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10 luoghi d’Italia dove vivevano i dinosauri

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Chi non ha subito il fascino dei dinosauri? Ancora oggi, gli enormi lucertoloni, grandi come case a più piani, continuano ad affascinare grandi e piccoli e in tutta Italia si possono trovare parchi a tema con ricostruzioni degli enormi rettili. Tuttavia, i dinosauri sono vissuti pressoché ovunque sul territorio italiano, come dimostrano i numerosi reperti fossili che sono stati rinvenuti e che possono essere ammirati in loco o nei musei di paleontologia.

I dinosauri italiani, una scoperta recente

Per moltissimo tempo si è ritenuto che i dinosauri non avessero mai messo piede in Italia, poiché, nel periodo in cui sono vissuti, la nostra penisola era quasi totalmente ricoperta dalle acque. Ipotesi avvallata dalla mancanza di reperti fossili sul nostro territorio. Una prima “traccia” della loro presenza è attestata nel 1941, quando viene rinvenuta un’impronta di una zampa con tre dita in Toscana. A causa della guerra, tuttavia, gli studi su di essa non vennero approfonditi.

Le cose cambiano nella seconda metà degli anni Ottanta del XX secolo, quando, per caso fortuito e in circostanze differenti, alcuni escursionisti ritrovano diverse impronte di dinosauro in Trentino, in Veneto e in Liguria, risalenti al Triassico superiore e al Giurassico Inferiore.

Nel 1981, poi, avviene una delle più importanti scoperte della paleontologia: il ritrovamento di un fossile completo di dinosauro italiano a Pietraroja. Si tratta di un esemplare di Scipionyx Samniticus, conosciuto anche come “Ciro”. Inizialmente, non venne riconosciuto come dinosauro e per tanti anni è stato “dimenticato”, finché studi più approfonditi non ne hanno riconosciuto l’autenticità e l’importanza, ufficializzate nel 1998.

Ricostruzione del dinosauro Ciro al Paleo Lab di Pietraroja

Partiamo, allora, proprio da Ciro per raccontarvi i 10 siti italiani dove sono avvenuti i ritrovamenti più importanti che “certificano” la presenza dei dinosauri, tra resti fossili e impronte.

1. Pietraroja (Benevento), il regno di Ciro

È il dinosauro più famoso d’’Italia e il suo ritrovamento a Pietraroja, in provincia di Benevento, è forse la scoperta più importante per la paleontologia italiana. Si tratta di “Ciro”, un “piccolo” dinosauro carnivoro, parente del velociraptor, il cui scheletro fossile è stato trovato, (nel 1981, ma la scoperta è stata ufficializzata nel 1998) completo dei tessuti molli, un unicum nella storia della paleontologia. Questo ha consentito agli studiosi di ricostruire la sua alimentazione e l’habitat in cui ha vissuto. Di lui si sa che è vissuto nel Cretaceo Inferiore, circa 113 milioni di anni fa, e che era un cucciolo, nonostante le dimensioni, ben 2 metri di lunghezza e 1,30 di altezza.

Lo scheletro fossile del dinosauro Ciro

Ciro è anche il primo e unico del suo genere, lo Scipionyx samniticus e la sua scoperta ha messo in discussione tutto quello che si sapeva, fino a quel momento, del Mesozoico italiano. La presenza di un fossile terrestre e carnivoro, infatti, fa supporre la presenza di terre emerse, anche solo piccole isole, laddove si era sempre pensato ci fosse il mare. Oggi, calci del fossile di Ciro si possono ammirare presso il Paleo Lab di Pietraroja, dove è stato trovato, presso il Muse di Trento e al Museo di Storia Naturale di Milano.

Il fossile di Ciro e la sua ricostruzione

2. Varese, il dinosauro carnivoro più antico d’Italia

Tracce del dinosauro più antico d’Italia, vissuto nel Giurassico Inferire, cioè tra 200 e 175 milioni di anni fa, sono state ritrovare nel 2000 a Saltrio, nei pressi di Varese. Si tratta di pochi frammenti di ossa e di denti, rinvenuti in alcuni massi rocciosi scoperti da un appassionato di paleontologia in una cava di calcare utilizzata per scopi edilizi.

I denti e i frammenti di ossa ritrovati

Nel 2018, quello che era stato in precedenza classificato come un teropode, ha ricevuto il nome scientifico di Saltriovenator zanellai e identificato come un dinosauro carnivoro. Insieme ai frammenti sono stati trovati anche altri fossili marini, il che fa supporre che il “lucertolone”, animale di terra, una volta morto sia stato trasportato in mare da una tempesta o dalla corrente di un fiume che sfociava nel mare.

Ricostruzione del dinosauro Saltriovenator zanellai

3.   Rocca di Cave (Roma). Tito, il dinosauro “migrante”

Un’altra importante scoperta di ossa di dinosauri, che ne attesta la presenza anche nel Lazio, è quella che è stata fatta a Rocca di Cave, in provincia di Roma, nel 2016. Anche qui, due resti appartenenti a ossa del bacino di un dinosauro e altri alla coda, sono stati ritrovati per caso in alcuni blocchi rocciosi estratti da una cava a scopi edilizi. Grazie all’occhio attento di uno dei cavatori, le foto furono mandate prima a un appassionato di paleontologia, poi al paleontologo Cristiano Dal Sasso.

Frammenti ossei del dinosauro Tito

I suoi studi consentirono di datare il dinosauro, ribattezzato Tito, lungo circa 8 metri, tra il periodo Aptiano (tra 125 milioni e 113 milioni di anni fa) e l’Albiano (tra i 113 milioni e i 100 milioni di anni fa). Inoltre, alcune caratteristiche morfologiche delle ossa, hanno consentito di stabilire una parentela tra alcuni sauropodi originari dell’Asia e dell’Africa. Questo fa supporre che ci fosse un “passaggio” tra l’Italia centrale e la zolla euroasiatica-africana. Tito è il quinto dinosauro ritrovato su territorio italiano e il primo sauropode con quattro zampe e un collo lunghissimo.

Ricostruzione del dinosauro Tito

4. Duino Aurisina (TS), Antonio il dinosauro da record

Il secondo dinosauro più famoso d’Italia è sicuramente Antonio, un androsauro il cui scheletro completo è stato ritrovato, nei primi anni Novanta, presso l’ex cava del Villaggio del Pescatore di Duino Aurisina, in provincia di Trieste. Questo sito si è poi rivelato particolarmente ricco di molti altri reperti ed è l’unico in Italia dove sono strati rinvenuti fossili di dinosauri appartenenti a specie diverse.

Il sito dove è stato ritrovato il fossile di “Antonio”

Antonio, il cui nome scientifico è Tethyshadros insularis è il più grande dinosauro completo ritrovato in Italia, è lungo 4 metri e alto 1,30. La sua scoperta si deve a Tiziana Brazzatti, una studentessa di geologia che, nel 1994, stava conducendo gli studi per la sua tesi nell’area dove già erano stati rinvenuti dei fossili di dinosauri.

L’aspetto che poteva avere il dinosauro “Antonio”

Per estrarre tutto lo scheletro di Antonio è stata creata una società di “recupero fossili” ad hoc ed è stato necessario rimuovere ben 300 tonnellate di roccia e detriti. La sua estrazione completa è stata completata nel 1999 e lo scheletro è stato trattato per 2800 ore con acido formico per rimuovere il calcare indurito da milioni di anni che racchiudeva le ossa.  Oggi, il sito del ritrovamento di Antonio è visitabile e il dinosauro si può vedere anche “dal vivo” grazie alla realtà aumentata, presso il sito Paleontologico del Villaggio del Pescatore

5. A Capaci (PA), il teropode siciliano

Un’altra importante traccia della presenza dei dinosauri in Italia è l’osso rinvenuto all’inizio del 2005 in una parete della Grotta Lunga, nella zona di Capaci, in provincia di Palermo, durante una ricognizione.  Si tratta di un osso di un arto inferiore di un dinosauro teropode del genere Allosaurus, un grande carnivoro. La datazione del reperto avvenuto dopo un approfondito esame istologico condotto dallo Steinmann Institute of Geology dell’Università di Bonn, ha consentito di risalire all’epoca del dinosauro, sarebbe vissuto nel Cretacico superiore, tra 100 milioni e 65 milioni di anni fa.

L’aspetto che poteva avere l’allosauro i cui resti sono stati ritrovati a Capaci

6. Lerici (SP), sulle orme dei dinosauri

Non solo scheletri e ossa. La presenza dei dinosauri è attestata in Italia anche dal ritrovamento delle loro orme. Come a Lerici, in provincia della Spezia, in Liguria, dove nel 1987, Ilario Sirigu, un dodicenne appassionato di dinosauri trovò alcune impronte di dinosauro sul promontorio, durante un’escursione. Le impronte sono state attribuite a cinque diverse specie di dinosauri, tra cui gli arcosauri, per un totale di un centinaio di tracce fossili. Il calco completo di una superficie dello strato con le impronte e i reperti originali erano conservati al Museo geopaleontologico di Lerici, oggi definitivamente chiuso.

Ricostruzione di dinosauri al museo di Lerici, oggi purtroppo chiuso

7. Monte Pelmetto (BL), la parete delle impronte

Un’altra zona d’Italia che reca tracce, anzi, impronte di dinosauro è il Monte Pelmetto, in provincia di Belluno. Sulla parete sud ovest, vicino al Passo Staulanza, a quota 2050 metri sul livello del mare, sono alcune centinaia di orme di dinosauro. Il loro ritrovamento, nel 1980, si deve al naturalista Vittorino Cazzetta che durante le sue escursioni notò la presenza di “coppette incavate” disposte in fila.

Le impronte di dinosauro sulla parete del Monte Pelmetto

Subito la sua esperienza gli fece capire che si trattava di presenza animale, sebbene, in quel periodo, non era ancora stata resa ufficiale la presenza dei dinosauri in Italia. Oggi, si sa che le impronte risalgono al Triassico Superiore (tra 228 e 200 milioni di anni fa) e sono state lasciate da tre diversi gruppi di dinosauri carnivori e bipedi del gruppo dei celosauri, a un ornitisco e a un grande saurisco erbivoro. I lucertoloni impressero le loro impronte muovendosi presumibilmente su una vasta piana composta di fanghiglia calcare, generata dalle maree.

8. Monte Cagno (AQ), l’impronta più grande d’Italia

L’impronta di dinosauro più grande d’ltalia, lunga ben 135 cm, è stata rinvenuta nel 2017 sul Monte Cagno, a 1900 metri di altezza, nei pressi del paese di Rocca di Cambio, in provincia dell’Aquila. La gigantesca orma comprende il piede e il metatarso, segno che il dinosauro che l’ha lasciata impressa, era accucciato e in un momento di riposo.

La gigantesca impronta trovata sul Monte Cagno

Gli studi hanno consentito di attribuirla a un grande dinosauro predatore teropode, lungo dai 7 ai 9 metri, vissuto nel Cretacico Inferiore (tra 125 e 113 milioni di anni fa). Lo studio è stato condotto con l’ausilio di droni, che hanno consentito di rilevare altre impronte e di ricostruire l’ambiente in cui viveva il dinosauro, che allora era simile a quello odierno delle Bahamas.

9. Monti Eurunci (FR), 80 impronte nel Parco

In località San Martino, nel comune di Esperia, compreso nel territorio del Parco Naturale dei Monti Aurunci , in provincia di Frosinone, nel Lazio, nel 2006 sono state ritrovate ben 80 impronte di dinosauro. Anche in questo caso, la scoperta è stata casuale e fatta da due speleologi che andavano alla ricerca di cavità carsiche. Le impronte sono state ritrovate lungo la strada che conduce all’altopiano di Polleca, su una superficie calcarea databile al Cretacico Inferiore (tra 125 e 113 milioni di anni fa).

Impronte della pista dei dinosauri nel Parco dei Monti Aurunci

Le 80 impronte appartengono a due diverse specie di dinosauri. Alcune, infatti, sono lunghe circa 20 cm, sono tridattili ed è evidente il segno delle unghie. Appartengono a un piccolo carnivoro lungo non più di 2 metri. Le altre, invece, hanno forma ellittica e circolare e hanno un diametro variabile tra i 30 e i 40 cm. Sono state attribuite a sauropodi erbivori di grandi dimensioni.

10.Monti Ausoni (LT), la pista dei dinosauri

La presenza dei dinosauri è attestata anche a Sezze, in provincia di Latina, nel Parco Naturale Regionale Monti Ausoni e Lago di Fondi  dove, ai piedi del monte Iepino, nel 2003 un gruppo di paleontologi ha rinvenuto in una cava di calcare orme e piste, cioè zone percorse dai lucentoloni, risalenti al periodo Cenomaniani, circa 95 milioni di anni fa. Attualmente, il sito è in fase di studio da parte del Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università “La Sapienza” di Roma.