Chiusa, la cittadina degli artisti

Il suo nome, Chiusa, deriva dallo stretto paesaggio naturale formato dalla rupe Sabiona, dal torrente Tinne e dal fiume Isarco. Questo splendido borgo medievale, è conosciuto anche come Künstlerstädtchen, cioè “cittadina degli artisti”. Grazie alla nuova ferrovia del Brennero, nel 1867, infatti, scoprì la sua vocazione turistica e proprio gli artisti furono i suoi frequentatori più assidui, attratti dal luogo che aveva dato i natali al poeta medievale Walther von der Vogelweide e immortalato da Albrecht Dürer nella sua incisione Nemesis.

Il centro storico ci accoglie con i suoi edifici dalle facciate con mura merlate e i tipici Erker, le architetture poligonali che “proiettano” all’esterno le finestre. Percorriamo la lunga via che attraversa il nucleo antico, dalla Città Alta alla Città Bassa. Ammiriamo Casa Wegmacher, un bell’edificio storico, e la Chiesa degli Apostoli, in stile gotico. Incontriamo poi splendidi edifici tardo medievali, come il Municipio, la Dogana Vescovile, sulla cui facciata spiccano dieci dipinti araldici dei vescovi di Bressanone e il Complesso dell’Albergo Leon d’Oro.

Conservano il loro fascino antico anche l’Albergo Walther von der Vogelweide, con la sua facciata merlata, l’Albergo Agnello, le cui origini risalgono al 1460. La Città Alta termina in piazza Parrocchia, su cui si affaccia la Chiesa di Sant’Andrea, in stile tardogotico, considerata una delle più belle del Sud Tirol, la Torre del Sagrestano e la Cappella della Cripta.

Ci incamminiamo alla volta della Città Bassa, percorrendo pittoreschi vicoli che hanno i nomi delle antiche attività artigianali. Qui si trova l’ex Albergo Orso Grigio, la cui presenza è attestata fin dal 1335, e il Caffè Nussbaumer, l’ex Albergo Croce Bianca, che conserva al suo interno una galleria di opere d’arte. La Città Bassa finisce in Piazza Tinne. È il momento di una pausa golosa a base dei piatti tipici della tradizione altoatesina.

Vi consigliamo un antipasto a base di speck e formaggi, come un primo piatto potete scegliere tra i canederli o i ravioli della Valle Isarco. Come secondo, a voi la scelta tra il carré di maiale e crauti e il tipico gulasch di manzo. E, per finire in dolcezza, regalatevi una bella fetta di strudel o di torta di grano saraceno e mirtilli rossi.

SECONDO GIORNO: Dal Convento dei Cappuccini al Monastero di Sabiona

Il mattino è dedicato alla visita dall’ex Convento dei Cappuccini, sede della Biblioteca Civica e del Museo Civico, che conserva dipinti di esponenti della Colonia Artistica di Chiusa, databili tra il 1874 e il 1932 e il Tesoro di Loreto, una collezione di opere che Padre Gabriel Pontifeser, confessore della Regina Maria Anna di Spagna, ha ricevuto in dono dalla famiglia reale, tra porcellane, arredi sacri, mobilio dipinti del Cinque e Seicento.

Attraverso il chiostro si arriva alla Chiesa dei Cappuccini, eretta tra i 1699 e il 1701, che custodisce due pale d’altare di Paolo Pagani. Nel pomeriggio, partiamo dall’Ufficio Turistico per una passeggiata che in 40 minuti ci porta al Monastero di Sabiona, oggi ancora abitato dalle suore benedettine. Il percorso tocca alcuni dei luoghi più importanti tra cui Castel Branzoll, sulla sponda ovest dell’Isarco, di cui rimangono la duecentesca Torre del Capitano e poche altre vestigia. La strada sale ancora per mezz’ora e attraversa le stazioni della via Crucis per arrivare al complesso monastico che svetta su una rupe da cui si gode di uno splendido panorama su Chiusa e la Valle Isarco.

LA RICETTA: Torta di grano saraceno e mirtilli

Uno dei dolci tipici dell’Alto Adige, di antica tradizione tedesca che include negli ingredienti i prodotti tipici regionali, come le mele e i mirtilli.

Ingredienti

  • 200 gr di burro morbido
  • 6 uova
  • 150 gr di nocciole spellate e tritate
  • 150 gr di farina di grano saraceno
  • 1 mela grattugiata
  • 30 gr di maizena
  • 1 bustina di lievito per dolci
  • 200 gr di zucchero semolato
  • Composta di mirtilli rossi o neri q.b
  • Scorza di limone grattugiata
  • Zucchero a velo

Dopo aver fatto ammorbidire il burro, lavoratelo con la metà dello zucchero. Quando il composto sarà cremoso, unite i tuorli delle uova, mettendo da parte gli albumi. Amalgamate bene e unite, poco per volta, la farina di grano saraceno, la mela grattugiata, il lievito, la maizena, il resto dello zucchero, la scorza di limone grattugiata e le nocciole. Montate gli albumi a neve e aggiungeteli al composto mescolando delicatamente. Versate l’impasto in una tortiera dal diametro di circa 24 cm. Infornate a 170°C per circa 40/45 minuti. Sfornate, lasciate raffreddare la torta, poi mettetela su un piatto, tagliatela a metà e distribuite la composta di mirtilli. A piacere, potete mettere la composta anche nella parte superiore, oppure spolverare la torta con lo zucchero a velo.

COME ARRIVARE  

In auto: Prendere l’A22 Verona- Brennero e prendere l’uscita Chiusa-Val Gardena. Seguire le indicazioni per Chiusa/Klausen, che si raggiunge dopo pochi chilometri.

DOVE MANGIARE

*Ristorante Turmwirt, Gudon 50, Chiusa (BZ), tel 0472/844001, www.turmwirt-gufidaun.com

Locale storico ricavato in una stube di legno del 1678. Offre piatti della cucina tirolese, come tris di canederli, zuppa al vino bianco della Valle d’Isarco, manzo tiepido alle cipolle e dolci locali. Prezzo medio alla carta € 40. Menù di tre portare € 30.

*Stadtlcafé, via Tinne 11, Chiusa (BZ), tel 0472/847 592, www.stadtlcafe.com

Offre piatti della cucina tirolese, tra cui salumi e formaggi, bruschette, canederli, ravioli e dolci della tradizione. Anche pizza. Prezzo medio alla carta € 15.

DOVE DORMIRE

*Hotel Goldener Adler****, Piazza Fraghes 14, Chiusa (BZ), tel 0472/846111, www.goldeneradler.it Nella piazza principale, ha camere spaziose e arredate con stile e una zona benessere. La colazione è a base di prodotti tipici locali, mentre la mezza pensione “itinerante” consente di cenare presso i ristoranti convenzionati. Doppia da € 62, suite da € 78.

*Hotel Spitalerhof***, ad appena 10 minuti da Chiusa, ha un giardino con piscina e camere accoglienti arredate in stile tirolese. È anche azienda vinicola e distilleria. Doppia da € 40.

INFO

www.chiusa.info www.comune.chiusa.bz.it

www.klausen.it




Da Bard ad Arnad, un weekend tra storia e gusto

Sorge lungo il tratto valdostano della via Francigena e nella sua storia vanta, nel 1800, anche un assedio da parte delle truppe di Napoleone Bonaparte. Stiamo parlando di Bard, un borgo-fortezza che, con i suoi 150 abitanti, vanta anche il primato di “Comune più piccolo della Val d’Aosta. Ed è qui che arriviamo dopo aver percorso, da Aosta, la SS26. La strada procede a tornanti a mano a mano che ci si avvicina al borgo.

Lasciamo l’auto per proseguire a piedi verso la rocca, tra splendidi paesaggi e scorci suggestivi. La Fortezza di Bard è oggi uno spazio museale che ospita musei, eventi e mostre permanenti. Vi consigliamo di cominciare dalle Prigioni (intero € 4, ridotto € 3), all’interno dell’Opera Carlo Alberto, che raccontano, attraverso documenti, filmati e ricostruzioni in 3D, e attraverso 24 celle dove venivano tenuti i prigionieri, l’evoluzione storica del sito militare.

Presso il Museo delle Alpi (intero € 8, ridotto € 6, ragazzi 6-18 anni € 4), si può invece toccare con mano, grazie a un percorso multidisciplinare, multimediale e interattivo, l’ambiente alpino e la sua trasformazione per mano dell’uomo. Al museo si accede grazie ad avveniristici ascensori esterni di cristallo che dal borgo salgono fino alla rocca. Dal punto di arrivo, si prosegue poi lungo un’imponente scala di vetro e acciaio che porta nel cuore del museo.

Per i più piccoli, c’è invece Le Alpi dei Ragazzi, uno spazio ludico e interattivo per andare alla scoperta della montagna divertendosi. Per chi, invece, è curioso della storia bellica, consigliamo il Ferdinando Museo delle Fortificazioni e il Ferdinando Museo delle Frontiere.

Una visita a Bard non può non comprendere una sosta golosa. Le ricette tradizionali del borgo sono i fiori di zucca ripieni al forno e le paste di meliga, preparate con la farina di mais. Non mancano poi i piatti valdostani, come le crespelle, gli gnocchi di polenta con la fonduta, la polenta Concia, la Carbonade, e le tipiche zuppe. Tra i prodotti da non perdere, e da portare a casa, i salumi e i formaggi, primo tra tutti la Fontina, la toma d’alpeggio e il Vino dei Rocchi di Bard, un rosso brillante dal profumo di mandorle.

SECONDO GIORNO: Verso Arnad, capitale del lardo

Poco più di 5 km separano Bard da Arnad, che raggiungiamo percorrendo la SS26. La cittadina sorge in una vallata verde ed è nota per il Lard d’Arnad, una Dop un gustoso salume che si ottiene dalla schiena del maiale, che viene sgrassata e messa a stagionare in antichi recipienti di legno di castagno o di rovere, detti doils, a strati e con una miscela di sale, spezie, aromi naturali, erbe aromatiche e acqua.

La stagionatura dure almeno tre mesi, durante il quale il lardo d’Arnad assume il suo profumo e il suo gusto inimitabile, le cui prime attestazioni risalgono all’inventario del castello di Arnad del 1763. Il paese celebra il suo prodotto principe l’ultima domenica di agosto con la “Sagra del lardo”.

In paese valgono una visita la chiesa parrocchiale di San Martino, in stile romanico, risalente al XI secolo, con una facciata della fine del XV. Nascosta dai castagni nel Vallone di Machaby, a 3 km da Arnad, si trova il Santuario della Madonna delle Nevi. Risale al medioevo anche il ponte di Echallod. Chi ama andare per castelli, potrà scegliere tra il Castello Superiore, il Castello di Valleise e la Casaforte di Ville, tutti facilmente raggiungibili da Arnad.

 Tegole valdostane

Creati negli anni Trenta dalla famiglia di pasticceri Boch dopo un viaggio in Normandia, sono biscotti a cialda dalla forma simile a quella delle tegole del tetto, da cui prendono il nome. Una variante recente è quella ricoperta al cioccolato. Qui riportiamo la ricetta classica.

Ingredienti

*100 gr di farina di mandorle

*100 gr di farina di nocciole

*100 gr di zucchero

*200 gr di albumi

Montate a neve l’albume, poi mescolatelo alle farine fino a ottenere un composto fluido. Disponete un foglio di carta da forno su una placca da forno, poi con il cucchiaio distribuite il composto formando dei dischi di circa 8 cm di diametro, facendo attenzione che non si attacchino tra loro. L’ideale è fare delle infornate di 6 dischi alla volta. Preriscaldate il forno a 170°C e mettete le tegole a cuocere per 6/8 minuti. Sfornate e ripetete l’operazione fino a terminare l’impasto. Servite una volta raffreddate.

 

DOVE COMPRARE

*Maison Bertolin, Loc. Champagnolaz 10, Arnad (AO), tel 0125/966144, www.bertolin.com Una vera e propria boutique di prodotti tipici valdostani, tra cui lardo di Arnad, salumi locali, olio di noci e prodotti bio. Degustazioni guidate su prenotazione, individuali e per gruppi con tagliere di formaggi e salumi e calice di vino locale. Individuale da € 9 a persona, per gruppi da € 4.

*Caves Cooperatives de Donnas, via Roma 97, Donnas (AO), www.donnasvini.it Per acquistare e degustare vini DOC di produzione locale, rossi, bianchi e rosati. Possibilità di visite guidate alla cantina: fino a 3 persone senza prenotazione negli orari di apertura, su prenotazione per gruppi di oltre 3 persone. Degustazioni; fast (4 vini con grissini) € 4 a persona, Slow (4 vini con tagliere di formaggi e salumi valdostani, pane nero e bianco e grissini) € 10 a persona.

COME ARRIVARE  

In auto: Da Milano, A4 in direzione di Torino, imboccare il raccordo a Santhià in direzione di Aosta e uscire al casello di Pont-Saint-Martin, prendere la SS26 in direzione di Aosta e seguire le indicazioni per Bard. Da Torino, A5 in direzione di Aosta, uscire al casello di Pont-Saint-Martin, poi SS26 come sopra.

DOVE MANGIARE

*Casa Ciuca, via Vittorio Emanuele II 24, Bard, www.casaciuca.it  Enoteca stuzzicheria dove gustare i salumi e i formaggi tipici valdostani, ma anche zuppe, polenta concia, carbonada e molto altro. Prezzo medio a persona € 15.

*Antichi Sapori, via M.Colliard 103, Hone (Ao), tel 0125/1892535, www.antichisaporihone.it Locale che offre ottimi piatti della cucina valdostana, formaggi e salumi tipici, tra cui il lardo di Arnad. Prezzo medio a persona € 30/35.

DOVE DORMIRE

*Hotel Cavour et des Officiers***, via Vittorio Emanuele 85, Bard (AO), tel 0125/833886, www.hotelcavour.fortedibard.it Ricavato all’interno dell’Opera Carlo Alberto del Forte di Bard, consente di vivere l’esperienza indimenticabile di un soggiorno tra le mura di un castello. Doppia con colazione da € 110; Junior suite da € 130. Animali ammessi con supplemento di € 10/notte.

*H&H Hotel Stendhal e Hosteria “La posa de Bertolin”***, Piazza Cavour 1/3, Bard (AO), tel 347/1623055, www.hotel-stendhal-bard.it Nel centro del borgo, offre camere doppie, triple e quadruple per tutte le esigenze. La vicina osteria offre piatti della cucina valdostana. Prezzi a persona a notte da € 40.

INFO

www.fortedibard.it

www.comune.bard.ao.it




Con Ricette di Viaggio a Bormio per i Pasquali (e i Pizzoccheri!)

La Pasqua a Bormio, rinomata stazione sciistica dell’Alta Valtellina in inverno e affascinante meta estiva per gli escursionisti e chi desidera trascorrere qualche giorno immerso nella natura, si festeggia con la tradizione dei Pasquali, la manifestazione di origine antica che si rinnova ogni anno.

L’appuntamento è per il prossimo 1° aprile, quando per le vie del paese sfileranno le tradizionali portantine a tema religioso, dette appunto “Pasquali”. La tradizione ha antiche origini contadine e consiste nella creazione di colorate ed elaborate portantine, che vengono progettate e costruite dai giovani nel corso dei mesi invernali. La loro costruzione richiede fantasia, ingegno e abilità artigianale, ma anche una dose di sana competizione.

Ogni “pasquale” è infatti realizzato da una squadra che fa capo a uno dei quartieri del paese: Buglio, Combo, Dossiglio, Dossorovina e Maggiore. Ogni gruppo è formato da falegnami, fabbri e artigiani, che, sotto la guida di un capo progetto, studiano nel dettaglio il loro “pasquale”, che deve essere un connubio tra simbolo religioso ed espressione artistica.

La mattina di Pasqua i “Pasqualisti” portano a spalla la loro portantina e sfilano per le vie del paese, accompagnati da gruppi folkloristici, bambini, donne e famiglie in abiti tradizionali. Una giuria avrà poi il compito di eleggere il vincitore tenendo conto del significato religioso, del lavoro artigianale, artistico e culturale. Dopo la sfilata, i Pasquali rimangono esposti in Piazza del Kuerc fino al lunedì di Pasquetta.

Una tradizione antica

La tradizione dei Pasquali è attestata attorno al XVII secolo quando alle famiglie era imposto di cucinare un agnello da distribuire in Piazza del Kuerc il giorno di Pasqua. Alla fine del XIX secolo alla tradizione culinaria si sostituisce quella della benedizione di un agnello vivo. Da qui, nasce la competizione tra i “reparti” (quartieri), di adornare il proprio animali.

Il passo successivo è quello di posizionare il proprio agnellino su portantine addobbate. Fino ad arrivare alla moderna manifestazione dei Pasquali

Il programma di domenica 1° aprile prevede, invece, prima delle 9 del mattino, il raduno dei partecipanti in piazza V Alpini. La sfilata avrà invece inizio alle 10, con percorso via Al Forte, via San Vitale, Via Roma, piazza Cavour/Kuerc. Alle 11.30, qui ci sarà la benedizione degli agnelli e dei Pasquali, che resteranno in esposizione fino alle 19 di Pasquetta. La premiazione del Pasquale vincitore è prevista per le 17.

La tradizione nel piatto

Sapori antichi e gusto deciso caratterizzano la tradizione enogastronomica dell’Alta Valtellina. Fate una tappa in una delle trattorie tipiche e cominciate con un antipasto a base di bresaola di manzo o di cervo, magari accompagnata dagli sciatt, frittelle di grano saraceno ripiene di formaggio, oppure dai taroz, un purè a base di patate, fagiolini, burro e formaggio.

Come primo piatto è quasi d’obbligo assaggiare i pizzoccheri, tagliatelle grossolane di grano saraceno condite con verza, patate, formaggio e burro fuso. In alternativa, o come piatto unico, da non perdere la polenta taragna, a base di farina nera, burro e formaggio, da gustare accompagnata da cacciagione, funghi porcini o cervo in salmì.

Chi preferisce “stare leggero” può scegliere invece le manfrigole, crespelle di grano saraceno ripiene di bresaola o formaggi. Tra questi, ricordiamo la Casera, il Bitto e lo Scimudin.

E, per finire in dolcezza, potete ordinare una fetta di bisciöla, un panettone con noci, uvetta e fichi. Il tutto accompagnato dai pregiati vini valtellinesi, come il Grumello, la Sassello, lo Sfursat o l’Inferno. 

Pizzoccheri alla valtellinese

Ingredienti

  • 200 gr di farina di grano saraceno
  • 100 gr di farina bianca
  • 300 gr di coste di bietole o verza
  • 250 gr di formaggio Casera
  • 200 gr di burro
  • 150 gr di patate
  • 3 spicchi di aglio

Preparare un impasto con le farine, il sale e l’acqua. Ricavate una sfoglia di 2 cm e tagliatela a listarelle. Tagliate le verdure a pezzetti e fatele cuocere per 10 min. Aggiungete i pizzoccheri. Finita la cottura, togliete pizzoccheri e verdure con una schiumarola e metteteli in una pirofila. Cospargeteli con il formaggio Casera a cubetti e ripetete formando due o tre strati. Sciogliete il burro e fatelo imbiondire con l’aglio schiacciato e condite.

INFO

www.bormio.eu

DOVE MANGIARE

*Kuerc, Piazza Cavour 8, tel 0342/910787. Menù con piatti tipici.

*Vecchio Borgo, via Monte Braulio 3, tel 0342/904447. Cucina tipica valtellinese

DOVE DORMIRE

*Miramonti Park Hotel****, via Milano 50, tel 0642/903312, www.miramontibormio.it Con centro wellness.

*Alpi & Golf***, via Milano 78, tel 0342/902734, www.alpigolf.it. Posizione panoramica.




Rasiglia, il borgo nato dalle acque

Più che un borgo, sembra una miniatura o un presepe. A Rasiglia, frazione montana del Comune di Foligno, in provincia di Perugia, il tempo sembra essersi fermato e ha dipinto una cartolina che sembra uscita da una favola: case di pietra in cui vivono appena 50 abitanti, viuzze strette, mulini ad acqua e l’abbraccio di boschi verdeggianti.

Tuttavia, l’aspetto che più caratterizza Rasiglia sono i ruscelli e le sorgenti di cui è circondata e che penetrano tra le abitazioni disposte ad anfiteatro e collegate tra loro da ponticelli di legno, formando cascatelle e rivoli che donano al borgo un aspetto unico.

Un fascino che arriva da lontano

Proprio all’acqua è dovuta la nascita e la storia di Rasiglia, che sorge tra le sorgenti di Capovena, Alzabove e Venarella. La sua esistenza è attestata già nel XII secolo, mentre è attorno al XIV che la famiglia Trinci, signori di Foligno, vi fa costruire un Castello e altre fortificazioni. Ma è grazie all’abbondanza di acque, proveniente dai ruscelli e soprattutto dal fiume Menotre, che nel XV secolo cominciano a nascere i primi mulini e gli opifici tessili.

L’economia artigianale basata sulla forza dell’acqua si sviluppa sempre di più, finché, nell’Ottocento, Rasiglia arriva a contare otto mulini, due lanifici, quattro banche e un ufficio postale. Spiccano il Mulino Angeli, il Mulino Silvestri, il Mulino Accorimboni con annesso lanificio, il lanificio Tonti, attività che prosperano fino al Novecento.

È dopo la Seconda Guerra Mondiale che inizia la decadenza. I lanifici si trasferiscono nella più comoda ed economica Foligno. Le ultime aziende chiudono nel 1980. Nel 1997 il terremoto contribuisce allo spopolamento di Rasiglia, dove oggi rimangono a vivere poco più di 50 abitanti.

Una passeggiata nel borgo

La riscoperta di Rasiglia parte proprio dal turismo, grazie alla sua singolare bellezza e al fascino antico, che la fa assomigliare a una piccola Venezia medievale. Passeggiando tra le vie del borgo, si può ammirare quel che resta del Castello, che domina la sorgente del Capovena, a 636 metri slm. Il maniero aveva sì funzioni difensive, ma era anche la residenza estiva della nobile famiglia dei Trinci.

Oltrepassando l’antico lavatoio e salendo poco sopra si trova invece il Santuario di Santa Maria delle Grazie, fondato nel 1450 dopo il ritrovamento di una statuetta della Vergine col Bambino, oggetto di eventi prodigiosi. Pare infatti che, nonostante la statuetta fosse stata spostata in altre diocesi, ritornava sempre nel luogo di origine. Da qui la decisione di erigere un santuario dedicato alla Madonna.

All’esterno dell’edificio spicca un crocifisso alto tre metri, mentre all’interno sono conservati affreschi del XV secolo, tra cui la Madonna della Misericordia che protegge i fedeli dalla peste circondandoli con il suo mantello.

Nei dintorni del borgo, poi, consigliamo una visita alle Cascate del Menotre e alle Grotte dell’Abbadessa, con suggestive formazioni carsiche. Nelle vicinanze, si trova anche il Castello di Scopoli e il Parco dell’Altolina.

Il borgo in festa

Alcune manifestazioni annuali assai suggestive contribuiscono a diffondere il fascino di Rasiglia tra i turisti. Tra queste c’è il Presepe Vivente, nel periodo natalizio, che anima di figuranti in costume la già suggestiva ambientazione.

Nei primi giorni di dicembre si tiene invece la Festa della Venuta, che illumina le vie del borgo con grandi falò. Infine, nel mese di giugno, è in programma “Penelope a Rasiglia”, una manifestazione dedicata agli antichi mestieri, tra cui la tessitura. Per l’occasione, gli antichi telai tornano a funzionare e il tempo scorre all’indietro.

La tradizione a tavola

Nel territorio di Foligno, la tradizione enogastronomica conserva ancora in sé il retaggio medievale. Gli ingredienti principali sono quelli offerti dalla natura: cereali e verdure, ma anche funghi, tartufi e cacciagione.

Lasciatevi tentare dai corposi antipasti, come la schiacciata al rosmarino o le bruschette, servite con cavoli e fagioli, le frittelle di baccalà o i pomodori ripieni. Tra i primi piatti, provate la pasta fatta in casa al tartufo, la zuppa di farro o di lenticchie, la minestra di lumache o i bucatini al Sagrantino.

Passando ai secondi, i carnivori possono optare per il cinghiale alla cacciatora, per l’agnello al tartufo nero, per la lepre al forno o per il piccione ai funghi. Ottima anche la torta al formaggio e la fojata, una versione salata della Rocciata a base di foglie di cavolo.

I veri protagonisti della tavola sono i dolci, come la fregnaccia, simile a una frittella. Nel periodo pasquale si cucina la pizza di Pasqua, che ricorda un panettone, o la miaccia, un sanguinaccio decorato con i canditi, che si consuma immergendolo nel vino Sagrantino.

Altri dolci della tradizione sono la cicerchiata, il panpepato, a base di cacao, mandorle e pepe nero, le pere al Sagrantino, gli struffoli, palline di pastafrolla ricoperte di miele, il castagnaccio e la Rocciata, uno strudel di mele a cui viene aggiunto cacao e noci. E se volete mettervi alla prova in cucina, eccovi la ricetta.

ROCCIATA

 Ingredienti per la sfoglia

  • 500 gr di farina
  • 300 gr di acqua
  • 2 cucchiai di olio evo
  • 1 pizzico di sale
  • 1 spruzzata di Alchermes

Per il ripieno

  • Zucchero
  • Cacao
  • Cannella
  • Anice
  • Scorza di ½ limone
  • 2 manciate di noci
  • 1 manciata di pinoli
  • 3 o 4 mele
  • 1 manciata di uvetta

Preparate la sfoglia setacciando la farina a fontana. Poi impastatela con gli altri ingredienti fino a ottenere un impasto morbido ed elastico. Coprite con una pellicola e lasciate riposare mezz’ora. Poi stendete a pasta con il mattarello fino a ottenere una sfoglia sottile. Mettetela su una tovaglia per agevolare l’arrotolamento successivo. A questo punto mettere sopra alla sfoglia, distribuendo in maniera uniforme: una spolverata di zucchero, una di cannella e una di cacao. Poi aggiungere una manciata di anice e la buccia del limone grattugiata, continuate con le mele tagliate a dadini, l’uvetta, le noci spezzettate grossolanamente e i pinoli. Arrotolate la sfoglia dai due lembi opposti verso l’interno, aiutandovi con a tovaglia. Trasferitela poi in una teglia ricoperta di carta da forno e date alla Rocciata la forma di una C. Cuocete a 200°C per circa 25 minuti. Sfornate e spruzzate sulla sfoglia l’Alchermes.

COME ARRIVARE

In auto: Da Nord A1 con uscita “Cesena Nord” o “Valdichiana”. Da Sud A1 con uscita “Orte”. Da Est A14 con uscita “Ancona” o “Civitanova Marche”. Poi per tutti percorrere la SS77 della Val di Chienti con uscita Casenove-Rasiglia

DOVE MANGIARE

*Ristorante Casaletto, Casaletto di Sellano (PG), tel 0743/97146

*Ristorante da Angelo, Ponte Santa Lucia 46, Foligno (PG); tel  0742/660216, www.ristorantedaangelo.com

DOVE DORMIRE

*Residence Menotre, via del Bosco, Rasiglia di Foligno (PG), tel 0742/670383, 335/1264096, www.sanpotente.it/residence-menotre

*B&B Il Casale del Borgo, loc. Casale di Morro 15 . Foligno (PG), tel 320/8433939. www.bbilcasaledelborgo.it




Sassello, il borgo degli amaretti

Al confine tra Piemonte e Liguria, nella provincia di Savona, si trova il pittoresco borgo di Sassello, che a gennaio di quest’anno ha festeggiato vent’anni di Bandiera Arancione, il prestigioso riconoscimento per il turismo di qualità assegnato dal Touring Club. Il borgo può, inoltre, vantare il primato di essere stato il primo Comune italiano a ricevere il riconoscimento.

Noto fin dal Medioevo per la lavorazione del ferro, è poi diventato un importante centro turistico per le bellezze paesaggistiche e il clima mite. Il borgo vecchio è diviso tra la Bastia Soprana, del XII secolo, e la Bastia Sottana, fondata nel Quattrocento dalla potente famiglia Doria, che qui ha lasciato ricche chiese barocche e palazzi affrescati.

Facciamo due passi in centro

Il centro storico di Sassello è particolarmente ricco d architetture religiose. Merita una visita la Chiesa di San Giovanni Battista, risalente al XI secolo, che conserva al suo interno preziose tele e affreschi del Cinquecento e del Seicento. Poco distante, si trovano anche l’Oratorio del Disciplinanti del XVII che custodisce un gruppo ligneo del Maragliano, e la chiesa della SS Trinità.

Fermatevi poi un paio d’ore al Museo Civico Perrando, al civico 33 dell’omonima via. Il polo museale ospita, nella sezione etnografica, una mostra permanente di strumenti agricoli, attrezzature provenienti dalle antiche ferriere e dalle fabbriche dei celebri amaretti ed elementi di archeologia industriale.

Al piano superiore di Palazzo Perrando, invece si trova la sezione dedicata alla Storia Naturale, che vanta una collezione di fossili, reperti paletnologici, litici e relativi alle misteriose incisioni rupestri del Monte Beigua, oltre a beni appartenuti al castello della Bastia Soprana.

Nell’ex complesso del convento francescano, ristrutturato di recente, si trova il Museo Napoleonico, dedicato alla campagna del 1800 e, in particolare, ai sette giorni della Battaglia di Sassello. Qui si trova anche la prestigiosa collezione Bianchi di arte contemporanea, con opere di Mirò, Schifano e Francis Bacon.

Secondo giorno: alla scoperta del Parco del Beigua

Il borgo di Sassello si trova all’interno del Parco del Beigua, una delle aree più ricche di biodiversità della Liguria. Si estende per novemila ettari tra le province di Genova e Savona e include un paesaggio eterogeneo, fatto di prateria d’alta quota, zone umide, foreste di faggi, castagni e roveri, macchia mediterranea. Qui vivono lupi, cinghiali, caprioli, rapaci come l’aquila reale e il biancone, e uccelli notturni. Il patrimonio geologico del parco, poi, è tutelato dall’UNESCO.

Il sentiero natura nella Foresta della Deiva

Se siete appassionati di passeggiate nella natura, potete sfruttare la seconda giornata del weekend per esplorare la splendida Foresta della Deiva, che si trova alle spalle di Sassello ed è attraversata da uno dei Sentieri Natura del Parco del Beigua. Il percorso ad anello si snoda attorno alla Cima della Deiva, in un paesaggio fatto di pini e faggi e con una vista mozzafiato sulla valle sottostante. Lungo il percorso, poi, si incontrano il Castello Bellavista, una villa ottocentesca circondata da una rigogliosa vegetazione, e la Casa della Giumenta, sede di un antico essiccatoio ristrutturato che consente di conoscere storia, culture e tradizioni dell’economia della castagna.

Dal geosito del Lago dei Gulli alle incisioni rupestri di Piampaludo

Con una passeggiata attraverso la Foresta della Deiva, oppure in auto percorrendo la SP334 per circa 2,5 km si arriva al Lago dei Gulli, che prende il nome dialettale con cui sono chiamati i pesci che lo abitano. In realtà, non si tratta di un vero e proprio lago, ma di un’ansa del Torrente Erro.

Proprio l’azione delle acque, nel corso del tempo, ha dato origine alle lherzoliti, rocce a forma di sfera dal colore brunastro, con un diametro di alcuni metri, che sorgono all’interno delle rocce serpentiniche.

Un’altra bella escursione è quella che da Sassello porta alla frazione di Piampaludo, che si raggiunge in circa 25 minuti passando prima per la SP 49 e poi sulla SP31. Qui si possono ammirare esempi interessanti di “pietra scritta”, cioè “messaggi” che hanno origine nella notte dei tempi, incisi sulla dura roccia ofiolitica, che le ha tramandate fino a noi.

Si tratta di disegni fusiformi, canalette, forme geometriche, croci, dischi solari e figure antropomorfe dal significato ancora sconosciuto, che sono state lasciate in prossimità di corsi d’acqua e delle antiche aree di pascolo.

Prodotti tipici da gustare

La posizione geografica di Sassello rende particolarmente abbondante la produzione di castagne e di funghi. Per chi fosse in zona, il mercoledì si tiene nella piazza centrale del borgo il mercato dove poter acquistare direttamente i funghi freschi.

Tra le altre specialità, troviamo il patè di lardo, il prosciutto cotto alle erbe e il Salame cotto e crudo di Sassello, preparato secondo una ricetta tipica sassellese. La versione cotta prevede l’utilizzo delle parti meno pregiate del maiale, che vengono insaccate in budelli di manzo insieme a spezie, noce moscata e sale e sottoposte a cottura a 70° per 6 ore.

La versione cruda è costituita invece dall’80% di carne magra e dal 20% di grasso, che viene amalgamata con pepe intero, sale di Cervia e Barbera e insaccata in budelli di suino e sottoposta a stagionatura variabile da 1 a 8 mesi.

Un altro prodotto tipico di Sassello è il Tirotto, un pane la cui origine risale al 1900, a base di frina di grano e patate, dalla caratteristica forma tirata e leggermente arrotolata. Ne esistono diverse versioni, dalla più semplice, senza grassi aggiunti, a quella all’olio a quella con olio e patate.

Gli amaretti di Sassello

Sono famosi, ed esportati in tutto il mondo e sono preparati seguendo un’antica ricetta che risale all’Ottocento. L’ingrediente che ne rende unico il sapore sono le armelline, le mandorle dal sapore amarognolo racchiuse nel nocciolo delle albicocche. La forma è rotonda e un po’ schiacciata, la crosticina esterna nasconde un cuore morbido e profumato.

Ogni singolo amaretto viene incartato nella tradizionale carta a fiocco. Alla versione tradizionale si affianca una ricca varietà di sapori, tra cui quello ai frutti misti, al rum, al cioccolato, alle nocciole, ma anche mandarino, cocco e limone. E se volete provare a uguagliare la maestria dei pasticceri sassellesi, qui sotto vi proponiamo la ricetta degli amaretti.

Amaretti di Sassello

Ingredienti

  • 200 g mandorle pelate
  • 140 g zucchero
  • 125 g zucchero a velo
  • 50 g albumi
  • 15 g mandorle armelline amare

Nel forno preriscaldato a 200°C tostate le mandorle per un paio di minuti, poi tritatele in un mixer insieme alle armelline, allo zucchero semolato e a quello a velo, fino a ottenere una specie di farina. Setacciate il composto in una ciotola, poi aggiungete gli albumi. Mescolate con una spatola fino a ottenere un composto liscio e omogeneo. Coprite l’impasto e lasciatelo riposare in frigorifero per circa due ore. Ricavatene poi delle palline della grandezza di una noce e schiacciatele leggermente per dare la tipica forma degli amaretti. Disponeteli poi su una teglia rivestita di carta da forno e infornate a 170°C per circa 20 minuti.

INFO

www.comune.sassello.sv.gov.it/

COME ARRIVARE

In auto:  dalla Riviera Ligure, A10 Genova-Ventimiglia con uscita Albisola. Appena usciti dal casello girate a sinistra e proseguite per circa 20 km seguendo le indicazioni per Sassello. Da Torino, A6 Torino-Savona, uscire ad Altare, poi proseguire sulla SP12 e sulla SP41 fino a Pontivrea. Da qui svoltare sulla SS542 e poi sulla SS334 e seguire per Sassello. Da Asti, A33 Asti-Cuneo, proseguire sulla SS456 Asti Mare fino a Castelnuovo Calcea. Alla rotonda prendere per Nizza Monferrato e seguire le indicazioni per Aqui Terme, poi proseguire sulla SS334 per Sassello.

DOVE MANGIARE

*Ristorante Palazzo Salsole, Piazza Concezione 1, Sassello, tel 019/724359, www.palazzosalsole.it

*Agriturismo Cà del Busco, Loc. Piano 1, Sassello, tel 019/724311

DOVE DORMIRE

*Hotel Pian del Sole***, Loc. Pianferioso 23, Sassello, tel 019/724255. www.hotel-piandelsole.com

*B&B Cascina Granbego, Loc. Colla 3, Fraz. Maddalena, Sassello, tel 347/7810778

DOVE COMPRARE

*Amaretti Giacobbe, loc. Pianferioso 4, Sassello, Tel 019/724860, www.amarettigiacobbe.it

*Amaretti Virginia, loc. Prapiccinin 6, Sassello, tel 019/724119, www.amarettivirginia.com

*L’Artigiana del Fungo, Loc. Aicardi 9, Sassello, tel 019/724860, www.lartigianadelfungo.it




Bienno, bellezze e dolcezze della Valcamonica

Sorge nella media Val Camonica, in provincia di Brescia, e può vantare l’appartenenza ai “Borghi più belli d’Italia” e fregiarsi della “Bandiera Arancione” del Touring. Bienno è un delizioso gioiello di circa 4000 abitanti, incastonato nella verdissima Val Grigna e posizionato sul lato settentrionale dell’omonimo corso d’acqua. Il centro storico è un pittoresco gioiello di pietre, tegole, viuzze e piazzette che raccontano un glorioso passato.

Un passato laborioso

I corsi d’acqua e le rigogliose foreste hanno contribuito a fare prosperare una fiorente economia. Si ipotizza che già attorno all’anno Mille sia iniziata la costruzione del Vaso Re, un canale artificiale che convogliava le acque del Grigna e ne faceva la forza motrice per segherie, mulini, ma anche per i pesanti magli della forgiatura del ferro. Il corso d’acqua, poi, era anche il mezzo attraverso il quale la fiorente produzione locale veniva commerciata nei paesi vicini.

La ricchezza data dal commercio ha consentito, a poco a poco, di abbellire il centro storico di palazzi signorili, chiese, gradinate, piazzette, archi e portali, testimonianze che ancora oggi rimangono a ricordo del fiorente passato.

La visita al borgo

Percorrendo via Contrizio, alla fine della salita si arriva in Piazza Mendeni, dove si affaccia lo splendido Palazzo Simoni Fé, del Quattrocento, con la sua facciata simmetrica di tre piani con cornici in arenaria e ringhiere di ferro battuto. Sulla facciata che si affaccia su via Contrizio spicca un affresco del Fiamminghino. Ricchissimo l’interno, a cui si accede da una grande sala coperta da sei volte a crociera, che conduce, attraverso uno scalone di granito, ai piani superiori.

Sul soffitto si trova l’affresco che raffigura la scena mitologica del Dio Vulcano, intento a forgiare antiche armature insieme ai Ciclopi, omaggio alla tradizione “ferraia” di Bienno. Salendo al primo piano, nel grande salone, sono custodite due statue lignee quattrocentesche raffiguranti l’Annunziata e l’Arcangelo Gabriele.

Uscendo sulla piazza e procedendo poco più avanti, si incontra la Torre Avanzini, che risale al 1075. Da qui parte una viuzza che conduce alla piazza principale, sulla quale domina la Chiesa di Santa Maria Annunziata, del XV secolo. La facciata è caratterizzata da un grande rosone gotico e da pilastri in pietra a vista. Al suo interno conserva preziosi dipinti quattrocenteschi di Giovan Pietro da Cemmo. È del Fiamminghino, invece, la pala d’altare del 1632.

Da via Contrizio, il nostro tour prosegue sino a Casa Bettoni, un palazzo rinascimentale che conserva la sua struttura originaria. Alla fine della via si incontra anche il portale medievale della Torre Rizzieri. Un’altra torre medievale, Torre Mendeni, si trova invece in Piazza Castello.

In cima a via Castello si trova invece la bella chiesa dei Santi Faustino e Giovita, che spicca per il portale in arenaria di Sarnico con due imponenti statue dei santi posti ai lati, che sembrano osservare i fedeli che entrano in chiesa. L’interno è a navata unica, sormontata da una volta affrescata dal Fiamminghino. Degna di nota la pala d’altare raffigurante il martirio dei santi, realizzata dall’artista veneziano Giovan Battista Pistoni.

Lungo via Ripa, tramite una scalinata in selciato si arriva al Mulino Museo, risalente al Seicento, che conserva ancora le originarie macine di pietra con cui un tempo si produceva la farina da polenta. Continuando sulla stessa strada si arriva poi al Lavatoio, un’altra fucina. Da qui, alcuni tratti di canale sopraelevati conducono al punto di partenza del Vaso Re.

Bienno da gustare

Il piatto tipico di Bienno sono i Casoncelli, ravioli di grandi dimensioni dalla forma di mezzaluna che vengono preparati con la sfoglia tirata a mano e con un ripieno di carne lessa o arrosto, salsiccia, pane, formaggio grattugiato, uova, sale ed erbette. Ogni famiglia ha la sua tradizione che si tramanda da madre in figlia e conta diverse varianti. I casoncelli si servono conditi con burro buso, salvia e abbondante parmigiano grattugiato. La pasta viene lasciata particolarmente croccante.

In tutta la Valcamonica è poi diffusa la polenta, accompagnata da carne e cacciagione. Ottimi anche i formaggi locali, preparati col latte di malga e i salumi.

Il dolce tradizionale è invece la Spongada, dalla preparazione laboriosa, ma dal risultato assicurato. Si tratta di una soffice focaccia a base di farina, uova, zucchero, burro, latte e lievito. Volete provare a prepararla? Allora provate con la nostra ricetta.

Spongada

Dolce della tradizione che si preparava durante il periodo pasquale, quando veniva distribuito ai poveri. Oggi si consuma tutto l’anno.

Ingredienti
Per la pasta base

  • 130gr. di lievito di birra
  • 200gr. di farina bianca
  • 1/2lt. di latte

Per il primo impasto:

  • 400gr. di zucchero
  • 280gr. di burro nostrano
  • 5 uova intere e 4 tuorli
  • 900gr. di farina bianca
  • 1 bustina di vaniglia
  • sale

Per il secondo impasto

  • 400gr. di zucchero
  • 280gr. di burro
  • 5 uova intere e 4 tuorli
  • 30gr. di lievito di birra
  • 900gr. di farina bianca
  • sale

Sciogliete il lievito di birra nel latte in un pentolino, poi versate il tutto nella farina e formate l’impasto base, che farete lievitare al caldo per 45 minuti. Nel frattempo, preparate il “primo impasto” lavorando insieme il burro, lo zucchero, le uova intere, i tuorli, la farina e un pizzico di sale. Quando l’impasto sarà ben amalgamato unite il panetto di pasta lievitata che avevate messo a riposo. Mettete l’impasto ottenuto a riposare al caldo.

Preparate ora il “secondo impasto” lavorando con cura lo zucchero, il burro, le uova intere, i tuorli, il lievito di birra, la farina e un pizzico di sale. Quando sarà pronto, unitelo al resto che avevate messo a riposare. Lasciate il tutto a lievitare per circa 3 ore. Quando sarà ben lievitato dividetelo in panetti di circa 150 gr cadauno e metteteli a lievitare fino al doppio del loro volume su un tagliere di legno infarinato. Praticate su ogni panetto un’incisione longitudinale con un coltello, poi metteteli a cuocere in forno preriscaldato a 180° per circa 25 minuti. Sfornate e spolvera le spongate con zucchero a velo.

INFO

www.bienno.inf

COME ARRIVARE

In auto, da Milano, prendere l’A51 e procedere verso la Tangenziale Est, poi continuare sull’A4 e prendere l’uscita Ospitaletto. Continuare lungo la SP19 in direzione Concesio-Valcamonica-Paderno-Lumezzane. In prossimità di Rodegno-Saiano svoltare sulla SS510/SP510 verso Edolo-Valcamonica, continuare ancora per Pian Camuno, e poi sulla SS42 fino a Bienno

DOVE MANGIARE

*Ristorante Victoria, via Mazzini 45, Bienno (BS), tel 0364/40589, www.victoriabienno.it

*La Caldera dei Noscent, via Fontana 3, Bienno (BS), tel 0364/300474, www.lacalderadenoscent.com

DOVE DORMIRE

*Hotel Oasi Verde***, via dei Tornanti 4, Prestine (BS), tel 0364/300813, www.hoteloasiverde.it

*Hotel Belvedere, Loc Campolaro 1, Prestine (BS), tel 0364/300649, www.albergobelvederedifantilara.it

DOVE COMPRARE

*Pasticceria Quadretto, via Contrizio 32, Bienno, tel 0364/406051. Nel centro storico del borgo, offre i dolci tipici della tradizione, tra cui spongade e biscotti.

*Al Mulino, via Ripa 125, Bienno, tel 0364/300561. Qui si possono trovare prodotti tipici locali, tra cui casoncelli di produzione propria, formaggi e salumi.




Baci (e lumache!) da Cherasco

Borgo insignito della Bandiera Arancione del Touring Club, Cherasco sorge sull’altopiano alla confluenza tra il Tanaro e la Stura e fa parte della provincia di Cuneo. Lo abbiamo scelto come meta per le nostre Ricette di Viaggio per la sua storia antichissima, per le sue bellezze paesaggistiche e, soprattutto per le sue eccellenze enogastronomiche.

Un passato ricco e “movimentato”

La presenza di un centro urbano dove oggi sorge Cherasco è attestato già in epoca romana., ma l’atto di fondazione ufficiale di Cherasco, in qualità di “bastione difensivo” della città di Alba è nel 1243. Proprio i bastioni, di cui oggi non rimangono che poche traccia, furono abbattuti e ricostruiti più volte nel corso dei secoli.

Il 6 aprile 1631 qui venne firmato il Trattato di Pace di Cherasco da parte di Vittorio Amedeo I di Savoia, del legato papale Giulio Mazzarino e dai rappresentanti di Mantova, Spagna e Sacro Romano Impero. Il trattato poneva fine alla guerra di successione di Mantova e del Monferrato, che assegnava ai Savoia Trino e Alba e relativi territori.

Cherasco fu città sempre fedelissima alla famiglia Savoia, che qui si rifugiò con tutta la corta nel 1706, durante l’assedio di Torino nell’ambito della guerra di successione spagnola. Il 28 aprile 1796, poi, fu sede dell’Armistizio di Cherasco che pose fine alla disputa tra Napoleone I e il Regno di Sardegna dei Savoia

Passeggiando nel centro storico

Al borgo si accede passando sotto a uno dei due imponenti archi che sembrano vigilare su chi entra e chi esce. L’Arco del Bevedere risale al 1647 e venne fatto costruire da Vittorio Amedeo I di Savoia durante la permanenza della corte per sfuggire alla peste che aveva colpito Torino. A circa un chilometro di distanza, su via Vittorio Emanuele si trova invece l’Arco di Porta Narzola, di costruzione più recente, ma rimasto incompiuto a causa dello scoppio della guerra.

Camminando lungo via Vittorio Emanuele incontriamo alcuni degli edifici più importanti di Cherasco, come l’Ospedale degli Infermi, del 1460, Palazzo Burotti di Scagnello, un edificio storico del XVII secolo, Palazzo Brizio di Veglia e la Chiesa della Madonna del Popolo, con la facciata di mattoni a vista. Nelle vicinanze, si trova la bella Torre del Municipio su cui spiccano il lunario e le meridiane.

Uno degli edifici più belli di Cherasco è Palazzo Samatoris, in stile barocco, che prende il nome dai fratelli che si occuparono della ristrutturazione di un preesistente edificio quattrocentesco. All’inizio del Settecento ha custodito anche la Sacra Sindone. Oggi è di proprietà comunale e utilizzato per mostre ed eventi.

La “capitale” dalla lumaca

Tra le eccellenze enogastronomiche di Cherasco spiccano le lumache, che qui vengono allevate secondo un disciplinare che si tramanda tra le generazioni e si possono gustare pressoché in ogni ristorante del paese. Piatti come le lumache in guscio in salsa mediterranea, oppure la frittata di lumache e pomodorini, il risotto alle lumache e le più semplici lumache lesse faranno ricredere anche i palati più titubanti.

Alle lumache è dedicata anche il Festival della Lumaca, che si tiene alla fine di settembre e anima le vie del paese con spettacoli, mostre, bancarelle e stand gastronomici. A Cherasco ha anche se l’Associazione Nazionale Elicicoltori che si occupa di allevamento e commercializzazione delle lumache da gastronomia.

Gli imperdibili del gusto: Baci, Barolo e Salsiccia di Bra

In via Marconi, all’altezza del civico 6, si trovava un tempo la sinagoga, fulcro di quello che era il quartiere ebraico, assai florido e sede di una potente comunità nel Cinquecento, che scemò fino quasi a scomparire nel Novecento. È proprio grazie alla presenza della comunità ebraica che oggi possiamo gustare la squisita Salsiccia di Bra (www.salsicciadibra.it), un insaccato realizzato con l’’80% di carne bovina e per il restante 20% di pancetta suina.

La comunità ebraica di Cherasco infatti, era solita rifornirsi dai macellai della vicina Bra di insaccati, richiedendoli però senza carne suina. L’utilizzo della carne bovina nella preparazione delle salsicce venne sancita da un Regio Decreto emanato a seguito dello Statuto Albertino che autorizzava i macellai di Bra a usare la carne bovina nella preparazione della salsiccia. Fu l’unico caso in Italia, poiché la produzione di salsicce bovine era invece proibito in tutto il territorio nazionale.

Nel versante che si estende oltre il fiume Tanaro, poi, si estendono le vigne per la produzione del Barolo, il corposo vino delle Langhe. Cherasco fa infatti parte degli undici Comuni della Terra del Vino Barolo.

Un’altra specialità sono i baci di Cherasco, cioccolatini di forma irregolare preparati con cioccolato fondente e nocciole delle Langhe IGP tostate e trasformate in granella grossolana. I baci sono stati inventati nel 1881 dal pasticcere di Cherasco Marco Barbero, che cercava un modo per riutilizzare le nocciole avanzate dalla produzione dei torroni durante il periodo natalizio.

Oggi, i “baci” vengono prodotti e commercializzati da due pasticcerie di Cherasco, appunto, la Pasticceria Barbero, e la Pasticceria Ravera. Ma se volete provare a prepararli in casa, qui vi forniamo la ricetta.

Baci di Cherasco

Ingredienti

  • 200 gr di cioccolato fondente
  • 120 gr di nocciole piemontesi IGP
  • 1 cucchiaino di zucchero a velo

 Mettete a tostare le nocciole nel forno preriscaldato a 180° per circa 10 minute. Sfornatele quando avranno assunto un bel colorito dorato. Ponetele tra due fogli di carta da forno e sminuzzatele con un pestello o un batticarne. La granella non deve essere troppo fine. Sciogliete poi il cioccolato fondente a bagnomaria insieme allo zucchero a velo. Unite anche le nocciole. Preparate circa una ventina di pirottini da pasticcini e riempiteli con l’impasto aiutandovi con un cucchiaino bagnato. Lasciate raffreddare, poi mettete i cioccolatini a riposare in frigo per almeno due ore prima di servire.

DOVE COMPRARE I “BACI”

*Pasticceria Barbero, via Vittorio Emanuele 74, Cherasco, te 0172/488373, www.bacidicherasco.it/

*Pasticceria Ravera, via Cavour 15, Cherasco, tel 0172/488395, www.baciravera.com

COME ARRIVARE

In auto: Autostrada A6 Torino-Savona, prendere l’uscita Marene, poi proseguire sul nuovo tratto Cuneo-Asti A33, fino all’uscita dal casello di Cherasco. Oppure A21 Piacenza-Torino, prendere l’uscita Asti Est, poi proseguire sul tratto autostradale Asti-Alba. Superata Alba svoltare a sinistra in direzione di Pollenzo, e alla rotonda seguire le indicazioni per Cherasco.

DOVE MANGIARE

*Osteria La Torre, via dell’Ospedale 22, Cherasco, tel 0172/488458, www.osterialatorre-cherasco.it

*Osteria Umberto, via Vittorio Emanuele 82, Cherasco, tel 0172/489065, www.osteriaumberto.co

DOVE DORMIRE

*Hotel  I Somaschi****, via Nostra Signora del Popolo 9, Cherasco (CN), tel 0172/488482, www.monasterocherasco.it

*Hotel Napoleon***, via Aldo Moro 1, Cherasco (CN), tel 0172/489674, www.napoleoncherasco.com

 




Modena, nel weekend il Palazzo Ducale apre le sue porte

C’è una buona ragione in più per visitare Modena! Se non fosse abbastanza la buona cucina, tra le più rinomate del mondo, la vocazione per il “bel canto” e i motori, una piazza e una cattedrale dichiarate dall’Unesco Patrimonio dell’Umanità…fino al 31 dicembre 2019 si potrà visitare all’interno il maestoso Palazzo Ducale, con novi turni di visite guidate da effettuarsi nel weekend.

Foto Daniela Ori

Sì, perché l’imponente reggia barocca, tra le più sontuose d’Italia, se con la sua maestosa facciata domina la rinnovata Piazza Roma, già Piazza degli Estensi, al suo interno è off limits, o quasi. È infatti la sede dell’Accademia Militare. Proprio la recente convenzione tra il Comune e il Comandante dell’Accademia ha sancito la possibilità di effettuare visite guidate aperte al pubblico, che potrà ammirare le sfarzose sale dove hanno dimorato i duchi del casato Estense.

Mentre il mercoledì è riservato alle scolaresche, i turisti, previa prenotazione, e a gruppi di 40 persone al massimo, potranno effettuare le visite ogni sabato mattina in quattro turni (9.30, 10.30, 11.30) e pomeriggio (15.30), la domenica mattina in tre turni (9.30, 10.30, 11.30) e la domenica pomeriggio, con due turni (14.30 e alle 15.30).

Il costo della visita guidata è di € 8 intero e € 6 ridotto fino a 12 anni. Gratuito fino a 5 anni. La prenotazione è obbligatoria entro il mercoledì precedente telefonando all’Ufficio Iat (059/2032660) o mandando una mail a info@modenatur.it. In alternativa, si può prenotare on line sul sito www.visitmodena.it/palazzo-ducale

Foto Daniela Ori

A palazzo con duchi

La maestosa residenza dei duchi del casato Estense, signori di Modena e Ferrara, venne edificata a partire dal 1634, prima su progetto dell’architetto romano Girolamo Rainaldi, che incluse un precedente castello medievale situato nel settore sud est, poi del suo allievo Bartolomeo Luigi Avanzini, pupillo di Francesco I. Fondamentale, poi, fu il contributo dell’ingegnere e scenografo Gaspare Vigarani. Si dice, tuttavia, che tutto il progetto fu supervisionato da Gian Lorenzo Bernini.

Il palazzo domina la piazza con la sua maestosa facciata, recentemente restaurata, coronata da una balaustra con statue e dominata da un torrione centrale e da due torri laterali. La visita guidata dura circa un’ora e consenti di accedere dalla porta centrale all’elegante Cortile d’Onore, attuale sede delle cerimonie militari, allo Scalone d’onore. Il Salone Centrale ha un meraviglioso soffitto settecentesco affrescato da Marco Antonio Franceschini con L’incoronazione di Bradamante, considerata la capostipite della dinastia degli Estensi.

Foto Daniela Ori

Nel 1756, poi, il duca Francesco III fece allestire il Salottino d’oro, con pannelli rivestiti in oro zecchino. I pannelli, staccabili, furono successivamente nascosti nei sotterranei per sfuggire ai saccheggi. Durante la visita si potranno visitare anche il Parlatoio, il Loggiato, l’appartamento di Stato e il Museo Storico dell’Accademia.

Da non perdere in città

Appena usciti dal Palazzo Ducale, ci si trova nella splendida Piazza Roma, completamente rinnovata nel 2015 con fontane e giochi d’acqua. Incamminandosi in via Farini, zona pedonale, si arriva invece nel centro storico.

Prendendo a destra lungo la via Emilia, la storica via romana che attraversa la città, si arriva in Piazza Grande, Patrimonio dell’Umanità UNESCO, insieme alla Cattedrale romanica e alla torre campanaria, nota come Ghirlandina. Nella cripta del Duomo sono conservate le spoglie di San Geminiano, patrono della città, che si festeggia il 31 gennaio.

Foto Claudio Vincenzi

A lato della cattedrale, nella piccola via Lanfranco, meritano una visita i Musei del Duomo (www.museidelduomodimodena.it) che conservano reperti di epoca romana rinvenuti durante gli scavi per la costruzione, ma anche metope, marmi e leoni stilofori sostituiti durante i restauri.

Proseguendo ancora lungo la via Emilia, si arriva poi il Largo Sant’Agostino, dove si trova il Palazzo dei Musei, un polo culturale che comprende la splendida Galleria Estense, la Biblioteca Estense, il Museo Civico d’Arte e il Museo Archeologico Etnologico.

E, siccome Modena è “terra di motori”, per gli appassionati della Ferrari non può mancare una visita al MEF – Museo Enzo Ferrari (www.museomodena.ferrari.com) con la vicina casa natale del fondatore dello storico marchio del Cavallino Rampante.

Una sosta golosa

Chi visita Modena non può non fare tappa in una delle trattorie tipiche per assaggiare le specialità enogastronomiche che fanno della cucina emiliana, secondo la prestigiosa rivista Forbes, “la migliore del mondo”.

Tra le “chicche” da mettere nel piatto, ci sono sicuramente i tortellini, da consumare rigorosamente in brodo casalingo di cappone o gallina. Tra i primi piatti, ci sono anche le lasagne e le tagliatelle al ragù, i tortelloni ripieni di ricotta e spinaci, risotto all’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena e Parmigiano Reggiano.

Tra i secondi, da assaggiare lo zampone o il cotechino con i fagioli, ma anche il bollito accompagnato dalle ottime salse, il coniglio alla cacciatora, gli arrosti con le patate a forno. Tra i dolci, c’è il tipico “bensone”, da gustare, per chi vuole, inzuppato nel Lambrusco. Chi preferisce quelli “al cucchiaio” consigliamo invece la zuppa inglese.

Bensone di Modena

Ingredienti

  • 500 gr di farina
  • 250 gr di zucchero
  • 100 gr di burro
  • 3 uova (2 intere + 1 tuorlo)
  • 1 bustina di lievito per dolci
  • Scorza grattugiata di 1 limone
  • 1 pizzico di sale
  • Latte q.b.
  • Granella di zucchero

Mescolate la farina con il lievito per dolci, poi unite anche lo zucchero, la scorza del limone grattugiata e le uova. Sciogliete il burro a bagnomaria, poi aggiungetelo all’impasto. Amalgamate fino a ottenere un composto morbido e liscio, se necessario, aggiungete un goccio di latte. Date alla pasta la forma di un pane un po’ schiacciato, poi riponetelo in una teglia foderata di carta da forno. Incidete la superficie della pasta nel senso della lunghezza con un coltello, spennellate con il tuorlo dell’uovo e cospargete con la granella di zucchero. Cuocete in forno preriscaldato a 170°C per circa 40/45 minuti. Sfornate, lasciate raffreddare e servite accompagnato da un bicchiere di Lambrusco Grasparossa

COME ARRIVARE

Modena è raggiungibile tramite due uscite dell’Autostrada A1: uscita Modena Nord (a km 5 dal centro città) e uscita Modena Sud (a km 10 dal centro città); inoltre, la città rappresenta il termine dell’Autostrada A22 del Brennero

DOVE MANGIARE

*Trattoria da Ermes, via Ganaceto 89, Modena, tel 059/238065

*Trattoria Aldina, via Albinelli 40, Modena, tel 059/23610

DOVE DORMIRE

*Best Western Hotel Libertà***, via Blasia 10, Modena, tel 059/222365, www.hotelliberta.it/

*Hotel Estense***S. via Berengario 11, Modena Centro, tel 059/219057,

www.hotelestense.co

INFO

IAT Modena, Piazza Grande 14, tel 059/2032660, www.visitmodena.it




Un weekend ad Anghiari, tra storia e sapori della Valtiberina toscana

Ad Anghiari, borgo dal fascino antico che sorge nella Valtiberina Toscana, in provincia di Arezzo, il Medioevo è ancora vivo tra le mura di cinta del Duecento che portano ancora addosso i segni delle incursioni e degli assesi, nel labirinto di vicoli che invitato a perdersi nell’atmosfera lenta e fascinosa.

La città è stata resa celebre dall’opera di Leonardo da Vinci “La Battaglia di Anghiari”, andata perduta, che raffigura la battaglia combattuta il 29 giugno 1440 tra i Fiorentini e i Milanesi e che vide i toscani prevalere sulle truppe viscontee. Ogni anno, il 29 giugno, si rievocano quelle vicende nel suggestivo Palio della Vittoria.

“Ricette di Viaggio” ha scelto questo borgo, annoverato tra “I più belli d’Italia” e insignito della Bandiera Arancione del Touring Club, per suggerirvi una meta weekend, all’insegna della storia e dei buoni sapori toscani.

Quattro passi nel borgo antico

Assaporiamo le atmosfere medievali cominciando il nostro itinerario con una visita al borgo antico, che si affaccia su uno sperone panoramico che domina la Valtiberina, tra case in mattoni, strade lastricate e palazzi rinascimentali. I primi ad arrivare qui, e a cui si deve lo sviluppo originario del borgo, furono i monaci Camaldolesi, nell’XI secolo.

Tra il XII e il XIII secolo avviene invece la costruzione dell’imponente cinta muraria, a cui si accedeva alla città attraverso tre porte: Sant’Angelo, San Martino e Fiorentina. Il nostro percorso di visita parte invece da Piazza Mameli, un tempo piazza del Borghetto.

Qui si affacciano Palazzo del Marzocco e Palazzo Teglieschi, che ospitano due musei che valgono senz’altro una tappa. Nel primo troviamo il Museo della Battaglia di Anghiari (www.battaglia.anghiari.it) che ripercorre la vicenda storica e artistica del dipinto “perduto” di Leonardo da Vinci oltre che al fatto storico di cui la città è stata teatro. Le collezioni archeologiche consentono di comprendere la storia del borgo dalla Preistoria, all’Età Romana al Medioevo, e termina con una sezione dedicata alle antiche armi da fuoco, arte in cui Anghiari era famosa.

Il Museo Statale di Palazzo Teglieschi (www.sbappsae-ar.bebniculturali.it ) si trova invece all’interno di un palazzo rinascimentale ed è disposto su quattro livelli. A pian terreno si possono ammirare frammenti architettonici e di affreschi del Trecento e Quattrocento, che testimoniano l’importanza del culto mariano in Valtiberina. Al piano nobile, invece, è custodito il capolavoro di Jacopo della Quercia del 1420 Madonna con Bambino.

Seguendo il perimetro delle mura arriviamo poi in Piazza Baldaccio. Da qui saliamo fino alla Chiesa di Santa Maria della Grazie per ammirare l’Ultima Cena di Giovanni Antonio Sogliani, del 1531. Salendo ancora, giungiamo invece a Piazza del Popolo, su cui si affaccia il Palazzo Pretorio, sede del Comune, le cui origini risalgono al Trecento. Uscendo invece dal circuito delle mura, oltrepassiamo la Galleria Girolamo Magi per visitare il complesso settecentesco di Palazzo Corsi, che include le sedi della Biblioteca e dell’Archivio Comunale, il Teatro e una cappella votiva.

Il fascino senza tempo delle Botteghe d’arte

Anghiari è famosa per la sua produzione artigiana, le cui origini coincidono con quelle della fondazione della città. Furono gli abati camaldolesi, infatti, che tra il XII e il XIV secolo incentivarono il lavoro di vasai, tessitori, calzolai, mugnai, pietrai e armaioli. Successivamente, si affermarono anche le produzioni di ferro battuto e armi da fuoco, i cui pezzi oggi fanno parte di importanti collezioni private e di musei nazionali e internazionali.

Tra le attività in cui la città eccelleva c’erano anche quelle dei lanifici, della concia delle pelli, dei fabbri ferrai, dei cestai e dei tintori. Ancora oggi, Anghiari è famosa in tutta Italia per il suo antiquariato, in particolare del mobile antico, una peculiarità sviluppatasi grazie all’abile maestria dei restauratori del mobile.

L’arte dei maestri di Anghiari oggi si può scoprire nelle botteghe di artigianato artistico che vivacizzano le vie del borgo. Chi, invece, si decidesse di visitare la città alla fine di Aprile, potrà fare un salto alla Mostra Mercato dell’Artigianato della Valtiberina Toscana.

La ricchezza enogastronomica

Da Anghiari passa la Strada dei Vini e dei Sapori della Valtiberina Toscana (www.stradadeisaporivaltiberina.it) che unisce più di novanta realtà tra aziende agricole, strutture ricettive, artigiani, commercianti, enti e comuni, dislocati lungo 155 km della Valle del Tevere, dove la provincia di Arezzo confina con la Romagna, l’Umbria e le Marche.

Nel “paniere” troviamo la celebre carne di Chianina, l’Olio della Valtiberina, il Prosciutto del Casentino Dop, gli ottimi formaggi di capra, ma anche funghi, tartufi, castagne, miele e prodotti dell’orto.

Tra i piatti tipici della cucina aretina troviamo invece la polenta, condita con sughi a base di carne, cacciagione o funghi. Tra i primi piatti ci sono gli gnocchi del Casentino, i tortelli di patate rosse di Cetina, la zuppa di Tarlati e i bringoli di Anghiari, di cui vi proponiamo la ricetta.

Tra i secondi, non può mancare la tagliata di chianina, i grifi all’aretina, un piatto che utilizza parti del muso del vitello che vengono cotte in umido con una salsa di pomodoro, spezie e odori. Tra i dolci, troviamo invece il Gattò aretino, dalla forma di tronchetto, che viene farcito con crema, cioccolato e imbevuto nell’Alchermes.

BRINGOLI AL SUGO FINTO DI ANGHIARI

Sono il piatto tipico del borgo di Anghiari. Le sue origini sono contadine, testimoniate dalla semplicità degli ingredienti della pasta, spaghetti grossi e rustici, e dal sugo “finto”, poiché privo di carne, considerata un ingrediente costoso.

Ingredienti

Per la pasta

  • 350 gr di farina
  • Acqua
  • Sale

Per il sugo

  • 500 gr di pomodori freschi o pelati
  • 170 gr di cipolla
  • 170 gr di carote
  • 130 gr di sedano
  • 5 cucchiai di olio extravergine di oliva
  • Una spruzzata di vino rosso
  • Sale e pepe

Preparate i bringoli mescolando acqua, sale e farina. Impastate fino a ottenere un impasto omogeneo. Ricavatene dei pezzetti e tirateli a mano sulla spianatoia realizzando degli spaghetti molto grossi. Mettete poi i bringoli ad asciugare su un vassoio cosparso di farina e lasciate seccare. Nel frattempo, preparate il sugo sminuzzando il sedano, la carota e la cipolla con una mezzaluna. Mettete a soffriggere le verdure nell’olio EVO. Quando la cipolla comincerà ad appassire unite una spruzzata di vino rosso e fatelo evaporare. A questo punto aggiungete anche i pomodori tagliati a pezzetti. Aggiustare di sale e di pepe e lasciate cuocere per circa 30/35 minuti. Lessate i bingoli in abbondante acqua salata, scolateli e condite con il sugo “finto”.

COME ARRIVARE

In auto: da Nord, Autostrada del Sole A1, poi continuare sull’A14, uscire a Cesena Nord e seguire in direzione prima di Ravenna, poi di Cesena Nord. Continuare sulla SS3 Bis/E45, uscire a San Sepolcro e continuare sulla SS73 fino a Santa Fiora, poi seguire le indicazioni per Anghiari.

Da Sud: prendere l’A1, uscire a Orte, poi seguire per Cesena e continuare sulla SS204, poi sulla SS675 in direzione di Cesena. Continuare sulla SS3 Bis/E45, uscire a San Sepolcro, poi continuare sulle SS73 in direzione di Arezzo, passare Santa Fiora e proseguire per Anghiari

DOVE MANGIARE

*Cantina del Granduca, Piazza Mameli 13, Anghiari, tel 0575/788275

*Locanda al Castello di Sorci, via San Lorenzo 25, Anghiari, tel 0575/789066, www.castellodisorci.it

DOVE DORMIRE

*Hotel La Meridiana, Piazza 4 novembre, Anghiari, tel 0575/788102, www.hotellameridiana.it

*Agriturismo Val della Pieve, via della Fossa 8, Anghiari, tel 0575/788593, www.agriturismovaldellapieve.it

DOVE COMPRARE

L’Olio della Valtiberina: Antico Frantoio Ravagni, Loc Ravagni 4, Anghiari (AR), tel 0575/789244. Punto vendita: Piazza Matteotti 79, Anghiari. www.anticofrantoio.it

I formaggi: ABCheese, loc Toppole 25, Anghiari, tel 0575/788103, www.valledimezzo.com

INFO

Ufficio Turistico – Pro Loco Anghiari, Corso Matteotti 103, Anghiari (AR)

tel 0575/749279 – www.anghiari.it




SAPPADA, Carnevale con maschere di legno e Ricette di Mohnkrapfen

Dal 2007 mantiene ben saldo il marchio di qualità del Touring Club “Bandiera Arancione”, confermato anche per quest’anno. Ma Sappada, Plodn in dialetto tedesco sappadino, può vantare un’altra peculiarità: nel novembre 2017, dopo una “battaglia” durata dieci anni, ha ottenuto di poter passare dalla provincia di Belluno, in Veneto, a quella di Udine, in Friuli Venezia Giulia, dopo una “lontananza” di 165 anni.

Questo comune di 1322 abitanti, situato tra Cadore e Carnia, in un paesaggio dolomitico di rara bellezza, tra cime fiabesche, boschi di conifere e valli attraversate da corsi d’acqua cristallina, è anche un’isola linguistica germanofona e importante stazione turistica sia invernale che estiva.

Perché visitarla proprio in questo periodo? Per il suo Carnevale, una tradizione antica e molto sentita, con peculiarità uniche. Tra queste ci sono le maschere, vere e proprie opere d’arte che valorizzano l’arte di intagliare il legno a mano, di questa valle. Le maschere sono realizzate in modo da coprire totalmente il volto di chi li indossa. La tradizione vuole, infatti, che durante i giorni del Carnevale sappadino la maschera non venga mai tolta e si possano improvvisare scherzi e scenette, magari “vendicandosi” di piccoli torti subiti, senza svelare la propria identità.

Anche la voce viene alterata dalla maschera di legno, in modo da rendere ancora più difficile il riconoscimento di chi la porta. C’è poi tutta una tradizione teatrale, con frasi studiate apposta in dialetto sappadino.

Il Rollate

Il simbolo del Carnevale di Sappada è il Rollate, il cui nome deriva dalle rolln, pesanti sfere di ferro indossate in vita con una catena. Il suo aspetto è a metà tra uomo e orso. Di alta statura, indossa una pelliccia con cappuccio e pantaloni a righe, confezionati con la hile, una tela utilizzata per ricoprire gli armenti durante il periodo invernale. Ai piedi indossa pesanti scarponi ferrati, mentre sul volto porta una maschera in legno dall’espressione austera e severa, per ricordare la “rudezza” degli uomini di montagna.

In mano brandisce una scopa, che spesso utilizza in modo scherzoso o minacciosa. Una curiosità: se il Rollate è sposato, al collo indossa un fazzoletto rosso, se “libero” ne indossa uno bianco.

L’origine di questa maschera è molto antica, e risale ai riti agresti di protezione delle messi e dei contadini. In passato, il travestimento veniva anche utilizzato per “sanare” antichi rancori e regolare qualche conto rimasto in sospeso. Oggi, invece, il Rollate apre simbolicamente il corteo carnevalesco.

Il calendario del Carnevale

La tradizione, poi, vuole che ognuna delle tre domeniche di festa che precedono la Quaresima sia dedicata a un ceto sociale. Lo scorso 28 gennaio, in Borgata Cima Sappada si è celebrata la Domenica dei Poveri (Péttlar), che vuole che si indossino abiti sporchi e trasandati e maschere dall’espressione triste. Domenica 4 febbraio sarà invece, nella Borgata Kratten, è stata la volta della Domenica dei Contadini (Paurn), per celebrare la forte tradizione agricola alpina.

L’8 febbraio, Giovedì Grasso, dalle 14.30, i Rollate sfileranno per le vie del borgo con partenza da Borgata Cimasappada. Domenica 11 febbraio si festeggia invece la Domenica dei Signori (Hearn) con maschere che, attraverso i loro abiti riccamente decorati, ricordano la classe più abbiente. La sfilata parte da Borgata Granvilla.

Lunedì 12 febbraio, è ancora la volta dei Rollate, mentre Martedì Grasso, 13 febbraio, il Carnevale si chiude con una divertente gara di sci in maschera per grandi e piccini. La premiazione è prevista in località Campetti-Nevelandia. Durante tutto il periodo di Carnevale, poi, si tiene anche il corso di intaglio di maschere giunto alla sua 21 esima edizione.

I sapori di Sappada

La cucina di Sappada è quella tipica di montagna, fatta di antipasti corposi a base di salumi e formaggi di malga. Tra i primi piatti spiccano i gustosi gnocchi alle erbette e, soprattutto, i canederli, le sfiziose “palle” di pane raffermo, uova e speck montanaro, ma disponibili anche in fantasiose varianti con patate, ricotta, spinaci, e rape rosse. Tra i secondi, domina la carne, selvaggina soprattutto, accompagnata da contorni di funghi.

Da non perdere i dolci, tra cui la Torta di Rose, il Dolce alle Mele e, durante il periodo di Carnevale, le Orecchiette di Coniglio, i Crostoli  e i Mohnkrapfen, deliziosi tortelli ripieni e fritti, che vengono distribuiti dai Rollate durante le sfilate. E se volete provarli, ecco, di seguito, la nostra ricetta.

Mohnkrapfen

Ingredienti

  • 500 gr di farina
  • 2 uova
  • ¼ di litro di latte tiepido
  • 200 ml di olio di semi di girasole
  • 1 pizzico di sale

Per il ripieno

  • 125 gr di semi di papavero macinati
  • 40 gr di pangrattato
  • 30 gr di miele
  • 50 gr di zucchero
  • ½ bicchiere di latte
  • Scorza di limone
  • 1 cucchiaino di cannella
  • 1 mela piccola grattugiata
  • Olio di arachidi per friggere

Amalgamate bene insieme gli ingredienti per la pasta fino a ottenere un composto liscio e omogeneo. Lasciate riposare sotto a uno strofinaccio per circa 1 ora. Nel frattempo, preparate l’impasto facendo bollire nel latte i semi di papavero macinati con il miele e lo zucchero. Aggiungete anche il pangrattato, la scorza di limone grattugiata, la cannella e, per ultima, la mela grattugiata. Lasciate raffreddare. Stendete la pasta fino a ricavare una sfoglia sottile. Con un tagliapasta ricavate dei quadrati di circa 10 cm di lato. Mettete al centro di ognuno un cucchiaio di ripieno, poi ripiegate i quadrati su se stessi premendo bene i bordi. Metteteli poi a friggere nell’olio bollente. Scolateli e serviteli con una spolverata di zucchero a velo.

INFO

www.sappadadolomiti.com

COME ARRIVARE

In auto: chi arriva dal Veneto può prendere l’A27 Mestre Belluna con uscita Longarone, poi si continua per Pieve di Cadore. In prossimità di Auronzo di Cadore prendere la deviazione per Santo Stefano e seguire per Sappada. Chi arriva dal Friuli Venezia Giulia, A28 Palmanova-Tarvisio, uscire al casello di Carnia-Tolmezzo, poi continuare sulla SS52 in direzione di Ovaro-Rigolato – Forni Avoltri. Seguire indicazioni per Sappada.

DOVE MANGIARE

*Agriturismo Zaine¸B.ta Soravia 32, Sappada, tel 0435/66057 – 327/7754978, www.agriturismozaine.it

*Ristorante Pisa Nera, B.ta Palù 98, tel 0435/469760, www.baitapistanera.it

DOVE DORMIRE

*Hotel Haus Michaela****, Borgata Fontana 40, Sappada, tel 0435/469377, www.hotelmichaela.com

*Hotel Corona Ferrea***, Borgata Kratten 11, Sappada, tel 0435/469103, www.corona-ferrea.it/




A Étroubles per il carnevale della “Coumba Freida”

Nel periodo di Carnevale, sono molte le manifestazioni che si svolgono in tutta Italia, ognuna con le sue tradizione e caratteristiche. Abbiamo scelto per voi lo storico carnevale della Coumba Freida, che si tiene ogni anno, nei giorni di Giovedì e Venerdì Grasso, (l’8 e 9 febbraio), ne borgo medievale di Étroubles , in provincia di Aosta, un piccolo gioiello incluso sia nei Borghi più Belli d’Italia che nei borghi Bandiera Arancione.

Le maschere e i costumi della Coumba Freida evocano il passaggio dell’esercito di Napoleone del maggio del 1800, durante la campagna d’Italia. I vestiti, chiamati landzette sono caratterizzati da nastri e paillettes e richiedono una lunga preparazione.

La manifestazione comincia la mattina del Giovedì Grasso, quando le maschere si radunano all’interno di una casa. Al suono di una fisarmonica e di un sax inizia ufficialmente il Carnevale. La “benda” comincia a sfilare il primo giorno nelle frazioni più basse del borgo, il secondo in quelle alte, accompagnata da canti e balli.

Il corteo si apre con un portabandiera, seguono i musicisti, poi un Arlecchino e una demoisella. È poi la volta elle tipiche landzette, che sfilano a due a due giocando e scherzando con i passanti. Ci sono anche il Diavolo con il suo forcone, che si diverte a infastidire la gente, l’Orso e la coppia formata da toque e dalla tocca, due anziani dagli abiti singolari.

Un viaggio nella storia

Le manifestazioni carnevalesche sono anche una buona occasione per visitare un borgo di rara bellezza, con un patrimonio storico inestimabile. Situato a metà tra la Valle del Gran San Bernardo e la Svizzera, in posizione strategica per i pellegrini che percorrevano la via Francigena, fin dal Medioevo ha presieduto una delle più importanti vie di comunicazioni del nord, finché, a fine Ottocento, non ha scoperto la sua vocazione turistica.

Oggi il borgo conserva il suo impianto medievale ed è interamente pedonale, con strade strette di ciottoli e fontane da cui sgorga acqua freschissima, proveniente dal monte Vélan. Le casette in legno in stile valdostano spiccano per i balconi colorati e i tetti spioventi.

Merita una visita la bella chiesa parrocchiale ottocentesca, che conserva al suo interno il Trésor de la Paroisse, una raccolta di oggetti sacri di epoca compresa tra il XIV secolo e oggi. Il campanile, invece, risale alla fine del Quattrocento. Nella vicina frazione di Vachéry invece, si trovano le vestigia di una torre del XII secolo, costruita su fondamenta romane.

Da vedere anche la prima latteria turnaria della Valle d’Aosta, risalente a metà Ottocento e oggi trasformata in museo. Qui si trova anche la Centrale Bertin, la prima centralina elettrica della Valle del Gran San Bernardo e l’ultimo degli antichi forni utilizzati per la cottura del pane nero

Le bellezze nei dintorni del borgo

Nelle piccole frazioni sparse tra i campi si possono ammirare anche cinque cappelle: la settecentesca cappella Bezet decorata con affreschi, la cappella di Echevennoz del Quattrocento, con i suoi muri dipinti, la cappella di Eternod ricostruita su una precedente del seicento, Vachèry, del 1509, ma ristrutturata nel 1999 con il suo altare ligneo settecentesco, e Saint Roch, che sorge vicino al cimitero.

Grazie al progetto À Etroubles, avant toi sont passés, poi, è possibile ammirare un percorso artistico di opere e sculture di artisti di fama internazionale che sono esposte tutto l’anno tra il borgo e la natura circostante.

Il prodotto tipico di queste vallate, assolutamente da non perdere, è la Fontina DOP, realizzato con latte intero di mucche valdostane. Nelle trattorie e nei ristoranti si possono invece gustare il caratteristico pane nero di segale e frumento, la seuppa fréida, grigliate di carne, e i golosi dolci a base di lamponi cresciuti nei boschi locali. Durante il Carnevale, invece, vi consigliamo i panzerotti alla marmellata valdostana, che potete preparare anche voi seguendo la nostra ricetta.

Panzerotti valdostani alla marmellata

Ingredienti

  • 200 gr di farina
  • 200 gr di patate
  • 20 gr di lievito di birra
  • 150 gr di burro fuso
  • 60 gr di zucchero
  • Latte tiepido
  • Sale
  • Marmellata di gusti a piacer

Mettete a lessare le patate con la buccia. Poi scolatele, sbucciatele ancora calde e passatele nello schiacciapatate. Sciogliete il lievito di birra nel latte tiepido, poi aggiungetelo alla farina e alle patate schiacciate. Unite anche l’uovo, lo zucchero, un pizzico di sale e il burro fuso. Impastate e formate una palla, poi mettetela a lievitare sotto a un tovagliolo per circa un’ora in un luogo tiepido. Stendete poi la pasta con il mattarello, poi ricavatene dei quadretti. Mettete al centro di ognuno mezzo cucchiaio di marmellata, chiudete i quadretti formando delle mezzelune. Disponeteli su una teglia imburrata e infarinata e lasciateli lievitare per altri 30 minuti. Spennellate i panzerotti con il tuorlo di un uovo sbattuto con un cucchiaio di latte freddo e metteteli a cuocere per circa 30 minuti in forno preriscaldato a 180°.

INFO

www.comune.etroubles.ao.it

COME ARRIVARE

In auto: Si raggiunge prima Aosta. Da Torino, prendere l’A5 in direzione di Aosta con uscita Aosta Est. Da Milano A4 imboccando il raccordo a Santhià in direzione di Aosta. Dal capoluogo, prendete la SS 27 in direzione della Valle del Gran San Bernardo. Étroubles si trova a circa 16 km dal capoluogo.

DOVE MANGIARE

*Ristorante Croix Blanche, Route Nationale G.s.B 10, tel 0165/78328. www.croixblanche.it

*Trattoria Le Vieux Bourg, Rue Albert Deffeyes 22, tel 0165, 789642

DOVE DORMIRE

*Hotel Beau Sejour***, Route Nationale G.s.B 3, tel 0165/789907, www.beausejour.it

*Hotel Col Serena***, Rue des Vergers 5, tel 0165/78218, www.hotelcolserena.com




Avesa, nei giardini di Villa Scopoli

Un gioiello tutto da scoprire è Villa Scopoli, che si trova nell’antico borgo di Avesa, ad appena 2 km da via Goffredo a Mameli a Verona. Il complesso, che vanta ottocento anni di storia comprende la casa padronale, circondata dalla campagna che si estende dalle pendici del colle al fondovalle, un rigoglioso giardino, un brolo e una splendida peschiera, alimentata dalle acque del fiume Lorì.

La villa deve il suo nome a Ippolito Scopoli, che l’acquistò nel 1849. Tuttavia, le origini di questo luogo unico risalgono al XIII secolo, quando qui era sorto un monastero camaldolese attorno alla chiesa della Camaldola. Dal XVI secolo si trovano documenti che attestano la presenza di un giardino ben curato dai monaci guidati da frate Ventura Minardi.

Nel 1598, il complesso passa alla nobile famiglia veronese dei Del Bene di Sant’Eufemia che costruiscono la villa sul precedente edificio trecentesco e, soprattutto, ampliano il giardino rendendolo uno dei più belli esempi di giardino rinascimentale del veronese. Nel 1849 la proprietà passa a Ippolito Scopoli, che realizza la passeggiata romantica che si snoda lungo le pendici della collina. Nel 1994, grazie a un lascito della contessa Laura Spropoli, la villa passa alla Pia Società di Don Nicola Mazza.

Oggi, la villa è abitata dagli attuali proprietari, ma si può visitare il giardino (intero € 3,50, ridotto € 2, ragazzi fino a 12 anni e over 65 gratis), ammirando la peschiera seicentesca dove nuotano le anatre e le carpe, e il viale dei cipressi che sale fino alla collina. Qui, tra la vegetazione spontanea tra carpini e roverelle, sambuchi e alberi di Giuda, erbe spontanee e monumenti realizzati dall’uomo vivono scoiattoli, faine, gatti selvatici, ricci, volpi, rondini, passeri e cuculi. Una parte del parco fa parte di un’azienda agricola che ha adibito la parte pianeggiante a orti e frutteti e la parte collinare a viti e ulivi.

Golosità veronesi

I dolci del veronese non sono solo buoni, ma storici! Nel capoluogo, infatti, è nato il celebre Pandoro, creazione del pasticcere Domenico Melegatti del 1894. Da sempre antagonista del panettone, con cui si contende le tavole natalizie italiane, deve il suo nome “pane d’oro” a un omaggio che il suo creatore volle fare agli antichi pani delle ricche famiglie veneziane, che venivano decorati con sfoglie dorate.

Il pandoro ha tuttavia, un antenato nel Nadalin, dolce della tradizione contadina a forma di stella a cinque punte ricoperta di mandorle croccanti e zucchero, che ancora oggi si può trovare nelle pasticcerie. Nel periodo di Carnevale, invece, si preparano le fritole, frittelle che si possono preparare con il riso, la polenta, le patate o le mele, farcite con crema pasticcera, cioccolato, marmellata o lasciate a naturale.

La Torta di Verona, o Torta Russa ha la tipica forma che ricorda un colbacco ed è a base d pasta sfoglia farcita con un impasto di mandorle e amaretti. Da non perdere anche le Sfogliatine di Villafranca, dolci soffici e fiabili diffusi in tutta la provincia, la cui origine risale alla fine dell’800. I risini sono invece una specie di bigné di pasta frolla ripiena con un impasto di riso dolce alla vaniglia, ma disponibile anche in diverse fantasiose, e golose, varianti. Di seguito vi proponiamo invece la ricetta della Torta di Paparele, altro goloso dolce della tradizione scaligera.

Torta di paparele

È un dolce tipico del veronese caratterizzato dalla tipica forma a strati, che alterna le tagliatelle a un composto di mandorle.

Ingredienti

  • 320 gr di farina bianca
  • 200 gr di zucchero
  • 200 gr di burro
  • 3 uova
  • 150 gr di mandorle dolci tostate
  • 50 gr di mandorle amare tostate
  • Scorza grattugiata di 2 limoni
  • 20 ml di liquore dolce
  • 1 pizzico di sale

Preparate prima le “paparele” mescolando la farina, e uova, 50 gr di burro fuso e un pizzico di sale. Tirate una sfoglia sottile e lasciate riposare finché non si sarà asciugata. Nel frattempo, tritate insieme le mandorle dolci e quelle amare, aggiungete la scorza di limone e lo zucchero. Tagliate poi la pasta a striscioline sottili, ricavando così le “paparele”. Prendete uno stampo per dolci, imburratelo e infarinatelo. Stendete un primo strato di “paparele”, poi uno di mandorle e ripetete l’operazione alternando gli strati fino a raggiungere l’altezza desiderata. L’ultimo strato deve essere di “paparele”. Fondete 150 gr del burro e mescolatelo al liquore, poi ricoprite la torta con il composto. Infornate per circa 45 minuti in forno preriscaldato a 170°C.

COME ARRIVARE

In auto: Da Milano, A4 in direzione Verona, uscita Verona Nord, poi SS12 in direzione di Avesa. Da Bologna, A14 Adriatica poi proseguire su A1/E35 e A22 in direzione della SS12 a Verona. Uscita Verona Nord. Continuare su SS12 in direzione di via Podgora e Avesa. Da Roma, A1 in dir. E35 da via Salaria, continuare su E35. Poi A1 e A22/E35 in direzione di SS12 Verona. Uscita Verona Nord, poi continuare su SS12 in direzione via Podgora e Avesa

DOVE MANGIARE

*Trattoria Amarone, via Campagnetta 9A, Avesa (VR), tel 045/913727.

*Antica Trattoria da Milio, via Benini 2, Avesa (VR), tel 045/9236652, www.anticatrattoriadamilio.it.

 DOVE DORMIRE

*B&B Casa Magnani, via Messer Ottonello7, Avesa (VR), tel 338/4022579, www.casamagnani.it

*La Camaldola B&B, via Camaldola 1, Verona, tel 349/4287867.

DOVE COMPRARE

*Pasticceria Cordioli, via Cappello 39, (VR), tel 045/8003055, www.pasticceriacordioli.com

INFO

www.associazionevillascopoli.it

 




Anno del Cibo, Coldiretti stila la mappa dei Borghi gourmet

Fin dall’inizio della nostra avventura, noi di Weekend Premium ci abbiamo sempre creduto. Perché la nostra splendida Italia è ricca di piccoli e grandi tesori da scoprire, e uno di questi è proprio il vasto e pregiato mondo dell’enogastronomia, con migliaia di prodotti tipici legati al territorio. Con le nostre “Ricette di viaggio” vi abbiamo suggerito itinerari del gusto dalla Val d’Aosta alla Sicilia, invitandovi anche a preparare i piatti tipici della zona.

Ora, in occasione del 2018 eletto ad “Anno nazionale del cibo italiano”, Coldiretti stila una mappa dei 5567 Borghi gourmet, piccole realtà che raccontano la storia di un patrimonio storico, culturale, artistico ed enogastronomico.

La “mappa” è stata presentata nell’ambito della prima rassegna dei prodotti tipici dei comuni con meno di 5 mila abitanti per far conoscere le specialità territoriali, spesso “nascoste” dai tradizionali circuiti turistici.

Da una ricerca, infatti, è emerso che il 92% delle produzioni tipiche nazionali proviene dai Comuni con meno di 5mila abitanti. Al primo posto per numero di piccoli Comuni gourmet (1067) c’è il Piemonte, seguito dalla Lombardia (1055) e dalla Campania (338). Ma sono la Valle d’Aosta e il Molise che spiccano per la maggiore densità: rispettivamente pari al 99% e al 92%.

Per quanto riguarda i prodotti a denominazione Dop e Igp, ben 270 su 293 vengono prodotti nei piccoli Comuni. Tra questi ci sono 52 formaggi a denominazione, 47 oli extravergini di oliva (pari al 97% del totale della produzione nazionale) 41 salumi e lavorati della carne (pari a 90%), 111 prodotti ortofrutticoli e cereali (85%) e 13 prodotti di panetteria e pasticceria. Inoltre, nei piccoli centri viene prodotto il 79% dei vini più pregiati.

Nella “mappa” di Coldiretti si potranno trovare, tra le mete gourmet, Vigoleno, piccolo borgo della provincia di Piacenza dove si produce il Vin Santo, Loazzolo, centro di 358 abitanti nell’astigiano dove si produce l’omonimo vino. Dalle terre colpite dal terremoto spiccano Montelupone (Macerata), dove nasce il carciofo viola, e Campotosto, nell’aquilano, dove nasce la mortadella nota in tutta Italia con il nome di “Coglioni di mulo” per la sua forma caratteristica.

Dalla piccola isola di Ustica arrivano le lenticchie laviche inserite anche nel menù degli astronauti in orbita, mentre da Santa Croce di Magliano, in Molise, arriva la “treccia” un formaggio che viene portato a tracolla durante le feste religiose di paese e poi consumato. Tra i prodotti di nicchia, spicca l’Aglio di Resia, nel friulano, dal sapore intenso grazie all’altitudine a cui cresce, e i fagioli di Sarconi, in Lucania, che si fregiano dell’Igp.

Infine, per tutto il 2018, sarà attiva l’App di Coldiretti “Farmers for you” con oltre 10 mila punti in tutta Italia dove mangiare, dormire e dove acquistare a Km 0 i prodotti nazionali, tra mercati, fattorie e agriturismi.

Per quanto ci riguarda, continueremo a portavi in giro per la nostra bella penisola con le nostre “Ricette di Viaggio”. Continuate, allora, a seguirci sul sito e sulla rivista.

 




Varallo, un Sacro Monte che vale un Patrimonio

A metà della Val Sesia, ai piedi del Monte Rosa e a 456 metri di altezza sorge l’incantevole cittadina di Varallo, in provincia di Vercelli. Qui si trova il più antico dei nove Sacri Monti edificati sulle Alpi piemontesi e lombarde, dichiarato dall’UNESCO Patrimonio dell’Umanità.

La sua costruzione risale alla fine del XV secolo, quando il francescano Bernardino Caimi, che era stato custode del Santo Sepolcro di Gerusalemme nel 1478, identificò sul monte sopra Varallo il luogo ideale per riprodurre i luoghi della vita e della passione di Gesù. Il Sacro Monte si raggiunge a piedi tramite un sentiero che dalla Chiesa di Santa Maria delle Grazie sale fino a 610 metri di quota, oppure attraverso la funivia “più ripida d’Europa” (biglietto a/r € 4, ridotto € 3), in funzione dal 1935.

La “Nuova Gerusalemme” appare come una cittadella fortificata con vie, piazze, giardini e palazzi racchiusi da una cinta di mura. Al suo interno si trovano 44 cappelle e una basilica dedicata a Santa Maria Assunta. Le cappelle sono adornate con più di ottocento sculture di legno o di terracotta a dimensione naturali e più di quattromila affreschi, databili tra il Cinquecento e il Settecento, che ricostruiscono i luoghi della vita di Gesù, dall’Annunciazione all’Assunzione di Maria.

Vale una visita anche la splendida Chiesa di Santa Maria delle Grazie, da cui parte il sentiero per il Sacro Monte. Databile al tardo Quattrocento, custodisce affreschi con scene della vita di Cristo di Gaudenzio Ferrari. Chi ha tempo può dedicare mezza giornata alla visita della Pinacoteca (mar-dom 10.30-12.30 e 14.30-18; ingresso € 5) ospitata presso il Palazzo dei Musei, in via Franzani. Qui si possono trovare opere di Gaudenzio Ferrari, Tanzio da Varallo e di artisti della scuola Valsesiana dal Settecento al Novecento

La ricca cucina vercellese

Da non perdere, durante la visita al Sacro Monte, una tappa golosa per gustare i piatti della cucina vercellese. Ricette corpose, come la polenta concia e i capunèt, involtini di verza riempiti con un trito di mortadella, aglio, prezzemolo, cipolla e pane ammollato nel latte, che vengono poi cotti con il burro, il brodo e un po’ di vino bianco. Ottimi anche gli straccetti e la mocetta, un salume di coscia di camoscio simile al prosciutto, servita in fette sottilissime. Tra i formaggi, troviamo la toma, a pasta dura o semimorbida, che si trova anche insaporita con aglio, spezie o peperoncino.

Si gustano dolci o salate, invece, le miacce, cialde sottili e croccanti da accompagnare a miele, marmellate, cioccolato, ma anche a gorgonzola e toma.

Tra i dolci tipici ci sono i bicciolani, biscotti friabili alla cannella, cacao e chiodi di garofano, che si contendono la palma di “simbolo di Vercelli” con la Tartufata, una torta di panna e crema, guarnita con granella d nocciola, sfoglie di cioccolato e zucchero a velo.

LA RICETTA: Tartufata di Vercelli

Ingredienti per il Pan di Spagna

  • 6 uova
  • 180 gr di zucchero
  • 75 gr di farina 00
  • 75 gr di fecola di patate
  • 1 pizzico di sale

Per la crema e la copertura

  • ½ litro di latte
  • 50 gr di farina 00
  • 6 tuorli
  • 150 gr di zucchero
  • 1 baccello di vaniglia
  • 2 cucchiai di passata di nocciole
  • 500 ml di panna fresca
  • Alchermes q.b.
  • 200 gr di cioccolato fondente

Preparate il Pan di Spagna mescolando lo zucchero con le uova per almeno 20 minuti, aggiungete le due farine setacciate senza fare smontare le uova. Versate poi il composto in uno stampo a bordi alti e dal diametro di circa 24/26 cm precedentemente imburrato e infarinato. Cuocete a 170° per 30 minuti. Preparate poi la crema pasticcera alla nocciola mescolando il latte, la farina, i tuorli, lo zucchero, il baccello di vaniglia, la passata di nocciole e la panna fresca. Preparate anche la bagna alcolica diluendo l’alchermes con acqua e un pizzico di zucchero. Sciogliete il cioccolato a bagnomaria insieme a due o tre cucchiai di pasta di nocciole, formate un panetto e mettete a riposare in frigo. Nel frattempo, tagliate il Pan di Spagna in tre parti di uguale spessore, inumiditelo con la bagna alcolica e farcitelo con la crema alle nocciole. Ricoprite i bordi con la granella di nocciole e la parte superiore “con dei riccioli di cioccolato ottenuto sfogliando il panetto con un tagliatartufi. Rifinite con una spolverata di zucchero a velo.

 DOVE MANGIARE

*Grem Le Club Rest, Piazza Calderini 12, Varallo, tel 0163/52654, www.gremleclubrestaurant.it . Arte, storia e haute cuisine si concentrano in questo locale raffinato, ricavato in un antico edificio databile tra i Trecento e il Quattrocento. Menù degustazione € 65. Prezzo medio alla carta € 40

*Pianebelle, Strada Provinciale 9, Varallo, tel 0163/51320. A 1 km dal centro storico, offre piatti della cucina valsesiana, tra cui tagliata di carne e tartare. Cucina a vista. Prezzo medio € 35. Menù tagliata + bevande € 25.

DOVE DORMIRE

*Albergo Italia***, Corso Roma 6, Varallo, tel 0163/51106, www.albergoitalia.net . Nel centro di Varallo e in un edificio storico dell’Ottocento, offre camere con bagno privato, wi fi gratuito e ricca colazione con dolci tradizionali. Doppia da € 68.

*Albergo Monte Rosa***, via Regaldi 4, Varallo, tel 0163/51100, www.albergomonterosa.it. Struttura di 15 camere a gestione familiare in un angolo tranquillo del paese. L’edificio storico risale al 1908. Doppia con colazione da € 70

INFO

www.sacromontedivarallo.org




Moresco, il fascino della torre

Dalla nebbia emerge la sagoma del castello che si innalza sul colle che domina la Valle dell’Aso. Al di là di esso, lo sguardo spazia fino al mare e alle città di Fermo e Monterubbiano. Siamo nelle Marche, nella provincia di Fermo, e Moresco, annoverato tra i Borghi più belli d’Italia, è un piccolo gioiello tutto da scoprire.

Simbolo della città è la splendida Torre Eptagonale del XII secolo, sulla quale si può salire fino al Belvedere per ammirare il dolce profilo delle colline sfumato dalla foschia. Accoglie i visitatori al loro arrivo nel borgo la Torre dell’Orologio, risalente al XIV secolo e porta di ingresso al delizioso centro storico a forma elissoidale.

Il centro si sviluppa attorno alla piazza triangolare circondata da un portico mentre, tutt’attorno, quasi ci si perde nel dedalo di stradine pittoresche, dove il tempo sembra essersi fermato. Merita una sosta la bella Chiesa di San Lorenzo, che custodisce alcune preziose te del XVII e del XVIII secolo. Nella Chiesa dalla Madonna dell’Olmo, invece, si può ammirare un grande affresco di Vincenzo Pagani. Altri due piccoli gioielli sono il piccolo Teatro di Santa Sofia e l’oratorio dedicato alla Madonna della Salute.

In un borgo così ricco di storia non potevano mancare i musei. Vale una visita la Pinacoteca Comunale “Patrizio Gennari” (Piazza Castello 15, orario invernale: sab-dom 15-17, ingresso gratuito) che conserva la tavola di Vincenzo Pagani La Madonna in gloria col Bambino e i santi Lorenzo, Rocco, Sofia e Nicola di Bari del 1529 e una tela raffigurante Santa Sofia. Presso il Museo dell’Auto e della Moto “Pietro e Roberto Nardi” si può invece ripercorrere tutta la storia dell’auto, dalla carrozza alla Ferrari.

La ricca cucina fermana

Se durante la visita sovviene un certo languorino, si può fare una sosta per gustare le specialità di Moresco, come la pizza di fichi o la polenta con le vongole. Molte ricette della cucina fermana, poi son preparati con erbe spontanee, come l’ottima zuppa di erbe e cereali, le tagliatelle di ortica o i fiori di acacia fritti.

Come antipasto o spuntino, si possono invece scegliere i formaggi o i salumi tipici, come il ciauscolo, il ciabuscolo, la lonza o le salsicce stagionate. Tra i primi piatti, vi consigliamo i vincigrassi, la versione marchigiana delle lasagne, o i maccheroncini di campofilone. Specialità della costa sono i piatti di mare, come la rana pescatrice al forno. Non possono mancare le olive all’Ascolana spesso consumate in abbinamento a cubetti di crema pasticcera impanati e fritti.

Tra i dolci, troviamola cicerchiata, le sfrappe, le frittelle e, tra i dolci delle festività natalizie, il frustingo, di cui vi proponiamo la ricetta.

Frustingo

È il dolce delle festività natalizie diffuso in tutte le Marche e della provincia di Fermo in particolare. Di origine contadina, ne esistono diverse varianti, da quelle più povere a quelle arricchite con ingredienti “nobili” come il cacao e il caffè

Ingredienti

  • 1 kg di fichi secchi
  • 300 gr di noci sgusciate e tritate
  • 200 gr di mandorle tostate e tritate
  • 200 gr di pane raffermo a fette
  • 4 caffè senza zucchero
  • ½ litro di mosto cotto
  • 2 cucchiai di cacao amaro
  • 100 gr di farina di mais
  • 100 gr di farina 00
  • 90 gr di pangrattato
  • Scorza grattugiata di arancia
  • Sale e pepe q.b
  • Olio extravergine di oliva
  • Rhum a piacere

Tritale i fichi secchi e fateli cuocere in acqua calda per circa 30 minuti. In una ciotola, mettete il pane raffermo a fette e versateci sopra i fichi con la loro acqua di cottura fino a bagnare tutto il pane. Fate riposare per 5/6 ore. Amalgamate insieme tutti gli altri ingredienti, lasciando per ultimo il pangrattato per regolare la consistenza dell’impasto. Aggiungete il composto al pane con i fichi e disponete il tutto in una o più teglie di alluminio unte con un velo di olio. Cuocete in forno preriscaldato a 180° C per circa un’ora, finché non si forma una crosticina. Sfornate e servite freddo.

COME ARRIVARE

A14, da Nord in direzione Ancona, da sud direzione Napoli, uscire a Pedaso, poi seguire le indicazioni per Ancona, continuare sulla SS16, attraversare Marina di Altidona e proseguire seguendo le indicazioni per Moresco. 

DOVE MANGIARE

*Agriturismo La Meridiana, via Forti 8, Moresco, tel 340/1086430, www.agrimeridiana.it.

*Trattoria Conte Tebaldo, piazza Castello 19, Moresco, tel 347/2660279.

DOVE DORMIRE

*Agriturismo La Pieve, Contrada Latrocella 11, loc. Altidona, tel  0734/936452, www.agriturismolapieve.net

*Agriturismo La Meridiana, via Forti 8, Moresco, tel 0734/223881 – 340/1086430, www.agrimeridiana.it

 

 




Addio a Gualtiero Marchesi. La nostra ultima intervista e la sua ricetta più famosa

Il mondo dice addio a Gualtiero Marchesi, l’uomo, l’artista, lo chef che per primo e più di ogni altro ha portato la cucina italiana alle vette più alte. Si è spento ieri, giorno di Santo Stefano, alle 18 nella sua casa di Milano, dove era nato il 19 marzo 1930. Proprio nel giorno del suo compleanno, nel 2018, sarà presentato il film sulla sua vita “Gualtiero Marchesi – The Great Italian”.

Noi lo vogliamo ricordare così, riproponendovi l’intervista in cui Gualtiero Marchesi ci parlava di felicità, di viaggi, di buona cucina e della valorizzazione dei piatti regionali, punto di forza della tradizione italiana nel mondo.

Gualtiero Marchesi ci svela i suoi viaggi e la felicità a tavola

Maestro, ci sono luoghi in Italia e all’estero che le trasmettono una carica di energia, anche a tavola?
“Sì. L’Italia è un Paese meraviglioso. Sto per iniziare un viaggio in Lombardia, seguendo le tracce culturali di alcuni cibi. Dai vai tipi di riso – ingrediente centrale nella mia cucina – alle diverse zone di produzione: Parco del Ticino, Lomellina, Lodigiano, Basso Pavese, Basso Mantovano, al grano saraceno in Valtellina, passando dal formaggio Bitto e dai pesci di lago. Quelli di Como sono diversi dal quelli del Garda o del lago d’Iseo. Per non parlare dei salumi, e dei vini della Val Tidone, a due passi da Milano. All’estero mi lascio guidare dalla curiosità. Il Giappone è un Paese da visitare, una cultura così diversa che lascia spazio all’immaginazione pura; la Francia, ovviamente, e la Svizzera. La Cina mi ha entusiasmato. Mi piacerebbe, ora, andare in Marocco, patria di una cucina regale, di altissimo rango”.

Un uomo come lei ha certamente una grande sensibilità artistica: quali sono i borghi d’arte, o le città, anche all’estero, in cui ha passato i migliori weekend?  “Li ho trovati soprattutto in Umbria e in Toscana: Assisi, Volterra, tanto per citarne due. All’estero, Shanghai, che ho visitato per l’Expo, New York. In Europa: Strasburgo, Roanne, dove ho imparato a cucinare, Salisburgo, peri concerti, e Cannes”.

Ha preso delle idee dai suoi viaggi all’estero? “Sempre e non solo all’estero. Io prendo idee ovunque. Sono curioso, può colpirmi una frase, un paesaggio, un quadro, un oggetto, lo scorcio di una piazza, una foto scattata cento anni fa”.

Lei ha dato la linea all’attuale alta cucina italiana. Secondo lei oggi si eccede in qualcosa?   “I virtuosismi, l’entrata in scena che chiama l’applauso, l’agonismo fine a se stesso”.

Quasi tutti i grandi chef di oggi sono stati suoi allievi: la cosa più importante che ha insegnato loro? “Le tecniche per poter essere se stessi ed esprimersi. Agli allievi dell’Alma insegniamo a diventare cuochi, grandi semmai lo diventeranno dopo, con l’esperienza. Personalmente, cerco di insegnargli l’umiltà e la curiosità, la curiosità per tutto. Due stati d’animo che mi contraddistinguono. Ma la cosa più importante è farsi una cultura a prescindere dal mestiere. Le faccio un esempio a proposito della curiosità. Recentemente a Milano ho riscoperto uno scorcio: dando le spalle alla Scala e guardando in direzione di Palazzo Marino e della Galleria, mi sono accorto che proprio in mezzo spunta la Madonnina. Di notte fantastica”.

Si è pentito di qualcosa durante la sua carriera?  “Di tutto, ma soprattutto di non aver fatto abbastanza. Avrei bisogno di una seconda vita per tirare fuori tutto quello che ho ancora dentro”. Quali sono i ritrovi della Milano da batticuore da scoprire? “Il vicolo dei Lavandai, piazza dei Mercanti, il tetto del Duomo, gli spazi del Castello, ma soprattutto ciò che resta di Milano città d’acqua. Mi ricordo sui Navigli i venditori ambulanti di gamberi d’acqua dolce”.

Un ristorante preferito del Nord Italia? “Oggi, il mio ristorante preferito è Ai Due Platani a Coloreto di Parma. In cucina c’è una mano dolce, l’organizzazione è perfetta e l’accoglienza più che gentile”.

Come scegliere il ristorante in una città sconosciuta e qual è il piatto etnico più originale che ha assaggiato all’estero? “Un piatto che mi viene subito in mente lo assaggiai nel 1969, nel ristorante dei Troigros, in Francia: scaloppa di salmone (appena pescato) all’acetosella. E poi ricordo una saletta in Giappone, dove fui gentilmente introdotto, in cui sul tavolo troneggiava una grande lisca di tonno e i commensali, armati di conchiglie, la ripulivano vertebra per vertebra. In Giappone ho trovato nella pura e semplice esaltazione della materia una corrispondenza con la mia cucina”.

Una vita dedicata alla buona cucina

Gualtiero Marchesi era nato a Milano il 19 marzo 1930 nell’albergo “Mercato” di proprietà dei genitori. Dopo importanti esperienze all’estero, ha inaugurato nel 1977 il suo ristorante a Milano, in via Bonvesin de la Riva. È stato il primo cuoco in Italia a ricevere le tre stelle Michelin (1985) e il primo al mondo a rifiutare il giudizio delle guide (2008). Ha fatto parte delle principali associazioni mondiali che promuovono l’alta cucina: Les Grandes Tables du Monde, Les Grands Chefs Relais & Chateaux, Le Soste.

Nel settembre 1993 ha trasferito il “Ristorante Gualtiero Marchesi” a Erbusco e per oltre vent’anni si è dedicato alla diffusione della cucina italiana nel mondo anche avviando ristoranti in Giappone, Inghilterra, Russia e Francia. Nel gennaio 2004 ha aperto ALMA, Scuola Internazionale di Cucina Italiana, di cui aveva lasciato il rettorato nell’ottobre scorso. Nel maggio 2008 ha aperto nel Teatro alla Scala il Ristorante “Il Marchesino”. Il 18 giugno 2014 ha inaugurato l’Accademia Gualtiero Marchesi in via Bonvesin de la Riva numero 5.

Per iniziativa della Fondazione Gualtiero Marchesi, questa estate il Maestro era riuscito a realizzare il sogno di una Casa di riposo per cuochi, che sorgerà a Varese. L’idea era quella di un luogo dove “i cuochi anziani – aveva spiegato – potrebbero portare il loro bagaglio di esperienze al servizio di giovani studenti. L’importante è che abbiano veramente fatto sempre i cuochi. Non i ristoratori. E nemmeno i dilettanti, indipendentemente dal livello dei locali in cui lavoravano: cuochi veri, che hanno dato la vita a questo mestiere”. Come lui.

RISOTTO ORO E ZAFFERANO DI GUALTIERO MARCHESI

Vogliamo ricordare il grande chef con la sua ricetta più celebre.

 Ingredienti

  • 300 gr di riso Carnaroli
  • 80 gr di burro
  • 20 gr di Parmigiano reggiano grattugiato
  • 5 gr di stigmi di zafferano
  • 50 gr di cipolla tritata
  • 2 dl di vino bianco secco
  • 1 l di brodo leggero
  • Sale e pepe bianco

Rosolate la cipolla tritata con 20 gr di burro. Tostate il riso. Aggiungete 1 dl di vino bianco secco e lasciate evaporare. Poi aggiungete lo zafferano, bagnate con il brodo bollente e portate a cottura mescolando di tanto in tanto. A parte, in una casseruola, ammorbidite la cipolla in 10 gr di burro. Aggiungete il restante vino e lasciate ridurre il liquido per metà. Aggiungete il burro rimasto a fiocchetti ed emulsionate con la frusta. Filtrate la salsa con un colino. A cottura ultimata, regolate di sale e mantecate il riso con la salsa e il Parmigiano. Stendete il risotto a velo su piatti piani e disponete un foglio d’oro alimentare al centro di ogni piatto.