Tornare in Emilia Romagna per aiutarla a risollevarsi anche attraverso il turismo

Di Raffaele d’Argenzio

 È bello andare in giro, è bello fare weekend in bei posti, incontrare bella gente…ma lo è ancora di più quando può servire a qualcuno oltre che a noi stessi. Noi di Weekend Premium lo avevamo già fatto lo scorso settembre andando nella Marche, che erano state travolte dall’alluvione, invitando tutti a visitare Senigallia e gli splendidi castelli delle valli interne, senza chiedere sconti o cercando occasioni low-cost: pagammo, scrivemmo  e basta. Per dare il nostro contributo e fare del turismo etico, il nostro ethic-travel.

Alluvione in Romagna

E oggi ci pare giusto, anzi necessario, rifarlo con l’Emilia-Romagna. Mettere dei post-it di viaggio etici nella nostra memoria. Appena le acque si saranno ritirate, e si potrà, il primo weekend sarà per andare a in quella parte dell’Emilia Romagna oggi martoriata dalle tonnellate d’acqua, cadute da un cielo stravolto dai cambiamenti climatici.

Il salvataggio di un anziano in una delle immagini simbolo dell’alluvione

E saranno weekend che ci faranno scoprire o riscoprire tesori della nostra Italia così poetica e artistica, ma anche così fragile come lo sono quasi sempre le cose belle. Eccone alcune: la biblioteca Malatestiana di Cesena, sito Unesco, che conserva 343 codici manoscritti, e anche alcuni dei libri più piccoli del mondo.

La Biblioteca Malatestiana di Cesena

E, poi, il castello di Santarcangelo di Romagna; Faenza con le sue botteghe di ceramica smaltata faentina (maiolica) famosa nel mondo, tanto che in francese la maiolica si chiama faïance e in inglese faience.

Ceramiche artistiche faentine

E quando ci andremo (e quando ci andrete) siamo sicuri che saremo accolti dal sorriso vero del popolo romagnolo, e il sorriso quando è vero non si paga.

Ma in attesa di poterci andare, cominciamo ad aiutarli con un’offerta, piccola o grande che sia. Aiutando loro, aiutiamo tutta l’Italia. WEEKEND PREMIUM LO HA GIA’ FATTO.

Qui sopra trovate la sottoscrizione promossa dalla Regione Emilia Romagna a sostegno delle persone colpite dall’alluvione.

Due ragazzi i si baciano per darsi forza. Sono tanti i giovani che sono accorsi per aiutare le persone nelle zone colpite dall’alluvione

 




Napoli, oltre lo scudetto c’è di più

Di Raffaele d’Argenzio

È vero, lo scudetto se lo meritavano, è vero hanno i conti a posto e l’hanno vinto cedendo le star e puntando di più sul gioco di squadra. È vero, l’aspettavano da 33 anni, ma allora i due scudetti arrivarono di più per la forza di una star, Maradona.

Stavolta invece è stato diverso, è frutto di una Napoli più matura, più concreta, in cui ha vinto il gioco di squadra. Ha vinto l’intera città che ha preso coscienza di essere la terza città d’Italia per importanza, d’essere stata una Capitale, di essere una delle città più belle del mondo e che può vincere uno scudetto senza San Gennaro, senza Maradona, senza Pulcinella, senza “O’Sole mio”, senza la camorra, senza contrabbando…con tanti “senza”, ma con tanti più: più turismo, più pulizia, più luce nei Quartieri Spagnoli, che ora stanno diventando una delle attrattive maggiori.

Ora Napoli deve rendersi conto che deve credere di più in se stessa, di essere la città italiana conosciuta, infatti il mondo pensa che l’Italia sia una grande Napoli, e che gli italiani siano tutti napoletani. Anche se non è vero. Anche Berlusconi oggi dice “… mi sono sempre considerato un napoletano nato a Milano”. E forse stavolta non ha tutti torti. Sì, forse molti italiani, non tutti ovvio, si sentono un po’ napoletani.

Sì, questa Napoli è eccessiva, teatrale e casinista, ma a me, e forse a voi, eppur ci piace. Anche perchè oggi ci piace anche scoprire che dietro questo scudetto c’è di più.


PS: Ci piace anche rileggere i nostri articoli sui weekend napoletani. Speriamo piaccia anche a voi.

https://www.weekendpremium.it/napoli-la-citta-una-volta-non-basta/

https://www.weekendpremium.it/napoli-dal-cristo-velato-alla-sfogliatella/




DOPO IL 25 APRILE, NEI GIARDINI DOVE I FIORI SONO DI MARMO

Di Raffaele d’Argenzio

Una data che deve unire nel nome della liberazione e della pace contro la guerra. Oltre che sugli altari della Patria o nelle piazze, per celebrare meglio il 25 aprile, e capirne l’importanza, dovremmo usare i nostri weekend anche per visitare quei sacri giardini dove tanti giovani divennero fiori, fiori di marmo.

Comincia da un lontanissimo ricordo, un padre e un bambino ancora piccolo per capire, ma già grande per ricordare, e un giardino ordinato che porta verso un altare, un giardino in cui i fiori erano bianchi, erano a forma di croce, erano fiori di marmo. L’uomo forse sussurrò al bambino di dire una preghierina per questi ragazzi che hanno combattuto anche per noi, che ora sono angeli in cielo, ogni croce è un angelo che ha combattuto con coraggio per la pace e la speranza.

Quel bambino oggi saprebbe leggere i nomi su quei fiori, Giovanni, Carlo, Filippo, Tommaso, Davide…Forse l’uomo sussurrò queste parole, forse il bambino disse la preghierina per quegli angeli coraggiosi…il bambino di allora oggi non lo ricorda, ma quel giardino, in cui i fiori erano di marmo non l’ha dimenticato. Sì, non l’ho dimenticato, e il mio viaggio comincia da quel ricordo con mio padre. Ora so che era il Sacrario di Mignano di Montelungo, in provincia di Caserta, e la battaglia fu quella di Monte Cassino del dicembre 1943.

Il sacrario di Marina di Minturno

Appena sotto l’Abbazia di Monte Cassino, vi è un altro cimitero-giardino con 1100 fiori di marmo, ragazzi polacchi, di quella terra che i nazisti di Hitler e gli assassini di Stalin si erano divisi senza pietà.

Il cimitero polacco a Cassino

Da Cassino, la superstrada per Formia porta verso il mare, verso Marina di Minturno dove, sull’Appia, ci attende un altro giardino, a poca distanza dal mare del Golfo di Gaeta. Un lungo viale come per un tempio, alti alberi allineati per un sublime saluto. E in fondo 2049 fiori bianchi, su cui i raggi del sole radente del tramonto hanno come acceso lampade di luce.

Il Cimitero inglese a Marina di Minturno

Fiori di marmo al cui centro vedi volti giovani con un sorriso sulle labbra e con la forza del coraggio negli occhi.  I loro nomi sono John, Charles, Philip, Tom, David, nomi di ragazzi inglesi, che sul mare di Marina di Minturno diventarono fiori di marmo nel 1944 per un’Europa libera e democratica. E troveremo lo stesso sorriso e lo stesso coraggio nei ragazzi francesi nel cimitero di Monte Mario a Roma.

Il cimitero francese di Monte Mario a Roma

Ma dobbiamo fermarci anche ad un altro giardino, con pietà e comprensione. Quello in cui ci sono oltre 30.000 ragazzi tedeschi mandati a morire nel nome di un incubo. Anche loro furono giovani strappati alle loro famiglie, per la sete di potere di Hitler, un sanguinario che l’Europa voleva schiacciarla.

Veduta aerea del cimitero germanico della Futa

Il loro giardino speciale è sulla Futa, sull’ Appenino Tosco-Emiliano. Neppure loro dobbiamo dimenticare. Italiani, inglesi, polacchi, francesi e anche tedeschi, giovani di questa Europa, del vecchio continente in cui è nata la democrazia e dove dobbiamo difenderla sempre.

L’ingresso del cimitero germanico della Futa

Dobbiamo ricordarci di questi giardini di coraggio e di speranza sperando che non ci siano più giardini in cui i giovani europei diventino fiori di marmo, per difendere l’Europa, la patria comune dove nacque la democrazia.

 




100 AUGURI, IN VERITÀ 98

Tanti sono stati gli auguri che mi sono arrivati per il mio compleanno con Facebook, Messenger e WhatsApp… mi commuovo e mi inorgoglisco da solo. Ma che sia perchè ho fatto qualcosa di buono?


Se ci sono State 98 persone che si sono ricordate di me, spero sia proprio per aver fatto qualcosina di buono. Comincio a crederci perché altri 98, o forse 102 contando qualche imbucato, sono venuti all’evento (mio e di Weekend Premium) OGNI VIAGGIO PUÒ DIVENTARE POESIA, in cui presentavo anche il mio primo libro POST-IT DI UN VIAGGIO.


Sembra quasi una conferma. Sì, grazie amici vecchi e nuovi, comincio a crederci.
Anche la mia moscia autostima ha cominciato a tirarsela. E mi ricorda che il 15 aprile è nato anche Leonardo da Vinci e il 16 Charlie Chaplin…sotto il segno dell’Ariete, come me.

Scusatela, da oggi la rimetto nel cassetto.

GRAZIE AI MIEI MAGNIFICI 100…in verità 98
Raffaele/Lello

P.S. Subito dopo aver postato questo mio post-it, è arrivato il 99° e il 100° e 101° messaggio di auguri… stanno arrivando ancora adesso, credo che arriveremo ai 200, no ai 198.




PASHA, UN BUON GIORNO PER RINASCERE

Di Raffaele d’Argenzio

Oggi, ieri o domani? È, era o sarà il mio compleanno, o anche il tuo, e pensi che a volte pensi che sei poca cosa. Invece, poi, ti accorgi che tanti trilli, un augurio dopo l’altro, ti dicono che qualcuno ti stima e, forse, ha anche dell’affetto per te. E allora sorridi e guardi ai grattacieli di fronte alla redazione, non come a macigni verticali che ti schiacciano, ma a come frecce di cristallo che ti indicano una strada che porta verso l’alto. Sorridi e ti mangi una brioche, intera.

SI’, È UN BUON GIORNO PER RINASCERE.

D’altronde è, era o sarà, anche PASQUA e, se leggiamo il suo significato, scopriamo che non siamo soli, che siamo in compagnia del nostro futuro, dei nostri progetti. Infatti Pasqua viene dall’antica parola aramaica pasah, che vuole dire “andare oltre”, superare. E fu la parola che anche Mosè gridò agli Ebrei quando li guidò nella marcia dall’Egitto, dove erano schiavi, verso la Terra Promessa.

PASHA! E li liberò dalla schiavitù del Faraone.
Se noi oggi ci sentiamo ancora schiavi di un virus, della solitudine, gridiamo anche noi PASHA e saremo in compagnia dei nostri progetti, per superare i nostri momenti più duri.

Pasha!  E come disse Gesù, e riprese Dante, “separiamo il grano dal loglio”, (detto anche zizzania)”, le parole dai fatti, lo show dalle cose concrete, dal far vedere al fare vero. Oggi possiamo non essere soli, perché possiamo essere insieme al nostro futuro, alla nostra missione del superare, dell’andare oltre. Ognuno di noi ha una terra promessa.

BUONA PASHA!

 




NAPOLI -MILANO, ricordando la nascita del CORRIERE

Di Raffaele d’Argenzio

 Il 5 marzo il Corriere della Sera ha festeggiato il suo 147° compleanno, essendo nato il 5 marzo del 1876. E io ci ho visto subito un ponte tra Milano e Napoli, ma ci ho pensato qualche giorno prima di scrivere.  Ma poi non ho resistito. Milano e Napoli, due città vive, pulsanti che, chissà perché, quando ci arrivi ti affiora un sorriso e una sorta di disponibilità alla vita. E quando le lasci ti viene subito voglia di tornarci. Sono anche due città d’acqua, quella del mare e quella dei navigli, e l’acqua è simbolo vita, movimento anche di idee…

Quando, giovanissimo, sono partito da Napoli, dove vivevo, alla volta di Milano, per portare la pastiera a mia sorella, ancora non sapevo che il treno del ritorno l’avrei preso tante volte, finché Milano diventò casa mia, come sussurrai a me stesso quando un giorno tornando da Napoli scesi le scale della stazione Centrale. Sì, infatti, Milano è casa mia e mi ha consentito di sviluppare la mia creatività e la mia carriera. Proprio questa riflessione personale mi ha portato a un’associazione di idee e a una riflessione sul binomio Napoli-Milano, un’abbinata vincente quando si tratta di fare grandi cose nel mondo del giornalismo.

Ma cosa ci “azzecca” il Corriere della Sera?  Semplicemente perché l’ideatore e fondatore fu un giornalista napoletano. Già, proprio così: il famoso giornale dei milanesi deve la sua nascita a un napoletano: Eugenio Torelli, che poi aggiunse al cognome del padre anche quello della madre, Viollier. Vulcanico e, allora, con pochi mezzi, nel giro di poco, Torelli Viollier trova tre soci: Riccardo Pavesi, già editore de La Lombardia, che appoggia il progetto con il fine di debuttare in politica, anche se Il Corriere della Sera per volontà del suo fondatore, si manterrà sempre super partes, Riccardo Bonetti e Pio Morbio, entrambi avvocati, che però lasceranno il giornale alle prime difficoltà.

Eugenio Torelli Viollier

Tuttavia, Pio Morbio è destinato comunque a tracciare il destino fortunato del “Corriere della Sera”, che si chiamò così perché usciva nel pomeriggio e il numero era valido anche per tutto il mattino del giorno dopo. La sorella di Morbio, infatti, aveva sposato Benigno Crespi, fratello del noto industriale cotoniero Cristoforo Benigno Crespi di Busto Arsizio.

Caricatura di Cristoforo Benigno Crespi con il Corriere della Sera

Proprio l’alleanza tra Eugenio Torelli Viollier e Crespi, che divenne proprietario e finanziatore del Corriere, gli garantì i fondi necessari per fare un salto di qualità, grazie all’acquisto di una seconda macchina rotativa, che consentì di aumentare il numero di copie, ma anche i servizi telegrafici e assumere nuovi collaboratori e giornalisti, scelti personalmente da Torelli. Dopo l’abbandono di Torelli, nel 1898, nelle mani di Luigi Albertini altro grande e storico direttore la testata passò alla famiglia Crespi e il resto è (ancora) storia.

Il primo numero del Corriere della Sera del 5/6 marzo 1876

Tuttavia, è bello pensare che la nascita del giornale più importante d’Italia (della casa editrice in cui anche io ho avuto l’onore di lavorare con la mia prima direzione di un settimanale) è stato fondato da un napoletano, che lo ha diretto negli anni più difficili, consegnandolo alla storia. E a noi che lo leggiamo ancora oggi.




Maurizio Costanzo, grande anche quando chiese scusa a me, “piccolo” giornalista

di Raffaele D’Argenzio

I momenti della nostra vita sono come foto di un viaggio, post-it da ricordare. E un post-it della mia vita è il mio ricordo di Maurizio Costanzo.


Sapeva far tutto ma con la sua generosità sapeva anche scendere dal suo sgabello per mettersi a livello degli altri. E sapeva anche chiedere scusa a chi certo non era al suo livello, come fece con me. Era il 1977 e io ero il giovane direttore del Corriere dei Ragazzi, cambiato in CorrierBoy, che lo aveva salvato dalla chiusura e lo aveva portato a 300.000 copie.

Raffaele D’Argenzio, secondo da sinistra, con Mike Bongiorno e Gino Paoli nel 1977

Credo che era stato proprio per questo che mi era stato proposto di prendere la direzione e rinnovare anche la Domenica del Corriere. Dopo qualche tentennamento avevo accettato e il mio piano editoriale era piaciuto…Ma, poco prima della firma e del passaggio, inspiegabilmente non sentii più nessuno, non capivo che cosa stesse succedendo e, poco dopo, alla direzione della Domenica del Corriere arrivò Maurizio Costanzo.

Un giovane Maurizio Costanzo

Erano gli anni in cui la P2, la loggia massonica deviata con residui fascisti, si stava appropriando del gruppo Rizzoli/Corriere della Sera. E Maurizio Costanzo ne faceva parte, con la tessera 1819, essendosi fatto trascinare da amici, ma fu anche il primo a staccarsene, chiedendo scusa a tutti pubblicamente.  Lui che in realtà  era un radical socialista, che aveva fatto, e avrebbe fatto, tante battaglie per gli altri rischiando la vita, era fuori luogo in quella loggia che voleva fare un colpo di Stato.

Questo lo sanno tutti. Invece, con il mio post-it a me piace ricordare che un giorno il mio telefono squillò e sentii quella voce inconfondibile che mi disse che voleva, anzi, doveva chiedermi scusa per avermi sottratto ingiustamente la direzione  della Domenica  del Corriere.  Ma lui non aveva nessuna colpa, la colpa era della P2 che voleva occupare tutte le poltrone. Lo ringraziai per la sua gentilezza verso di me, ma lasciai il gruppo occupato dalla P2. Forse feci male perché dopo poco la P2 fu smantellata e il gruppo editoriale tornò libero.

Grazie, Maurizio per essere sceso al mio livello o, forse, avermi fatto salire al tuo durante quella telefonata, per me tanto preziosa.

 




Troisi e Caruso, ambasciatori di una Napoli sublime

Di Raffaele d’Argenzio

Il 19 febbraio si è celebrato il 70° anno dalla nascita di Massimo Troisi, avvenuta appunto il 19 febbraio del 1953. Ma, ad appena pochi giorni di distanza, il 25 febbraio, si celebra anche il 150° anniversario della nascita di Enrico Caruso, un altro grande artista napoletano, nato nel 1873. Entrambi possono essere considerati ambasciatori di una Napoli artistica, non quella facile di pizza e mandolini, ma quella più vera e alta, fatta anche di impegno, fatica e dolore, che poi si sono sublimate nell’arte del canto e del teatro.

Caruso, nato da una famiglia povera, e Troisi da una famiglia modesta, hanno dovuto affrontare entrambi un percorso faticoso per arrivare a esprimere la propria arte. Anche attraverso le sofferenze, come ricorda questa frase di Enrico Caruso: «La vita mi procura molte sofferenze. Quelli che non hanno mai provato niente, non possono cantare».

E, purtroppo per loro, ma anche per noi tutti, entrambi sono morti giovani, a 41 anni Massimo Troisi e a 48 Enrico Caruso. Massimo, ormai malatissimo, volle continuare a lavorare ne “Il  Postino”, in cui, ormai senza più forze, si muoveva sorretto da altri, Enrico, colpito da una colonna della scenografia durante un’esibizione, continuò a cantare.

Massimo Troisi in una scena de “Il Postino”

Ecco, Massimo Troisi ed Enrico Caruso possono essere considerati gli ambasciatori di una Napoli diversa da quella di “pizza e mandolini” che diventa macchietta e folclore, per raggiungere con impegno e fatica le vette della vera arte, quelle vette che superano quella pur bella del Vesuvio.

Panorama di Napoli con il Vesuvio sullo sfondo

E sarebbe doveroso, e non doloroso, quando si va a visitare la bellissima Napoli andare anche a salutare questi due grandi artisti, Massimo al cimitero di San Giorgio a Cremano ed Enrico Caruso al Cimitero Monumentale, dove la sua tomba è vicina a quella di Totò, al secolo Antonio de Curtis, anche lui nato povero, che con impegno e fatica riuscì a far raggiungere allo spirito napoletano quello dell’arte.

Un murale di Jorit ricorda Massimo Troisi a San Giorgio a Cremano

 




Mariella Organi, “Stella dell’Ospitalità”

Di Raffaele d ’Argenzio 

Mariella Organi, maître e co-proprietaria del ristorante Madonnina del Pescatore a Senigallia, lo scorso ottobre è stata premiata con il Premio MAM – Maestro d’Arte e Mestiere), e ora è tra le venti personalità, scelte in tutto il mondo, ad avere ricevuto il prestigioso premio “Stella dell’Ospitalità”, promosso da Fine Dining Lovers e sponsorizzato da San Pellegrino e Acqua Panna, che intende valorizzare i professionisti e le aziende che si impegnano affinché il pasto fuori casa sia veramente qualcosa di speciale, aggiungendo al valore gastronomico quello, appunto, dell’ospitalità.

Mariella Organi con il marito, lo chef Moreno Cedroni

Mariella Organi è un personaggio della Senigallia stellata che vale la pena conoscere. A incontrarla ci ha aiutati, me e il collega Riccardo Lagorio, la sua amica Lara Massi, che ci ha portati da lei. Il mare appena oltre la verde siepe profumata dalle erbe ricercate del loro orto, cui però possono accedere tutti. Ci apre una donna quasi diafana, dai gesti misurati, dalla voce gentile e delicata, affabile ma non confidenziale. Ma quanta forza in quello sguardo.

Ci dice subito che lo chef, suo marito Moreno Cedroni, si scusa, ma è in Liguria. Può fare qualcosa per noi o vogliamo ripassare fra qualche giorno, quando lo chef ritorna? Riccardo Lagorio ed io ci guardiamo solo un attimo: noi restiamo. Mariella Organi può fare di certo qualcosa per noi. Un ristorante con due stelle è fatto dalla maestria e dalle ricette dello chef, ma anche dalla forza, dalla professionalità, dall’energia di chi gli sta a fianco, dietro e anche davanti alcune volte.

Se Moreno è chef in cucina, nella sala la chef, nel senso di comando, è lei, Mariella, con la sua classe. E delle due stelle una parte della luce è anche sua. I tavoli de La Madonnina del Pescatore sono pieni, Mariella sorride e sul tardi trova anche il tempo di mostrarci il loro laboratorio segreto e di rispondere alle domande di Riccardo. Con classe, sempre.

Noi di Weekend Premium l’abbiamo incontrata. Ecco l’intervista.

Intervista a Mariella Organi

In che modo l’arte entra nella cucina?

La cucina è un modo per trasferire la tradizione nel tempo con l’esercizio delle arti. In ogni ambito gastronomico, comprese la gelateria e la pasticceria, si tramanda un’arte al pari dell’architettura, della fotografia e delle cosiddette arti impegnate. La mia aspirazione di proteggere e preservare i beni culturali si applica senza dubbio anche alla ristorazione.

Tra le motivazioni del premio MAM viene esaltata la sua ferma delicatezza che sa far vivere ai suoi ospiti, quasi un ossimoro.

Nel settore dell’ospitalità la figura femminile è generalmente affidabile, precisa, costante. Sono piuttosto attenta per natura e credo che questa sia una caratteristica essenziale non solo per accogliere adeguatamente i nostri ospiti, ma anche per garantire la qualità complessiva della loro esperienza. La sensibilità è una dote naturale per l’universo femminile, al pari della fermezza. La giusta combinazione di questi ingredienti permette di realizzare anche gli obiettivi che sembrano i più difficili.

L’esterno del ristorante “Madonnina del Pescatore” a Senigallia

Insieme a suo marito Moreno Cedroni ha contribuito, dal 1991, a fare la storia de La Madonnina del Pescatore. C’è un momento in cui ha capito che il suo ruolo sarebbe stato questo?

Nel 1984 Moreno aprì il locale e si dedicava alla sala. Ma i primi corsi di cucina gli consigliarono di seguire la propria attitudine. Senza che mi fosse esplicitamente detto, fu sua madre a farmi capire che io avrei potuto affermarmi prendendo il suo posto in sala. Iniziarono i viaggi per comprendere la cucina d’avanguardia catalana e l’apprendimento delle tecniche di sala e cucina dei migliori ristoranti italiani. L’esperienza crea capacità di interpretare il gusto e la contaminazione culturale significa crescita.

Anche nella ristorazione?

Soprattutto nella ristorazione. Un ristorante è un luogo di condivisione culturale

Alcuni piatti del menù della Madonnina del Pescatore

Insomma, una crescita comune che insieme vi ha visti protagonisti. Quanto conta saper coinvolgere i numerosi collaboratori che avete?

È fondamentale coinvolgere l’intero gruppo di lavoro per qualsiasi decisione. Partiamo da un argomento e cerchiamo di esaminare a fondo le varie sfaccettature, stimolando ciascuno a esprimere la propria impressione. Solo così si possono raggiungere decisioni condivise, che rendono possibile un lavoro di gruppo sereno. Se alla fine del servizio tutti hanno il sorriso sulle labbra, vuol dire che abbiamo vinto!

Esistono scelte che secondo lei potrebbero favorire il raggiungimento della completa parità di genere in Italia?

Certamente scuole e asili con orari flessibili potrebbero aiutare le giovani coppie con figli a pianificare il loro lavoro. Le giovani madri potrebbero inoltre avere maggiori opportunità se si procedesse alla decontribuzione degli oneri da lavoro a favore delle imprese che ne mantengono l’occupazione. Organizzare servizi con un occhio di riguardo alla natalità e, di conseguenza, alle giovani donne che desiderano lavorare, non è un lusso ma un modo di investire nel futuro.

Ancora Mariella con il marito

Esistono regole per imparare la sua professione?

Leggere libri. Ma non solo: questo lavoro è pratica, esperienza. Esistono inoltre alcune parole chiave: discrezione, eleganza, umiltà. Senza questi attributi è difficile avere buon esito.




POESIA DI VIAGGIO con TONI SERVILLO

Di Raffaele d’Argenzio

Non potevo non far di tutto per poter sentire Toni Servillo, al Piccolo Teatro Studio Melato di Milano, in “TRE MODI PER NON MORIRE”, un eccezionale monologo tratto dal libro omonimo dello scrittore Giuseppe Montesano. Per varie ragioni: perché è bravissimo, perché da solo in scena ha saputo tenere alta l’attenzione solo con la sua voce e parlando di poesia , cominciando  da Baudelaire, passando per Dante come poeta che  canta l’amore e odia gli ignavi,  e arrivando ai Greci che esaltarono il pensiero e inventarono il teatro.

“Tre modi per non morire”, tre modi per compiere un viaggio attraverso il tempo e capire l’importanza della poesia, del pensiero, delle emozioni. Un viaggio meraviglioso che riesce a dare un senso alla vita. In un tempo in cui la tecnologia ci fa impigrire il cuore e spegnere il proprio pensiero, che ci riduce soltanto ad essere ricettori di emozioni altrui, quindi a sentire ma non  a trasmettere,  mi piace molto la frase di Servillo.

“L’arte e la poesia sono gli antidoti contro la paralisi del pensiero”.

E devo dire che continua a piacermi anche il nostro premio POESIA DI VIAGGIO, nato proprio per invogliare ogni turista, ogni viaggiatore, a trovare nel proprio viaggio poesia ed emozioni. Perché OGNI VIAGGIO PUO’ DIVENTARE LA TUA POESIA.

PS: Un’altra ragione per cui ho fatto di tutto pur di assistere al monologo di Toni Servillo  è che anche io sono legato a Caserta, dove lui ha mosso i  primi passi come  grande attore e io, anni prima, come giornalista e piccolo scrittore.




IN EUROPA L’ORGOGLIO DI SASSOLI. IL RICORDO A UN ANNO DALLA SCOMPARSA

A un anno dalla scomparsa di David Sassoli, proponiamo il ricordo del direttore di Weekend Premium Raffaele D’Argenzio che lo aveva conosciuto a Baia Domizia, dove il presidente del Parlamento della UE amava trascorrere le vacanze. Di seguito, il ritratto e il ricordo di “Un uomo perbene”

di Raffaele D’Argenzio

Questa volta non vi parlerò di Baia Domizia come meta turistica, ma per avervi incontrato David Sassoli. Sì, lì trascorreva parte delle sue vacanze, non a Montecarlo o in Costa Smeralda o ai Caraibi, ma nella semplice Baia Domizia dove aveva una casa in viale dell’Erica.

La spiaggia di Baia Domizia

Anche io ho casa nella semplice Baia Domizia come David Sassoli, anche io sono fra quelli che ne ricordano il sorriso, la gentilezza, il rispetto per gli altri. Tanta gente comune, come me, ha sofferto per la sua scomparsa, come se fosse un proprio conoscente, un vicino di casa, un amico.

Davide Sassoli, qualche anno fa a Baia Domizia, con la sindaca di Cellole

Un anno da, nella chiesa di Santa Maria Maggiore c’erano le persone più importanti delle nostre istituzioni e alcuni piangevano. David ha avuto l’affetto, il rispetto, di tanti, senza aver dato nulla se non il rispetto, la solidarietà, l’esempio. Di che partito era? Forse pochi lo sapevano, io no. Ma sapevo che era del partito immenso, senza loghi o bandiere, in cui tutti possono trovar posto, quello degli uomini che rispettano gli altri, che cercano di aiutare gli altri e non sottometterli, di sentirsi alla pari e non di essere superiore: il Partito delle Persone Per Bene.

David, mi hai fatto sentire orgoglioso di essere giornalista, ma soprattutto di appartenere a quel genere umano che ha uomini come te. Invece, come mi vergogno, di vedere che in un altro posto di Roma, Montecitorio, ci sono altri uomini che comprano voti da altri che li vendono, uomini che dovrebbero invece insegnarci i valori per cui vale la pena vivere, che dovrebbe essere la nostra bandiera, l’esempio da seguire. Che dovrebbero essere persone per bene.

Mi chiedo chi andrà ai funerali di questi altri uomini? Chi piangerà per loro, chi li ricorderà con rispetto e affetto?




ULTIMO NUMERO DEL 2022 O PRIMO DEL 2023?

Di Raffaele d’Argenzio  

È un dubbio amletico, ma a me piace. Mi piace sempre pensare che il passato è un gradino per il futuro, uno step, come dicono quelli che sanno l’inglese. Ma noi di WEEKEND PREMIUM abbiamo costruito dei gradini, abbiamo messo almeno dei ciottoli per far parte della strada? Alcune volte sembra di girare a vuoto, di non aver fatto abbastanza…e allora vai a ritroso, vai a rivedere i ciottoli che hai lasciato, piccole pietruzze, ma sono quelle che potevi mettere per costruire il tuo piccolo pezzo di strada.

PREMIUM, NON LUSSO MA QUALITA’

Certo, giorno dopo giorno abbiamo fatto il nostro lavoro raccontando di luoghi da vedere e da salvare, con il gioco delle TOP TEN, abbiamo cercato di scegliere il meglio e di insegnare a scegliere.  Abbiamo cercato di fare capire, e di ricordare a noi stessi, che quella parolina PREMIUM non significa lusso ma semplicemente qualità. Anche una trattoria può essere Premium se esprime qualità. Ciascuno di noi se fa il suo lavoro al massimo e con passione può essere premium. Anche WEEKEND PREMIUM può essere davvero premium? I conti si fanno con se stessi, dobbiamo essere noi i giudici più severi. Allora analizziamo i ciottoli che abbiamo messo per costruire il nostro piccolo pezzo di strada del 2022.

WEEKEND GREEN AWARDS” DAL 2015 

Dal lontano 2015, abbiamo iniziato a promuovere il green, a scegliere borghi che si distinguevano per sostenibilità e scelta del verde come bandiera e anche come risorsa. Ora tu tutti parlano di sostenibilità, del pericolo per il riscaldamento globale, ma allora eravamo noi a contattare il grande oceanografo Peter Wadhams che già avvertiva che i ghiacci si stavano assottigliando, che non si poteva più tornare indietro, ma solo tamponare, fermare l’aumento di anidride carbonica, bloccarla, subito.

LE “MONGOLFIERE“, PER FAR VOLARE ANCHE I PIU’ FRAGILI

Si viaggia, si programmano continuamente weekend…a volte per lavoro si viene inviati, a volte si rifiuta, colleghi che su Facebook si pavoneggiano: oggi sono qui domani sono là… Allora, anni fa, mi sono detto che forse era più giusto cercare di far viaggiare chi per ingiusta sfortuna aveva ali fragili, quei ragazzi che avevano poco tempo per conoscere questo mondo che loro amano tanto anche se è un mondo difficile per loro.

Jacopo Marotta ispiratore delle “Mongolfiere” in un momento felice a Barcellona

Come dimenticare Jacopo? Per cui ho contribuito a regalargli qualche giorno lieto a Barcellona. Io non lo dimenticherò mai, forse è uno dei ciottoli più preziosi che ho saputo mettere nella mia strada. E allora abbiamo fatto partire sulla nostra Mongolfiera alcuni di quei ragazzi, lanciando il concorso RACCONTA IL TUO SOGNO, purtroppo siamo riusciti a realizzare il sogno soltanto di alcuni, mentre tutti lo meriterebbero. E quest’anno con POESIE IN MONGOLFIERA, abbiamo realizzato il sogno della giovane poetessa Francesca che è andata a Firenze.

Francesca ha realizzato il suo sogno di visitare Firenze

POESIA DI VIAGGIO. OGNI VIAGGIO PUO’ DIVENTARE LA TUA POESIA

Abbiamo anche creato il concorso “POESIA DI VIAGGIO, per dare spazio a chi non vede soltanto il viaggio come un’occasione per scattare foto o assaggiare cibi gustosi, ma come qualcosa di più.  Ciascuno di noi può trovare la poesia in un viaggio e in se stesso.

I vincitori della prima edizione di Poesia di Viaggio

WEEKEND CON GUSTO 

Ecco un’altra parola ormai sulla bocca di tutti: GUSTO, uno dei sensi che ci permette di sentire i sapori, ma a noi pare importante unire al gusto per il cibo, anche quel gusto che noi italiani abbiamo per l’armonia, per l’eleganza, per l’arte, per il bello. Qualcosa che ci portiamo dentro e che c’è stata regalata dai gradi artisti del passato, dalle opere d’arte di cui siamo contornati qui in Italia. Quindi nei nostri WEEKEND CON GUSTO, troverete sempre la ricerca dei sapori, del buon cibo, ma anche la luce del bello di quel luogo. I nostri weekend saranno non di gusto ma con gusto.

WEEKEND CAR: AUTO PER VIAGGIARE NON PER AVVELENARE LE CITTA’

Un altro ciottolo della nostra strada è quello di aiutare a scegliere anche nelle auto il bello delle forme e il buono, nel senso della sostenibilità. Da anni diciamo che le auto devono servire per viaggiare, per conoscere la nostra Italia e il mondo, ma dobbiamo cancellarle dalle nostre piazze, dalle nostre belle città perché le soffocano e le imbruttiscono. Quanti confronti-scontri con i sindaci che, per avere voti, lasciano offendere la bellezza dei loro borghi, delle loro città.

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Sì, credo che qualche ciottolo lo abbiamo messo, che qualche pagina bella l’abbiamo scritta. Siamo pronti per continuare la nostra strada per il 2023.

 




Andare o tornare nelle Marche: il weekend giusto

Di Raffaele d’Argenzio

Certo ci vorranno giorni per togliere quella terrea melma dalle strade, dalle case, dalle chiese e dai negozi, ancora aperti al sole dell’estate. Poi è arrivata quella maledetta notte del 14 settembre che ha spento il sole su Senigallia e sulle Marche. Quando leggerete questo editoriale, probabilmente il fango sarà stato già ripulito, ma chi lo toglierà dagli occhi dei Marchigiani che sono famosi per saper accogliere nella loro terra viaggiatori e turisti e offrire loro un’ospitalità aperta, spontanea, calda, quasi familiare?

Chi toglierà la tristezza dai loro occhi per aver perso quasi tutto, per dover licenziare i loro dipendenti sapendo che ora più che mai hanno bisogno di quel lavoro? Non lo so, ma so che il mondo del turismo può, deve fare qualcosa. Come quando si cade da cavallo e bisogna subito risalirci, così dobbiamo andare presto nelle Marche, a Senigallia e in tutto quel territorio che deve tornare subito a riaccendere le cucine, preparare le camere, sfornare vincisgrassi e brodetti di pesce. E devono tornare a splendere anche le stelle di due dei ristoranti più stellati ristoranti d’Italia: ULIASSI di Mauro Uliassi e LA MADONNINA DEL PESCATORE di Moreno Cedroni.

L’acqua invade il centro di Senigallia durante l’alluvione del 14 settembre

Allora andiamo, o torniamo, nelle Marche, a Senigallia e dintorni, per vivere un WEEKEND CON GUSTO, andiamo e torniamo a rivedere le loro bellezze e a gustare le eccellenze della loro cucina. Quando vedrete un sorriso in quegli occhi che oggi piangono, sappiate che è anche merito vostro. Siatene orgogliosi, avrete fatto la cosa giusta, anzi il weekend giusto!

E ora vi presento SENIGALLIA, con le sue bellezze e sue eccellenze.

Senigallia, tra mare, storia, gusto e divertimento

Senigallia è una città per tutte le stagioni, grazie alla sua posizione tra il mare e le colline, ma è anche ricca di attrattive, grazie alla sua lunghissima storia, con testimonianze dal periodo romano e medievale, senza parlare delle eccellenze culinarie e dei prodotti tipici che nascono da una terra ricca e generosa.

Due passi nel centro storico

Se decidete di visitare Senigallia in autunno, non perdete l’occasione di visitare il suo splendido centro storico, attraversato dal fiume Misa. Cominciate dalla Rocca Roverasca, un’imponente fortezza che unisce diversi stili architettonici, testimonianza di diversi rifacimenti. Commissionata dalla potente famiglia Della Rovere, è costituita da un corpo centrale, la residenza signorile, e una parte esterna, adibita a fortezza militare. È spesso sede di mostre ed eventi, e si possono visitare i sotterranei, gli appartamenti signorili, i camminamenti di ronda e le torri attraverso tour guidati.

La rocca roverasca

Dalla terrazza della Rocca, poi, si possono ammirare la bella Piazza del Duca, con il Palazzo Ducale e la Fontana delle Anatre, eretta per celebrare la costruzione del nuovo acquedotto e la bonifica delle paludi. Accanto al Palazzo Ducale si trova anche il Palazzetto Baviera, che spicca per i suoi ricchi stucchi.

Piazza del Duca con il Palazzo Ducale e la Fontana delle Anatre

Proseguendo sotto i Portici Ercolani, con le loro arcate in pietra d’Istria che corrono lungo la riva destra del Misa, si arriva al Foro Annonario, risalente al 1834. Costruito in stile neoclassico è caratterizzato da un portico circolare con 24 colonne doriche. Qui si svolge il tradizionale mercato del pesce e quello di frutta e verdura.

I romantici Portici Ercolani

I Musei da non perdere

Meritano una sosta anche Piazza Roma, nel cuore del centro storico, su cui si affaccia il seicentesco Palazzo del Governo, oggi sede degli uffici comunali, e dove si trova la bella Fontana del Nettuno. Nelle vicinanze si trova anche Palazzo Mastai-Ferretti che ospita al suo interno il Museo Pio IX con oggetti, arredi e quadri appartenuti a papa Pio IX e alla sua famiglia, i nobili Mastai Ferretti.

Il Museo Pio IX a Palazzo Mastai Ferretti

Sotto al Teatro La Fenice, poi, si trova l’Area Archeologica dove si possono ammirare diversi reperti di età romana e una delle 130 tombe di epoca medievale rinvenute durante i restauri.Senigallia, poi, è nota anche come “Città della fotografia” grazie al Gruppo Fotografico Misa, che ha vantato tra i suoi esponenti maestri del calibro di Giuseppe Cavalli e Mario Giacomelli.

Il Museo dell’Informazione e delle Fotografia

Oggi gli scatti che hanno fatto la storia, ma anche le opere di giovani talenti, si possono ammirare presso il Musinf – Museo Comunale di Arte Moderna dell’Informazione e della Fotografia, che ospita anche mostre ed eventi a tema. Si trova vicino al Teatro La Fenice. Nei pressi del Duomo, invece, vale una sosta la Pinacoteca Diocesane di Arte Sacra che custodisce capolavori del Perugino e di Piero della Francesca.

Il Duomo e le altre chiese

A Senigallia sono tantissimi anche gli edifici religioni. Si può partire dal Duomo, cioè la Chiesa di San Pietro Apostolo, che si trova in Piazza Garibaldi, in stile tardo barocco, a tre navate e a croce latina. Al suo interno si trova il misterioso sarcofago di San Gaudenzio. Bella anche la Chiesa della Croce, con l’interno barocco e l’esterno in stile rinascimentale, mentre la Chiesa di Santa Maria del Ponte al Porto spicca per lo stile neoclassico.

Il Duomo di Senigallia

Se avete tempo, passate anche dalla Chiesa della Madonna della Misericordia e da quella di Santa Maria delle Grazie, che comprende anche un convento e il Museo di Storia della Mezzadria “Sergio Anselmi”.

Le spiagge e La Rotonda sul Mare

Ben 14 km di spiaggia finissima costeggiano il litorale di Senigallia, al punto che questo tratto è conosciuto come “la spiaggia di velluto”. Inoltre su queste acque sventola la Bandiera Blu per la loro limpidezza, la qualità ambientale e i servizi offerti.

La celebre Rotonda sul Mare

Qui si trovano stabilimenti, bar, ristoranti e locali ma, soprattutto, la Rotonda sul Mare, simbolo della città. Questa affascinante costruzione sembra sorgere dalle acque ed è situata su palafitte. Di notte si illumina di una luce particolare e romantica mentre, d’estate, è il fulcro della movida.

I Borghi nei dintorni

Non solo Senigallia, sono tanti anche i piccoli borghi antichi nei dintorni che custodiscono preziosi gioielli di arte, storia e architettura. Alcuni di loro sono stati colpiti dall’alluvione ed è per questo che, anche per queste piccole realtà, l’invito è quello di andare o ritornare per aiutarli a rialzarsi. Per esempio, a poca distanza da Senigallia si trova Trecastelli, nato dalla fusione dei comuni di Monterado, Ripe e Castelcolonna. Da non perdere il palazzo nobiliare di Monterado, la splendida cinta muraria di Castelcolonna e il castello di Ripe.

Veduta di Trecastelli

Proseguendo si incontra Corinaldo, il paese che ha dato i natali a Santa Maria Goretti, con il suo splendido centro storico e le sue spettacolari mura medievali, considerate le meglio conservate di tutte le Marche. Tra i fiori all’occhiello anche il Teatro Goldoni.

Il centro storico di Corinaldo

Sulla vallata del Cesano si affaccia poi Castelleone di Suasa, prima di arrivare al quale merita una sosta il sito archeologico della Città Romana di Suasa, che conserva i resti del foro e di una domus con meravigliosi mosaici.

L’Area Archeologica romana di Suasa

Percorrendo la strada verso Arcevia si incontrano i castelli di Nidastore, Loretello, San Pietro e Palazzo. Ad Arcevia si possono invece ammirale la bella Collegiata di San Medardo, con preziose opere di Giovanni della Robbia, Luca Signorelli, Ercole Ramazzani e i Giardini Leopardi.

Veduta di Arcevia

Tornando invece verso Senigallia, si incontrano le frazioni di Arcevia Avacelli e Pitticchio. Arrivando a Serra de’ Conti si può fare una visita al Museo di Arti Monastiche. Ancora pochi chilometri e si arriva a Barbara, il cui nome è dedicato a Santa Barbara ed è stato fondato attorno all’anno Mille.

Il castello di Barbara

A soli 4 km si trova Ostra Vetere, con il suo campanile neogotico accanto alla chiesa di Santa Maria di Piazza. Splendido l’impianto urbanistico a terrazze con le strade collegate a scalinata e gli androni che si affacciano sulla vallata del Misa, che risalgono al periodo compreso tra il XIV e il XV secolo. Prima di tornare a Senigallia ci si può poi fermare a Ostra, cinta da imponenti mura e con un pregevole centro storico che include edifici di pregio, come il Teatro della Vittoria e la torre civica del XV secolo. Alle porte del borgo si trova poi il Santuario della Madonna della Rosa.

Il centro di Ostra

Ultima tappa, Morro d’Alba, che ha dato il nome a uno dei più apprezzati vini della regione, il “Lacrima”. Nel centro storico si trova la passeggiata delle Scarpa, un lungo porticato che abbraccia il nucleo principale del borgo. Dai belvedere sulle torri pentagonali si può ammirare un panorama mozzafiato.

I sapori di Senigallia

Durante il vostro weekend a Senigallia, non perdete l’occasione di degustare i piatti e i prodotti tipici di questa meravigliosa terra. Il piatto principe è il brodetto senigalliese, che si prepara con 13 diversi tipi di pesce, cucinati lentamente con un soffritto di cipolla, concentrato di pomodoro e aceto.

Il brodetto, piatto principe di Senigallia

Dalla tradizione marinara arrivano la grigliata e il fritto misto dell’Adriatico. La prima si accompagna rigorosamente con pane grattugiato insaporito con aglio prezzemolo, mentre nel secondo non possono mai mancare le zanchette, i guattoli e la parazzola. E, per accompagnare i piatti di pesce, non possono mancare il Verdicchio dei Castelli di Jesi e il Bianchello del Metauro.

Lo spettacolare Fritto Misto dell’Adriatico

Chi invece preferisce i piatti di terra, ci sono l’oca arrosto, la salsiccia matta e la gustosa porchetta, cotta nel forno a legna e insaporita con finocchietto selvatico. Da accompagnare con un buon “rosso”, come il Lacrima di Morro d’Alba o il Rosso Conero. Ottima anche la pizza con il formaggio con pecorino secco grattugiato e pecorino fresco a pezzetti. Tra i dolci spicca invece il ciambellone, mentre, nel periodo autunnale, sono da non perdere le ciambelle con il mosto profumate all’anice.

Tra i prodotti tipici c’è il Salame di Frattula

Tra i prodotti tipici da portare a casa come ricordo del vostro weekend vi segnaliamo l’olio di oliva da produttori locali, il salame di Frattula, ricavato da suini allevati all’aperto secondo un rigido disciplinare e i pani prodotti con farina di grani coltivati a Senigallia e nei comuni limitrofi.

INFO

www.feelsenigallia.it

www.turismo.marche.it




C’erano una volta le cartoline, anzi ci sono ancora

Di Raffaele d’Argenzio

Frecciarossa 9620 Roma-Milano delle 9,25, sabato 27, carrozza 8, posto 14D. Alle 12,24 sarò alla Stazione Centrale, alle 13 certamente a casa. Un quotidiano e il telefonino, i miei compagni di viaggio. Infilo la mia pesante valigia nello spazio fra due file di sedili, anche se un giovane alto e sorridente mi vorrebbe aiutare a metterla in alto, sulla cappelliera (perché, poi, non chiamarla valigiera?)

Apro il Corriere della Sera, lo compro sempre, sono rimasto affezionato a quella che fu anche la mia casa tanto tempo fa, salto a piè pari le pagine della politica e mi godo il resto, sapendo che sulla carta stampata le notizie sono scritte con più scrupolo e vengono verificate.

Insomma, ci credo di più, mentre credo meno alla massa di informazioni che ci arrivano via internet e via social, dove la parola verità è un’opzione, e la verità stessa vale il tempo in cui la leggi, dopo un attimo può essere smentita e capovolta, senza che chi l’ha detta faccia una piega. E quel che è peggio senza che nessuno intervenga e nessuno lo cancelli dai social. Anzi aumenta i suoi followers, perchè, come si dice, Dio li fa è poi li accoppia, e chi lo segue in effetti vorrebbe essere come lui (o lei). Bella gente!

Abbiamo bisogno di tanta verità e meno facili news, più telefonate e meno messaggi vocali…Purtroppo troppi non amano la carta stampata, non amano scrivere con la penna, se sono lontani ti mandano una foto o una faccina di uovo sorridente. Non si spediscono più cartoline, che dovevi comprare, scrivere  e metterci sopra il francobollo e imbucarle, quindi dimostrare che veramente volevi mandare un saluto, che veramente  ci tenevi a condividere gli  attimi felici del tuo viaggio con i destinatari.

Già neppure le cartoline si scrivono più…

BERLINO VALE UNA CARTOLINA

E allora questa giovane coppia di fronte a me che cosa sta facendo? A me sembrano proprio cartoline quelle che stanno scrivendo…non è possibile!… da che landa sperduta vengono questi due ragazzi? Non sanno che ci sono i telefonini e ci si mandano messaggi con le facce da uovo scemo (chiamalo se vuoi emoticon).

Lei dolce, bionda, carina anche senza trucco, scrive cartoline con foto di Roma e anche dei gatti di Roma.  Lui (quello che voleva aiutarmi a sistemare la valigia) le firma e sorride.Non resisto: ”Where are you from?”, chiedo. Risposta: “Germany, Berlin” . Li ringrazio e loro non capiscono perché.

P.S. Mi piacerebbe ricevere un giorno una cartolina da Berlino.

 

 




Piero Angela, un viaggiatore mio Maestro perché…

Di Raffaele d’Argenzio

In un tempo in cui tutti ci danno del tu e ci chiamano per nome, anche se non li hai mai conosciuti, io non me la sento di darle del tu, non mi sento all’altezza. Lei non era un mio collega, ma un mio Maestro.

Lei, caro Maestro, ci ha lasciati con parole sobrie, senza fronzoli, insegnandoci ancora una volta che il nostro Universo è fatto di equilibri e anche la fine della vita ne fa parte. Una prima lezione, caro Maestro, me l’ha regalata, quando, da giovane, ebbi la grande occasione di dirigere il CORRIER BOY, ex Corriere dei Ragazzi, e le chiesi di aiutarmi a parlare di scienza ai ragazzi, di far loro scoprire le magnificenze dell’universo in cui vivevano.

Piero Angela nella Studio di Super Quark

Ma le chiedevo, sbagliando, di aggiungerci qualche volo fantastico per rendere la scienza più appetibile, più facile. Ma lei con gentilezza e con un sorriso, mi fece capire che la scienza è una cosa seria e non deve essere edulcorata, imbellettata, resa uno show.

A 90 anni Piero Angela visitò per la prima volta un nuraghe, La Prisgiona di Arzachena, in Sardegna, e ne rimase stupito e affascinato

Lei già stava insegnando a tutti che la scienza doveva essere resa fruibile, traducibile, ma di più non poteva fare, non sarebbe mai sceso al livello di fantasiosi imbonitori che falsificano la scienza pur di guadagnare audience. Lei era, e deve continuare a essere, un esempio da seguire per noi giornalisti. Specialmente oggi che spesso, troppo spesso, ci siamo trasformati in vetrine di altrui obiettivi, copiatori e incollatori di comunicati stampa.

Piero Angela con il figlio Alberto, anche lui divulgatore scientifico

Caro Maestro, lei ha avvicinato alla gente comune la scienza, quella vera, e un grande complimento Le veniva da tutte quelle persone che continuano a dire: “Lo ha detto Piero Angela”, volendo significare che quello che stanno asserendo è vero, che ci si può credere. E questo per un giornalista è un vero complimento.

Un giovane Piero Angela al timone di Quark

Buon Viaggio, Piero (una volta me lo permetto di darti del tu), viaggiatore verso un mondo per noi sconosciuto ma che, sono sicuro, troverai il modo di raccontarci. Come un vero inviato speciale.




Quando i bambini tornano a giocare in piazza

Di Manuela Fiorini

I piccoli borghi sono grandi gioielli ricchi di storia, arte, tradizioni tutti da scoprire, ma anche di situazioni e abitudini difficili ormai da vedere nelle grandi città. Come quella a cui mi è capitato di assistere qualche sera fa, durante una vacanza itinerante alla scoperta dei borghi della Sardegna del Nord.

Il borgo di Cannigione visto dall’alto

Dopo diverse tappe in giro per l’isola, mi sono fermata a Cannigione, un piccolo paese che si affaccia sul mare, a pochi chilometri dai riflettori della celebre Costa Smeralda, nel nord est della Sardegna. È il mio “luogo del cuore”. Ci vengo da più di vent’anni. Posso dire, quindi, che di estati qui ne ho passate tante: quelle in cui io stessa ero una ragazzina, a quelle dell’epoca del Covid, quando le persone camminavano a testa bassa, con il viso semicoperto dalla mascherina, da quelle che si animavano di canti, balli della tradizione sarda a quelle in cui, a causa della pandemia, si spegnevano le luci e le note e rimaneva a farci compagnia solo il rumore del mare e il soffio del Maestrale.

La spiaggia di Cannigione

Ebbene, dopo un tempo sospeso di due anni, anche Cannigione è tornato ad animarsi di visitatori, le strade ospitano di nuovo le bancarelle dei mercatini e la musica risuona nei locali pieni. E, due sere fa, davanti alla piccola chiesa di San Giovanni Battista, talmente bella che sembra una miniatura, con i suoi muri in pietra e le finestre istoriate a mosaico, nella piazzetta, a mezzanotte passata, un gruppo di bambini stava giocando a pallone.

È stata una gioia del cuore vederli così, dopo il lockdown, dopo la DAD, dopo due anni in cui sono cresciuti senza poter abbracciare un amico, andare a una festa di compleanno, vedere i nonni, scambiarsi la merenda, giocare insieme e tante altre cose che dovrebbero fare i bambini. Perché in quel pallone che si passavano l’un l’altro c’era un senso di libertà, di infanzia riconquistata, di vita che riprende.

Bambini giocano a pallone nella piazzetta davanti alla Chiesa di San Giovanni Battista

E, davanti a quel pallone colorato, sparivano anche i cellulari, i videogiochi, la televisione, lo schermo del computer. Su quel pallone preso a calci da un gruppo di piccoli amici nella piazzetta di un borgo marinaro, davanti a una chiesetta sul mare, c’era scritto “voglia di vita”.