A Palermo per gustare le ciambelle fritte

Le ciambelle fritte palermitane sono morbidi dolci fritti che si trovano tutto l’anno in qualsiasi pasticceria, bar, panetteria, forno di Palermo e di tutta la Sicilia. Perfetti per colazione o merenda, si distinguono dai famosi “donuts” americani perché non prevedono tra gli ingredienti né uova e latte nell’impasto, né glassa. di seguito la ricetta.

Ingredienti:

500 g di farina

100 g di zucchero

250 ml di acqua

50 g di strutto

30 g di lievito di birra

Scorza di limone

Un pizzico di sale

Olio di semi per friggere

Preparazione: mescolate a temperatura ambiente in una ciotola la farina, lo zucchero, il burro, la scorza di limone. Aggiungete il lievito sciolto in acqua tiepida ed impastate, aggiungendo la restante acqua di volta in volta. Riponete sempre in una ciotola l’impasto ottenuto non appena vi sembrerà elastico e fatelo lievitare, coperto da uno strofinaccio, per circa un’ora, fino a quando non lo vedrete raddoppiato.

Staccate poi dall’impasto dei tocchetti del peso di 50 g circa, dategli la forma di ciambella e metteteli a lievitare per ancora un’ora circa.

Quando le ciambelle avranno raddoppiato le loro dimensioni, immergetele poche per volta in una padella capiente con abbondante olio caldo a 170 °C più o meno. Rigiratele di tanto in tanto fino a farle gonfiare e dorare da entrambi i lati, quindi riponete le ciambelle fritte su carta assorbente in modo che perdano l’olio in eccesso.

Ancora calde, aggiungete alle ciambelle fritte palermitane dello zucchero e…

Buon appetito!!!




Da Amatrice la ricetta degli spaghetti all’amatriciana

La tragedia che ha colpito Amatrice non deve farci dimenticare il valore culturale e le tradizioni di questa città e di questa zona. Anzi, al contrario, dobbiamo insieme cercare di rafforzare questo patrimonio e fare di una disgrazia un’opportunità di valorizzazione. Anche per questo nella nostra rubrica di Ricette di Viaggio vogliamo riportare una ricetta che dal piccolo centro di Amatrice si è diffusa in tutta Italia.

Gli spaghetti all’amatriciana “inventati” dai pastori e portati in tutto il Lazio durante la transumanza, sono diventati un classico della cucina romana e nazionale. Di seguito la ricetta e un vino consigliato per accompagnare questa gustosa pietanza.

Ingredienti

500 gr di spaghetti

125 gr di guanciale di Amatrice

6 pomodori San Marzano o 400 gr di pelati

100 gr di pecorino grattugiato di Amatrice

Un cucchiaio di olio extravergine di oliva

Un goccio di vino bianco secco

Un peperoncino intero

Sale q.b

Preparazione: mettete in una padella l’olio, il guanciale tagliato a pezzetti e il peperoncino. Fare rosolare a fuoco vivo e aggiungete il vino. Togliete in guanciale e mettetelo da parte per farlo rimanere morbido. Aggiungete i pomodori, o i pelati, tagliati a filetti e il sale. Fate cuocere per qualche minuto, poi togliete il peperoncino e rimettete il guanciale. Nel frattempo, mettete a cuocere gli spaghetti in abbondante acqua salata. Scolateli e uniteli al sugo. Servite con una spolverata di pecorino grattugiato.

Il vino: bianco fermo, secco o malvasia di produzione locale. Bianco Capena Secco Doc, Bianco Abboccato Doc, Frascati Superiore Docg.




Ricette e salute: dal Messico e dal Guatemala i semi di chia e le loro incredibili proprietà

I semi di chia sono ricavati da una pianta floreale chiamata Salvia hispanica che cresce spontaneamente in Messico e in Guatemala. Già coltivata dagli Aztechi in epoca precolombiana, i suoi semi erano alla base dell’alimentazione di questa popolazione ed è stata introdotta in Europa dai conquistadores spagnoli. Molto diffusa in Centro e Sud America, è però ancora poco conosciuta nel nostro paese anche se negli ultimi anni spesso si è sentito parlare delle loro incredibili proprietà nutrizionali tanto che pian piano aggiungere i semi di chia sulle pietanze sta diventando una moda.

Per quanto riguarda le loro proprietà, conosciute dalle civiltà precolombiane, a stupire è soprattutto il loro contenuto di calcio e la presenza particolarmente bilanciata all’interno di essi di acidi grassi essenziali omega3 e omega6. Anche il loro apporto di vitamina C, ferro e potassio è sorprendente. Essi presentano un contenuto di vitamina C superiore rispetto a quello delle arance, un contenuto di potassio maggiore rispetto alle banane e una presenza di ferro più alta degli spinaci. I semi di chia sono inoltre ricchi di magnesio e vitamina A, E e B6 oltre che di vitamina C. I semi di chia sono naturalmente ricchi di aminoacidi necessari per la formazione delle proteine da parte dell’organismo e di antiossidanti. Sono ritenuti in grado di svolgere un’azione di controllo del livello degli zuccheri nel sangue, contribuendo ad arginare l’aumento di peso. Sono inoltre considerati benefici a livello dell’apparato cardiovascolare. Il loro contenuto di aminoacidi, di vitamine e di sali minerali contribuisce ad arricchire l’organismo di energia.

I semi di chia sono molto piccoli e croccanti, il sapore piuttosto neutro li rende abbinabili a diverse ricette. Possono essere aggiunti ai cereali per la colazione o utilizzati come condimento per numerosi piatti tra cui insalate, pasta, risotti, orzo, vellutate, minestre e via dicendo. Possono servire da decorazioni per dolci vari come torte e biscotti. Nelle stagioni primaverile ed estiva sono ideali da aggiungere a macedonie o frullati.

Di seguito la ricetta per una golosa e fresca merenda: BUDINO CON FRUTTI DI BOSCO E SEMI DI CHIA

Ingredienti (per 2 persone):

3 cucchiai di semi di chia

200 gr di frutti di bosco misti

200 ml di latte di mandorla

1 cucchiaino di estratto di vaniglia

1 banana matura

Procedimento: mescolate in un barattolo i semi di chia, il latte di mandorla, l’estratto di vaniglia e la banana precedentemente frullata. Lasciate riposare in frigorifero per almeno un paio d’ore. Versate il composto nelle ciotole alternandolo a frutti di bosco freschi.




Ricetta di stagione: asparagi alla milanese

Gli asparagi alla milanese sono un secondo piatto di origine lombarda. Si tratta di una pietanza semplice che è diventata un classico e ha finito per diffondersi dalla Lombardia a tutto il territorio nazionale.
In Lombardia il territorio è molto favorevole alla crescita spontanea di questo ortaggio che trova il suo clima ideale nella stagione primaverile. Mangiare cibi di stagione vuol dire innanzi tutto mangiare saporito. Scegliendo verdure e ortaggi freschi e raccolti secondo la loro maturazione naturale si potrà assaporare il loro vero gusto in tutta la sua ricchezza. Mangiare di stagione vuol dire anche mangiare salutare perché le verdure non hanno bisogno di espedienti per crescere, soprattutto se si scelgono prodotti biologici. Inoltre, variare i cibi in tavola secondo le stagioni vuol dire diversificare in automatico l’apporto di vitamine, sali minerali e altri nutrienti di cui l’organismo ha bisogno.
Di seguito la ricetta degli asparagi alla milanese, un secondo piatto di stagione gustoso e semplice da preparare direttamente dal capoluogo lombardo.

Ingredienti (per 4 persone):
4 uova
1,5 kg di asparagi
Parmigiano reggiano da grattugiare (4/5 cucchiai)
20 g di burro
Pepe nero

Preparazione: lavate gli asparagi e togliete con un coltello le parti bianche e più dure dei gambi. Con un pelapatate o un coltello eliminate la parte esterna per facilitarne la cottura. Raccogliete gli asparagi puliti a mazzetto, legandoli con dello spago da cucina, sistemateli verticalmente in una pentola alta contenente più o meno 4 litri di acqua: in questo modo i gambi si lesseranno nell’acqua e le punte cuoceranno col vapore. Lasciate cuocere gli asparagi finché saranno morbidi.
Intanto preparate le uova al tegamino (meglio cuocere un uovo alla volta) sciogliendo il burro in una padella e adagiandovi le uova senza romperle, perché si cuociano all’occhio di bue. Quando l’uovo sarà cotto toglietelo dalla padella e tenetelo da parte. Nella stessa padella adagiate gli asparagi scolati, disponendoli a raggio sulla padella con le punte al centro e copriteli con le uova. Aggiungete sale e pepe e spolverate il parmigiano reggiano. Infine cuocete a fiamma bassa fino a far sciogliere parzialmente il formaggio, e servite gli asparagi alla milanesi ancora caldi.




Ricette dalla Costiera Amalfitana: il dolce dello chef dell’Hotel Santa Caterina

Qualche giorno fa abbiamo parlato dei gustosi piatti dell’Hotel Santa Caterina, albergo situato in uno dei punti più suggestivi della Costiera Amalfitana. Oggi vi sveliamo la ricetta del goloso dessert, che non poteva di certo mancare. Lo chef propone crema di mascarpone, ricotta e pere Williams su mousse di cioccolato e biscuit fondente, di seguito la ricetta.

Ingredienti biscuit fondente: 27g di burro; 20g di cioccolato fondente; 26g di zucchero semolato; 18g di farina “00”; 5g di farina di mandorle; 1,5 tuorli; 1,5 albumi.

Preparazione del biscuit: Sciogliere la cioccolata in microonde, aggiungere il burro e scioglierlo, poi aggiungere i tuorli, le farine e gli albumi montati a neve con lo zucchero, fare un tappeto dello spessore di circa 2 millimetri su silpat o carta da forno e cuocere a 180° circa per 10 minuti. Appena raffreddato formare dei dischi del diametro identico alla base del flexi-pat semisferico che si userà per l’assemblaggio finale, e mettere da parte.

Ingredienti della mousse di cioccolato: 65ml di latte; 65ml di panna; 65g di cioccolato fondente al 70%; 25g di tuorli; 20g di zucchero semolato; 1,5g di gelatina in fogli.

Composizione della mousse al cioccolato: preparare una crema inglese con il latte, lo zucchero ed i tuorli, versare sul cioccolato tritato e mescolare fino allo scioglimento, poi aggiungere la gelatina precedentemente messa in ammollo e far raffreddare almeno fino a 40°; a questo punto aggiungere la panna montata semiliquida.

Ingredienti della crema di mascarpone e ricotta: 18g di tuorli; 70g di zucchero semolato; 65g di mascarpone; 1,5g di gelatina in fogli; 65g di panna montata; 20ml di acqua; 65g di ricotta; 125g di pere Williams.

Procedimento per la crema di mascarpone e ricotta: cuocere 35 gr. di zucchero con 20 millilitri di acqua a 121° poi versare sui tuorli mentre montano. Raffreddare la “pâte à bombe” e, a questo punto, aggiungere la ricotta setacciata con il restante zucchero (35 gr.), la panna montata, la gelatina precedentemente messa in ammollo e sciolta in microonde e le pere Williams che nel frattempo saranno state sbucciate, tagliate a dadini mm 9 x 9 e padellate per circa 5 minuti.

Assemblaggio finale: In una forma semisferica di flexi-pat versare con l’aiuto di un sac à poche con beccuccio liscio la crema di mascarpone e ricotta e pere fino a 3/4 della forma, poi riempire fino all’orlo con mousse al cioccolato ed infine apporre il disco di biscuit al cioccolato fondente. Abbattere in negativo per circa 30 minuti, poi sformare e tenere da parte in frigorifero. Nell’assemblaggio in piatto si potrà decorare a piacere con una spirale di zucchero tirato, qualche ciuffetto di panna montata ed un paio di fettine sottilissime di pere disidratate.




Ricette di viaggio: il lomo saltado del Perù

Il Perù è un paese dell’America Latina meraviglioso, dal popolo caloroso e pieno di cultura e tradizioni. Il suo territorio è stato sede di antiche civiltà, come quella dell’Impero Inca, che ci ha lasciato in eredità il sito archeologico di Machu Picchu, considerato Patrimonio dell’Umanità ed eletto come una delle Sette Meraviglie del Mondo.

La tradizione di cui vorremmo parlare oggi è però quella culinaria. Un piatto che appartiene alla tradizione peruviana da secoli è il lomo saltado, una pietanza che si presta a numerose variazioni ma sempre deliziosa e molto saporita. La storia del lomo saltado attraversa tre diversi continenti: gli spagnoli introdussero per primi la marinatura nel peperoncino ed altre spezie per preparare la carne, ma fu solo con l’arrivo di immigranti cinesi a metà del XIX secolo che questo metodo divenne popolare. L’influenza orientale in questo piatto è palese per l’utilizzo della padella orientale stile wok. Il lomo saltado è uno dei piatti più consumati in tutto il Perù.

Di seguito la ricetta (per 4 persone)

Ingredienti:

1 kg di filetto

1/4 tazza di vino rosso

1 pomodoro (grande)

1 cipolla

1 peperone (rosso)

pepe

sale

1 aglio

2 cucchiai di cedro (succo)

1/4 tazza di cilantro

5 patate

1 cucchiaio di olio di oliva (extravergine)

Preparazione: tagliate la carne a striscioline e conditela con sale, pepe, un po’ di olio d’oliva, succo di cedro e l’aglio sminuzzato. Lasciare marinare per almeno 30 minuti

Cuocete poi la carne a fuoco alto finché avrete rosolato tutta la parte esterna. Abbassate la temperatura e aggiungete la cipolla che avrete tagliato a fettine. Cuocete per 1 minuto mescolando di tanto in tanto. A questo punto aggiungete il pomodoro e il peperone rosso tagliato a strisce. Continuate a cuocere fino a quando le cipolle non saranno ammorbidite. Friggete le patate tagliate a striscioline e aggiungetele agli altri ingredienti. È il momento di aggiungere il vino rosso e il cilantro. Dopo qualche minuto togliete dal fuoco e servite.

Buon appetito!




Ricette dalla Costiera Amalfitana: i rotolini di San Pietro e i savarin di riso dell’Hotel Santa Caterina

Per un weekend sulla Costiera Amalfitana sarebbe difficile scegliere un luogo dove alloggiare migliore dell’Hotel Santa Caterina. Si tratta di una struttura elegante e caratterizzata da un’ottima posizione: a pochi minuti di distanza da Amalfi, si trova in uno dei punti più suggestivi della costiera ed è costruita a picco sul mare all’interno di una vasta proprietà che “precipita” fino all’acqua con una serie di splendide terrazze naturali. Due ascensori scavati nella roccia o un sentiero di spettacolare bellezza portano gli ospiti attraverso agrumeti e giardini fino agli impianti a livello del mare, che comprendono una piscina con acqua marina, solarium, fitness centre, caffé/bar e ristorante all’aperto.

Il ristorante offre uno splendido spettacolo, attraverso le sue vetrate si può ammirare un panorama mozzafiato. Il menù del giorno della sua cucina, rinomata a livello internazionale, vanta una vasta scelta à la carte comprendente ricette di grande tradizione. La Carta dei Vini offre un’accurata selezione di etichette italiane ed estere e una scelta produzione della Campania.

A proposito del ristorante, abbiamo per voi due ricette svelate dallo chef della cucina dell’Hotel Santa Caterina, deliziose da assaggiare nel ristorante con vista per chi ha programmato un weekend sulla costiera o da provare a casa per chi sogna la costiera e non ha ancora avuto occasione di visitarla.

Rotolino di San Pietro con carciofi, fascetto di asparagi e patate

Ingredienti per 4 persone: 400g di pesce San Pietro sfilettato; 2 carciofi mondati, a fettine; 50g di porro; 50ml di olio evo; 10g di parmigiano grattugiato; 200g di patate a spicchi; 30g di capperi; 30g di olive taggiasche; 100g di pomodorini del pendolo; 100g di peperoni rossi; 5g di aglio.

Preparazione: appiattire i filetti di San Pietro tra due fogli di pellicola per alimenti, condire con sale e pepe, stendervi i carciofi precedentemente cotti in padella con il porro. Spolverare di parmigiano e formare un rotolino, cuocere le patate a spicchi in forno, formare 4 fascetti con gli asparagi e le striscioline di peperoni rossi e gratinare. Tagliare il San Pietro in 12 fette e cuocere in padella antiaderente con poco olio per circa 2 minuti per ciascun lato. Rosolare l’aglio con l’olio, i capperi, le olive ed i pomodori tagliati: disporre il pesce e le verdure in 4 piatti ed aggiungere la salsa ottenuta.

Savarin di riso allo zafferano con frutti di mare e verdure dell’orto

Ingredienti per 4 persone: 200g di riso parboiled; 1g di zafferano in pistilli; brodo vegetale qb; 2g di basilico; 30g di vongole sgusciate; 500g di cozze sgusciate; 50g di fasolari sgusciati; 30ml di olio evo; 100ml di acqua dei frutti di mare; 30g di patate a cubetti; 100g di zucchine e carote a julienne; 100g di pomodoro senza pelle; sale quanto basta.

Preparazione: in una casseruola mettere il brodo vegetale e lo zafferano, portare ad ebollizione e cuocere il riso. Scolare e condire con pomodoro, zucchine, basilico e carote; mettere il riso negli appositi stampini a savarin e far riposare. Scottare i frutti di mare in una padella con olio d’oliva ed il restante pomodoro tagliato a cubetti. Riscaldare il riso in forno, togliere dallo stampino e disporvi al centro i frutti di mare. Ridurre in una casseruola l’acqua dei frutti di mare con le patate a cubetti, emulsionare con olio extravergine d’oliva e condire il riso.

Buon appetito!




Pasqua in Puglia: la ricetta della scarcella

La scarcella è uno dei dolci tipici della tradizione pasquale pugliese. Ha origini molto antiche ed esistono diverse interpretazioni del significato del suo nome e della sua storia.

Nella versione classica si presenta con una forma circolare che, secondo la credenza, porta fortuna e indica la rinascita, tema legato alla Pasqua. Anche per questo motivo era usanza decorare la scarcella con uova sode, oggi per lo più sostituite da ovetti di cioccolato. Il dolce simboleggerebbe inoltre la liberazione dal peccato originale e sempre le uova dovrebbero supportare questa interpretazione: per mangiare la scarcella le uova vanno infatti “scarcerate” dalla pasta del dolce e questo forse spiegherebbe anche il suo nome, che in dialetto si pronuncia “scarcedda”.

La tradizione vuole che la scarcella si prepari durante la Settimana Santa e si regali poi ad amici e parenti. Come della sua storia, ci sono molte versioni della sua ricetta, che variano a seconda delle città (esistono ricette originarie di Bari come di Molfetta e così via) e cambiano anche da famiglia a famiglia. La scarcella può essere realizzata con forme diverse rispetto a quella classica tondeggiante, ad esempio a forma di colomba o campana per richiamare la Pasqua, e con decorazioni svariate. La sua preparazione, se pur contenga ingredienti semplici, è mediamente complessa. Il dolce è di solito ricoperto di glassa e/o ripieno di confettura a piacimento. Di seguito riportiamo la ricetta più facile e più usata adatta a tutti:

Ingredienti:

250 grammi di farina

1 uovo

60 grammi di zucchero

50 ml di olio

scorza grattugiata di un limone

mezza bustina di lievito per dolci

un pizzico di sale

Per la glassa:

un albume

100 grammi di zucchero a velo

un cucchiaio di succo di limone

ovetti di cioccolato, codette colorate

 

Preparazione: Sistemate sul piano di lavoro la farina a fontana e mettete al suo interno l’uovo, l’olio, un pizzico di sale e la scorza grattugiata del limone. Cominciate ad impastare, aggiungete anche lo zucchero ed il lievito per dolci. Impastate fino ad avere un composto morbido e non appiccicoso. Formate un panetto, copritelo con un telo e lasciatelo riposare per 30 minuti. Preriscaldate il forno a 180°. Riprendete l’impasto e date la forma alla scarcella a piacimento (forma circolare, a campana, a forma di cuore ecc).

Trasferite la scarcella su una teglia ricoperta dalla carta forno e fatela cuocere nel forno caldo per circa 15 minuti. Intanto montate con una frusta elettrica l’albume con lo zucchero a velo e il succo di limone. Bisogna ottenere una glassa densa bianca. Estraete la scarcella dal forno e lasciate il forno accesso abbassando la temperatura a 120°. Fate raffreddare leggermente il dolce e ricopritelo poi con la glassa e le varie decorazioni. Rimettetelo nel forno per 2-3 minuti, giusto il tempo di far indurire la glassa.




Visitiamo il Maine per ammirare il foliage e gustare la Clam Chowder

Il momento migliore per andare alla scoperta del Maine è l’autunno, durante la cosiddetta Indian Summer, quando si verifica il fenomeno del fall foliage e le foglie dei boschi si tingono di mille colori accesi.

Portland è la città più popolosa dello stato e vanta tre università oltre che uno splendido auditorium e il Maine Mall, la più grande arteria commerciale cittadina scelta da migliaia di persone per fare shopping. A Portland valgono la visita l’Old Port, un quartiere dalla pianta quadrata caratterizzato da belle costruzioni ottocentesche tra cui spuntano bar, pub, ristoranti e invitanti negozi nonché numerose gallerie d’arte, e il Portland Museum of Art . Fondato nel 1882, il museo ospita una eccellente collezione di arte americana.  Da vedere anche la Longfellow House la casa in cui ha vissuto il poeta Henry Wadsworth Longfellow, che definiva Portland un gioiello sul mare. Costruita in stile federale nel 1788, è aperta al pubblico da 110 anni e conserva arredi, suppellettili e documenti del poeta. Il Maine vanta 52 fari, principalmente ubicati nella Casco Bay, e dimore storiche, visitabili entrambi attraverso tour organizzati dal locale Visitor Center sia a piedi sia in pullman. Il Portland Head Light è il più antico faro dello stato ancora in funzione. La casa del guardiano al suo interno è stata trasformata nel Museum at Portland Head Light  e documenta la storia marittima e militare dello stato. Da non mancare anche i tour organizzati via mare, a bordo della Monheganh, tradizionale imbarcazione di legno usata per la pesca delle aragoste.

Il Maine è famoso in tutto il mondo per la pesca dell’aragosta e dell’astice che sono alla base del piatto più tipico dello stato. Entrambi sono bolliti nell’acqua salata di mare e serviti con maionese e limone. C’è poi una variante gustosa. Si tratta del lobster roll, un panino morbido, tondo o allungato, tagliato a metà ciascuna spalmata con burro e maionese. All’interno del panino viene posta l’aragosta o l’astice bolliti. La bevanda ufficiale del Maine, dichiarata tale il 10 maggio 2005, è il Moxie, una bevanda analcolica gassata e amarognola estratta dalla radice della genziana. Il suo ideatore, Augustin Thompson, era nato a Union nel Maine ma Moxie fu creata e prodotta per la prima volta a Lowell, nel Massachusetts e la sede dell’attività si trova attualmente a Bedford nel New Hampshire.

 

Clam Chowder, zuppa di vongole

Ingredienti per 4 persone

  • 3 kg di vongole fresche
  • 50 gr di burro
  • 100 gr di bacon o pancetta tesa
  • 300 gr di patate
  • 400 gr di panna
  • 1 cipolla media, 1 carota, 1 sedano, 2 spicchi di aglio
  • sale

Preparazione (circa 45 minuti)

Mettete le vongole a mollo in acqua per un’oretta circa, scolatele e sciacquatele, mettetele poi in una padella larga precedentemente scaldata con un paio di cucchiai di olio e due spicchi d’aglio. Fatele schiudere per una decina di minuti e recuperate l’acqua rilasciata tenendola da parte. Sgusciate le vongole. Fate un trito con cipolla, carota e sedano, soffriggete e aggiungete la pancetta tagliata a dadini. Fate cuocere a fuoco medio per un paio di minuti quindi aggiungete le patate tagliate a dadini. Aggiungete sale e continuate la cottura a fuoco lento fino a che le patate non siano completamente e ben cotte. Quindi aggiungete la panna e mescolate bene continuando la cottura per altri due minuti. Togliete dal fuoco, frullate il tutto e aggiungete le vongole. Servite con crostini di pane.

 

Dove dormire

Pomegranate Inn, bellissima struttura impreziosita da sculture e installazioni artistiche con stanze dai colori tenui che ricordano il mare.

 

Dove mangiare

Dimillo’s on the Water, bellissimo ed elegante locale che serve cucina a base di pesce e crostacei e cucina italiana dal 1954. Con tavoli in terrazza affacciata sul porto.

 

 




Sorrento, Il Grand Hotel Excelsior Vittoria svela la ricetta dei raviolini ripieni di piselli

A Sorrento, gioiello a due passi dalla Costiera Amalfitana, il periodo pasquale offre un’atmosfera suggestiva tra attesissime manifestazioni religiose e tradizioni culinarie.

Uno dei più prestigiosi alberghi della città, il Grand Hotel Excelsior Vittoria, ha svelato il menù del pranzo di Pasqua che sarà cucinato ad arte dallo chef Antonio Montefusco. L’antipasto sarà a base di tuorlo d’uovo fritto, crema di ricotta salata e bacon speziato alle erbe. Segue un delicato primo piatto, i raviolini ripieni di piselli con coniglio, distillato analcolico di pepe, ricotta e germogli di piselli. Per secondo, lombo d’agnello in crosta di camomilla con carciofo e salsa di acciughe e per finire il tipico dessert della tradizione campana, la pastiera napoletana servita con salsa di canditi alla cannella e petits fours.

 

Di seguito la ricetta dei raviolini ripieni di piselli:

Ingredienti per 4 persone:

Per la pasta all’uovo
800 gr di farina 000
200 gr semola rimacinata
300 gr di tuorlo d’uovo
1 uovo intero, 20 ml acqua e Sale

Per il coniglio
200 gr di lombo di coniglio
30 ml Olio evo, Sale e Pepe bianco

Per la ricotta
60 gr di ricotta fresca
10 gr di panna 34% e Sale

Per l’infuso
4 gr di pepe bianco in grani, 1 gr di pepe del Timut, 1 gr di pepe nero, 50 gr di zucchero
100 ml di fondo di coniglio

Per la finitura
n 4 cime di germogli di piselli, 30 gr piselli sbucciati e bolliti, 30 gr ricotta vaccino artigianale
10 ml di jus di conigli

Procedimento:
In planetaria, con l’aiuto della foglia, unire le farine, le uova, l’acqua e il sale, creare un impasto solido. Far
riposare l’impasto per 1 ora. Ricavare i lombi dal coniglio, quindi aggiungere il sale e il pepe e cuocere sottovuoto a 70 C per 35 min.  Bollire in acqua salata i piselli,  frullarli insieme alla cipolla appassita, salare e passare tutto al setaccio. Mettere nel sac a poche la crema di piselli e far rapprendere in frigo. Stendere la pasta molto sottile, inserire la crema di piselli e creare dei raviolini del diametro di 3 cm. In pentola portare il brodo di coniglio a 80 C, lo zucchero e il sale. Lasciare in infusione per 25 min i pepi, quindi filtrare. Cuocere per 1 min, in acqua bollente e salata i ravioli, scolarli e passarli in pentolino con un piccolo mestolo di brodo. Per impiattare: disporre nel piatto fondo la ricotta e i piselli conditi con olio sul fondo del piatto. Adagiare i raviolini con qualche goccia di salsa di coniglio. Guarnire con le cime di piselli condite con olio.

 




Ricette e salute: nel Lazio la maggiore coltivazione di kiwi al mondo

Originario della Cina, venne successivamente esportato in Nuova Zelanda dove prese il nome di “uva spina cinese” e da lì iniziò la conquista dei mercati mondiali; il kiwi è infatti esportato in tutto il mondo, ma è l’Italia il maggior produttore mondiale di questo frutto con la coltivazione concentrata soprattutto nel Lazio. La varietà più diffusa è la Hayward e si tratta del classico frutto che tutti noi conosciamo: a buccia marrone e pelosa che racchiude al proprio interno una polpa verde brillante, con piccoli semi neri disposti a raggiera intorno al centro del frutto; un’altra varietà molto diffusa è quella del kiwi giallo (o varietà Gold), dalla forma più allungata e dalla polpa giallo oro.

Le proprietà dei kiwi sono numerose e apportano una varietà di benefici per la nostra salute, tra cui: la diminuzione del rischio di malattie cardiache (grazie all’abbassamento della pressione sanguigna e alla sua azione fluidificante); la riduzione della costipazione e una migliore digestione delle proteine; rafforzamento delle difese immunitarie e prevenzione di osteoporosi e malattie legate alla vista. Numerosi studi hanno rivelato che i kiwi sono ricchi di antiossidanti e serotonina, utili nel trattamento dei disturbi del sonno, tanto da considerarli come veri e propri sedativi alimentari. Grazie all’elevata concentrazione di vitamina C, aiutano a combattere i danni della pelle causati dall’esposizione solare e dall’inquinamento.

Come la maggior parte della frutta fresca, i kiwi sono principalmente composti da acqua e carboidrati, hanno un moderato indice glicemico che li rendono adatti anche per le diete di persone affette da diabete. È un frutto a basso contenuto calorico, perché contiene circa 61 calorie ogni 100 grammi di prodotto, ed è ricco di fibre, proteine, potassio, fosforo, calcio e vitamine C, B9, K, E. I kiwi sono generalmente ben tollerati e non hanno grosse controindicazioni, tuttavia alcune persone possono esserne allergici, provocando irritazione della bocca e mal di stomaco.

Smoothie di kiwi, ananas e mango

  • 4 kiwi pelati e tagliati a pezzetti
  • 1 mango mondato e tagliato a pezzetti
  • 4 bicchieri di succo di ananas
  • ½ bicchiere di succo di limone
  • 100 gr circa di cubetti di ghiaccio
  • 1 bicchiere di latte

Mescolare tutti gli ingredienti in un frullatore e servire la bevanda in 4 bicchieri.




La cucina speziata di New Orleans: gustiamo la Jambalaya

Quella della Louisiana in generale e di New Orleans in particolare è una cucina che mescola i sapori creoli con quelli cajun dando vita a piatti piccanti e gustosi. Non va dimenticato che la Louisiana è la patria del tabasco, il piccantissimo condimento a base di peperoncini che irrora ogni piatto. Fra le specialità di questo stato al primo posto spicca il gumbo, zuppa cajun con salsicce, ostriche, riso e okra, un baccello simile al peperoncino ma dal sapore simile all’asparago. Altri piatti tipici sono la jambalaya, ricetta cajun molto simile alla paella, il crawl etouffee, gamberi della Louisiana stufati e serviti con riso, la trout meunière, le oysters bienville, ostriche stufate con vino bianco, funghi, uova e scalogno. Fra le preparazioni che si acquistano per strada la più tipica e diffusa è la snow-ball, una granita. Tra i dolci primeggiano i beignets, una sorta di frittelle lievitate dall’impasto morbido.

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Ricetta: Jambalaya 

Ingredienti

350 gr di gamberi sgusciati

200 gr di riso

2 cipolle

40 gr di sedano

50 gr di peperone rosso o verde

150 gr di petto di pollo a cubetti

100 gr di salsiccia

150 gr di pomodori pelati

500 gr di brodo bollente

1 cucchiaino di timo tritato

mezzo cucchiaino di peperoncino rosso in polvere

1 cucchiaino di origano

1 spicchio di aglio

1 cucchiaino di paprika dolce

2 foglie di alloro

1 pizzico di pepe nero

4 cucchiai di olio extravergine di oliva

sale

Preparazione

Fare il soffritto con olio, cipolla, sedano tritato, peperoni a pezzetti e aglio in camicia. In un piatto mischiare i gamberi e il pollo con una cucchiaiata del misto di spezie. Aggiungere il pollo e la salsiccia al soffritto, far insaporire e poi versare i pomodori pelati e le foglie di alloro. Unire il pepe, il peperoncino in polvere, il timo e un pizzico di sale. Far prendere colore per 5 minuti circa, aggiungere il riso e versare tanto brodo fino a coprire mescolando poco durante la cottura ma garantendo comunque abbastanza liquido per cuocere bene il riso. Quando il brodo sarà stato assorbito dal riso, togliere dal fuoco, spolverare con il prezzemolo tritato e servire.

 




TOP TEN: i 10 migliori dolci di Pasqua

Fra i 10 migliori dolci che celebrano la Pasqua non possono certo mancare la classica colomba e le uova di cioccolato, ma in questo periodo sono tante le ricette tradizionali e regionali ad essere preparate. Vi abbiamo già parlato del salame di cioccolato o della ciaramicola perugina, perché i veri protagonisti dei tanti menù pasquali sono i dolci. Qui vi riportiamo la top 10 di quelli più famosi e apprezzati, e in più la ricetta tradizionale di uno di questi: la torta di cioccolato e riso, tipica della provincia di Lucca e di tutte le zone della Versilia.

  1. Colomba pasquale
  2. Nepitelle calabresi
  3. Nido di Pasqua al cioccolato
  4. Treccia alle spezie
  5. Pizza di Pasqua
  6. Pastiera napoletana
  7. Uncinetti
  8. Salame di cioccolato
  9. Treccia pasquale (Campanaccio)
  10. Torta pasquale di cioccolato e riso

INGREDIENTI per 8/10 persone

Per la frolla

  • 350 gr di farina tipo 0
  • 2 uova
  • 140 gr di zucchero
  • 250 gr di burro
  • un cucchiaio di bicarbonato

Per la farcitura

  • 600 gr di latte di riso
  • 200 gr di cioccolato fondente
  • 80 gr di zucchero
  • 70 gr di riso
  • 50 gr di maizena
  • 2 uova
  • Vanillina

PROCEDIMENTO

Amalgamare il burro, lasciato precedentemente ammorbidire a temperatura ambiente, con lo zucchero, le uova e la farina setacciata. Unire infine il bicarbonato e impastare velocemente fino ad ottenere un composto omogeneo. Lasciare riposare in frigorifero coperto con pellicola per almeno mezz’ora.

Nel frattempo si può preparare la crema che servirà a farcire la nostra torta pasquale.

Portare ad ebollizione il latte di riso con lo zucchero e la vanillina. Unire quindi il riso e farlo cuocere per 20/25 minuti. Una volta cotto il riso unire il cioccolato grattugiato e mescolare a fuoco basso e per farlo sciogliere. Lasciare raffreddare.

In un recipiente, sbattere con una frusta le uova con la farina, e quindi unire al composto di riso al cioccolato, avendo cura di amalgamare bene il tutto.

A questo punto possiamo stendere parte della pasta frolla, avendo cura di lasciare sufficiente impasto per riuscire ad ottenere le classiche strisce da posizionare sopra la farcitura. Bucherellare il fondo con una forchetta e versarci dentro la farcia distribuendola uniformemente.

Stendere la frolla rimasta e ricavarne delle strisce da incrociare a griglia sulla superficie della torta fissandole con le dita alle estremità.

Cuocere in forno preriscaldato a 170 gradi per 45 minuti.

 




Viaggio per scoprire il volto segreto di Lisbona, città del Fado e del cibo: ecco la ricetta del Caldo Verde

Questo genere musicale dichiarato dall’UNESCO nel 2011 Patrimonio dell’Umanità perché simbolo dell’identità della città e del Paese, come canzone urbana di Lisbona, può essere il filo conduttore di un affascinante viaggio alla scoperta degli angoli più segreti della capitale portoghese. Un viaggio che vi consigliamo di fare a giugno quando la città è in festa tutto il mese e si svolgono spettacoli, fuochi d’artificio, incontri sportivi, il tutto culminante, il 10 giugno, nella Festa Nazionale, anniversario della morte di Luís de Camões, poeta del XVI secolo.

Un viaggio che non può non partire dall’Alfama, uno dei quartieri storici di Lisbona, dove ha sede la Casa do Fado e da guitarra portuguesa (Largo do Chafariz de Dentro 1, tel. 00351.21.8823470, www.museudofado.pt; orario: mar-dom 10-16; ingresso: € 5) , museo inaugurato nel 1988 che ripercorre la storia di questo genere musicale, dagli inizi dell’Ottocento ai giorni nostri. Da vedere al suo interno la ricostruzione di una tasca, vecchia osteria del quartiere con tanto di bancone per la mescita dei vini e la figura di una cantante che si esibisce di fronte a un pubblico di marinai. In esposizione anche manifesti, giornali, fotografie, dischi e audio sistemi per ascoltare la musica e da non perdere la rappresentazione di un teatro di rivista, una sorta di avanspettacolo in voga a Lisbona tra gli anni Trenta e gli anni Sessanta. Si possono vedere anche gli strumenti musicali e una vera e propria casa do fado, la taverna tradizionale dove si possono ascoltare le più belle voci del XX secolo.

Verso nord, a pochi passi dal museo, si può far tappa alla Parreirinha de Alfama (Beco do Espírito Santo 1, tel. 00351.21.8868209, www.parreirinhadealfama.com; orario: tutti i giorni 20-1), una tradizionale casa do fado dove si può cenare ascoltando Argentina Santos, una interprete sublime del fado castiço, fondatrice del locale che oggi è però gestito dai chitarristi Paulo Valentim e Bruno Costa. E sempre in tema di fado, una manciata di passi a est, al civico 139a  di Rua dos Remédios , si trova la Mesa de Frades (tel. 00351.21.3465014; orario: mar-dom 20-2) un luogo di grande suggestione ricavato in un’antica cappella con pareti ricoperte di azulejos. Qui si esibiscono le nuove leve del fado e si ritrovano anche i fadistas di altre casas dopo il loro spettacolo. Al civico 102 della stessa via vale la sosta Galeria Articula (tel. 00351.21.1913138) grande esposizione e vendita di gioielli e oggetti preziosi di artigiani e designer locali. Spostandosi verso ovest vale la visita la cattedrale Sé Patriarcal (Largo da Sé, tel. 00351.21.8866752; orario: tutti i giorni 9-19, chiostro inverno lun-sab 10-18, estate tutti i giorni 10-19; tesoro: lun-sab 10-17) fatta costruire nel luogo dove prima c’era una moschea e sua volta edificata sopra una basilica paleocristiana, oggi mostra una fisionomia romanico-gotica dalla facciata con due imponenti torri e, sotto il portale, quattro archivolti romanici. L’interno a tre navate è decorato con azulejos settecenteschi. Nelle antiche scuderie oggi trova spazio il negozio A Arte da Terra (Rua Augusto Rosa 40, tel. 00351.21.2745975, www.artedaterra.pt) che propone i migliori manufatti dell’artigianato portoghese.

Poco più a sud si trova la settecentesca chiesa di Santo Antonio da Sé (Largo de Santo Antonio; orario: tutti i giorni 8-19.30), in stile neoclassico, edificata su una cappella che, secondo la tradizione, sarebbe stata costruita nel luogo dov’è nato Sant’Antonio. Bellissimi gli azulejos policromi custoditi nell’adiacente Museu Antoniano (tel. 00358.21.8860447; orario: mar-dom 9-13 e 14-18), inaugurato nel 1998. Per godere di una vista mozzafiato sul quartiere dell’Alfama, vale la pena di salire al Miradouro de Santa Luzia, un belvedere che permette di scorgere fra le case del quartiere la facciata della Igreja di Sāo Estevāo, a cinque navate, ricostruita dopo il terremoto in stile barocco, e le torri bianche della Igreja de Sāo Miguel, fondata nel 1150. E proprio a sud della chiesa parte la Rua de Sao Miguel dove, al civico 20, si affaccia Baiuca (tel. 00351.21.8867284; orario: 20-24) una tipica tasca (osteria tradizionale portoghese, ndr) dove si mangia e si ascolta il fado in un’atmosfera molto suggestiva.

Da qui, imboccando Corso do Castelo si raggiunge il Castelo de Sāo Jorge (Rua de Santa Cruz do Castelo, tel. 00358.21.8800620, www.castelodesaojorge.pt; orario: inverno, tutti i giorni 9-18, estate 9-21; ingresso: xxx), una fortezza eretta dagli arabi sulla vetta più alta di Lisbona. Dichiarato Monumento Nazionale nel 1910, fu sottoposto a un accurato restauro a partire dagli anni Quaranta. Da vedere la Torre di Ulisse che ospita un periscopio con il quale si può ammirare la città a 360°, e le mura in cui si aprone le tre porte, Alcáçova, Traiçāo e di Martim Moniz. Belli anche i giardini del castello che offrono una vista panoramica sulla città sottostante. Per salire al castello dalla Baixa si può anche usare l’ascensore che da rua dos Fanqueiros porta all’Alfama e poi quello che dal Mercado do Chāo do Loureiro porta nei pressi dell’ingresso.

A nord-est del castello si intravede la bellissima facciata candida della cattedrale di Nossa Senhora da Graça (Largo da Graça, tel. 0351.21.8873943; orario: mar-ven 9-12.30 e 15-18, sab e dom 9.30-12.20 e 17-20), edificata a partire dal 1556 e più volte ricostruita, al suo  interno conserva cappelle barocche di legno dorato e scolpito, e azulejos dei secoli XVI e XVIII che ricoprono i corridoi che conducono alla sagrestia. Davanti alla facciata principale si trova un belvedere che offre una bella vista della città. Di fronte alla cattedrale vale la sosta il ristorante O Pitéu da Graça (Largo da Graca 95, tel. 00351.21.8871067; orario: lun-ven 12-15 e 19-22.30, sab 12-15; carte di credito: le principali; prezzo medio: da € 18, bevande escluse). Aperto nel 1921, questo locale tipicamente portoghese con pareti ricoperte di azulejos propone cucina raffinata e della tradizione. Dalla piazza, prendendo verso nord lungo Rua da Graça vale la sosta Tasca do Jaime (Rua da Graça 91, tel. 00351.21.8881560; orario: mar-dom 20-24) una tappa da non perdere nel nostro itinerario sulle orme del fado. In questo locale tipico infatti, ogni sabato e domenica, dalle 16 alle 21, si svolgono autentici spettacoli di fado vadío, ossia improvvisati.

Andando verso sud lungo Rua da Veronica si raggiunge il Mosteiro de Sāo Vicente de Fora (Largo de Sāo Vicente, tel. 0351.21.8810500; orario: mar-dom 10-18), monastero realizzato tra la fine del 1500 e gli inizi del 1600 da Filippo Terzi in onore di San Vincenzo, patrono di Lisbona. La facciata è in calcare bianco dallo stile molto sobrio e austero e l’interno conserva alcuni capolavori come il mosaico di marmo policromo custodito all’interno della Cappella di Nostra Signora dell’Infermeria. Proseguendo lungo Campo de Santa Clara si raggiunge Campo de Santa Clara, una graziosa piazza alberata circondata da splendidi palazzi in stile manierista, barocco e neoclassico.

Il Fado, musica del cuore

Il nome deriva dal latino fatum (destino) perché si ispira al tipico sentimento portoghese della saudade e parla di emigrazione,  lontananza, separazione, dolore e sofferenza. Come per ogni caso di musica popolare il fado ha trovato terreno fertile per la sua nascita e il suo diffondersi nei luoghi ai confini della malavita e della piccola delinquenza urbana, analogamente a quanto è accaduto per il samba, il tango e per la canzone napoletana. Il fado può essere di due dipi diversi: il fado di Lisbona e il fado di Coimbra. Quest’ultimo, di estrazione colta essendo praticato solo dagli studenti universitari, ha caratteristiche compositive e interpretative proprie e di norma viene suonato nei toni di maggiore. Il fado di Lisbona, invece, è nato nell’ambiente popolare della piccola malavita urbana ed è il vero fado popolare, divenuto musica con grande seguito popolare tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento. Oggi i faditisti, ossia i suonatori e cantanti di fado, si esibiscono nelle tasca, ossia le tipiche osterie di Lisbona, e nelle casas do fado. La più grande interprete di tutti i tempi del fado è stata Amalia Rodrigues scomparsa nel 1999 e inumata nel Pantheon nazionale

GLI AZULEJOS

L’azulejo è una tipica piastrella in ceramica nei toni del blu non molto spessa tipica dell’architettura portoghese e spagnola. Tradizionalmente la piastrella, con la superficie decorata e smaltata, è di forma quadrata con un lato lungo circa 12 centimetri. I pavimenti ma anche, qualche volta, per superfici parietali. Vasai, per rendere più accessibile l’impiego di questo materiale, evitando il grande lavoro di ritaglio nella collocazione, arrivarono a ritagliare i pezzi nell’argilla ancora fresca, con l’ausilio di uno stampo, a volte in ottone (al principio) e più tardi in ferro, il che fece semplificare l’assestamento, e la forma prescelta fu il quadrato. I disegni occupano generalmente quattro piastrelle e normalmente usano i toni del blu cobalto, miele, rosso, bianco e marrone scuro. Il disegno è fatto a mano e impresso per mezzi di una estampilha, una carta bucherellata su sui veniva passato un sacchetto di carbone in polvere, con un contorno di grasso che evitava l’espansione degli smalti durante la cottura. Agli inizi del Novecento l’azulejo trova una nuova dimensione attraverso disegni geometrici con riferimenti, in qualche caso, a forme naturali. Gli azulejos più belli e preziosi si possono ancora oggi vedere a Lisbona, molti eseguiti tra il 1938 e il 1946 come rivestimento di molti edifici in avenida Praia da Vitoria. Oggi occupano molti spazi in tutta la città.

LA RICETTA DEL CALDO VERDE

Questa ricetta è mutuata dalla tradizionale cucina povera della provincia di Minho, nel nord del Paese. Si tratta di una zuppa fatta con cipolla, aglio, patate e couve galega, una verdura che appartiene alla famiglia dei cavoli. Oggi è diventata quasi un piatto nazionale e si è arricchita di ingredienti fra cui anche il chorizo, ossia il salame piccante.

 

INGREDIENTI PER 4 PERSONE

  • 6 patate
  • 2 cipolle
  • 1 spicchio d’aglio
  • brodo vegetale
  • 200 gr di foglie di cime di rapa (o cavolo nero)
  • 200 gr di chorizo (salame piccante)
  • olio
  • sale

In una casseruola fate soffriggere la cipolla tritata e lo spicchio d’aglio per qualche minuto. Unite poi le patate pelate e tagliate a dadini, mescolate e coprite con brodo vegetale caldo. Fate cuocere le patate una ventina di minuti finchè non diventano belle morbide e poi schiacciatele nel brodo con uno schiacciapatate. In una padella a parte scottate per pochi minuti il chorizo tagliato a fette abbastanza spesse e poi unitelo alla zuppa insieme alle foglie di cime di rapa lavate e tagliate. Lasciate cuocere il tutto per altri 10 minuti e servite la zuppa con un filo di olio extravergine d’oliva.

 

INFO UTILI

Come arrivare

In aereo: l’aeroporto di Lisbona Portela de Sacavém, tel. 00351.21.8413500 dista 8 chilometri dal centro città ed è collegato all’Italia da comodi voli diretti giornalieri in partenza da Roma, Milano, Bologna e Venezia.

TAP (www.flytap.com) ha voli diretti da Roma, Milano, Bologna e Venezia (a/r a partire da € 114)

Easy Jet (www.easyjet.com) ha voli diretti da Milano Malpensa, Roma e Venezia (a/r a partire da € 79,55)

 

Dove dormire

Hotel Santiago de Alfama**** (rua de Santiago 10-14, tel. 00351.21.3941616, www.santiagodealfama.com; carte di credito: le principali; doppia con colaz. a partire da € 165, suite a partire da € 270). Ubicato all’interno di un elegante e bellissimo edificio storico, offre 19 camere e bar con terrazza panoramica.

 

Dove mangiare

Pitéu (Largo da Graca 95, tel. 00351.21.8871067, aperto a pranzo e a cena lun-sab, chiuso dom; carte di credito: le principali; prezzo medio: da € 40, bevande escluse). Cucina tipica del posto con un menu molto ricco e una buona carta dei vini. Tra le specialità da provare baccalà con grao (ossia ceci), il cozido (bollito) e la feijoada.

 

Dove comprare

Sapataria Ondina (Rua dos Remédios 173, tel. 00351.21.8867954; aperto tutti i giorni tranne dom e lun mattino; carte di credito: le principali). Propone scarpe di ottima fattura e qualità a prezzi adeguati ma la spesa è ampiamente giustificata dall’alto livello qualitativo.

 

Documenti

È sufficiente la carta di identità. Per guidare basta la patente italiana.

 

Lingua

Portoghese

Valuta

Euro

Sanità

Non sono richieste vaccinazioni. Per l’assistenza sanitaria gratuita basta mostrare la Tessera Sanitaria Nazionale

Informazioni

Ufficio delTurismo Portoghese a Milano

Largo Augusto 3, tel. 02.795228, www.portugal-insite.pt




A Fiorenzuola d’Arda per i tradizionali Pisarei e Fasò

Il simbolo della Pasqua per eccellenza è senza dubbio l’uovo. A Firenzuola d’Arda (Emilia Romagna), ogni anno, nel giorno di Pasqua, si tiene l’originale “Ponta e Cull”, una gara a colpi di uova sode che coinvolge cittadini e visitatori di tutte le età. Si stima che, durante la manifestazione, si impieghino più di diecimila uova sode. Pazienza, abilità e fortuna caratterizzano l’originale sfida, che si tiene dopo la Santa Messa pasquale. Si gioca “tutti contro tutti”, a due a due. Si pone la ponta (punta) del proprio uovo contro quella dell’avversario. Se si rompe, si contrappone il cull, cioè il fondo, a quello dello sfidante. Se l’uovo si rompe da entrambe le parti lo si cede al vincitore, che passa a sfidare un altro concorrente. Vince chi raccoglie più uova ammaccate, trofeo degli avversari sconfitti. Una curiosità: alcuni dei giocatori sono dei veri e propri professionisti nel “rompere le uova” e si allenano tutto l’anno per affrontare l’originale sfida.

Ma la tradizione lascia spazio non solo al divertimento, anche al piacere. Pisarei e Fasò è infatti una ricetta piacentina per eccellenza, legata alla tradizione contadina. Questa ricetta si perde nel tempo: gli ingredienti sono abbastanza poveri, poiché all’epoca la farina era tagliata con i pane raffermo per risparmiare la materia prima. Molte le spiegazioni sulla parola Pisarei, le più attendibili sono due: la prima deriverebbe dalla storpiatura della parola piacentina Bissa, cioè biscia-serpente come la forma delle striscie di pasta prima di essere tagliate. L’altra che deriverebbe dalla parola spagnola Pisar, cioè pestare-schiacciare; come infatti leggerete, i gnocchetti devono essere schiacciati sotto alle dita per dar loro la tradizionale forma.

PISAREI E FASÒ

Ingredienti

500 gr di farina

150 gr di pane grattuggiato

400 gr di fagioli

1 cipolla

1 carota

1 gambo di sedano

250 gr di salsa di pomodoro

1 salsiccia

1 cucchiaio di lardo pestato

Grana Padano

 

Preparazione

Fare un impasto con pangrattato, farina e acqua calda. Staccate delle palline di pasta, formate delle strisce e tagliatele a tocchetti. Girateli nella farina e schiacciateli con il pollice. Tritate le verdure e soffriggetele con l’olio, il lardo e la salsiccia a pezzi. Versate i fagioli e la salsa di pomodoro e continuate la cottura. Cuocete i gnocchetti poi girateli nel sugo e servite con una spolverata di Grana Padano.




A Sulmona, dopo aver visto la “Madonna che scappa”, gustiamo “la Pupa e il Cavallo”

La mattina della domenica di Pasqua si rinnova a Sulmona (AQ) il rito di origine medievale della Madonna che scappa. Da un lato della centrale Piazza Garibaldi, sotto l’acquedotto romano, è allestito un trono con la statua di Cristo Risorto. Dalla parte opposta, si trova invece la Chiesa di San Filippo, dalla quale uscirà la statua della Madonna. Due membri della Confraternita di Santa Maria di Loreto interpretano i discepoli Pietro e Giovanni e corrono dalla Vergine per annunciarle la risurrezione del figlio. Dopo tre diversi tentativi di convincimento, la statua della Madonna esce finalmente dalla chiesa con il manto nero del lutto, e avanza lentamente, poiché ancora incredula, fino alla fontana monumentale al centro della piazza. Qui i portatori si fermano, poi iniziano una corsa sfrenata, durante la quale la statua della Vergine, grazie a un complesso sistema di fili, noto solo ai componenti della Confraternita, perde il mantello del lutto e svela un vestito verde e dorato, simbolo della primavera, della rinascita e della risurrezione. In cielo vengono liberate dodici colombe, mentre la folla esulta festante.

Chi si trovasse in città in occasione delle festività pasquali, non può perdersi un tour del centro storico, per ammirare le bellezze della municipalità che ha dato i natali al poeta Ovidio e ai confetti, celebri in tutto il mondo. Oltre alla centrale Piazza Garibaldi, sede della manifestazione, nelle vicinanze si trovano la bella Chiesa di San Filippo Neri, risalente al 1315 e la Chiesa di Santa Chiara, eretta attorno al 1200, e poi ricostruita in stile Barocco. La chiesa ospita al suo interno una piccola pinacoteca. Secondo la leggenda, proprio qui nacquero i celebri confetti, inventati dalle Clarisse che frequentavano l’edificio religioso. Da non perdere una visita all’Acquedotto medievale, fatto costruire nel 1256 da Federico II di Svevia, con le sue splendide e sinuose arcate e condotte. L’itinerario prosegue con una sosta alla Chiesa di San Rocco, donata alla città nel 1484 dalla Regina Giovanna d’Aragona, che amava così tanto questo luogo da attribuirsi il titolo di Principessa di Sulmona. Chi ha tempo, può visitare anche la bella Chiesa di San Francesco della Scarpa, risalente al 1291m che conserva una raffinata cantoria barocca, raffinati stucchi del Settecento  e una Pala di Paolo Olmo. Meritano una visita anche la Cattedrale dedicata a San Panfilo, il Complesso dell’Annunziata, composto da una chiesa e da un palazzo, la Fontana del Vecchio, il Museo Civico con la sua pregiata collezione archeologica e una selezione di artigianato abruzzese e l’Eremo di Sant’Onofrio a Morrone.

 

LA RICETTA: La pupa e il cavallo

Sono semplici biscotti di pastafrolla a forma di cavallo e di bambolina che vengono preparati in casa e donati ai bambini durante la Pasqua. La tradizione risale all’Ottocento, quando costituivano un dono nuziale. Successivamente, diventò un simbolo dell’Ultima cena.

Ingredienti

  • 200 gr di zucchero
  • 500 gr di farina
  • 3 uova
  • ½ cucchiaino di lievito per dolci in polvere
  • 3 cucchiai di olio extravergine di oliva
  • 1 limone
  • Gocce di cioccolato
  • Confettini

Lavorate le uova con lo zucchero, poi unite la farina setacciata, il lievito per dolci e lavorate gli ingredienti fino a ottenere una pasta morbida e omogenea. Unite la scorza d limone e l’olio di oliva e amalgamate il tutto. Dividete la pasta e datele la forma di una bambolina e di un cavallo. Potete fare due pezzi grandi oppure più pezzi più piccoli. Decorate con i confettini colorati e le gocce di cioccolato. Mettete al cento un uovo intero e infornate a 180° per 20 minuti. 

COME ARRIVARE

In auto da nord, si prende l’autostrada Adriatica A14 in direzione di Ancona – Pescara, si prosegue sulla A24 in direzione Roma-L’Aquila-Avezzano e si prende l’uscita Pratola Peligna-Sulmona. Da Roma, A25 in direzione Pescara, poi uscita Pratola Peligna-Sulmona. Da Napoli Autostrada A1 con uscita Caianello, poi si prosegue sulla SS17 in direzione Castel di Sangro-Roccaraso-Sulmona.


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