MANGIARE

*Barrel Osteria del Borgo, Piazza Risorgimento 16, Cerveteri, tel 06/9953252, https://m.facebook.com/Barrelosterianelborgo . Nel centro storico, in un ambiente tranquillo, offre un menù di carne e di pesce con piatti locali. Ottima scelta di vini.

*Agriturismo Il Mandoleto, Strada Vecchia della Stazione 14, Tarquinia, tel 0766857959, www.ilmandoleto.it . Immerso nel verde, offre un menù con ingredienti stagionali e a km zero.

*La Mejo Trattoria sull’Aurelia, via Aurelia 132, Furbara (RM), tel 320/7660810, http://lamejotrattoriaurelia.altervista.org/ . Locale semplice, accogliente e famigliare con un menù a base di piatti tipici romani.

DOVE DORMIRE

*B&B Antica Locanda del Cavallino Bianco, piazza Risorgimento 7, Cerveteri, tel 06/9952264, www.anticalocandacavallinobianco.com A soli 200 metri dal Museo Nazionale di Cerite e a 3 km dalla necropoli della Banditaccia, offre cinque confortevoli camere.

*B&B Borgo Ceri, Piazza dell’Immacolata 19-21, Ceri di Cerveteri, tel 06/99207208, www.borgoceri.it Residenza d’epoca in uno splendido borgo medievale. Dispone di tre alloggi con ingresso indipendente e arredamenti d’epoca e un rigoglioso giardino mediterraneo.

*Hotel All’Olivo, via Togliatti 15, Tarquinia, tel 0766857318, www.allolivo.it, struttura comoda alle principali attrazioni turistiche. Dispone di sei appartamenti da 2 a 6 persone, con balcone, angolo cottura, bagno, zona notte e soggiorno. Anche in formula hotel.

INFO

www.cerveteri-tarquinia-sitiunesco.beniculturali.it

www.comune.cerveteri.rm.it

www.tarquiniaturismo.it/




Weekend con i nostri TOP CHEF. Ecco le ricette da sperimentare

Noi di Weekend Premium non ci fermiamo mai. Stiamo infatti preparando una speciale guida dedicata ai TOP CHEF. Nel frattempo, però, ve ne diamo una golosa anticipazione in questa sfiziosa TOP FIVE, nella quale abbiamo incluso alcuni chef “stellati” che lavorano sì in un ristorante, ma ospitato in un hotel di lusso. E, mentre ve li presentiamo, vi lasciamo anche una delle loro famose ricette, da sperimentare, magari proprio in occasione della Pasqua.

Al Villa Eden Leading Park Retreat di Merano la cucina “green” di Philipp Hillebrand

Un piccolo gioiello di 29 camere e suite, ma che concentra eleganza, comfort e benessere. Lo Small Luxury Hotel Villa Eden Leandin Park Retreat, è più che un soggiorno di lusso, ma un viaggio “esperienziale” tra cura dell’alimentazione, stile di vita attivo, bellezza e cura di sé, intesa anche come piacere di concedersi una vacanza di charme nel cuore di Merano.

In questo contesto si inserisce il mindfull restaurant Eden’s Park, fruibile anche dagli ospiti esterni, in cui poter assaporare i piatti dello chef Philipp Hillebrand, classe 1991. Agli inizi del 2019 la famiglia Schmid, proprietaria di Villa Eden, intercetta il suo talento e lo chiama per ricoprire il ruolo di Executive Chef sposandone la vision culinaria.

The Mindful Restaurant” vuole essere espressione di una gastronomia raffinata che si traduce in piatti salutari, dai sapori unici realizzati con ingredienti di assoluta qualità. Riusciamo a proporre tre tipologie di menù: detox, cucina à la carte che prevede ingredienti internazionali come l’astice, le cappesante e gourmet che include solo prodotti del territorio. Il menù detox, prevede qualche restrizione alimentare senza sacrificare il gusto. Ogni giorno viene proposto in diverse varianti al fine di facilitare una profonda purificazione dell’organismo. Ecco, allora, tutta da provare, una delle sue ricette “green”.

Zuppa di cocco e curry

 Ingredienti

  • 6 pezzi di scalogno,
  • 4 pezzi di citronella (Lemon grass)
  • 10 foglie di limone.
  • 50 grammi di curry Anapurna (piccante)
  • 100 gr di curry Mumbai (medio)
  • 400 ml. di vino bianco
  • 3 lt. di brodo di pollo
  • 3 mele
  • 2 banane
  • 1 mango
  • 500 gr. di ananas
  • 5 lt. di latte di cocco
  • 1 lt. di panna

A piacere

  • 100 ml. di vermouth francese Noilly Prat,
  • 50 gr. di crème fraîche
  • succo di limone

Scaldare un giro d’olio nella casseruola e soffriggere lo scalogno tagliato sottile, la citronella e le foglie di limone. Aggiungere al soffritto 50 gr di curry Anapurna (piccante) e 100 gr di curry Mumbai (medio). Unire al composto e quindi ridurre 400 ml. di vino bianco e 3 lt. di brodo di pollo. Nel frattempo tagliare le mele, le banane, il mango e l’ananas e aggiungere il tutto al composto. Quindi versare il latte di cocco e la panna e continuare a cuocere finché il composto risulterà cremoso. Passare il tutto con il mixer. Aggiustare con sale e pepe.

Il consiglio dello chef : per dare un sapore più deciso al composto aggiungete, a piacere, il vermouth francese Noilly Prat, la crème fraîche e il succo di lime.

INFO

Villa Eden Leading Park Retreat *****L

Via Winkel 68/70, Merano

Tel 0473/236583

www.villa-eden.com

Villa Crespi, il regno di Antonino Cannavacciuolo

Una magnifica villa in stile moresco, immersa in un parco lussureggiante, con vista strepitosa sul Lago d’Orta (NO). É Villa Crespi, hotel Cinque Stelle Lusso che ospita il ristorante dello chef Antonino Cannavacciuolo, insignito di 2 Stelle Michelin. La struttura, che dal 2012 fa parte del network Relais et Châteaux, include 14 camere tra Classic e Suites, che portano il nome di principesse arabe, disposte su tre piani. È incluso anche un quarto livello, che corrisponde all’imponente minareto.

La storia di Villa Crespi ha inizio alla fine dell’Ottocento, nel 1879, per la precisione, quando Cristoforo Benigno Crespi, ricco industriale nel ramo cotone, ispirandosi ai suoi viaggi in Medioriente, commissiona all’architetto Angelo Colla una villa magnifica. I lavori durano ben trent’anni, ma il risultato è unico al mondo: un capolavoro in stile moresco-eclettico con intarsi arabeggianti e stucchi, per un effetto “da mille e una notte”.

Nel 1999, Antonino Cannavacciuolo e la moglie Cinzia iniziano la loro avventura, partendo proprio dalla ristrutturazione della villa. E mentre Cinzia si occupa dell’ospitalità, facendola diventare un punto di riferimento in Italia, Antonino “si mette ai fornelli”, facendo del Ristorante Villa Crespi un “tempio” dell’alta cucina e del buon gusto, unendo nei suoi menù i sapori del Nord, in particolare del Piemonte, sua regione d’adozione, e del Sud, (lo chef è originario di Vico Equense). Vi proponiamo, allora, uno dei suoi piatti più famosi.

La parmigiana di melanzane in stile Cannavacciuolo

Ingredienti

  • 200 gr di mozzarella di bufala o fiordilatte
  • 1/2 cipolla bianca piccola
  • 2 melanzane medie
  • 1 mazzetto di basilico
  • 500 ml di olio di semi di arachide
  • 500 ml di passata di pomodoro fresca
  • 80 gr di parmigiano
  • 4 uova
  • Farina q.b

Affettate sottilmente le melanzane quindi adagiatele in uno scolapasta ponendole a strati intervallati da sale. Copritele con un peso e farle riposare per un’ora. Nel frattempo preparate il sugo: soffriggete la cipolla in poco olio, unite la passata di pomodoro, del basilico fresco spezzettato e sale quanto basta. Fate cuocere per 15 minuti. Nel frattempo tagliate a fette anche la mozzarella o il fiordilatte facendoli riposare per fare perdere l’acqua. Tamponate le melanzane con della carta da cucina e infarinate (lo chef utilizza il metodo del sacchetto). Passatele quindi in una ciotola contenente 4 uova sbattute con un pizzico di sale e friggetele in olio bollente scolandole in una pirofila rivestita di carta assorbente da cucina. Create la parmigiana posizionando strati di salsa, melanzane, mozzarella, parmigiano, foglie di basilico fresco, e continuando così fino ad esaurimento. Coprite con la salsa, del parmigiano grattugiato e la mozzarella e infornate a 180 °C in forno preriscaldato ventilato per 20 minuti.

INFO

Villa Crespi Relais & Châteaux*****L,

Via Giuseppe Fava, 18, 28016 Orta San Giulio NO

Tel 0322/911902, www.villacrespi.it

All’Hassler Roma, cucina “stellata” sotto le stelle con Andrea Antonini

L’Hassler Roma non è solo un hotel, ma una leggenda. In questo Cinque Stelle Lusso situato in cima alla Scalinata di Trinità dei Monti hanno soggiornato personalità celebri, tra cui Audrey Hepburn, Madonna, Tom Cruise, George Clooney e la Principessa Diana che in un’intervista dichiarò di aver gustato il miglior Bellini di sempre presso l’Hassler Bar.

Questo gioiello del lusso, situato nel cuore della Città Eterna, a pochi passi dalle vie dello shopping d’elite, come via Condotti, e dalle principali eccellenze storiche e culturali, come il Pantheon, la Basilica di San Pietro, la Fontana di Trevi, il Colosseo e i Giardini di Villa Borghese offre 87 lussuose camere e suites, ognuna arredata e decorata con stile diverso e ricercato. A rendere indimenticabile il soggiorno, poi, sono le sue terrazze con vista.

Fiore all’occhiello dell’Hassler Roma è il ristorante panoramico Imago, una Stella Michelin, che mantiene orgogliosamente da dieci anni, locato al sesto piano. Arredi ricercati, una vista mozzafiato sulla capitale e una musica rilassante di sottofondo creano il mix perfetto per un’esperienza unica e indimenticabile.

Al timone dell’Imago c’è l’Executive Chef Andrea Antonini, 28 anni, che propone un menù che segue la stagionalità e in grado di soddisfare anche i palati più esigenti combinando la tradizione della cucina italiana con ingredienti tipici della storia e della cultura nel nostro Paese. Come nella ricetta che ci ha lasciato.

Insalata di capesante, pomodori e finocchi

LECHE TIGRE ALL’ITALIANA:

8 gr peperoncino dolce senza semi
40 gr zenzero pelato
12 gr basilico
12 gr prezzemolo
7 gr sale
40 gr acqua

Lavorare tutti gli ingredienti al mortaio pestando bene tutti gli elementi. Lasciar riposare 10 minuti. Passati i 10 minuti, incorporare 180 gr di succo di lime e 100 gr succo di limone. Lasciar riposare 10 minuti. Preparare 50 gr di dentice tagliati a cubetti e, a seguire, versare sopra il composto precedentemente filtrato. Lasciare riposare il tutto ancora 10 minuti. Frullare il tutto, passare allo chinoix fino ed incorporare 40 gr di olio EVO e 20 gr di base xantana. Una volta completa, marinare per 10 minuti le capesante, precedentemente tagliate a metà.

Gelatina acqua pomodoro
Frullare grossolanamente i pomodori datterini e lasciar filtrare in carta 1 notte. Ottenuta l’acqua, legare con l’1% di agar-agar e stendere il composto (spessore di circa 1mm) su placche (dopo aver portato ad ebollizione). Tagliare della forma desiderata.

Salsa pomodoro bruciato
Tostare in forno a 200 G i pomodori datterini con olio, sale, aglio, timo, scalogno. Una volta caramellato frullare i pomodori solamente con lo scalogno. Passare allo chinoix fino.

Pickle liquid
225 ml aceto bianco
100 gr zucchero
anice stellato 1 pz
1 bacca cannella
3 chiodi garofano

Portare tutto a bollore. Lasciar raffreddare e filtrare. Tagliare i cetrioli dello spessore di 1 mm, ricavarne dei rettangoli di 2×3 cm e marinare 3 ore nel pickle liquid. Tagliare i baby finocchi dello spessore di 2 mm e marinare 5 minuti nel picke liquid.

Impiattamento
Disporre un coppapasta di 7 cm di diametro nel centro del piatto (fondina), e collocare 4 fettine di capasanta marinata. Aggiungere poca marinata e aggiungere dei cristalle di sale maldon. Coprire completamente le capesante con le lamelle di pomodoro trasparente. Coprire il tutto con la gelatina di acqua di pomodoro e decorare con salsa di pomodoro arrostito, cetrioli e finocchi marinati. Completare aggiungendo aneto e nepitella.

INFO

Imago, c/o Hotel Hassler*****L

Piazza Trinità dei Monti 6, Roma

Tel 06/6789991 (booking hotel), 06/69934726 (ristorante)

www.hotelhasslerroma.com

Al Grand Hotel Parker’s di Napoli brilla la stella di Domenico Candela

Lusso, fascino ed eleganze d’altri tempi. Tuttavia, il Grand Hotel Parker’s, Cinque Stelle lusso di Napoli, non è solo questo. Prima di tutto perché è l ‘hotel più antico della città, poi perché tra le sue mura, hanno soggiornato personaggi del calibro di Robert Louis Stevenson, Virginia Wolf e Oscar Wilde. Inoltre, dalle sue finestre si gode di uno dei panorami più belli del mondo, da Posillipo al Golfo di Napoli e fino al Vesuvio.

Situato nel quartiere di Chiaia, il Grand Hotel Parker’s è stato fondato nel 1870 dallo scienziato e biologo marino inglese George Parker Bidder III. Il nobiluomo britannico decise di rilevare la proprietà dell’albergo dove era solito alloggiare durante i suoi studi presso la Stazione Biologica della Real Villa e, in pochi anni, ne fece meta privilegiata dei viaggiatori provenienti sia dal Nord Europa che dal resto d’Italia. Una curiosità: la biblioteca personale di George Parker, con volumi del XIX secolo, si trova ancora oggi nella Parker’s Suite. Dopo diverse vicissitudini storiche, l’hotel è stato rilevato dalla famiglia Avallone, ancora oggi unica proprietaria.

Al sesto piano dell’hotel si trova poi il George Restaurant, inaugurato nel 2018 dopo un importante restyling, guidato dal giovane chef Domenico Candela, classe 1986, che in meno di un anno ha conquistato la prestigiosa Stella Michelin. La cucina di Candela coniuga sapientemente la sua esperienza francese con la tradizione e i sapori mediterranei, con un tocco di esotico. Troviamo, per esempio, il suo ‘omaggio a Napoli’ con crema di cipolla bruciata, yogurt greco e crema di menta, oppure le candele ‘alla genovese‘ di coniglio ischitano, fino al San Pietro marinato con alghe combu, carote di Polignano e limone di Sorrento.

Rombo chiodato cotto alla brace con purea di zucchini affumicata, ravioli vegetali di daycon con ostriche e aglio nero di Voghera

Preparazione del rombo
Iniziate ad eviscerare e lavare bene il rombo. Quando il pesce e ben pulito iniziare a sfilettare i 4 filetti del dorso e dalla pancia ben precisi.

Per la purea di zucchine
200g di zucchine vari colori
4g sale
1g pepe
2g aceto di Lampone
Per il raviolo di Daycon
300g Ostriche Fines de Claire Marennes
100g di Zucchine
5g erba cipollina
100g Daycon
4 g aglio nero di Voghera
Olio di semi di zucca
Per la salsa
250g Fumetto Pesce
100g Mata Rose’ Villa Matilde
100g Latte
10g Burro 1 limone
Per il rombo
560g Rombo
5g olio Evo
10g erbe aromatiche
40 g di burro demi sel

Preparazione della purea di zucchine
Tagliare le zucchine in 3 parti ognuno grigliarli per darle un sapore affumicato e amarostico. In seconda fase mettere le zucchine a cuocere avvolte in carta stagnola con olio e sale e pepe a 200 gradi al forno per circa 30 minuti. Quando tutto e ben cotto frullare a caldo nel bimby aggiustando di olio e sale ed aceto di lampone.

Preparazione del raviolo
Pelare il Daycon con l’aiuto di una mandolina giapponese ottenere dei dischi di 4 cm per poi farcirli con il ripieno ottenuto dalle varie brunoise di ostrica, zucchine, aglio nero ed erba cipollina

Preparazione della salsa
Mettere a ridurre il fumetto con il Mata Rosè e in secondo momento aggiungere il latte e il burro ed emulsionare il tutto aggiustando di acidità con qualche goccia di succo di limone fresco.

Finitura
Cuocere il filetto del rombo in un primo momento in padella con il burro demi sel, per poi finire la cottura alla griglia. Quando il pesce è cotto alla goccia posizionare nel piatto i 3 ravioli di daycon e le 3 quenelle di purea di zucchine affumicata. Guarnire con foglie di oxalis e un filo di olio di semi di zucca.

INFO

George Restaurant

c/o Grand Hotel Parker’s*****L

Corso Vittorio Emanuele 135, Napoli

Tel 081/7612474

www.georgerestaurant.it

www.grandhotelparkers.it

A Salina (ME), nel Signum di Martina Caruso

Le isole Eolie si dice siano figlie del vento e del mare. E proprio qui, sull’isola di Salina, si trova l’Hotel Signum, un quattro stelle dotato di SPA ricavato da un piccolo borgo sapientemente ristrutturato dalla famiglia Caruso. Curatissimi i particolari, con ogni camera dotata di un proprio stile, ma sempre con attenzione al design, alla qualità dei materiali, all’illuminazione e al rispetto per l’ambiente. E, intorno, le tonalità calde del paesaggio, fatto di spiagge di roccia lavica, scorci sul mare dalle mille sfumature di blu, i colori vivaci delle bouganville e due splendide terrazze con vista panoramica su Panarea e Stromboli.

Proprio le terrazze sono la location perfetta per il Ristorante Signum, una Stella Michelin conquistata dalla giovane chef Martina Caruso, vincitrice nel 2019 del Premio Michelin Donna Chef. La sua cucina raffinata è fatta di sapori tradizionali, ma con grande importanza conferita alla scelta dei prodotti e alle materie prime, alle quali si aggiungono la fantasia e la creatività.

Martina Caruso ci ha regalato una sua ricetta golosa fatta di ingredienti preziosi come il formaggio Ragusano D.O.P. Un condimento straordinario che parla della sua Sicilia per un primo piatto da mettere in tavola per il pranzo in famiglia o in situazioni più formali.

Pasta mista con crema di zucchine, cozze scapece e ragusano D.O.P.

Ingredienti per la pasta

320 gr pasta mista di Gragnano

3 zucchine verdi

Olio extra vergine d’oliva

Pepe nero

1 kg di cozze

Brodo di pesce

Ingredienti per le cozze Scapece (salsa)

500 gr acqua delle cozze

100 g olio extra vergine d’oliva

50 gr aceto di vino bianco

2 cucchiai di paprika

4 chiodi di garofano

3 foglie di alloro

1 cucchiaio di concentrato di pomodoro

Ingredienti per preparare la spuma al Ragusano D.O.P.:

225 gr latte

110 gr panna fresca

225 gr Ragusano D.O.P. tritato

Pepe nero

Procedimento

Preparazione della crema di zucchine In padella soffriggere le zucchine tagliate a fette, aggiungere un mestolo di acqua e farle cucinare.  Al termine frullarle. Regolare il composto di sale e pepe nero.

Preparazione delle cozze

In una padella a parte procedete con la preparazione delle cozze. Mettere 1 kg di cozze in padella e chiudere con il coperchio tenendo la fiamma alta per farle aprire. Al termine raffreddarle e sgusciarle.

Preparazione della salsa Scapece

In un pentolino portare ad ebollizione gli ingredienti indicati sopra e aggiungere l’acqua delle cozze filtrata e le cozze senza guscio.

Preparazione della spuma di Ragusano D.O.P.

In un pentolino portare ad ebollizione il latte e la panna. Aggiungere al composto il formaggio Ragusano D.O.P. tritato facendolo sciogliere bene. Aggiungere il pepe nero.

Preparazione della pasta mista di Gragnano

In una pentola portare ad ebollizione del brodo di pesce aggiungere la pasta mista e cucinarla aggiungendo, di tanto in tanto, qualche mestolo di brodo. Negli ultimi minuti di cottura aggiungere la crema di zucchine. Terminata la cottura, lasciando la pasta al dente, mantecare con l’olio extra vergine d’oliva e il parmigiano fino a ottenere un’emulsione cremosa. Servite la pasta, aggiungendo un cucchiaio di Ragusano D.O.P. e le cozze leggermente scolate dal condimento. Un rinforzo di pepe nero e voilà la Sicilia è nel piatto.

INFO

Hotel Signum****

Via Scalo, 15, Malfa Salina ME

tel 090/9844222

www.hotelsignum.it




PASQUA: ANDREA BERTON CI PROPONE UN MENU DA REALIZZARE FACILMENTE A CASA E LANCIA I SUOI ‘RESTAURANT BONDS’

DI CESARE ZUCCA
La Pasqua è vicina: Andrea Berton, patron dell’omonimo ristorante stellato in Porta Nuova a Milano, ci propone un menu pasquale da realizzare facilmente a casa e ci parla della sua iniziativa che permette di “investire” sul suo ristorante acquistando un voucher per una cena per due persone che comprende un calice di aperitivo e un menù degustazione realizzato per l’occasione dallo chef al costo di 150€. I bonds sono utilizzabili dal momento della riapertura del Ristorante Berton e fruibili entro il 20 dicembre 2020:

Lo slogan è “Acquisti oggi una cena per una persona, per poter mangiare domani in due”
Mi parla della sua iniziativa ‘restaurant bond’?
Ho pensato che con la vendita di questi voucher potevamo ridurre l’impatto economico causato dalle necessarie misure di prevenzione adottate. Acquistare un voucher non è solo una questione di investimento, bensì un modo per lanciare un messaggio di fiducia sul fatto che questa crisi finirà e il settore della ristorazione si riprenderà.”
Un’ iniziativa-messaggio?
Si, un messaggio che afferma “noi non ci arrendiamo” e che vuol essere un segnale positivo in questo periodo di grande incertezza per tutti noi.
Ci racconta il suo menu pasquale?
Ho pensato a quattro piatti piatti che potessero rappresentare questa festività.
In alternativa alla colomba ho voluto proporre la meringa, facile da realizzare.
Un suggerimento per il vino? 
Un’ottima bollicina italiana, da Ca’ del Bosco a Ferrari,… beviamo italiano!
Un suo speciale ricordo legato alla Pasqua? 
Quando ero bambino mi piaceva prendere la colomba, arrostirla sul fuoco per caramelizzare i canditi e lo zucchero…
Ecco il menu pasquale firmato Andrea Berton (e facilmente realizzabile a casa vostra)

CODE DI GAMBERETTI CON LATTUGA E SALSA ROSA

Ingredienti per 4 persone
PER I GAMBERETTI:
28 gamberetti
Sale
Pepe
Olio extravergine di oliva
Pulire i gamberetti dai carapaci, eliminare l’intestino e rosolarli con olio in padella, solamente da un lato. Condire con sale e pepe e appoggiare su di un piatto.
PER LA LATTUGA:
4 piccoli cespi di lattuga
Sale
Pepe
Olio extravergine di oliva
Lavare le lattughe. Condire con sale, pepe ed olio extravergine di oliva.
PER LA SALSA DI POMODORO:
200 gr di pomodorini
10 foglie di basilico
1 cipolla bianca piccola
50 gr di olio extravergine di oliva
Lavare e tagliare finemente la cipolla, rosolare in casseruola con un filo di olio extravergine di oliva. Aggiungere i pomodorini tagliati a metà e lasciare cuocere per 15 minuti. Regolare di sale, frullare fino ad ottenere una crema molto liscia.
PER LA MAIONESE:
2 tuorli d’uovo
3 gr di aceto
25 gr di succo di limone
250 gr di olio di semi di arachidi
Sale
Pepe
Prendere le uova a temperatura ambiente e dividere i tuorli dagli albumi. mettere i tuorli in una ciotola dai bordi alti, salare e pepare. Versate l’aceto e incominciate a lavorare gli ingredienti con uno sbattitore elettrico. Mentre state montando le uova, versare anche l’olio di semi molto lentamente, creando un filo sottile d’olio e mescolando sempre nello stesso senso fino ad ottenere una salsa densa (per non far impazzire la maionese bisogna evitare di aggiungere troppo olio in una volta, impedendone il corretto emulsionamento con il tuorlo). Quando la maionese è montata, terminate aggiungendo il succo di limone; lavorate ancora con le fruste fino ad ottenere una consistenza omogenea e compatta.
PER LA SALSA ROSA:
80 gr di crema di pomodoro
300 gr di maionese
Unire entrambre le salse. Riporre in un contenitore e conservare in frigorifero.
PER LIMPIATTAMENTO:
Appoggiare su un piatto liscio la lattuga condita, mettere dei ciuffetti di salsa rosa sopra la lattuga e completare con le code dei gamberi.

PARMIGIANA DI MELANZANE

Ingredienti per 4 persone
PER LA SALSA DI POMODORO:
1 spicchio di aglio
2 scalogni
20 pomodorini pelati
50 gr di olio extravergine di oliva
2 gr di sale fino
0,3 gr di pepe
10 foglie di Basilico
Tagliare a fettine lo scalogno, versarlo in casseruola e aggiungere l’aglio in camicia e l’olio,stufare qualche minuto e aggiungere i pomodorini precedentemente pelati. Lasciare cuocere per 10 minuti e aggiungere le foglie di basilico, salare e pepare.
PER LE MELANZANE FRITTE:
2 melanzane viola già pelate
1 l di olio di semi di arachidi
3 uova
80 gr di Grana Padano
100 gr di farina
sale
pepe
Tagliare le melanzane a fette dello spessore di 2 cm. Salarle e metterle sotto un peso per almeno 12 ore, scolarle e asciugarle con la carta assorbente alimentare. Rompere le uova in una ciotola,aggiungere il grana Padano, mescolare il tutto, salare e pepare. Passare le fette di melanzana prima nella farina e poi nell’uovo. Friggerle nell’olio di semi, scolarle e asciugarle su carta assorbente alimentare.
PER LA MOZZARELLA:
250 gr di mozzarella fior di latte
Tagliare la mozzarella a fette sottilissime e appoggiarle su carta assorbente.
200 gr di Grana Padano
20 foglie di basilico
Mettere su una teglia da forno a strati prima le fette di melanzana, poi la crema di pomodoro, le fette di mozzarella,il Grana Padano ed il basilico. Ripetere la stessa operazione altre due volte, per creare gli strati. Cuocere in forno per 20 minuti a 180 gradi.
PER L’IMPIATTAMENTO:
Prima di tagliare la parmigiana attendere qualche minuto che si abasdsi la temperatura, quindi tagliare delle porzioni a forma quadrata e impiattare con della salsa pomodoro.

COTOLETTA DI AGNELLO CON GUACAMOLE E CHIPS DI PATATE

Ingredienti per 4 persone
PER L’AGNELLO:

2 carré di agnello da 400 gr cadauno
100 gr di olio extra vergine d’oliva
2 rametti di timo
2 spicchi di aglio
100 gr di burro
Rosolare i carré in padella con dell’olio e burro, aggiungere l’aglio in camicia schiacciato, il timo e continuare la cottura nappando con un cucchiaio i carré, terminare la cottura in forno a 180° per 15 min.
PER L’AVOCADO:
2 avocado molti maturi
1 cipollotto
Succo di lime
Sale
Olio extravergine di oliva
5 gocce di Tabasco
Pulire e tagliare molto sottile il cipollotto. Ricavare la polpa dell’avocado e metterlo in una scodella, aggiungere il succo di lime, il cipollotto ed il tabasco. Aggiustare di sale e olio.
PER LE CHIPS DI PATATE:
3 patate grosse
1 l di olio di semi di arachidi
Sale
20 gr di aceto
Pelare le patate e tagliarle a fette sottilissime. Sbollentare in acqua, con sale e aceto per 20 secondi e raffreddarle in acqua e ghiaccio. Asciugare su carta assorbente e friggere. Appoggiarle su carta per eliminare l’olio in eccesso.
IMPIATTAMENTO:
Mettere la costoletta d’agnello tagliata nel piatto aggiungere la crema di avocado. Appoggiare sopra le chips di patate fritte e completare con il sugo di cottura.
E  P E R   F I N I R E…
M E R I N G A T A   C O N   C R E M A   D I   G I A N D U I A   E   G E L A T O   A L   P A N E
IngredientI per 4 persone
PER LA MERINGA:
250 gr di albume a temperatura ambiente
350 gr di zucchero semolato
280 gr di zucchero a velo
Montare tutti gli ingredienti in planetaria. Formare 8 dischi del diametro di 8 cm e spessore 0,8cm. Con il resto del composto fare dei bastoncini lunghi 8 cm.
Disidratare in forno per 7 ore a 60°. Staccare e appoggiare su un piatto.
PER LA CREMA DI GIANDUIA:
300 gr di latte
20 gr di glucosio
15 gr di gelatina
445 gr di cioccolato gianduia
20 gr di burro di cacao
625 gr di panna
Portare a bollore latte e glucosio, aggiungere la gelatina precedentemente reidratata, versare sul cioccolato gianduia e il burro di cacao. Portare a 45° e aggiungere la panna, mescolare e lasciare riposare 24 ore in frigorifero a 4°. Montare in planetaria fino ad ottenere una consistenza cremosa e solida
PER IL GELATO AL PANE:
250 gr di latte
250 gr di panna
7 tuorli
50 gr di zucchero
250 gr di pane tostato
Mescolare i tuorli con lo zucchero, aggiungere il latte e la panna dopo verli fatti bollire e cuocere sempre mescolando delicatamente fino a quando il composto non arriva alla temperatura di 82°, quindi passare la salsa ad un colino e lasciarla raffreddare 12 ore a 4°. Quindi frullare la crema con il pane tostato e metterla a mantecare in gelatiera.
PER L’IMPIATTAMENTO:
Sovrapporre i dischi di meringa con al centro la crema di gianduia, appoggiare a fianco i bastoncini di meringa e completare con il gelato al pane.

INFO

Berton, Milano
Via Mike Bongiorno 13, Milano
https://www.ristoranteberton.com/
Per informazioni o  acquisto deI bonds scrivete a info@ristoranteberton.com

CESARE ZUCCA
Travel, food & lifestyle.
Milanese di nascita, vive tra New York, Milano e il resto del mondo. Viaggia su e giù per l’America e si concede evasioni in Italia e in Europa.
Per WEEKEND PREMIUM fotografa e racconta città, culture, stili di vita e scopre delizie gastronomiche sia tradizionali che innovative. Incontra e intervista top chefs di tutto il mondo, ‘ruba’ le loro ricette e vi racconta il tutto qui, in stile ‘Turista non Turista’