A COMO CON LA MAZDA MX-30 PER LA QUARTA TAPPA DEL GRAND-TOUR, DOVE NACQUE LA PILA E LA SETA FASHION
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L’offerta delle auto elettriche è in crescita. Una vera corsa all’elettrico, favorita dagli incentivi e dalle stringenti normative sulle emissioni. Affacciatasi come nicchia, entro pochi anni questa tecnologia sarà accessibile a tutti. I modelli si moltiplicano, ma non tutti sono uguali: ne è un esempio la nuova Mazda MX-30 e in occasione della quarta tappa del nostro GRAND-TOUR siamo pronti a scoprire perché. Con un’elettrica come compagna di viaggio, quasi un dovere andare ad omaggiare l’inventore della pila, colui che ha permesso questo futuro.https://www.youtube.com/watch?v=4qj-wf4C92I&feature=youtu.beAttraverso l’autostrada dei laghi, raggiungiamo Como, la città del mitico Alessandro Volta, la cui statua campeggia al centro dell’omonima piazza.Mausoleo di Alessandro VoltaE se vuoi saperne di più dobbiamo andare al Tempio Voltiano: affacciato sul lago più profondo d’Italia, questo museo ospita un’esposizione permanente dedicata alla memoria dell’illustre scienziato che nel 1799 inventò la pila. Quella stessa pila che, in proporzioni maggiori, alimenta la nostra Mazda MX-30.Como, Tempo VoltianoD’obbligo una visita anche al mausoleo, ovvero la tomba del genio comasco: un tempietto di stile neoclassico a pianta circolare. Ai lati del cancelletto, ecco due statue: a sinistra la Religione che prega per il suo figlio esemplare, a destra la Scienza che piange il suo cultore. All’interno, si intravede il sarcofago lavorato in marmo. Nel riquadro sovrastante Volta presenta la pila a Napoleone Bonaparte a Parigi nel 1801. La tomba è monumento nazionale.
LA NOSTRA COMPAGNA, GEMMA DI UNICITA’GREEN
Mazda MX-30Solamente alla Mazda (abituati come sono a scelte fuori dal coro) avrebbero potuto concepire un crossover elettrico di 4,40 metri di lunghezza e da 200 km di autonomia con una ricarica, quando la maggior parte dei rivali sfiora i 300 km. La Mazda MX-30 è coerente con l’attenzione all’ambiente: visto che più la batteria è grande più aumentano (nell’intero ciclo di vita dell’auto) le emissioni nocive, la Casa giapponese ha preferito scegliere un accumulatore piccolo, da soli 35,5 kWh. Obiettivo? Non vanificare il senso di un’auto a batteria: quello di essere gentile nei confronti dell’ambiente. Una filosofia che, nel quotidiano, va semplicemente accettata, visti i 200 km di autonomia. Un esercizio non troppo difficile, a dire il vero, perché la MX-30 fa di tutto per metterti a tuo agio. Basta programmare bene gli spostamenti e ritagliarsi del tempo per il rabbocco di energia alla colonnina.La MX-30 in ricaricaL’originalità dell’auto passa pure da soluzioni tecniche inconsuete, come il pacco batterie racchiuso in un contenitore d’acciaio ad alta resistenza fissato al pianale in venti punti, a tutto vantaggio della rigidezza d’insieme. Per le già citate ragioni ambientali, un accumulatore così piccolo ha permesso di raggiungere un peso forma pari a 1.720 kg: un risultato di rilievo nel panorama delle elettriche. Neppure l’ingresso in vettura è banale: le porticine posteriori con apertura ad armadio (controvento), citazione della RX-8, non pregiudicano troppo la praticità e contribuiscono a consegnare alla storia un look davvero particolare.Gli interni impreziositi da dettagli in sugheroDentro, il tunnel centrale sospeso sfoggia inserti in sughero (debitamente lavorato), proveniente dallo scarto della produzione dei tappi per bottiglie. Un modo per omaggiare la storia di Mazda, nata con il nome di Toyo Cork Kogyo nel 1920 proprio come azienda produttrice di sughero. I pannelli porta accolgono un materiale ricavato da bottiglie di plastica riciclate mentre i sedili, in ossequio all’attenzione per l’ambiente (e al rispetto degli animali), non prevedono la pelle naturale.
FRA COMO E GIAPPONE UN FILO DIRETTO …DI SETA
Accessori di seta in esposizioneCome si lavora la setaUn legame forte collega idealmente la città di Alessandro Volta con il Giappone, dove viene costruita la MX-30 con batteria elettrica, che quindi deriva dall’invenzione della pila. Ma quello del Volt non è l’unico tassello di congiunzione. Già, perché un altro filo sottile unisce la città comasca e il Paese del Sol Levante: quello tracciato dalla via della seta. La seta deriva dalla Cina, ma oggi sono l’Italia e il Giappone a produrre le sete più fashion.kimonoIn Giappone, con questa fibra, si realizzano i più preziosi kimoni. Dal canto suo, la seta comasca è unica per il suo mix ad alto contenuto tecnologico e creativo senza rinunciare all’artigianalità. Quell’artigianalità di alto livello che contraddistingue anche la Mazda MX-30.Como, Museo didattico della SetaA Como c’è pure il Museo della Seta, che racconta l’intero processo di produzione: dal baco da seta ai filati colorati, dalla stampa a mano alle collezioni di moda. Il museo raccoglie, custodisce ed espone le testimonianze della tradizione produttiva tessile comasca, come macchine, oggetti, documenti, campionari e strumenti. Qui l’amore e la passione per l’arte serica hanno origini antiche. Un patrimonio tecnico ed artistico vivo nel dna delle storiche aziende tessili comasche, che hanno reso grande il “Made in Italy” e che forniscono tessuti e stampati ai grandi brand di moda, da Prada a Louis Vuitton.
COMO E LA MX-30 TRA PASSATO E PRESENTE
Il Duomo, il Broletto e la torre medievale Le strade di Como sembrano delle passerelle e la Mazda MX-30 ne approfitta per sfilare sotto gli sguardi ammirati e incuriositi di passanti e turisti. Passa da Porta Torre per addentrarsi nel cuore del centro, grazie anche a un permesso speciale che consente di guidare all’intero della zona a traffico limitato. Como unisce cultura e tradizione: con personaggi dell’antichità, come Plinio, a contemporanei come George Clooney, passando per Luchino Visconti.II lago di Como è un riferimento costante. Storia, lusso e natura si fondono in un luogo dai dettagli preziosi, proprio come un pezzo di alta gioielleria. In centro, spicca il Duomo, a croce latina, sormontato dall’imponente cupola barocca di Filippo Juvarra. La maestosa facciata, di matrice gotica, ma abbellita da numerose sculture rinascimentali, è allineata al Broletto e alla sua torre, di costruzione medievale. Di fianco al Duomo c’è il Teatro Sociale, tra i più antichi e suggestivi del Nord Italia.La Mazda MX-30 davanti al Teatro SocialeMa è arrivata l’ora di godersi un po’ di lago: è lì, subito dietro piazza Cavour, che raggiungiamo sempre con la nostra Mazda MX-30. L’abitacolo ti abbraccia: i sedili sono comodi e la plancia ha un design e una qualità davvero curati.Panoramica interniLook minimal, in evidenza due schermi uno da 8,8 pollici e uno da 7 pollici: solo quello più in basso, deputato alla gestione del clima automatico, è touch. Per il sistema multimediale bisogna agire sulla manopola, posizionata sul tunnel. Perfino il quadro strumenti segue la scuola Mazda, perché non mancano due indicatori, analogici, che indicano livello di carica e temperatura del pacco batterie. Come a dire che è sempre bello, nel futuro, portarsi dietro qualcosa del passato.
DOVE RICARICARE LA BATTERIA
LA MX-30 si ricaricaAnche se potremmo arrivare a Milano con l’energia rimasta, preferiamo cercare una colonnina con l’app di Enel X per un rabbocco (a Como, patria di Alessandro Volta, in verità potrebbero mettere qualche colonnina in più). Così niente ansia da autonomia.
DOVE DORMIRE
MX-30 davanti Palace HotelDopo l’intenso tour, un aperitivo e una buona cena, ammirando le bellezze del lago, per la notte, sul Lungo Lario Trieste, vi aspetta il Palace Hotel, un palazzo imponente e prestigioso definito da un lussuoso stile Belle Epoque. Chi soggiorna al Palace Hotel ne percepisce le due anime, quasi una sorta di dialogo tra il passato ottocentesco e un presente già proiettato al futuro. Proprio quello tracciato dalla nostra MX-30, lungo la via della seta.
LA COMPAGNA DI VIAGGIO
Come va. Su strada, la prima elettrica della Mazda è morbida, silenziosa, coccola chi è a bordo. Non punta sulle prestazioni, non incolla al sedile. Non è lenta, sia chiaro, quando serve scatta con una certa brillantezza; tuttavia è meglio godersela con calma. I tempi di ricarica sono piuttosto contenuti: circa 6 ore dalla presa a 22 kW e una quarantina di minuti per passare dal 20 all’80% con il connettore CCS combo collegato a una colonnina da 50 kW.L’auto in piazza CavourIl feeling di guida ricorda un’auto con motore termico. Prima di tutto, la risposta dell’acceleratore: su tutte le elettriche è istantanea. Qui, invece, il tutto è più graduale, come potrebbe accadere su una normale CX-30 a benzina: il comfort ne guadagna, specie se trasportate passeggeri. I 145 CV e i 271 Nm di coppia spingono con una certa disinvoltura la MX-30. Si apprezza la risposta curata delle sospensioni sulle buche e l’omogeneità generale nella taratura dei principali comandi. Il pedale del freno ha raggiunto un livello di interazione quasi perfetto con la frenata rigenerativa. Volendo, si può pure scegliere l’intensità del freno motore in rilascio, per una scorrevolezza perfino superiore a quella di un’auto tradizionale. Le telecamere a 360° migliorano in parte una visibilità che non è al top, a causa dei montanti spessi e del lunotto piccolo e inclinato. Per fortuna, la MX-30 si rifà con un’ottima dotazione di Adas.
SCHEDA TECNICA
Potenza: 145 CVCoppia: 271 NmVelocità massima: 140 km/h (con limitatore)Accelerazione 0-100 km/h: 9,7 secondiAutonomia: 200 km (ciclo combinato WLTP)Prezzo: da 34.358 euro
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Editoriale
Ma chi sono io??
21 aprile 2025, Papa Francesco ci ha lasciati
Ma chi sono io per parlarne? Per parlare di un Papa non me la sento, ma di Bergoglio come uomo posso tentare, e infatti quando mi hanno avvertito che ci aveva lasciati, il primo aggettivo che mi è nato dal cuore è stato umano, infatti l’ho sempre sentito vicino, come un padre o un fratello.
Ma chi sono io per ricordarlo?
In verità un ricordo mio ce l’ho. Il 12 marzo del 2013, nel baretto di via Ferrucci, a Milano, dove ogni mattina Giuseppe mi aspettava con un caffé lungo ed una brioche scaldata per 10 secondi. Come ogni mattina lì leggevo il Corriere e scambiavo pareri e notizie con l’arguta salumiera e il pretenzioso ingegnere, mentre Giuseppe ai caffé aggiungeva saggezza e cultura che non t’aspettavi. Quella mattina si parlava del futuro Papa che avrebbero eletto l’indomani. “Ci vorrebbe un Francesco, più vicino alla gente e più lontano dal Vaticano…” Non so se le mie parole furono esattamente queste, ma il senso fu preciso: alla Chiesa occorreva un Francesco.
Quando l’indomani Bergoglio annunciò di volversi chiamare Francesco, al baretto mi guardarono con sospetto, da chi potevo averlo saputo ben un giorno prima? Forse qualcuno se lo chiede ancora adesso, ma quella mattina Giuseppe mi preparò un caffé sublime.
Ma chi sono io per continuare a parlarne?
Una cosa, però, voglio ancora dirla, non dimenticheremo questo Papa che ha saputo scendere fra la gente, come ha saputo scendere nelle baraccopoli di Buenos Aires, e nel suo gregge ha saputo accogliere gay e divorziati. E che quando ha sentito che stava per lasciare questo mondo terreno ha voluto spogliarsi di tiara e ingombranti vestimenti papali, per dirigersi verso il mondo dell’anima sulla sua sedia a rotelle con un poncho e normali pantaloni: come un uomo, come Francesco. Indicandoci una strada.
Ma chi sono io?
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